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La Società Europea: Modelli Economici e Sociali in Confronto, Sintesi del corso di Sociologia

La differenza tra il modello economico anglo-sassone e quello europeo continentale, con un focus sulla politica economica neo-liberista, la gestione del debito pubblico, la composizione dei trasferimenti sociali e la mobilità sociale. Vengono discusse le implicazioni di queste differenze per la democrazia e la coesione sociale in Europa.

Tipologia: Sintesi del corso

2014/2015

Caricato il 28/11/2015

andy913
andy913 🇮🇹

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Scarica La Società Europea: Modelli Economici e Sociali in Confronto e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia solo su Docsity! L’OCCIDENTE ALLO SPECCHIO di Martinelli Introduzione: la crisi globale allo specchio Ad alcuni anni di distanza dal momento più acuto della crisi del 2007, la situazione della economia mondiale è migliorata, ma la recessione nei paesi sviluppati non è ancora terminata (se si prende come indicatore il ritorno del Prodotto interno lordo al livello a cui si trovava all’inizio della crisi). Il pericolo di un collasso del sistema finanziario è stato evitato grazie agli interventi statali di sostegno delle banche; i governi delle economie più sviluppate hanno concordato stimoli per la ripresa economica; l’emissione di obbligazioni aziendali e bancarie e dei fondi sovrani è in grande crescita; l’attività industriale ha dato molti segni di miglioramento; molte grandi imprese delle economie sviluppate hanno recuperato efficienza e produttività; le economie emergenti continuano a crescere a tassi molto sostenuti. Tuttavia, la recessione economica non è terminata, la disoccupazione non è diminuita e di conseguenza i consumi sono frenati, continuano i fallimenti nelle aziende e il debito pubblico dei maggiori paesi sviluppati continua ad essere molto elevato, e esistono rischi di debito sovrano per alcuni paesi della zona euro. La regolazione della finanza globale è tutt’altro che realizzata e sussiste quindi il rischio di nuove bolle speculative; per questo e altri motivi, alcuni economisti prevedono il rischio di una ricaduta, mentre altri paventano il rischio di inflazione a causa dell’aumento del prezzo dell’energia, delle materie prime e dei prodotti alimentari. La crisi si poteva evitare e gravi responsabilità sono attribuibili all’eccesso di liquidità favorito dalle autorità monetarie e alla mancanza di regolazione e supervisione della attività finanziarie da parte delle istituzioni di governo. La crisi è nata al centro del sistema capitalistico, innescata dalla bolla immobiliare e dai mutui sub-prime ed in virtù dell’elevato grado di interdipendenza economico-finanziaria si è estesa rapidamente su scala globale. La crisi si è sviluppata in un contesto di grande espansione della ricchezza, in cui le banche hanno sviluppato insieme ad altre istituzioni finanziarie nuovi prodotti finanziari al fine di espandere continuamente la creazione e l’utilizzo di credito, inclusi schemi di pura speculazione, al di fuori dei poteri di vigilanza delle agenzie di regolazione. Gli strumenti innovativi, aiutati dalla politica monetaria espansiva della Federal Reserve hanno prodotto un’ eccessiva espansione del credito, hanno diffuso il rischio e ridotto il costo dei prestiti, fatto abbassare la guardia ai regolatori pubblici e privati e modificato il comportamento degli investitori che hanno abbandonato precauzioni e prudenza, sottovalutando i rischi, anche in virtù di una eccessiva fiducia nella robustezza del mercato finanziario globale. Il panico finanziario causato dalla proliferazione di titoli tossici e il generalizzato crollo di fiducia di banche imprese e famiglie hanno fatto si che la crisi si estendesse all’economia reale di tutti i paesi (non solo di quelli finanziariamente coinvolti), contribuendo alla recessione. PAGE \* MERGEFORMAT 95 La recessione economica ha inoltre cause proprie, derivante dal carattere squilibrato della globalizzazione: • In primo luogo lo squilibrio tra paesi formica, risparmiatori ed esportatori, come la Cina, e paesi cicala, consumatori e con grande disavanzo commerciale come gli USA; • In secondo luogo le diseguaglianze di reddito e di ricchezza tra paesi sviluppati, emergenti e in via di sviluppo e tra gruppi sociali privilegiati e protetti e gruppi sociali esclusi o emarginati; • Infine le forti oscillazioni nei prezzi dell’energia e delle materie prime, a seguito della grande pressione sui prezzi mondiali esercitata dalla domanda derivante dagli alti tassi di crescita economica di Cina, Russia, India, Brasile e altri paesi emergenti. Alcuni aspetti fondamentali (e trascurati) della crisi: Gli aspetti fondamentali della crisi globale si possono meglio apprezzare integrando le analisi macroeconomiche con una interpretazione sociopolitica. 1. Il primo aspetto da sottolineare è che la crisi è più propriamente una sequenza di crisi collegate, che non colpiscono con la stessa intensità e la stessa durata i paesi sviluppati e i paesi emergenti. La crisi finanziaria globale dell’ autunno 2007, innescata dalla crisi dei mutui sub-prime della primavera precedente, ha provocato una forte diminuzione della produzione nell’autunno 2008 che è continuata nel 2009 e ha poi prodotto dalla primavera del 2009 fino ai giorni nostri effetti negativi, sia sociali (aumento della disoccupazione, diminuzione del reddito disponibile, calo della domanda, disagio sociale) che politici (cambiamenti di governo, erosione della fiducia dei cittadini nel rendimento dei governi e nel ceto politico) e ha in tal modo accresciuto le difficoltà delle finanze pubbliche dei paesi sviluppati, provocando nel 2010 una serie di crisi (greca, irlandese, portoghese) che hanno