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Teologia 1 Stefano Alberto. Riassunto non frequentanti dei libri, Dispense di Teologia

Riassunto non frequentanti dei libri "All’origine della pretesa cristiana" & "Il senso religioso" di Luigi Giussani richiesti dal docente

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 25/10/2022

Lucky1002
Lucky1002 🇮🇹

4.8

(5)

16 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Teologia 1 Stefano Alberto. Riassunto non frequentanti dei libri e più Dispense in PDF di Teologia solo su Docsity! TEOLOGIA 1 PROF. STEFANO ALBERTO All’origine della pretesa cristiana Introduzione Nell’affrontare il tema della rivelazione cristiana la cosa più importante è la domanda sulla reale situazione dell’uomo. Cristo infatti si pone come risposta a ciò che sono io. Affrontare il cristianesimo significa affrontare un problema pertinente al fenomeno religioso. In che cosa consiste il senso religioso? Il senso religioso e quella natura originale dell’uomo, per cui egli si esprime in domande ultime. Il senso religioso e coincide con la ragione. Nella religiosità umana la parola dio segna l’oggetto di questo desiderio ultimo dell’uomo, come desiderio di conoscenza dell’origine e del senso dell’esistenza. Non si può domandare che cosa rappresenta la parola di Dio a chi dice di non credere in Dio. Dio in quanto oggetto della fame e della sete umana, dell’esigenza della coscienza e della ragione è una presenza sull’orizzonte umano, ma si situa sempre al di là di esso. E tanto più l’uomo si affatica nella sua ricerca tanto più egli retrocede, si sposta. Questa situazione di inarrivabili tra fa insorgere nella coscienza l’idea del mistero, che l’oggetto cui l’uomo tende non è riconducibile a nessun raggiungimento. Io, dunque, in piena consapevolezza, sono costretto a compiere dei passi verso questo destino, senza però conoscerlo. Il senso umano dipende da quel destino, ma esso rimane un ignoto. La ragione, al suo vertice, può cogliere la esistenza, ma raggiunto questo vertice non può andare oltre. È una condizione vertiginosa essere costretti ad aderire a qualcosa, che non si arriva conoscere, dovrebbe obbedire a qualcosa di cui intuisco la presenza, ma che non vedo. L’uomo si sente uno che cammina verso l’ignoto, aderendo ad ogni determinazione, senza capire. Innumerevoli sono, nella storia umana, le testimonianze del disorientamento da un lato e del senso di rassegnazione dall’altro, che tutto ciò provoca nell’uomo. Esempi sono le parole di Sofocle nell’Edipore: “ gli uomini sono il trastullo degli dei”. Senofane dice “nessun uomo conoscere a ciò che è la verità a proposito degli dei”. Protagora dice:” degli dei non posso sapere né che esistono né che non esistono”. Abramo, quando Dio richiede di sacrificare il suo unico figlio, risponde eccomi Eva. Eppure la ragione è spinta da un impulso alla ricerca della soluzione sulla verità del divino, anzi sicura dell’esistenza della soluzione. La creatività religiosa dell’uomo Di fronte all’enigma ultimo l’uomo ha cercato di definire tale mistero e rapporto asse, di concepire un modo di relazione con esso. Non esiste uomo che non identifichi una risposta alla domanda circa ciò che ultimamente lo costituisce. La religione è l’insieme espressivo di questo sforzo immaginativo, ragionevole nella volontà di possesso del mistero. Una religione dipende dalla situazione storico ambientale e temperamentali delle persone. Non riuscendo a costruire come sarebbe L’affrontare la vita di fronte all’enigma finale, l’uomo cerca un terreno a propria misura, sul quale la sua creatività possa edificare il luogo del suo rapporto con il mistero. Innumerevoli sono le tracce di questa creatività lasciata all’uomo dalla preistoria ad oggi. Noi non intendiamo analizzarli tutti questi tentativi dell’uomo, ma facciamo un accenno, individuando alcune modalità a caratteristiche della costruttività religiosa. 1. L’uomo non sa che si sforza di impostare un rapporto di scambio con mistero. ○ Una prima flessione è quella per cui l’uomo sente di doversi immergere in un flusso armonico del cosmo e della storia e stando alle regole di questa armonia persegue il suo destino. L’ignoto è trasfigurato in armonia e si ipotizza un mondo alle cui leggi l’uomo si possa adattare come ad ogni altra legge. Come sorto nella storia il problema Nella storia c’è un fatto che pretende di essere la realizzazione dell’ipotesi che il mistero sia entrato nella traiettoria storica come fattore umano. Ora noi abbiamo visto quanto la genialità religiosa è lontana da questa pretesa, però adesso ci troviamo di fronte a un fenomeno religioso che si fonda su questa pretesa. Adesso per prima cosa analizziamo quanto c’è stato tramandato come registrazione del dato, in un secondo momento affronteremo il contenuto della pretesa. Noi disponiamo di un documento storico, che è arrivato a noi e ci mostra come è nato il problema: i Vangeli. Facciamo qualche osservazione: chiariamo ciò che i Vangeli non sono. I Vangeli non sono “rapporti stenografici” di quello che Gesù faceva lo diceva, né sono resoconto e storici dei suoi discorsi. Gli apostoli hanno trasmesso ai loro ascoltatori ciò che egli aveva fatto o detto, questo dopo la sua ascensione, e gli autori sacri hanno scritto i quattro vangeli scegliendo alcune cose, fra quelle tramandate a voce o per iscritto sempre però da riferire su Gesù con sincerità e verità. Ci troviamo di fronte ad un documento che ha a che fare con la memoria e con l’annuncio. Occorre affrontarlo globalmente e domandarsi: è plausibile? È convincente? Occorre metterci nelle migliori condizioni per raggiungere una convinzione in proposito. Occorre essere disposti a farsi provocare dalla totalità del patto. Ora l’oggetto della rivelazione e Dio stesso, Dio vivente è intervenuto nella storia degli uomini e in essa si è dato dei testimoni e questi testimoni ci rimandano al testimone per eccellenza che è la sua parola incarnata. Prima di entrare nel racconto dei primi che lo hanno incontrato ricordiamo alcuni punti sul metodo. ● Il primo rilievo