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Riassunto Nuovo Manuale di Biblioteconomia, Appunti di Biblioteconomìa

Questo è il riassunto della nuova edizione, 2022, del Manuale di Biblioteconomia del Professore Fabio Venuda e Giorgio Montecchi

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 06/03/2023

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Scarica Riassunto Nuovo Manuale di Biblioteconomia e più Appunti in PDF di Biblioteconomìa solo su Docsity! RIASSUNTO “NUOVO MANUALE DI BIBLIOTECONOMIA” – Montecchi, Venuda 1. DAL LIBRO ALLA BIBLIOTECA Il libro nella società della comunicazione Fino ad alcuni decenni fa sul gradino più alto delle relazioni intellettuali tra le persone vi erano il libro e la carta stampata, gli altri strumenti del comunicare, dal telefono alla televisione. La nascita di Internet ha invece intaccato le funzioni, il ruolo e il posto che il libro teneva da secoli nella società. Furono intaccate dapprima le funzioni di informazione poi anche quelle più consolidate dello studio e della ricerca, tanto che, specialmente sui giornali, vi era spesso chi si ergeva a profeta e annunciava la morte del libro. Ma col passar del tempo ci si accorse che i nuovi media non intaccavano affatto le funzioni del libro ma, le potenziavano poiché stabilivano con esse un dialogo continuo tanto che il libro non solo non è scomparso dal mondo della comunicazione ma vi conserva quel posto di tutto rispetto che vi teneva dai tempi della sua antichissima origine. Infatti, il libro fa parte ancora oggi di quell’insieme di oggetti presenti alla nostra esperienza quotidiana. La forma del libro non è sempre stata quella che noi oggi conosciamo. Nell’antichità i libri non erano aperti o chiusi, ma srotolati o riavvolti. Erano costituiti da rotoli di papiro che il lettore svolgeva davanti a sé. Le colonne di scrittura si succedevano una parallela all’altra senza interruzioni fino alla fine del rotolo. Solo nell’età tardo antica si diffuse un nuovo modo di costruire i libri, assemblando, piegando in due e cucendo più fogli di pergamena ma anche di papiro e, più tardi, prevalentemente di carta. Per una fenomenologia del libro: il supporto fisico e il testo. Il libro è costituito da un supporto fisico e da un testo scritto da conservare e da trasmettere nel tempo e nello spazio. Il libro vive dunque in due diverse dimensioni della realtà. È un oggetto materiale su cui è registrato e codificato con un testo. Un libro è fatto per essere tenuto in mano, aperto e letto. Grazie al processo di scrittura e di lettura entra a far parte della realtà concettuale e intenzionale che è propria e specifica dell’attività umana. Allo stesso modo in cui la voce traduce in suoni le idee e i pensieri, il libro e la scrittura li traducono in segni fisici, tali da rimanere immutati nel tempo da essere percepiti dalla vista, e dell’attività umana. Allo stesso modo in cui la voce traduce in suoni le idee e i pensieri, il libro e la scrittura li traducono in segni fisici, tale da rimanere immutati nel tempo e da essere percepiti dalla vista, e ritornare così a stimolare e a suggestionare la mente umana. Il libro presenta dunque una natura bivalente: ha una sua anima interiore che prende vita al contatto con l’uomo e partecipa, per questa via, della sua natura intellettuale. La bibliografia che si riducesse ad analizzare gli elementi del libro prescindendo dalla struttura unitaria del libro di cui fanno parte si ridurrebbe ad analizzare strutture morte, inerti e insignificanti. Le procedure analitiche della comunicazione scritta Il primo modello di comunicazione ha sempre trovato la sua più piena attuazione nella parola, pensata e comunicata. La parola scritta, già prima delle contemporanee tecnologie audiovisive, ne estese le possibilità di comunicazione, consentendo alle parole di essere conservate sulla pagina e di viaggiare in ogni direzione, superando i limiti imposti dal tempo e dallo spazio. Il tipo di comunicazione attivato dal libro avviene principalmente attraverso gli occhi. Il modo proprio della comunicazione e di organizzare i contenuti, proprio della comunicazione scritta, a differenza di quello dei suoni, è quello della analiticità. La scrittura scompone il testo in periodi, in frasi, in parole, in sillabe e in singole lettere alfabetiche. La lettura riecheggia le parole, le frasi e i periodi per percepirne le idee, i concetti e i discorsi. Il modo proprio di comunicare del libro consiste dunque nel mettere in riga il testo, dopo averlo scomposto e ricomposto sulla pagina nelle sue particelle elementari: parole, sillabe e singole lettere alfabetiche. La ricomposizione del testo sulla pagina grazie alla scrittura manoscritta o a stampa, e la sua lettura per recuperarne concetti e idee da trasmettere alla mente hanno abituato gli uomini di lettere a organizzare i propri pensieri secondo procedure analitiche. Tutto ciò non è avvenuto senza esiti di vasta portata della nostra società. La cultura, infatti, in tutte le sue forme e manifestazioni non è mai impermeabile e indifferente ai meccanismi mentali e agli strumenti che la realizzano e la diffondono. Il libro nelle relazioni intellettuali tra le persone Grazie alla scrittura, ai libri e alla lettura si stabiliscono tra gli uomini relazioni e rapporti che oltre passano le barriere del tempo e dello spazio. Nasce da queste relazioni intellettuali una sorta di comunità che trova nel libro un forte elemento di coesione, di confronto e dialogo. Nell’Europa di alcuni secoli fa gli appartenenti al mondo della scrittura e della lettura amavano considerarsi gli abitanti fedeli e privilegianti di una universale repubblica delle lettere. Ma 1 spesso questa respublica tende a trasformarsi in una cittadella arrogante e solitaria, isolata dalla comunità degli uomini e arroccata nella sua inaccessibile e lontana torre. Le infinite relazioni stabilite tra gli uomini dalla scrittura e dalla lettura definiscono lo spazio e i confini di una realtà che nulla ha da invidiare ai rapporti allacciati nella esistenza quotidiana e nel confronto diretto tra le persone. I libri costituiscono il substrato fisico e il veicolo di una realtà che partecipa della natura più intima e profonda dell’uomo: tutto ciò che lo collega agli scopi che egli si propone nella sua vita tra gli altri uomini. La comunicazione scritta entra di diritto tra gli strumenti che consentono all’uomo di rapportarsi agli altri uomini. La comunità degli uomini che ne nasce forma un milieu di comunicazione che ha nella scrittura e nella lettura non solo il proprio fondamento ma anche il veicolo privilegiato di comunicazione e di dialogo. Il libro e la memoria Il libro non è altro che il prolungamento dell’intelletto e della mente di che desidera comunicare il proprio pensiero a grandi distanze e nel tempo a venire. Il libro diviene in tal modo una estensione della memoria. Mentre la parola, pur avendo trovato da un centinaio di anni forme di registrazioni sonore, vive l’effimero spirare di un attimo (verba volant), il testo scritto rimane fissato sulla pagina, pronto a sfidare i secoli e a far dialogare tra di loro, generazione dopo generazione. In forse della sua duplice natura di testo e di supporto fisico, il libro può far si che una realtà di tipo concettuale si codifichi e si depositi sulle pagine e vi resti in attesa. Nel libro è il pensiero dell’uomo che si fa corpo sensibile, in modo tale da essere conservato e trasmesso a discrezione del lettore. La scrittura e il libro svolgono in questo ambiente una funzione in tutto simile e parallela a quella della memoria. Anzi, ne costituiscono una forma di istituzionalizzazione, al servizio della capacità degli uomini di ricordare e di far ricordare anche oltre la breve esistenza loro accordata sulla terra. Il desiderio di potenziare la capacità di ricordare aveva assillato gli uomini fin dai tempi più lontani. I ritmi melodici e la stessa scrittura ebbero anche il compito non marginale di offrire un valido supporto alla memorizzazione e alla recitazione orale dei testi. Accanto a queste forme furono anche approntate tecniche mnemoniche che consentivano di registrare i testi sui meccanismi stessi della mente umana. Ai luoghi e agli edifici ben conosciuti e ben impressi nella mente erano associate le varie tappe di avvenimenti da ricordare o le varie sezioni di poemi, trattati, summe, argomentazioni, ecc. La mente richiamava alla memoria anche le idee, gli avvenimenti o le diverse porzioni di testo che vi erano stati depositati in precedenza. Su questa procedura si fondavano tutte le antiche arti della memoria. L’applicazione di queste tecniche poggiava sui meccanismi interni della mente umana. Al superamento di questa barriera contribuiscono sia la scrittura sul papiro sia l’incisione di testi sulla pietra. Il libro a stampa, grazie alla diffusione in centinaia e in migliaia di esemplari, è diventato fin dal suo primo apparire il principale artificio al servizio della memoria. Il libro, nella sua duplice struttura di testo e di oggetto scritto, partecipa pienamente della natura intellettuale della mente umana. Vivendo al di fuori di essa nella realtà del mondo sensibile, può viaggiare in tutte le direzioni, nel tempo e nello spazio, ben oltre i limiti imposti all’esistenza dell’uomo e alla sua individuale capacità di ricordare. Il libro a stampa si pone come l’erede di tutti gli strumenti messi in opera per sostenere e per prolungare la memoria. Negli ultimi cento anni nuove tecnologie e nuovi strumenti hanno affiancato il libro in questo compito di esteriorizzazione della memoria umana: radio, cinema, televisione, smartphone e tutte le altre novità che si affacciano sulla scena dei media e della comunicazione a ritmo quasi quotidiano da almeno una ventina d’anni. Il libro e la lettura Alla nascita del libro concorrono numerose persone variamente impegnate nella sua produzione: i copisti, i rubricatori e i miniatori per i manoscritti; gli stampatori, gli editori, i grafici e gli illustratori per i libri a stampa. Ciascuno di essi contribuisce a rendere il libro, uno strumento unitario di comunicazione, che parla al lettore un suo specifico linguaggio filtrato attraverso il testo, la scrittura, i caratteri, la veste grafica, e tutti gli altri segni di cui il libro è portatore. Nella lettura ci confrontiamo infatti principalmente con il testo, cioè con i concetti, idee e ragionamenti. Ma il testo, come anima senza corpo, non vive mai in concreto, una esistenza separata e sciolta dalla pagina in cui è scritto; inoltre, il processo di lettura non comporta solo un rapporto astratto e assoluto, di tipo esclusivamente intellettuale, con la mente di chi scrive. La comunicazione tra lettore e scrittore è mediata dal libro nella sua struttura unitaria di testo e di supporto fisico. La scrittura, il carattere, la pagina, l’alfabeto, la griglia grafica, la carta, le immagini e ogni altro segno sensibile costituiscono l’ambiente in cui il testo riprende vita e si anima davanti agli occhi e alla mente del lettore. Nella comunicazione orale la voce e la sua intonazione danno sostanza e corpo alle parole; nella comunicazione libraria queste stesse funzioni sono assolte dal libro e dalla sua configurazione fisica. Le scelte tipografiche hanno dunque un peso notevole non solo nel determinare la distribuzione del testo sulla pagina, l’aspetto esteriore e la fisionomia del libro, ma soprattutto nello scandire i ritmi e i tempi della lettura. La lettura non può essere ridotta né a una pura decodificazione di segni fisici, né a una astratta comunicazione intellettuale; essa comporta 2 Difficilmente si possono avere biblioteche veramente pubbliche, che traggano il loro sostentamento quasi esclusivamente dai lasciti, da rendite o da servizi aggiuntivi a pagamento. La generalità, la gratuità e la contemporaneità Quando parliamo in Italia di biblioteca pubblica non possiamo prescindere dai testi di Dainotti, alla quale si attribuisce il merito di aver proposto, nell’immediato dopoguerra, l’apertura di biblioteche pubbliche. In tempi ai noi più vicini si è soffermato sulla pubblicità delle biblioteche, cioè sul loro carattere politico, Crocetti, che propone di cercare la pubblicità della biblioteca nella sua attività, cioè non in connotazioni di tipo istituzionale ma in caratteristiche strettamente funzionali. Individua tre caratteri principali: - Generalità : nasce dal fatto di essere la biblioteca di tutti i cittadini di una comunità - Gratuità : garantita almeno nei servizi fondamentali - Contemporaneità : affida alla biblioteca pubblica il compito primario di soddisfare le attuali esigenze di lettura dei cittadini della comunità. Nella determinazione di questi caratteri ha avuto un peso notevole il modello delle biblioteche degli enti locali. Vi è il netto superamento di una concezione secolare che, in Italia, tendeva quasi a identificare le biblioteche pubbliche con quelle statali, avendo di fatto ridotto la pubblicità all’appartenenza delle biblioteche all’amministrazione statale. Crocetti non attribuisce però un valore esclusivo a queste caratteristiche della biblioteca pubblica. Egli stesso sollecita alcuni interrogativi: Quali sono i confini tra le generali esigenze dei cittadini e le particolari necessità di singoli lettori? Quali servizi possono fare eccezione alla gratuità ed essere offerti a pagamento? L’esempio proposto della biblioteca pubblica di New York, la più grande del pianeta, sembra rendere ancora più incerta la risposta a questi interrogativi, perché non si ritenga la pubblicità della biblioteca un attributo di natura indivisibile. In questo caso per definire la “pubblicità”, invece di rinviare all’elencazione di singole caratteristiche, è forse più utile ricorrere alla individuazione degli elementi costitutivi, presenti pertanto in tutte le biblioteche pubbliche, sia in quelle degli enti locali che in quelle dello stato, e anche nelle biblioteche appartenenti a istituzioni ecclesiastiche, a fondazioni e a enti di diritto pubblico o privato. La pubblicità è un attributo indivisibile L’approccio funzionale proposto da Concetti ci avvicina alla vita concreta della biblioteca pubblica nella società, ma lascia il campo aperto a dubbi e a interrogativi. A una soluzione ci indirizza la sua conclusione un po' sibillina, secondo cui il carattere pubblico si identifica con l’essere stesso della biblioteca, così come è presente nell’immaginario collettivo, da quello estemporaneo del giornalaio della stazione di Firenze a quello di Rilke che legge, medita e scrive nella Bibliothèque Nationale di Parigi e ci lascia una delle più belle pagine sulla biblioteca pubblica. Affermare che la pubblicità è un attributo indivisibile della biblioteca pubblica significa appunto sostenere con decisione che essa attua in pieno e totalmente la sua specifica vocazione al servizio delle più intime esigenze dell’animo e della mente dell’uomo in ognuno dei centomila servizi in cui è frammentata l’azione bibliotecaria e bibliografica. Per fondare su solide basi la pubblicità della biblioteca, Serrai ha fatto ricorso a un assioma etico: a quello secondo cui tutti gli uomini hanno il medesimo diritto a “coltivarsi e a progredire intellettualmente”. La biblioteca pubblica è chiamata ad apprestare gli strumenti bibliografici necessari a soddisfare questa esigenza fondamentale. Serrai individua poi nell’eclissarsi di questo imperativo etico una delle ragioni fondamentali della frammentazione e dello svilimento delle biblioteche, ridotte a non vedere nulla al di là delle tecniche catalografiche e dei limiti contingenti, imposti dalla specializzazione delle raccolte librarie. La coscienza del proprio impegno civico e morale spinge invece la biblioteca a rivolgersi anche alla generalità dei suoi potenziali utenti. Non vi è dubbio che tutto ciò sposta l’azione della biblioteca pubblica verso una dimensione non tanto contingente e fattuale, quanto piuttosto ideologica e intellettuale, portando così a compimento le finalità specifiche della funzione del libro nella società. Questa dimensione non può essere ignorata se vogliamo comprendere appieno non solo il ruolo che la biblioteca svolge nel nostro moderno villaggio globale, ma anche se vogliamo renderci maggiormente coscienti dell’impegno e della militanza biblioteconomica di molti bibliotecari di ieri e oggi: di quanti hanno fatto dell’uso comune della biblioteca lo scopo del loro impegno al servizio degli uomini e del loro sapere. Le funzioni biblioteconomiche 5 L’azione della biblioteca pubblica trova la sua piena attuazione negli infiniti servizi che realizza per rispondere, nel migliore dei modi, alle molteplici e mutevoli esigenze dei lettori e degli studiosi. È da queste esigenze che conviene partire per comprendere la concreta articolazione di questi servizi all’interno della biblioteca. Le richieste del pubblico possono essere riunite in tre grandi gruppi. Tradizionalmente essi, infatti, si presentano per soddisfare un bisogno di lettura, o per assolvere a una necessità di studio, o infine, per rispondere a specifiche esigenze di ricerca. Lettura, studio e ricerca possono essere considerati i tre nuclei principali di aggregazione degli interessi di quanti si rivolgono ai servizi delle biblioteche pubbliche; a queste esigenze di base possiamo corrispondere tre diverse funzioni biblioteconomiche di lettura, di studio e di ricerca. Accanto al bisogno di lettura dobbiamo ricordare anche quello, non meno basilare e fondamentale, di informazione, all’origine di una nuova funzione, insieme biblioteconomica e bibliografica, attuata in molte biblioteche, soprattutto universitarie. A questa funzione informativa sono infatti da connettere i servizi di reference che stanno prendendo sempre più spazio nella gestione delle biblioteche. Si parla di biblioteca di pubblica lettura, di biblioteche di studio e di ricerca. Si tratta comunque in ogni caso di biblioteche pubbliche, dal momento che in esse si attuano le due condizioni fondanti dell’accesso libero e della disponibilità delle raccolte e delle informazioni. Anche la più specializzata delle biblioteche resta sempre e pienamente una biblioteca pubblica nella misura in cui non pone limitazioni al libero accesso alle sue raccolte che non siano quelle della competenza degli utenti, della tutela dei patrimoni librari e della piena valorizzazione delle proprie risorse bibliografiche, documentarie e informative. L’uso pubblico delle biblioteche La biblioteca pubblica articola mi servizi in funzione delle esigenze dei cittadini e apre i propri patrimoni all’uso pubblico. Nella prima metà del Seicento, un gesuita ha scritto che il primo scopo delle biblioteche che si vanno erigendo è la pubblica utilità. Egli si riferisce a un pubblico elitario ed erudito, tuttavia ci offre una forte e non sospetta testimonianza del profondo legame che unisce la biblioteca alla utilità pubblica, considerata uno dei fini generali della società che si attua nell’uso da parte di tutti dei suoi servizi e dei suoi patrimoni. L’uso pubblico costituisce quindi l’obiettivo immediato al quale tendono i servizi attivati presso le biblioteche pubbliche, tanto che si stabilisce una certa complementarità tra i servizi di una biblioteca fisiologicamente sana e l’uso che ne fanno i cittadini. I servizi di biblioteca e l’uso pubblico costituiscono infatti le due facce di un’unica realtà, vista rispettivamente dalla parte dei bibliotecari o da quella dei lettori e degli studiosi. L’offerta di servizi e della biblioteca e le esigenze di studio, lettura e informazione dei cittadini raggiungono un punto ottimale di equilibrio quando tra le funzioni biblioteconomiche e l’uso si stabilisce una sorta di relazione speculare, per cui la biblioteca ripropone nei suoi patrimoni e nei suoi servizi i lineamenti e la fisionomia culturale della comunità in cui vive, non solo nella sua attuale configurazione, ma anche nelle sue potenzialità di crescita. Per questo è possibile applicare con profitto all’uso pubblico della biblioteca le grandi partizioni che abbiamo incontrato a proposito delle sue funzioni biblioteconomiche. L’uso pubblico delle biblioteche presenta modalità, procedure e consuetudini diverse tra di loro a seconda che si riferisca a biblioteche di pubblica lettura o a biblioteche di studio e di ricerca. Dall’uso comune dei libri all’uso pubblico È noto che nelle città europee del secondo Medioevo, la vita economica e sociale aveva cominciato a divenire sempre più intensa e complessa. I libri, che nelle biblioteche monastiche erano riservati all’uso comune dei monaci, ora, nelle città del 300 e del 400 erano ancora quasi sempre conservati in biblioteche ecclesiastiche di ancora quasi sempre conservati in biblioteche ecclesiastiche. I loro libri non erano più riservati all’uso comune dei soli religiosi, ma aperti all’uso comune di tutti i cittadini, soprattutto di quelli che intendessero portare frutti duraturi negli studi. Si distinsero i libri in due gruppi a seconda del tipo di uso che ne dovevano fare i lettori. Alcuni vennero incatenati ai plutei per impedire che fossero portati via e per fare in modo che rimanessero sempre disponibili alla consultazione in loro da parte di chiunque. Incatenare i libri era una testimonianza di grande civiltà: garantiva a suo modo l’accesso a chiunque e in qualsiasi momento. Altri libri, non fissati, rimanevano disponibili alla circolazione solo nelle celle del convento ma anche al di fuori di esso, dovunque ne facessero richiesta studiosi ed eruditi per leggerli o per trarre delle copie. La biblioteca non è mai stata concepita come una cittadella di libri arroccata in sé stessa e lontana dagli uomini. Anche le concezioni maggiormente elitarie ed esclusive concepivano la biblioteca come una istituzione al servizio della repubblica utilità. Anzi è proprio a partire da questa pubblica utilità che Clement giunse a sostenere la necessità di escludere dalla biblioteca e di bruciare libri considerati nocivi alla salute delle menti e delle anime degli uomini: rei di essere trasformati da medicina dell’anima in veleno. Negli stessi anni in cui Clement auspicava roghi di libri in nome della pubblica utilità, il parigino Naudé gettava le basi della moderna biblioteconomia mettendo al centro di ogni sua 6 considerazione la natura pubblica del servizio di biblioteca. Le considerazioni e le scelte biblioteconomiche che propone ai lettori trovano sempre la loro unica ed esaustiva giustificazione nell’esigenza di innalzare non una libreria privata ma una biblioteca da aprire all’uso pubblico. Sul tema specifico dei libri da mettere in una biblioteca osserva che qualora si voglia aprire una libreria per sé stessi e per pochi amici, allora possono esservi collocati solo i libri che si ritiene opportuno; qualora la si voglia aprire al pubblico, allora ciascun lettore deve essere messo nella condizione di trovarvi tutto ciò che cerca, senza limitazioni. Mentre Clement per giustificare il passaggio dalla utilità pubblica ai roghi dei libri ricorreva all’esempio di una città ben governata in cui vi erano i roghi e le carceri; Naudé prese a modello la stessa natura creata da Dio in cui si incontrano, tra gli altri animali, anche i serpenti e le vipere col loro veleno. Il principio secondo cui la biblioteca deve essere orientata all’uso pubblico è il medesimo, ma i criteri biblioteconomici sull’acquisizione e sull’ordinamento delle raccolte che Naudé e Clement ne deducono sono agli antipodi. Per loro tramite è possibile capire quanto le posizioni preconcette e ideologiche possano influenzare le scelte biblioteconomiche. Le biblioteche pubbliche in Italia È opinione comunemente accettata che sia compito della pubblica amministrazione farsi carico delle condizioni di sviluppo e di benessere in cui devono prosperare le diverse istituzioni che si pongono direttamente al servizio dei cittadini. Tra queste istituzioni bi è certamente la biblioteca pubblica. In Europa, lungo i secoli del Medioevo, le biblioteche rimasero quasi unicamente all’interno delle istituzioni ecclesiastiche. In seguito le autorità statali cominciarono a mostrare un forte interesse per l’istruzione dei loro sudditi, non solo con il potenziamento delle scuole e delle università, ma anche con l’apertura di biblioteche nelle città principali dei loro domini. Erano biblioteche orientate allo studio e alla ricerca scientifica ed erudita. In alcuni casi erano nate e cresciute attorno all’antico nucleo della libreria di corte, oppure erano sorte e avevano incrementato le loro raccolte grazie all’incameramento dei libri di corporazioni ecclesiastiche e di conventi soppressi. In generale le nuove acquisizioni furono quasi sempre sorrette da una politica culturale di grande respiro in cui i libri e le possibilità di lettura non costituivano un diritto dei cittadini ma una concessione sovrana. Nella seconda metà dell’800 lo stato italiano divenne l’erede di tutte le biblioteche che erano appartenute ai governi degli stati preunitari. Si trovò quindi a gestire una gran quantità di biblioteche distribuite sul territorio nazionale in modo diseguale. Il loro numero e le loro funzioni erano unicamente determinati da scelte di politica bibliotecaria operate nei secoli precedenti. Questa eredità ha gravato sull’intera struttura delle biblioteche pubbliche statali; questa pesantezza però non ha impedito alle biblioteche di svolgere un ruolo di capitale importanza nella storia delle biblioteche e della biblioteconomia italiana dopo l’unificazione fino agli anni 80 del secolo scorso. In Italia si è spesso caduti nell’equivoco di confondere e a volte di identificare le biblioteche pubbliche con quelle statali: “pubbliche” non solo perché aperte all’uso pubblico ma anche perché appartenenti all’amministrazione pubblica. Sono state aperte all’uso pubblico di tutta la comunità cittadina, presentano le caratteristiche fondamentali della generalità, della gratuità e della contemporaneità, rispettano le due condizioni speculari dell’accesso e della disponibilità, e sono ormai avviate verso un promettente futuro accanto alle più attempate e tradizionali biblioteche di studio e ricerca. 