sottoposto l’euro ha forti tensioni. L’entità della crisi economica è diversa per i paesi sviluppasti, da un lato, e i paesi emergenti dall’altro: i paesi sviluppati hanno mostrato una caduta della produttività più lunga e profonda. L’UE ad esempio presenta un quadro composito: paesi come la Germania mostrano la capacità di riprendere il percorso di crescita pre-crisi in tempi brevi, mentre paesi come la Spagna hanno tempi più lunghi di ripresa. Ben diversa è la situazione dei paesi emergenti che hanno recuperato molto più rapidamente i livelli pre-crisi e hanno percorsi di crescita ben più sostenuti (anche perché si trovano in una fase diversa del processo di modernizzazione). Diversi ritmi di crescita sono la logica conseguenza dei diversi tempi e sequenze del processo di modernizzazione, ma creano tensioni nella economia globalizzata, come i diversi modi e velocità di uscita PAGE \* MERGEFORMAT 95 riduzione del principio di libertà: riduzione della libertà alla mera libertà dell’agire economico e la riduzione dell’agire economico alla mera produzioni di denaro a mezzo di denaro. 5. Il quinto aspetto è che la crisi non è solo il risultato di errori e carenze di previsione a seguito di eventi altamente improbabili e della mancanza di un modello cognitivo adeguato, ma è anche riconducibile a responsabilità di istituzioni e gruppi ben definiti; è in altri termini l’espressione di una poderosa collusione di interessi tra i gestori di fondi, un gran numero di banche commerciali, i manager al vertice di molte imprese transnazionali, società di rating inaffidabili, rappresentanti politici e consulenti dei governi, think-thank accademici e opinion maker dei mass media. Grazie alle risorse di ricchezze, potere e prestigio di cui disponevano queste elitè economiche, finanziare, politiche e culturali hanno svolto un efficace attività di lobbying e influenzato la politica americana nel senso di indebolire progressivamente il sistema di regole e controlli. Tale sistema, infatti, si è rivelato inadeguato non tanto perché preso alla sprovvista dai nuovi prodotti finanziari, quanto perché è stato intenzionalmente indebolito in virtù di decisioni politiche che rispondevano alle pressioni di interessi particolari, oltre che al generale clima culturale di deregulation e del fondamentalismo del mercato. Per completare il quadro va tuttavia rivelato che la coalizione di interessi che ha sostenuto i nuovi prodotti della finanza parallela comprende anche i gruppi sociali a basso reddito che hanno potuto avvalersi di mutui immobiliari per l’acquisto della casa pur non presentando garanzie contro l’insolvenza, mutui sub-prime, che hanno innescato la crisi. C’è quindi una necessità di ridimensionare il potere delle lobby. 6. Il sesto aspetto della crisi globale d mettere in evidenza è la modifica dei rapporti di forza che ha provocato tra la superpotenza americana e le grandi potenze delle economie emergenti come Cina e India. La crescita dell’economia globale degli ultimi trent’anni si è anche fondata su un anomalo rapporto di complementarietà tra le economie export-led, a cominciare da quella cinese ma anche in altri paesi emergenti e del Giappone e della Germania, capaci di realizzare ingenti attivi della bilancia commerciale, da un lato, e l’economia nordamericana caratterizzata d costanti squilibri nella bilanci commerciale e da un crescente debito sia pubblico che provato, dall’altro. L’interesse contingente degli Stati Uniti è stato quello di continuare a spendere in deficit, sia per far finanziare le spese militari, sia per garantire lo stile di vita della maggioranza delle famiglie americane. L’interesse contingente della Cina (e degli altri paesi export-led) invece è stato quello di accumulare surplus commerciali e ingenti riserve di dollari. Entrambi i governi, americano e cinese, hanno perseguito strategie unilaterali e di corto respiro, ma in un certo modo complementari. La crisi tuttavia ha provocato un cambiamento di rotta: da un lato, la Cina e altri paesi hanno contesta il signoraggio del dollaro e proposto la sua PAGE \* MERGEFORMAT 95 sostituzione negli scambi internazionali con un paniere delle principali monete; dall’altro il presidente americano ha criticato la sottovalutazione artificiosa della moneta cinese e ha chiesto alla Cina, al Giappone, e agli altri principali paesi esportatori nel mercato americano di potenziare il loro mercato interno, favorendo nel contempo un recupero di produttività delle imprese manifatturiere americane. Anche per ridurre il deficit pubblico americano, Obama ha inoltre rilanciato il negoziato con la Russia per il disarmo nucleare e ha chiesto agli alleati dell’Unione Europea e della Nato di partecipare maggiormente alle responsabilità e ai costi delle guerre in corso, come contropartita di un processo decisionale più condiviso. Gli Stati Uniti hanno chiesto agli altri paesi di assumersi le proprie responsabilità nel governare i problemi dell’agenda globale, ovvero quei problemi di natura sovrannazionale che nessuno stato, per quanto potente, può pensare di poter risolvere da solo. Con riferimento alla crisi, ciò significa coordinare le politiche nazionali e potenziare le organizzazioni internazionali al fine di correggere i più gravi squilibri, come quello tra produzione per l’esportazione e produzione per il mercato interno e le diseguaglianze di opportunità tra paesi e entro i diversi paesi del mondo. 