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Riassunto modelli e tecniche di osservazione del comportamento - Università Mercatorum, Dispense di Psicologia Generale

Riassunto completo del corso di modelli e tecniche di osservazione del comportamento nei contesti educativi e sociali, con evidenziate le risposte alle simulazioni fornite dalla piattaforma.

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 31/01/2023

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Scarica Riassunto modelli e tecniche di osservazione del comportamento - Università Mercatorum e più Dispense in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! CAPITOLO 1: L’OSSERVAZIONE Secondo la metafora de “l’arco della conoscenza”, il processo conoscitivo è rappresentato come una struttura che si sostiene grazie a due pilastri, che rappresentano l’induzione e la deduzione: uno che va dal basso verso l’alto, dove le informazioni raccolte attraverso i sensi vengono trasformate in concetti grazie all’intelletto; l’altro, dall’alto verso il basso, che partendo dalle idee arriva fino ai fatti del reale. Una teoria che ha la finalità di spiegare un fenomeno della vita reale è detta scientifica quando ragiona su dati osservativi e li utilizza per verificare le sue affermazioni. Sono quindi necessarie delle “regole di rispondenza” che garantiscono la riconducibilità delle affermazioni teoriche al linguaggio delle cose. Durante l’osservazione non è possibile riportare i fatti come sono nella realtà. Un’osservazione è una percezione pianificata e programmata. È sempre preceduta da un particolare interesse o un problema. In ambito scientifico, per “osservazione” si intende il processo tramite cui vengono rilevati, accertati, riconosciuti dei fatti e vengono acquisite informazioni circa un fenomeno. I primi riferimenti al metodo osservativo in ambito psicologico risalgono a inizio del secolo scorso nella contrapposizione tra due stili di lavoro: il metodo sperimentale ed il metodo empirico. Il metodo sperimentale, controllato e focalizzato sulla misurazione dei contenuti, e quello osservativo, spontaneo e concentrato sulla descrizione dei processi, rispecchiavano le differenze generali sul modo di vedere la disciplina. Fino agli anni ’50 il comportamento del bambino era studiato prevalentemente tramite il metodo sperimentale. Successivamente, i fallimenti dello sperimentalismo hanno condotto ad una maggiore consapevolezza della complessità del comportamento infantile, con un conseguente avvicinamento al metodo osservativo. La descrizione diaristica offre la possibilità di ottenere un quadro completo del comportamento e delle circostanze in cui prende vita; la registrazione di specimen, prevede descrizioni minuziose di ciò che accade in uno specifico lasso temporale. Wright parla poi del campionamento temporale: prevede la raccolta di alcuni elementi del comportamento preselezionati che hanno luogo in intervalli di tempo separati. Campionamento per eventi: il comportamento può essere osservato sia a livello molare sia molecolare e il ricercatore si occupa di registrare narrativamente il comportamento scelto come oggetto di rilevazione. L’analisi di unità di campo permette di rilevare il comportamento in unità temporali continuative e di organizzarlo in categorie precedentemente stabilite, comprendenti comportamenti generali o comportamenti specifici. In questo modo, il comportamento viene descritto nella sua completezza (livello generale) e nella sua progressione (livello specifico). McCall: la deificazione del metodo sperimentale dovrebbe lasciare il posto all’utilizzo dell’osservazione, la quale non è escluso che possa venire utilizzata all’interno di ricerche sperimentali oltre che naturalistiche. La differenza tra metodo sperimentale e metodo osservativo può essere rinvenuta esclusivamente nella qualità delle rilevazioni, problematica risolvibile tramite l’addestramento dell’osservatore con la finalità di renderlo maggiormente affidabile nelle sue indagini. Nasce quindi un nuovo modo di guardare all’osservazione come una tecnica per il rilevamento dei dati piuttosto che come strategia di ricerca. Nel metodo osservativo la principale fonte di perturbazione è l’osservatore che funge da filtro tra la realtà e le misurazioni. CAPITOLO 2: CHI OSSERVARE L’osservazione è utile per conoscere un fenomeno o per pianificare un intervento. È noto che il metodo osservativo sia principalmente utilizzato nello studio di soggetti di età infantile e prescolare, in quanto in questi periodi di vita vi è un certo scarto tra le capacità effettive del bambino e la loro capacità di esprimerle tramite il linguaggio. Per quanto riguarda la scelta del metodo osservativo da un punto di vista prettamente metodologico, le motivazioni a sostegno della scelta per lo studio della prima infanzia e dell’età prescolare si riferiscono alla reattività del soggetto, ovvero agli effetti che sono la conseguenza della presenza fisica di un osservatore. Tale reattività varia in base all’età del bambino. Sembra che il comportamento di bambini di età inferiore ai 6 mesi non subisca l’influenza della presenza di una persona estranea, rimanendo spontaneo. Al contrario, già nella seconda metà del primo anno di vita si possono osservare le prime forme di controllo (reattività) del bambino, il quale rivolge frequentemente il proprio sguardo allo sperimentatore. In età prescolare è possibile cercare di limitare questi effetti mediante un periodo di familiarizzazione. Nei ragazzi in età scolare o negli adolescenti risultano funzionali le strategie di osservazione dissimulata che prevedono procedure come il mascheramento dell’osservazione mediante l’uso dello specchio unidirezionale o, al contrario, procedure che ne evidenziano la presenza, come l’osservazione partecipante. I ricercatori si avvalgono di tre disegni di ricerca: o Il disegno trasversale consiste nel confronto, nel medesimo momento temporale, di individui di età differenti; o Il disegno longitudinale prevede l’osservazione di un dato fenomeno ripetuta nel corso del tempo, con l’obiettivo di sottolinearne le caratteristiche costanti e i cambiamenti e, al contempo, di fornirne una spiegazione. Risulta essere la metodologia principale per studiare lo sviluppo poiché permette di:  ottenere informazioni utili per valutare la stabilità temporale e il cambiamento della persona nel tempo;  classificare gli stadi o le sequenze dello sviluppo;  formulare ipotesi relazionali dinamiche nello sviluppo attraverso domini differenti;  trovare relazioni o nessi di causalità tra esperienze iniziali e risultati successivi. Tuttavia, il disegno longitudinale presenta diversi limiti in quanto viene richiesta la partecipazione dei soggetti per un lungo arco temporale. o Il disegno microgenetico studia il cambiamento in corso, racchiudendo le osservazioni in brevi archi temporali, coincidenti con la manifestazione di nuovi fenomeni e cambiamenti comportamentali del bambino. Un limite di questo disegno sperimentale è la mancanza di informazioni sulla stabilità dei cambiamenti e sugli eventi che si verificano nel lungo periodo. Disegno Caratteristiche Vantaggi Limiti Trasversale Più bambini di diversa età sono studiati contemporaneamente Dà informazioni sulle differenze tra le età. Rapido ed economico Non consente di valutare la stabilità delle differenze nel tempo Longitudinale Gli stessi bambini sono studiati a più riprese per lunghi periodi Dà informazioni sul cambiamento individuale. Valuta la stabilità delle differenze Perdita dei soggetti nel tempo. La ripetizione delle prove può minacciare la validità Microgenetico I bambini sono studiati intensivamente per brevi periodi di tempo Dà informazioni sui processi responsabili del cambiamento Non consente di valutare il cambiamento nel lungo periodo Nel momento in cui si sceglie di esaminare il singolo l’oggetto di osservazione è il comportamento sociale del bambino e, contemporaneamente, le reazioni del suo interlocutore. La procedura prevede di prendere nota di tutti i comportamenti che il bambino mette in atto nell’arco temporale stabilito dall’osservatore, individuando altresì quali sono i destinatari delle sue azioni sociali e i feedback di questi. Scheda di notazione. Questa prevede un’osservazione continuativa di 20 minuti, suddivisi in unità temporali di 1 minuto. Lo strumento permette di riportare l’arco temporale al quale l’osservazione si riferisce, le attività svolte, il linguaggio e la codifica. Quest’ultima è suddivisa in quattro dimensioni principali: l’attività, il livello cognitivo, il comportamento sociale e il linguaggio. Quando si sceglie di osservare la coppia bisogna tenere conto contemporaneamente del comportamento di entrambi i partecipanti. Ne consegue che il focus dell’osservazione si concentra sull’attività congiunta e su La rilevazione per intervalli temporali continui prevede che l’osservazione venga suddivisa in brevi intervalli temporali. L’osservatore ha il compito di osservare per ogni intervallo di tempo l’occorrenza o l’assenza dei comportamenti oggetto di interesse. Se tali comportamenti non si manifestano l’intervallo non verrà codificato. Per ridurre le distorsioni sarebbe bene considerare come intervalli dei tempi di durata inferiori al più breve degli eventi da codificare. Le misure ricavabili per ciascuna categoria comportamentale sono:  La frequenza di comparsa rappresentata dal numero degli intervalli non consecutivi in cui si verifica il comportamento;  La durata complessiva ottenuta moltiplicando il numero totale degli intervalli in cui la condotta si è manifestata per la lunghezza dell’intervallo;  La durata media ottenuta dividendo la durata complessiva di un dato comportamento per la frequenza di comparsa del comportamento stesso;  La percentuale di tempo occupato rispetto alla durata totale dell’osservazione che si ottiene dividendo la durata complessiva del comportamento per la durata totale dell’osservazione, moltiplicato per 100. La rilevazione per intervalli temporali discontinui è caratterizzata dall’osservazione intermittente:  La forma di rilevazione per intervalli temporali più diffusa è quella per intervalli parziali ed è una procedura a metà tra la rilevazione continua e intermittente.  La rilevazione ad intervalli intermittenti richiede che la distribuzione dei comportamenti sia uniforme e frequente: in assenza di tali requisiti risulta inadeguata.  Un’ulteriore tipologia di rilevazione per intervalli discontinui è la campionatura momentanea o istantanea che prevede la rilevazione degli eventi alla fine di ogni intervallo temporale. CAPITOLO 4: DOVE OSSERVARE La scelta dell’ambiente rappresenta una delle fasi della progettazione della ricerca. Questa deve essere effettuata tenendo bene a mente quali sono le finalità dell’osservazione e qual è il tipo di dati che si vuole ottenere. Wright distingue l’ambiente dalla situazione:  L’autore parla di ambiente per riferirsi ad un’unità di luogo e di tempo in cui è possibile riscontrare alcune peculiari condizioni;  Parla di situazione quando in ogni ambiente si vanno a delineare alcune circostanze specifiche. Parliamo di situazione per riferirci a categorie di eventi psicologicamente significativi, mentre usiamo il termine ambiente per descrivere un insieme di caratteristiche fisiche. Baley propone due criteri utili a distinguere diverse tipologie di studi osservativi. L’autore parla di: o Grado di strutturazione dell’ambiente, riferendosi alla distinzione tra ambiente naturale e ambiente artificiale; o Grado di strutturazione delle situazioni, discriminando tra osservazione naturalistica, ovvero mera registrazione del comportamento spontaneo, e osservazione in condizioni controllate, in cui le situazioni vengono predisposte secondo determinati criteri con l’obiettivo di favorire la manifestazione di determinate condotte. Grado di struttura imposto dall’osservatore Grado di struttura dell’ambiente Ambiente naturale Ambiente artificiale Non strutturato Studio sul campo non strutturato Studio in laboratorio non strutturato Strutturato Studio sul campo strutturato Studio in laboratorio strutturato Bronfenbrenner definisce la validità ecologica come la corrispondenza tra le condizioni dell’esperimento e la realtà a cui si fa riferimento, alla quale i risultati ottenuti dovrebbero essere estesi. La scelta dell’ambiente deve avvenire sulla base delle ipotesi di ricerca, delle domande alle quali si cerca risposta e del grado di generabilità dei risultati.  L’obiettivo che si persegue nella situazione di contesto libero è la registrazione dei comportamenti e delle interazioni nella loro spontaneità, senza alcun tipo di modificazione o manipolazione;  L’osservazione in un contesto strutturato può essere svolta all’interno dell’ambito familiare, di quello educativo ma anche in laboratorio. Lo sperimentatore controlla e dispone alcuni aspetti situazionali ma non manipola le variabili indipendenti. Tra ricerca osservativa e ricerca sperimentale non esistono differenze di “dignità” ma piuttosto di praticabilità: la verifica di ipotesi tramite l’osservazione può fornire dati necessari alla ricerca sperimentale, come ad esempio quali aspetti e quali manipolazioni sperimentali dovrebbero essere tralasciati per evitare distorsioni nella comprensione di un comportamento oggetto di esame. Inoltre, non sempre è necessario provocare in modo artificioso un fenomeno per misurarlo. A volte, per comprenderlo, basta solamente individuarlo nella realtà. CAPITOLO 5: COME OSSERVARE Osservazione dal vivo, carta e matita. L’osservatore può decidere di annotare tutti i comportamenti del soggetto sotto osservazione oppure può usufruire di griglie di osservazione cartacee, come le check-list, all’interno delle quali vengono indicate alcune specifiche condotte da rilevare, stabilite a priori. Le registrazioni carta e matita presentano numerosi vantaggi. L’osservazione in vivo permette un contatto più diretto con l’ambiente, riducendo la perdita di informazioni e favorendo una visione di insieme maggiormente completa del gruppo e degli individui il cui comportamento è oggetto di rilevazione. Inoltre carta e matita sono facili da trasportare ovunque ed hanno un’influenza minima sull’ambiente. La presenza di un osservatore che scrive, infatti, risulta meno invasiva della presenza di uno sperimentatore che riprende con la videocamera. Infine i costi sono contenuti rispetto ad altre procedure. Tale procedura presenta anche alcuni svantaggi. Le osservazioni dal vivo, infatti, non possono assicurare la stessa affidabilità delle videoregistrazioni. L’audioregistrazione. Favorisce un impatto minore della presenza dell’osservatore sui fenomeni osservati e, al contempo, permette di ottenere una traccia permanente e obiettiva della situazione. Tale metodologia prevede una trascrizione da parte dell’osservatore del materiale audioregistrato, evitando commenti, giudizi e valutazioni personali. In questa procedura l’osservazione e la registrazione avvengono contemporaneamente e la rilevazione di eventi piuttosto complessi risulta funzionale poiché il focus attentivo dell’osservatore può essere rivolto completamente al fenomeno di interesse. Un limite di questa tecnica risiede nella perdita di informazioni circa il comportamento non verbale del soggetto. La videoregistrazione. I comportamenti vengono dapprima registrati e, in un secondo momento, trascritti, consentendo la riproduzione dei protocolli su carta di tutto il materiale raccolto. I vantaggi:  La videoregistrazione e la trascrizione possono essere effettuate in tempi differenti;  È possibile ricontrollare il filmato in ogni momento per valutare la fedeltà della trascrizione o per superare eventuali impasse riguardanti l’interpretazione dell’evento;  È possibile utilizzare i video prodotti come strumento di formazione;  È possibile verificare la consistenza della codifica nel tempo;  È possibile determinare l’accordo tra osservatori indipendenti. La videoregistrazione è funzionale allo studio di fenomeni complessi. I limiti:  Lo sperimentatore può presentare difficoltà nell’osservazione contemporanea del comportamento del bambino e delle persone che interagiscono con lui, poiché l’ampiezza del campo e la velocità di un apparecchio elettronico come la videocamera sono inferiori rispetto a quelle dell’occhio umano.  