3. LA BIBLIOTECA COME ISTITUZIONE DELLO STATO La biblioteca come istituzione della pace Le istituzioni hanno spesso vita lunga. Realizzate dagli uomini per rispondere in modo organico e non occasionale a particolari esigenze dettate dalle necessità quotidiane, dalla convivenza civile o dai bisogni immediati e contingenti. A volte, invece, hanno una vita effimera; la loro esistenza non si prolunga oltre i desideri e le speranze di quanti le hanno poste in vita. Tra queste ultime istituzioni vi è certamente anche la biblioteca che Cassiodoro aveva aperto nel monastero di Vivarium nei pressi di Squillace (Calabria), quando il mondo antico era ormai al tramonto e gli uomini si volgevano con sempre maggior insistenza al Cristianesimo. La guerra gotico-bizantina si era ormai conclusa e delle antiche istituzioni scolastiche era rimasto ben poco in vita. Generazione dopo generazione il livello di istruzione si era progressivamente abbassato. Cassiodoro nelle Institutiones dice di aver composto la sua opera e organizzato la biblioteca del monastero, per portare a compimento un desiderio: offrire ai cristiani la possibilità di avere in Italia una scuola e una biblioteca come quelle che avevano in Alessandria d’Egitto. Poiché questo antico progetto era fallito e causa delle violente guerre scoppiate in Italia, aveva ora pensato di comporre le Institutiones affinché svolgessero una 7 sull’organizzazione e sul funzionamento delle biblioteche pubbliche. L’istituto pubblicò e diffuse nel 1979 la prima raccolta di Regole italiane di catalogazione per autori (RICA) estese all’intero territorio nazionale. Nel 2009 l’istituto curò una revisione completa delle regole di catalogazione con la pubblicazione delle nuove Regole italiane di catalogazione (REICAT); infatti esse non interessano più solamente i cataloghi per autori di singole biblioteche ma possono essere applicate a cataloghi collettivi o generali di singole biblioteche o di reti di biblioteche. L’Istituto Centrale per il Catalogo Unico (ICCU) si fece promotore in Italia anche della diffusione della descrizione bibliografica. Inoltre, si impegnò nella diffusione di norme comuni nella catalogazione di fondi speciali, come quelli musicali, e svolse le funzioni di agenzia bibliografica nazionale in tutti i processi di informatizzazione delle biblioteche centrali di Roma e di Firenze, ma anche con altre biblioteche e istituti. Per non ripetere gli errori del Primo catalogo collettivo, l’attenzione fu rivolta a particolari settori del patrimonio librario nazionale. Nel 1976 fu avviato un censimento delle edizioni italiane del 500, la collaborazione degli enti locali, delle regioni e delle università è stata notevole e sono stati pubblicati a partire dal 1985 fino al 1996 i primi quattro volumi a stampa, dalla lettera A alla lettera C. L’impresa di maggior impegno alla quale l’ICCU si è dedicato con compiti di progettazione, di indirizzo e di coordinamento, è l’attuazione del Servizio bibliotecario nazionale (SBN). Il progetto è aperto alla collaborazione autonoma e attiva non solo delle biblioteche statali ma di tutte quelle che desiderano aderirvi. Un primo protocollo di intesa tra lo stato e le regioni sul modo di far progredire e portare a conclusione la sperimentazione di SBN sul territorio nazionale fu siglato nel maggio del 1984; un nuovo protocollo di intesa riguarda anche il Ministero dell’università e della ricerca scientifica, fu sottoscritto il 10 marzo 1994 per favorire la cooperazione nella gestione e nello sviluppo di SBN. Da allora, quest’ultimo ha esteso la propria azione anche alla catalogazione del libro antico; inoltre, si è aperto alla collaborazione con biblioteche gestite con software diversi dai propri. Lo scopo di SBN non è solo quello di razionalizzare il lavoro catalografico e organizzativo dei bibliotecari, ma soprattutto quello di rendere più efficaci e più vicini alle esigenze dei lettori i servizi di biblioteca sul territorio nazionale, ricorrendo alle tecnologie informatiche, sia all’interno delle singole biblioteche, sia nella cooperazione tra più biblioteche, operanti a livello locale su un unico elaboratore o collegate in rete a livello nazionale con l’elaboratore centrale. Il progetto è diventato operativo solo dopo aver superato numerose difficoltà. Il SBN ha adottato soluzioni più flessibili e integrate, sia estendendo il proprio raggio di intervento al libro antico, alla conservazione e alla digitalizzazione, aprendosi all'esterno e collegandosi alle altre iniziative dello stesso tipo sorte fuori dal suo ambito. Il Ministero della cultura si avvale anche nel suo operato dell’attività di organi consultivi come il Consiglio superiore per i beni culturali e paesaggistici e i Comitati tecnico- scientifici (es. Comitato tecnico-scientifico per i beni librari e gli istituti culturali). L’attività del Ministero si è articolata sull’intero territorio nazionale grazie ai suoi organi periferici, cioè sia alle Soprintendenze archivistiche e bibliografiche, che provvedono alla tutela dei patrimoni librari presenti nelle loro rispettive aree di competenza. L’ordinamento delle biblioteche pubbliche statali L’ordinamento delle biblioteche pubbliche statali per circa tre decenni è stato definito secondo le norme del Regolamento organico; il regolamento precedente aveva resistito per sessant’anni, con solo alcune modifiche marginali nel 1909 e nel 1918. Il Nuovo Regolamento recante norme sulle biblioteche pubbliche statali è stato approvato nel 1995 e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale. La struttura delle biblioteche statali italiane è formata da due biblioteche nazionali centrali, con sede rispettivamente a Roma e a Firenze. Quella di Roma fu istituita nel 1875 con i fondi di numerose biblioteche ecclesiastiche incamerate dallo stato e riunite nel palazzo del Collegio Romano con la libreria dei Gesuiti. Quella di Firenze nacque subito dopo l’unificazione della biblioteca Magliabechiana con la Biblioteca Palatina dei granduchi. Nel 1935 fu inaugurata la nuova sede in riva all’Arno, che la inondò con l’impeto delle acque e del fango nel 1966. Le due biblioteche nazionali centrali hanno il compito di raccogliere, conservare e rendere disponibile all’uso pubblico tutto quanto si pubblica in Italia. Per questo ciascuna di esse usufruisce di una delle copie che la legge impone agli editori di consegnare allo stato come deposito legale per il diritto di stampa. Hanno, inoltre, il compito di documentare quanto si pubblica all’estero riguardo all’Italia, per quanto possibile anche la stessa produzione straniera. Per questo, a Roma viene redatto il Bollettino delle opere moderne straniere (BOMS) che registra le monografie acquisite dalle biblioteche pubbliche statali, mentre a Firenze si pubblica la Bibliografia Nazionale Italiana (BNI), che registra le pubblicazioni edite in Italia e ricevute dalla Biblioteca Nazionale di Firenze come previsto dalle Norme relative al deposito legale dei documenti di interesse culturale destinati all’uso pubblico. Ogni editore e ogni produttore di qualsivoglia tipologia di documenti destinati alla fruizione pubblica è infatti tenuto a consegnare quattro copie di essi come deposito legale alle autorità per costituire l’archivio nazionale e regionale della produzione editoriale e per allestire i servizi bibliografici necessari a disseminarne le informazioni e a facilitarne l’accesso a tutti i cittadini. Per questo la prima e la seconda copia vanno alle due biblioteche nazionali centrali di Roma 10 e Firenze, la terza va alla biblioteca principale del capoluogo della provincia in cui viene prodotta, mentre la quarta va a costituire l’archivio regionale. Accanto alle due biblioteche Nazionali Centrali vi sono altre sette biblioteche nazionali che hanno il compito di testimoniare con i loro patrimoni storici la ricca e molteplice tradizione bibliografica italiana e di incrementare e rappresentare la cultura della regione. Esse si trovano a Torino, Milano, Venezia, Napoli, Bari, Potenza e Cosenza. Al gruppo di queste biblioteche va aggiunta la biblioteca di Palermo che è passata sotto l’amministrazione della regione Sicilia. Dipendono direttamente dal Ministero della cultura anche le 11 biblioteche universitarie sorte prima dell’unificazione e un tempo appartenenti agli Stati preunitari. Da tempo si discute della possibilità di ricongiungere le biblioteche universitarie italiane con le loro rispettive amministrazioni universitarie. Più di due secoli fa si era anche prevista una loro eventuale dipendenza, non più dal Ministero della cultura, ma dalle rispettive università. Le biblioteche pubbliche statali, quindi non universitarie, sono nel Regolamento del 1995 elencate sotto il nome delle regioni in cui sorgono. È certamente un primo e importante passo verso il superamento di quella dicotomia propria della tradizione bibliotecaria italiana che ha sempre visto prevalere la dicotomia tra biblioteche statali e non statali. È evidente che dal momento in cui le biblioteche statali equiparabili alle biblioteche civiche sono pronte a svolgere i loro compiti in cooperazione con altre biblioteche e istituzioni, al fine di realizzare un servizio bibliotecario ingrato, perde molto peso la loro appartenenza all’amministrazione statale, poiché ciò che conta non è tanto la gestione da parte dello Stato, quanto piuttosto il servizio che offrono ai cittadini per le loro attività di ricerca, studio e lettura. Negli ultimi decenni, però, le biblioteche sono percepite come parte dell’intero panorama italiano dei beni culturali, nel cui ambito svolgono le funzioni specifiche di lettura, studio e ricerca, ma anche di diffusione delle informazioni e delle conoscenze. Inoltre, la tutela e la valorizzazione dell’ingente patrimonio librario conservato nelle nostre biblioteche pongono spesso problemi non dissimili da quelli affrontati per beni archivistici, artistici, architettonici e archeologici: un primo tentativo di risposta organica a tutte queste esigenze è venuto dal Codice dei beni culturali e del paesaggio, ed è stato confermato da provvedimenti degli anni seguenti. L’attività al Centro per il libro e la lettura ha il compito di promuovere la diffusione della lettura con iniziative nazionali in grado di sostenere l’intera filiera del libro italiano dalla produzione alla sua commercializzazione anche all’estero. Le biblioteche delle università e delle istituzioni scolastiche Le biblioteche statali elencate nel nuovo regolamento sono solo quelle che dipendono direttamente del Ministero della cultura. All’inizio avevano lo scopo di servire le attività di documentazione e di ricerca degli organismi presso i quali erano sorte; col tempo sono diventate notevolmente consistenti per patrimoni librari e per la qualificazione scientifica delle raccolte da essere messe a disposizione non solo degli uffici interni ma anche di professionisti e di studiosi estranei all’amministrazione. Tra tutte le biblioteche della pubblica amministrazione meritano una particolare attenzione le biblioteche delle università. Esse possiedono ormai una parte cospicua del patrimonio librario italiano e hanno talmente qualificato i loro servizi, con l’ausilio delle nuove tecnologie elettroniche e telematiche, da costituire un rinnovamento delle biblioteche italiane. Tra Settecento e Ottocento le uniche biblioteche al servizio degli studi universitarie che oggi dipendono dal Ministero della cultura. Aveva già preso piede fin da allora l’usanza di allestire raccolte librarie separate presso gli osservatori astronomici e presso altri istituti che avevano bisogno di libri per la normale e quotidiana attività di studio e ricerca, senza dover gravare sempre sulla biblioteca universitaria. In Italia si ebbero due tipi di Biblioteche al servizio degli studi universitari: - Le biblioteche universitarie, propriamente dette, che oggi dipendono dal ministero della cultura. - Le biblioteche delle università che appartengono all’amministrazione universitaria e fanno riferimento al Ministero dell’università e della ricerca. Questa distinzione sembrava destinata a cadere qualora tutte le università avessero chiesto il trasferimento sotto la propria amministrazione, ma non accadde nulla. Si deve infatti tenere presente che le attuali biblioteche universitarie sono dotate di cospicui patrimoni antichi, rari e di pregio; va da sé che per una loro corretta gestione le università, oberate dalle necessità di rispondere alla crescente domanda di studio da parte di studenti e docenti, si dovrebbero dotare di personale e strutture adeguate a gestire questa particolare tipologia di patrimoni non solo per i propri dipendenti ma anche per un pubblico indifferenziato. Più complesso e tortuoso è stato il cammino dele biblioteche italiane finalizzate espressamente allo studio scolastico. Per molti anni non si è potuto parlare in Italia di una struttura organizzata di biblioteche scolastiche, poiché sono mancati libri, bibliotecari, locali e ogni forma di iniziative e di coordinamento sia presso il Ministero della pubblica istruzione, sia presso gli uffici scolastici regionali. All’inefficienza dell’amministrazione pubblica ha supplito per anni la buona volontà di presidi, insegnanti e bibliotecari. In anni recenti si va diffondendo negli ambienti scolastici la convinzione che la scuola primaria non deve solo insegnare la meccanica 11 della lettura, ma anche l’abitudine ad essa, e che la scuola secondaria non deve considerare i libri della biblioteca un semplice complemento dei testi scolastici, ma strumenti essenziali del processo educativo. Un settore pubblico in cui le biblioteche hanno conosciuto una notevole crescita negli ultimi decenni è quello delle carceri. Le biblioteche carcerarie erano già previste dall’articolo 12 della legge sull’ordinamento penitenziario del 1975. Grazie all’impegno delle autorità carcerarie, alle iniziative di associazioni bibliotecarie e alla collaborazione delle biblioteche pubbliche si è riscontrato un forte incremento delle attività di lettura, come l’esercizio di libertà e di crescita civile. 4. LA BIBLIOTECA COME ISTITUZIONE DELLA COMUNITA’ Le biblioteche tra comunità nazionale e autonomie locali La parola comunità ha avuto un successo straordinario in questi ultimi decenni. Si parla abitualmente di comunità mondiale e nazionale per sottolineare le istituzioni e i valori propri della convivenza civile. Anche la parola “nazione” portava in sé un diretto riferimento ai convincimenti e ai valori civili e sociali che erano stati alla base delle lotte per la libertà e l’indipendenza dei popoli e che avrebbero dovuto tradursi nelle istituzioni dei nuovi stati democratici. Furono così chiamate “nazionali” alcune biblioteche che prima erano dette “palatine”, poiché da proprietà del sovrano che le custodiva nel suo lontano palazzo erano divenute istituzioni pubbliche della nuova comunità di cittadini. Ben presto il termine di nazione attenuò il proprio riferimento alla comunità dei cittadini per privilegiare il riferimento all’intera compagine statale. L’aggettivo “nazionale” era ormai riservato esclusivamente alle istituzioni centrali o che potevano in qualche modo riconnettersi ai valori e alla tradizione storica dell’intera nazione. Col passare degli anni e dei decenni le biblioteche pubbliche nazionali, e anche tutte quelle gestite dallo Stato, furono sentite più come l’emanazione di un apparato statale e burocratico che come espressione dell’intera comunità dei cittadini. I direttori delle biblioteche parevano propensi a staccarsi per guardare alle disposizioni sovrane che provenivano da Roma. Dovendo dirigere biblioteche appesantite da fondi librari antichi e di pregio, erano portati a interessarsi più del glorioso passato che delle contingenti e meno affascinanti esigenze di studio, di lettura e informazione dei lettori contemporanei. Questo era il modello che l’amministrazione centrale delle biblioteche statali offriva alle numerose biblioteche civili e comunali sorte per iniziativa locale nelle principali città italiane tra le esigenze locali di studio e di lettura dei cittadini e la necessità di custodire e conservare patrimoni bibliografici provenienti da donazioni di privati o fondi ecclesiastici. Le biblioteche civiche al servizio dei cittadini Fino agli anni Cinquanta del secolo scorso le biblioteche italiane che dipendevano dai comuni, dalle province, da enti o da fondazioni con finalità pubbliche, erano in tutto circa trecento di cui quelle realmente attive e funzionanti non erano più dei due terzi. Elemento comune a tutte queste biblioteche era proprio lo stretto legame con la città in cui sorgevano. La loro vocazione era quella di assolvere alle funzioni di base della biblioteconomia, rispondendo alle esigenze che provenivano dalla comunità cittadina: apprestavano gli strumenti per la ricerca erudita locale, offrivano i testi e i sussidi librari fondamentali per gli studenti e per quanti miravano a un continuo aggiornamento scientifico e culturale. Le biblioteche appartenenti a questa categoria si possono a buon diritto chiamare “civiche”. Per fare chiarezza, potremmo dividere in tre grandi raggruppamenti, in relazione sia ai loro patrimoni librari, sia alla grandezza delle città da loro servite: - Le grandi biblioteche civiche - Le biblioteche delle città divenute in seguito capoluoghi di provincia - Le biblioteche di centri “minori” Le biblioteche civiche non sorsero solo nelle città principali, ma anche in centri minori, a volte con meno di ventimila abitati. In alcuni di questi centri non ebbero vita effimera o stentata ma riuscirono a stabilire un vincolo inscindibile tra le loro raccolte librarie e la vita passata e presente della comunità in cui divennero vivaci fermenti di promozione culturale. Le date di fondazione della maggior parte delle biblioteche civiche sorte nelle città italiane nel corso degli ultimi duecento anni si infittiscono in tre momenti particolari: età napoleonica, primi decenni dopo l’unificazione e nel corso degli anni Trenta del secolo scorso. A essi corrispondono tre momenti di vita particolarmente intensa per le città italiane, alla ricerca di un nuovo rapporto tra i cittadini e le loro istituzioni. Le biblioteche popolari e le biblioteche per tutti 12 centri polivalenti in cui la biblioteca non era altro che una delle tante voci. Invece che di bibliotecari si preferiva parlare di operatori culturali ai quali era affidata una grande varietà di compiti, dai servizi audiovisivi ai cineforum e alla programmazione teatrale. Le disposizioni legislative sulle biblioteche emanate dalle regioni nei loro primi anni di attività riflettevano la tendenza a vedere le biblioteche nel quadro generale dei beni e dei servizi culturali. Col passare del tempo emerse sempre più la specificità propria dell’organizzazione e del funzionamento delle biblioteche pubbliche, dei loro compiti e dei loro servizi. A queste nuove esigenze, risposero le leggi regionali della seconda generazione che misero in evidenza la particolare natura del servizio librario. Nel corso degli anni Novanta si è assistito a un notevole allargamento nella società dell’interesse per i servizi informativi, in cui le biblioteche hanno spesso giocato un ruolo di raccordo tra diverse iniziative sorte in ambito cittadino, aprendosi così ai giovani, alle donne, alle diverse categorie professionali, insomma a tutti coloro che desideravano divenire partecipi e protagonisti della vita culturale e sociale della comunità Le biblioteche, i sistemi bibliotecari e le autonomie locali La cooperazione e la collaborazione tra le biblioteche è uno dei settori in cui hanno avuto un ampio campo d’azione le disposizioni legislative regionali sulle biblioteche. Si riteneva che l’aggregazione di più biblioteche potesse rendere più qualificati e più razionali i servizi librari e informativi sul territorio. Già le Soprintendenze bibliografiche avevano favorito l’aggregazione di biblioteche in sistemi; erano già state sperimentate forme consortili tra più comuni di aree omogenee per gestire i servizi di biblioteca, come nel caso del Consorzio provinciale di Bologna. L’estensione geografica dei consorzi corrispondeva in genere a quella dei comprensori, raggruppati intorno a un centro che vantava una popolazione tra i venti e i cinquantamila abitanti. Subito dopo l’attivazione delle regioni si attribuiva molta importanza a questi comprensori come anello di congiunzione più leggero e più efficace tra l’attività dei comuni e il coordinamento regionale. I consorzi bibliotecari furono in genere previsti e potenziati nel corso degli anni Settanta, ma furono sempre ben lontani dal distribuirsi in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. Anche in aree in cui vi erano condizioni ottimali per la loro nascita, furono spesso preferite forme di aggregazione diverse, con la creazione dei sistemi bibliotecari. A privilegiare la dimensione territoriale provinciale non contribuirono solo fattori istituzionali, ma anche l’esigenza di avvalersi di un coordinamento tecnico e professionale preparato di fronte alle scelte imposte dalla qualificazione dei servizi e dall’adozione di nuove e sempre più sofisticate strumentazioni informatiche. Strumentazioni e servizi che richiedevano anche un impegno economico e finanziario tale da apparire spesso giustificato solamente a livello provinciale, soprattutto dal momento in cui divenne di capitale importanza l’allacciamento in rete di tutte le biblioteche del territorio. Inoltre, si riteneva più opportuno ad accordare tra di loro due diverse esigenze: - battere risolutamente la strada dell’evoluzione tecnologica - salvaguardare il principio della gestione sociale delle biblioteche e del loro funzionamento all’esclusivo della comunità, evitando che fossero completamente assorbite da un tecnicismo astratto e lontano dalle effettive esigenze di studio, di lettura e di informazione dei cittadini. Il quadro istituzionale entro cui operavano le biblioteche pubbliche territoriali cambiò considerevolmente agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso. Oltre a una maggiore chiarezza sulle funzioni e sui compiti delle province, dei comuni e delle nuove aree metropolitane nell’organizzazione dei servizi pubblici e nell’attuazione di forme di collaborazione, la legge stabiliva che i comuni e le province potevano gestire questi servizi in economia, a mezzo di istituzione o attraverso società per azioni a prevalente capitale pubblico. Si continuò a preferire la gestione diretta in economia, anche se in alcuni casi si optò per la gestione a mezzo di istituzione, attuata in ambito comunale per le biblioteche di un solo comune, oppure in ambito provinciale per i sistemi bibliotecari e informativi territoriali di tipo intercomunale. Altrove si sperimentarono nuove forme consortili che sembravano consentire interventi operativi di maggiore efficacia. Dopo la pubblicazione di nuove leggi sui compiti e sulle funzioni attribuite alle province e ai comuni fu emanato il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, che mette in ordine tra i numerosi provvedimenti legislativi riguardanti l’azione degli enti locali. In esso si prevedono le istituzioni, le aziende speciali, anche consortili e le società a capitale pubblico che hanno avuto e hanno tanta importanza nella gestione coordinata e integrata delle biblioteche sul territorio. 5. LA BIBLIOTECA COME ISTITUZIONE DELLA COMUNICAZIONE E DELLA MEMORIA Le due dimensioni della biblioteca 15 La biblioteca pubblica è l’istituzione che ha il compito di rendere sociale l’uso del libro. La contemporaneità della biblioteca richiede che essa sia pronta a offrire a tutti i suoi potenziali frequentatori i libri e le informazioni bibliografiche di cui essi hanno bisogno. Le due dimensioni sono: - Orizzontale : si ha nel momento in cui la biblioteca non è interessata né al passato né al futuro; agisce quindi nella dimensione del presente e dell’attualità contemporanea, estesa nello spazio ma limitata nel tempo. - Verticale : si ha nel momento in cui allarga a dismisura l’uso sociale del libro dai lettori reali o potenziali del momento presente a tutti i potenziali dei tempi futuri. La biblioteca si propone quindi come strumento della memoria e della trasmissione dei libri e del loro sapere, da una generazione all’altra. La dimensione orizzontale: comunicare nello spazio Le singole biblioteche sono chiamate a rispondere in modo vario e diversificato alle molteplici esigenze delle comunità in cui sono attive, acquisendo i patrimoni librari e approntando i servizi in funzione delle concrete esigenze di fruizione libraria e di informazione che in esse si manifestano o che potrebbero manifestarsi. Inoltre, possono essere classificate in base alla funzione biblioteconomica prevalentemente svolta. Si hanno così biblioteche di pubblica lettura, di studio e di ricerca che nel loro insieme rispondono alla loro comune vocazione di biblioteche pubbliche. Anche biblioteche speciali o specializzate possono essere considerate biblioteche pubbliche nella misura in cui mettono a disposizione della comunità i loro patrimoni specializzati come quelli sulla lettura italiana dell’Otto e Novecento della biblioteca di Casa Carducci di Bologna; oppure i loro servizi speciali, come la documentazione sulle arti figurative presente nella biblioteca dell’Archivio storico delle arti contemporanee della Biennale di Venezia. Resta però a tutti evidente che quando parliamo di dimensione orizzontale della biblioteca pubblica ci riferiamo soprattutto alle biblioteche che per loro specifica vocazione si rivolgono a tutti gli individui di una comunità e mettono i patrimoni e i propri servizi a loro disposizione senza limitazioni o preclusioni di nessun tipo e si impegnano ad accrescerli e a migliorarli. La disseminazione delle biblioteche sul territorio è l’esito più appariscente della piena attuazione della dimensione orizzontale della biblioteca pubblica. Lo spazio è infatti fisicamente segnato dalla loro presenza, tanto che si potrebbe parlare di una sorta di geografia delle biblioteche e prospettare una loro razionale distribuzione nello spazio. Idea che forse non era assente neppure in quanti ne hanno disegnato la mappa nel Regolamento delle biblioteche statali del 1995, quando hanno preferito elencarlo sotto il nome delle regioni, quasi a voler affermare il principio di una loro omogenea distribuzione geografica che raggiungesse tutti i cittadini. Dalla fine del secolo scorso altre due innovazioni concorrono a potenziare la capacità di comunicazione delle biblioteche. In primo luogo, assistiamo al diffondersi di ben più complessi e articolati sistemi di biblioteche, che tendono a coprire l’intera nazione; in secondo luogo il processo di informatizzazione delle biblioteche e dei loro servizi non si è limitato a portare a una crescita esponenziale le occasioni di incontro tra biblioteca e cittadini, ma ha cambiato il modo di concepire le biblioteche e il loro modo di essere presenti sul territorio. La dimensione verticale: trasmettere nel tempo I patrimoni librari che ci giungono dal passato costituiscono la stratificazione della memoria del tempo, e la biblioteca diviene una delle istituzioni della nostra memoria collettiva. La conservazione dei libri del passato costituisce dunque uno dei compiti primari della biblioteca pubblica. Sono due le operazioni in cui si esplica l’azione di conservazione: - Mantenere in buona salute e disponibili all’uso pubblico i libri del passato - Salvare dalla totale dispersione le pubblicazioni contemporanee perché possano entrare a far parte del patrimonio bibliografico della comunità. Non dobbiamo ritenere che il compito di trasmettere libri alle generazioni future debba rimanere circoscritto e quasi delegato alle biblioteche che possiedono fondi antichi. Anche le più recenti e le più piccole delle biblioteche di pubblica lettura entrano in questo processo di trasmissione nel momento in cui conservano le testimonianze di civiltà e di lettura della comunità in cui operano. Un dovere hanno quelle nazioni nelle cui biblioteche una ricca tradizione culturale ha ammassato libri e testimonianze di civiltà che appartengono a tutta l’umanità. Mentre le biblioteche pubbliche si fanno invece carico della conservazione, della tutela e della valorizzazione dei libri antichi ereditati dal passato soprattutto alcune grandi biblioteche pubbliche, non solo statali ma anche civiche, ecclesiastiche o appartenenti a istituzioni pubbliche e private; tutte quelle che oggi possiedono fondi antichi e che comunemente denominiamo biblioteche storiche. In Italia sono moltissime. In loro aiuto furono aperte, fin dai primi decessi del secolo scorso, le Soprintendenze bibliografiche. Inoltre, per rendere più efficace l’azione di queste biblioteche sorse, 16 con compiti di studio, sperimentazione e insegnamento, l’Istituto centrale per la patologia del libro. Questo ricco patrimonio deve essere valorizzato, reso noto attraverso i cataloghi e messo a disposizione della comunità. Oggi la digitalizzazione dei cataloghi e dei testi offrono un aiuto importante alla salvaguardia e alla conoscenza del nostro patrimonio librario antico. La descrizione del nostro intero patrimonio bibliografico antico secondo moderni criteri catalografici resta un problema ancora aperto. Per salvare dalla totale dispersione i libri che ogni giorno si stampano e per metterli a disposizione di oggi e domani, in molte nazioni è stato affidato il compito di conservare almeno un esemplare di ogni pubblicazione uscita all’interno dei propri confini. In Italia il deposito legale degli esemplari di ogni libro stampato è stato regolato da una legge del 1939, emanata con lo scopo di controllare e censurare. Fu modificata nel 1945 per consentire l’uso dei libri ai cittadini e garantirne la conservazione per le generazioni future. Una nuova legge era pronta per essere approvata entro il 1995, ma non se ne fece nulla. Si giunge all’attuale legge 15 aprile 2004 che detta le norme relative al deposito legale dei documenti di interesse culturale destinati all’uso pubblico. La legge stabilisce che sono oggetto di deposito legale i documenti destinati all’uso pubblico e fruibili mediante la lettura, l’ascolto e la visione, qualunque sia il loro processo tecnico di produzione, di edizione o di diffusione. Le finalità del deposito legale sono di natura strettamente bibliografica e non censoria, mirando alla raccolta e alla conservazione dei documenti, alla disponibilità delle pubblicazioni e alla documentazione della produzione editoriale nazionale e regionale. Il soggetto obbligato in prima persona al deposito è l’editore, ovvero il primo responsabile della pubblicazione. In linea di massima si sancisce il deposito di quattro copie: - Due per l’archivio nazionale, per ciascuna delle due biblioteche centrali di Roma e Firenze - Due per l’archivio regionale, una copia per la biblioteca principale del capoluogo di provincia, l’altra per la biblioteca individuata come principale della regione in cui ha sede la casa editrice. I libri in biblioteca tra conservazione e uso Le due dimensioni dell’attività bibliotecaria costituiscono i due poli attorno ai quali si strutturano i servizi di ogni biblioteca: al prevalere dell’uno o dell’altro avremo biblioteche di conservazione o biblioteche d’uso. La distinzione tra i libri destinati alla conservazione e quelli destinati all’uso è fondamentale nella vita di una biblioteca. Ogni biblioteca ha infatti una sua particolare vocazione, alla luce della quale è molto diverso il destino riservato ai libri a essa affidati. Non fa certamente un favore ai suoi lettori il bibliotecario che non si interroga sufficientemente sulla fisionomia e sulla vocazione della propria biblioteca, cioè sulla sua mission, per far sì che ogni libro segua il suo destino nel migliore dei modi: i libri d’uso più largo siano facilmente accessibili, mentre quelli da conservare siano tenuti nelle condizioni ambientali e climatiche più adatte. Alcuni libri danno i loro frutti migliori quando sono usati il più possibile, diventando poi obsoleti e inutili; altri hanno bisogno per più tempo sugli scaffali, hanno una circolazione più lenta ma arrivano anch’essi al loro capolinea; altri libri, infine, consultati molto raramente da una ristretta cerchia di lettori, continuano a essere richiesti da pochi ed esclusivi cultori anche a distanza di anni. Ciascuno di questi libri deve avere il suo giusto posto: spetta al bibliotecario saperlo trovare. I patrimoni librari e il pubblico dei lettori Ranganathan ha espresso in sintesi il reciproco rapporto che lega in biblioteca il libro al lettore in quelle che egli chiama la seconda e la terza legge della biblioteconomia. Esse recitano rispettivamente: “a ogni lettore il suo libro” e “a ogni libro il suo lettore”. Su questi due assiomi fonda poi ogni considerazione sia sulla necessità che la biblioteca pubblica debba prendere in considerazione ogni tipo di lettore. Alcuni secoli prima di lui, Naudé aveva invece poggiato