riguarda il fatto che per avere certezza su di un altro, io debbo condividere la sua vita. Ad esempio nel Vangelo ha potuto capire che quell’uomo bisognava aver fiducia chi condivise la sua vita. ● Il secondo rilievo riguarda il fatto che quanto non potentemente uomo, tanto più è capace di raggiungere certezze da pochi indizi. Gesù fa costantemente appello all’intelligenza. Rimprovero costante e: non comprendete? Non avete intelligenza? La fede e l’accesso dell’intelligenza ad una verità. ● Il punto da cui partire. Il mistero è scelto di entrare nella storia dell’uomo in modo impercettibile. Ad un certo punto si è posto e per chi lo ha incontrato quello è stato il grande istante della sua vita della storia tutta. Partiremo da quel punto e ci serviremo di una pagina del Vangelo di Giovanni. Tale eccezionale testimone a voluto che ci si ricordasse il punto in cui, per la prima volta, la presenza di Gesù si imposta. Gesù, fino all’epoca in cui comincio a parlare in pubblico, era vissuto come qualsiasi altro ragazzo. In quell’epoca era diffuso il nome di Giovanni battista, il battezzatore. Tutti andavano da lui, a sentirlo parlare, e anche Gesù andò da lui. (La pagina, che riporta questo fatto somiglia molto alla pagina di un notes per appunti). Gesù, arrivato per ascoltare, a un certo punto accenna ad andarsene. Ecco che Giovanni, afferrato dallo spirito profetico, grida: ecco l’agnello di Dio, “ecco quello che togli i peccati del mondo”. Qualcuno resta colpito da quel grido, sono due pescatori della Galilea, che accorgendosi chi Giovanni il battista stava guardando, nel pronunciare quella frase lo seguirono. Videro dove Gesù abitava e stettero con lui fino a sera. Uno dei due si chiamava Andrea, che è tornato a casa e il fratello Simone: abbiamo trovato il Messia. Andrea conduce Simone dati su. Arrivato alla sua presenza si sente dire: tu sei Simone, figlio di Giovanni, ti chiamerò Pietro. Il giorno dopo i pescatori erano sulla spiaggia a rassettare le reti. Gesù che aveva deciso di andare in Galilea, passa di là e Filippo, uno dei pescatori (avvisato da Simone ed Andrea) gli si avvicina e Gesù gli dice accompagna. Filippo incontra Natanaele egli comunica la notizia. Anche lui va a Gesù, e come si sente riconosciuto grida tu sei il figlio di Dio, tu sei il Messia. Questa pagina di Giovanni ci testimonia la modalità profonda e semplice con cui l’uomo ha capito, capisce e capirà chi è il Cristo. Tutti gli interpreti delle profezie antiche concordano nel dire che quello era il momento segnato dei profeti per la venuta del Messia. Questo è solo il punto di partenza, vedremo in seguito quale sviluppo prende tale certezza. Nel tempo una profondità di certezza Vediamo ora come un’impressione, pur carica di evidenza, si è trasformata in convinzione. Gesù dopo quanto abbiamo descritto, continua a vivere come tutti e come sempre a casa sua quei tre o quattro quelli che sono stati colpiti da lui lo frequentavano, erano divenuti i suoi amici. Il secondo capitolo del Vangelo di Giovanni racconta un invito a nozze. Il miracolo delle nozze di Cana si impone agli inizi di questa auto rivelazione di Gesù. Comprensibile l’imbarazzo del padrone di casa, quando viene a mancare il vino. E questo imbarazzo è Comunicato a Gesù dalla madre. Egli interverrà e l’evangelista conclude: ”e i suoi secoli credettero in lui”. Verrebbe da stupirsi di fronte a questa frase. Già avevano visto che discepoli avevano “già creduto in lui”. Ma ciò dimostra come la convivenza delle molte conferme ci portano alla certezza. Ritroviamo con richiamo al metodo, che abbiamo riportato nel capitolo precedente. Quel primo gruppetto prende l’abitudine ad accompagnare Gesù. Un giorno era stato invitato a mangiare in casa sua. Li portarono un paralitico adagiato su una stuoia, ma non potendo entrare, perché c’era tanta gente, lo calarono dal tetto. Gesù lo accoglie dicendogli: I tuoi peccati ti sono rimessi. Di fronte alla reazione dei notabili che affermano “nessuno può rimettere i peccati solo Dio”, Gesù ribatte “ perché sappiate che io ho il potere di rimettere i peccati dico a te alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina. Quello si alzò. Quello che colpisce non è solo il fatto che i prodigi si ripetono senza sosta. Non era neppure la sua intelligenza, che era capace di confondere e sconfiggere la scaltrezza dei farisei. Come nell’episodio del tributo a Cesare. Quando li mette a tacere dicendo “date a Cesare ciò che è di Cesare date a Dio ciò che ti Dio”. La sua intelligenza sventava ogni tentativo di cogliere in fallo. Come quando gli trascinano una donna colta in flagrante da adulterio, chiedendogli il parere se andava il pirata o no, ed egli risponde: chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra. Ma il miracolo più grande non era delle gambe raddrizzate, della vista riacquistata, ma lo sguardo rivelatore dell’uomo. Gesù vedeva dentro l’uomo, nessuno poteva nascondersi davanti a Lui, di fronte a Lui la profondità della coscienza non aveva segreti. Come nel caso della donna di Samaria incontrata al porro, che riferì ai suoi compaesani parlando di Gesù: “mi ha detto tutto quello che ho fatto”. Lo stesso avvenne nell’incontro con Matteo il gabelliere e con Zaccheo. La capacità di cogliere il cuore dell’uomo è il miracolo più grande, il più persuasivo. È difficile che una persona potente sia veramente buona. In Gesù invece i suoi testimoni hanno potuto vedere quello sguardo non solo potente, ma anche buono. È bello vedere nel Vangelo i particolari, che rivelano la capacità di tenerezza e la sua commossa solidarietà con l’umano. Quando si imbatte in un corteo funebre e viene a sapere che il morto è il figlio unico di una madre vedova, il suo primo gesto è un atto di tenerezza e dice alla madre “donna non piangere” poi le restituisce il figlio vivo. Così come quando guarisce una donna curva danni: la vede, la chiama vicina s’è poi la guarisce. diversi racconti evangelici riportano la sua attenzione per i bambini. Dice l’evangelista Marco: quando gli è li portavano perché li accarezzasse, lui