Se i microfoni non sono abbastanza potenti o la telecamera è stata posizionata in modo inadeguato, la qualità della rilevazione del comportamento verbale e non può essere insoddisfacente;  La videocamera ha un impatto maggiore sui soggetti che vengono osservati, rispetto a metodi meno invasivi;  La videocamera aumenta la reattività dei soggetti, sebbene un’adeguata familiarizzazione con lo strumento e con lo sperimentatore può essere una buona strategia per limitare questo effetto. Registratori di eventi. Sono dei computer con particolari software i quali svolgono la stessa funzione delle check-list poiché forniscono una lista predeterminata di fenomeni da osservare. I dati vengono raccolti in forma numerica, permettendo di risparmiare sui tempi e di ridurre le possibilità di errore. Inoltre l’impiego di questo strumento prevede un costo elevato soprattutto nei casi in cui per l’osservazione è sufficiente l’utilizzo di metodologie carta e matita. Anche soltanto la presenza di una persona estranea, che veste il ruolo di osservatore, è possibile che alteri il contesto in cui si inserisce e quindi la naturalezza del comportamento chi viene osservato. La sua presenza può causare reazioni o comportamenti non del tutto spontanei da parte dei soggetti. Quando si è a conoscenza del fatto di essere osservati, in genere si tende ad accentuare i comportamenti valutati come socialmente desiderabili e a ridurre quelli considerati come non desiderabili, con conseguente alterazione del comportamento osservato. Questo effetto è conosciuto come “l’effetto Hawthorne” e sembra essere riscontrato esclusivamente nei bambini più grandi e negli adulti. Risulta utile prendere in considerazione l’utilizzo di alcuni accorgimenti che mirino a ridurre il più possibile l’influenza dell’osservatore:  Il rischio di distorsione comportamentale aumenta se l’osservatore è un estraneo, mentre si affievolisce se chi osserva è una persona conosciuta oppure precedentemente inserita nel contesto;  È consigliato ridurre la visibilità della propria attività di osservazione;  Nelle situazioni di osservazione dal vivo è auspicabile rimanere leggermente in disparte e distaccati dall’attività che si sta osservando;  Nel caso in cui venga utilizzata la metodologia della videoregistrazione è opportuno prediligere una telecamera fissa posizionata in modo strategico, tentando di renderla il meno possibile visibile;  Nel caso in cui le condizioni lo consentano si può valutare l’utilizzo dello specchio unidirezionale che permette di videoregistrare i comportamenti senza essere visti dai soggetti. Uno degli ambiti in cui maggiormente viene utilizzata la videoregistrazione come strumento prediletto ai fini della ricerca e dell’intervento è lo studio delle interazioni familiari. Il video-replay è una tecnica ampiamente utilizzata nello studio delle interazioni sociali. Tale metodologia offre al genitore l’opportunità di riguardare le proprie interazioni con i figli, favorendo una maggiore consapevolezza circa le loro modalità di interazione. Al contempo, permette al clinico di sottolineare le sequenze interattive in cui il comportamento dei genitori risulta essere adeguato ed efficace, ponendo una linea di demarcazione da quelle caratterizzate da uno o più errori interattivi. La tecnica del video-replay permette al clinico di effettuare un’intervista microanalitica con l’adulto al fine di comprendere quali rappresentazioni mentali erano attive nel preciso momento in cui venivano compiute alcune azioni. CAPITOLO 6: OSSERVAZIONE DISTACCATA La posizione dell’osservatore durante il processo di rilevazione dei dati è intesa come il ruolo che egli ricopre nell’incontro con i partecipanti, ovvero la sua modalità di conduzione dell’osservazione sul campo. La sua presenza o assenza durante la raccolta del materiale si basa su una decisione presa a priori su quale CAPITOLO 8: L’OSSERVAZIONE PARTECIPANTE L’osservazione partecipante è una tipologia di rilevazione dati che implica il coinvolgimento intenzionale del ricercatore nella situazione osservata. Prevede una presenza attiva dell’osservatore, che in questo modo può rilevare non soltanto gli eventi superficiali che emergono immediatamente, ma anche atteggiamenti, opinioni e sentimenti dei soggetti. Il ricercatore può scegliere se limitarsi a calibrare il proprio comportamento su quello dei soggetti, oppure interagire attivamente con loro; può infine tentare di calarsi il più possibile nella loro realtà sia sociale che culturale. Nell’ambito della ricerca etnografica – la branca dell’antropologia che ha lo scopo di conoscere i comportamenti degli esseri umani all’interno di diverse culture – l’osservazione partecipante rappresenta una tecnica di elezione. Infatti, la possibilità di studiare i comportamenti dei soggetti in base alla loro cultura è legata alla capacità di accedere e interpretare i significati espressi all’interno di quella cultura specifica. Un’altra forma di osservazione partecipante è quella utilizzata in ambito psicoanalitico. In questo caso la relazione e l’influenza reciproca osservatore-osservato assume una tale importanza da rappresentare essa stessa l'oggetto di studio. L'osservazione del bambino (Infant Observation) è stata introdotta all’interno della ricerca psicoanalitica con il fine di raccogliere dati e informazioni che integrassero quelli ricavati tramite l’attività ricostruttiva del colloquio terapeutico. Essenziale è riuscire a far sì che l’osservazione resti prima di tutto un’esperienza emotiva, lasciando la propria attenzione “libera e fluttuante”, in modo da seguire il materiale ovunque esso conduca. L’osservatore deve assumere un atteggiamento neutrale e partecipe allo stesso tempo. Neutrale perché deve lasciare che gli eventi si verifichino secondo il proprio corso, partecipe al fine di cogliere le singolarità della situazione osservativa in questione, inserendosi nell’atmosfera generale della relazione e in particolare nella sua dimensione emozionale. L'osservazione partecipante si svolge come un processo di ricerca qualitativa che inizia con la compilazione, da parte del ricercatore, di un progetto all’interno di un contesto sociale, da cui egli procede ponendo domande etnografiche, raccogliendo dati, registrandoli e analizzandoli, al fine di scrivere un rapporto. All’interno della letteratura sono state individuate cinque tipologie di partecipazione che si distinguono per il grado di coinvolgimento dell’osservatore. Partecipazione: o completa: l’osservatore diventa membro del gruppo, condividendone usi e costumi; o attiva: il ricercatore è interessato soprattutto ad ottenere informazioni utili su quanto sta osservando; o moderata: l’osservatore mantiene una posizione di equilibrio tra distacco e coinvolgimento; o passiva: osservatore è presente, ma non interagisce con i soggetti; o mancata partecipazione: il ricercatore non è fisicamente presente. Oltre che nei contesti etnografici e dello sviluppo infantile, l’osservazione partecipante viene ampiamente utilizzata nella ricerca nell’ambito dell’istruzione, al cui interno gli esperti del settore si interessano ad indagare argomenti riguardanti l'insegnamento in classe, la vendita al dettaglio, il fenomeno del teppismo nel calcio e l'assistenza sanitaria. Il principale punto di forza del metodo è che non interrompe l'esperienza dell'evento osservato, né per gli osservatori, né per partecipanti. In secondo luogo, la partecipazione dell’osservatore può portare alla scoperta e alla descrizione di nuovi fenomeni, mai osservati fino a quel momento. In terzo luogo, l'osservazione dei partecipanti può fornire una comprensione più profonda della sottocultura a cui essi appartengono. Presenta diverse criticità in termini di affidabilità e validità, così come anche nella generalizzazione dei risultati a diversi contesti, ambienti, luoghi geografici. Un ulteriore punto debole è lo strumento di raccolta dei dati, ovvero il ricercatore stesso: diversi fattori, quali ad esempio le esperienze pregresse e le credenze di chi osserva, potrebbero influenzare i risultati ottenuti se l’osservatore non viene precedentemente addestrato in modo adeguato. Le tecniche standard per garantire la validità della ricerca qualitativa includono la collaborazione con altri ricercatori qualificati. L’osservazione partecipante può essere condotta da un singolo ricercatore o da un team di esperti. CAPITOLO 9: LA COSTRUZIONE DI UNA GRIGLIA DI OSSERVAZIONE Tra i più diffusi metodi di ricerca scientifica vi è il metodo osservativo, definito come «la registrazione sistematica dei comportamenti in corso senza intervenire su di essi per influenzarli». L’osservazione non può essere condotta senza una base metodologica valida. I punti essenziali nella fase di pianificazione di uno studio osservativo sono tre: definizione degli obiettivi della ricerca, specificazione degli aspetti del fenomeno che si intende osservare e scelta della tecnica di rilevazione più adeguata. La scelta dello strumento più adatto all’osservazione va calibrata su vari parametri: il grado di conoscenza del fenomeno, il livello di precisione cui si aspira, la scelta di dati qualitativi o quantitativi, l’ampiezza del campione, il contesto entro cui si svolge la rilevazione. Le griglie di osservazione si rivelano uno strumento essenziale che permette di focalizzare l’attenzione del ricercatore sui comportamenti oggetto di studio rilevanti nel contesto analizzato, distinguendo tali comportamenti da altri “distrattori” che potrebbero catturare l’interesse pur non essendo inerenti allo scopo della ricerca. Il primo passo da compiere per costruire una griglia di osservazione è la definizione dei comportamenti da osservare: è necessario determinare il comportamento oggetto di indagine e i suoi aspetti più significativi. A tal fine, è possibile utilizzare il resoconto narrativo, soprattutto quando non si dispongono di informazioni teoriche sul fenomeno da indagare e sulle sue manifestazioni comportamentali. Il resoconto narrativo è particolarmente utile nelle fasi preliminari della ricerca. È uno strumento di indagine che consente la descrizione del fenomeno osservato, al fine di registrare un dato comportamento così come esso si verifica. Esistono diversi modi di formulare un resoconto narrativo: ogni descrizione deve essere sequenziale, non selettiva ed ha lo scopo di “narrare” del comportamento oggetto di interesse e delle condizioni in cui si verifica. Questo strumento può essere utilizzato in due modi, direttamente e indirettamente: il resoconto narrativo diretto riguarda le osservazioni dal vivo, quello indiretto riguarda, invece, la trascrizione a posteriori di eventi audio-videoregistrati. Dopo aver scelto il comportamento da indagare, è necessario definire una categoria entro cui quello specifico comportamento rientra. Affinché i dati raccolti vengano raggruppati in modo che la loro decodifica sia facilmente comprensibile, è importante fornire precise indicazioni circa i criteri di categorizzazione dei comportamenti che vengono osservati. In questo modo si riducono al minimo le possibili ambiguità di significato delle categorie e, di conseguenza, gli errori che l’osservatore potrebbe compiere al momento della decodifica. Tramite l’adozione di uno schema di codifica è possibile prendere in esame le sole unità considerate rilevanti agli scopi della ricerca. In generale, la codifica prevede tempi e modi diversi in base al tipo di osservazione effettuata. Esistono inoltre numerosi schemi di codifica, che si distinguono in base alla loro capacità di rendere la completezza dei fenomeni. La scala di valutazione è una griglia osservativa per la rilevazione sistematica del comportamento, che permette di ottenere una valutazione circa una specifica competenza. Per costruire una scala di valutazione bisogna anzitutto individuare il fenomeno da misurare, identificando item rappresentativi del fenomeno stesso che successivamente verranno trasformati in scale. Dunque, potremmo avere una scala categoriale, numerica o grafica. È necessario che le scale contengano punti chiari, precisi e non ambigui, consentendo una chiara discriminazione tra le varie posizioni. La scala non dovrebbe prevedere più di 7 punti: un numero troppo elevato rischierebbe, infatti, di ridurre l’attendibilità della rilevazione. Le check-list rappresentano un’ulteriore tipologia di griglie di osservazione. Queste si compongono di comportamenti osservabili e sono organizzate in maniera gerarchica secondo un livello di complessità crescente. Similmente agli schemi di codifica, le check-list contengono liste di comportamenti definiti a priori in modo più o meno strutturato. Le check-list sono generalmente organizzate in intervalli di tempo suddivisi in tempi di osservazione e tempi di registrazione. L’osservatore avrà il compito di annotare sul foglio di rilevazione i comportamenti osservati. Il ricercatore può utilizzare le check-list dal vivo, in osservazioni dirette su campo, oppure impiegarle come schemi di codifica su materiale videoregistrato. Per costruire una check-list valida, si consiglia di:  Individuare le tappe di sviluppo della competenza che si intende valutare;  Individuare i comportamenti specifici che meglio esemplificano ogni tappa;  Descrivere tali comportamenti in modo oggettivo, chiaro e in termini positivi. CAPITOLO 10: IL RESOCONTO NARRATIVO Il resoconto narrativo è uno strumento di indagine che consente la descrizione del fenomeno osservato, al fine di registrare un dato comportamento così come esso si verifica. Lo scopo è quello di rilevare il comportamento in modo accurato e dettagliato, cercando di evitare ogni tipo di selezione delle informazioni, in modo da riprodurre un quadro completo del fenomeno oggetto di interesse e di come esso si manifesta ed evolve. Per questo è necessario che la registrazione sia esaustiva e fedele. La scelta della terminologia da utilizzare all’interno del resoconto dipende dal tipo di osservazione effettuata. Nelle osservazioni distaccate si preferisce registrare soltanto le manifestazioni evidenti e gli aspetti fattuali del comportamento; l’osservazione partecipante richiede la registrazione anche di stati psicologici e aspetti inferiti. Esistono dunque diverse tipologie di descrizione narrativa, ognuna caratterizzata da diversi gradi di referenzialità e di minuziosità. Tuttavia, tutte avranno sempre come base comune «la descrizione sequenziale, non selettiva, piana, narrativa del comportamento con alcune delle condizioni in cui si verifica». Una particolare forma di descrizione narrativa, tra le più sistematiche, è la registrazione di specimen: si tratta di un tipo di narrazione non biografica, utilizzata allo scopo di rilevare il comportamento dei soggetti. Il resoconto di quanto osservato può essere effettuato in due modi, direttamente e indirettamente:  il resoconto diretto riguarda