7. Il settimo aspetto rilevante è che la crisi finanziaria globale, che ha innescato la grave recessione economica, rischia anche di contribuire a provocare un’altrettanto grave crisi sociale. La globalizzazione economica ha consolidato vecchie diseguaglianze e ne ha create di nuove anche nei paesi sviluppati. Negli ultimi decenni la distribuzione del reddito è diventata più diseguale in molti paesi occidentali. In altri termini nei paesi sviluppati (contrariamente ai paesi emergenti, in cui hanno favorito la crescita di un ampio ceto medio), i benefici della globalizzazione e delle nuove tecnologie hanno avvantaggiato gruppi sociali ristretti. La crisi strutturale in corso, se da un lato ridimensiona l’eccessiva concentrazione di reddito al vertice della scala sociale, non migliora la situazione degli altri gruppi e anzi comporta l’emergere di ulteriori squilibri sul piano della distribuzione del reddito e del tenore di vita, peggiorando la situazione dei gruppi sociali più deboli, e rischiando anche di peggiorare la condiziona sociale dei ceti medi. Tutto ciò ha indotto il governo USA e i governi dei vari paesi UE ad adottare politiche sociali efficaci e tempestive per evitare che la crisi economico-finanziaria si traducesse in una crisi sociale. Vi è dunque anche una dimensione politica e sociale della crisi in corso che anche per questo richiede una governance globale o perlomeno una gestione politica coordinata tra i governi nazionali delle maggiori potenze, al cui interno svolga un ruolo primario la relazione speciale tra Stati Uniti e Unione Europea. La govenance della crisi: PAGE \* MERGEFORMAT 95 Quali sono state le caratteristiche della governance della crisi finanziaria e della recessione economica e quale il grado di convergenza/divergenza tra le strategie di uscita dalla crisi di Stati Uniti e Unione Europea? La governance della crisi dovrebbe essere multilaterale (dovrebbe coinvolgere i principali attori sociali) e multilivello (avvenire in modo coordinato a livello globale, sovranazionale, nazionale e sub-nazionale). Ma è stato davvero così? Per rispondere a queste domande vanno esaminati i vertici del G20. I governi dei paesi del G20, infatti, condividono l’intenzione di favorire una crescita stabile e coordinata della economia mondiale, ma dissentono sulle priorità. Il G20 è diventata la sede per la verifica e il confronto periodici delle politiche economiche adottate in sede nazionale e delle loro implicazioni collettive per la crescita globale e la stabilità finanziaria. Cresce inoltre notevolmente il peso le organizzazioni intergovernative (FMI, banca mondiale, banche regionali di sviluppo, WTO). Questi accordi non hanno evitato alcuni aiuti di stato e misure protezionistiche ma hanno nel complesso conservato un economia globale di mercato e hanno mostrato una volontà di collaborazione, che pur producendo risultati modesti a livello di governance globale, ha favorito linee di azione concordate nelle politiche dei governi nazionali. Le questioni connesse alla crisi sono essenzialmente la regolazione della finanza globale, la ripresa economica, la riduzione degli squilibri strutturali, la sostenibilità ambientale e sociale. Esistono tuttavia al riguardo interessi, valori, sensibilità e priorità differenti dei vari attori globali. Le divisioni e contrapposizioni più rilevanti sono quelle tra i paesi sviluppati (che hanno il problema prioritario dei bassi tassi di crescita e dell’indebitamento pubblico e privato) e la Cina, le altre economie emergenti (che devono affrontare le tensioni e i conflitti di una rapida modernizzazione, rivendicano maggior potere e influenza nelle organizzazioni internazionali e contestano il signoraggio del dollaro) e i paesi meno sviluppati (che sono preoccupati soprattutto degli squilibri strutturali) e quella, interna ai paesi sviluppati, tra gli USA (che danno priorità al riequilibrio dei rapporti di cambio e alla ripresa economica e sono quindi fautori di ingenti stimoli finanziari) e i paesi europei della zona euro (che danno priorità alla regolazione dei mercati finanziari e al controllo dell’inflazione e sono quindi fautori di forti tagli alla spesa pubblica). Il risultato di queste divisioni è che riforme necessarie procedono in modo lento e frammentato. Le ragioni delle difficoltà della governance multilaterale della crisi sono note. Va ricordato in primo luogo che il sistema degli stati è oggi assai più complesso che nel passato e ad esso si aggiunge poi una pluralità di attori non statali, ognuno in grado di esercitare la propria influenza. Inoltre l’agenda politica globale è oggi molto affollata e impegnativa. Anche se gli attori globali sembrano convinti della necessità di collaborazione multilaterale perché i maggiori problemi, a cominciare dal disordine finanziario e dagli squilibri strutturali tra la capacità di generare surplus e la capacità di impiegarlo, sono oggi al di la della capacità di controllo anche dello stato più potente, la governance globale è difficile e richiede che si verifichino alcune condizioni: disponibilità alla collaborazione multilaterale delle grandi potenze e dei paesi economicamente più influenti (i membri del G20), riforma delle organizzazioni PAGE \* MERGEFORMAT 95 del sistema mondiale. Obama ribadisce la necessità della cooperazione internazionale. Il motivo guida della politica estera è dunque secondo Obama la strategia multilaterale di cooperazione internazionale, che deve attuarsi rilanciando la leadership americana e costruendo un ordine internazionale rinnovato nella sua architettura istituzionale, capace di affrontare le sfide globali. La leadership americana va intesa non come volontà imposta, ma come intermediazione strategica, capacità di coordinare gli sforzi verso un obiettivo comune, con una concezione del potere non come gioco a somma zero. Emblematico il caso della governance della crisi. Il governo americano fino ad ora si è opposto a forme di regolazione sovranazionale della finanza globale, resistendo alle pressioni di Germania e Francia; però nello stesso tempo Obama e la maggioranza democratica nel Congresso hanno approvato negli Stati Uniti una legge di riforma, firmata nel