non si limitava ad una benedizione, ma li prendevi in braccio e poi li benediceva. L’evangelista Marco riporta che Gesù prende un bambino, lo mette in mezzo al gruppo, e ammonisce tutti perché non ci osi fargli del male mai! E non parlava del male fisico, ma dello scandalo morale. Gesù gradisce dall’uomo ciò che gli può dare e non mette schermi di nessuna natura (politica, sociale, culturale) A questa sua accoglienza. Come nell’episodio narrato da Luca di quel pranzo in casa di un fariseo, dove Gesù accetta le attenzioni di una prostituta e reagisce alle reazioni del fariseo Simone, dicendo che la donna aveva avuto tante attenzioni e gesti, mentre lui Simone come ospite non aveva fatto “ ad essa molto è perdonato, perché molto ha amato”. E così occorre ricordare l’emozione fino alle lacrime che prende Gesù in occasione della morte del suo amico Lazzaro. Gesù singhiozza sulla altura degli ulivi, di fronte lo splendore del tempio presagendo la distruzione della sua città. Continuiamo ad immaginare il tipo di conferma, che le giornate con Gesù dovevano essere per chi viveva accanto a lui quotidianamente. Gesù appare in ogni circostanza un essere superiore ad ogni altro, cioè in lui qualcosa o mistero. Questa impressione si fa via via più precisa solo in coloro che hanno una convivenza con lui: i discepoli. La eccezionalità di quell’uomo era tale che nasceva spontanea una domanda paradossale: chi è? Paradossale perché di Gesù si conoscevano l’origine, i dati anagrafici, la famiglia, la casa. Così si domanda a lui chi è il the sia. Soltanto gli amici, quando lui dà la risposta credendo alla sua parola, per l’evidenza dei segni indiscutibili che impongono la confidenza, i nemici invece non accettano la risposta. Nel capitolo sesto di Giovanni e riportato un momento drammatico è bellissimo. Gesù solleva ritirarsi a pregare, un giorno si era visto seguire da una gran folla. Venuti ad avere fame, lui li aveva miracolosamente sfamati. L’entusiasmo di fronte a questo prodigio fu tale, che volevano farlo re. Vi era anche una certa corrente di persone, chiamati poveri di Dio che non si sentivano loro agio in quella mentalità e sottolineavano la misteriosità della venuta del Messia. Gesù fuggì, prese una barca e andò dall’altra parte del lago. Il giorno dopo, essendo sabato, andò nella sinagoga e si mise a commentare il rotolo delle scritture. Lesse il brano della manna del deserto. Alla fine Dio disse: “i vostri padri hanno mangiato la manna e sono morti, ma chi si nutre della mia parola non morirà mai”. La gente restava stordita di fronte a queste affermazioni. Mentre stava parlando, entrò nella sinagoga la gente che era con lui il giorno prima. Allora Gesù dice loro “voi mi cercate perché vi ho dato il pane, ma io vi darò la mia carne da mangiare e il mio sangue da bere”. All’udire ciò i politici, i professori cioè gli scribi e i farisei cominciarono a dire che Gesù era pazzo. La folla che poco prima era entusiasta di lui, era già disponibile a farsi esaltare del discredito seminato dai potenti. Ma Gesù insisteva in verità vi dico “chi non mangia della mia carne, non entrerà nel regno dei cieli”. Il mormorio si fece clamore, i farisei fanno sfollare la sinagoga. Resta solo Gesù e il gruppetto di più affezionati. E Gesù domanda: “volete andarvene anche voi?” Pietro risponde: signore, anche noi non comprendiamo quello che dici, ma se andiamo via da te da chi andremo? Tu solo hai parole che spiegano e danno senso alla vita. Psicologicamente la frase di Piero e la applicazione dell’osservazione, che abbiamo fatto sulla certezza esistenziale. Sulla base della convivenza e degli atteggiamenti di Gesù quel gruppetto non poteva non affidarsi alle sue parole. Senza il tempo di questa convivenza l’oggetto reale resta inconoscibile. La pedagogia di Cristo nel rivelarsi Alla domanda, ma “chi è mai costui?” che nasceva nel cuore della gente, chi lo seguiva Cristo non diede immediatamente una risposta compiuta. Per questo Gesù ha usato un intelligente pedagogia nel definirsi. Lo ha fatto così da provocare negli altri una graduale evoluzione e per favorire la convinzione. Gesù quindi seguì una linea educativa nella quale dapprima tradusse in espressioni implicite e concrete quell’idea che alla fine doveva esprimere apertamente. La era inserita nell’impero romano come provincia, il sinedrio per questioni importanti, come una pena capitale, doveva sottoporre il capo d’accusa al governatore romano. Sottopongono Gesù all’interrogatorio e gli contestano con due testimoni che ho detto “posso distruggere il tempio di Dio e di costruirlo in tre giorni”. Di fronte alla falsità dell’interpretazione di questa frase, Gesù non risponde. Gesù infatti aveva riferito questa frase alla sua persona. Così il sommo sacerdote ricorre all’ultima domanda, che non avrebbe mai voluto pronunziare: sei tu il Cristo, il figlio di Dio? Gesù non poté più tacere e rispose: ”tu lo hai detto, anzi io vi dico d’ora in poi vedrete il figlio dell’uomo seduto alla destra di Dio e venire sulle nubi del cielo”. allora il consiglio grida alla bestemmia e proclama Gesù reo di morte. L’ammissione di essere il Messia non avrebbe implicato l’accusa di bestemmia. Ma l’aggiunta dell’espressione “figlio di Dio” era riconosciuta quale identificazione col divino, che giustificava l’accusa di bestemmia. La condanna morte fu esplicitata dal governatore romano: “perché si è fatto figlio di Dio”. 