le osservazioni dal vivo;  quello indiretto riguarda, invece, la trascrizione a posteriori di eventi audio-videoregistrati. La descrizione narrativa diretta è dunque il prodotto di un’osservazione dal vivo, effettuata con carta e matita o con l’ausilio di un registratore audio. In questi casi è opportuno che, nel corso dell’osservazione, vengano descritte le componenti principali degli eventi, annotandone i tempi di occorrenza, per poi completare il resoconto in un momento successivo. Qualunque siano i mezzi utilizzati, la registrazione effettuata deve sempre descrivere il contesto e il luogo fisico in cui il fenomeno si manifesta, annotando l’ora di inizio dell’osservazione. Va, inoltre, riportato un elenco delle persone presenti, annotando la posizione che ciascun attore occupa all’interno della scena e i materiali che questi hanno a disposizione. Inoltre, vanno registrati i cambiamenti di luogo, tempo, soggetti e oggetti presenti nell’ambiente di rilevazione. Ricostruito lo “scenario d’azione”, si passa alla descrizione delle azioni compiute dai soggetti, seguendo le strategie di campionamento ritenute più adatte. Il linguaggio utilizzato durante la rilevazione deve essere semplice e di facile comprensibilità. Esistono dei format che possono essere utilizzati nella stesura delle descrizioni. È necessario interpretare nel modo esatto l’ordine di stesura del testo, che può seguire un ordine temporale o un criterio di rilevanza. I fatti riportati per primi possono riflettere, infatti, l’ordine cronologico della loro occorrenza, secondo la regola della contingenza temporale, oppure fornire una prima chiave interpretativa per dare senso agli eventi successivi, secondo la regola della rilevanza. I formati di trascrizione possono distinguersi in base alla stesura per righe e colonne. Un altro aspetto formale dei resoconti narrativi riguarda la disposizione degli eventi a destra o a sinistra del foglio. Gli eventi che vengono riportati sul lato sinistro della pagina vengono interpretati come antecedenti temporali o causali, questo ordine rende conto anche dei soggetti che interagiscono nella scena osservata: solitamente l’adulto viene posto nella colonna di sinistra, il bambino in quella di destra. Un ulteriore aspetto da considerare è la trascrizione degli aspetti non verbali, soprattutto  L’errore di vicinanza consiste nel valutare item adiacenti in modo molto simile;  L’errore di logico consiste nel valutare item logicamente collegati in modo simile. È possibile ovviare a questi errori attraverso l’utilizzo di particolari tipi di scale: o Le scale ancorate vengono utilizzate quando i ruoli di osservatore e valutatore coincidono, cioè quando il ricercatore valuta comportamenti che lui stesso sta osservando. o Nelle scale a scelta obbligata, invece, il ricercatore non esprime giudizi nel metodo classico, ma si vede costretto a scegliere la frase che meglio descrive ciò che si sta valutando all’interno di un numeroso gruppo di descrittori. Il vantaggio principale risiede sicuramente nella praticità della somministrazione, che assicura anche una certa velocità. Ulteriori vantaggi sono economicità temporale e la possibilità di somministrazioni collettive. Le scale di valutazione, se ben costruite, dimostrano un valore predittivo maggiore rispetto a qualunque altro strumento di indagine osservativa. La validità predittiva delle scale di valutazione dipende soprattutto dalla costruzione dello strumento e dalle sue caratteristiche. Un esempio di scala di valutazione è la Scala per l’Osservazione e la Valutazione della Scuola d’Infanzia (SOVASI). La scala si compone di sette aree di interesse, per ciascuna delle quali è previsto un numero variabile di item. Ciascun item può essere valutato attraverso l’attribuzione di un punteggio da 1 a 7: il punteggio minimo 1 rappresenta un livello inadeguato, 7 rappresenta un livello di eccellenza. Dalla somma dei punteggi attribuiti è possibile costruire il profilo di ogni sezione tramite due parametri: punteggi per item e medie per subscala. In questo modo è possibile valutare sia le aree deboli, che necessitano di miglioramento, che i punti di forza da consolidare. Un altro esempio di scala di valutazione è rappresentato dalla Scala di Valutazione del Comportamento e della Competenza Sociale. L’obiettivo di questo strumento è quello di valutare la competenza sociale, l’espressione affettiva e le eventuali difficoltà di adattamento sociale in età prescolare, attraverso delle osservazioni effettuate da educatrici ed insegnanti. La versione breve della scala (SCBE-30) si compone di 3 scale, ognuna contenente 10 item riferiti a comportamenti che i bambini potrebbero esibire nel contesto scolastico verso i compagni o nei confronti degli adulti. Per ciascun item le risposte si distribuiscono su una scala Likert a 6 passi: l’osservatore dovrà esprimere un giudizio sulla frequenza del comportamento esibito dal bambino. CAPITOLO 13: LE CHECK-LIST Le check-list sono uno strumento d’indagine osservativa. Sono costituite da griglie osservative contenenti elenchi di comportamenti definiti a priori in modo più o meno strutturato, utili a classificare i comportamenti osservabili sulla base di tali liste. Le categorie sono organizzate in maniera gerarchica, secondo un grado crescente di complessità. All’interno di ciascuna categoria l’osservatore dovrà indicare la presenza o assenza di ciascun comportamento previsto dalla griglia. Egli avrà il compito di annotare sul foglio di rilevazione i comportamenti osservati, intervallo dopo intervallo. Il ricercatore può utilizzare tale strumento per le osservazioni dal vivo, in osservazioni dirette sul campo, oppure impiegarle come schemi di codifica su materiale videoregistrato. Alcune dimensioni dello strumento possono variare in relazione a diversi fattori che intervengono nella campionatura dei dati.  Una di queste dimensioni è il rapporto di campionatura, che consiste nella frequenza temporale con la quale il comportamento viene campionato.  Il tempo totale di osservazione, ovvero la durata complessiva di ciascuna seduta di osservazione.  Un ulteriore elemento che influenza la rilevazione dei dati è il numero di categorie comprese nella check-list, ovverosia l’ampiezza della check-list. Se gli osservatori sono esperti e ben istruiti possono riuscire a gestire fino a 20-30 categorie, ma questo numero può essere troppo elevato per un osservatore non adeguatamente formato.  L’omogeneità delle categorie. Le categorie presenti in ciascuna check-list devono essere omogenee, cioè devono collocarsi tutte allo stesso livello di descrizione. In base al grado di astrazione del comportamento, andrà a determinare l’ampiezza dello spettro di rilevazione della categoria stessa. Possiamo distinguere:  Un livello molare, ovvero categorie che raccolgono indicatori comportamentali globali, anche dette macro unità comportamentali.  Un livello molecolare, ovvero categorie che rilevano indicatori comportamentali più mirati e selettivi, anche dette micro unità.  Il grado di strutturazione della situazione di rilevazione osservativa. La check-list dovrebbe essere costruita affinché sia di facile applicazione e risulti compatibile con il contesto entro il quale verrà compiuta l’osservazione.  Le analisi e le misure, ovvero frequenza, probabilità, stabilità del comportamento, cooccorrenza e sequenza. Nella costruzione di una check-list:  Anzitutto, risulta necessario individuare l’oggetto della ricerca, vagliando la letteratura esistente sull’argomento e individuando sia i possibili soggetti da coinvolgere, che più probabilmente esibiranno il comportamento che si vuole studiare, sia il contesto nel quale sarà più facilmente possibile riscontrare la presenza del comportamento stesso.  Descrivere il comportamento oggetto di indagine in modo chiaro e oggettivo.  Infine, verrà predisposta la griglia scegliendo le categorie più adeguate ed esplicitando i criteri applicativi che ne sono alla base. La costruzione delle categorie dovrà seguire sia un ordine concettuale che uno strutturale (sperimentale): l’ordine concettuale fa riferimento al fatto che ogni categoria deve essere coerente con gli scopi e le ipotesi della ricerca, compresi i presupposti teorici che ne sono alla base; l’ordine strutturale, d’altro canto, prevede che le categorie della check-list si collochino a diversi livelli di descrizione e inferenza, chiaramente distinti. L’osservatore utilizza le check-list annotando la frequenza con la quale il comportamento target si presenta. Schölmerich & Lamb hanno individuato i principali vantaggi dell’utilizzo di tale strumento nell’ambito della ricerca osservativa:  Rendono conto dei comportamenti osservati così come essi si verificano, mantenendone la spontaneità;  Inducono il ricercatore ad operare un rigoroso lavoro di analisi tecnica;  Permette di ottenere dati quantitativi di diverso tipo (frequenza e durata, esamina di sequenze e co-occorrenze);  Costituisce un metodo di rilevazione di dati semplificato, poiché non richiede sofisticati strumenti di registrazione. All’osservatore, infatti, sono sufficienti carta, matita e un cronometro. Nonostante i numerosi punti di forza, le check-list presentano anche elementi di debolezza. Stabilire a priori quali saranno i comportamenti da osservare, può risultare limitante nel caso in cui si scoprisse, in corso d’opera, che le manifestazioni comportamentali di rilievo per gli scopi della ricerca erano altre e quindi non previste dallo strumento. Un altro aspetto critico riguarda l’ampiezza dell’intervallo. Se l’ampiezza è minima, e quindi il numero di categorie è molto basso, si può indurre un restringimento eccessivo dei comportamenti presi in considerazione durante la rilevazione, una perdita di informazioni e, di conseguenza, una distorsione nella comprensione del fenomeno analizzato. Al contrario, se la check-list contiene un numero elevato di categorie, può costringere l’osservatore a effettuare scelte arbitrarie circa cosa rilevare e cosa trascurare. Camaioni, Baumgartner e Perugini hanno validato una check-list funzionale all’identificazione delle differenti tipologie di relazione interpersonale tra bambini nella prima infanzia. Lo strumento si compone di 20 codici che prevedono al loro interno i diversi comportamenti da rilevare. L’osservazione di ogni bambino ha una durata di 10 minuti durante i quali è impegnato in attività di gioco libero. Quando i comportamenti rilevati nello stesso intervallo sono due o più, si sceglie l’evento che presenta una durata maggiore rispetto agli altri. Per ogni intervallo vengono annotati i destinatari verso cui viene rivolta la condotta del bambino osservato. Il Minnesota Preschool Affect Cheklist è una tra le check-list più utilizzate. Il proposito degli autori era quello di validare uno strumento capace di valutare il livello di sviluppo socio-emotivo in bambini all’interno del loro ambiente naturale. Successivamente al periodo di rilevazione, i punteggi ottenuti per ogni item previsto vengono sommati. Il punteggio 0 prevede che il comportamento non si sia verificato durante l’intervallo; di contro, il punteggio è pari a 1 quando il comportamento si verifica. Dalla somma si otterrà il punteggio globale per ognuna delle sotto-scale previste dalla check-list. CAPITOLO 14: LE INTERVISTE Tra le tecniche più utilizzate di rilevazione dati vi è l’intervista, uno strumento che consiste in un particolare tipo di dialogo strutturato e guidato dal ricercatore con lo scopo di stimolare uno o più soggetti a fornire informazioni utili ai fini della ricerca. Fideli e Marradi hanno individuato tre caratteristiche che distinguono le interviste da altre forme di interazione sociale:  Lo scopo dell’intervista, che consiste nella rilevazione di situazioni, comportamenti, atteggiamenti e opinioni, e non nella valutazione di capacità;  L’intenzione dell’intervista la quale è mirata a rilevare e non a modificare gli stati degli intervistati che costituiscono il tema centrale della ricerca;  Il contesto dell’intervista, che si rivolge al quadro generale in cui l’oggetto di osservazione è inserito. La dinamica comunicativa di un’intervista prevede asimmetria tra gli attori in scena. La distinzione tra le interviste qualitative e quelle quantitative è stata spesso rilegata alla diversa importanza che i due metodi attribuiscono al grado di regolarità nel condurre la conversazione con il soggetto che viene osservato. A differenza quella quantitativa, lo stile dell’intervista qualitativa è più conversativo e caratterizzato da una maggiore variabilità delle domande con lo scopo di ottenere una maggiore ricchezza di informazioni. Le interviste quantitative risultano più strutturate, meno flessibili e orientate ad ottenere precise informazioni dall’intervistato; le interviste qualitative mirano invece a cogliere il punto di vista dell’intervistato, attraverso la registrazione di risposte ricche e approfondite. Le interviste quantitative necessitano di un maggiore fondamento teoretico. È possibile distinguere diverse tipologie di intervista, che possono essere classificate in base a: o Il grado di flessibilità di cui l’intervista gode; o Il livello di autonomia degli attori coinvolti nella comunicazione; o Il livello di profondità della comunicazione. Tali aspetti corrispondono a tre dimensioni in base alle quali è possibile classificare i diversi tipi di intervista: direttività, standardizzazione e strutturazione.  La dimensione della direttività fa riferimento alla possibilità che il ricercatore ha di stabilire a priori i contenuti dell’intervista, che influisce quindi sul grado di autonomia concesso agli attori coinvolti circa la possibilità di variare il contenuto delle domande e delle risposte.  La standardizzazione riguarda il grado di uniformità degli stimoli offerti all’intervistato, in relazione al modo in cui le domande e le risposte sono formulate nel loro contenuto e nella loro successione.  Con strutturazione intendiamo, invece, il grado con cui vengono precisate le modalità di interrogazione e si riferisce quindi al livello di dettaglio e articolazione della traccia dell’intervista.  Per quanto riguarda la stabilità nel tempo delle misure, l’osservatore è chiamato a ordinare il Q-set due volte. Le somministrazioni vengono effettuate a distanza di tempo. In questo modo è possibile indagare quanto le misure rilevate siano condizionate da chi osserva o dalle condizioni ambientali.  