luglio del 2010, che pur accettando compromessi e ridimensionando le ambizioni iniziali e nonostante la sua incompletezza e complessità che richiede tempo per essere applicata, costituisce un passo importante sulla via della regolamentazione finanziaria, consentendo un maggior controllo dei rischi finanziari e rendendo più facile la liquidazione di grandi aziende in crisi. Nell’epoca della globalizzazione sarebbe necessaria però una collaborazione multilaterale anche sul piano della crisi, dove gli attori governativi devono lavorare con quelli non governativi per porre le condizioni per una ripresa economica stabile. Tra i vari metodi della governance globale, l’armonizzazione legislativa, il coordinamento delle politiche pubbliche e gli accordi bilaterali sono preferiti agli accordi internazionali multilaterali, ai regimi internazionali e alla partnership tra attori privati e pubblici in ambito sovrannazionale. E tuttavia per alcuni problemi dell’agenda politica globale a cominciare dall’ambiente, autonome politiche nazionali possono risultare non compatibili e non complementari e gli accordi bilaterali inadeguati. La difficile costruzione dell’Unione Europea: Esaminiamo ora le conseguenze della crisi globale per l’Unione Europea, chiedendoci se la crisi abbia diminuito o accresciuto le differenze interne, e se le risposte alla crisi dell’Unione e dei principali paesi membri abbiano favorito o ostacolato il coordinamento delle politiche e più in generale il processo di integrazione politica. La crisi globale ha, da un lato, accresciuto le differenze tra le economie degli stati membri che si sono rivelate più capaci e pronte nel rispondere alla recessione, e quelle che fanno invece più fatica a ritornare ai livelli pre-crisi e hanno gravi problemi di indebitamento pubblico. Dall’altro lato la crisi ha reso ancora più urgente una politica economica comune, che va delineandosi a seguito della crisi del debito sovrano di alcuni paesi e delle conseguenti difficoltà dell’euro. Migliore performance della economia tedesca e dei paesi dell’Europa settentrionale. Il “capitalismo PAGE \* MERGEFORMAT 95 renano” (esemplificato dalla Germania) e il “capitalismo nordico” (esemplificato dai paesi scandinavi) hanno mostrato maggiore resistenza di fronte alla crisi. Nei trent’anni che intercorrono dall’avvio della politica economica neo-liberista dei governi Thatcher e Reagan alla crisi finanziaria globale e alla connessa recessione economica, il modello market-driven anglosassone è stato ritenuto più competitivo del modello europeo continentale in virtù di una maggiore flessibilità del mercato del lavoro, migliori centri di ricerca e più stretti rapporti tra università e imprese, mercati finanziari più sviluppati. Il modello europeo continentale della economia coordinata (o sociale) di mercato è stato per converso criticato per la sua maggiore rigidità e minore propensione all’innovazione, ma è stato rivalutato a seguito della crisi per il più equilibrato rapporto tra industria e finanza, il ruolo più attivo dei governi nel regolare i rapporti tra imprese, la corporate governance, le relazioni industriali ecc. Il modello nordico è stato criticato per l’elevata pressione fiscale, ma è oggi apprezzato, oltre per alcuni aspetti che condivide con quello renano, per la capacità di controllare le diseguaglianze sociali pur in un contesto di economia capitalista. La crisi globale non ha solo rivalutato queste varietà di capitalismo ma ha anche ridimensionato la tesi della erosione della sovranità statale. Allo stato infatti continuano ad essere assegnati compiti assai rilevanti nel pilotare le decisioni di investimento, esercitare il controllo sul credito, influire sulle relazioni tra imprese e lavoratori, finanziare e organizzare la ricerca scientifica, la formazion, l’addestramento al lavoro. La maggior parte delle politiche che possono regolare i processi di mercato possono essere attuate solo a livello nazionale. Gli stati incontrano più difficoltà che nel passato a adottare programmi anticiclici di grandi investimenti pubblici e attuare costose politiche di welfare, ma la crisi globale ha stimolato un ruolo più attivo dei governi. Le risposte alla crisi della maggior parte dei paesi dell’UE continuano tuttavia a differenziarsi da quelle degli USA, oltre che per la maggiore preoccupazione per la stabilità finanziaria, anche per la maggiore incidenza delle politica di welfare, dai sussidi alla disoccupazione, al ricorso alla cassa integrazione, dalla riqualificazione professionale agli interventi per contrastare l’esclusione sociale. La maggior solidità del welfare europeo ha consentito ai governi europei di essere meno preoccupati dell’amministrazione americana di dover per forza salvare aziende in crisi. Perché i lavoratori disoccupati non verrebbero abbandonati a se stessi. È tuttavia necessario un coordinamento delle politiche fiscali per contrastare le diseguaglianze tra paesi e all’interno di essi. Tale coordinamento deve mirare a correggere la tendenza dell’economia globale a concentrare la tassazione sui redditi da lavoro a vantaggio dei redditi da capitale, che sono per loro natura assai più mobili e difficili da controllare e a evitare che i governi dei diversi stati competano tra di loro con le rispettive politiche fiscali per attrarre investimenti esteri. L’occasione della crisi andrebbe colta anche per correggere alcuni eccessi dell’attuale modello di sviluppo, nella direzione sia del contenimento delle disuguaglianze di reddito e di ricchezza tra paesi e gruppi sociali, sia della PAGE \* MERGEFORMAT 95 ricerca delle compatibilità tra crescita economica e tutela dell’ambiente, sia del cambiamento del modello di governance delle imprese. In questo modo la varietà europea di economia sociale di mercato verrebbe aggiornata