4. La discrezione della libertà: il problema cristiano è: o ci si trova davanti ha una follia, o quell’uomo che dice di essere Dio è Dio. Il vecchio Simeone quando prese in braccio il piccolo bambino disse alla madre che suo figlio sarebbe stato “segno di contraddizione” e così si sarebbero svelati “i pensieri di molti cuori”. Il problema della divinità di Gesù e questa alternativa in cui penetra la decisione di libertà. La concezione che Gesù ha della vita Il valore di una persona non viene colto da noi direttamente, ma si rivela attraverso i gesti, attraverso i segni. Per cogliere il valore attraverso i gesti occorre una genialità umana, una capacità psichica composta da tre fattori: la sensibilità naturale, la completezza dell’educazione, l’attenzione. In particolare per verificare l’attendibilità di un fatto inerente ad una personalità morale religiosa Occorre avere in sé una genialità morale, che permette di interpretare i gesti di quella persona. Questa condizione si colloca nella profondità del nostro essere: è scelta tra l’autosufficienza e la disponibilità, la prima impedirà la verifica dei fatti è impedirà di capire, mentre la seconda permetterà all’intelligenza e al cuore di spalancarsi sui fatti. Gesù nel Vangelo nota come l’atteggiamento autosufficiente delle persone rende impossibile percepire il valore di ciò che compie. Giovanni infatti afferma “venne nel mondo, ma il mondo non lo riconobbe”, e Cristo dice “perché non comprendete il mio linguaggio?” Significativi sono i due grandi miracoli: la guarigione del cieco dalla nascita e la resurrezione di Lazzaro. In questi episodi e chiaro come gli atteggiamenti della libertà sono quelli dell’opposto della disponibilità, per cui non vengono giudicati favorevolmente i gesti miracolosi di Gesù. quello che abbiamo chiamato genialità religiosa e qualcosa che deve essere sempre sollecitata, per cui grande e la responsabilità dell’educazione. Chi è Gesù fu la domanda ed egli rispose, svelandosi attraverso i gesti della sua personalità ”se non fossi venuto e non avessi parlato loro non avrebbero alcun peccato”. Ma il gesto più significativo è la concezione che una persona della vita. Solo il divino può salvare l’uomo, solo il divino può definire la moralità di una persona. E nello sguardo realistico che egli porta nell’esistente umano e qui dove il cuore morale coglie il segno della presenza del suo signore. Fattore fondamentale dello sguardo di Gesù è l’esistenza nell’uomo di una realtà superiore a qualsiasi altra realtà. Ogni uomo possiede un principio originale sorgente di valori. La persona gode di un valore che racchiude il motivo il ”ciò per cui vale la pena di agire e di esistere”. Per tutto ciò Gesù dimostra nella sua esistenza una passione per il singolo, un impeto per la felicità dell’individuo. Nessuna tenerezza d’amore paterno o materno hanno investito il cuore dell’uomo più della parola di Gesù. Ora domandiamoci su cosa si fonda questo valore. Cristo evidenzia nell’uomo una realtà che è il rapporto diretto esclusivo con Dio. Questo rapporto riguarda anche il più piccolo essere umano. L’espressione di tale rapporto è l’amore. Maestro, qual è il più grande comandamento della legge? Gli rispose Gesù: “amerai il signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, e con tutta la tua mente. Il secondo è simile al primo amerai il prossimo tuo come te stesso”. Il destino personale dipende da tale amore, assolutamente unico e personale questo rapporto e di un valore inaccessibile. Tale rapporto unico e la religiosità. Gesù nella sua vita terrena e concentrato su questo problema perché senza una definizione di esso il singolo non ha alcuna possibilità di essere salvato. Il singolo uomo non ha possibilità di avere un volto suo di essere persona. È la scoperta della persona che con Gesù entra nel mondo. La religiosità cristiana sorge non come gusto filosofico, ma dall’insistenza di Gesù che vedeva nel rapporto con il padre l’unica possibilità di salvaguardare il valore della singola persona. La religiosità cristiana sorge come unica condizione dell’umano e l’unica cosa che conviene per salvare la propria persona. Per questo la dipendenza da Dio e la direttiva più appassionata che Gesù dà nel suo Vangelo. La religiosità, in quanto tende a far vivere tutte le azioni come dipendenti da Dio, si chiama moralità. E siccome la volontà del padre è nel mistero di Cristo, Gesù dice: “io non posso fare nulla da me stesso il mio giudizio è giusto perché non cerco la mia volontà ma la volontà di colui che mi ha mandato”. L’espressione della religiosità e della moralità in quanto coscienza della dipendenza di Dio si chiama preghiera. La preghiera e coscienza ultima di sé come coscienza di dipendenza costitutiva. E Cristo lo ripete infatti infinite volte: “sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà ma la volontà di chi mi ha mandato, colui che mi ha mandato e veritiero e io dico al mondo le cose chiudi tu da lui. Se io glorificassi me stesso, La mia gloria non sarebbe nulla, chi mi glorifica e il padre mio ecc, ecc”. Nella continuità della sua preghiera, Gesù poteva dire “non sono solo ma io e il padre che mi ha mandato”. Nella preghiera prende consistenza l’esistenza umana. La vita si esprime come coscienza di rapporto con chi l’ha fatto e la preghiera e accorgersi che in questo momento la vita è fatta. L’ideale segnato da Gesù si può tradurre così “prega più che puoi”. Ma l’espressione compiuta dalla preghiera e di essere domanda. In due brani del Vangelo Gesù ha definito con forza la natura di domanda che è la preghiera: ● Il primo episodio è quello dell’amico che va a chiedere a mezzanotte il prestito di tre pani ad un amico. E quello alla fine si alzerà darglieli non per amicizia ma per la sua insistenza ● Il secondo episodio è quello del giudice che farà giustizia alla vedova perché non lo importuni più Gesù non misconosce qualsiasi domanda, perciò è giusto chiedere qualsiasi cosa, con la clausola “però non la mia ma la tua volontà si è fatta”. Il dono della vita L’uomo è parte del cosmo e in quanto parte del mondo l’uomo deve servirlo. L’esistenza umana si snoda in un servizio al mondo, l’uomo completa sé stesso dandosi e sacrificandosi. La legge dell’esistenza umana è l’amore che è offerta, il dono di sé. Gesù aveva detto “chi vorrà salvare la propria vita la perderà ma chi perderà la propria vita per me la salverà”. Ci viene così sottolineata la paradossalità di questa legge: la felicità attraverso il sacrificio.ma non è umano dare sé stessi se non ad una persona, non è umano amare se non una persona, il tutto e in ultima analisi l’espressione di una persona: Dio. Sia fatta la tua volontà, venga il tuo regno. Ma l’uomo è incapace di vivere