la reciproca relazione tra i patrimoni librari e il pubblico su un percorso pedagogico che mirava all’educazione della mente umana. Egli si poneva il problema del cammino dell’uomo per giungere al sapere e alla conoscenza. La biblioteca era il luogo in cui si apprestavano gli strumenti per favorire questo itinerario della mente. Il bibliotecario deve avere un grandissimo rispetto della mente del lettore, offrendo le più ampie possibilità di scelta e di ricerca. Quello che conta è il piccolo e fragile segmento di itinerario che a ciascuno è consentito di compiere verso di essa. Tutte le attività della biblioteca tendono a favorire l’incontro dei libri con i lettori di oggi e con quelli delle generazioni a venire. Vi è tuttavia un settore che si pone specificatamente questo fine: i cataloghi e le bibliografie mirano a far sì che ogni lettore possa ottenere le informazioni che cerca e avere tra le mani il libro di cui ha bisogno. Questo ruolo di mediazione nelle biblioteche tradizionali è fisicamente simboleggiato dai pesanti cataloghi a schede che fino a poco tempo fa il lettore incontrava appena entrava in biblioteca. Le nuove tecnologie informatiche e telematiche hanno cambiato profondamente i modi e le procedure della mediazione catalografica, o della mediazione tout court, offerto dalla biblioteca. Nel momento in cui si attua nella sua piena funzionalità la cosiddetta biblioteca digitale i confini tra le 17 possano accedervi liberamente. Le raccolte, i servizi, le procedure e gli strumenti che la biblioteca mette a disposizione devono essere pensati per ridurre al minimo il tempo che i lettori devono essere pensati per poter cercare, individuare, selezionare e ottenere i libri che sono loro necessari. La quinta legge → la biblioteca è un organismo che cresce, nel suo insieme deve essere considerata in modo dinamico. Ogni sua componente deve crescere e svilupparsi secondo il criterio di contemporaneità. Secondo Ranganathan solo un organismo che cresce sopravvive, acquisisce materia nuova e si libera della materia vecchia, cambiando dimensioni e assumendo nuovi modelli e forme, generando un lento ma continuo mutamento che ne determina l’evoluzione. La biblioteca cresce e si evolve anche nelle modalità e negli strumenti adottati per metterle a disposizione nei servizi che attiva, adeguandosi all’evoluzione della stessa società. Funzioni e servizi della biblioteca Esistono diversi tipi di biblioteche: le biblioteche di pubblica lettura che hanno il compito di diffondere la cultura di base, le grandi biblioteche statali che svolgono principalmente una funzione di conservazione, le biblioteche delle università che sostengono la ricerca scientifica, le biblioteche specializzate che sono a supporto degli interessi degli enti o delle associazioni di cui fanno parte le biblioteche scolastiche che hanno il compito di promuovere la lettura nei giovani e di sostenere la didattica applicando strategie di alfabetizzazione informativa. Ci sono biblioteche che garantiscono la trasmissione del sapere da una generazione all’altra, con una funzione quindi di conservazione del patrimonio intellettuale: fanno parte di questa tipologia le biblioteche nazionali centrali, le biblioteche nazionali, le biblioteche statali, le biblioteche universitarie sorte prima del 1860 e tutte le biblioteche che si pongono come finché quello di conservare il sapere. Altre biblioteche garantiscono la trasmissione del sapere all’interno della stessa generazione, con una funzione di diffusione delle idee della conoscenza che ha un esito finale esattamente contrario a quello delle biblioteche di conservazione, vale a dire la distruzione del libro, ovvero la sua consunzione per l’uso intenso che ne viene fatto. Fanno parte di questa tipologia le biblioteche di pubblica lettura, ne fanno parte le biblioteche di pubblica lettura, dell’università, quelle specializzate di enti di ricerca o di grosse imprese. In ognuno di questi casi la biblioteca ha comunque il compito di esercitare una mediazione tra la conoscenza che risiede nei libri e il bisogno di conoscenza proprio del lettore. Ogni tipo di biblioteca svolge una sua particolare funzione legata al tipo di pubblico che a essa si rivolge: è inevitabile quindi che ogni tipo di biblioteca si configuri in modo mirato, organizzi il proprio lavoro e sviluppi i propri servizi in funzione degli obiettivi che vuole raggiungere. Ad esempio, la biblioteca pubblica di lettura svilupperà maggiormente il servizio di prestito dei libri, accrescerà il proprio patrimonio considerando un settore specifico di letteratura per ragazzi. In una biblioteca di conservazione prevarranno i grandi magazzini librari, le sale riservate per la consultazione di manoscritti e libri rari, i servizi di riproduzione digitale, fotografica e di lettura dei microfile, accompagnati dall’organizzazione di eventi e mostre. Per illustrare come è fatta una biblioteca e come funziona bisogna prescindere dalle sue funzioni particolari ed esaminare un modello non specifico di biblioteca, considerando la possibile organizzazione dei vari servizi. Innanzitutto, è necessario chiarire che una biblioteca non è solo un contenitore di libri e non possiede solo libri, ma diversi tipi di materiali che hanno tutti uno stesso denominatore: registrano e quindi trasmettono idee, conoscenza, sapere e distribuiscono informazione. I diversi supporti su cui sono registrate le informazioni e la conoscenza costituiscono i materiali che concorrono a formare il patrimonio di una biblioteca. Spesso questi materiali vengono definiti con il termine generico di “risorsa” o “documento”. I tipi di documento che costituiscono il patrimonio di una biblioteca sono diversi e ognuno di essi va trattato secondo regole e procedure precise. Il lettore in una biblioteca può trovare informazioni e conoscenza registrate in forma di libri, pubblicazioni periodiche, testi registrati su supporto magnetico o ottico leggibili con il computer, audiocassette, DVD, videocassette, ecc. I settori della biblioteca Una biblioteca è uno spazio organizzato, che si divide in due grandi aree, l’area riservata ai “servizi interni”, in genere sconosciuti al lettore e l’area destinata ai “servizi al pubblico”, dove la biblioteca esprime la propria potenzialità e si confronta con le necessità del lettore. I servizi al pubblico sono a loro volta organizzati su tre livelli: 1. Accesso e informazioni 2. Messa a disposizione di strumenti e servizi, grazie ai quali il lettore ottiene ciò di cui ha bisogno 3. Costituito dai depositi, la biblioteca organizza e rende disponibile il proprio patrimonio. Accesso e informazioni 20 L’entrata della biblioteca deve essere disposta in modo da consentire a tutte le persone di prendere contatto con il punto che offre le informazioni sulle modalità di accesso e sui servizi. Per agevolare il primo impatto del lettore con la biblioteca, la zona di entrata deve essere arredata con appositi espositori nei quali vengono messi a disposizione dépliant informativi che illustrano il funzionamento dei servizi attivati, gli eventuali costi, gli orari in cui questi sono disponibili, una pianta della biblioteca con la localizzazione di sale, cataloghi e punti nei quali vengono forniti i servizi. Molto utili sono anche delle bacheche nelle quali vengono esposti gli avvisi attraverso i quali la biblioteca dialoga con i lettori, dando notizia di avvenimenti culturali, interruzioni o modifiche dei servizi e ogni altra informazione che possa risultare utile al pubblico. Attrezzare un punto dal quale personale preparato possa dare informazioni ai lettori è molto importante; infatti, quello sarà il primo impatto con la biblioteca da cui il lettore deve poter ottenere tutte le informazioni che lo mettano in grado di utilizzarla, muovendosi con cognizione tra i servizi e le inevitabili procedure che ne regolano il funzionamento. Purtroppo, spesso, questo ruolo viene sottovalutato e l’assistenza viene svolta da personale non sufficientemente preparato, che non riesce a considerare il lettore come un cliente alla ricerca di informazioni e risorse. Strumenti e servizi La funzione di mediazione propria della biblioteca viene realizzata attraverso l’organizzazione di servizi e la predisposizione di strumenti che agevolano il lettore nel suo lavoro di ricerca. Gli strumenti che la biblioteca mette a disposizione per consentire al lettore di capire, cercare e trovare ciò di cui ha bisogno sono le bibliografie e i cataloghi. Le bibliografie sono elenchi di libri; possono essere organizzate per argomento o per disciplina. Questi strumenti sono necessari al lettore per chiarirsi le idee, cioè per sapere cosa è stato pubblicato sull’argomento che lo interessa e consentirgli di cercarlo nei cataloghi della biblioteca o incaricare questa di procurarglielo. I cataloghi, invece, sono il cuore della biblioteca; senza questi strumenti l’intera raccolta libraria sarebbe inutilizzabile. Un catalogo di tipo tradizionale era costituito da un insieme di schede cartacee di formato standard, raccolte e ordinate secondo criteri omogenei in uno schedario; ogni scheda rappresentava un libro o un’altra unità materiale posseduto dalla biblioteca e forniva le indicazioni per poterlo recuperare negli scaffali o nei magazzini. In questo tipo di catalogo troviamo al centro la descrizione del libro che riporta gli elementi essenziali per la sua identificazione: titolo, nome e cognome degli autori e di quant’altri abbiamo una qualche responsabilità intellettuale rispetto all’opera, l’edizione, luogo di pubblicazione, editore, anno di pubblicazione; di seguito viene indicato il numero di pagine di cui è composto e quali sono le sue dimensioni, infine il titolo della collana (se il libro ne fa parte) e la numerazione interna a quest’ultima. In alto a sinistra troviamo gli accessi, che possono essere costituiti dal cognome e nome dell’autore individuato e trascritto secondo regole precise, oppure dal soggetto. Gli accessi servono al bibliotecario per ordinare le schede nei diversi cataloghi della biblioteca e quindi al lettore per recuperare la notizia bibliografica. In alto a destra della scheda viene riportata la segnatura di collocazione; ovvero l’indirizzo del libro descritto e serve per recuperarlo negli scaffali della biblioteca. In basso a desta, infine, si trova il numero di ingresso, che viene assegnato al libro nel momento in cui entra a far parte del patrimonio della biblioteca; ha solo un valore amministrativo e non è necessario al lettore per la richiesta del libro. Cataloghi cartacei Sono oggi raramente utilizzati dalle biblioteche, quasi del tutto sostituiti dal catalogo elettronico; possiamo tuttavia trovarli in funzione nelle biblioteche che non hanno ancora completato il trasferimento delle notizie bibliografiche dal supporto cartaceo a quello elettronico, come ad esempio le grandi biblioteche storiche. Tuttavia, benché la quali totalità delle biblioteche abbia informatizzato le procedure di funzionamento, e fra queste anche il catalogo, si ritiene utile rappresentare il modo in cui le biblioteche organizzavano le informazioni bibliografiche con questo tipo di strumenti, sia perché il lettore potrebbe incontrare uno dei casi sopra descritti sia perché ci permette di comprendere il processo di transizione verso le attuali modalità di funzionamento dei cataloghi elettronici a cui oggi siamo abituati. La biblioteca ha l’obbligo di mettere a disposizione almeno un catalogo alfabetico per autori nel quale vengono ordinate le schede che hanno come accesso gli autori, siano essi persone o enti. Per ogni libro viene inserita nel catalogo una scheda per ciascun autore, curatore o altro tipo di responsabilità intellettuale. Questo catalogo, in sostanza, informa su quali opere di un dato autore sono possedute dalla biblioteca e in quale edizione: è il tipo di catalogo a cui si rivolgerà il lettore per cercare un libro di cui conosca autore e titolo. Una biblioteca può mettere a disposizione anche altri tipi di catalogo. Ad esempio, il catalogo alfabetico per soggetti che ordina le notizie bibliografiche secondo l’accesso per soggetto, cioè una parola o un insieme strutturato di termini che esprimono l’argomento specifico trattato nel libro, con il risultato che il lettore trovata una di seguito all’altra le schede di libri che trattano lo stesso argomento; può quindi utilizzarlo per conoscere cosa la biblioteca possiede sul tema della sua 21 ricerca. Abbiamo a disposizione anche il catalogo sistematico per materia (o classificato) che ordina le schede per materie secondo un accesso costituito da un numero che le rappresenta; in questo catalogo i numeri di classificazione raggruppano le schede per disciplina e per settori interni alla disciplina stessa. Altro esempio, il catalogo dizionario che associa le schede con accessi sia per autore che per soggetto in un unico ordine alfabetico, con il vantaggio di poter recuperare sia le opere scritte da quell’autore, sia le opere che parlano di lui, Malgrado la sua utilità, la complessità di gestione ha molto limitato la diffusione di questo catalogo. Il catalogo elettronico Il passaggio dal catalogo cartaceo a schede al catalogo elettronico è stato relativamente lento. Il sistema, pensato per il censimento, poteva essere facilmente utilizzato anche dalle grandi compagnie, ferroviarie o manifatturiere di tutto il mondo per la gestione amministrativa. Il primo esperimento documentato di utilizzo in ambito bibliotecario risale al 1936, quando Parker implementa un semplice sistema di automazione del servizio di prestito utilizzando le schede perforate, nelle quali il lettore scriveva a penna i propri dati e quelli del libro richiesto, mentre l’operatore perforava nella scheda la sola data di restituzione, il tutto gestito con un set di macchine tabulatrici IBM. Lo stesso Parker avanza per la prima volta, nel 1938, l’ipotesi di utilizzare un sistema a schede perforate per codificare e gestire le informazioni bibliografiche e le operazioni sui cataloghi di biblioteca. Il sistema consisteva nel codificare nella scheda perforata il soggetto, ossia l’argomento di cui trattava il libro o l’articolo catalogato, la cui sintetica descrizione appariva scritta come testo in chiaro nella parte superiore della scheda: una unità automatica di ricerca selezionava le schede in base all’argomento e una fotocamera ultrarapida fotografava le righe di descrizione e trasferiva la bibliografia su pellicola, pronta per essere tagliata in spezzoni, montata e usata per la stampa photo offset. Il grande vantaggio di questo metodo era rappresentato dalla possibilità di stampare relativamente a basso costo il catalogo, realizzando più copie da distribuire in vari punti della biblioteca e ad altre biblioteche, di poterlo aggiornare più frequentemente con le notizie delle nuove acquisizioni e di poter ordinare assieme, le notizie bibliografiche di più biblioteche. Il principale svantaggio riguardava la loro immediata obsolescenza: già al momento della stampa il catalogo era superato e ciò rendeva necessario programmare la stampa di volumi di aggiornamento, obsoleti a loro volta non appena stampati. Questo fu anche il metodo adottato nel 1963 dal progetto ONLUP, elaborato e condotto dalla biblioteca della University of Toronto, incaricata di creare, organizzare e rendere operative 5 collezioni librarie di base, costituite ognuna da 35.000 volumi. Il gruppo di lavoro valutò il metodo di creazione e manutenzione dei cataloghi a schede cartacee allora in uso. Per questo progetto si ritenne necessario identificare nella scheda perforata tutti gli elementi informativi che rappresentavano la pubblicazione. Nello stesso periodo anche la Library of Congress di Washington avviò un processo di automazione delle procedure di funzionamento della biblioteca. Fu con due studi che la biblioteca affrontò in modo sistematico l’analisi e la definizione delle procedure richieste per automatizzare la catalogazione, la ricerca delle informazioni, l’indicizzazione e le funzioni di recupero dei documenti. I risultati dei due studi furono il tema di una conferenza, le cui conclusioni possono essere riassunte nei seguenti punti: 1. La disponibilità di registrazioni catalografiche leggibili dalle macchine, ossia dai calcolatori, sarebbe stata estremamente utile alle biblioteche dotate di sistemi automatizzati. 2. Le registrazioni leggibili delle macchine avrebbero dovuto includere anche informazioni aggiuntive, in modo che le registrazioni potessero essere utilizzate per molteplici scopi. 3. Un largo accordo della comunità bibliotecaria sugli elementi che dovevano essere inclusi nel record bibliografico sarebbe stato probabilmente il mezzo migliore per raggiungere la standardizzazione del formato. Il progetto pilota per lo sviluppo del formato MARC (Machine-Readable Cataloging), delle procedute e dei programmi per la conversione delle informazioni bibliografiche dalla scheda cartacea al nuovo formato, per la manutenzione dei file e la distribuzione dei record MARC, iniziò nel 1966, coinvolgendo 16 biblioteche e si concluse nel 1968 con il rilascio del formato MARC II. In un catalogo elettronico è quindi il record bibliografico l’unità di base della catalogazione: rappresenta ciò che era la scheda cartacea, ne accoglie tutti gli elementi che descrivono la pubblicazione e quelli di accesso che ne permettono la ricerca e il reperimento. Ad esempio, gli elementi di accesso come i nomi degli autori e le loro forme varianti, i soggetti che esprimono l’argomento trattato nel libro o nella risorsa catalogata, ecc. In un catalogo elettronico, queste informazioni vengono tutte registrate nel record e il sistema elettronico le registra ciascuna in appositi file (indici) organizzati alfabeticamente, ognuno dei quali rappresenta quello che era uno specifico catalogo cartaceo; ciò consente al lettore che utilizza il catalogo elettronico di pubblico accesso (OPAC), di poter effettuare la ricerca su uno o più indici contemporaneamente. Dal momento in cui il lettore è stato 22 1. Collezioni e risorse informative : costituite da un’ampia gamma di risorse in formati accessibili alle persone con deficit o differenze, ad esempio audiolibri, libri senza parole, libri a lettura facilitata. La biblioteca deve poi dotarsi di strumenti per trasformare le risorse possedute in formati accessibili, ad esempio adottando servizi gratuiti per le persone RoboBraille. 2. Servizi e comunicazione : la biblioteca deve rendere pubblico il proprio impegno e le soluzioni adottate per le persone con deficit o differenze e indicare le procedure da seguire per poter utilizzare i servizi; tutti gli strumenti informativi, sito e catalogo elettronico devono essere realizzati in conformità alle linee guida per l’accessibilità; deve attivare un servizio di consegna a domicilio delle risorse per le persone che non possono recarci in biblioteca. 3. Ambiente fisico (barriere, spazio e attrezzatura) : l’edificio e gli spazi interni della biblioteca devono essere privi di barriere che impediscono l’accesso e l’utilizzo di spazi, servizi e risorse, ad esempio, le toilette dovrebbero essere predisposte per poter accogliere qualsiasi persona; la segnaletica dovrebbe essere pensata e realizzata con linguaggi e soluzioni diversificate e il bancone dovrebbe essere accessibile o sostituito da punti informativi e di servizio distribuiti nelle diverse zone della biblioteca 4. Marketing : la biblioteca deve far conoscere a tutti la qualità dei servizi e le condizioni di accessibilità adottate, avviando e mantenendo una campagna informativa, organizzando mostre ed eventi, che sensibilizzino il pubblico e comunichino quanto la biblioteca sta facendo per incontrare i bisogni di qualsiasi persona. 5. Partnership : tutte le scelte e le soluzioni che la biblioteca intende adottare devono essere prese in collaborazione con le associazioni che rappresentano le persone con diversi tipi di deficit e con la consulenza di disability manager esperti, ad esempio, il CERPA (Centro Europeo di Ricerca e Promozione dell’Accessibilità) o il CDH (Centro di Documentazione Handicap). 6. Formazione : il personale molto spesso non è in grado di riconoscere e interagire correttamente con i lettori che hanno dei deficit o delle differenze, è fondamentale che la biblioteca formi periodicamente il proprio personale in tal senso, come anche nella gestione e nell’utilizzo delle tecnologie assistive disponibili. 7. Programmi ed eventi : gli eventi organizzati in biblioteca dovrebbero essere aperti a tutti, creando le condizioni perché possano partecipare tutti. Per ogni evento sarebbe opportuno dotare la scena di un sistema che permetta di seguire quanto accade anche alle persone con deficit uditivi, adottando schermi o pannelli nei quali scorra il testo per mezzo di un sistema di trascrizione automatica o semiautomatica, oppure ricorrendo a una persona che traduca nella lingua dei segni. 7. ORGANIZZAZIONE DELLA BIBLIOTECA E CRESCITA DELLE RACCOLTE Organizzazione del lavoro in biblioteca Ogni servizio e ogni strumento che la biblioteca mette a disposizione dei lettori è realizzato grazie all’attività svolta dal personale della biblioteca stessa, il cui lavoro è organizzato in una serie di procedure e mansioni spesso non evidenti o non direttamente rilevabili dal lettore. Il punto di partenza è costituito dalla produzione libraria presente sul mercato, ancora priva di organizzazione, di informazioni e di strumenti per il suo recupero. I servizi interni di una biblioteca sono organizzati in settori di attività specifiche e distinte che devono operare in stretta collaborazione per il raggiungimento dei fini che la biblioteca si è posta. L’esistenza di numerose attività che gestiscono risorse, informazioni e materiali per il raggiungimento di un fine comune porta a definire la biblioteca come un sistema. A seconda delle dimensioni della biblioteca ognuna di queste attività può costituire un settore distinto con personale incaricato di seguire le procedure che gli sono proprie, oppure diversa attività possono essere da una sola persona nei casi di biblioteche molto piccole, le cosiddette one person libraries. Indicazione massima su come la biblioteca le proprie attività può essere la seguente: - Selezione e acquisizione dei libri: è il settore che ha la responsabilità sulla scelta delle nuove acquisizioni e perseguendo le finalità che la biblioteca si è posta. Considera le proposte d’acquisto fatte dai lettori, analizza la composizione e le necessità di lettura della comunità a cui si rivolge, esamina i cataloghi degli editori, prende visione delle novità editoriali, valuta la compatibilità di eventuali donazioni con gli scopi e con il tipo di pubblico della biblioteca e seleziona i fornitori ed effettua gli ordini. - Settore amministrativo: il settore amministrativo avvia le procedure per il pagamento delle fatture, compila il registro cronologico di entrata, assegna al libro un numero di ingresso e lo contrassegna con il timbro della 25 biblioteca. Spesso nelle biblioteche il registro cronologico di entrata viene fatto coincidere con l’inventario dei beni mobili. A questo punto il libro diventa a tutti gli effetti parte del patrimonio della biblioteca e viene avviato al settore catalogazione. - Catalogazione: questo settore è responsabile della catalogazione dei libri e quindi della creazione e del mantenimento dei cataloghi di cui la biblioteca dispone. Crea le registrazioni bibliografiche necessarie secondo le norme e le regole vigenti in Italia: REICAT per la descrizione del libro sulla base di quanto previsto dallo standard ISBD e per la definizione degli accessi di tipo formale che consentono al lettore di recuperare nel catalogo la notizia della presenta del libro in biblioteca. Infine, assegna la segnatura di collocazione, ovvero l’indicazione del posto occupato dal libro a scaffale, ovvero l’indirizzo che consente di recuperare un libro specifico nel deposito. - Gestione periodici: cataloga i periodici, riceve i fascicoli correnti e ne controlla il regolare arrivo inoltrando solleciti ai fornitori se necessario; sovrintende alla rilegatura delle annate quando sono complete e tiene aggiornati gli schedoni amministrativi che sono la memoria della consistenza delle collezioni periodiche possedute dalla biblioteca, nei quali vengono registrati i fascicoli pervenuti ed evidenziati quelli mancanti. La funzione degli schedoni amministrativi, in origine su supporto cartaceo, oggi viene quasi sempre svolta utilizzando una specifica procedura del catalogo elettronico. - Gestione magazzini e prestito: supervisione dei depositi librari e gestisce il servizio di prestito esterno della biblioteca. In sostanza questo settore ha la responsabilità della presenza del libro in biblioteca: dopo che il libro ha subito tutto il processo preparatorio passa a questo settore, che studia la disposizione dei libri e gli spostamenti necessari; inoltre, può informare il lettore e rispondere alla direzione sulla disponibilità del libro in biblioteca e consentire le prenotazioni per libri già in prestito. - Reference: è responsabile del servizio di informazione bibliografica e documentaria: dà informazioni sull’uso dei cataloghi di cui dispone la biblioteca, indirizza i lettori all’utilizzo dei repertori bibliografici, fornisce supporto per il recupero di notizie bibliografiche, notizie su persone, avvenimenti o altro che siano necessarie allo studio. Si occupa inoltre di concretizzare le informazioni bibliografiche ottenute dai repertori utilizzati, siano essi tradizionali, oppure di tipo informatizzato. In funzione del recupero di notizie e informazioni, il sistema di reference può gestire anche fondi particolari come le pubblicazioni ufficiali. - Libri rari: amministra le collezioni speciali di manoscritti, libri antichi, rari o di pregio e i relativi servizi offerti al pubblico. Manoscritti e libri rari o di pregio sono spesso presenti non solo nelle grandi biblioteche storiche, ma anche in biblioteche piccole e non adeguate alla loro conservazione. La biblioteca deve garantire a questi patrimoni librari condizioni ambientali e climatiche ottimali per prevenire alterazioni fisiche e biologiche, e deve provvedere al restauro quando si siano manifestate patologie e danni. - Direzione: coordina la pianificazione dei progetti di sviluppo e di funzionamento corrente della biblioteca e la supervisione di tutti i settori di attività della biblioteca, si occupa anche di questioni di carattere amministrativo e finanziario per il buon andamento dell’intera struttura. Un libro non entra per caso in biblioteca La biblioteca deve considerare se le sale di lettura sono confortevoli, se è necessario acquistare sedie e tavoli per i lettori, oppure se c’è bisogno di nuovi scaffali, o se le fotocopiatrici del servizio di fotoriproduzione richiedono manutenzione. Devo valutare quanto denaro è necessario per l’acquisto e la manutenzione dei computer e del software di gestione della biblioteca, per le etichette da applicare al dorso dei libri e per i sistemi magnetici che li proteggono dai furti, per le spese di segreteria, cancelleria, rilegatura, ecc. Normalmente, una biblioteca accresce il proprio patrimonio librario acquistando i materiali presso librai, ordinando direttamente presso gli editori, o utilizzando concessionarie o grosse organizzazioni che distribuiscono opere pubblicate da più case editrici sia nazionali che straniere. Un modo particolare di acquisizione libraria che riguarda poche e particolari biblioteche è il diritto di stampa; per salvaguardare e conservare l’intera produzione libraria italiana, ogni editore deve consegnare quattro copie dei libri pubblicati. Queste modalità di deposito sono state definite dalla legge che identifica e descrive nel dettaglio le caratteristiche di documenti destinati al deposito legale – comprendendo anche i documenti diffusi su supporto informatico e quelli diffusi tramite rete informatica. Al successivo Regolamento attuativo è stato affidato il compito di individuare il numero delle copie da depositare e gli istituti in cui dovranno essere conservate, oltre alle due Biblioteche nazionali; i casi di esonero e gli speciali criteri e modalità di deposito che dovranno essere adottati per garantire la documentazione e la conservazione dell’enorme quantità di documenti prodotti e diffusi su supporto elettronico e pubblicati in Rete. La BNCF cataloga tutti i documenti ricevuti per diritto di stampa e pubblica la 26 Bibliografia nazionale italiana (BNI) che costituisce il repertorio ufficiale delle pubblicazioni italiane. La crescita delle collezioni di una biblioteca non è un fatto banale, ma deve essere programmata in modo organico ed equilibrato. La biblioteca pubblica di un piccolo paese, ad esempio, con un pubblico di lettori che prediligono principalmente la letteratura, impegnata o di evasione, e di ragazzi delle scuole medie che cercano strumenti per poter effettuare ricerche adeguate al loro livello scolastico, con opere di carattere generale, testi di narrativa, poesia e saggistica. Al contrario una grande biblioteca di conservazione cercherà di acquisire grandi collezioni che altre biblioteche con minori mezzi non possono permettersi, cercherà di procurare per i propri lettori la maggiore produzione scientifica nazionale e mondiale, inseguirà libri rari o di pregio che hanno bisogno di restauro e di un trattamento adeguato. Nelle biblioteche delle università la scelta delle nuove acquisizioni viene fatta per la maggior parte su segnalazione di docenti e ricercatori per supportare la