Sul grado di attendibilità dell’osservatore incidono diverse variabili come: il livello di chiarezza che caratterizza gli item, la comprensione da parte di chi osserva delle istruzioni per il loro ordinamento, le capacità e le competenze dell’osservatore. L’attendibilità in questo caso viene valutata confrontando quanto riportato da due osservatori indipendenti riguardo lo stesso costrutto. CAPITOLO 16: QUALITÀ E COMPETENZE DEL BUON OSSERVATORE L’osservazione a scopo conoscitivo si distingue notevolmente da quella quotidiana per il fatto che non può essere identificata semplicemente con l’atto del guardare o del vedere, ma deve necessariamente essere condotta in modo sistematico. Ciò significa che l’osservazione deve essere registrata, programmata e passibile di verifica. Ne consegue che l’osservatore sistematico debba possedere delle competenze specifiche tali da consentirgli di portare a termine compiti:  la rilevazione e valutazione delle caratteristiche di un fenomeno selezionato;  la pianificazione dei metodi di osservazione;  la documentazione dei dati in modo da renderli accessibili e verificabili. I mezzi a disposizione di coloro i quali conducono un’osservazione a fini di ricerca sono costituiti da abilità cognitive e percettive sostanzialmente identiche a quelle che usa ciascuno di noi quotidianamente, anche in maniera inconsapevole. Inoltre, proprio perché basata su tali abilità percettive e cognitive dell’essere umano, l’osservazione può essere esposta al rischio di soggettività più di altri metodi di ricerca, e gli strumenti di cui è dotato l’osservatore non possono essere del tutto standardizzati o calibrati. Per comprendere i fenomeni psicosociali si ha bisogno di capacità che consentano di decifrare gli eventi. Per quanto riguarda le abilità inerenti alla sfera cognitiva le principali ad essere state individuate sono:  La capacità di discriminazione, cioè la capacità di distinguere stimoli differenti e di produrre una risposta comportamentale differenziata in base agli stimoli;  La soglia di stimolazione sensoriale, cioè il confine al di sotto del quale uno stimolo non viene percepito. Sul piano delle abilità comunicative sono risultate essere particolarmente importanti:  Capacità pragmatiche: sono rappresentate dalle funzioni linguistiche che riguardano l’uso del linguaggio nei contesti sociali, quindi come riusciamo a esprimere in maniera efficace le nostre idee, pensieri, sentimenti e come rispondiamo adeguatamente alla comunicazione di altre persone.  Capacità semantiche: concernono la corretta comprensione ed utilizzo delle parole secondo il loro significato e si fonda sull’abilità di ragionare, capire e formare concetti sul mondo che ci circonda.  Capacità di lettura verbale e non verbale dei messaggi: cioè interpretare e comprendere correttamente i pensieri, le informazioni, gli scopi che gli altri ci comunicano tramite le parole o tramite posture, gesti, intonazione, espressioni facciali. Inoltre, si può evidenziare l’importanza della capacità empatica, che riguarda il riconoscimento e la comprensione delle emozioni dell’altro e l’abilità di sintonizzarsi sui suoi sentimenti e bisogni per interpretarne al meglio i comportamenti. Allo stesso tempo, però, l'osservatore deve essere in grado di operare un distacco emotivo, cioè di non farsi coinvolgere eccessivamente dalle emozioni che prova, per evitare che queste alterino la sua capacità di interpretazione. Perché ciò sia possibile sono necessarie grandi abilità di autocontrollo e di autoconsapevolezza. Oltre a queste ci sono anche altre caratteristiche individuali che possono influenzare le qualità dell’osservatore. All’aumentare dell’età, aumenta anche il livello di performance dell’osservatore. All’età si accompagna il livello intellettuale e il grado di formazione. Da alcuni studi è emerso come le donne possiedano una maggiore capacità ed efficacia di osservazione rispetto agli uomini. Questa disparità sembra sia dovuta in gran parte alla maggiore abilità delle donne di riconoscere ed interpretare correttamente i segnali non verbali. La fase di addestramento è fondamentale per formare l’osservatore e fornirgli le competenze e gli strumenti necessari a svolgere i suoi compiti al meglio. Per questo motivo l’addestramento precede sempre l’osservazione vera e propria ed è indispensabile affinché l’osservatore sia efficace, oggettivo, capace quindi di rendere comunicabili e verificabili i risultati dell’indagine. L’addestramento serve anche ad acquisire confidenza e sicurezza nei compiti che si andranno a svolgere, oltre che ad apprendere e ad acquisire i metodi di osservazione che si andranno ad applicare. È importante, infatti, che l’addestramento sia specifico per ogni metodo di osservazione che si va ad utilizzare. Nella maggior parte dei casi l’addestramento consiste in primo luogo nella partecipazione a sedute di prova. Queste sono costituite da situazioni create ad hoc a cui gli apprendisti partecipano applicando la tecnica di osservazione con il controllo e il supporto di osservatori esperti. Il modo migliore di formare degli osservatori efficaci è, infatti, fornire agli apprendisti dei feedback oggettivi sulla loro attività da parte di osservatori con più esperienza. Gli osservatori esperti controllano in particolare due caratteristiche fondamentali degli apprendisti:  L’accuratezza è rappresentata sostanzialmente dalla capacità dell’osservatore di rilevare e riconoscere le caratteristiche del fenomeno che sta osservando.  La stabilità dell’osservatore è la capacità di rilevare degli eventi ogni volta che questi si presentano, anche in tempi e situazioni differenti. Alle sedute segue un momento di confronto in cui gli apprendisti ricevono i feedback sulla loro attività dagli esperti, ma in cui possono anche confrontarsi fra di loro. Esistono numerosi errori e comportamenti inadatti in cui un buon osservatore non deve incappare. Il rischio maggiore è rappresentato dall'effetto Rosenthal, secondo cui l'osservatore si crea delle aspettative tali da indurre una distorsione della sua capacità di giudizio che comporta il rilevamento di comportamenti che in realtà non si verificano. Questo problema può essere risolto in parte durante la fase di addestramento e può essere ridotto al minimo utilizzando uno strumento rigoroso come lo schema di codifica, che permette all'osservatore di concentrarsi solo sulle categorie a disposizione. I due errori più comuni sono:  Errore di commissione. L’applicazione della stessa categoria a comportamenti diversi o di categorie diverse al medesimo comportamento;  Errore di omissione. L’applicazione di una certa categoria a determinati comportamenti che un altro osservatore, al contrario, non applica, in quanto non la riconosce in nessun comportamento osservato. CAPITOLO 17: TRAPPOLE DEL METODO OSSERVATIVO E STRATEGIE DI CONTROLLO Nella ricerca psicologica non si misurano dimensioni fisiche e oggettive, ma piuttosto costrutti che non sono quantificabili direttamente. Per tale motivo ogni rilevazione, anche la più esatta, contiene inevitabilmente una certa porzione di errore. In letteratura si è soliti raggruppare le fonti di errore, o di distorsione, in tre categorie:  dovute agli strumenti;  dovute ai soggetti;  dovute all’osservatore. La fase di pianificazione. Le caratteristiche distintive dell’osservazione rendono particolarmente complicato rilevare debolezze ed errori di procedura in corso d’opera, aumentando il rischio di accorgersi solo al termine della ricerca delle distorsioni a cui si è andati incontro. Per evitare di accorgersi a ricerca conclusa che i dati non sono attendibili ed utilizzabili, prima della ricerca vera e propria, viene predisposta una “sperimentazione di prova”. Questa condizione serve a testare la bontà e l’adeguatezza sia degli strumenti che si sono selezionati che delle procedure. Un altro tipo di errore correlato alla fase di raccolta dei dati è quello dovuto al gruppo, nei casi in cui il comportamento dei soggetti viene osservato in condizioni sperimentali e di controllo. Nel caso in cui si scelga di adoperare il resoconto narrativo, si può incorrere nell’errore di riduzione che consiste in una semplificazione eccessiva di quanto rilevato. Per evitare questo genere di errori, una strategia utile è quella di ridurre l’intervallo temporale tra osservazione e descrizione. Un ultimo aspetto da considerare per controllare le fonti di errore dovute agli strumenti di rilevazione è l’ambiente osservativo. Si deve, cioè, verificare, in un’ottica di validità ecologica, le differenze nella concezione dell’ambiente in cui si verificano le osservazioni con la finalità di ridurre le distorsioni dovute all’influenza del background socioculturale. Per descrivere i cambiamenti indotti sul comportamento dei soggetti dalla condizione di osservazione si usa il termine reattività, o anche effetto Hawthorne. Le distorsioni sembrano riguardare una riduzione dell’attività quando si sa di essere osservati e una tendenza ad assecondare, con i propri comportamenti, quelle che si ritengono essere le aspettative dello sperimentatore. Sostanzialmente i soggetti sono portati ad inibire i comportamenti che ritengono giudicabili in maniera negativa e a implementare quelli che ritengono saranno giudicati positivamente. Possibili correttivi a queste distorsioni possono essere individuati nel fornire informazioni parziali e non troppo dettagliate sugli scopi dell'esperimento ai partecipanti. Un altro accorgimento utile è quello di ricorrere all’utilizzo dello specchio unidirezionale. Nelle ricerche condotte con metodo osservativo, le fonti di errore che incidono di più sui risultati della ricerca sono quelle a carico dell’osservatore. I tipi di errori si dividono in casuali o sistematici e di percezione o interpretazione dei dati. Errore Percezione Interpretazione Casuale A B Sistematico C D L’errore A è un errore casuale di percezione, ad esempio l’osservatore viene distratto da qualcosa e manca di registrare un comportamento che avviene in quel momento. L’errore di tipo B è un errore casuale di interpretazione e si verifica quando l’osservatore sceglie di inserire un comportamento ambiguo in una certa categoria che si rivela non corretta. L’errore C è un errore sistematico di percezione che può dipendere, ad esempio, dalla posizione scelta dall’osservatore che non gli consente di osservare il comportamento target in modo adeguato. L’errore D è un errore sistematico di interpretazione e consiste nella codifica errata di determinati comportamenti da parte dell’osservatore dovuta a motivi personali come, ad esempio, un particolare stato d’animo. Le principali fonti di errore legate all’attività dell’osservatore sono: o aspettative dell’osservatore e coinvolgimento emotivo; o condizioni psicofisiche dell’osservatore; o osservazione descrittiva; o annotazione immediata e annotazione differita. Riguardo agli errori dovuti alle aspettative dell’osservatore, l’aspetto più pervasivo è rappresentato dall’effetto Rosenthal, anche detto della “profezia che si autoavvera” o “effetto Pigmalione”. Si verifica quando l’osservatore rileva ciò che a priori si aspettava di rilevare. Le aspettative dell’osservatore possono essere influenzate dalla conoscenza delle ipotesi della ricerca, quando inconsapevolmente si tende a confermare ciò che è stato ipotizzato. In questo caso un possibile correttivo consiste nel distinguere il ruolo dell’osservatore da quello del ricercatore, così che il primo non sia a completa conoscenza delle ipotesi rilevazioni oggettive e non delle aspettative dell’osservatore. Perché ciò sia possibile, sono stati introdotti i concetti di validità e attendibilità. L’attendibilità rappresenta il grado di coerenza e di accordo di due codifiche indipendenti dello stesso comportamento. È quindi una sorta di indicatore attraverso il quale si può affermare che la rilevazione effettuata è obiettiva e degna di fiducia e che non è, perciò, il frutto di errori casuali o di arbitrarietà. L’attendibilità si riferisce, quindi, alla congruenza tra vari comportamenti rilevati dalle diverse categorie del sistema di codifica utilizzato da più osservatori. Una misurazione altamente attendibile, in cui, cioè, si registra un alto grado di accordo tra gli osservatori, può essere scarsamente valida, se non riesce a rappresentare efficacemente il dato reale. Viceversa, se una rilevazione non è attendibile, perché non c’è sufficiente accordo tra i dati degli osservatori, allora sicuramente non sarà nemmeno valida, perché non esiste un’interpretazione coerente da confrontare con la veridicità di quanto accaduto. Perciò l’attendibilità è considerata una condizione necessaria per la validità. Consideriamo la teoria classica dell’attendibilità, secondo la quale la misurazione di una variabile è sempre caratterizzata dalla compresenza di due componenti: una componente vera, derivata dalle caratteristiche reali della variabile, e una componente composta dagli errori casuali che sfuggono al controllo dell’osservatore. Questa relazione è spesso rappresentata attraverso una formula matematica: x = v + e, in cui x è il valore prodotto dalla misurazione, v rappresenta il punteggio vero ed e l'errore casuale. In condizioni ideali, e dovrebbe avere valore uguale a 0, ma nella pratica reale l’errore casuale è sempre presente ed ha sempre un certo impatto. I principali parametri per stabilire l’accordo fra gli osservatori, e quindi l’attendibilità dell’osservazione, sono:  l’accuratezza;  la coerenza;  la consistenza temporale. L’accuratezza si riferisce al grado di corrispondenza fra il costrutto misurato e la realtà. Generalmente si misura confrontando l’osservazione con un criterio esterno che può essere esaminato più volte e consiste, di solito, in un “protocollo” preparato appositamente dallo sperimentatore attraverso la codifica e la redazione di un resoconto narrativo di un’osservazione videoregistrata. Un altro modo per verificare l’accuratezza è quello di misurare il livello di accordo tra osservatori. Questo si calcola quando due osservatori indipendenti sono impegnati nella rilevazione dei dati e all’oscuro rispetto a quanto atteso: se i due osservatori producono la stessa rilevazione degli eventi, è possibile concludere che questa sia la descrizione fedele della realtà e non il frutto di aspettative e credenze personali. La coerenza può anche essere definita “stabilità” e consiste nella stabilità nel tempo degli esiti di un’osservazione, parametro che può essere anche detto “accordo intra-osservatore” in quanto riguarda, per l’appunto, l’accordo tra le osservazioni di uno stesso professionista. Per la sua misurazione viene replicata un’osservazione, facendo rilevare lo stesso evento dalla stessa persona a distanza di tempo. Il concetto di coerenza può essere applicato anche quando viene utilizzato uno stesso strumento di codifica nella stessa situazione da persone diverse. In questo caso si parla di coerenza test-retest. È possibile anche rilevare la consistenza temporale, cioè la coerenza e la sistematicità nel tempo delle misure tra diversi osservatori. È importante monitorare nel corso del periodo di osservazione la coerenza tra le rilevazioni in quanto, con il tempo, l’accordo tra gli osservatori tende a diminuire o comunque a modificarsi. L’accuratezza di una misurazione può venire calcolata tramite il grado di accordo con cui due osservatori indipendenti l’uno dall’altro giudicano i medesimi eventi o comportamenti. Esistono svariati metodi che possono essere utilizzati per calcolare l’accordo tra osservatori. Nel caso in cui venga utilizzata una codifica continua ad intervalli temporali, l’accordo tra osservatori sarà calcolato da indici diversi a seconda che venga rilevata la comparsa di uno specifico comportamento, o che venga utilizzato uno schema di codifica composto da più categorie. Nel primo caso l’accordo può essere calcolato confrontando ogni intervallo temporale, in modo da conteggiare le volte in cui gli osservatori concordano nel rilevare la comparsa del comportamento o dell’evento preso in considerazione, o la sua assenza. I dati che vengono ottenuti sono inseriti in una tabella a doppia entrata dalla quale sono ricavabili i diversi indici di accordo.  Indice S-I (Scored Intervals): per il calcolo di questo indice è necessario prendere in considerazione soltanto gli intervalli temporali in cui è stato rilevato il comportamento target da parte di almeno uno degli osservatori. Il valore dell’indice è dato dal rapporto tra il numero degli accordi e il numero degli accordi più i disaccordi.  Indice U-I (Unscored Intervals): si calcola in base agli intervalli temporali in cui almeno uno degli osservatori non ha registrato la comparsa del comportamento. Anche in questo caso l’indice si ottiene dividendo il numero degli accordi per il numero degli accordi più il numero dei disaccordi.  