completamente la dipendenza da colui che è la verità e la proiezione di essere nella vita come dono, come servizio. Questo dato di fatto dipende da una situazione originale. La tradizione cristiana lo attribuisce ad un disordine, che l’uomo eredita dalle origini, che determina il clima del mondo in direzione contraria al disegno di Dio. E ciò che la tradizione cristiana chiama peccato originale. La persona non ha energia sufficiente a realizzare sé stesso. Ho bisogno di un altro: senza di me non potete fare nulla dice Gesù. L’uomo deve accettare l’amore di un altro, di uno che è morto per lui. Questa redenzione non si attua automaticamente. Essenziale accettare l’aiuto offerto da Gesù Cristo. Alla libertà dell’uomo Cristo deve corrispondere la libertà dell’uomo che lo accetta. La libertà si realizzerà come capacità di soddisfazione totale. La libertà e capacità di infinito, sete di Dio. Sintetizzando l’eredità cristiana sul valore della libertà possiamo dire che la libertà e la capacità che l’essere cosciente possiede di realizzare completamente sé stesso. Nell’afferrare però le cose la libertà non si attua integralmente, sorge la possibilità della scelta, così l’uomo si sente in tentazione, attirato più da ciò che è lontano dal suo interesse finale. L’uomo da solo non riesce a resistere a lungo alla tentazione. Gesù è l’essere che gli ridà il potere di scegliere bene: “se rimarrete fedeli alla mia parola sarete davvero miei discepoli conoscete la verità e la verità vi farà liberi”. Gesù non è venuto al mondo per sostituirsi al lavoro umano. È venuto nel mondo per richiamare l’uomo al fondo di tutte le questioni, richiamare l’uomo alla religiosità vera. I vari problemi: la verità, il lavoro, l’amore, la politica generano confusione nella storia del singolo nella misura in cui non si fondano sulla religiosità. Non è compito di Gesù risolvere i vari problemi ma aiuta l’uomo a risolverli. Di fronte alla pretesa Tutta quanta la vita pubblica di Gesù ci ha dimostrato una profonda capacità di dominio della natura: essa gli obbediva. Il potere di Gesù non era sporadico, ma operava in continuità. Nicodemo interpretò la validità dei segni di Gesù perché li giudico con libertà e sincerità d’animo. I suoi avversari giudicano con faziosità tentando di spiegare le sue opere in modo Diverso, indemoniato blasfemo eccetera. percorrendo la traiettoria di coloro che hanno seguito Gesù ci siamo trovati di fronte all’affermazione di una realtà storica straordinaria: un uomo di Dio. Nella tradizione cristiana questa realtà è chiamata incarnazione. In quanto opera divina l’incarnazione è un mistero è “inconoscibile per qualsiasi intelligenza” (Dionigi l’areopagita ). Compito della nostra coscienza è quello di accettarlo, pur senza poterlo comprendere, e capire i termini di esso. Prendere sul serio la pretesa di Cristo è profondamente razionale, poiché essa si è posta come hai fatto nella storia. Che Gesù sia uomo Dio non significa che Dio si sia trasformato in un uomo ma significa che la persona divina, possiede anche, insieme alla natura divina, la natura umana. Il mistero dell’incarnazione stabilisce il metodo, che Dio ha creduto opportuno di scegliere per aiutare l’uomo. Per riconoscere l’intervento di Dio nella nostra vita è necessaria la ricerca, tenendo presente che l’esito di tale ricerca può esigere un cambiamento radicale. Questo metodo si prolunga nella storia, l’adesione ad essa è possibile sempre “ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”. Abbiamo mostrato come la ragione non posso escludere l’ipotesi che il mistero estrasse come fattore nuovo nella storia umana. Dobbiamo sottolineare la resistenza istintiva che la ragione può avere di fronte all’annuncio dell’incarnazione. La percezione da parte dell’uomo di essere scalzato come misura di sé e pone l’uomo in termini di rifiuto. Così dopo lo stupore di fronte all’eccezionalità delle opere di Cristo, si è verificato la resistenza al contenuto supremo del suo messaggio. Il fatto dell’incarnazione costituisce uno spartiacque sia nel campo della storia delle religioni, sia nella comprensione stessa dell’esperienza cristiana, con me rilevabile nelle numerose eresie. con quel complesso di esigenze, Di evidenze con cui nostra madre ci ha fatto nascere. Una madre qualsiasi (eschimesi, giapponese ecc.) dà alla luce un essere umano riconoscibile sia per connotati esteriori che per impronta interiore. Questo volto interiore (cuore direbbe la Bibbia) che identifichiamo come esperienza elementare. Abbiamo detto che il criterio di giudicare le cose e immanente all’uomo, ma non è possibile che ogni singolo uomo avrebbe il potere di determinare il neo significato ultimo. La natura dell’uomo è rapporto con l’infinito. L’autore sostiene di avere intuito ciò che con chiarezza quando gli capitò di confessare un ragazzo, Che ad un certo punto gli disse: lei non può negare che la vera natura dell’uomo e quella delle capaneo dantesco. ( Capaneo personaggio del mito classico che Dante colloca tra i bestemmiatori). Questo bestemmiatore gigante incatenato da Dio all’inferno gridò: io non posso liberarmi delle catene ma posso bestemmiare e io ti bestemmia. A questa affermazione l’autore risponde: ma non è più grande amare l’infinito? Questa frase dopo alcuni mesi era riuscita a convertire quel ragazzo. Perché l’anarchia è una tentazione affascinante ma menzognera è molto più grande e più vivo amare l’infinito piuttosto che affermare sé stessi di fronte a qualsiasi realtà.se si vuole diventare adulti, senza essere ingannati o schiavi da altri ci dobbiamo abituare a paragonare tutto con l’esperienza elementare. È un vero compito difficile, perché tutto viene affrontato con la mentalità comune per cui la tradizione familiare o la tradizione del contesto in cui siamo cresciuti sedimentano sopra le nostre esigenze originali. Occorre scartare le immagini indotte dal clima culturale in cui siamo immersi, prendere in mano le evidenze originali in base a questo giudicare ogni proposta. Incominciamo a giudicare: è l’inizio della liberazione. Quest’opera