ricerca e la didattica concepiti in una prospettiva di Sistema Bibliotecario di Ateneo. La biblioteca ha uno strumento molto importante per sondare le preferenze dei lettori e orientare la propria politica delle acquisizioni potendo cogliere anche le minime variazioni di interesse nel pubblico. Anche l’analisi della comunità di riferimento è molto utile per definire le caratteristiche e gli interessi del pubblico, per questo tipo di indagine, la biblioteca può avvalersi dei dati provenienti dall’anagrafe del comune in cui opera, trattandoli con dei software incrociandoli poi con i dati relativi agli utenti iscritti e confrontandoli con i prestiti effettuati e le tematiche trattate dai libri prestati. Acquisti È necessario che la biblioteca acquisti con accortezza tenendo in debito conto la propria funzione e le esigenze del suo pubblico. Per questi motivi le persone che hanno l’incarico di decidere gli acquisti devono avere una capacità culturale che le mette in grado di vagliare le segnalazioni dei lettori. Le attività di selezione e acquisizione hanno lo scopo di individuare e ottenere il materiale necessario a incrementare il patrimonio secondo le linee di crescita che la biblioteca stessa si è data. Il settore che si occupa della selezione e dell’acquisizione del materiale deve lavorare in stretta collaborazione con i settori con quelli che lo catalogano e con chi ha la gestione dei fondi per poter operare rispettando la copertura finanziaria degli acquisti. Scelti i nuovi libri necessari alla crescita coerente delle collezioni, è necessario verificare che questi non siano già posseduti dalla biblioteca, o se sia necessario acquisirne una seconda copia; vanno quindi controllati attentamente i cataloghi e gli ordini di libri già inviati dalla biblioteca e non ancora evasi. Lo staff dovrà poi scegliere con attenzione il fornitore a cui è più conveniente inviare l’ordine, considerando sia la rapidità di consegna sia il vantaggio economico delle condizioni di fornitura praticate: eventuali sconti sul prezzo di copertina, entità delle spese di spedizione, il tipo di cambio applicato sulla valuta straniera nel caso di libri provenienti dall’estero. Per evitare il più possibile errori di fornitura, l’ordine verrà trasmesso al fornitore con una breve descrizione bibliografica che identifichi il più esattamente possibile il libro che la biblioteca vuole acquistare. Un aiuto in questo senso viene dall’ISBN, un numero che di solito appare nella quarta di copertina e nel verso del frontespizio, ed è formato da dieci cifre organizzate in quattro gruppi. A partire dal 2007 il codice ISBN è composto da tredici cifre. Se l’ISBN è riportato correttamente sul catalogo dei libri in commercio oppure sulla segnalazione editoriale, può essere utilizzate per effettuare gli ordini con precisione, sia da solo, sia accompagnato alla breve descrizione bibliografica per eliminare eventuali dubbi di interpretazione o errori di trascrizione. Quando il libro arriva, il personale che si occupa delle acquisizioni deve confrontare tutti gli elementi bibliografici con quelli che a suo tempo sono stati inseriti nell’ordine, e rilevare ogni minima incongruenza al fine di stabilire che quello è proprio il libro che la biblioteca ha richiesto; deve controllare che il libro sia correttamente riportato nella fattura al prezzo che è stato pattuito con il fornitore; una attenta analisi del libro deve evidenziare se questo è danneggiato, incompleto o con la paginazione dei fascicoli invertita. Se il libro è corrispondente all’ordine, è integro, e la fattura è corretta e approvata per il pagamento, libro e fattura possono essere inviati al settore amministrativo per la presa in carico. Approval plan Un particolare metodo di acquisizione libraria che può essere considerato dalle biblioteche e in particolare dai sistemi bibliotecari è l’Approval plan. Molto utilizzato nelle biblioteche statunitensi a partire dagli anni Sessanta del Novecento, questo metodo si sta lentamente diffondendo anche in Europa e nel nostro paese. L’Approval plan può anche declinarsi in sfumature diverse, ad esempio: il fornitore può inviare preventivamente alla biblioteca le descrizioni bibliografiche delle pubblicazioni che ritiene che siano in linea con il suo profilo di sviluppo, anche 27 informatiche e telematiche ha favorito lo sviluppo di progetti di catalogazione partecipata e derivata, con lo scopo di ridurre la moltiplicazione delle procedure di catalogazione dello stesso documento da parte delle biblioteche che lo possiedono e per disporre di notizie bibliografiche di migliore qualità e in special modo se derivate da istituzioni autorevoli, o con queste condivise. Per lo stesso motivo la biblioteca ha cercato di limitare la duplicazione delle registrazioni, bibliografiche e gestionali promuovendola realizzazione e l'utilizzo di software integrati in questo software la notizia bibliografica è creata e registrata nel sistema una sola volta dalla prima procedura che ne ha la necessità è utilizzata in modo condiviso dalle altre procedure per le parti necessarie al loro specifico funzionamento. La diminuzione costante a livello mondiale e di finanziamenti a favore delle biblioteche e la continua crescita della produzione editoriale hanno determinato la ricerca di una semplificazione del processo di catalogazione e una naturale tendenza a contenere il dettaglio e l'estensione della descrizione e a cercare di definire un livello minimo delle informazioni necessarie per costituire un record bibliografico utile al lettore. questi argomenti vennero discussi al seminario sui record bibliografici tenuti a Stoccolma nel 1990 dove venne riconosciuto il disagio economico che affligge le biblioteche e la inderogabile necessità di intervenire per ridurre i costi e semplificare la catalogazione. Si comprese l'importanza di privilegiare il punto di vista di chi utilizza i record bibliografici e di studiare quali caratteristiche dovesse avere questo tipo di record per poter rappresentare diversi tipi di materiali, essere condiviso e soddisfare le esigenze di numerosi attori che gravitano nel circuito librario come editori, librai, produttori di basi dati bibliografiche e altro. Vengono avviati dei lavori di un gruppo di studio specifico con il compito di delineare le funzioni svolte da un record bibliografico rispetto ai vari mezzi di comunicazione, le varie applicazioni e i vari bisogni dell'utente con lo scopo di individuare quali siano gli utenti che di fatto utilizzano la notizia bibliografica all'interno del circuito librario, quali requisiti che un record bibliografico deve avere e quali tipi di informazioni deve poter gestire per rispondere alle esigenze di questi utenti. Il rapporto conclusivo fu approvato nel 1997 è sottoposta a continue revisioni fino ad arrivare nel febbraio del 2009 alla versione corrente. Lo studio inizia col considerare tutti i materiali che possono essere rappresentati in un record bibliografico, i diversi supporti su cui possono essere registrati, i formati nei quali possono essere presentati e le possibili modalità di registrazione delle informazioni. I partecipanti al gruppo di studio stabiliscono poi che i dati contenuti nel record bibliografico devono essere utili alle necessità di un'ampia gamma di utenti come i lettori, gli studenti, i ricercatori, il personale di biblioteca, gli editori, i distributori, i venditori al dettaglio e così via e devono poter essere utilizzati da applicazioni specifiche. lo studio stabilisce che i record devono servire ai possibili utenti per trovare informazioni sui materiali che stanno cercando, per identificare un documento, ossia per capire se il documento trovato sia proprio quello cercato, per selezionare il documento adeguato ai propri bisogni e infine per ottenere l'accesso al documento selezionato. lo studio si propone quindi disegnare un modello concettuale di record bibliografico che risponde alle diverse esigenze delineate e applica una tecnica di analisi basata sulle entità e sulle relazioni fra le entità, che viene normalmente utilizzata nello sviluppo di sistemi di basi dati relazionali il gruppo di studio decide di avviare l'analisi procedendo dal punto di vista dell'utente ed identificare innanzitutto cosa cerca e si aspetta di trovare in un record bibliografico nel corso di una ricerca. Le 10 entità Dieci sono gli oggetti interessanti per un possibile lettore che lo studio individua e riesce a isolare dai diversi contesti, e che costituiscono le entità da considerare nella progettazione e costruzione del modello di record bibliografico. Le entità individuate riguardano i prodotti e i soggetti dell’attività artistica o intellettuale, alla produzione, alla diffusione e alla tutela di questi prodotti. Entità di interesse primario dell’attività artistica o intellettuale Le entità di interesse primario per gli utenti di record bibliografici relative ai prodotti sono: 1) L’opera, ossia la creazione artistica o intellettuale, così come è concepita nella mente dell’autore prima di essere espressa. 2) L’espressione, che realizza e rende percettibile un’opera; esempio di espressione: il manoscritto di Ventimila leghe sotto i mari di Berto Minozzi. 3) La manifestazione, ovvero la realizzazione fisica dell’espressione di un’opera, la materializzazione fisica dell’espressione di un supporto, che può essere cartaceo, elettronico, una tela, un nastro, costituita dall’insieme degli “oggetti fisici che hanno le stesse caratteristiche sia rispetto al contenuto intellettuale sia alla forma fisica” 30 4) Il documento, ovvero l’esemplare, la copia, uno degli oggetti fisici che costituiscono la manifestazione; esempio di documento: la copia fisica dell’esempio precedente conservata nella Biblioteca Nazionale Braidense e identificata da dati Collocazione. Il manoscritto costituisce la prima espressione dell'opera, che si realizza nelle parole nei paragrafi che consentono di esprimerla; la successiva pubblicazione a stampa, da parte di vari editori, di quella prima espressione manoscritta va a costituire le varie manifestazioni nel quale si concretizza l'espressione dell'opera; ogni manifestazione poi è composta da una o più copie, documenti, esemplari o item che la rappresentano. In realtà non è semplice stabilire se eventuali variazioni apportate a un'opera possano dare origine a diverse espressioni dell'opera, oppure a nuove opere, varianti della prima punto la discriminante può essere individuata nella presenza di un'attività artistica intellettuale indipendente che caratterizza le modifiche apportate all'opera originaria questo sta a significare che se le varianti apportate a un testo esistente sono prive di un'attività artistica o intellettuale significativa esse sono da considerarsi espressioni diverse della stessa opera. Se invece le modifiche introdotte al testo originale includono rapporto significativo di un'attività artistica e intellettuale e indipendente il testo che ne consegue sarà una nuova opera. I cambiamenti nella forma fisica segnano invece il passaggio da una manifestazione a un’altra. Si è in presenza di una nuova manifestazione quando ad esempio cambia il supporto o il tipo di carattere utilizzato, il contenitore, l’editore e le modalità in cui viene confezionato il prodotto. In qualsiasi caso è necessario che i cambiamenti, voluti o casuali, intervengano durante il ciclo di produzione delle copie; se invece dopo la fine di tale processo e riguardano ad esempio un'unica copia, la manifestazione non cambia. Una nuova manifestazione, ma anche una nuova espressione dell’opera, si avrà infine in presenza di cambiamenti nel processo produttivo che comportino aggiunte, modifiche o cancellazioni, che intaccano il contenuto artistico e intellettuale. Il documento rappresenta la manifestazione e ne segue i cambiamenti al variare della forma fisica e del contenuto artistico e intellettuale. Entità relative alla responsabilità Per quanto attiene ai vari tipi di responsabilità che gravitano attorno ai prodotti dell’attività artistica o intellettuale, le entità individuate nel rapporto sono: 5) La persona, ossia il singolo individuo 6) L’ente, inteso come un insieme di individui, organizzati in forma temporanea o permanente, dotati di un nome che li identifichi formalmente. Queste entità individuano tutte le figure che possono essere a qualsiasi titolo coinvolte nella creazione nella realizzazione, nella produzione, nel possesso e nella conservazione di uno dei prodotti dell’attività artistica e intellettuale di cui sopra. Le entità persona e ente possono a loro volta anche costituire il soggetto di un prodotto dell’attività artistica o intellettuale. Entità relative ai soggetti Il terzo gruppo di entità individuato dallo studio è quello che rappresenta i soggetti delle opere, ovvero gli argomenti di cui esse trattano virgola e comprende: 7) il concetto, ovvero un'idea o un principio astratto che possa rappresentare ad esempio una disciplina, una filosofia, una religione, un'ideologia. 8) L'oggetto, ossia una cosa che è possibile toccare, animata o inanimata, mobile o immobile, come un palazzo, un monumento ecc. 9) l'evento virgola che rappresentano un qualcosa che è successo, un fatto o un'azione, come ad esempio una battaglia un'epoca o un periodo storico. 10) il luogo che indica una località, geografica o politica, contemporanea o storica e non necessariamente terrestre, come un pianeta o un punto nello spazio. Attributi delle entità Una volta definiti gli oggetti di interesse per l'utente, lo studio associa a ciascuna delle entità identificate gli attributi, vale a dire le informazioni descrittive, le caratteristiche fisiche, gli identificatori e le informazioni relative al contesto che nel loro insieme identificano e definiscono un'entità. In sostanza si tratta degli elementi informativi caratteristici di ognuna delle entità, visibili e utilizzabili dall'utente virgola che consentono di effettuare delle ricerche e di interrogare 31 un catalogo di biblioteca o una bibliografia nazionale, e di comprendere le risposte, attuando le funzioni utente che lo studio affida al record bibliografico. Relazioni È fondamentale comprende quali siano le relazioni che collegano tra loro le varie entità, prescindendo da come il documento si presenta e dai suoi contrassegni formali. Le relazioni tra due entità possono essere considerate come il predicato verbale che definisce l’azione che intercorre tra un soggetto e un complemento. Esse costituiscono una sorta di normalizzazione di relazioni già concretamente e quotidianamente adottate in ambito editoriale e bibliotecario per la presentazione e descrizione dei vari materiali di interesse bibliografico. Relazioni tra le entità “prodotti” Fra le entità opera, espressione e manifestazione e documento, che rappresentano i prodotti dell’attività artistica o intellettuale sono state individuate le relazioni “si realizza nella”, “si materializza nella” ed “è rappresentata da”. Questo significa che un’opera si realizza nell’espressione, l’espressione si materializza nella manifestazione, che è rappresentata dal documento. Relazioni di “responsabilità” Ognuna delle quattro entità che costituiscono il gruppo dei prodotti è inoltre posta in relazione con le entità che rappresentano le responsabilità, ossia la persona è l'ente, per le quali anche in questo caso viene definito il ruolo svolto le quattro specifiche relazioni individuate nel rapporto stabiliscono che una persona, o un ente, ha creato un'opera, ha realizzato un'espressione, ha prodotto una manifestazione o infine possiede un documento. Relazioni di “soggetto” La relazione ha come soggetto mettere in relazione la sola entità opera con tutte le 10 entità, quelle che rappresentano i soggetti, quelle che rappresentano i prodotti e quelle che rappresentano le responsabilità vale a dire l'argomento di cui tratta un'opera può essere un concetto, un oggetto, un evento, un luogo, ma anche un'altra opera, un'espressione, una manifestazione, un documento oppure una persona o un ente il rapporto sostiene che le relazioni possono favorire la navigazione fra le informazioni contenute in una bibliografia, un catalogo o in una base dati bibliografica. Contribuiscono a identificare un'entità, ad esempio l'opera realizzata nella singola espressione rappresentata in un documento; Hanno la funzione di raggruppare fra loro le entità ad esempio collegare tutte le espressioni di un'opera all'opera stessa, tutte le manifestazioni di un'espressione a quella specifica espressione e tutte le opere di cui era responsabile una persona o un ente a quella persona o a quell'ente specifico e collegare fra loro tutte le entità che hanno in comune lo stesso tipo di relazione con la stessa entità. Le relazioni identificate nello studio si propongono di ottimizzare quanto accade attualmente nei record bibliografici dove ad esempio tutte le responsabilità vengono collegate genericamente all'intera notizia bibliografica che rappresenta nel catalogo della manifestazione di un'opera posseduta dalla biblioteca le relazioni del modello FRBR definisco un il ruolo che un'entità svolge rispetto a una o a più entità e consentono di mettere in relazione diversi tipi di responsabilità con le precise entità a cui si riferiscono, ad esempio l'autore con l'opera. I FRAD (Functional Requirements for Authority Data) sono state sviluppati con lo scopo di gestire principalmente, all'interno di un sistema per il controllo di autorità, le entità relative alle responsabilità individuate dal Gruppo 2 di FRBR, persona ed ente, alle quali ha ritenuto necessario aggiungere una terza identità, ossia la famiglia portando a tre l'entità del secondo gruppo inoltre per poter gestire correttamente i dati sottoposti a un controllo di autorità, FRAD ha dovuto definire diverse nuove entità: il nome che identifica il modo in cui un'entità è conosciuta nel mondo reale, l'identificatore costituito da un numero, un codice, una frase o un logo che servono a identificare a differenziare una data entità rispetto alle altre; il punto di accesso controllato, ossia il termine sotto cui si può trovare un record bibliografico o di autorità; le regole di catalogazione che governano la creazione dei punti di accesso controllati, infine l'agenzia ovvero l'istituzione responsabile della creazione o correzione dei punti di accesso. Nell’elaborazione dei FRSAD (functional requirements far subject authority data) l'attenzione si è focalizzata sulle entità relative ai soggetti individuati dal gruppo tre di FRBR: concetto, oggetto, evento e luogo. Per la creazione del modello concettuale adatto alla gestione dei dati di autorità dei soggetti, il gruppo di lavoro ha deciso di introdurre due entità: Thema e Nomen. Si tratta di due super entità che hanno lo scopo di semplificare e rendere possibile l'applicazione del modello a un livello più generale e astratto. Il Library Reference Model (LRM) 32 unicamente la via per raggiungere la notizia bibliografica. Le RICA esprimevano la priorità della definizione delle intestazioni rispetto alla descrizione, un’integrazione degli aspetti informativi tra intestazione e descrizione, un’integrazione degli aspetti informativi tra intestazione e descrizione, dando alla scheda principale per autore la valenza di unica depositaria dell’informazione bibliografica completa e lasciando alle schede secondarie il compito di rinvio a questa. Lo standard ISBD può essere inteso come una rappresentazione degli elementi descrittivi in una successione di aree informative contraddistinte da una punteggiatura convenzionale. L'ISBD e quindi le REICAT distribuiscono le informazioni che costituiscono la notizia bibliografica in otto aree consecutive. Le aree della descrizione bibliografica previste dalle REICAT sono: 1) Area del titolo e delle indicazioni di responsabilità 2) Area dell’edizione 3) Area specifica del materiale o del tipo di pubblicazione 4) Area della pubblicazione, produzione e distribuzione 5) Area della descrizione fisica 6) Area della collezione 7) Area delle note 8) Area dei numeri identificativi Si ritiene opportuno segnalare che la denominazione delle aree definita dalle REICAT differisce leggermente dalla traduzione italiana dello standard ISBD curata dall’ICCU che in particolare indica l’AREA 1 come “area del titolo e della formulazione di responsabilità”, l’AREA 6 come “area della serie” e l’AREA 8 come “area dell’identificatore della risorsa e delle condizioni di responsabilità”. Successivamente alla pubblicazione delle REICAT lo standard internazionale di descrizione bibliografica è stato ulteriormente modificato e sono stati apportati cambiamenti ancora più significativi: la versione definitiva dello standard ISBD ha portato a 9 le aree della descrizione bibliografica introducendo l’area zero, dedicata ad accogliere in modo più adeguato le informazioni relative alla forma in cui è espresso il contenuto della risorsa e il supporto su cui è registrato. Altri cambiamenti significativi apportati dalla Consolidated edition definitiva dello standard ISBD riguardano: la denominazione dell’area 5, che da area della descrizione fisica diventa area della descrizione materiale e la funzione dell’area 6, che registra anche gli elementi relativi ai titoli d’insieme delle risorse monografiche pubblicate in più volumi proponendo un’alternativa alla descrizione a più livelli poco diffusa nei Paesi anglosassoni. La nuova edizione dello standard determina e contrassegna come obbligatori gli elementi che devono far parte della descrizione bibliografica. Le REICAT si basano per la descrizione bibliografica sull’edizione consolidata preliminare dello standard ISBD e non comprendono i cambiamenti intervenuti nell’edizione consolidata definitiva, pubblicata nel 2011. Allo stato attuale tali cambiamenti non alternano comunque la validità delle REICAT, che sono a tutti gli effetti il codice di catalogazione in vigore in Italia. La punteggiatura utilizzata per etichettare l’inizio di un’area a esclusione della prima è un punto seguito da spazio, trattino e ancora uno spazio (. - ). I segni di punteggiatura utilizzati per etichettare gli elementi che costituiscono un’area sono: virgola e punto, seguiti da uno spazio; i segni: uguale (=), più (+), parentesi tonde (), parentesi quadrate ([]), i tre puntini di sospensione (…) che invece vanno tutti fatti precedere e seguire da uno spazio. Lo scopo principale dello standard è fornire prescrizioni per la creazione di descrizioni in tutto il mondo. La definizione delle aree e degli elementi della descrizione, l’ordine e le modalità in cui questi vanno trascritti, assieme alla punteggiatura convenzionale che li etichetta, rendono la notizia bibliografica interpretabile nei suoi contenuti, superando le barriere linguistiche, in modo da poter essere compresa anche da persone di altre lingue e paesi diversi da quelli in cui è stata redatta la notizia. Ogni segno di punteggiatura convenzionale prescritto dallo standard ISBD ha la funzione di etichettare le aree o gli elementi descrittivi che lo seguono e la sua funzione è proprio quella di facilitarne visivamente la comprensione da parte degli utenti del catalogo o delle persone che stanno conducendo progetti e attività di conversione delle notizie bibliografiche dal catalogo cartaceo a quello elettronico. Nel momento in cui si descrive una risorsa in un catalogo elettronico, il software può essere configurato in modo da richiedere che gli elementi della descrizione vengano inseriti in campi distinti del record bibliografico, con o senza l’inserimento della punteggiatura convenzionale. Quando l’ultimo elemento di un’area termina con un punto, ad esempio con un’abbreviazione del termine edizione come ed. e la punteggiatura prevista per l’area seguente inizia ugualmente con un punto, le REICAT prescrivono di non aggiungere il secondo punto, in questo modo (3. ed. - ) ed essendo le Regole attualmente in vigore in Italia, il bibliotecario deve attenersi a queste indicazioni. Lo standard ISBD invece propone di mantenere sia la punteggiatura dell’abbreviazione che quella convenzionale e indica che il punto va ripetuto (3. ed.. - ). Queste indicazioni fornite dallo standard e dalle Regole sono di carattere generale; il bibliotecario dovrà poi attenersi alle particolari prescrizioni fornite dalle REICAT 35 per descrivere in modo specifico i diversi tipi di materiale acquistati dalla biblioteca. Al fine di rendere più agevole la consultazione del manuale e favorire la comprensione delle tecniche descrittive, si è ritenuto opportuno trattare ancora in modo separato e in capitoli distinti la descrizione delle monografie, delle risorse continuative e delle risorse elettroniche. Si è ritenuto più opportuno riprodurre nella sezione Testi e documenti solo il prospetto dell’ultima edizione consolidata preliminare dello standard che tratta la descrizione dei diversi tipi di pubblicazione come specifiche delle prescrizioni formulate per le singole aree ed elementi. È importante completare tutti gli elementi che compongono un’area, ma limitarsi a quanto prevede lo standard. Quindi evitare di riportare per intero un titolo, quando è troppo lungo, troncandolo con l’apposita punteggiatura in modo che risulti comunque significativo e identificante per il libro; oppure non riportare nella descrizione tutti i dieci autori che possono comparire sul frontespizio di un libro, ma tener presente quanto previsto dalle REICAT: se sono più di tre, sarà sufficiente trascrivere il primo autore nominato nel frontespizio più quelli utili al bibliotecario, segnando l’omissione degli altri sempre con apposita punteggiatura. Lo standard non si limita a indicare le aree della descrizione ma stabilisce anche la lingua che si deve utilizzare per la trascrizione degli elementi informativi e indica le fonti prescritte, ossia le parti del libro da cui tali elementi vanno ricavati. Le REICAT definiscono che la fonte primaria per la descrizione di una pubblicazione è la parte di essa che presenta formalmente il titolo. In sostanza, per le monografie moderne la fonte primaria è il frontespizio, o nel caso questo manchi, il sostituto del frontespizio, ovvero un’altra pagina o parte della pubblicazione che contiene le informazioni che di solito sono sul frontespizio. Le informazioni che vanno trascritte nell’area del Titolo e delle indicazioni di responsabilità (AREA 1) devono essere ottenute solo dalla fonte primaria, mentre per la trascrizione degli elementi delle altre aree della descrizione le Regole richiedono di utilizzare altre fonti complementari, come le pagine preliminari, la copertina e il colophon. In aggiunta a ciò, le REICAT specificano che gli elementi dell’AREA 5 possono essere ottenuti dall’intera pubblicazione, mentre quelli delle AREE 7 e 8 possono essere tratti dall’intera pubblicazione e anche da fonti esterne, come ad esempio dei repertori. Aree ed elementi dell’ISBD per la descrizione delle monografie moderne a stampa Ogni area deve essere considerata separatamente sulla base di tutte le prescrizioni che lo standard prevede e poi interita nella descrizione complessiva del libro. o AREA 1: titolo e indicazioni di responsabilità: Fonte da cui ricavare le informazioni: frontespizio, o suo sostituito in caso manchi. Lingua per la trascrizione: quella utilizzata nel libro. Analisi degli elementi: - Titolo: trascritto nella forma in cui appare sul frontespizio - Designazione Generica del Materiale: elemento facoltativo per l’ISBD preliminary Consolidated edition, indica la classe di materiale a cui il documento appartiene. È invece di grande utilità nei cataloghi attuali che sempre più rappresentano documenti registrati su supporti diversi: posto nella prima area, subito dopo il titolo fornisce al lettore la corretta informazione sull’oggetto descritto. La versione definitiva dello standard ISBD abbandona la DGM e inserisce una nuova area, l’AREA 0, formulata per accogliere e definire le informazioni che prima erano relegate nella DGM, offrendo al lettore l’immediata percezione della forma in cui è espresso il contenuto di una risorsa, ad esempio indicando se si tratta di un testo, di musica o di un’immagine. Essendo comunque le REICAT il codice di catalogazione attualmente in uso in Italia, rimangono in uso sia la DGM, registrata come indicato dalle REICAT negli appositi campi predisposti dai software di gestione. - = eventuale titolo parallelo: il titolo della pubblicazione presentato sul frontespizio in un’altra lingua o alfabeto. Deve essere chiara la volontà dell’editore di presentare il titolo in due o più lingue. - : complemento del titolo: una frase che appare sul frontespizio assieme o sotto al titolo della pubblicazione e ha il compito di qualificarlo, completarlo o spiegarlo. Spesso il complemento del titolo appare con un corpo tipografico diverso o ridotto rispetto al titolo - / indicatore di responsabilità ; successive indicazioni di responsabilità: nomi delle persone o degli enti che hanno una qualche responsabilità intellettuale o artistica nella creazione o nella realizzazione dell’opera, accompagnati da eventuali parole o frasi che ne indicano il ruolo. L’opera che viene pubblicata in un libro può avere diversi tipi di responsabilità che vanno riportate tal quali nella descrizione. Lo standard considera però obbligatoria solo la trascrizione dei nomi che riguardano persone o enti con responsabilità principale, mentre le altre indicazioni di responsabilità principale, mentre le altre indicazioni di responsabilità vanno registrate solo se necessarie per l’identificazione del documento o se ritenute utili per i lettori (esempio: / primo autore, secondo autore ; curatore ; traduttore ; altro traduttore ; disegnatore). I nomi di più persone o enti con 36 responsabilità diverse vanno riportati come un’unica indicazione di responsabilità (esempio: / di Mario Bianchi e illustrato da Jhon White). Quando nel frontespizio più persone o enti risultano avere lo stesso tipo di responsabilità, il numero delle persone o enti che vanno riportati nella descrizione per ogni tipo di responsabilità è lasciato alla valutazione del bibliotecario. Le REICAT indicano di riportare per ogni tipo di responsabilità tutti i nomi, precisando però che se sono più di tre è possibile riportare solo il primo nome e segnalare l’omissione degli altri. È opportuno ricordare che nella descrizione devono comunque essere riportati tutti i nomi degli autori che intende utilizzare come accessi controllati alla notizia bibliografica. o AREA 2: edizione : Fonte da cui ricavare le informazioni: frontespizio o suo sostituto nel caso manchi; pagine preliminari; copertina; colophon Lingua per la trascrizione: quella usata nel libro Analisi degli elementi: - Indicazione di edizione: solitamente la formulazione di edizione che si trova sul libro presentala parola edizione, versione, revisione oppure l’equivalente in altra lingua seguita da un numero o da espressioni che indicano caratteristiche specifiche dell’edizione rispetto ad altre. L’indicazione di edizione viene trascritta utilizzando abbreviazioni normalizzate presenti nelle REICAT, ossia ed. qualora si tratti della parola edizione, oppure éd. per edition. I numeri che accompagnano la formulazione di edizione vengono riportati in cifre arabe. A questo proposito è opportuno segnalare che la catalogazione eseguita utilizzando dei software di gestione richiede che i numeri riferiti all’edizione e i numeri ordinali in generale vengano trascritti in cifre arabe seguite da un punto, come del resto consentito dalle REICAT. - / indicazione di responsabilità relativa all’edizione ; successiva indicazione di responabilità: nomi delle persone che hanno responsabilità intellettuale nei confronti della specifica edizione del libro che si sta descrivendo, e non nei confronti dell’opera. o AREA 3: specifica del materiale o del tipo di pubblicazione Fa parte dello standard ISBD ed è utilizzata per accogliere le informazioni caratteristiche di alcuni tipi di materiale o di pubblicazione. Quest’area è attiva come area della numerazione nella descrizione delle pubblicazioni seriali, oppure come area dei dati matematici per la descrizione del materiale cartografico. L’AREA 3 non viene utilizzata per la descrizione delle pubblicazioni monografiche a stampa. o AREA 4: pubblicazione, produzione e distribuzione Fonte da cui ricavare le informazioni: frontespizio Lingua per la trascrizione: quella utilizzata nel libro Analisi degli elementi: - Luogo di pubblicazione ; altro luogo di pubblicazione: Il luogo o i luoghi in cui ha sede la casa editrice. Normalmente un libro è pubblicato da un editore che ha sede in una città. A volte però l’editore ha più sedi e riporta i nomi delle relative città sulla pubblicazione. Le indicazioni che vengono dallo standard a questo proposito sono di riportare nella descrizione il luogo, stampato nelle fonti previste, che presenti maggiore rilievo tipografico; le REICAT specificano a questo riguardo che se i luoghi indicati per un editore sono due, si riportano entrambi, mentre se sono tre o di più è facoltativo riportarli tutti, ma è preferibile ometterli e trascrivere solo il primo nominato o quello stampato con maggiore rilievo tipografico. Altri luoghi di pubblicazione possono essere aggiunti se il bibliotecario lo ritiene importante. Se vengono omessi uno o più luoghi di pubblicazione presentati con lo stesso rilievo tipografico di quello riportato nella descrizione, si segnala l’omissione con [etc.]