e rilanciata, controllando gli squilibri creati dalla crisi e favorendo l’integrazione. Esiste infatti il rischio di un approfondimento degli squilibri, che può compromettere il percorso verso una maggiore integrazione all’interno dell’UE. Infatti, i governi di diversi stati membri della UE hanno mostrato una capacità di risposta alla crisi migliore degli Stati Uniti ( e del Regno unito) ma altri, come i paesi mediterranei e quelli dell’Europa orientale hanno sofferto di più. Sarebbe necessaria una risposta unitaria a livello comunitario di efficacia pari agli interventi effettuati da alcuni governi nazionali. Infatti, la governance sovranazionale del mercato e della concorrenza dell’UE e le istituzioni dell’economia coordinata di mercato offrono un grande vantaggio competitivo nell’economia globalizzata del dopo-crisi. E tuttavia non è stata finora adeguatamente colta l’occasione offerta dalla crisi per un consolidamento delle istituzioni comunitarie e una accelerazione del processo di integrazione. È necessario quindi un maggiore coordinamento della politica economica e sociale europea a livello sovranazionale, che non risponda solo a situazioni di emergenza. Le decisioni del Consiglio Europeo prese fino ad oggi si sono mostrate deludenti e lontane dall’attuazione di una gestione autenticamente sovranazionale del debito pubblico a livello europeo. Sull’efficacia decisionale degli organi di governo della UE continuano a pesare le preoccupazioni di consenso politico dei leader di paesi come la Germania che temono di essere accusati dai loro elettori di finanziare con propri denari l’irresponsabilità altrui e dei leader di paesi a rischio di debito sovrano che non vogliono o non riescono a far approvare misure drastiche di taglio della spesa pubblica. Hanno riacquistato forza il nazionalismo e l’illusione di far fronte a problemi globali con soluzioni nazionali anziché con una politica comune dell’Unione europea che non sia mera sommatoria di interventi dei singoli stati membri. Dunque, sarebbe necessaria un’azione di governo di ampio respiro dell’UE come soggetto politico unitario finalizzata allo sviluppo sostenibile, che consenta di risolvere il problema del debito sovrano degli squilibri strutturali. Da questa capacità di azione unitaria dipende la credibilità dell’UE come attore globale e il suo ruolo nel rinnovamento delle relazioni transatlantiche. Le relazioni transatlantiche: La crisi ha accelerato cambiamenti strutturali nell’ordine politico mondiale, in particolare l’ascesa della Cina come attore globale e la crescente importanza di rapporti economici e politici trans-pacifici, che rendono la relazione transatlantica meno centrale che durante la guerra fredda e negli anni immediatamente successivi. Ma la partnership strategica tra l’UE e gli USA rimane assai importante, in un contesto di governance multilaterale, soprattutto con riguardo a questioni come la riforma della economia globale, la sostenibilità ambientale, e la non proliferazione nucleare. Lo scenario PAGE \* MERGEFORMAT 95 e immaginaria al tempo stesso); si è sviluppato storicamente attraverso la crescita di una burocrazia civile, un esercito e una diplomazia e attraverso la formazione di una nazione come comunità immaginaria derivante dall’azione di elite nazionaliste nel processo di modernizzazione e capace di evocare legami primordiali di natura etnico-simbolica. L’integrazione sociale e il controllo istituzionale non dipendono solo dallo stato nazionale; in altre parole la costruzione della società non avviene solo mediante istituzioni che si fondano sul principio dell’autorità, ma anche in altri modi: mediante i mercati e le organizzazioni che in esso operano che si fondano prevalentemente, ancorché non esclusivamente sul principio di scambio; e mediante le comunità che si fondano prevalentemente, ancorché non esclusivamente, sul principio della solidarietà. Sia gli USA che l’UE, però, non hanno seguito il percorso della formazione dello stato-nazione dei paesi europei. Varie norme di mercato e di comunità hanno svolto un ruolo assi più significativo nel gettare le fondamenta normative e istituzionali delle due unioni. E diversi valori, o perlomeno diverse interpretazioni dei medesimi valori hanno contribuito, grazie all’opera di leader intellettuali e politici, a dare forma alle relazioni sociali e alle istituzioni politiche. In termini di eredità culturale l’identità europea non è significativamente diversa da quella americana. La cultura europea e quella americana sono due varianti della stessa civiltà occidentale, ma la cultura americana ha tuttavia radicalizzato alcuni tratti essenziali della modernità occidentale (come l’orientamento al futuro, la fiducia per il progresso scientifico la distruzione creatrice del capitalismo, la ricerca incessante della libertà e della gratificazione personale), mentre la cultura europea appare oggi molto meno entusiasta, più eterogenea, più critica e preoccupata dei fallimenti del mercato. I valori e le istituzioni di fondo della identità europea si applicano anche in altre parti del mondo, in particolare nell’America del Nord. Il valore di fondo della identità europea e occidentale è la costante tensione tra razionalismo e individualismo/soggettività, considerati come principi opposti e complementari allo stesso tempo. Questi principi esprimono la tensione tra libertà individuale e organizzazione sociale. Come radici culturali hanno generato lo specifico atteggiamento moderno che consiste nell’assenza di limiti. Karl Jaspers identifica nella libertà, nella storia e nella scienza i tre fattori che costituiscono l’essenza dell’Europa. Il primo fattore, il desiderio di libertà è universale ma si è sviluppato al massimo in Europa. Ha significato la vittoria sul dispotismo e un senso di