di liberazione potremmo chiamarlo lavoro ascetico. In termini cristiano questa fatica fa parte della metanoia o conversione. Seconda premessa: ragionevolezza La prima premessa avuto come riflessione l’oggetto, questa seconda premessa mette in primo piano dell’uomo e ragionevolezza cioè il suo modo di agire che si realizza secondo ragione. Allora per prima cosa ci domandiamo come percepiamo se un atteggiamento è ragionevole o no. Facciamo alcuni esempi: se il nostro amico si presentasse vestito con elmo e corazza come un cavaliere medievale e dicesse di volersi premunire nei confronti di qualcuno malintenzionato questo atteggiamento non sarebbe ragionevole. Se per esempio davanti a un gruppo di persone io ponessi una valigia sul tavolo e all’improvviso il buttarsi dalla finestra tutti riterrebbero tale gesto irragionevole. Se però io spiegassi che la valigia contenuta conteneva un grande tesoro e ad esempio in quel momento io avevo visto quattro ladri armati, che volevano rubarla il gesto di cui sopra sarebbe considerato ragionevole. Ma un atto ragionevole può apparire adeguato o inadeguato. Per esempio usare un enorme megafono in una piccola sala per farsi ascoltare, essendo considerato inadeguato e giudicato irragionevole. Il ragionevole spesso deve essere dimostrabile per esempio un teorema a scuola, ma non sempre gli aspetti della realtà possono essere dimostrabili. Lo stesso vale per quando si definisce un ragionamento logico. L’autore comunque ci tiene a puntare l’attenzione più sul termine ragionevole che sul termine ragione, perché la ragione a volte può essere usata in modo irragionevole. L’autore a riprova di ciò porta questo esempio: all’inizio della prima ora di lezione di religione in una classe di un liceo classico un alunno gli contesto che era inutile voler parlare e ragionare sulla fede perché ragione e fede rappresentano due mondi totalmente diversi. Però quando chiese agli alunni che cosa fosse la fede e qualche cosa fosse la ragione non ottenne nessuna risposta. Uscendo dall’aula incontro con la storia di filosofia e si lamentò con lui di quanto accaduto. Anche il professore di filosofia rispose che anche la Chiesa aveva affermato nel concilio Aransicanum II Che la fede non aveva nulla a che fare con la ragione. L’autore ha detto che ogni affermazione va interpretata all’interno di un contesto storico, altrimenti ne viene impedita la vera comprensione. Dopodiché chiesto al professore: io non sono stato in America mai male posso affermare con certezza che l’America c’è. Questa mia certezza è per lei ragionevole? E le filosofie risposero no! Questo parere non concorde deriva dal fatto che per me la ragione e apertura alla realtà, mentre per quel professore si è vero è solo quando c’è una diretta dimostrabilità. La ragione dell’uomo per rendersi conto della realtà, si muove usando motivi adeguati. Se dico che (a+b) (a -b) = a2ª-b2ª affermo un valore matematico e per arrivare a ciò segna un certo cammino. Per dimostrare che l’acqua e H2O non segna lo stesso cammino di prima, ma uso l’alambicco e faccio la distillazione. Così per capire ad esempio che la donna agli stessi diritti dell’uomo segna un altro cammino. In greco il cammino, la strada si dice odo’s e metà-oddu vuol dire attraverso il cammino, in italiano traduciamo “metodo”. Per ogni tipo di verità usiamo un metodo diverso. La ragione è la capacità che un uomo di conoscere e implica diversi metodi secondo il tipo di concetti. Se non si tiene conto di ciò si possono compiere grandi errori. Per esempio gente esperta in teologia Che pretende di affermare una verità in campo scientifico può incorrere nell’errore commesso dal santo Uffizio con Galileo. Vi sono delle realtà, dei valori la cui conoscenza non rientra nei tre metodi, che abbiamo sopra menzionato. Ad esempio ● La certezza che mia madre mi vuole bene ● La certezza che alcune persone mi sono veramente amiche Sono valori, che riguardano il comportamento umano. Nella scoperta di verità e di certezze sul comportamento umano la ragione deve essere usata in modo diverso. La sicurezza che mia madre non mi ha messo ad esempio il cianuro nel cibo è indipendente dalla possibilità di dover fare l’analisi chimica per lo stesso cibo. La matematica, la scienza, la filosofia sono necessarie per l’evoluzione dell’uomo, ma l’uomo potrebbe vivere senza esse, mentre l’uomo non può vivere senza la certezza morale. Riepilogando ● Un metodo porta la certezza matematica, ● Un metodo porta la certezza scientifica, ● Un metodo porta alla certezza filosofica in quanto metodo porta certezza sull’umano comportamento certezze morali Quest’ultimo più che è un processo un’intuizione. Il metodo con cui capisco che mia madre mi vuole bene ok alcune persone mi sono amiche e intuito dell’intelligenza con la lettura di numerosissimi segni, indizi. Si chiama certezza morale o certezza essenziale. Bisogna fare due rilievi importanti: il primo io sarò tanto più abilitato ad avere certezze su di te, quanto più sto attento alla tua vita; il secondo io sono più importante come uomo tanto più sono capace di raggiungere certezze sull’altro da pochi indizi. Questo metodo sulla certezza morale si applica alla fede. La fede aderire a quello che afferma un altro. Per fare ciò devo avere raggiunto la certezza che l’altra persona non mi inganna, e ciò attraverso il procedimento delle certezze morali. Chiama su sbagliare non usare il metodo scientifico, matematico, filosofico e nello stabilire un giudizio di certezza sul comportamento umano, ma ciò che non toglie che sia con i succitati tre metodi, che il metodo della coscienza morale si possono raggiungere certezze. Terza premessa: incidenza della moralità sulla dinamica del conoscere. La terza premessa vuole parlare, come dice il titolo, dell’incidenza della moralità nella dinamica del conoscere. La ragione è immanente Al nostro io, per cui un dolore fisico, una delusione, un momento di rabbia potrà influenzarla. Qualunque cosa accada provoca in noi una certa reazione, vale a dire uno stato d’animo, che si chiama sentimento. Siccome