Indice IxI (Interval by Interval): questo indice considera il numero totale degli intervalli in cui gli osservatori sono d'accordo, indipendentemente dal fatto che sia sulla comparsa o sulla mancanza del comportamento. Il valore sarà quindi ottenuto dividendo il numero di intervalli caratterizzati da accordo e il numero totale di intervalli.  Indice di accordo sulle frequenze totali: si ottiene facendo il rapporto tra il numero di intervalli in cui il primo osservatore ha rilevato la comparsa del comportamento e il numero di intervalli in cui l’ha fatto il secondo osservatore. Convenzionalmente si è soliti porre il numero minore al denominatore. Nel caso in cui gli osservatori abbiano il compito non esclusivamente di individuare la comparsa di un certo comportamento in un dato intervallo, ma anche di codificarlo sulla base di uno schema di codifica, una prima possibile modalità di calcolo dell’affidabilità della rilevazione può essere la costruzione di una tabella a doppia entrata. Lo scopo di questa tabella è quello di ricavare una “matrice di confusione”. Questa si ottiene riportando sulla diagonale le frequenze relative agli intervalli caratterizzati da accordo tra osservatori, mentre nelle restanti caselle saranno riportate le frequenze relative a tutti i possibili casi di disaccordo. A partire da questa matrice è possibile calcolare l’accordo percentuale, ottenuto dividendo il numero di intervalli caratterizzati da accordo per il numero degli accordi e dei disaccordi moltiplicato per 100. CAPITOLO 20: VALIDITÀ DEL METODO OSSERVATIVO Quando si vogliono misurare caratteristiche degli esseri umani è necessario accertarsi che gli strumenti che si va ad utilizzare siano capaci di effettuare rilevazioni quanto più obiettive e vicine alla realtà. La validità si riferisce alla capacità dello strumento di misurare effettivamente la dimensione che si prefigge di misurare. La validità va distinta in primo luogo in validità esterna e validità interna. La validità esterna riguarda essenzialmente il grado di generalizzabilità dei risultati della ricerca. Se i risultati possono essere applicati alla gran parte della popolazione da cui è stato estratto il campione in una ampia varietà di tempi, condizioni e circostanze diverse, allora la ricerca ha un’alta validità esterna. Ci sono tre tipi di validità esterna: o La validità di popolazione fa riferimento alla capacità di estendere i risultati ottenuti sul campione preso in esame alla popolazione generale da cui il campione è stato selezionato. Si basa sui criteri di casualità della scelta del campione e di rappresentatività rispetto alla popolazione di riferimento. o La validità ambientale riguarda le caratteristiche e le condizioni del contesto in cui si svolge lo studio e che vanno mantenute il più possibile costanti e controllate. o La validità temporale fa riferimento al fatto che i risultati di un’osservazione si mantengano stabili nel corso del tempo. Le minacce alla validità temporale possono essere: variazioni stagionali, variazioni cicliche e variazioni personologiche. La validità interna riguarda la relazione causale tra variabili, cioè la capacità di definire in che modo la direzione dell’influenza sia diretta da una variabile all’altra. Per verificare la validità interna bisogna dimostrare che la relazione tra variabile indipendente e variabile dipendente che si è ipotizzata nello studio è vera e che le variazioni della variabile dipendente sono dovute esclusivamente all’influenza della variabile indipendente. Per controllare le minacce alla validità interna si può ricorrere a tecniche come il bilanciamento, che riduce la differenza dei gruppi attraverso randomizzazione, pareggiamento e uso di blocchi. Secondo le definizioni fornite dall’APA, le tre componenti da verificare per affermare la validità della misurazione sono:  validità di costrutto;  validità di contenuto;  validità di criterio. La validità di costrutto si riferisce al rapporto tra lo strumento di rilevazione e l’apparato teorico cui si fa riferimento e che ne sta alla base. Ci sono vari strumenti metodologici che ci possono consentire di raggiungere una buona validità di costrutto:  l’analisi fattoriale, che permette di rilevare le correlazioni interne tra le dimensioni dello strumento utilizzato;  l’analisi delle componenti principali, che ha lo scopo di confrontare la congruenza della struttura emersa dalla ricerca con i concetti teorici della teoria di riferimento;  confronto tra rilevazioni ottenute con lo strumento della ricerca ed altre ottenute con strumenti diversi ma che misurano la stessa dimensione. Le minacce che possono minare la validità di costrutto in uno studio si dividono fondamentalmente in tre categorie:  definizione teorica insufficiente o imprecisa dei costrutti;  un’operazionalizzazione inadeguata delle variabili;  ambiguità delle variabili indipendenti. La validità di contenuto, anche detta validità rappresentativa, definisce la capacità dello strumento di rappresentare in modo completo tutte le dimensioni che definiscono il costrutto che si intende misurare. Lo strumento deve essere quindi esaustivo, nel senso che non deve tralasciare nessun aspetto importante del fenomeno e conferire ad ognuno di questi il peso appropriato. Una forma particolare della validità di contenuto è rappresentata dalla validità di facciata. Viene detta anche validità superficiale o esteriore, in quanto riguarda il modo in cui lo strumento di ricerca appare dall’esterno. La validità di criterio viene valutata attraverso il confronto con fonti esterne che fungono, appunto, da criterio. Concerne, cioè, la correlazione tra le rilevazioni ottenute con lo strumento selezionato e le informazioni ricavate attraverso un’altra via, che viene considerata affidabile e in adeguata relazione con ciò che il nostro strumento misura. Si possono distinguere due aspetti della validità di criterio:  La validità concorrente si riferisce al grado di concordanza delle misurazioni effettuate da strumenti diversi sugli stessi aspetti rilevati allo stesso momento.  La validità predittiva è riferita, invece, alla capacità dello strumento di prevedere comportamenti ed eventi associati con il costrutto che ancora non si erano verificati al momento delle rilevazioni. Un altro aspetto particolare della validità di criterio è la validità discriminante, che si valuta applicando lo stesso strumento a due gruppi di soggetti da cui si attendono comportamenti differenti. Maggiore è la capacità dello strumento di differenziare le misurazioni tra i due gruppi in base alla variabile osservata,  12-18 mesi: le reazioni circolari terziarie. Compare la causalità oggettiva: oggetti, persone, spazio e tempo esistono indipendentemente dal bambino.  18-24 mesi: la rappresentazione. Compaiono l’imitazione differita, il gioco simbolico e il linguaggio. Partendo dagli stadi di Piaget, le scale ordinali dello sviluppo sensomotorio di Uzgiris e Hunt si pongono l’obiettivo di indagare le influenze ambientali sullo sviluppo del bambino, dalla nascita fino ai due anni di vita. Le caratteristiche principali delle Scale Uzgiris-Hunt sono: o La valutazione della prestazione cognitiva all’interno di una cornice teorica ben delineata: lo stadio sensomotorio di Piaget. o L’assunto di base che la competenza è formata dall’organizzazione gerarchica di funzioni indipendenti; o Gli item di comportamento osservabile in situazioni specifiche sono stati inclusi nelle scale per la valutazione delle capacità via via raggiunte dal bambino. Nella somministrazione di queste scale occorre tenere presente alcune raccomandazioni:  Con i bambini molto piccoli la procedura può essere effettuata solo in caso di completa cooperazione. Dunque, è importante prestare attenzione a variabili come la fame, la sete, la stanchezza.  L’esaminatore deve socializzare con il bambino in modo da ridurne la preoccupazione nel trovarsi in una stanza con un estraneo.  Per favorire la cooperazione è preferibile effettuare la somministrazione nella casa del bambino oppure in una stanza dove egli possa muoversi liberamente senza distrazioni.  Le Scale non devono essere necessariamente presentate in una sola seduta: è importante che il bambino possa intraprendere l’attività di gioco di sua iniziativa. Se, in una particolare situazione, il bambino non coopera, è possibile proporre un’attività differente.  Ogni situazione è associata alla presenza di giocattoli differenti, ma è possibile sostituirli nel caso in cui il bambino non mostri un particolare interesse. Gli item possono essere ripetuti più volte: dalla ripetizione si ottengono indicazioni circa la stabilità della tappa acquisita dal bambino. Per fare in modo che la somministrazione non duri troppo a lungo:  Non vanno ripetuti gli item considerati “facili”, ovvero quelli per i quali il bambino produce un comportamento ben identificabile;  Quando gli item sono vicini al livello previsto per il bambino si possono effettuare due presentazioni successive dello stesso idem: nell’ipotesi in cui il bambino modifichi la sua risposta nelle due presentazioni, l’item potrà essere ripetuto altre volte per valutare la stabilità della risposta. Un approccio differente allo studio delle capacità cognitive nei bambini è quello che propone una codifica delle attività che questi svolgono in contesti educativi. L’obiettivo è quello di dotare l’educatore di competenze specifiche di osservazione che lo rendano un soggetto attivo nell’agire educativo. Lo schema di codifica delle attività del bambino nel contesto educativo consente di individuare in modo accurato le attività dei bambini in modo da produrre inferenze su tre aspetti: il clima sociale, il linguaggio e il livello cognitivo. Per una corretta valutazione occorre che l’osservazione duri almeno 20 minuti in un contesto dove il bambino è impegnato in attività. La valutazione del livello cognitivo avviene sulla base dei comportamenti che rientrano nelle categorie riferite alle attività educative: può essere definito alto (A), medio (M) oppure basso (B). Lo schema di codifica delle attività del bambino nel contesto educativo prevede un resoconto narrativo e dettagliato di quanto osservato. CAPITOLO 23: OSSERVARE E VALUTARE LO SVILUPPO COGNITIVO E LINGUISTICO Il linguaggio è un sistema di segni associati a significati che permette di partecipare alle interazioni sociali e di conoscere la realtà. L’acquisizione del linguaggio si inserisce nel più ampio contesto della capacità comunicativa, che può essere descritta in quattro fasi:  Fase della comunicazione preintenzionale (0-9 mesi): sebbene il bambino non sia ancora in grado di comunicare con intenzionalità, si esprime con le figure che si prendono cura di lui attraverso vocalizzazioni, lallazione canonica e attenzione condivisa.  Fase della comunicazione intenzionale (9-12 mesi): il bambino comprende che i suoi segnali hanno delle conseguenze sull’ambiente circostante e comincia a utilizzarli in funzione dei propri obiettivi. Compaiono i gesti comunicativi deittici, i gesti comunicativi referenziali e si inizia a manifestare una prima comprensione del linguaggio.  Fase del primo linguaggio (12-20 mesi): il bambino diventa consapevole che ogni oggetto può essere nominato e comincia a produrre parole. Questa fase è caratterizzata dal fenomeno definito esplosione del vocabolario, che indica la velocità con cui il bambino acquisisce una molteplicità di nuove parole.  Fase dello sviluppo morfologico-sintattico (20-36 mesi): il bambino capisce che le parole possono essere combinate per produrre delle frasi. Lo sviluppo del linguaggio si completa quando il bambino impara a utilizzarlo in funzione dell’interlocutore e della situazione. Un esempio è il contesto scolastico: qui il bambino deve imparare una nuova competenza importante sotto la direzione dell’insegnante: la presa di turno. Circa il 10% della popolazione infantile presenta difficoltà che, pur non essendo riconducibili a una patologia specifica, possono compromettere il percorso scolastico. In quest’ottica, l’utilizzo di strumenti standardizzati è fondamentale per identificare precocemente le difficoltà dello sviluppo e impostare un intervento riabilitativo. Il questionario sullo sviluppo comunicativo e linguistico (QSCL), ideato da Camaioni, permette di valutare lo sviluppo comunicativo e linguistico del bambino attraverso le informazioni fornite dai genitori e dagli altri adulti di riferimento. Lo strumento è composto da domande chiuse e risposte strutturate in modo da limitare le interpretazioni personali: viene presentata una lista di comportamenti e il genitore o l’educatore si devono limitare a indicare quelli esibiti dal bambino. L’ideazione di questo strumento ha origine da studi scientifici che hanno evidenziato due aspetti importanti nello sviluppo comunicativo e linguistico:  Il contesto sociale svolge un ruolo fondamentale nella produzione comunicativa;  I contesti maggiormente adibiti alla comunicazione sono quelli di routine e quelli di gioco. La cornice teorica è quella interattivo-cognitivista, che evidenzia la correlazione tra sviluppo linguistico e sviluppo cognitivo. Gli ambiti applicativi di maggiore interesse sono quello diagnostico-clinico e quello di ricerca. Nel primo caso è importante valutare lo sviluppo comunicativo e linguistico nei bambini che sono stati segnalati ai servizi specialistici, ma anche per uno screening delle popolazioni a rischio o, ancora, per uno screening a scopo preventivo. Nell’ambito della ricerca, invece, può essere utile valutare il livello di sviluppo comunicativo e linguistico per confrontarlo con altri aspetti dello sviluppo. È possibile somministrare lo strumento in tre diversi momenti: a 12 mesi, a 16 mesi e a 20 mesi. Per le prime due rilevazioni si utilizza la Forma I, mentre a 20 mesi si utilizza la Forma II. I comportamenti che il bambino può produrre si riferiscono a sei specifici contesti di vita quotidiana, definiti da interrogativi. Per ogni interrogativo vengono specificati i comportamenti, sia di tipo motorio che vocale e linguistico. Oltre ad indicare il comportamento prodotto, è opportuno che il compilatore ne indichi anche la frequenza. La codifica dei risultati avviene distinguendo i comportamenti rilevati in nove categorie. Il QSCL ha dimostrato alti livelli di validità e attendibilità. L’analisi delle conversazioni tra insegnanti e alunni può consentire una valutazione accurata dello sviluppo comunicativo e linguistico e della capacità del bambino di adattare l’uso del linguaggio alla situazione specifica. Attraverso numerose analisi di videoregistrazioni delle conversazioni in classe, gli autori hanno individuato una serie di categorie riferite a specifici interventi di insegnanti e bambini nel corso dell’attività didattica. Gli interventi comunicativi possono essere distinti in due categorie:  Routine: le routine sono scambi di turni nei quali la conversazione è prevedibile sulla base di una risposta specifica dell’alunno o dell’insegnante; le routine educative vengono utilizzate per l’apprendimento, quelle organizzative forniscono le regole generali su come regolare la conversazione in classe.  