giustizia che si è trasformato in istituzioni concrete, e alimentando un senso di irrequietudine e di fermento costanti tra gli europei. La libertà ha nutrito il secondo fattore: il bisogno di comprendere il tempo storico e di svolgere un ruolo attivo come essere umani dentro la polis. Per Jaspers infatti la vera libertà è la ricerca della libertà politica dentro la comunità, ovvero lo sviluppo dell’individuo insieme a quello del mondo sociale che lo circonda. Il terzo fattore, la scienza, è anch’esso collegato alla libertà nel senso che si definisce come lo sforzo costante di penetrare nel cuore di ciò che può essere penetrato. Sono la conoscenza e l’amore per essa che rendono gli PAGE \* MERGEFORMAT 95 uomini liberi. La ricerca della conoscenza era ben viva nelle antiche civiltà, ma ha ricevuto un nuovo impeto nella modernità europea. Lo sviluppo della scienza è connesso alla forza trascinante della tecnologia e del capitalismo, che a loro volta sono collegati alla credenza nel progresso incessante. Il capitalismo è il modo di produzione basato sulla strumentalità tecnica e la massimizzazione della razionalità economica, che sono necessarie per competere con successo sul mercato. Il razionalismo europeo si può definire in senso generale come la capacità della mente umana di conoscere, controllare e trasformare la natura, e come fiducia degli esseri umani nella loro capacità di perseguire razionalmente i propri fini e in ultima analisi di essere artefici del loro destino. La ragione è stata anche concepita come un insieme di regole condivise che rende possibile la coesistenza in una società. Il razionalismo è strettamente connesso, complementare e insieme contrapposto all’altra caratteristica fondamentale dell’identità europea occidentale: la soggettività/individualismo. Anche l’individualismo ha assunto molte forme di espressioni diverse nel tempo e nello spazio dell’ Europa. Come il razionalismo, l’individualismo si è sviluppato all’interno dell’eredità culturale della storia europea ma è emerso pienamente solo con l’avvento della modernità. L’individualismo è alla radice dei principi di libertà e di uguaglianza affermati dal giusnaturalismo (che asserisce che tutti gli esseri umani sono uguali in quanto dotari di ragione), dal pensiero politico anglosassone, dall’illuminismo francese e tedesco. I principi di libertà e uguaglianza vennero riconosciuti nelle prerogative del parlamento inglese dopo la rivoluzione gloriosa del 1688-89 e proclamati solennemente nella Costituzione americana del 1776 e nella dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789. Questi principi affermano i diritti inviolabili degli individui alla libertà e alla piena realizzazione delle proprie potenzialità. La libertà si esprime sia come libertà negativa, ovvero come protezione dei diritti umani contro gli abusi del potere, sia come libertà positiva, ovvero come diritto dei cittadini di partecipare alla formazione della volontà comune. L’uguaglianza venne inizialmente definita come uguaglianza dei diritti e doveri della cittadinanza e come uguale trattamento da parte della legge; ma presto divenne anche uguaglianza delle opportunità e delle ciance di vita, aprendo così la strada al liberalismo progressivo, alla socialdemocrazia e alle politiche di welfare che hanno costituito una componente essenziale della cultura politica europea del XX secolo. In base a queste concezioni essere europei significa impegnarsi per realizzare i principi sia di libertà che di eguaglianza. L’individualismo economico e politico e la soggettività morale ed estetica sono due dimensioni dello stesso principio e questo principio interagisce a sua volta dialetticamente con il principio di razionalità. La cultura della modernità è strettamente connessa alla identità europea, anche se è opportuno precisare che nel mondo contemporaneo esistono modernità multiple, ovvero percorsi diversi verso e attraverso la modernità. Il razionalismo, l’ individualismo/soggettività, l’incessante ricerca della conoscenza, l’innovazione e la scoperta, la costituzione del sé come soggetto autonomo, il rifiuto del limite, i principi libertà e eguaglianza dei diritti, doveri PAGE \* MERGEFORMAT 95 e opportunità rappresentano gli elementi costitutivi di una identità europea che si è nutrita dell’eredità storica del continente (in primo luogo il lascito della tradizione cristiana e dell’antichità greco romana), ma che si è pienamente sviluppata nella civiltà moderna. Questa civiltà è nata nell’Europa occidentale e si è poi estesa alle altre parti dell’Europa, alle Americhe e al mondo intero, contribuendo allo sviluppo delle modernità multiple, ovvero delle mutevoli forme culturali e istituzionali che si sono dispiegate nelle diverse regioni del mondo anche in risposta alle sfide, minacce e opportunità derivanti dalle caratteristiche distintive della modernità occidentale. Nella civiltà moderna i valori, gli atteggiamenti e le interpretazioni della realtà, che si fondono in uno specifico programma culturale, si combinano con un insieme di nuove forme istituzionali, anche queste per lo più sperimentate prima in Europa e quindi diffuse in America e nel resto del mondo, dando vita alle istituzioni caratteristiche del mercato e dell’impresa capitalistica, dello stato nazionale e della democrazia poliarchica, dell’università e della comunità di ricerca. I tratti caratteristici dell’identità europea e occidentale sono: • La scienza e la tecnologia europea e occidentale, con cui si intende un particolare approccio alla conoscenza della realtà fisica e umana capace di trasformare la natura al fine di soddisfare bisogni individuali e sociali. La conoscenza occidentale non è affatto eccezionale come dimostra il fatto che altre in altre parti del mondo essa si è sviluppata. Ciò che però è