. Qualora non sia possibile individuare in alcun modo il luogo di pubblicazione, l’assenza di questo elemento viene riportata nella descrizione tra parentesi quadre con l’abbreviazione [S.l.] che significa sine loco. - : nome dell’editore: il nome della persona o dell’ente che è responsabile della pubblicazione. Il nome dell’editore va dato in forma abbreviata, purché questa ne renda possibile l’identificazione. Nel caso più persone o enti svolgano la stessa funzione di editori, le indicazioni dello standard sono simili a quelle previste per più luoghi di pubblicazione e quindi viene riportato il primo nominato o quello stampato con maggior rilievo tipografico, mentre altri editori e i relativi luoghi possono essere riportati se il bibliotecario lo ritiene 37 dalla data e dalla descrizione fisica. In sostanza nella descrizione di secondo livello le REICAT prescrivono di riportare solo le aree o gli elementi che non siano già presenti nella descrizione dell’opera d’insieme, tranne quando la loro ripetizione sia indispensabile per la comprensione e la ricerca della notizia bibliografica. Generalmente la descrizione in un solo livello con nota d’indice è usata per le opere divise in volumi privi di titolo significativo, mentre è opportuno usare la descrizione a più livelli se i singoli volumi hanno un titolo significativo. Le descrizioni dei singoli volumi possono essere le date di seguito alla descrizione d’insieme oppure essere registrate ognuna in un record separato e collegato con il record nel quale è registrata la descrizione d’insieme della risorsa. La descrizione a più livelli è un aspetto particolare della catalogazione che trova spesso applicazione nei cataloghi elettronici, nei quali le notizie bibliografiche relative al titolo d’insieme e ai volumi particolari possono venire registrate in record distinti collegati fra loro tramite appositi campi o elementi comuni, si consiglia di approfondire l’argomento su lavori specifici corredati di numerosi esempi. Le difficoltà che un bibliotecario può incontrare nel descrivere un libro derivano dalla disomogeneità con cui vengono presentati gli elementi informativi sul libro stesso. Ciò crea non pochi problemi al lavoro di catalogazione ed è impossibile qui considerare l’enorme casistica generata e legata a questa disomogeneità. Si consiglia di consultare manuali che trattano in modo specifico la descrizione con un grande numero di casi ed esempi. Un aiuto al bibliotecario viene dal programma CIP (Cataloguing in Publication) avviato da numerose biblioteche nazionali in tutto il mondo al fine di favorire la standardizzazione della descrizione. Il bibliotecario deve fare attenzione alle schede CIP presentate sui libri stranieri: mentre la descrizione è sempre redatta secondo lo standard ISBD, gli accessi per autore e per soggetto sono formulati secondo le regole di catalogazione e le norme in vigore nelle diverse nazioni; quindi, vanno considerati solo come indicazioni per il bibliotecario, riportati adeguandoli ai criteri di scelta e forma stabiliti dalle REICAT. Un altro strumento importante per la corretta e omogenea catalogazione dei libri pubblicati in Italia è la Bibliografia Nazionale Italiana (BNI) realizzata dalla Biblioteca nazionale centrale di Firenze (BNCF). La BNI è stata pubblicata in fascicoli a stampa e su CD-ROM in forma non gratuita, ma dal 2012 è scaricabile gratuitamente dal sito. La digitalizzazione degli archivi storici della BNI dal 1958 al 2011 e la loro messa a disposizione è in corso di realizzazione ed è già disponibile l’archivio storico della serie relativa alle monografie i cui fascicoli possono essere visualizzati sul browser web. L’importanza di poter accedere a queste registrazioni bibliografiche risiede nella qualità catalografica delle registrazioni, che possono servire da esempio autorevole per i catalogatori. La possibilità di scaricare le notizie bibliografiche registrate nei fascicoli, nel formato internazionale per lo scambio dei dati bibliografici UNIMARC, permetterebbe alle biblioteche che lo desiderano, di importare i record nel proprio catalogo elettronico. Nella BNI sono riportate le notizie bibliografiche complete di accessi formali e semantici di tutti i documenti pubblicati in Italia dal 1958 e ricevuti dalla BNCF per diritto di stampa; queste notizie possono essere utilizzate con maggiore sicurezza in quanto sono redatte dall’Agenzia bibliografica nazionale e rispettano quindi le regole di catalogazione italiane. 9. LA CATALOGAZIONE: GLI ACCESSI FORMALI E SEMANTICI Per consentire al lettore di recuperare le notizie bibliografiche dei libri posseduti, è necessario che la biblioteca crei degli accessi che lo guidino nella ricerca e lo portino a trovare l’informazione di cui ha bisogno. Gli accessi sono delle informazioni estrapolate da un qualsiasi elemento della descrizione, che vanno messe in appropriata relazione con le entità relative ai prodotti dell’attività intellettuale e artistica, ossia con le opere, le espressioni, le manifestazioni o gli items a cui si riferiscono. Ad esempio, le informazioni sulla responsabilità intellettuale, scelte e trascritte secondo quanto previsto dalle regole REICAT, consentono di ordinare alfabeticamente le notizie secondo il nome degli autori, andando a costruire il catalogo alfabetico per autori o permettendo la ricerca per il nome dell’autore utilizzando l’indice appositamente organizzato dal software di gestione. Gli elementi di accesso che la biblioteca può predisporre sono di diverso tipo: 1. Elementi la cui forma è controllata dai sistemi di controllo di autorità, come i titoli uniformi e le intestazioni uniformi→ ricavati principalmente dai contrassegni formali che il libro mette a disposizione. 2. Essere non controllati e venire utilizzati nella forma in cui si presentano nella pubblicazione → sono individuati come espressione del contenuto intellettuale del libro. Gli accessi formali e le Regole Italiane di Catalogazione (REICAT) 40 L’analisi formale della pubblicazione compiuta per determinare gli elementi della descrizione consente anche di individuare la presenza delle informazioni necessarie per formulare gli accessi di tipo formale, e di selezionare applicando regole convenzionali. L’enunciazione è in parte vera se riferita in special modo a un catalogo realizzato con l’elaboratore elettronico, dove la gestione di ordinamento degli elementi di accesso e delle ricerche è agevole e potente. Per una biblioteca che ancora utilizzasse strumenti tradizionali come i cataloghi a schede cartacee, offrire una molteplicità di accessi diversi significherebbe organizzare una molteplicità di cataloghi, uno per ogni elemento utilizzato come accesso, soluzione decisamente impraticabile, visto l’impegno in termini di tempo e professionalità richiesti dalla creazione e manutenzione di un catalogo. La domanda più frequente che il lettore rivolge alla biblioteca è se questa possieda un libro di un preciso autore con un titolo preciso, e quindi gli accessi di tipo formale che la biblioteca ha l’obbligo di predisporre sono principalmente quelli per autori e titoli uniformi; questi sono gli elementi primari per l’identificazione di un’opera, poiché insieme costituiscono il nome dell’opera. La scelta di tali accessi e il modo nel quale devono essere formulati sono governati dalla terza parte delle REICAT che individua le diverse possibili responsabilità di persone ed enti nei confronti dei prodotti dell’attività intellettuale e artistica. Pubblicate nel 2009 a cura dell’ICCU sulla traccia di quanto espresso nella Dichiarazione di principi internazionali di catalogazione, le REICAT governano le diverse fasi del processo di catalogazione: - La descrizione della risorsa che si sta catalogando - La scelta dell’intestazione - La forma dell’intestazione Secondo le REICAT, e anche secondo i Principi internazionali di catalogazione e cui le REICAT si ispirano, gli elementi che costituiscono un punto di accesso per il recupero delle notizie bibliografiche possono essere controllati e non controllati. Sono controllati i punti di accesso realizzati secondo quanto prescritto dalle regole di catalogazione, in una forma definita autorizzata, che rimane coerentemente univoca nel tempo e a cui rinviano le eventuali forme varianti. Sono invece non controllati gli accessi che vengono trascritti e utilizzati così come sono presentati nella pubblicazione, come ad esempio i titoli presenti nel frontespizio della pubblicazione. Le REICAT considerano come accessi controllati i titoli uniformi e le intestazioni uniformi. Indicano che possono essere controllati, se necessario, anche altri elementi come i luoghi di pubblicazione, i nomi degli editori e dei tipografi o altre figure connesse con la produzione materiale. Titoli uniformi e intestazioni uniformi Il titolo uniforme è un elemento di accesso molto importante che permette di identificare un’opera, o una sua parte, apparsa in più edizioni con titoli diversi. Per ogni pubblicazione che viene catalogata è obbligatorio creare un solo titolo uniforme che identifichi l’opera in modo univoco e che ne raggruppi le diverse edizioni e le espressioni, come ad esempio le traduzioni e le versioni, in cui è stata realizzata. Ad esempio, Divina commedia è l’accesso per titolo uniforme che consente di recuperare tutte le notizie bibliografiche relative alle diverse edizioni dell’opera di Dante, con qualsiasi titolo siano state pubblicate. Si segnala che le REICAT hanno predisposto un’intera appendice che assegna un titolo uniforme a tutti i libri che compongono la Bibbia, sia per quelli del Vecchio che del Nuovo Testamento. Un’altra appendice definisce i termini che possono essere utilizzati per indicare il genere delle opere, ad esempio Narrativa, Disegno e così via, nella creazione dei Titoli collettivi uniformi: si tratta di titoli uniformi convenzionali che sono estremamente utili per raggruppare nel catalogo le raccolte di opere di uno stesso autore. Le intestazioni uniformi identificano ed esprimono le responsabilità nei confronti dell’opera o di una sua espressione. Le REICAT individuano tre tipi di intestazione: - Intestazione principale → è sempre una sola, identifica l’autore principale e in alcuni casi può mancare. - Intestazioni coordinate → identificano gli altri autori fino a un massimo di due, che hanno nei confronti dell’opera la stessa responsabilità dell’autore considerato principale. - Intestazioni secondarie → consentono di creare degli accessi controllati per le responsabilità diverse da quella dell’autore, come ad esempio i curatori. L’operazione ha quindi lo scopo di individuare gli elementi d’accesso formali e controllati relativi agli autori, persone o enti che siano e di determinare il loro ruolo in rapporto alla paternità intellettuale dell’opera. Le REICAT stabiliscono per convenzione che, se una persona, o un ente, è l’autore dell’opera pubblicata in un libro e il suo nome è presentato come tale sul frontespizio, sua è la paternità intellettuale dell’opera e quindi viene definito come autore principale. Al nome dell’autore principale viene assegnata l’intestazione principale. Se gli autori presentati come tali sono due o tre, il primo nominato nel frontespizio assume sempre il valore di autore principale, mentre il secondo e il terzo sono 41 definiti come coautori e per i loro nomi viene creata una intestazione coordinata. Se infine nel frontespizio gli autori sono più di tre, l’opera viene trattata come se fosse anonimia. Rimane l’obbligo di creare un accesso controllato per il titolo uniforme, e la possibilità di creare tutti gli accessi non controllati, previsti dal software di gestione, che il bibliotecario ritiene utile assegnare, come ad esempio l’accesso non controllato per il titolo della pubblicazione nel frontespizio. Il valore di autore principale e autore secondario definito dalle vecchie regole ha una rilevanza pratica che trova la sua origine e giustificazione nella creazione e manutenzione del catalogo cartaceo realizzato manualmente o con la macchina da scrivere. Infatti, il catalogo così concepito prevedeva una sola scheda principale dove le informazioni date dalla descrizione erano completate dall’intestazione principale che aveva anche ruolo di accesso. L’utilizzo di strumenti più evoluti, ad esempio una semplice macchina da scrivere con memoria, permise di superare questo modo di procedere, poiché risultava più economico riprodurre in modo automatico l’intera descrizione su tutte le schede. L’utilizzo di cataloghi informatizzati ha definitivamente confermato la centralità della descrizione bibliografica rispetto all’intestazione, fornendo n accessi, ordinati ognuno in indici omogenei, che conducono alla notizia e che possono essere utilizzati assieme per affinare le ricerche incrociando le diverse domande poste al catalogo. Il valore di autore principale, coordinato e secondario sembra conservare una rilevanza puramente teorica legata al ruolo, cioè al tipo di responsabilità. Nello studio FRBR e nei codici di catalogazione che su quello studio si basano, il ruolo dell’autore definisce il tipo di relazione che lo connette all’entità, ad esempio l’autore principale è creatore dell’opera oppure se secondario può realizzare l’espressione (es. traduzione) con una diversa rilevanza praticata. L’utilizzo dei software di gestione ha anche consentito una più semplice circolazione e riusabilità da agenzie bibliografiche autorevoli, ad esempio BNCF, SBN. Le Regole suddividono inoltre gli autori tra: - Persone : responsabili dell’opera del proprio intelletto - Enti : sono autori collettivi e quindi istituzioni, associazioni od organizzazioni dotate di una propria denominazione con cui sono identificate. Gli enti a loro volta sono definiti come enti a carattere permanente, ovvero formalmente costituiti di personalità giuridica e che esplicano la loro attività nel tempo (es. istituzione, ufficio, azienda); ed enti a carattere occasionale, ovvero costituiti in funzione di un avvenimento e che esplicano la loro attività per la durata di tale avvenimento (es. congressi, mostre). La sezione delle Regole che riguarda la forma propone una normalizzazione del modo nel quale deve essere trascritto l’elemento di accesso controllato. Una volta individuati i diversi accessi è necessario che all’interno di uno stesso catalogo venga utilizzata sempre la stessa forma del nome di un autore. Dalle forme del nome diverse da quella preferiva vanno create delle voci di rinvio, che hanno il compito di guidare il lettore verso la forma preferita come accesso. Al fine di controllare e mantenere la coerenza della forma dei nomi utilizzati come accessi nel catalogo e per la creazione di una rete di rinvii e relazioni tra le diverse forme che tali nomi possono assumente, il bibliotecario può predisporre e utilizzare degli Authority file. Gli accessi semantici: la soggettazione Per individuare e formulare correttamente gli accessi semantici che conducano il lettore alla notizia bibliografica è necessario capire di cosa parla il libro, individuare quali sono i concetti espressi dall’autore nell’opera di cui è intellettualmente responsabile. Questo si ottiene grazie a un’analisi concettuale del libro fatta attraverso la lettura di alcune parti precise e significative. Queste parti sono: indice, i titoli dei capitoli se l’indice dovesse mancare, il riassunto, l’introduzione, la presentazione o la prefazione. Il titolo e il complemento del titolo possono orientare, ma vanno valutati con cautela; infatti, il titolo con cui viene pubblicata un’opera è scelto di solito dall’editore, in accordo con l’autore, con lo scopo di rappresentare il lavoro, ma anche di catturare l’attenzione del pubblico. Infine, l’aiuto di persone competenti sulla materia è utile a individuare l’argomento trattato nel libro. Sono necessarie operazioni che richiedono tempo, cultura e buona preparazione professionale. Le biblioteche che ne hanno la possibilità escludono dalla soggettazione diversi tipi di materiale come i periodici, le opere di fantasia o le opere di carattere generale. Si consideri che queste esclusioni sono scelte che la biblioteca fa di propria iniziativa, non soggette a norme o regolamenti, e che sottraggono comunque informazioni al lettore. Gli accessi di tipo semantico utilizzati di solito dalle biblioteche sono determinati dalla soggettazione e dalla classificazione. La soggettazione permette di costruire un catalogo o un indice elettronico dei soggetti ordinati alfabeticamente. Sistema di soggettazione Come soggetto si intende l’espressione del contenuto del libro, cioè dell’argomento o degli argomenti trattati, in una forma verbale organizzata, attraverso l’uso di parole scelte da un vocabolario controllato di termini che consenta al 42 complessi fino a raggiungere gli aspetti specifici della disciplina (es. 945.3 storia del Veneto, 945.31 storia della provincia di Venezia e 945.311 storia di Venezia); queste suddivisioni possono essere aggiunte facendo seguire alle prime tre cifre un punto di separazione. Utilizzare appieno un sistema di classificazione non è semplice e richiede sia una buona cultura sia una conoscenza approfondita del sistema stesso. A seconda del tipo di biblioteca, della sua formazione e del pubblico che ne usufruisce, sarà opportuno ridimensionare la specificità della classificazione e ridurre il numero delle cifre usate per ottenere delle notazioni che siano leggibili e quindi utili ai lettori. Risulta evidente l’utilità di un simile catalogo: consente al lettore di scorrere le schede secondo l’ordine numerico definito dal sistema di classificazione e trovare raggruppate le notizie bibliografiche di opere che appartengono a un particolare aspetto della disciplina. Authority control Nel catalogo di una biblioteca gli accessi hanno sostanzialmente la funzione di condurre il lettore alla notizia bibliografica che rappresenta il documento di cui ha bisogno e di raggruppare le notizie bibliografiche secondo caratteristiche comuni. Perché ciò possa avvenire è necessario che gli accessi siano formulati sempre nella stessa forma che andrà scelta secondo quando previsto dalle regole di catalogazione in vigore. Tra i possibili tipi di accesso visti finora, la catalogazione sembra essere quella che presenta maggiore coerenza nella forma delle notazioni utilizzate, pur lasciando alla singola biblioteca la libertà di variare in cui l’opera è classificata. La definizione degli accessi formali e la soggettazione richiedono un lavoro di normalizzazione delle forme dei termini che andranno a costituire nel catalogo i punti di accesso delle notizie bibliografiche. Questo lavoro deve stabilire quale sia la forma corretta in cui devono essere trascritti i nomi propri e i nomi comuni: ad esempio i nomi delle persone e degli enti che hanno avuto una qualche responsabilità nei confronti della realizzazione dell’opera e delle sue edizioni sia antiche che moderne. L’Authority control rientra tra i compiti di specifiche istituzioni, quali sono le agenzie bibliografiche nazionali o alcune importanti biblioteche specializzate. La realizzazione dell’Authority control va oltre il semplice controllo del vocabolario, si esprime per mezzo di una serie di operazioni, un vero e proprio lavoro (Authority work) finalizzato alla creazione delle registrazioni di autorità (Authority record), alla loro raccolta e ordinamento in un archivio (Authority file), alla definizione dei collegamenti con le notizie bibliografiche (Authority System), alla valutazione e manutenzione nel tempo sia dell’Authority file che dell’Authority System. La registrazione di autorità ha il compito di individuare la forma corretta e preferita dei nomi, dei titoli e dei soggetti. Essa presenta e collega come rinvii specifici (collegamento di tipo VEDI) alla forma autorizzata le forme varianti considerate non preferite, che derivano da forme ortografiche diverse dei nomi di persona. Collega, inoltre, come rinvii reciproci le forme correlate che, secondo le REICAT, rappresentano ad esempio i cambiamenti che può aver subito nel tempo il nome di un ente, oppure i termini che hanno una qualche relazione con altri termini specifici come il termine Gatti, specifico di Felini. Anche il nome completo dell’autore può essere un elemento qualificante qualora le date di nascita e di morte non siano conosciute. Infine, il record di autorità documenta e motiva a uso dei bibliotecari e dei lettori, le scelte e i repertori utilizzati. Le REICAT stabiliscono che ogni persona e ogni ente devono essere rappresentati da una sola intestazione e questa deve riferirsi a una sola entità. Se una persona o un ente sono conosciuti con più nomi si adotta per l’intestazione uno solo dei nomi, o una sola forma, ossia quella prevalentemente e costantemente utilizzata nelle pubblicazioni delle sue opere in lingua originale. Quando invece un’opera viene pubblicata con titoli differenti, essa viene identificata dal titolo uniforme al quale sono collegati nei software di gestione i titoli utilizzati nelle diverse edizioni. Le notizie bibliografiche in formato elettronico possono essere ordinate e visualizzate di volta in volta sulla base dei criteri di ricerca introdotti dal lettore: è infatti l’intera registrazione di autorità che raggruppa le notizie e le fa reperire al lettore. In un catalogo elettronico sarebbe possibile utilizzare come accesso e mettere sullo stesso piano le diverse forme che un nome o un titolo hanno assunto nelle diverse pubblicazioni, considerandole tutte forme preferite e collegandole tra loro come rinvii reciproci. Questo tipo di accesso, definito a grappolo (cluster heading), ha il grande vantaggio di privilegiare il punto di vista del lettore che può cercare un documento sulla base di informazioni ricavate dalle fonti più diverse e che quasi mai è a conoscenza delle convenzioni stabilite dalle regole di catalogazione. 