Interventi semplici: non prevedono necessariamente una risposta da parte dell’interlocutore. Le routine educative possono essere di quattro tipi: o Domanda ambigua, dove l’insegnante propone un’attività senza fornire indicazioni specifiche; o Suggerimento allusivo, dove l’insegnante fornisce indizi su come procedere; o Scomposizione in sottoparti, operata dall’insegnante per facilitare il compito; o Domanda con risposta implicita, ovvero una domanda che contiene già al suo interno una risposta. Le routine organizzative presentano anch’esse quattro categorie distinte:  Assegnazione del turno;  Contributo atteso, che consiste nell’assegnare il turno ad un bambino facendo sì che l’attenzione sia diretta al suo contributo;  Partecipazione, ossia l’assegnazione del turno in modo indiretto;  Contributo ignorato, quando viene ignorato l’intervento di un bambino. Per quanto concerne gli interventi semplici, occorre distinguere tra quelli dell’insegnante e quelli degli alunni. I primi possono riguardare, ad esempio, le istruzioni sul compito, le valutazioni positive o negative di un intervento, il controllo della condotta. Gli interventi dei bambini possono essere di turno non sollecitato, di richiesta di aiuto, di risposta o di mancata risposta. Gli autori propongono di suddividere la raccolta dati in due parti: nella prima parte si riportano le informazioni generali e si annotano informazioni importanti per la successiva valutazione come, ad esempio, l’ingresso di qualcuno nella classe, gli spostamenti, le distrazioni. Per la seconda parte si raccomanda di disegnare una piantina della classe in modo da facilitare le identificazioni nel corso dell’osservazione. CAPITOLO 24: LE COMPETENZE SOCIALI Quando parliamo di sviluppo sociale ci riferiamo all’acquisizione di abilità, competenze, condotte, motivi e valori che sono necessari all’individuo affinché sia in grado di adattarsi adeguatamente nel contesto sociale e culturale in cui vive. I requisiti necessari per interagire con i propri simili richiedono che il bambino sviluppi abilità sociali, capacità di comprensione sociale e maturità emotiva. Verso la fine del secolo scorso, l’idea piagetiana di egocentrismo infantile è stata messa in discussione da diversi autori che riconoscevano la capacità del bambino di essere competente sul piano sociale già dai primi mesi di vita. Modello ecologico di Bronfenbrenner. L’autore guarda all’ambiente di sviluppo del bambino come una serie di cerchi concentrici:  Il microsistema si colloca al centro e costituisce lo spazio di vita del bambino, all’interno del quale si collocano le persone significative dei primi mesi di vita.  Il mesosistema rappresenta il cerchio immediatamente successivo al primo e comprende tutti quegli ambienti in cui il bambino partecipa direttamente e in modo attivo e che agiscono sul suo sviluppo sia direttamente che interagendo tra loro.  L’ecosistema è costituito da tutti quei contesti che agiscono solo indirettamente sul bambino, che favoriscono oppure ostacolano lo sviluppo di competenze sociali.  Il primo livello, partendo dal basso, è il livello delle abilità, degli obiettivi e delle motivazioni sociali, emotive, cognitive, motivazionali che risultano funzionali per iniziare, mantenere e concludere le interazioni/relazioni, in base all’età del bambino e al contesto in cui è collocato.  Il livello di mezzo, detto livello degli indici, prevede una distinzione tra “dominio del Sé” e “dominio dell’altro”, che corrispondono rispettivamente ai bisogni di autonomia e ai bisogni di affiliazione dell’individuo. Gli indicatori del dominio del Sé sono il successo nel raggiungimento degli obiettivi personali e il sentimento di efficacia sociale. Gli indicatori del dominio dell’altro coincidono invece con l’instaurazione di relazioni positive con gli adulti e con i coetanei, il raggiungimento di uno status sociale soddisfacente.  L’ultimo livello, il più elevato, è il livello teorico. Qui la competenza sociale è disegnata come una qualità astratta o latente che si concretizza nell’efficacia nelle interazioni interpersonali. Le interazioni tra pari variano in base alla durata, alla tonalità, al setting, alle caratteristiche e l’identità degli attori coinvolti e, infine, al temperamento del bambino. Il ricercatore dovrebbe inoltre definire il livello di analisi del comportamento, scelta in genere legata al proprio orientamento teorico che influisce poi sul tipo di strumento da utilizzare per la raccolta dei dati. Quando la scelta ricade su un livello di analisi macro è generalmente probabile che venga adottato l’uso del questionario e che il momento dello sviluppo in cui avverrà la rilevazione sia ben definito. Quando si opta per un livello micro, d’altro canto, lo strumento osservativo scelto è in genere costituito da schemi di codifica e prevede che le misure della stessa variabile vengano ripetute nel tempo. Il ricercatore deve poi occuparsi di scegliere la fonte da cui raccogliere le informazioni necessarie ai fini della ricerca. In genere, soprattutto quando il bambino è molto piccolo, risulta difficile ricorrere direttamente allo stesso per la rilevazione dei dati. L’osservatore potrebbe quindi scegliere di utilizzare nel processo di valutazione l’apporto delle figure vicine al bambino, come i genitori, che tuttavia, a volte, risultano poco attendibili, specialmente a causa del loro coinvolgimento emotivo. Il ricorso ad un osservatore esterno potrebbe permettere di risolvere tali problematiche, favorendo una maggiore accuratezza ed obiettività nella rilevazione. L’osservazione diretta delle interazioni permette di effettuare valutazioni complete e dettagliate del comportamento oggetto di interesse e della sua variabilità in base al cambiamento del contesto o dei tempi. Una variabile da tenere in considerazione quando il ricercatore si adopera per studiare la competenza sociale nei bambini è l’età. Con l’aumento dell’età dei bambini è infatti possibile notare un cambiamento nei comportamenti interattivi e degli scambi tra pari che diventano man mano più complessi, richiedendo all’osservatore di adottare schemi di codifica sempre più dettagliati e diversificati per tenere sotto controllo il sempre maggior numero di variabili. Optando per un livello di analisi interattivo verranno considerati i comportamenti di entrambi i partner riuscendo a cogliere informazioni che forniscano un’interazione nella sua totalità. CAPITOLO 26: SCHEMI DI CODIFICA PER LA VALUTAZIONE DELLA COMPETENZA SOCIALE Vaughn nel 2001 mette a punto il suo schema di interazione tra pari, ponendo alla base della costruzione dello strumento l’assunto che la competenza sociale coincida con la capacità di entrare in contatto con altri efficacemente. Con il termine interazione, l’autore si riferisce a un qualunque contatto di tipo fisico tra due bambini, anche nel caso in cui esso sia non intenzionale e non eliciti alcuna risposta, verbale o fisica, nel partner.  L’interazione ha valenza positiva quando il contatto prevede: o l’espressione esplicita di un’emotività positiva; o l’assenza di una risposta emotivamente negativa da parte di uno o entrambi i bambini; o una chiara intenzione prosociale sottesa al comportamento.  L’interazione ha valenza neutra quando l’effetto della conversazione è neutro a livello affettivo, anche se il contenuto della comunicazione risulta essere di natura prosociale.  L’interazione ha valenza negativa quando il contatto prevede: o l’espressione esplicita di un’emotività negativa; o l’espressione esplicita dell’altro; o una chiara intenzione antisociale sottesa al comportamento. Prima di cominciare l’osservazione, il professionista si preoccupa di creare un foglio di codifica, anche detto round, contenente l’elenco dei nomi di tutti i bambini della classe. Accanto al nome dovrà essere lasciato uno spazio destinato all’annotazione delle potenziali iniziative di interazione. La compilazione dei fogli di codifica dovrebbe essere distribuita in giorni e orari diversi in modo tale che i dati raccolti siano rappresentativi dei comportamenti rilevati e quindi generalizzabili. Sarebbe auspicabile osservare i bambini durante momenti di relax o di gioco libero, cosicché i comportamenti interattivi abbiano più probabilità di manifestarsi in modo spontaneo. Nel foglio di codifica la I sta per “interazione”. Se la I segue il nome del bambino target e precede quella dell’altro bambino significa che il primo ha iniziato l’interazione; se la I è posta dopo entrambi i nomi vuol dire che è il compagno ad aver iniziato l’interazione. Compilati tutti i fogli di codifica si passa all’inserimento dati. In una tabella a doppia entrata vengono riportati i nomi dei bambini sulla prima riga e sulla prima colonna. Inoltre, viene riportata una colonna per indicare la frequenza con cui il bambino è stato presente durante le rilevazioni. Per ogni bambino si riporta il numero di volte in cui ha intrapreso un’interazione con ogni compagno e la connotazione affettiva dell’interazione stessa. Dalla tabella a doppia entrata è possibile ricavare indici utili per valutare le differenze individuali nelle modalità di interazione con i compagni:  Punteggio globale di tutte le iniziative interattive, calcolabile tramite una semplice somma;  Punteggio relativo ad ogni tipologia d’interazione, neutra, positiva, negativa;  Frequenza proporzionale delle iniziative interattive osservate, che si calcola sommando tutte le iniziative intraprese dal bambino, a prescindere dalla valenza affettiva, diviso il numero di round in cui il bambino era presente. Nello schema di codifica della direzione dello sguardo, ad opera di Vaughn e Waters, le categorie previste sono due:  Guardare, inteso come orientare la testa o gli occhi verso un altro per almeno 2 secondi;  Lanciare uno sguardo, inteso come orientare la testa o gli occhi verso un altro per meno di 2 secondi. L’osservatore si concentra su tutto il gruppo classe per la raccolta dei dati, tramite l’uso di una strategia di rilevazione scan sampling, che prevede l’osservazione per un breve momento di tutti i bambini della classe secondo una sequenza prestabilita. È chiamato ad osservare ogni bambino per 6 secondi, rilevandone e codificandone la direzione dello sguardo. In particolare, l’osservatore codifica chi il bambino sta guardando e in che modo. Se il bambino non concentra lo sguardo su nessun compagno e guarda il gruppo in generale, il comportamento è codificato come “sguardo dubbio”. Prima di cominciare l’osservazione, il professionista si preoccupa di creare il round. Ogni round è utilizzato per una sola volta. L’autore consiglia l’utilizzo di 150- 200 round per ogni classe. Per il calcolo dei punteggi si costruisce una tabella a doppia entrata all’interno della quale vengono riportate le frequenze degli sguardi di ogni bambino verso ognuno dei compagni, indicando con G (Glance) quando il bambino lancia uno sguardo ad un altro, con L (Look), quando il bambino lo guarda. Gli indici più utilizzati che calcolano la quantità di attenzione ricevuta da ogni bambino all’interno del gruppo sono:  Il punteggio globale di attenzione visiva ricevuta dal bambino, dato dalla somma di tutti i Look e Glance ricevuti;  La frequenza proporzionale di attenzione visiva ricevuta, dividendo il punteggio globale per il numero di round in cui il bambino in questione era presente.  La frequenza proporzionale di Look ricevuti e di Glance ricevuti, ottenuta sommando, rispettivamente, la frequenza di Look e Glance ricevuti e dividendo tali somme per il numero di round in cui il bambino in questione era presente. Lo strumento, inoltre, consente di ottenere informazioni sul grado di attenzione manifestata da ogni bambino del gruppo verso gli altri.  La frequenza proporzionale di attenzione rivolta ai pari, calcolabile sommando i valori sia di Look che di Glance riportati nella riga del bambino target e dividendo il risultato per il numero di round in cui il bambino era presente.  La frequenza proporzionale di Look rivolti ai pari, ottenuta dalla somma dei valori riportati tra gli incroci tra la riga del bambino target e le colonne con il nome degli altri bambini in cui viene riportata la lettera L, diviso il numero di round in cui il bambino in questione era presente.  La frequenza proporzionale di Glance rivolti ai pari, ottenuta dalla somma dei valori riportati tra gli incroci tra la riga del bambino target e le colonne con il nome degli altri bambini in cui viene riportata la lettera G, diviso il numero di round in cui il bambino in questione era presente. Il conflitto è un’occasione di crescita per il piccolo che impara ad adottare il punto di vista dell’altro, mettendo da parte la sua prospettiva egocentrica. Categorie dello schema di codifica sulle situazioni conflittuali. Origine del conflitto:  Possesso o uso di oggetti;  Controllo del comportamento dell’altro;  Violazione delle regole;  Modalità di conduzione di un gioco;  Presenza di opinioni differenti. Svolgimento delle situazioni conflittuali:  Opposizione;  Incremento;  Reiterazione;  Ricorso ad altri;  Esplicitazione;  Negoziazione. Conclusione del conflitto:  Accordo;  Vittoria;  Abbandono;  Intervento. Tra gli indici calcolabili riscontriamo:  Frequenza assoluta di comparsa del comportamento, che coincide con la somma del numero di volte in cui il conflitto si è verificato.  Frequenza proporzionale rispetto al tempo di osservazione, che si calcola per confrontare osservazioni di diversa durata.  Percentuale di comparsa di una specifica categoria, calcolabile dividendo la frequenza assoluta del comportamento target per il numero di episodi conflittuali complessivi, per 100. in cui le emozioni esperite sono positive e il soggetto prova sentimenti di armonia, gioia ed euforia. Ciò induce al successo in quanto l’individuo mette in atto comportamenti per il piacere di farlo. Il marshmallow test, o test della gratificazione differita, viene utilizzato per valutare la capacità di ritardare la gratificazione. Il bambino riceve un biscotto e per superare il test deve resistere 10 o 15 minuti senza mangiarlo per riceverne un secondo. I bambini che sono in grado di ritardare la gratificazione sono maggiormente competenti a livello socio emotivo. Secondo Gardner, perché si parli di intelligenza emotiva è fondamentale che l’individuo sia in grado di identificare e discriminare lo stato d’animo dell’altro. L’empatia corrisponde alla capacità di identificare lo stato d’animo dell’altro. Il livello di autoconsapevolezza e di competenza emotiva si riflette nel grado in cui gli individui sono capaci di creare e mantenere relazioni sociali. CAPITOLO 29: STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DELL’INTELLIGENZA EMOTIVA L’intelligenza emotiva è un predittore significativo di un corretto funzionamento dell’individuo a livello sociale e personale. Sono state evidenziate delle correlazioni positive tra intelligenza emotiva e il successo in ambito scolastico e lavorativo. Inoltre, alcuni studi hanno messo in luce una correlazione negativa tra intelligenza emotiva e alcuni esiti negativi quali depressione, burnout, senso di solitudine, sintomi somatici, stress, abuso di alcolici. Per quanto riguarda gli studenti, i bambini che manifestano alti livelli di intelligenza emotiva sono considerati meglio dai compagni e dagli insegnati. Inoltre, sembra che riescano ad affrontare con minori difficoltà il passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria. Gli stessi bambini partecipano più assiduamente a scuola e sembrano essere più inseriti rispetto ai loro compagni. I bambini con bassi punteggi nelle misure d’intelligenza emotiva presentano difficoltà di apprendimento. Più recentemente l’attenzione si è focalizzata sulla relazione tra intelligenza emotiva e benessere personale degli insegnanti. Gli insegnanti che esperiscono emozioni positive presentano un maggiore grado di benessere e favoriscono un migliore adattamento degli allievi. La difficoltà degli insegnanti nel gestire le emozioni sembra essere correlata ai livelli percepiti di depersonalizzazione e disagio emotivo: alcuni studi hanno infatti dimostrato che il livello di intelligenza emotiva degli insegnanti possa predire il rischio di burnout. Il burnout ha ripercussioni negative sul benessere dell’insegnante stesso come anche sui processi di apprendimento. Una definizione comune e condivisa di intelligenza emotiva non è ancora stata raggiunta. Tra gli strumenti di misurazione dell’intelligenza emotiva possiamo riscontrare:  L’Emotional Quotient Inventory (EQ-i) sviluppato da Bar-On. Lo strumento è somministrabile dai 17 anni in poi e permette la misurazione del quoziente emotivo globale del soggetto.  