abbiamo affermato che la ragione è sempre legata al nostro io, la ragione sarà sempre legata, condizionata al sentimento. La ragione è la capacità di conoscenza che si sviluppa nei confronti dell’oggetto senza che nulla debba interferire. Per cui se abbiamo scoperto che lo stato d’animo, il sentimento interferisce, allora emerge l’interrogativo se la conoscenza del progetto sia una conoscenza vera o meno. E questo è particolarmente importante è la cosa è molto interessante per l’individuo. Più una cosa interessa l’individuo, quanto più vitale, tanto più ha valore per la vita della persona, tanto più genera stati d’animo sentimenti che condizionano la conoscenza di quel determinato oggetto. È chiaro che con tali oggetti la certezza obiettiva non si potrà raggiungere. Pertanto chiamano “r” la ragione conoscitiva del concetto e “v” il valore della realtà da conoscere, la “r” non potrà mai avere un’idea chiara, oggettiva della “v” per la presenza del sentimento “s” per cui avremo la formula: r-> s <- v Per la conoscenza oggettiva dell’individuo dovremmo eliminare o ridurre al minimo il fattore S. Questa Operazione può avvenire su in casa solamente nel campo scientifico e matematico. Ma ci sono due osservazioni da fare: ● Quanto più la natura mi fa interessare ad una cosa, tanto più mi impedisce di conoscerla ● È un errore di principio che per risolvere la questione è necessario eliminare un fattore in gioco Infatti indagando troviamo un altro punto di vista adeguato ed equilibrato. Facendo l’osservazione che per vedere bene con un cannocchiale bisogna mettere a fuoco la lente, lo stesso vale per il nostro cristallino dell’occhio, che sia la cataratta, ma operato in modo che la mente sia messa a fuoco, allora il nostro problema viene risolto nel senso del sentimento non deve venire eliminato, ma essere al suo posto giusto. Che cosa vuol dire mettere il sentimento al suo posto. Non è un problema scientifico ma un problema di atteggiamento un modo di porsi un problema morale. Sei una cosa mi interessa per fare conoscenza ho bisogno di fare attenzione ad essa. Attenzione dal latino vuol dire essere tesi. Sei una cosa mi interessa, sarò teso a lei. Quello che fecero i docenti della Sorbona di Parigi per riconoscere la scoperta dei microrganismi da parte di Pasteur. Sei una cosa mi interessa, sarò teso nei suoi confronti. Difficilmente si studia una cosa che non interessa, ma sarebbe poi una grave ingiustizia pretendere di dare ugualmente giudizi sull’argomento. È il delitto che la maggioranza degli uomini compie di fronte al problema della fede, della religione, della Chiesa, del cristianesimo. Questi avendo la mente in tutt’altre faccende affaccendata tende poi a dare un giudizio su queste cose. Il centro del problema è una posizione giusta, un atteggiamento esatto e con un sentimento al suo posto, una moralità. Se la moralità è nell'atteggiamento giusto, essa è anche determinata dall'oggetto in questione. L'oggetto mi deve interessare, debbo avere il desiderio di conoscere ciò che l'oggetto veramente è. Nel campo della conoscenza questa è la regola morale: l'amore alla verità dell'oggetto più di quanto siamo attaccati alle opinioni, che ci siamo fatti. Per amare la verità dobbiamo essere anche liberi da preconcetti. Però essere liberi da preconcetti è quasi impossibile. L’autore vuole elencare le posizioni “ Irragionevoli” cioè non adeguate, nei confronti delle domande e quelle risposte che costituiscono il senso religioso. ● Negazione teoretica delle domande: Queste domande, questi interrogativi vengono definiti senza senso. L’autore ha scoperto questa posizione leggendo una pagina del disegno storico della letteratura italiana di Natalino Sapagno che diceva “ quelle domande su che cosa è la vita, qual è la fine dell’universo, perché il dolore“ Il vero filosofo le allontana da sé, perché le ritiene assurde. E così Garin nelle “ cronache di filosofia italiana” raccomanda che il pensiero sia senza voli iperurani (cioè al di là dei limiti della realtà umana). Ma non si può abbandonare la ricerca del valore assoluto! Dovremmo abbandonare qualcosa a cui la natura ci spinge e questo è irrazionale, è disumano. ● Sostituzione volontaristica delle domande Lo strumento dell’affermazione di noi stessi è la volontà, perciò si tratta solo di un’energia, di una affermazione volontaristica. Essa può prendere spunto o da un modo di agire personale o da un sentimento illusorio, o da un progetto sociale. Nel primo caso il progetto del suo vivere è un modo di agire volontaristico. Nel secondo questa energia si da essa stessa uno scopo ed è irrazionale perché significa che c’è “dentro” qualcosa che grida e chiede altro dalla situazione in cui versa. O si arriva al progetto sociale, per realizzare il progetto di una diversità sociale. Se il primo atteggiamento afferma che le domande non hanno senso, ora le domande pungono, fanno male. Bisogna allora impostare la vita in modo che tali domande non vengono a galla. La prima sfumatura è quella di “non pensarci” un’altra sfumatura e quella che la società crea interessi per oscurare il grande interesse della domanda. Ma può non riuscirci. E allora la vita nella società e soppiantata dall’alcool e dalla droga. A quelle domande non è possibile dare risposte, dunque occorre anestetizzarci di fronte ad esse. Ecco l’uomo saggio, che si allena al governo di sé e si costruisce un equilibrio, che lo rende fermo, impavido di fronte a tutte le vicende. Questo è il supremo ideale cui giunge la concezione dell’uomo, qualunque sia la filosofia che la sostenga, non religiosa. Atteggiamenti e ragionevoli di fronte all’interrogativo ultimo: riduzione della domanda. Precedentemente abbiamo elencato tre posizioni, che hanno tentato lo svuotamento delle domande: quello teorico, la sostituzione volontaristica come propri ideali e la negazione pratica. Ora vorremmo studiare altri tre atteggiamenti che tentano di ridurre la domanda: uno arrestandosi a metà strada, un altro distruggendosi per la difficoltà della risposta e il terzo rendendo strumento del potere quelle domande. 