10. LA GESTIONE DEI PERIODICI Seriali, risorse integrative e opere in continuazione 45 I periodici e le collane sono pubblicazioni di tipo seriale: sono pubblicati in parti successive distinte che hanno di norma designazioni numeriche e cronologiche, e sono concepiti per continuare indefinitamente. Le risorse ad aggiornamento integrato sono invece pubblicate in una successione di parti che non rimangono distinte come i fascicoli di un periodico, ma devono essere integrate nella pubblicazione. Le pubblicazioni seriali e le risorse integrative hanno in comune la caratteristica di continuare ad essere pubblicate nel tempo senza avere una fine predeterminata e insieme vengono considerate e definite dallo standard ISBD Consolidated edition come “risorse continuative”. I periodici sono pubblicazioni per le quali non è definito il numero dei volumi, ma solo il numero dei fascicoli che verranno pubblicati nel corso dell’anno, secondo una periodicità prestabilita- Un periodico non ha un termine, o un numero di volumi prestabilito entro cui cessare le pubblicazioni; può durare cento anni, oppure chiudere dopo pochi mesi, a causa di molteplici fattori. Le collane (definite dalle REICAT collezioni) sono composte da pubblicazioni autonome che per affinità degli argomenti trattati vengono accomunate dall’editore sotto un titolo. Spesso esistono uno o più direttori di collana che hanno la responsabilità della qualità scientifica e letteraria di ciò che viene pubblicato. La collana in sostanza è una serie di pubblicazioni per la quale non è previsto un numero massimo di volumi. Le risorse ad aggiornamento integrato sono rappresentate dalle pubblicazioni a fogli mobili, prive di legatura e formate da pagine sciolte, organizzate in raccoglitori ad anelli o in contenitori. Alla prima pubblicazione di base seguono le emissioni successive di fogli singoli, o di gruppi di fogli con lo scopo di ampliare o modificare la pubblicazione originale. I nuovi fogli vengono integrati nella risorsa a cui del bibliotecario e possono sostituire quelli già presenti nel documento, oppure aggiungersi a questi incrementando il numero delle pagine. Le basi dati aggiornate periodicamente e i siti web sono considerati risorse soggette ad argomenti periodici, che vengono integrati nella risorsa originale a cui dell’editore o dell’autore. Le opere in continuazione sono pubblicazioni che non possiedono le caratteristiche proprie delle risorse continuative (numero indefinito di parti), pur presentando problemi di gestione per qualche verso simili. Esse sono infatti costituite da un numero definito di volumi, stabiliti dall’editore in un piano dell’opera, la cui pubblicazione viene programmata nel corso di mesi e che talvolta non viene programmata affatto, mandando in stampa i singoli volumi quando sono pronti. Per poter controllare se sono arrivati tutti i volumi di un’opera si utilizzano i cosiddetti schedoni amministrativi: si tratta di prestampati con una griglia apposita, organizzata in modo diverso a seconda che si registrino opere in continuazione o periodici, nella quale per ogni volume va scritto il numero di ingresso, la data di arrivo, il numero particolare che il volume ha rispetto all’opera e il titolo. Gli schedoni amministrativi sono a uso interno della biblioteca e costituiscono un importante strumento di controllo per il bibliotecario; vanno raccolti in ordine alfabetico in appositi schedari separati per tipo di pubblicazione. Oggi, in realtà, i software di gestione della biblioteca riprendono questa funzione nel loro modulo per il trattamento di periodici: la procedura consente di poter prevedere e poi registrare l’arrivo dei fascicoli di ogni periodico per il quale la biblioteca ha sottoscritto l’abbonamento, predisponendo automaticamente i messaggi di sollecito per l’editore in caso di ritardo o mancato invio. La catalogazione dei periodici: descrizione e accessi Il settore che gestisce dal punto di vista amministrativo i periodici, le collane e le opere in continuazione ha in genere competenze catalografiche specifiche per quanto riguarda i periodici e le risorse integrative, infatti, i singoli volumi facenti parte di collane e di opere in continuazione per loro natura vanno trattati come monografie. Per effettuare la descrizione delle risorse continuative è necessario ancora una volta fare riferimento alla prima parte delle REICAT, che per la descrizione si basano proprio sullo standard ISBD preliminary Consolidated edition, revisione e armonizzazione di tutte le precedenti applicazioni ISBD, mentre per la scelta e la forma degli accessi formali alla notizia bibliografica, è necessario utilizzare la terza parte delle stesse REICAT. La descrizione dei periodici e delle risorse ad aggiornamento integrato presenta la stessa organizzazione degli elementi informativi in aree considerata per la descrizione delle monografie e non si discosta da questa neppure per quanto riguarda il tipo di informazioni che vanno a costituire gli elementi di un’area e per l’uso della punteggiatura convenzionale necessaria a identificarli. La terza area delle REICAT viene attivata anche per la descrizione di altri due tipi di pubblicazione: le pubblicazioni in notazione musicale (spartiti), per le quali assume la funzione di area della presentazione musicale, e le risorse cartografiche per le quali assume il nome di area dei dati matematici accogliendone l’indicazione della scala, della proiezione, delle coordinate e così via. Un periodico non è un libro o una pubblicazione in un numero definito di volumi autonomi, è una pubblicazione organizzata di fascicoli o volumi che può durare anche decine di anni; può quindi costituire un problema per il catalogatore stabilire quale fascicolo o volume utilizzare per la descrizione. A questo proposito lo standard e le Regole intervengono raccomandando di effettuare la descrizione del periodico utilizzando il primo numero pubblicato; se la biblioteca non lo possiede, le Regole consentono di ricavare le informazioni relative all’area della numerazione da 46 fonti esterne, come la Bibliografia nazionale del paese in cui è pubblicato il periodico, indicando nell’area delle note la fonte delle informazioni. o AREA 3: NUMERAZIONE Fonte da cui ricavare le informazioni: il frontespizio come fonte primaria; seguono nell’ordine, la testata, l’intitolazione, la gerenza, le pagine redazionali, le altre pagine preliminari e le fonti esterne, cioè i repertori ufficiali e le bibliografie nazionali come fonti complementari. Lingua per trascrizione: quella utilizzata nella risorsa Analisi degli elementi: per quest’area oltre all’indicazione degli estremi della numerazione del periodico non sono previsti altri elementi informativi specifici né è prevista una punteggiatura convenzionale che li etichetti. Un trattino deve essere utilizzato per collegare data e/o numero del primo volume con quelli dell’ultimo, o per indicare che il periodico è tuttora pubblicato. Se il volume o fascicolo ha sia un numero che la data, questa viene riportata tra parentesi tonde. Può capitare che nel corso della sua vita il periodico abbia più sequenze di numerazione, di solito identificate dall’editore con indicazioni del tipo nuova serie, ogni nuova sequenza di numerazione viene riportata facendola precedere da spazio, punto e virgola, spazio. Qualora il seriale rappresenti la combinazione di materiali e tipi di pubblicazione per i quali è previsto l’uso dell’area 3, può essere ripetuta per accogliere le informazioni prescritte dalle regole. L’ordine in cui vanno trascritte le due ripetizioni dell’area è definito dalle REICAT, che indicano al primo posto l’area della presentazione musicale per le pubblicazioni di musica scritta, seguita dall’area dei dati matematici perle risorse cartografiche. Le regole nel descrivere le risorse integrative si comportano in modo diverso rispetto a quanto prescritto per i seriali. L’intera risorsa integrativa è rappresentata dall’insieme delle integrazioni nell’ultima versione disponibile, ed è quindi la versione corrente che identifica la pubblicazione e ne costituisce la base per la descrizione; non è perciò necessario registrare la storia editoriale della pubblicazione come si fa con i periodici. Lo standard stabilisce o raccomanda per ogni area delle soluzioni adeguate a questi particolari tipi di pubblicazioni seriali. Nell’area 1 avvisa che per le pubblicazioni seriali la biblioteca può decidere di non registrare come indicazione di responsabilità le formulazioni relative a persone che abbiano svolto la funzione di fondatore, direttore o curatore del periodico, con la possibilità di indicarle tra le note se ritenute utili per i lettori. Le persone che ricoprono questo tipo di funzioni possono infatti cambiare nel tempo e non costituiscono un elemento identificativo della pubblicazione. Per quanto concerne l’area 4 della pubblicazione, lo standard e le Regole avvisano che si intendono come date di pubblicazione le date del primo e dell’eventuale ultimo fascicolo o volume, precisando che queste date possono differire da quelle che il fascicolo stesso dichiara nei contrassegni da cui si ricava la numerazione: in sostanza il volume 1 dell’annata 1966 può anche essere pubblicato nel 1967 o dopo. La mancata corrispondenza della data di pubblicazione con quella del primo e dell’eventuale ultimo fascicolo o volume su cui si è basata la descrizione, va opportunatamente segnalata nelle note. Nel caso la descrizione di un periodico in corso venga ricavata da un fascicolo che non è il primo pubblicato il catalogatore deve cercare le informazioni relative alla data di pubblicazione nella risorsa stessa oppure ottenerle da fonti esterne. Se non è possibile trovare alcuna data cerca o probabile, è necessario indicare comunque una data approssimativa, che va accompagnata da un punto interrogativo e posta fra parentesi quadre. È possibile che nel corso della sua pubblicazione il periodico cambi titolo: se il cambiamento è costituito da particolari minimi, per lo standard è sufficiente riportare la notizia dell’avvenuto cambiamento nell’area delle note; se invece il periodico cambia completamente titolo è necessario creare una nuova notizia bibliografica. Le REICAT stabiliscono quali sono i criteri per definire un cambiamento di titolo significativo o meno rispetto a una nuova descrizione. Sono considerati rilevanti, la sostituzione, l’eliminazione o l’aggiunta di almeno una parola significativa del titolo, il cambiamento del nome di un ente presente nel titolo o di quello responsabile di un periodico con titolo generico. È necessario inoltre creare una nuova descrizione quando vengono modificati l’ordine delle parole o la lingua del titolo, oppure quando cambia il materiale e un periodico a stampa viene pubblicato in forma elettronica e diventa consultabile online. L’individuazione degli accessi che conducono alla notizia bibliografica di un periodico è un’operazione governata dalle stesse regole. In particolare le Regole italiane di catalogazione considerano i periodici come opere costituite da numerosi contributi di autori diversi e le collocano fra le opere realizzate in collaborazione fra più di tre autori. Le Regole precisano però che i periodici realizzati da un ente del quale pubblicano atti o documenti di carattere ufficiale, potranno avere come intestazione principale il nome dell’ente. Un aiuto ai bibliotecari nella catalogazione e gestione dei periodici può venire dalla partecipazione o anche dalla sola consultazione del Catalogo italiano dei periodici (ACNP), gestito e messo a disposizione in Rete dal Centro Inter-Bibliotecario (CIB). Nel 47 Nel modello le risorse bibliografiche sono suddivise in pubblicazioni “finite” e pubblicazioni “continuative”: le prime sono caratterizzate dall’essere pubblicazioni complete; le seconde, “continuative”, sono invece concepite per continuare nel tempo, senza una fine predeterminata e con un numero indefinito di parti. Si intendono “finite” le risorse bibliografiche complete come le monografie e quelle completabili come le opere in continuazione, in testi in formato elettronico in fase di revisione e alcune pubblicazioni a fogli mobili. Sono invece considerata “continuative” le risorse bibliografiche pubblicate in una successione di parti distinte, non limitate nel tempo e nel numero, come i seriali e le risorse bibliografiche che possono venire integrate in momenti successivi, tra le quali le basi dati bibliografiche, i siti web e le pubblicazioni a fogli mobili (loose-leaf). In particolare, le risorse integrabili hanno la caratteristica di venire ampliate o modificate da aggiornamenti che si integrato nella pubblicazione e non vanno considerati distinti da essa, possono essere forniti separatamente, oppure integrati direttamente dall’autore o dall’editore. La catalogazione delle risorse elettroniche: descrizione e accessi Per rendere possibile la descrizione normalizzata delle risorse elettroniche l’IFLA ha elaborato una specifica applicazione dello standard ISBD e ha pubblicato l’ISBD (ER), come revisione e in sostituzione dell’ISBD (CF) creato nel 1990 per la descrizione dei Computer Files e considerato non più sufficiente per descrivere adeguatamente la sempre più vasta gamma di materiali e risorse digitali disponibili. Nel 2007 anche l’applicazione dello standard per la descrizione delle risorse elettroniche è confluita nell’ISBD preliminary Consolidated edition, su cui si basano per la descrizione dei vari tipi di pubblicazione le Regole italiane di Catalogazione (REICAT). Per la scelta e la forma degli accessi formali alla notizia bibliografica è necessario quindi fare riferimento ancora alle REICAT, ponendo particolare attenzione alla procedura che individua le responsabilità intellettuali, e ne determina il valore rispetto alla pubblicazione. Nella definizione dei materiali che vengono considerati per la descrizione delle risorse elettroniche, lo standard ISBD privilegia e considera le modalità di accesso e il modo in cui l’informazione e la conoscenza vengono diffuse, lette e utilizzate, a volte modificate, vale a dire per mezzo di computer, locali e remoti, collegati alla Rete ed eventuali dispositivi di archiviazione esterna. L’ISBD preliminary Consolidated edition individua come oggetto dello standard due tipi di risorse elettroniche: - I dati, costituiti da informazioni sotto forma di numeri, lettere, grafica; - I programmi, intesi come insiemi di istruzioni o sequenza di istruzioni necessarie a eseguire determinate operazioni: - Combinazione di dati e programmi per realizzare ad esempio servizi online e documenti multimediali interattivi. Dal punto di vista catalografico, sia lo standard che le REICAT distinguono le risorse elettroniche a seconda delle modalità di accesso e a seconda delle modalità di accesso e a seconda che siano distribuite su un supporto materiale oppure accessibili a distanza, e prevedono un trattamento diverso con l’utilizzo di alcune aree ed elementi informativi specifici, a secondo si tratti di Risorse Elettroniche ad accesso Locale (REL) o di Risorse Elettroniche ad accesso Remoto (RER). Le REL sono quindi risorse registrate su un supporto fisico che può essere descritto e che deve essere inserito a cura del lettore in un computer o in una periferica a esso collegata. I supporti utilizzati per questo tipo di risorse possono essere dischi ottici o magnetici. Le RER sono invece prive di un supporto fisico visibile; possono essere registrate nei dispositivi di memoria di un elaboratore e il lettore può utilizzarle direttamente usando lo stesso elaboratore, oppure può accedervi collegandosi per mezzo di un altro computer connesso a una rete locale o a Internet. Il termine remoto viene utilizzato per esprimere una particolare modalità di accesso e non implica il concetto di distanza della risorsa dal lettore, evidenzia invece la mancanza di un supporto fisico da inserire in una periferica e la conseguente necessità di usare un dispositivo per raggiungere la risorsa. In sostanza tra le RER sono comprese tutte le risorse alle quali si accede rete locale, Internet, o qualsiasi sistema di telecomunicazione. E’ opportuno inoltre notare che qualsiasi risorsa elettronica ad accesso remoto resa accessibile e utilizzabile in Internet è considerata pubblicata. A differenza dei materiali che tradizionalmente entrano a far parte del patrimonio di una biblioteca, le risorse elettroniche ad accesso remoto sono soggette a frequenti aggiornamenti che ne modificano le caratteristiche, le informazioni disponibili e le modalità di presentazione; possono inoltre intervenire variazioni dell’indirizzo di Rete, cancellazioni o rimozioni che rendono la risorsa irreperibile. Questa condizione di continua modificabilità e instabilità delle RER rende particolarmente delicato il lavoro del bibliotecario, che deve valutare di volta in volta se le numerose modifiche apportate determinino differenze significative nel contenuto intellettuale e artistico. Sarà necessario, inoltre, che il sistema di gestione verifichi periodicamente la validità del link che collega la notizia bibliografica alla 50 risorsa elettronica al fine di renderla sempre accessibile. La presenza di un indirizzo di Rete non attivo (broken link) nella registrazione bibliografica, rende la risorsa elettronica remota inutilizzabile al pare di un libro perso, o collocato fuori posto negli scaffali della biblioteca. Le innumerevoli risorse elettroniche pubblicate e rese accessibili liberamente in Rete possono in molti casi risultare di scarsa utilità rispetto alle esigenze informative del pubblico a cui la biblioteca si rivolge, o rivelarsi non correttamente mantenute nel tempo e avere vita breve, o ancora dimostrarsi di scarso valore e autorevolezza. Ciò non significa che tutte le REL siano prive di valore, ma che la biblioteca deve adottare nei loro confronti la stessa attenzione e lo stesso comportamento critico che assume quando si trova a dover valutare una donazione di libro ed elaborare delle proprie linee guida che aiutino i bibliotecari a valutare, selezionare e di fatto introdurre nel patrimonio della biblioteca risorse elettroniche utili ai lettori. Lo standard ISBD preliminary Consolidated edition colloca al di fuori del proprio ambito di applicazione, e non considera quindi risorsa elettronica, le calcolatrici programmate, i giocattoli e gli altri oggetti programmati, quali possono essere ad esempio i videogame o i traduttori elettronici. Le REICAT per la descrizione delle risorse elettroniche Le risorse elettroniche sono in genere caratterizzate da una presentazione dei contenuti estremamente variabile, da una configurazione della risorsa spesso personalizzata, oltre che dall’assenza di una struttura formale di presentazione delle informazioni propria della prassi editoriale che distribuisce gli elementi informativi necessari alla descrizione della risorsa in punti precisi e riconoscibili della pubblicazione. Nel corso dell’analisi formale del documento, che è la prima operazione del processo di catalogazione, il bibliotecario dovrà individuare e valutare con attenzione le diverse fonti informative messe a disposizione dalla risorsa, dalle quali dovrà poi ricavare le informazioni necessarie per definire gli elementi informativi da utilizzare nella descrizione del documento. Secondo quanto previsto dallo standard ISBD, le REICAT prescrivono per ogni area le fonti specifiche, ovvero le parti della risorsa da cui ricavare le informazioni necessarie a descriverla; individuano tali fonti distinguendo fra REL e RER. Discostandosi dallo standard con un atteggiamento più coerente con le regole generali e certo più pratico, le REICAT prendono in considerazione per la descrizione delle REL il supporto fisico su cui la risorsa elettronica è registrata, individuando la fonte primaria secondo questo ordine di preferenza: - Fonti esterne , leggibili a occhio nudo senza l’utilizzo di alcuna attrezzatura, rappresentano le parti della risorsa in cui le informazioni dovrebbero essere presentate in modo formale e fra queste le REICAT suggeriscono di preferire, nell’ordine: a) le fonti che sono solidali con il supporto – b) le fonti staccate dalla risorsa come i contenitori del supporto fisico - Fonti interne alla risorsa , accessibili solo con l’utilizzo di un’apposita attrezzatura, indicando ad esempio i titoli di testa come possibile fonte primaria per le videoregistrazioni. Con questa precisazione le REICAT lasciano al catalogatore la facoltà di utilizzare qualsiasi fonte, o l’insieme delle fonti, per individuare gli elementi utili alla descrizione della risorsa. Lo standard ISBD entra più nel dettaglio e indica come fonti primarie per le risorse ad accesso remoto le fondi interne: la schermata del titolo della risorsa, il menu principale, le istruzioni di lancio di un programma, la prima visualizzazione delle informazioni, o altre parti della risorsa con informazioni significative ai fini dell’identificazione, preferendo tra queste la fonte con maggior grado di completezza informativa. Le REICAT indicano di utilizzare come fonte primaria per le risorse ad accesso remoto le informazioni presentate formalmente al principio di un file ottenute accedendo alla risorsa, i metadati inclusi o collegati con il contenuto o la documentazione elettronica resa disponibile dalla risorsa. Le RER più comuni rappresentano in realtà delle risorse integrative ad accesso remoto, ossia delle risorse che vengono aggiornate periodicamente e i cui aggiornamenti vengono integrati a cura dell’autore o dell’editore; in questi casi la fonte primaria sarà costituita dalla versione corrente, integrata da tutti gli aggiornamenti. Le REICAT indicano quindi le fonti da cui devono essere ricavate le informazioni e in particolare stabilisce che le aree 1 (Titolo e indicazione di responsabilità), 2 (Edizione), 4 (Pubblicazione) e 6 (Serie) devono essere utilizzate per prima cosa le fonti primarie, ossia per le REL quelle leggibili a occhio nudo come le etichette e le stampe presenti sul supporto fisico, e a seguire la documentazione, il contenitore e il materiale eventualmente allegato. In alternativa si preferisce come fonte primaria la fonte che presenta le informazioni necessarie, in forma scritta, visualizzabili con l’appropriata attrezzatura. L’intera risorsa può essere invece utilizzata per la descrizione dell’area 5 (Descrizione fisica), mentre qualsiasi fonte informativa possono fornire informazioni per le aree 7 (Note) e 8 (Numeri identificativi). Allo stesso modo le Regole indicano per ogni area la lingua in cui devono essere trascritti gli elementi informativi, e stabilisce che gli elementi nelle aree 1, 2, 4 e 6, essendo di norma trascritti dalla risorsa, devono essere riportati nella descrizione mantenendo la lingua e l’alfabeto in cui 51 appaiono, ovvero la lingua adottata dalla biblioteca per la catalogazione. Gli elementi previsti nelle aree 5, 7 e 8, invece, non essendo trascritti dal documento, vanno dati nella lingua e nell’alfabeto scelti dall’agenzia bibliografica e adottati dalla biblioteca per la catalogazione, ossia in italiano. Fanno eccezione le informazioni ricavate dalla pubblicazione, come il titolo originale, eventuali varianti del titolo e le citazioni dei titoli contenuti nella pubblicazione, trascritti nell’area 7, purché ne venga indicata la fonte; in caso contrario vanno date in italiano. Aree ed elementi caratterizzanti la descrizione delle risorse elettroniche La necessità di ricondurre a una struttura normalizzata le diverse modalità di presentazione delle informazioni richiede una particolare attenzione nell’individuare gli elementi informativi nella risorsa e nel determinare il valore formale che questi possono avere nei confronti della descrizione bibliografica. Lo standard ISBD e le Regole sono caratterizzati da alcune aree ed elementi obbligatori o facoltativi e da due appendici, indicate nelle Regole come “Appendice C” e “Appendice D”, nelle quali vengono elencate le espressioni raccomandate per indicare le caratteristiche generiche e quelle specifiche del materiale, che vanno registrate rispettivamente in area 1 e in area 5. Le aree particolarmente rilevanti per la descrizione delle risorse elettroniche sono: - L’area 1 : presenta la DGM (designazione generica del materiale): elemento facoltativo posto dallo standard ISBD subito dopo il titolo, ma il cui uso è fortemente raccomandato nella descrizione delle risorse elettroniche ed estremamente utile nei cataloghi che rappresentano in modo integrato materiali librari e non librari, in quanto fornisce subito al lettore informazioni sulla categoria di materiale a cui il documento appartiene. Al contrario, invece, viene registrato dalle REICAT fuori della descrizione bibliografica, in un campo autonomo; - L’area 5 , che è obbligatoria per le REL e in cui vengono indicate la Designazione specifica del materiale e le altre caratteristiche della risorsa o del supporto su cui è registrata. Il primo elemento dell’area 5, il DSM, informa il lettore sul numero di parti fisiche che costituiscono la risorsa e su quale particolare tipo di supporto essa è registrata. - L’area 7 , che indica due note come obbligatorie: le Note sulla fonte del titolo, obbligatorie per tutte le risorse elettroniche; le Note sui requisiti e le caratteristiche tecniche nelle quali indicare, per le REL i requisiti tecnici per poter utilizzare la risorsa e per le RER le modalità di accesso. Questi elementi hanno il compito di completare la descrizione e di ospitare tutte le informazioni che formalmente non possono essere collocate nelle altre aree. Per le REICAT le numerose possibili note previste devono essere contrassegnate ognuna con un punto (.), differenziandosi in questo dallo standard ISBD che prescrive invece di utilizzare punto spazio trattino spazio (. - ); l’ordine in cui le note devono essere riportate segue la successione prevista dallo standard per le aree. Le informazioni possono essere molte ma è importante per il lettore conoscere quali caratteristiche deve avere l’elaboratore per poter usare la risorsa rappresentata nella notizia bibliografica. A tal proposito le REICAT cercano di limitare le informazioni superflue suggerendo di omettere i requisiti che sono impliciti nel tipo di materiale o di supporto, ad esempio il lettore nel caso di una videocassetta o di un DVD. Ogni requisito indicato deve essere preceduto da un punto e virgola, solo seguito e non preceduto da spazio. L’indicazione dei requisiti di sistema può non essere necessaria per le risorse elettroniche ad accesso remoto (RER), ma se è ritenuta necessaria, questa indicazione per le REICAT va data di seguito alle modalità di accesso; secondo lo standard ISBD, invece, va registrata come prima nota. La . – Nota sulle modalità di accesso è invece necessaria e fondamentale per la descrizione delle RER e per lo standard ISBS si riporta come prima note, oppure, se è stata registrata anche la nota sui requisiti di sistema le modalità di accesso vanno indicate in seconda posizione. In questa nota vanno riportate tutte le indicazioni necessarie per consentire al lettore di accedere alla risorsa remota e in particolare, preceduto dalla frase “Modalità di accesso”, va indicato se la risorsa si trova in Internet o all’interno di una Rete locale universitaria. La nota sulle modalità di accesso potrebbe essere configurata in questo modo: . – Modalità di accesso: WWW, URL: https://aibstudi.aib.it; richiede Adobe Reader per leggere i documenti scaricati. . – Modalità di accesso: Internet via FTP: ftp://ftp-gnu.org Nelle risorse elettroniche la modalità di presentazione delle informazioni è estremamente varia e può cambiare da risorsa a risorsa. Per questo motivo, le Regole stabiliscono che è necessario e obbligatorio indicare nella descrizione di tutte le risorse elettroniche la fonte primaria scelta: pagina, etichetta, schermata, intestazione del file o qualsiasi altra 52 Autore di contributo straordinario → qualsiasi persona, organizzazione o servizio, diversa dal Creatore, a cui la responsabilità di aver contribuito alla realizzazione del contenuto intellettuale o artistico della risorsa. Editore → identifica una persona, organizzazione o servizio, responsabili di produrre o di rendere disponibile e accessibile la risorsa, nella sua forma corrente. Se il Creatore o l’Editore sono la stessa persona o ente o servizio non è necessario ripeterne il nome in questo elemento. Gestione dei diritti → informa sui diritti esercitati sulla risorsa. Normalmente contiene istruzioni per la gestione dei diritti sulla risorsa. L’informazione sui diritti spesso comprende i diritti di proprietà intellettuale, Copy-right e altri diritti di proprietà. Data → associata a un evento del ciclo di vita della risorsa, viene associata con la data di creazione o di disponibilità della risorsa. Formato → descrive la manifestazione fisica o digitale della risorsa e può includere sia il tipo di supporto che le dimensioni della risorsa intese come grandezza. Può essere usato per indicare il software, l’hardware o altri eventuali attrezzature necessarie alla visualizzazione o all’elaborazione della risorsa. Lo schema raccomanda l’uso di un vocabolario controllato. Lingua → la lingua del contenuto intellettuale della risorsa, si raccomanda l’uso di valori presi da una lista standard. Identificatore → esprime un riferimento univoco alla risorsa nell’ambito di un dato contesto e anche per questo elemento lo schema suggerisce di identificare la risorsa con un sistema formale di identificazione, ma è consentito anche utilizzare un identificatore locale come l’ID number o le segnature di collocazione, assegnati dal Creator della risorsa per identificare. 