specifico nella conoscenza occidentale è la maggiore propensione a coniugare scoperte scientifiche, invenzioni e innovazioni tecnologiche sotto la pressione costante sia della guerra che della concorrenza commerciale. Specifica è pure la maggiore capacità di disegnare istituzioni particolarmente adatta alla formazione e alla diffusione delle conoscenze: le università medievali, le accademie scientifiche, i grandi laboratori di ricerca. L’Europa ha inventato e perfezionato una modalità di comprensione della scienza che si è sviluppata a partire dal Rinascimento ed è divenuta modello globale. • La seconda innovazione istituzionale è il capitalismo industriale di mercato. Il suo principio guida è la costante ricerca di massimizzazione razionale dell’utilità per competere con successo nel mercato. La combinazione efficiente dei fattori della produzione nell’impresa industriale, lo scambio di beni e servizi nel mercato auto-regolato sono le due istituzioni fondamentali dello sviluppo capitalistico. Commerci e mercati si sono sviluppati anche negli antichi imperi e in gran parte del mondo non europeo, ma la particolare combinazione di rivoluzione industriale e mercato autoregolato ha rappresentato una specificità europea, che ha fornito alla crescita capitalistica una forza e un dinamismo senza precedenti. • La terza componente istituzionale fondamentale della identità europea è lo stato nazionale. Lo stato nazionale è l’incarnazione istituzionale dell’autorità PAGE \* MERGEFORMAT 95 che L’Europa abbia promosso senza promuovere contestualmente anche il suo opposto: fede/ragione, tolleranza religiosa/guerra di religione, democrazia/ totalitarismo ecc. Tuttavia questo non è un argomento convincente per svalutare i principi dell’identità europea. I valori e le istituzioni americane presentano anch’essi ambiguità e negatività, ma in misura minore che nel caso dell’Europa. Ad esempio la democrazia americana non è mai stata seriamente minacciata da movimenti totalitari e non sono mai stati una potenza colonialista in senso europeo ma come contraddizione va notato che, soprattutto negli anni della guerra fredda, in politica estera gli americani non hanno spesso mostrato nei confronti di paesi stranieri lo stesso rispetto per i valori liberali e le istituzioni democratiche che li caratterizzano a casa propria. Gli Stati Uniti sembrano oggi meno propensi e capaci di imparare dal passato di quanto non sia l’Unione Europea. Molti americani sono convinti della superiorità dell’America e sembrano condividere ancora oggi l’idea dell’eccezionalismo americano, della sua missione di esportare la democrazia e la libertà nel resto del mondo. Con riguardo al ruolo della religione vi è una significativa differenza tra Europa e Stati Uniti. Infatti la fede religiosa è più diffusa e il fattore religioso sta diventando politicamente più importante negli Stati Uniti. il secolarismo europeo si è invece accompagnato all’anti-clericalismo. Alcuni critici sostengono che gli elementi fondamentali dell’identità europea e occidentale non sono più esclusivi, perché sono stati esportati con successo in altre parti del mondo. Il fatto che la civiltà moderna sia nata in Europa e si sia poi diffusa prima in America e poi nel resto del mondo li induce a ritenere che nella sua proiezione globale l’Europa abbia perduto il proprio carattere specifico. In altre parole, l’identità europea di è intrinsecamente de territorializzata e quindi non può più definire la specificità di una singola regione del mondo. Nel contesto delle modernità multiple, le esperienze di Europa e Stati Uniti sono le più simili, così che è ragionevole considerarle due varianti della stessa civiltà. Vi sono comunque ragioni specifiche per ritenere che esse divengano più simili di quanto non siano state nel passato, pur permanendo anche fattori che spingono nella direzione di una maggiore diversità tra i due modelli di società. Le critiche dell’esistenza di una società europea in divenire: Una delle tesi sostenute nel libro è quella secondo la quale i paesi membri dell’UE stiano progressivamente dando vita ad un’unica società europea e ad un’unica entità politica con tratti comune e tendenze gradualmente convergenti. PAGE \* MERGEFORMAT 95 Molti scienziati sociali sono convinti che una società europea non solo non esista al momento, ma non possa neppure esistere in futuro, in quanto ritengono che essa manchi delle necessarie componenti normative e istituzionali. I sostenitori dell’approccio inter-governativo alla integrazione europea, sostengono una tesi simile in modo diverso: l’UE non è altro che una confederazione di stati nazionali sovrani e il processo decisionale comunitario si svolge sulla base di accordi multilaterali. Tutti costoro sostengono che l’integrazione europea sia un processo puramente di carattere economico e finanziario, cui corrisponde una assai modesta attività agli altri livelli dell’organizzazione sociale. Possiamo classificare gli studiosi che esprimono scetticismo in merito alla possibilità di realizzazione di un’autentica Unione Europea in 5 categorie a seconda del tipo di requisiti di esistenza di una società che considerano assenti nell’Europa contemporanea: il consenso di massa, l’omogeneità del territorio, le istituzioni democratiche, l’identità culturale nazionale, la statualità. • Il primo gruppo di critici pone l’accento sulla composizione di classe della società europea e sostiene che il carattere elitario, socialmente circorscritto del progetto di integrazione, lascia ai margini la maggioranza dei cittadini dei paesi membri. Essi affermano che l’Europa, pur avendo rafforzato i suoi legami economici, si ben lungi dal costituire un sistema sociale coerente, soprattutto perché le reti europee di interazione sociale esistono soprattutto per servire gli