L’Emotional Competence Inventori (ECI) ideato da Sala è un questionario multi-source in quanto la valutazione della competenza emotiva viene effettuata sia da colui il quale viene valutato sia da persone facenti parte della sua vita. L’utilizzo dell’analisi fattoriale sullo strumento ha permesso di individuare due grandi dimensioni in cui ricadono maggiormente i punteggi: il working with other e il lead others. Nel primo fattore si guarda alla capacità di utilizzare le emozioni a scopi personali e nel lavoro con gli altri; il secondo si riferisce all’utilizzo delle emozioni per far sì che gli altri si adattino ai cambiamenti.  Il Trait Emotional Intelligence Questionnaire (TEIque) di Petrides e Furhnam si compone di 144 item. Gli autori propongono quindici scale corrispondenti ai fattori che compongono l’intelligenza emotiva. Il Mayer, Salovey & Caruso Emotional Intelligence Test (MSCEIT) è un test di performance in quattro ambiti:  Percezione accurata, valutazione ed espressione delle emozioni;  Utilizzo delle emozioni come facilitatori del pensiero;  Comprensione delle emozioni, della loro origine, delle loro trasformazioni;  Regolazione e gestione delle emozioni a favore della maturazione emotiva e intellettiva. Dalla somministrazione si ottengono quattro punteggi: un punteggio totale, uno per ognuno dei quattro ambiti e due punteggi riguardanti experiential EI e strategic EI, dove il primo indica la percezione e l’utilizzo delle emozioni e il secondo prevede la comprensione e la gestione delle emozioni. I punteggi ricavati dalla somministrazione del test sembra si possano considerare come dati oggettivi in quanto tramite il consensus scoring e l’expert scoring viene valutata la correttezza delle risposte. Il consensus scoring valuta come corrette le risposte fornite dalla maggioranza dei soggetti che compongono il campione normativo; l’expert scoring valuta come corrette le risposte fornite da studiosi esperti. CAPITOLO 30: OSSERVAZIONE E VALUTAZIONE DELLA COMPETENZA SOCIO-EMOTIVA La competenza socio-emotiva sembra riferirsi, secondo Parhomenko, ad un complesso di cinque abilità:  Per autoconsapevolezza si intende la presa di coscienza su quali siano i propri punti di forza e di debolezza e la capacità di riconoscere e distinguere tra loro le diverse emozioni;  L’empatia attiene alla capacità di riconoscere, comprendere e condividere le emozioni dell’altro;  La motivazione si riferisce al coinvolgimento e alla perseveranza in determinate attività anche se le condizioni non sono sempre favorevoli;  L’autoregolazione indica la capacità di controllare gli impulsi e le reazioni emotive inappropriate;  Le abilità sociali sono tutte quelle conoscenze, abilità e competenze che favoriscono l’adattamento dell’individuo all’ambiente sociale in modo funzionale. Halberstadt, Denham e Dunsmore individuano tre componenti principali della competenza socio-emotiva: mandare messaggi emotivi, ricevere messaggi emotivi, esperire le emozioni. All’interno di ognuna delle componenti si esplicano alcune abilità fondamentali perché le interazioni sociali possano avere successo: la consapevolezza, l’identificazione, la capacità di tenere conto del contesto sociale, la gestione e la regolazione. Mandare messaggi emotivi. Già appena nati, i bambini sono in grado di segnalare il loro status emotivo. Nel primo anno di vita, le espressioni emotive diventano più strumentali nel tentativo di influenzare il mondo circostante. Quando i bambini crescono e il numero delle loro relazioni sociali aumenta, la capacità di mandare messaggi emotivi ha la funzione di esprimere le proprie intenzioni al gruppo dei pari. L’abilità di mandare messaggi emotivi è molto importante per l’accettazione da parte dei pari. La prima abilità richiesta è la consapevolezza della necessità di mandare messaggi a carattere emotivo. La seconda abilità corrisponde alla capacità di identificare il messaggio emotivo appropriato da inviare in base agli obiettivi da raggiungere. La terza abilità prevede la capacità di inviare il messaggio emotivo tenendo conto del contesto sociale. La gestione della comunicazione emotiva è la quarta abilità e prevede che: o il messaggio emotivo sia espresso in modo chiaro; o si eviti di inviare messaggi non veritieri; o i messaggi emotivi inviati siano funzionali all’interazione sociale in atto. Ricevere messaggi emotivi. La seconda componente della competenza socio affettiva consiste nel ricevere le comunicazioni affettive degli altri, che forniscono dei feedback sulle conseguenze del nostro comportamento. La prima abilità consiste nell’essere consapevoli del messaggio emotivo che gli altri ci stanno comunicando. La seconda abilità consiste nell’identificare i significati di quanto comunicato dall’altro e, quindi, la capacità di interpretare il messaggio emotivo. Il bambino poi deve essere in grado di comprendere la comunicazione emotiva dell’altro all’interno del contesto sociale. La quarta abilità concerne la capacità di gestire la ricezione dei messaggi. Anche in questo caso si richiedono diverse abilità: o La capacità di ricevere chiaramente i messaggi, senza il bisogno di numerose ripetizioni; o La capacità di gestione dei falsi segnali emotivi ignorandoli o accettandoli come reali quando lo si ritiene più vantaggioso; o La capacità di gestire i segnali reali. Esperire le emozioni. Si intende non solo la coscienza e il riconoscimento delle emozioni dell’altro, ma anche la capacità di regolare efficacemente le espressioni emotive. Anche in questo caso la capacità di esperire le emozioni prevede quattro abilità. La prima abilità è la consapevolezza o il riconoscimento che l’altro sta esperendo un’emozione. La seconda abilità prevede la capacità di identificare efficacemente le emozioni dell’altro, interpretandole. La terza abilità consiste nel comprendere i significati sottesi ai sentimenti dell’altro all’interno del contesto sociale. La quarta abilità consiste nella capacità di regolare le esperienze emotive. Anche in questo caso sono stati individuati tre aspetti della capacità di gestire le emozioni. o La capacità di esperire chiaramente i sentimenti e di evitare la ruminazione; o La gestione dei falsi segnali, che prevede la capacità di ignorarli quando non riflettono in modo veritiero i sentimenti dell’altro e la capacità di comprendere quando quegli stessi segnali sono funzionali a facilitare la comunicazione e il raggiungimento degli obiettivi; o La gestione dei segnali emotivi reali, attenuandoli o aumentandoli quando risultano funzionali o irrilevanti per l’interazione. Le abilità variano in base a:  Le caratteristiche dell’individuo;  Il contesto culturale e sub-culturale di appartenenza;  Il contesto sociale;  Gli obiettivi che l’individuo si pone. Raven e Knitzer hanno individuato alcuni aspetti fondamentali della competenza socio-emotiva durante l’età prescolare:  I bambini che non hanno sviluppato competenze socio-emotive appropriate partecipano meno in classe, non amano la scuola e apprendono meno. Questi sono inoltre meno accettati da parte dei pari e gli insegnanti forniscono loro un numero minore di istruzioni e feedback positivi.  Il grado di competenza del bambino a livello socioaffettivo è un buon predittore del rendimento scolastico in prima elementare, a prescindere dalle abilità cognitive e dal background familiare.  Gli effetti negativi dovuti al possesso di competenze socioemotive carenti potrebbero indurre a problemi della condotta. Strumenti che si occupano di valutare gli aspetti che concernono la competenza socioemotiva tramite l’osservazione diretta:  Il Minnesota Preschool Affect Checlist (MPAC) include 53 item organizzati in scale. Lo strumento permette la valutazione della capacità di esprimere le emozioni, la regolazione emotiva, il problem solving sociali e diverse abilità sociali.  Il Affective Knowledge Test (AKT) ideato da Denham valuta lo sviluppo in età prescolare della capacità di comprendere le espressioni e le situazioni emotive tramite l’utilizzo di marionette con volti che esprimono felicità, tristezza, rabbia e paura.  Il Challenging Situations Tasks (CST) permette di valutare le capacità di problem solving sociale. Per ogni situazione devono essere identificate le risposte affettive e comportamentali. In particolare, queste ultime possono essere: prosociali, aggressive, manipolative o evitanti. Pons e Harris sono gli ideatori del Test of Emotion Comprehension (TEC). Può essere somministrato a bambini dai tre agli undici anni e consiste nella presentazione di brevi storie al bambino. Questo deve quindi attribuire un’emozione al personaggio principale scegliendo tra quattro espressioni facciali quella Le aree D ed E includono le risposte dei docenti alle richieste e agli interventi degli studenti che possono essere: aperte ovvero indirette; chiuse, ovvero direttive. Nelle aree F e G i comportamenti spontanei ricadono nell’area G, quelli influenzati dal docente nell’area F. Nella colonna 10 vengono inseriti tutti quei comportamenti verbali, dell’insegnante o degli alunni, che hanno contribuito alla determinazione di momenti di silenzio o confusione. Nell’area della costanza vengono raggruppati tutti quei comportamenti che sono codificati ripetutamente. Flanders definisce dominanti i docenti che manifestano un’influenza diretta di gran lunga superiore alla media e non direttivi quelli che presentano espressioni comportamentali indirettamente influenti superiori alla media. Flanders fornisce inoltre una serie di regole da seguire con la finalità di evitare errori durante la codifica dei comportamenti: 1. Quando l’osservatore è indeciso tra la scelta di due categorie dovrebbe optare per quella più “lontana”. 2. La regola dell’osservatore parziale-imparziale prevede che quando il docente presenta uno stile prevalentemente direttivo/indiretto, l’osservatore potrà scegliere la categoria opposta solo e soltanto se questa si manifesterà in modo inequivocabile. 3. Postula che l’osservatore deve prestare attenzione all’effetto che una data espressione verbale ha sullo studente piuttosto che alle intenzioni del docente stesso. 4. Quando in un intervallo si manifestano più categorie di interazioni, queste vanno tutte registrate. 5. Stabilisce che i comportamenti direttivi dell’insegnante sono quelli che producono comportamenti osservabili negli studenti. 6. Prevede che ogni qualvolta il docente chiami per nome uno studente vada codificata la categoria (4 – l’insegnante pone domande). 7. Prevede che la categoria (10 – confusione e silenzio), venga utilizzata esclusivamente quando la confusione o il silenzio abbiano una durata uguale o superiore ai tre secondi. 8. La categoria (2 – lode e incoraggiamento) deve essere codificata anche quando il docente ripete la risposta esatta fornita dallo studente. 9. Stabilisce che quando l’insegnate ripete la frase pronunciata dallo studente per richiedere un approfondimento, vada codificata la categoria (3 – aderire alle proposte dell’alunno). 10. Postula che quando due compagni parlano senza l’intervento dell’insegnante, si usa codificare il comportamento con la categoria (10). 11. L’interlocuzione del docente tramite “Certo, bene” o espressioni del genere, vengono codificate nella categoria incoraggiamento e rinforzo (2). 12. Prevede che le battute di spirito dell’insegnante devono essere codificate nella categoria (3), se in forma ironica nella categoria (7). 13. Stabilisce che le domande retoriche del docente siano siglate nella categoria (5), perché considerate elementi propri della tecnica di conduzione della lezione. 14. La risposta dell’alunno ad una precisa domanda del docente viene siglata nella categoria (8); tuttavia, se l’allievo amplia in modo originale la sua risposta, accanto a (8) si sigla la categoria (9). 15. Prevede che venga usata la categoria (8) anche quando più alunni rispondono correttamente a una domanda del docente. CAPITOLO 32: IL GIOCO Il gioco può essere considerato il miglior modo in cui il bambino stesso esplora il mondo esterno. Si potrebbe definire come uno strumento che permette al bambino di esprimersi, attraverso il quale può sviluppare la propria identità e le proprie capacità. Il gioco è una parte integrante della vita del piccolo che si manifesta fin dai primi giorni di vita, assieme all’esplorazione. Nello specifico, all’inizio il bambino osserva, esplora e manipola gli elementi della realtà finendo poi per giocare con essi. L’esplorazione ha infatti vita breve perché, nel momento il cui il bambino inizia ad avere più confidenza con il mondo e gli oggetti che lo circondano, sarà più facilmente portato a giocarci piuttosto che ad osservarli e a chiedersi cosa poter fare con essi. Il gioco è costituito da varie componenti che riguardano soprattutto gli aspetti psicologici del piccolo tra cui:  La motivazione intrinseca. “Gioco perché mi piace farlo”.  La priorità dei mezzi sul fine. Per il bambino sembra essere molto più importante la preparazione rispetto al risultato finale del gioco stesso.  La dominanza dell’individuo rispetto alla realtà esterna. Porsi domande e fantasticare su ciò che lo circonda.  Non letteralità del gioco. Il mondo fantastico del bambino prende vita nel mondo reale.  La libertà dai vincoli. Le regole del gioco vengono decise insieme a tutti i partecipanti del gioco.  