12. I FORMATI DI SCAMBIO DEI DATI BIBLIOGRAFICI: UNIMARC I formati di scambio dei dati bibliografici Nel processo di informatizzazione delle procedure, la catalogazione e il relativo inserimento dei dati sono le operazioni che comportano l’impiego di più risorse in termini di tempo; una caratteristica peculiare dello strumento è quella di favorire la circolazione dei dati, cioè la possibilità per le biblioteche di condividerli, di scambiarli, oppure di derivarli. Perché questo sia possibile, è necessario che i dati bibliografici siano strutturati secondo un formato comune che li etichetti e assegni loro un preciso significato. In sostanza, un formato di scambio standard suddivide e struttura tutti gli elementi informativi e tutti gli accessi in campi e sottocampi, contrassegnati con numeri o lettere che hanno un preciso significato per il programma di gestione e che permettono al software di riconoscere il significato e il contenuto di ciascun campo e sottocampo. La necessità di predisporre un formato comune di scambio dei dati bibliografici è stata affrontata concretamente nel 1965 dalla Library of Congress di Washington con il progetto MARC, avviato per promuovere la rapida distribuzione delle informazioni catalografiche tra le biblioteche nordamericane con l’utilizzo di tecnologia informatica. Molte nazioni, nel tempo, hanno sviluppato formati MARC particolari adattando il formato originale alle caratteristiche e alle esigenze linguistiche e catalografiche proprie: LMARC e USMARC, CANMARC, UKMARC, MARC21, ANNAMARC (Automazione Nella Nazionale, formato MARC italiano), ecc. La nascita di tanti “dialetti” ha comportato uno sforzo internazionale di unificazione bibliotecaria verso un unico formato, l’UNIMARC (Universal MARC), che mira a costituire una sorta di lingua franca attraverso la quale rendere possibile la conversione e la circolazione dei dati bibliografici tra nazioni e istituzioni bibliotecarie senza obbligarle a sviluppare e utilizzare tanti software di conversione quanti sono i vari MARC esistenti. UNIMARC: cenni storici Lo sforzo internazionale di unificare verso un unico formato di scambio dei dati bibliografici è stato uno degli obiettivi dichiarati dall’IFLA (International Federation of Library Associations and institutions) all’interno del programma di Controllo Bibliografico Universale (UBC) avviato nel 1974 con lo scopo di creare un sistema mondiale per lo scambio controllato delle informazioni bibliografiche che rendesse universalmente e immediatamente disponibili le registrazioni bibliografiche delle pubblicazioni di qualsiasi paese ricevute dalle Agenzie Bibliografiche Nazionali (ad esempio la BNI). Il programma si era proposto di promuovere lo scambio e l’uso di registrazioni bibliografiche in un formato condiviso, tra le biblioteche in generale e tra le Agenzie Bibliografiche Nazionali, attraverso la standardizzazione delle descrizioni bibliografiche e dei criteri di scelta e forma degli accessi presenti nelle stesse 55 registrazioni. Un altro obiettivo del programma di UBC era far adottare a ogni nazione il principio che l’Agenzia Bibliografica Nazionale è responsabile per la compatibilità bibliografica dei record prodotti nel rispetto delle regole nazionali. Se i dati bibliografici nazionali fossero in forma elettronica, il programma UBC avrebbe avuto anche il compito di creare e mantenere nel tempo gli standard necessari per consentire lo scambio dei dati. Inoltre, la sezione incaricata di seguire la catalogazione si era posta l’obiettivo di rimuovere le barriere che limitano l’applicabilità universale degli standard e che impediscono lo scambio internazionale dei record bibliografici. Le attività e le finalità dell’UBC risultarono poi essere complementari con quelle del MARC Programme e i due programmi finirono per fondersi nel 1987, e dare vita a un unico grande progetto, l’UBCIM (Universal Bibliographic Control and International MARC programme), che di fatto riuniva le finalità originarie dei due programmi IFLA di promuovere la diffusione di registrazioni bibliografiche compatibili e di favorire questa diffusione con un formato internazionale per lo scambio dei dati. Nel 1977 e nel 1980 vennero pubblicate rispettivamente la prima e la seconda edizione del formato, nelle quali veniva delineata la struttura teorica di UNIMARC. Test successivi portarono alla pubblicazione dell’UNIMARC Handbook, prima vera guida all’applicazione del formato. L’Handbook e lo studio di base del 1980 furono poi riuniti nella revisione dello standard, pubblicata nel 1987 come UNIMARC Manual. L’attività di revisione e aggiornamento portò alla pubblicazione della seconda edizione dell’UNIMARC Manual nel 1994 e al rilascio di cinque successivi Updates pubblicati tra il 1996 e il 2005. La terza edizione del Manuale UNIMARC Bibliografico viene continuamente aggiornata dal 2012, assieme alle altre applicazioni del formato sviluppate per consentire lo scambio delle Notizie di Autorità, di quelle relative alla Classificazione e quelle che riguardano gli Esemplari posseduti dalle biblioteche. UNIMARC: il formato bibliografico Il formato di un record bibliografico può essere inteso come un modello di presentazione strutturata dell’informazione comprensibile sia alle persone sia ai software di gestione della biblioteca che sono in grado di trattare solo informazioni strutturate con tutti gli elementi informativi opportunatamente e univocamente etichettati. Queste informazioni forniscono all’elaboratore i dati che riguardano la struttura e le modalità di gestione del record, come ad esempio la data di creazione e di modifica, la sua lunghezza in caratteri, l’indicazione di quali siano e da quanti caratteri siano costituite gli elementi informativi e i relativi campi che lo compongono, quali elementi devono essere indicizzati, o con quali altre notizie bibliografiche il record è collegato. Il formato di un record è definito dalla struttura, dagli identificatori del contenuto e dal contenuto del record, cioè dai dati veri e propri e dalle informazioni che sono contenute in campi e sottocampi. Ad esempio, le stesse ISBD, nel definire le regole per descrivere un documento, effettuano un’analisi dell’informazione bibliografica e ne derivano un modello organizzativo strutturato in aree ed elementi informativi, codificati ed etichettati da una punteggiatura e da una posizione convenzionali che permettono di identificarne il contenuto. L’analisi fatta dalle ISBD risulta però insufficiente e non abbastanza univoca da consentire a un software di riconoscere e gestire con sicurezza la notizia bibliografica, mentre può essere utile per rappresentare e rendere leggibile sullo schermo o in una stampa le notizie bibliografiche, che vengono registrate e strutturate secondo lo specifico formato record previsto dal software. I formati MARC e fra questi l’UNIMARC, costituiscono uno standard per la rappresentazione e lo scambio di dati bibliografici in una forma che risulta comprensibile agli elaboratori elettronici, ed è importante comprendere che questi formati non si occupano di come descrivere e catalogare un documento, ma di codificare in modo standardizzato le informazioni bibliografiche nei record usati dai diversi software di gestione delle biblioteche. Da una struttura del record estremamente frammentata e codificata come quella offerta da UNIMARC è possibile ricomporre la notizia bibliografica in funzione delle specifiche esigenze di gestione, scambio dei dati, visualizzazione o stampa. Notizia visualizzata con etichette dei campi comprensibili: - Titolo – Manuale di biblioteconomia Autore – Montecchi Giorgio Altri autori – Venuda Fabio Edizione – 2. Ed. Editore – Editrice bibliografica Luogo – Milano Anno – 2000 Serie – Bibliografia e biblioteconomia ; 50 Lingua – italiano Descr. Fisica – 274 p. ; 21 cm 56 ISBN – 8870755401 Prezzo – L 28.000 Soggetti – biblioteconomia Notizia visualizzata secondo l’ISBD: - Manuale di biblioteconomia / Giorgio Montecchi, Fabio Venuda. – 2. ed. – Milano : Editrice bibliografica, 2000. – 274 p. ; 21 cm. – (Bibliografica e biblioteconomia ; 50) – ISBN 88-7075-540-1 ; L. 28000 Questi sono due esempi delle possibili modalità di visualizzazione di una notizia bibliografica che possono essere ottenute utilizzando un catalogo informatizzato, molte altre possono essere configurate dal software per ottenere ad esempio dei report sulle attività della biblioteca, o per rispondere alle esigenze di elaborazione delle diverse procedure operative, come la gestione del prestito, le acquisizioni, la gestione dei fascicoli di periodico e altro. In realtà la forma che assume il record per poter essere gestito deve rispettare la sintassi indicata dallo standard ISO 2709, su cui si è basato lo sviluppo dei diversi formati MARC e lo stesso UNIMARC, che invece forniscono l’aspetto semantico, ossia definiscono, codificano e danno significato a ogni elemento informativo del record, differenziando un formato dall’altro. Per adeguare le tecniche di trasferimento dei record bibliografici alle nuove esigenze di elaborazione in rete, per mettere in grado di gestire ad esempio anche il trasferimento di record fra i formati MARC e gli schemi di metadati sono state avviate numerose iniziative per codificare i record bibliografici per mezzo del linguaggio XML (eXstensibile Markup Language) e sostituire il vecchio e rigido ISO 2709 ai fini del loro trasferimento tra sistemi. Terminologia e struttura dei campi Secondo la sintassi ISO 2709, un’etichetta (tag) consiste in un numero di tre cifre che identifica il tipo di dati contenuti nel campo a esso associato. Ad esempio, in UNIMARC le informazioni relative all’area 1 della descrizione, si trovano nel campo che ha come etichetta il numero 200. Gli indicatori sono dei codici, costituiti da una cifra da 0 a 9, o da uno spazio (identificato dal carattere #), che forniscono al sistema speciali istruzioni sui dati contenuti nel campo che segue. Gli indicatori permettono di informare il sistema se il nome di un autore personale utilizzato come accesso è dato in forma diretta o inversa, oppure se il titolo sia significativo e debba quindi costituire un accesso alla notizia bibliografica. Il delimitatore di sottocampo è un carattere speciale e ha il compito di segnalare al sistema che il carattere che segue è un codice di sottocampo e non fa parte dei dati bibliografici. I diversi sistemi possono visualizzare questo carattere in modo differente, anche se solitamente si usa il simbolo del dollaro ($). Un codice di sottocampo è un codice alfanumerico, costituito dalla lettera minuscola che identifica il tipo di dati che si trovano nel sottocampo che segue (esempio: $a). Struttura del record bibliografico in UNIMARC Secondo quanto indicato dalla norma ISO 2709, UNIMARC nel trasferire i dati, organizza la struttura del record in tre parti: 1. La Guida, Record label o Leader, che fornisce le informazioni sulla struttura dei record, si trova all’inizio di ogni record ed è obbligatoria. La guida non ha etichetta, indicatori o sottocampi, è una stringa costituita da 24 caratteri e gli elementi informativi codificati che contiene sono identificati dalla posizione che occupano nella guida; convenzionalmente le posizioni vanno dalla 0 alla 23. La maggior parte degli elementi codificati nella guida viene definita dal software di catalogazione. Esempio di guida UNIMARC: 00778nam0#2200265###450 → la registrazione è lunga 778 caratteri (“00778), si tratta di un nuovo record (“n”), riguarda una pubblicazione a stampa (“a”), monografica (“m”) e non ha legami con altre registrazioni (“0”), gli indicatori sono di due caratteri (sempre “2”), gli identificatori di sottocampo sono di due caratteri (“2”); posizione del carattere da cui inizia il primo campo di dati (“02625”), la notizia è stata catalogata e codificata da UNIMARC con il libro in mano (“#”) e interamente conforme a ISBD (“#”), lunghezza in caratteri del contenuto del campo (sempre “4”), numero complessivo di caratteri per indicare nell’indice la “posizione di partenza del contenuto del campo” (sempre “5”). 2. L’indice o Directory che indica quali sono i campi utilizzati nel record, di quanti caratteri sono costituiti e in quale punto del record ISO 2709 sono registrati; viene creato automaticamente dal software di gestione della biblioteca e non prevede alcun intervento del catalogatore, come la guida anche l’indice non viene 57 Il blocco 7 registra le intestazioni, ovvero i nomi di persone o di enti che hanno una qualche responsabilità intellettuale rispetto alla creazione del documento rappresentato dalla notizia bibliografica. Il formato distingue fra nomi di persona, nomi di ente e nomi di famiglia, e individua per ogni categoria tre livelli di responsabilità intellettuale: autore principale, autore alternativo e autore secondario. - Nomi di persona: campi 700 (principale), 701 (alternativo) e 702 (secondario) - Nomi degli enti: campi 710 (principale), 711 (alternativo) e 712 (secondario) - Nomi di famiglia: campi 720 (principale), 721 (alternativo) e 722 (secondario) Nel blocco 7 è stato inserito un nuovo campo, identificato nel tag 730, che ha il compito di accogliere le responsabilità intellettuali, provenienti dalla conversione da uno schema di metadati, come gli elementi Creator o Contributor di Dublin Core, in una forma che non richiede l’uso di regole catalografiche né l’indicazione del livello di responsabilità dell’autore. Blocco 4, i legami tra le notizie Una notizia bibliografica contiene spesso informazioni che la collegano e rinviano a un’altra notizia bibliografica e quindi a un altro record; è il caso, ad esempio, della registrazione relativa a un periodico che segnala la presenza di un supplemento, o l’esistenza di un titolo con cui precedentemente il periodico è stato pubblicato. Queste informazioni, che chiameremo legami, danno la possibilità di visualizzare le notizie collegate ad altre notizie e di passare da una notizia all’altra senza dover reimpostare e ripetere la ricerca. Nel catalogo i legami sono costituiti dal numero del record e dal titolo della notizia alla quale punta il collegamento, e costruiti secondo le tecniche definite da UNIMARC. Il campo 430 indica che, per un periodico, il “Titolo B” è la continuazione del “Titolo A”, catalogato in un diverso record bibliografico, mettendoli in relazione. Il campo 440, invece, indica che il “Titolo A” è continuato da “Titolo B”. E’ significativo ricordare i legami tra i livelli di descrizione che collegano la registrazione di una pubblicazione in più volumi con i record relativi a ognuno dei singoli volumi, e viceversa. UNIMARC prevede due diverse tecniche per gestire i legami e indicare nei campi 4xx gli elementi che puntano alla notizia collegata: una tecnica detta embedding, da sempre parte del formato e adottata in Italia ad esempio dalla BNI, e una tecnica definita standard, che è stata elaborata successivamente per rispondere alle specifiche esigenze di paesi grandi utilizzatori di UNIMARC, come la Francia. Blocco 8, campi a uso internazionale Il blocco 8 contiene i campi relativi a informazioni che non rientrano nella definizione e nella destinazione d’uso dei blocchi precedenti. Fa parte di questo blocco l’ultimo dei campi considerati obbligatori dal formato, l’801, dedicato ad accogliere i dati di origine del record e che può contenere le informazioni sull’agenzia bibliografica che lo ha creato. Tra gli altri campi del blocco è opportuno ricordare il tag 856, introdotto nel formato per ospitare le informazioni che permettono di localizzare la risorsa elettronica remota catalogata nel record e di accedervi secondo il metodo identificato dal primo indicatore. Fra le varie informazioni contenute nel campo, il sottocampo $u registra e mette a disposizione gli URI e fra questi l’URL, ossia l’indirizzo Internet, della risorsa elettronica, che ad esempio consente agli OPAC dotati di interfaccia web per la consultazione di poter associare al record bibliografico il link per poterla raggiungere, visualizzare e ottenere. Blocco 9, uso nazionale e locale Il Blocco 9 chiude il formato ed è riservato a un uso nazionale e locale, cioè all’uso che ne possono fare le agenzie bibliografiche e le biblioteche che usano UNIMARC come formato di catalogazione e a questo proposito il Manual esprime la raccomandazione che i campi di questo blocco vengano esclusi dallo scambio internazionale dei dati bibliografici. Per l’uso locale il Manual assegna poi tutte le etichette che presentino in qualsiasi posizione la cifra 9, in quanto il Comitato UNIMARC Permanente continuerà a non considerarli rispetto alle esigenze del formato. I campi obbligatori I campi che il formato definisce come obbligatori per poter costituire un record UNIMARC, sono: 001 il numero dei record, 100 i dati generali per l’elaborazione, 101 la lingua in cui è scritto il documento, 200 $a titolo e 801 i dati di origine del record. A questi campi vanno aggiunti il 230 indicato come obbligatorio per accogliere la designazione e l’estensione delle risorse elettroniche, e i campi 120, 123 e 206 destinati rispettivamente ai dati codificati, a scala e 60 coordinate, e ai dati matematici. Oltre al formato destinato ad accogliere i record bibliografici, il Bibliographic manual, l’attività dell’IFLA ha considerato nel corso degli anni anche altri elementi complementari alla circolazione delle informazioni catalografiche. Tra il 1991 e il 1994, l’IFLA sviluppa e pubblica anche l’UNIMARC Manual Authorites Format, un formato studiato per consentire e favorire lo scambio dei record di autorità e il mantenimento della coerenza nella forma dei punti di accesso controllati in un catalogo elettronico. Nel 2007 l’IFLA rilascia il Manuale dell’UNIMARC Holding Format, realizzato con lo scopo di accogliere in registrazioni distinte le informazioni riferite all’esemplare di un’opera posseduta dalla biblioteca, come ad esempio il nome dell’istituzione, il numero di inventario, la segnatura di collocazione, o gli elementi necessari per localizzare e accedere a una risorsa elettronica. Il Bibliographic Framework (BIBFRAME) Nel 2011, la Library of Congress di Washington ha avviato il progetto Bibliographic Framework (BIBFRAME) con l’intento di superare l’organizzazione dei record bibliografici finora attuata con il format MARC. Si tratta di un nuovo modello “linked data entity-relationship” che in un certo senso unisce il modello FRBR ai linked data. La versione 2.0 di questo modello organizza le informazioni bibliografiche su tre livelli, costituiti dalle entità riferite all’attività intellettuale e artistica opera, istanza e item, dove opera integra le due entità distinte di FRBR opera ed espressione, istanza è analogo all’entità manifestazione, e item è corrispondente alla stessa entità in FRBR; a questi si affiancano tre “concetti chiave” aggiuntivi (agenti, soggetti ed eventi) che si relazionano con le tre entità principali e rappresentano le responsabilità rispetto all’opera (agenti), gli argomenti di cui tratta l’opera (soggetti) e la registrazione di occorrenze tratti dal contenuto dell’opera (eventi). Una delle operazioni indispensabili per il passaggio a BIBFRAME e ai linked open data è costituita dalla mappatura dei campi e sottocampi MARC tra i modelli e la riformattazione dei dati. 13. COLLOCAZIONE, GESTIONE DELLE RACCOLTE E PRESTITO La collocazione L’operazione che assegna a un libro il suo posto in biblioteca e formula la segnatura di collocazione che questo posto identifica, può essere fatta in diversi momenti. Se la biblioteca adotta una collocazione legata alle sale oppure agli armadi, il lavoro può essere svolto da personale senza una preparazione specifica, ricorrendo a una tabella di riferimento; se invece il materiale viene distribuito in modo sistematico a scaffale aperto è opportuno che la collocazione del libro e la costruzione della segnatura di collocazione siano operazioni che rientrano nelle procedure di catalogazione affidate a personale con specifiche competenze biblioteconomiche. In passato veniva creato e mantenuto un catalogo topografico suddiviso per tipi di materiali, dove le schede erano ordinate secondo la segnatura di collocazione, riproducendo quindi la distribuzione dei libri negli scaffali. Questo catalogo veniva anche utilizzato per effettuare verifiche periodiche sulla presenza o meno dei libri disposti per materia a scaffale aperto. In calce alle schede inserite nel catalogo topografico cartaceo, risultava utile riportare il tracciato, cioè l’elenco degli accessi per autore, soggetto e classificazione utilizzati nelle schede create e collocate nei rispettivi cataloghi. In un catalogo elettronico, la segnatura di collocazione viene inserita nei record di esemplare che identificano la copia posseduta. La disponibilità di un catalogo topografico è assolta dal software di gestione con la costruzione di un indice delle segnature di collocazione, ciascuna collegata alla notizia bibliografica e ai dati che completano le informazioni sul singolo esemplare, oppure con la predisposizione di appositi report. Ogni biblioteca organizza le proprie raccolte come ritiene opportuno, a seconda degli spazi che ha a disposizione e del tipo di servizio che vuole offrire al suo pubblico. Una biblioteca può disporre i propri materiali in modo che al lettore sia consentito di accedere agli scaffali e prendere direttamente i libri che lo interessano, oppure può tenere i materiali separati dal pubblico e obbligare il lettore a rivolgersi al personale della biblioteca per ottenere un libro; questi due modi di organizzare i depositi della biblioteca sono definiti “a scaffale aperto” il primo, “a scaffale chiuso” il secondo. La collocazione a scaffale aperto Le biblioteche che adottano il sistema a scaffale aperto devono disporre i propri materiali secondo un ordine che aiuti il lettore a orientarsi. Di solito viene utilizzato il numero di classificazione assegnato al libro: il risultato sarà una distribuzione dei libri a scaffale organizzata per materia. In realtà più libri possono appartenere ad una specifica disciplina e quindi avere lo stesso numero di classificazione; è necessario comporre la segnatura di collocazione 61 accompagnando a questo numero le altre lettere o numeri che consentano di ordinare e distinguere i libri all’interno della stessa classe, ad esempio utilizzando le prime tre lettere del cognome dell’autore accompagnate dalle prime due del nome (3+2), oppure una chiave alfabetica ricavata dall’accesso formale alla notizia individuato come principale, sia esso persona, ente o titolo (autore persona 4+1+1: le prime quattro lettere del cognome, seguite dalla prima del nome ed eventualmente la seconda del nome). Questo modo di disporre le raccolte ha il vantaggio di favorire l’avvicinamento del lettore ai libri, che possono essere scelti come a casa, valutandone in concreto il grado di interesse, senza passare per mediazioni costituite dal catalogo o dal personale. Per agevolare l’utilizzo delle raccolte ordinate a scaffale aperto da parte del pubblico, la biblioteca deve predisporre dei materiali, dépliant o manifesti, con lo schema di classificazione adottato, che spieghino i criteri utilizzati per la collocazione dei libri e guidino il lettore nella ricerca. Per realizzare questo tipo di distribuzione del materiale la biblioteca deve disporre di molto spazio; una collocazione dei libri per materia comporta che i nuovi arrivi trovino posto tra gli altri libri che appartengono alla stessa disciplina e non seguendo un mero ordine di arrivo. Per questo motivo è necessario lasciare vuoto almeno un terzo di ogni palchetto e almeno uno o due scaffali interi alla fine di ogni classe principale, e riservare cosi dello spazio nel quale poter accogliere i libri nuovi senza dover far scorrere l’intera raccolta. Risulta evidente che la collocazione a scaffale aperto favorisce anche eventuali furti che danneggiano sia le collezioni, sia il pubblico, defraudato di un bene prezioso. Per evitare questa attività illecita le biblioteche devono dotarsi di sistemi definiti “anti-taccheggio”. Questi sistemi sono costituiti da striscioline adesive magnetizzabili che vanno poste all’interno dei libri, tra le pagine o dentro il dorso della rilegatura, e da antenne poste vicino all’uscita che rilevano il passaggio di libri potetti con le strisce magnetiche facendo scattare un allarme sia acustico che ottico. Le strisce possono essere magnetizzate in modo permanente per proteggere i libri che la biblioteca non autorizza a far uscire dalle sale di lettura, oppure smagnetizzabili e rimagnetizzabili con un apposito apparecchio, per consentire alla biblioteca di effettuare il servizio di prestito esterno. Il sistema RFID (Radio Frequency IDentification) Si tratta di una tecnologia per la memorizzazione e il trasferimento di informazioni tra dispositivi e l’identificazione a distanza di oggetti, animali e persone, basata sulla radiofrequenza e costituita essenzialmente da due elementi: il tag, costituito da un piccolo e sottile chip di memoria non volatile e da un’antenna piatta a forma di spirale, e il lettore. Il tag di solito è montato su un supporto, ad esempio un’etichetta adesiva che lo nasconde e può essere applicata a qualsiasi oggetto. Il chip ha il compito di memorizzare le informazioni necessarie al riconoscimento dell’oggetto; mentre il lettore attiva a distanza il chip tramite la corrente generata per induzione dall’antenna del tag, che a sua volta trasmette al lettore le informazioni contenute nel chip. In biblioteca, nei tag applicati ai libri, vengono registrate le informazioni come la segnatura di collocazione, il numero di ingresso o di inventario, volendo anche il titolo o la biblioteca di appartenenza e così via. Nel lettore può venire invece trasferita, dal software di gestione della biblioteca, una sequenza di segnature di collocazione relative a una sezione della raccolta libraria: passando il lettore lungo i dorsi dei libri collocati a scaffale, viene attivato il chip presente nel tag di ciascun libro e la sequenza di informazioni, ad esempio le segnature di collocazione, vengono confrontate dal lettore con la corretta sequenza memorizzata in precedenza. La presenza del tag nei libri e nelle risorse della biblioteca assolve anche la funzione di antitaccheggio, grazie ad apposite antenne che possono leggere le informazioni registrate nel chip, è possibile individuare l’uscita non autorizzata di libri per i quali non sono state effettuate le operazioni di prestito. La collocazione a scaffale chiuso Nelle biblioteche dove le raccolte sono organizzate a scaffale chiuso, i lettori vengono esclusi dall’accesso ai magazzini e sono costretti a chiedere e ottenere ogni singolo libro dal personale addetto; l’ordine che viene dato alle raccolte ha l’unico scopo di consentire al personale di trovare e recuperare in ogni momento i libri che vengono richiesti dai lettori. Diversi possono essere i criteri che sono alla base di un ordinamento dei libri a scaffale chiuso: la biblioteca può contrassegnare le sale, numerare gli scaffali presenti in ogni sala, i palchetti dello scaffale e i libri che riempiono il singolo palchetto, ottenendo una segnatura di collocazione del tipo: A 5 IV 18 → il libro cercato è collocato nella sala A, dentro il quinto scaffale, sul quarto ripiano ed è il diciottesimo libro in sequenza. Un altro possibile tipo di ordinamento può essere la collocazione del materiale per formato, che consiste nell’individuazione con una lettera tre o quattro altezze standard dei libri, ad esempio A fino a 18 cm di altezza, e nel comporre la segnatura di collocazione utilizzando la lettera corrispondente all’altezza del libro e un numero di sequenza progressivo. Questo sistema consente di organizzare l’altezza dei ripiani in modo da sfruttare al massimo la capienza degli scaffali, e di mettere uno vicino all’altro libri della stessa altezza. Il vantaggio che deriva dall’adottare questi tipi di ordinamento è il pieno 62 documento, l’avviso al lettore e la consultazione o consegna del materiale, l’eventuale pagamento del prestito, la riconsegna del libro da parte del lettore, la rispedizione del materiale alla biblioteca che lo ha prestato. Il lettore effettua una richiesta di ILL fornendo tutti gli elementi necessari a identificare il documento di cui ha bisogno; la notizia bibliografica fornita dal lettore può essere frutto di una ricerca effettuata dal servizio di reference, e non ha quindi bisogno di essere controllata perché ricavata da fonti affidabili. La disponibilità odierna di moltissimi cataloghi informatizzati, raggiungibili con collegamento online, consente di effettuare contemporaneamente le operazioni di controllo della notizia bibliografica fornita dal lettore e di localizzazione del documento. Appurata la correttezza della richiesta di ILL inoltrata dal lettore, il servizio deve provvedere a individuare la biblioteca o il possibile fornitore in possesso del documento cercato, al quale va inviata la richiesta di prestito interbibliotecario. Per evitare una ricerca dispersiva o casuale, il servizio di reference deve selezionare un numero limitato di biblioteche, sia italiana che straniere, sia dei termini di rispedizione sia dello stato di conservazione del materiale, per i quali il reference fa da garante. Nella selezione delle biblioteche con le quali avviare un rapporto di prestito interbibliotecario si deve tener conto della quantità e della qualità delle raccolte, delle eventuali discipline che caratterizzano la specializzazione della biblioteca sulla quale orientare l’invio di richieste specifiche e della politica di prestito applicata, cioè il periodo di tempo e di tipi di materiali per i quali viene concesso il prestito, la disponibilità a fotocopiare articoli di periodico o parti di libro, la possibilità di ottenere una riproduzione in microfilm di materiali particolarmente delicati, le eventuali tariffe e le modalità di rispedizione richieste. Il bibliotecario di reference generalmente provvede a tracciare un itinerario dei cataloghi sui quali effettuare la ricerca di localizzazione. Gli elementi di cui deve tener conto per orientare la ricerca sono il tipo di documento richiesto, la data e il luogo di pubblicazione, la materia o l’argomento trattato. La ricerca deve essere mirata a localizzare il documento nelle biblioteche più vicine e che possono essere raggiunte anche personalmente dal lettore; in seguito, la ricerca può venire estesa via via alle biblioteche europee e come ultima risorsa alla biblioteca nazionale del paese. In realtà, qualche ritardo nella conversione dei cataloghi cartacei in quelli informatizzati rende alcuni casi poco agevole il ricordo alle nostre biblioteche per ottenere questo tipo di servizio. Questa situazione è in costante miglioramento grazie ai numerosi progetti avviati, e completati, per l’informatizzazione delle biblioteche e per la conversione retrospettiva dei cataloghi cartacei. Le principali iniziative italiane di cooperazione che favoriscono la diffusione del servizio in un’ottica di condivisione delle risorse e dei patrimoni disponibili sul territorio nazionale sono il servizio ILL di SBN e il sistema NILDE. ILL SBN è il servizio di prestito interbibliotecario e di fornitura di documenti messo a punto dal Servizio bibliotecario nazionale, è integrato con il catalogo nazionale SBN, con il catalogo nazionale dei periodici ACNP e con il catalogo di spoglio di periodici ESSPER ed è accessibile in Rete sia per i lettori che per le biblioteche. Il servizio è aperto a tutte le biblioteche che possono effettuare solo richieste o anche prestare il proprio materiale e che si impegnano a garantire i tempi di risposta e di fornitura del servizio. NILDE (Network Inter-Library Docuemt Exchange) è un sistema web per il prestito interbibliotecario di libri e per la richiesta e la fornitura di documenti tra le biblioteche, sia in formato analogico che digitale. Il servizio è disponibile grazie alla cooperazione di oltre 900 biblioteche italiane ed europee. Individuata la biblioteca in possesso del documento necessario al lettore, il servizio di reference deve procedere all’invio di una richiesta formale. Questa può essere inoltrata per posta elettronica al servizio di prestito interbibliotecario della biblioteca che possiede il documento. Un altro sistema che molte biblioteche adottano per ricevere le richieste online ILL e DD è rappresentato da appositi moduli elettronici predisposti come pagine web e compilati a cura della biblioteca richiedente. Qualunque sia la modalità utilizzata per inoltrare la richiesta di prestito, la biblioteca deve aver cura di riportare correttamente tutte le informazioni necessarie a individuare il documento richiesto o l’eventuale sua parte e fornire i dati completi per la consegna dei materiali. L’attenta selezione delle biblioteche a cui rivolgersi per il servizio di prestito interbibliotecario esclude una risposta negativa e si conclude con l’invio del documento richiesto. Generalmente il materiale viene inviato come pacco postale assicurato o raccomandato, o per rispondere in modo rapido alle richieste dei lettori, viene normalmente utilizzata la posta elettronica per spedire un file PDF del documento, acquisito con lo scanner o già