1. Evasione estetica o sentimentale. L’uomo accetta le domande, le misura con il sentimento, ma senza l’impegno personale dell’io. La ricerca del senso della vita diventa uno spettacolo di bellezza, assume una forma estetica. La serietà delle domande umane si ferma a metà strada, crogiolandosi in un’esperienza emotiva. 2. La negazione disperata. Di tutti gli atteggiamenti erronee questo è il più drammatico. E la negazione della possibilità di risposte alle domande. Le domande sono prese sul serio, ma è la difficoltà delle risposte che fa dire “non è possibile”. La disperazione che nasce da tale rinnegamento trova documenti affascinanti in coloro che sanno esprimere l’umano e il suo dramma. E semplifico in tre sottolineature diverse: 1) L’impossibile aspirazione 2) la realtà come illusione 3) il nulla come esistenza. 3. L’alienazione. Secondo questa ultima posizione la vita ha un senso tutto positivo ma si nega che questo senso abbia verità per la persona. L’ideale della vita rescinderebbe in una ipotetica evoluzione nel futuro e il fenomeno viene indicato con la parola progresso. Quest’ottica considera le domande fondamentali dell’uomo come stimolo dell’edificazione di questo progresso. Ma c’è una obiezione. È impossibile fare consistere la risposta a quelle domande in una realizzazione, che tocchi una collettività in un ipotetico futuro, senza dissolvere l’identità dell’uomo. Le domande sono il mio io e nella soluzione l’io non ha risposta. Conseguenze degli atteggiamenti irragionevole di fronte all’interrogativo ultimo Le sei categorie di cui abbiamo parlato hanno in comune una svalutazione delle domande. Le conseguenze sono la rottura col passato, l’eliminazione della libertà e la solitudine dell’uomo. ● La rottura col passato: quando l’uomo non trova risposte a quelle domande, reagisce il criterio del suo nesso con la realtà è la reattività. La reattività taglia i ponti con la tradizione, taglia i ponti con il passato.ma se si sfoga il senso del passato ed il presente appare come una pura reattività con che cosa costruiamo il futuro? La forza della costruzione futura e l’energia, il coraggio del presente, ma la ricchezza del presente viene dal passato. ● Incomunicabilità e solitudine: se si sfoga il senso del passato si riduce il dialogo e la comunicazione umana. Il dialogo e la comunicazione umana hanno radici nell’esperienza. L’esperienza è custodita dalla memoria. Io non posso dialogare con te se la mia esperienza non è contenuta in me. L’esperienza deve essere giudicata dall’intelligenza. L’incomunicabilità rende più tragica la solitudine, che l’uomo prova di fronte al proprio destino. Di fronte al proprio destino, come senza di significato, l’uomo prova una terribile solitudine. La solitudine infatti non è essere da solo, ma assenza di significato, si può essere in mezzo milioni di persone, ma sentirsi soli, se quelle persone non hanno significato. Diversamente quando uno ha la coscienza del motivo adeguato per cui si è con gli altri non sarebbe mai solo anche se tutti gli altri fossero in comprensivi.ma l’incomunicabilità oltre ad esasperare la solitudine personale, diventa clima sociale esasperante. Il cuore viene roso dalla perdita della passione e del gusto di vivere. Il pericolo maggiore che possa tenere l’umanità non è una catastrofe stellare, non è la fame, nella peste ma la perdita del gusto di vivere. ● Perdita della libertà: individuo resta in balia delle forze dell’istinto e del potere: è la scomparsa della libertà. Per capire che cos’è la libertà dobbiamo partire dall’esperienza che abbiamo di sentirci liberi.ma liberi non solo per una sera, per un weekend o per tantissime altre occasioni, ma liberi sempre. Vale a dire la libertà è il compimento totale dell’io, la capacità di raggiungere il proprio destino. La libertà e l’esperienza della verità di sé stessi. Per questo il Signore diceva: “la verità vi farà liberi”. Se Dio è la verità posso dire la libertà è capacità di Dio. Una capacità di scelta mi fa dire che la libertà è l’umile e fedele direzione a Dio nella vita quotidiana. La fede è il gesto di libertà fondamentale e la preghiera è la costante educazione del cuore, dello spirito alla libertà: perché fede e preghiera sono il riconoscimento di quella Presenza, che è il mio destino e la dipendenza dalla quale è la mia libertà. Presenza, che è il mio destino e la dipendenza dalla quale è la mia libertà. Essenzialmente quale libertà non è ancora compiuta, è in tensione al compimento. Vediamo ora che cosa vuol dire parlare di libertà, se questa nasce come parte di quella realtà che in concreto chiamiamo società, che ha un certo ordine mantenuto dal potere. In tal caso tu non hai nessun diritto. in ogni epoca lo Stato è la sorgente di ogni diritto. Se l’uomo nascesse totalmente dalla biologia di padre e madre sarebbe ridicolo parlare di libertà. In un solo caso l’uomo è libero e tutto il mondo non può costringerlo, se si suppone che possegga qualcosa che non derivi dalla tradizione biologica dei suoi atteggiamenti, ma sia rapporto diretto con l’infinito. Che sta in rapporto diretto con l’origine di tutto il mondo cioè Dio. È quello che dice il catechismo: il corpo viene dato dei genitori, ma l’anima viene inclusa direttamente da Dio. Solo se in me esiste questo rapporto il mondo può fare di me quello che vuole, ma non mi vince: io sono libero. La libertà è la dipendenza da Dio. La coscienza vissuta di questo rapporto si chiama religiosità. L’unica obiezione alla schiavitù del potere è la religiosità. Per questo che ha il potere è tentato di odiare la religiosità. Sé l’uomo non ha rapporto con l’infinito, tutto quello che fa il potere è giusto. per questo Cristo nel vangelo ha esaltato il rapporto con i bambini, con i vecchi, con i poveri con gente socialmente incapace di difesa. Il che significa che il più incapace di difesa a un valore sacro! Il the potere è l’amore e il divino è l’affermazione dell’uomo come capacità di libertà. PRECONCETTO - IDEOLOGIA - RAZIONALITA’ E SENSO RELIGIOSO
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