Il coinvolgimento attivo dei bambini. Piaget postula la presenza di cinque stadi evolutivi. Secondo l’autore, il bambino inizia a giocare fin da subito, ad esempio, afferrando il dito della mamma con lo scopo di esplorare la realtà. Questo è proprio quello che Piaget intende per “gioco di esercizio”. Il gioco simbolico inizia intorno ai 15-18 mesi ed è presente fino ai 6 anni di vita del bambino. Il gioco simbolico richiede lo sviluppo nel bambino della capacità di rappresentazione e dell’immaginazione ed è da considerarsi l’unica modalità di gioco che non scompare ma persiste per tutta la vita. Dallo studio di Goldman e Ross è emerso che i bambini di 18-24 mesi mettevano in atto tre tipi di gioco in particolare: imitativi, complementari e reciproci. Il gioco è considerato uno dei migliori strumenti di socializzazione, ma si può considerare allo stesso tempo un’occasione fondamentale per fare esperienza, poiché attraverso il gioco il bambino è in grado di sperimentare e acquisire in maniera sempre maggiore competenze cognitive e comportamentali fondamentali per la sua crescita. In questo processo gli adulti hanno il compito di entrare nel mondo dei bambini incoraggiandoli e stimolandoli. Il gioco di finzione si manifesta intorno ai 15 mesi di età e prevede principalmente il “far finta di”. Il gioco socio drammatico si sviluppa intorno ai 3 anni e rappresenta un gioco sociale più complesso che consiste in una versione a più partecipanti del gioco simbolico individuale ed implica la capacità di rispondere all’immaginazione di un’altra persona. All’età di 2 anni il bambino è più legato all’uso degli oggetti concreti, mentre dai 4 anni in poi vi è un maggiore utilizzo dell’immaginazione. Il gioco di finzione e quello socio drammatico promuovono lo sviluppo della teoria della mente, incentivando i bambini ad esternare i propri stati mentali e quelli degli altri. Benché le interazioni tra coetanei vengano considerate prevalentemente come “relazioni orizzontali”, può capitare che possano esserci anche dei “tratti di verticalità” nel caso di bambini di età diversa. Il gioco può essere considerato come il mezzo fondamentale di relazione in cui il bambino riesce ad esprimere se stesso. Durante il gioco, i fattori principali che si vanno ad osservare sono:  Il tipo di motricità, che caratterizza la creatività di ogni bambino e la sua diversità;  Il comportamento del bambino in relazione allo sviluppo cognitivo e sociale;  La presenza di comportamenti prosociali e il loro esordio;  Le abilità di negoziazione e di risoluzione dei conflitti;  Il punto di vista del bambino, tentando di mettersi nei suoi panni. CAPITOLO 33: L’OSSERVAZIONE DELLA SEGREGAZIONE DI GENERE NELLA SCUOLA DELL’INFANZIA Le aggregazioni sociali in cui gli individui sono collocati forniscono informazioni sul funzionamento individuale. Quando osserviamo un gruppo possiamo notare come tutti i comportamenti prosociali siano diretti in modo prevedibile e selettivo verso specifici individui. La selettività è proprio ciò che sta alla base della segregazione di genere, ovverosia della tendenza dei piccoli a preferire partner interattivi dello stesso sesso, favorendo la formazione di gruppi omogenei per genere. Secondo alcuni autori, processi di categorizzazione potrebbero avere un ruolo nella spiegazione del fenomeno. Infatti, identificandosi come maschi e femmine, bambini e bambine tendono ad esser più attratti da partner simili a sé, similarità che favorisce la comunicazione e la condivisione di attività. La selezione quindi avverrebbe sulla base dell’appartenenza allo stesso sesso. Un’ulteriore ipotesi avanzata per la spiegazione del fenomeno è quella della similarità dei comportamenti, fonte di attrazione che indurrebbe bambini e bambine a scegliere partner di gioco che manifestano comportamenti simili ai propri. In questo modo si creerebbero gruppi segregati per genere. Martin e colleghi hanno tentato di trovare un punto d’incontro tra le diverse ipotesi sulla segregazione di genere. Secondo gli autori, le preferenze per i coetanei dello stesso sesso e quelle per le attività di genere tipizzate sono processi che si rinforzano l’uno con l’altro ed entrambe sono alla base della formazione dell’affiliazione tra i bambini. L’appartenenza ad un sesso specifico induce ad orientare la scelta del bambino con cui giocare, mentre le attività legate al genere favoriscono il mantenimento delle relazioni precedentemente createsi. I bambini, infatti, attratti da interessi comuni, trascorreranno più tempo insieme. I bambini in età prescolare sono gender detectives e gender enforces. In qualità di gender detectives cercano in modo attivo informazioni circa il genere creandosi aspettative, credenze e stereotipi in base alle loro scoperte. Di contro, come gender enforces esercitano una pressione attiva sui partner di gioco per indurli al conformismo di genere. L’osservazione del comportamento su soggetti di età infantile risulta ottimale in situazioni di gioco in cui il comportamento si manifesta in modo spontaneo. L’osservazione dovrebbe essere condotta tramite un protocollo organizzato e sequenziale che permette rilevare il comportamento a diversi livelli procedendo dal livello modale, più generico, a quello molecolare, più specifico. Ciò che viene codificato per primo è il sesso del bambino osservato, poi il contesto osservativo, in base al suo grado di strutturazione:  Gioco libero;  Attività semi-strutturata nel gruppo classe;  Attività semi-strutturata in piccoli gruppi;  Attività strutturata. Successivamente, l’osservatore registra il comportamento sociale e le attività genere tipizzate che vengono codificate come maschili, femminili o neutre, secondo le stereotipie. Nel caso vi fossero interazioni con i pari si annota il tipo di interazione, diadica o di gruppo, e il sesso del/dei partner. Infine, vengono raccolte informazioni sul tono emotivo delle interazioni, positiva, negativa/rabbia, negativa/tristezza e neutrale. Uno studio di Gasparini sulla segregazione di genere in età prescolare è stato condotto in una scuola dell’infanzia. Obiettivi. Il primo obiettivo era quello di fornire una descrizione dei tipi di relazione rilevati e della composizione di genere della stessa. In secondo luogo, si intendeva indagare in che misura bambine e bambini tendessero a scegliere attività genere tipizzate o neutrali. L’ultimo obiettivo era quello di esaminare quale fosse il ruolo delle interazioni sociali con il partner dello stesso/opposto sesso nella scelta delle attività. Risultati. La modalità di interazione prevalente risultava essere quella della diade piuttosto che quella di gruppo. Inoltre, è emerso che in tali interazioni diadiche, la scelta del partner ricadeva in quasi la metà dei casi su un compagno dello stesso sesso. A 3 e a 4 anni, la scelta di un compagno dello stesso sesso è associata alla scelta di un’attività genere tipizzata. Tuttavia, a 5 anni le attività neutrali aumentano e diminuiscono quelle di genere tipizzate. Rispetto ai predittori della scelta di attività legate al genere, i principali sembrano essere sesso del bambino, età e interazioni genere segregate.  Terza parte: tutti e tre insieme. In questa fase tutti i componenti della famiglia giocano insieme. È la parte più complessa, poiché tutti assumono un ruolo attivo e tutti devono coordinare i propri interventi con quelli altrui.  Quarta parte: due più uno. Nell’ultima fase viene richiesto ai genitori di assumere un ruolo attivo nel discutere dell’attività appena svolta, mentre il bambino ricopre un ruolo secondario. È possibile individuare quattro tipologie di alleanze familiari:  Alleanza cooperativa: è caratteristica delle famiglie che manifestano un buon grado di cooperazione e coordinazione. I componenti rispettano i ruoli, riescono a raggiungere l’obiettivo finale, le transizioni seguono una struttura fluida e, nel caso di errori, la subunità strutturante è in grado di effettuare riparazioni.  Alleanza in tensione: in alcuni momenti la coordinazione e la cooperazione familiare possono venir meno; la famiglia gioca insieme ma attraversa dei momenti di tensione che non sempre riescono ad evolversi positivamente.  Alleanza collusiva: l’obiettivo finale non viene raggiunto perché la subunità strutturante presenta difficoltà di coordinazione e cooperazione. In questi casi è possibile osservare una competizione tra i genitori che può essere manifesta o nascosta.  Alleanza disturbata: è caratteristica delle famiglie non funzionali. Il clima affettivo è negativo, i ruoli non vengono definiti con chiarezza, tanto da generare l’esclusione di un membro dalla triade. La codifica dell’interazione può avvalersi di due letture: la lettura clinica e quella strutturale. La prima permette un resoconto narrativo del gioco attraverso una descrizione di tutte le parti, degli avvenimenti e degli scambi verbali e non verbali. Attraverso la lettura clinica è possibile distinguere non solo le varie alleanze, ma anche i pattern interattivi che si ripetono, in modo da progettare un intervento personalizzato. La lettura strutturale permette di valutare il comportamento di ciascun membro rispetto a quattro funzioni: partecipazione, organizzazione, attenzione focale e contatto affettivo.  Partecipazione: valuta l’inclusione nel gioco di tutti i componenti della famiglia e costituisce il livello di base dell’analisi. Questa funzione non permette di trarre inferenze sulla qualità delle interazioni, ma si limita a constatare la presenza o assenza dei membri.  Organizzazione: si riferisce al rispetto dei ruoli in ognuna delle configurazioni previste.  Attenzione focale: l’enfasi, in questo caso, non è sul ruolo ricoperto, ma sull’attenzione che ogni componente presta al gioco. Anche chi si trova in una posizione di osservatore, infatti, dovrebbe prestare attenzione alle attività. L’analisi di questo livello permette di trarre inferenze sulla condivisione dei significati.  Contatto affettivo: l’attività portata avanti non si deve limitare a essere chiara e coerente, ma anche caratterizzata da un clima di serenità. Lo strumento può essere somministrato a famiglie con figli di età compresa tra i 2 e i 17 anni. Le interazioni dovranno essere registrate da una videocamera, posizionata in modo tale da inquadrare tutti i membri della famiglia. Nel caso del compito con bambini fino a dieci anni, sarà opportuno fornire una scatola di Lego con pezzi di varie forme e colori; nel caso in cui, invece, si richieda alla famiglia di scrivere una storia, occorrerà fornire fogli di carta e una penna. Alcune peculiarità familiari potrebbero orientare il somministratore verso un compito piuttosto che un altro. Al termine della consegna il ricercatore dovrà assicurarsi che le indicazioni siano state formulate in modo chiaro e comprensibile e, eventualmente, risponderà a dubbi e domande da parte dei partecipanti. Successivamente chiarirà il suo ruolo di osservatore silente dall’esterno della stanza. La lettura funzionale e clinica ha l’obiettivo di integrare e chiarire la lettura strutturale. Le riparazioni sono uno dei parametri importanti della lettura clinica: il ricercatore deve valutare attentamente la capacità dei genitori di rimediare agli errori e di adattarsi agli imprevisti. La lettura strutturale prevede delle schede relative alle quattro funzioni di partecipazione, organizzazione, attenzione focale e contatto affettivo. I comportamenti da osservare per la codifica delle diverse funzioni sono: Partecipazione. Si riferisce alla posizione che ogni individuo assume rispetto agli altri. Organizzazione. Si riferisce alla coerenza rispetto al proprio ruolo e rispetto al compito. Attenzione focale. Occorre chiedersi se tutti hanno prestato attenzione all’attività. Richiede un livello più alto di coordinazione familiare. Contatto affettivo. Occorre domandarsi se sono tutti in contatto. Non occorre che venga mantenuto durante tutta l’interazione, nonostante possano essere presenti momenti di sincronia emotiva. La procedura di codifica si fonda sull’osservazione della videoregistrazione da parte di due giudici indipendenti. La diagnosi di alleanza familiare. È possibile individuare quattro tipologie di alleanza familiare:  Alleanza disturbata: quando la funzione di partecipazione non è presente, la trama narrativa è confusa, le transizioni sono caotiche e alcune fasi addirittura non si verificano;  Alleanza collusiva: quando cade la funzione dell’organizzazione; le transizioni avvengono ma in modo estremamente rigido e difficoltoso; la trama narrativa è poco coerente.  Alleanza in tensione: quando a cadere è la funzione dell’attenzione focale o del contatto affettivo; in ogni caso, la trama narrativa è abbastanza coerente e le transizioni riescono ad essere concordate con chiarezza.  Alleanza cooperativa: quando tutti i livelli funzionali vengono soddisfatti; il clima affettivo è positivo e la trama narrativa è ben definita. CAPITOLO 36: OSSERVARE E VALUTARE IL DEFICIT NEL CONTESTO EDUCATIVO L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha raccomandato una distinzione tra:  Deficit: si riferisce a una mancanza oggettiva che può riguardare il sistema motorio, psichico o sensoriale;  Handicap: si riferisce alla situazione che l’individuo vive come conseguenza del deficit. In Italia, la normativa del 1992 sull’handicap ha rappresentato un importante cambiamento culturale, in quanto ha consentito l’abolizione delle scuole speciali e l’integrazione degli allievi disabili all’interno del gruppo-classe. Nella valutazione dello stato di benessere e di funzionamento della persona è di comune condivisione l’utilizzo della Classificazione Internazionale Del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF). L’ICF descrive i fattori che concorrono alla costruzione dello stato di salute dell'individuo. Da un punto di vista strutturale l’ICF distingue:  Funzionamento e Disabilità: sezione che comprende, al suo interno, due sottocomponenti: Corpo e Attività e Partecipazione.  Fattori contestuali: in questa sezione le due sottocomponenti sono costituite dai Fattori ambientali e dai Fattori personali. L’ICF fornisce una buona classificazione dal punto di vista concettuale e costituisce un vero e proprio schema di codifica. Lo strumento si propone di identificare la posizione di ciascun individuo all’interno dei domini della salute e rispetto ai fattori contestuali, sia ambientali che personali.  Funzioni corporee: sono le funzioni fisiologiche dei vari sistemi corporei, comprese le funzioni mentali;  Strutture corporee: parti anatomiche del corpo come gli organi, gli arti e le loro componenti. Le menomazioni sono problemi nella struttura del corpo, intesi come una deviazione o una perdita significativa;  Attività: l’atto di eseguire un compito;  Partecipazione: coinvolgimento in specifiche situazioni di vita. Queste dimensioni si possono collocare lungo un continuum ai cui estremi troviamo un polo positivo e uno negativo. Il polo positivo delle Funzioni e delle Strutture corporee è costituito dall’integrità funzionale e strutturale, mentre quello negativo dalla menomazione. I domini dell’Attività e della Partecipazione sono, nel polo positivo, attività e partecipazione, mentre nel polo negativo restrizione dell’attività e della partecipazione. Per quanto riguarda i fattori ambientali, possono essere facilitatori oppure ostacoli. Le quattro componenti possono essere identificate in questo modo: o B per le Funzioni Corporee; o S per le Strutture Corporee; o D per le Attività e la Partecipazione; o E per i Fattori Ambientali. Scale di valutazione dell’handicap. Valutazione delle funzioni esecutive. Da un punto di vista neurofisiologico, esse sono regolate dall’attività dei lobi frontali e la loro compromissione provoca alterazioni del comportamento, della capacità di prendere decisioni, dell’autonomia personale. Le prove per la valutazione delle funzioni esecutive mirano alla risoluzione di problemi (Torre di Londra). Funzionamento esecutivo nei contesti di vita quotidiana. La rilevazione del comportamento dell’individuo nel suo contesto di vita può avvenire attraverso osservazioni strutturate e schemi di codifica, che possono essere utilizzati da familiari e conoscenti per indagare le difficoltà che il soggetto riscontra nei contesti quotidiani. Analisi funzionale del compito. Mira a individuare la complessa serie di eventi che precedono e seguono uno specifico comportamento. L’ipotesi è che una o più variabili contestuali fungerebbero da rinforzo per il comportamento. È possibile distinguere tre diverse procedure:  L’osservazione continua di eventi multipli: consiste nel registrare gli eventi-stimolo e le risposte comportamentali secondo una semplice dicotomia presente/assente, nell’arco di brevi intervalli di tempo;  La tecnica dello scatter plot: registra i comportamenti nell’arco di intervalli temporali ben più lunghi (giorni oppure settimane);  L’analisi funzionale descrittivo-narrativa: permette di registrare non solo i comportamenti messi in atto dal soggetto in esame, ma anche quelli delle persone circostanti.
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