disponibile in formato digitale. La comunicazione tempestiva al lettore è un punto importante e qualificante del servizio; infatti il bibliotecario non può essere a conoscenza dell’urgenza che ha il lettore e ricevere il libro o l’articolo per continuare i suoi studi; inoltre è fondamentale dare la possibilità al lettore di sfruttare al massimo il periodo di prestito concesso dalla biblioteca che presta il libro, tenuto conto che si tratta generalmente di tre o quattro settimane e che, a volte, sono compresi anche i tempi postali. La messa a disposizione dei documenti al lettore si può svolgere in modo diverso a seconda del tipo di documento: la richiesta di articoli di periodico si esaurisce con la semplice 65 consegna della stampa del file dell’articolo al lettore, mentre le modalità di consultazione di un libro sono dettate dalla biblioteca che lo presta; spesso questa chiede che la consultazione del libro venga effettuata nelle sale della biblioteca richiedente e vieta l’esecuzione di fotocopie anche parziali dell’opera. Scaduto il periodo di prestito, la biblioteca provvede alla rispedizione del libro come pacco assicurato o raccomandato, o in genere seguendo gli stessi criteri adottati dalla biblioteca proprietaria per l’invio. Non sempre le transazioni di prestito interbibliotecario sono a titolo gratuito e le biblioteche possono richiedere un contributo per l’invio sia di articoli sia di libri in prestito. Generalmente questi costi sono finalizzati a coprire le spese del servizio di riproduzione degli articoli e quelle di spedizione sostenute dalla biblioteca proprietaria del documento. È opportuno quindi che la biblioteca richiedente sia a conoscenza delle tariffe e delle eventuali politiche di prestito adottate dalle biblioteche alle quali intende rivolgersi per ottenere documenti, soprattutto per non andare incontro a sorprese una volta ricevuto il documento. Alcune biblioteche per ottenere il pagamento inseriscono nel libro solamente una nota di rimborso spese, altre rilasciano una semplice ricevuta, altre ancora emettono invece una regolare fattura. I pagamenti possono avvenire secondo diverse modalità: con l’invio di un numero prestabilito di IFLA vouchers, tagliandi del valore di 8 euro, con versamenti su conto corrente postale, con vaglia postali, oppure con un bonifico bancario. Un’altra strada che il servizio di reference può seguire per il recupero dei documenti è l’utilizzo di servizi specializzati nel document delivery, considerati i costi spesso elevati per ogni documento fornito, il ricorrere a questi servizi è una scelta che fa parte delle politiche di gestione del servizio di reference: possono essere l’ultima risorsa a cui rivolgersi nel caso in cui il normale iter non dia risultati soddisfacenti, oppure possono venire utilizzati quanto il lettore segnala la particolare urgenza di consultare un documento o possono rientrare tra le normali fonti di approvvigionamento dei documenti necessari a studiosi e ricercatori, ad esempio per istituti di ricerca che non abbiano particolari problemi di bilancio. Questi servizi in genere sono organizzati da grandi biblioteche come il British Library On Demand per il Regno Unito, oppure nascono da esperienze di centri o consorzi di biblioteche come SUBITO in Germania e OCLC (Online Computer Library Center) negli Stati Uniti con il servizio WorldShare Interlibrary Loan, per indicare solo tre tra i più rappresentativi e utilizzati. Il British Library On Demand è il centro di documentazione e di fornitura di documenti è organizzato dalla British Library Esso permette di ottenere i documenti pubblicati nel Regno Unito purché siano posseduti dalla British Library o da qualsiasi altra biblioteca del paese. Le biblioteche che intendono usufruire del servizio devono accreditarsi con un account e le tariffe variano in base al tipo e natura del materiale richiesto, alle modalità di fornitura e alla velocità di consegna richiesta. SUBITO è un servizio di ricerca e richiesta di documenti in prestito interbibliotecario e document delivery fornito completamente online da un consorzio costituito attualmente da 40 biblioteche accademiche tedesche, svizzere e austriache, potendo contare anche sul patrimonio di tre biblioteche cinesi; consiste in un catalogo dove sono registrati i periodici posseduti dalle biblioteche afferenti, nei cataloghi delle biblioteche consorziate, e in un servizio a cui è possibile chiedere i testi degli articoli, la riproduzione parziale o il prestito di libri. SUBITO offre alle biblioteche registrate la possibilità di consultare il catalogo dei periodici e i cataloghi delle biblioteche afferenti, e di richiedere l’invio dell’articolo o il prestito del libro trovato nei cataloghi. L’articolo così richiesto viene inviato all’indirizzo di posta elettronica della biblioteca richiedente o fornito tramite download del file pdf dal loro sito, o ancora spedito tramite posta ordinaria o inviato via fax, entro 24 o 72 ore dalla richiesta. Il servizio WorldShare Interlibrary Loan di OCLC organizza, guida e gestisce il prestito interbibliotecario tra la biblioteca che è alla ricerca di documenti e le oltre 10.000 biblioteche che da tutto il mondo collaborano a questo servizio mettendo a disposizione le proprie raccolte. In sostanza il bibliotecario può cercare il documento da richiedere in prestito su un catalogo in continua crescita e, al momento della pubblicazione di questo manuale, ogni notizia bibliografica è accompagnata dalla segnalazione delle biblioteche che posseggono il documento e dalle relative politiche di prestito. La biblioteca che ha deciso di avvalersi di questo servizio ha a disposizione una sua scheda a video per inoltrare la richiesta di prestito alle biblioteche in possesso del documento cercato; ogni comunicazione relativa al prestito tra le biblioteche viene gestita attraverso questo servizio online che prevede delle tariffe per ogni operazione effettuata; i rimborsi che le biblioteche chiedono per il prestito vero e proprio possono essere regolati direttamente dalle due biblioteche coinvolte nella transazione con una emissione di fattura e un versamento di denaro tramite bonifico bancario. Costi e personale 66 Ovviamente entrambi gli aspetti del servizio di reference, le ricerche su banche dati e il document delivery, comportano dei costi non indifferenti per la biblioteca. Le spese per l’acquisizione delle licenze d’uso delle risorse elettroniche, l’acquisto delle attrezzature informatiche necessarie per farle funzionare, e il costo delle connessioni a banche dati remote possono ammontare a parecchie migliaia di euro all’anno. La biblioteca dovrà stabilire, sulla base anche della sua disponibilità economica, quali strumenti attivare e utilizzare per l’espletamento del servizio, e se applicare delle tariffe a copertura parziale o integrale dei costi di gestione. Per il tipo di supporto offerto ai lettori e per gli strumenti utilizzati, il reference può essere considerato un servizio di alto livello, che per poter funzionare al meglio, richiede l’impiego di persone in possesso di precisi requisiti. Per riuscire a interpretare i diversi bisogni dei lettori, devono essere impiegate persone con una cultura di tipo interdisciplinare oppure più persone con competenze specifiche nei diversi rami del sapere. Devono avere inoltre la capacità di individuare le fonti più adatte a fornire la risposta che il lettore cerca, ed essere in grado di impostare delle strategie di ricerca che sfruttino al meglio le potenzialità informative offerte da queste. Queste sono caratteristiche non comuni, che rendono l’operatore di reference una figura un po' speciale, e che non è facile trovare riunite in un’unica persona. L’esperienza può comunque fornire a una persona le conoscenze necessarie per svolgere questo tipo di servizio. Ma la dote principale che deve contraddistinguere le persone che operano al reference è la capacità di mettere la propria tecnica e cultura al servizio del lettore, facendo in modo che questo rimanga sempre protagonista della propria ricerca. Il bibliotecario di reference non deve sostituirsi al lettore, ma deve essere il tramite intelligente che lo guida attraverso una massa di informazioni e documenti che spesso lo disorientano, ponendosi anche l’obiettivo di trasmettere la propria conoscenza al lettore: insegnandogli a riconoscere i propri bisogni informativi, a individuare le fonti più adatte e autorevoli e suggerendogli il modo migliore per utilizzarle. 15. INFORMATIZZAZIONE DELLA BIBLIOTECA E SUA EVOLUZIONE Il processo di informatizzazione L’insieme delle procedure di gestione che costituiscono il motore della biblioteca veniva, in passato, eseguito in un modo tradizionale, cioè con schede, schedari, moduli, carta e penna, o con una macchina da scrivere, oggi invece viene generalmente gestito con l’utilizzo di un elaboratore elettronico. Questo processo di informatizzazione ha comportato un cambio di logica nel funzionamento delle procedure e degli strumenti attraverso l’utilizzo di software di gestione che consentono di svolgere l’insieme complessivo delle procedure nel modo più economico possibile, e senza ripetizioni. Tutto ciò esige una stretta collaborazione tra i bibliotecari impegnati nel processo di informatizzazione, ma anche una grande capacità di vedere globalmente l’intero processo da parte di chi organizza il lavoro in biblioteca. I vari settori non devono lavorare a compartimenti stagni ma in stretta collaborazione. La biblioteca deve fare molta attenzione nel selezionare il programma con cui intende gestire le procedure, sia nel caso in cui stia avviando il processo di informatizzazione, sia in occasione della sostituzione di un software di gestione obsoleto con uno più moderno e aggiornato, deve adottare un sistema dimensionato sulle sue effettive necessità e non rimanere abbagliata da nastri e lustrini. Normalmente i software di gestione sono a struttura modulare, hanno cioè un motore, che cura l’immagazzinamento dei dati, e programmi organizzati in moduli distinti, a mo’ di sovrastrutture, che utilizzano questi dati per la ricerca, la visualizzazione, e la gestione delle procedure ne determinano le caratteristiche e li mettono in relazione tra loro. Questi moduli software sono fatti per lavorare insieme e per essere acquistati, attivati e integrati a quelli già installati, via via che la biblioteca decide di informatizzare ogni singola attività, e nell’ottica di consentire una crescita di tipo modulare parallela a quella della biblioteca. I moduli generalmente offerti dai programmi che sono presenti sul mercato prevedono la gestione degli acquisti, la catalogazione, la gestione dei fascicoli di periodico, l’OPAC (Online Public Access Catalogue) che consente una interrogazione del catalogo con un’interfaccia particolarmente amichevole per il lettore, e la gestione del prestito. Infine, la biblioteca deve fare attenzione a garantirsi la manutenzione del software nel tempo: può decidere di adottare un programma fatto in casa, magari dal bravo programmatore del comune, oppure da un venditore di computer che fa anche programmi o utilizzare un software offerto gratuitamente, ma tutte queste soluzioni impongono cautela. Infatti, creare dei programmi ex novo significa avere dei prodotti sviluppati quasi artigianalmente e garantiti come assistenza solo della presenza della persona o dell’équipe che li ha realizzati. Risulta evidente che nel momento in cui viene a mancare la persona o l’équipe stessa, l’esistenza, l’aggiornamento e la manutenzione del software nel tempo possono venire compromessi, e questo vale per qualsiasi tipo di applicazione. La biblioteca si troverà con un prodotto progettato su esigenze specifiche, che potrebbe non rispettare gli standard catalografici, per il 67 di una biblioteca estera, un particolare intervento del catalogatore potrà riguardare soprattutto la forma degli accessi formali per le opere di autori classici e di autori collettivi. Inoltre, gli accessi per soggetto, presenti nel record bibliografico derivato da una base dati straniera, devono servire solo come orientamento al bibliotecario nell’analisi concettuale necessaria a determinare l’argomento di cui parla il libro, in quanto sono riportati ovviamente in lingua straniera, quindi non utilizzabili da tutti i lettori. La possibilità di consultare liberamente online il catalogo della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze da cui è possibile esportare le notizie bibliografiche in diversi formati, tra cui l’UNIMARC, consente alle biblioteche del nostro paese di coprire con la catalogazione derivata una buona percentuale delle loro acquisizioni che riguarda le pubblicazioni italiane, limitando l’eventuale intervento correttivo dei bibliotecari. È opportuno sottolineare l’importanza per le biblioteche di poter rendere condivisibili i loro cataloghi, sia per la catalogazione derivata sia per il servizio di reference. Infine, l’orientamento del mercato, negli anni, è sostanzialmente cambiato ed è tuttora in evoluzione; l’ampia diffusione dell’uso di Internet e dei browser web, la progressiva riduzione dei costi di connessione alla Rete e il miglioramento dei software di ricerca hanno consentito di superare le difficoltà di accesso alle risorse online. Il recupero del pregresso Generalmente una biblioteca inizia la gestione informatizzata a partire dalle nuove acquisizioni. Però il sistema informatizzato raggiunge la sua massima efficienza nel momento in cui tutte le procedure e tutti i servizi sono gestiti con lo strumento informatico. Questo consente al lettore di poter consultare un unico catalogo, anziché effettuare la ricerca prima sul catalogo elettronico per le acquisizioni più recenti per poi ripeterla sul catalogo cartaceo relativo al patrimonio entrato in biblioteca prima dell’avvio dell’informatizzazione. I progetti di trasferimento nel catalogo elettronico delle notizie bibliografiche precedentemente registrate nei cataloghi cartacei sono il naturale completamento di qualsiasi progetto di informatizzazione, completamento che si è rilevato particolarmente complesso e costoso, anche se tutt’ora attuale per molte biblioteche, sia italiane che straniere. Infatti, non tutte le biblioteche hanno completato la conversione retrospettiva del cataloghi cartacei in quelli elettronici, causando la sostanziale scomparsa di milioni di libri, posseduti dalle biblioteche ma non ancora rappresentati nei cataloghi online; libri diventati completamente invisibili ai lettori, senza che nessuno sappia quanti sono. I cataloghi online sono spesso privi di qualsiasi indicazione che informi il lettore sul grado di copertura del catalogo, di conseguenza il lettore è convinto di consultare uno strumento che rappresenti l’intero patrimonio della biblioteca e se non trova il libro che sta cercando, pensa che questo non sia posseduto dalla biblioteca. In realtà quel materiale è diventato invisibile ed è come se fosse scomparso. Il recupero delle informazioni relative al materiale librario posseduto dalla biblioteca e catalogato su supporto cartaceo può essere fatto in due modi diversi: - Catalogazione retrospettiva : prevede una nuova analisi sia formale che concettuale e una ricatalogazione di tutte le raccolte, riprendendo in mano il patrimonio libro per libro. Questa è la via che consente di avere un catalogo informatizzato corretto e omogeneo: ogni libro viene tolto dallo scaffale, ricatalogato secondo standard e criteri aggiornati. Risulta evidente che questo modo di procedere è molto lento e costoso; la biblioteca deve valutare e programmare attentamente i tempi in cui vuole completare il recupero della catalogazione pregressa e verificare se è in grado di effettuarla con il personale interno o se deve affidarsi a operatori esterni, La dimensione delle raccolte vincola, ovviamente, questa scelta: sarà più semplice per una piccola biblioteca, mentre per un patrimonio librario più esteso significa iniziare il recupero senza sapere quando potrà finire. - Conversione retrospettiva : copiando le informazioni presenti sulle schede cartacee direttamente sul nuovo sistema di gestione, o registrandole su altro supporto magnetico in un formato leggibile dal computer. Questa, invece, è la soluzione più rapida e può essere anche quella tecnologicamente più avanzata. Infatti consente di integrare la digitazione dei dati presenti sulle schede con una procedura di catalogazione derivata, cioè con la ricerca di notizie bibliografiche su altre basi dati e il trasferimento di queste sul proprio sistema. I cataloghi di una biblioteca sono costruiti da bibliotecari diversi, nel corso di molti anni, e quindi comprendono schede realizzate secondo regole di catalogazione che nel tempo sono cambiate. Il bibliotecario deve perciò intervenire applicando alle vecchie schede i nuovi standard e le regole vigenti; gli elementi informativi della descrizione vanno ripresi e normalizzati secondo lo standard ISBD e gli accessi che costituiscono l’intestazione della scheda vanno controllati cercando di creare degli archivi coerenti. Un modo per rendere più veloce la conversione retrospettiva è quello di sfruttare la capacità dei sistemi di gestione di importare le registrazioni prodotte da basi dati esterne 70 autorevoli e quindi attivare come prima cosa la catalogazione derivata, riservando l’inserimento manuale dei dati alle notizie bibliografiche che non è stato possibile recuperare dalle basi dati esterne. Innanzitutto è necessario che la biblioteca selezioni quali cataloghi utilizzare per il recupero; in secondo luogo deve decidere se usare cataloghi liberamente accessibili o acquistare l’accesso ad una o più basi dati, ed effettuare con il proprio personale le operazioni di ricerca e recupero delle registrazioni, oppure se affidarsi a servizi specifici offerti dai consorzi che gestiscono queste basi dati: OCLC (Online Computer Library Center) ad esempio offre a pagamento l’accesso online alla propria base dati WorldCat con la quale è possibile effettuare in proprio le operazioni di ricerca. In presenza di grandi patrimoni librari, o di sistemi estesi e frammentati in un alto numero di biblioteche, è necessario che la biblioteca affidi l’esecuzione di questi progetti a ditte esterne. Queste possono essere costituite da cooperative sorte appositamente e formate da persone con una preparazione specifica di base, che sotto la guida del personale della biblioteca effettuano la copiatura delle schede cartacee; oppure da ditte specializzate in questi progetti che si occupano di tutte le fasi della conversione: l’analisi dei cataloghi, la scansione delle schede per evitare di sequestrare i cassetti dei cataloghi nella fase di copiatura e creare disagi ai lettori, la ricerca sulle basi dati più adatte per il tipo di materiale, la codifica e la normalizzazione delle notizie bibliografiche, la digitazione delle notizie non recuperate da base dati e il completamento di quelle recuperate da base dati, infine la restituzione alla biblioteca delle registrazioni complete memorizzate su supporto elettronico nel formato internazionale di scambio concordato. In conclusione, la conversione retrospettiva consiste in un cambio di supporto e non deve essere considerato un mezzo per ricostruire e migliorare cataloghi disastrati o poco curati. Le eventuali incoerenze presenti nei cataloghi cartacei da cui si parte saranno presenti anche sul catalogo informatizzato risultato della conversione; sarà comunque possibile sfruttare le caratteristiche di un catalogo in linea per intervenire sulle duplicazioni di notizie bibliografiche e uniformare gli accessi. Ad esempio, a differenza del catalogo cartaceo, sarà possibile cercare per le parole interne al titolo o all’intera descrizione, oppure codificare e far diventare un accesso alla notizia bibliografica i titoli di opere contenute che trovano solitamente posto nella descrizione, o in nota. È necessario che la biblioteca disponga di un software di gestione consolidato in modo che sia possibile valutare e prevedere quale sarà il risultato finale della conversione. Il poter disporre di un catalogo completamente informatizzato è non solo il completamento della biblioteca elettronica, ma è anche il punto di partenza per realizzare la biblioteca digitale, ossia quella biblioteca, o parte di biblioteca, che mette a disposizione i documenti in formato digitale, siano essi testi, registrazioni, immagini o quant’altro sia possibile rendere in formato digitale. Per poter accedere ai computer che costituiscono il deposito di questi documenti digitali e per visualizzarli sul proprio PC con un normale browser web è necessario poter recuperare dal catalogo in linea la notizia bibliografica che li descrive e che ci sia l’indirizzo di rete che li contiene. I dati immagazzinati nella memoria dell’elaboratore hanno un valore enorme, e la loro perdita costituisce un danno irreparabile per la biblioteca, sia che questa utilizzi l’elaboratore per la gestione delle acquisizioni correnti, sia che con un progetto di recupero del pregresso abbia memorizzato tutte le informazioni bibliografiche del proprio patrimonio e informatizzato la gestione di tutte le procedure e dei servizi. A questo proposito bisogna considerare che l’elaboratore elettronico è una macchina, ha dei componenti elettronici molto delicati destinati a deteriorarsi con l’uso. Il responsabile del sistema informatico deve considerare che la memoria di massa prima o poi subirà una qualche danneggiamento, parziale o totale, che comprometterà la leggibilità dei dati e il funzionamento dell’intero sistema informatico di gestione. Perciò è norma obbligatoria salvaguardare i dati e i software memorizzati facendo delle copie giornaliere su un supporto di memoria esterno seguendo delle strategie che consentono la ricostruzione completa e il ripristino in tempi rapidi di tutto il sistema. Evoluzione del concetto organizzativo di biblioteca Lo sviluppo dell’informatica, l’evoluzione della Rete e la conseguente disponibilità di risorse informative, sembrano rendere il termine biblioteca insufficiente a definire in modo appropriato l’insieme delle risorse e dei servizi offerti oggi dalle biblioteche. Per questo motivo la comunità bibliotecaria ha cercato nel tempo di coniare degli aggettivi che accompagnino e meglio rappresentino o definiscano nuovi possibili “tipi” della biblioteca, identificandoli sulla base del grado di informatizzazione delle procedure e dei servizi. Biblioteca tradizionale, elettronica, digitale, ibrida e virtuale sono termini oramai entrati nel vocabolario corrente di bibliotecari e studiosi, e vengono usati spesso nella letteratura professionale con diverse sfumature di significato che rappresentano l’evoluzione in corso e l’instabilità del concetto di biblioteca nel contesto “mobile” della sua informatizzazione. Nonostante ciò, alcuni di questi significati si stanno consolidando e, ad esempio, per biblioteca tradizionale si è soliti intendere la biblioteca che non ha informatizzato i cataloghi, né i servizi, né le procedure di funzionamento e non fornisce accesso ad alcun tipo di risorsa elettronica, assumendo il significato negativo di biblioteca che rifiuta qualsiasi innovazione; al contrario il termine biblioteca 71 elettronica indica la biblioteca che ha completato l’informatizzazione di procedure e servizi come ad esempio le acquisizioni, la catalogazione, la circolazione dei documenti e il prestito interbibliotecario. Digitale è invece l’aggettivo che viene usato per indicare la biblioteca, o parte di essa, organizzata in modo da rendere accessibili e utilizzabili documenti e risorse informative in formato digitale, ovvero codificati e registrati sotto forma di bit e byte. Con il termine biblioteca ibrida si è inteso, invece, indicare la biblioteca che mette a disposizione dei lettori le proprie collezioni di documenti e di risorse informative, digitali e non digitali, locali o remote che siano, e che permette di cercarle e ottenerle in modo integrato attraverso un unico catalogo informatizzato. Da sempre la biblioteca si è adeguata, attrezzata e organizzata per conservare, gestire e far utilizzare quelli che nel tempo sono stati considerati i nuovi tipi di materiali e le nuove modalità di registrazione del sapere, come le tavolette, i rotoli, i codici manoscritti, i libri a stampa, le microforme, le pellicole, i dischi, i nastri magnetici e così via. Tra i termini utilizzati per definire quelli che in sostanza sono i vari stadi di sviluppo informatico della biblioteca, la biblioteca virtuale sembra essere la definizione più concreta e che più si avvicina a una situazione reale: essa infatti può venire intesa come l’insieme dei cataloghi elettronici consultabili in Rete e l’insieme dei patrimoni bibliografici, che essi rappresentano e che possono essere richiesti e ottenuti dal lettore, direttamente oppure attraverso i servizi di Interlibary loan e document delivery messi a disposizione dalla biblioteca a cui il lettore si appoggia. Una biblioteca che abbia informatizzato sia le procedure che si servizi e abbia effettuato il recupero di tutta la catalogazione pregressa può essere definita la biblioteca elettronica e le sue funzioni caratteristiche sono l’OPAC, la catalogazione originale, partecipata e derivata, la gestione della circolazione dei libri (prestito), la gestione degli acquisti, il controllo dei periodici e la gestione del prestito da biblioteche. Tutte queste funzioni sono state sviluppate finora dai bibliotecari per gestire e controllare le procedure e i servizi. L’evoluzione nella gestione della biblioteca è stata sicuramente un importante passo avanti, ma si tratta di uno sviluppo limitato che ha come confine i muri della biblioteca stessa, mentre la tecnologia, oggi, consente al lettore di andare oltre questi muri. Infatti, associando alla biblioteca elettronica la tecnologia delle telecomunicazioni, questo limite viene superato e si mette in condizione il lettore di poter disporre di un catalogo virtuale costituito dalla possibilità di connettersi ai cataloghi di n biblioteche elettroniche. Il lettore necessità però anche del testo vero e proprio da poter leggere o su cui poter studiare. La disponibilità di libri, periodici e documenti in forma elettronica è oggi una realtà consolidata e forte è l’interesse di editori, lettori e biblioteche per i testi su supporto elettronico e per superare le difficoltà legate alla gestione dei diritti di autori ed editori. In sostanza, allo stato attuale, la connessione delle biblioteche elettroniche alla Rete mette a disposizione del lettore un catalogo virtuale globale, mentre l’attivazione di servizi di ILL e l’utilizzo di centri per il document delivery offre un vasto patrimonio virtuale di libri e documenti; il lettore ha quindi a disposizione una vera a propria biblioteca virtuale che supera i limiti dati dalla fisicità delle biblioteche e dalla loro capacità di acquisire nuovi materiali. Abbiamo visto i criteri che la biblioteca deve adottare per accrescere le proprie raccolte in modo omogeneo, e mirato soprattutto a soddisfare le esigenze del pubblico a cui si rivolge. Questo atteggiamento della biblioteca sta a significare che i materiali vengono acquistati con la presunzione di incontrare gli interessi del pubblico, questo intento rivela la sua inadeguatezza, in primo luogo perché è oggettivamente impossibile prevedere quali libri saranno realmente utili al lettore; in secondo luogo, perché la produzione libraria mondiale ha una crescita tale da non consentire a una biblioteca di acquistare tutto ciò che viene pubblicato. Perciò la biblioteca deve cambiare il suo assetto organizzativo e mettersi in condizione di procurare al lettore il materiale che gli è necessario nel momento in cui effettivamente gli serve. Infine, è necessario fare attenzione a non confondere la biblioteca virtuale con i componenti che sono il presupposto per la sua realizzazione. In particolare, le telecomunicazioni possono essere viste dal pubblico come l’aspetto virtuale della biblioteca stessa, poiché il lettore non le percepisce facilmente ma gli consentono di visualizzare informazioni localizzate a migliaia di chilometri di distanza, mentre invece sono solo una componente tecnologica pur importante e fondamentale. Ogni tipo di Rete utilizza un proprio “linguaggio” per poter trasmettere i dati da un computer all’altro, questo linguaggio è definito protocollo di trasmissione; quindi, per poter connettere reti e computer che utilizzano protocolli diversi e che fanno parte di istituzioni o nazioni diverse è stato necessario individuare un protocollo di trasmissione comune e stipulare accordi internazionali tra le diverse organizzazioni che gestiscono le singole Reti. Il protocollo di trasmissione che consente a tutte le reti di dialogare allo stesso modo è il TCP/IP (Transmission Control Protocol/Internet Protocol) e questo ha dato vita a internet. In sostanza, Internet è una rete di reti e viene a essere il mezzo attraverso cui viaggiano le informazioni; nata e sviluppata per supportare la ricerca scientifica. La rete italiana di elaborazioni attraverso la quale è possibile accedere a Internet è la rete GARR (Gruppo Armonizzazione delle Reti di Ricerca) ed è gestita dal Consortium GARR con il patrocinio del Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca (MIUR). Il TCP/IP è nato all’inizio degli anni Sessanta negli Stati Uniti come protocollo di connessione comune per estendere la condivisione di risorse e la comunicazione a distanza tra ricercatori 72
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