interessi particolari di elite e di classi superiori piuttosto che quello delle masse. È agevole controbattere che molte comunità politiche sono state il prodotto di elite che hanno promosso e perseguito un progetto che è stato successivamente in grado di ottenere un consenso più ampio proprio grazie al suo successo. I problemi di coesione sociale, diseguaglianza di status e partecipazione democratica dell’Unione Europea non sembrano significativamente diversi e più gravi di quelli di altri società consolidate, Stati Uniti inclusi. Per il formarsi di una società è sufficiente la convergenza di un massa critica d’interessi e di preferenze introno a un progetto comune che sia ritenuto capace di affrontare sfide fondamentali e cogliere opportunità rilevanti. A questo riguardo è difficile confutare il fatto che nessuno dei paesi membri, anche il più potente, può oggi da solo rispondere alle sfide e alle opportunità della globalizzazione più efficacemente di quanto possa fare l’Unione. Vi è tuttavia più di un elemento di verità in questo primo tipo di critica. Il processo di unificazione ha infatti subito un rallentamento e si è addirittura bloccato, dopo gli esiti contrari dei referendum francese e olandese in merito all’approvazione del Trattato per l’adozione di una costituzione europea. Si sono accentuate le fratture sociali tra quanti traggono vantaggio da una ulteriore integrazione e coloro che invece rischiano di perdere. E si sono acutizzate anche le fratture ideologiche sul modello di società da sviluppare. PAGE \* MERGEFORMAT 95 • Una seconda linea di critiche afferma che l’Europa, lungi dal diventare un’unica società, è piuttosto un sistema di regioni storiche assai diverse tra loro, una somma di aree culturali eterogenee. Ciò è vero, la divisione dell’Europa in regioni diverse è l’effetto combinato di diversi processi storici: processi religiosi, processi economici, processi politici. Si può, però, obbiettare tuttavia che in queste grandi trasformazioni gli elementi di fondo dell’unità culturale dell’Europa non sono scomparsi; che le attuali differenze tra le religioni dell’UE non sono significativamente maggiori di quelle esistenti negli altri grandi paesi come USA e che il progetto europeo consiste proprio nel valorizzare le differenze e nel perseguire l’unità attraverso la diversità. Alla critica, parallela alla precedente, che esistono differenze socio- economiche troppo accentuate all’interno dell’Europa si può rispondere che la UE ha sempre avuto un certo successo nel ridurre le disuguaglianze economiche e sociali tra i paesi membri con diversi punti di partenza, e che le diseguaglianze interne ad alcuni paesi membri non sono di minore entità delle diseguaglianze tra paesi. D’altra parte ci sono prove di una tendenziale convergenza tra i paesi membri. • Un terzo gruppo di critiche si focalizza sul deficit democratico e sull’assenza di un sistema politico europeo. Più specificamente si lamenta in primo luogo la mancanza di elementi essenziali della democrazia parlamentare, in particolare il primato legislativo del Parlamento e il suo controllo sul processo decisionale europeo e, secondariamente anche l’assenza di essenziali prerequisiti della via democratica come partiti e mass media di natura effettivamente europea e di un’attiva sfera pubblica europea. La democrazia dell’UE è sicuramente imperfetta, limitata e incompiuta ma pur sempre una democrazia anche se in fieri. È una democrazia perché il disegno istituzionale attuale, pur non corrispondendo al modello di democrazia parlamentare prevalente nella maggioranza degli stati membri, si configura tuttavia come esempio di democrazia pluralista e di repubblica composita. Inoltre per poter entrare nell’Unione Europea si deve dimostrare il rigoroso rispetto dei requisiti essenziali della legalità liberal-democratica. Quindi il secondo e il terzo tipo di critiche pongono l’accento sulla mancanza di due caratteri essenziali dello stato-nazione: l’identità nazionale e la statualità. Un quarto tipo di Critiche rileva invece che la carenza più grave è la mancanza di un’identità comune e di una cultura condivisa. L’Europa non possiede una comunità culturale condivisa che possa costituire la base di un’identità culturale comune. Non vi sono né lingua né tratti etnici comuni su cui poter costruire un’identità europea. Ma va sottolineato che il tratto più distintivo dell’Europa è proprio la sua eterogeneità culturale. Una variante di questo tipo di critica si concentra sul problema dell’allargamento dell’Unione Europea e sostiene che, anche ammettendo PAGE \* MERGEFORMAT 95 4) Un quarto tipo di Interpretazione pone l’accento sull’impatto omogeneizzante del processo in atto di globalizzazione delle tecnologie, dei mercati, delle finanze, dell’organizzazione della produzione, dei rapporti sociali, dei mass media, che riduce le differenze tra paesi in generale e soprattutto tra quelli che già presentano istituzioni economiche e politiche simili. 5) Infine l’Integrazione sociale europea è vista più come il risultato di politiche deliberate dell’UE che come il prodotto di cambiamenti sociali spontanei nei diversi paesi membri. La formazione dello spazio unico europeo per lo scambio di persone, capitali, beni e servizi, la creazione di una moneta unica comune europea, il rafforzamento delle istituzioni comunitarie hanno intensificato gli effetti del cambiamento tecnologico, dell’industrializzazione e della modernizzazione conducendo ad una crescente omogeneità sociale. Le finalità essenziali del progetto europeo sono: coniugare unità e diversità, competitività e coesione sociale, interesse europeo e mantenimento della pace nel mondo. La società europea è un agglomerato di popoli allo stesso tempo uniti e distinti, che competono e si scontrano, ma che sono costretti a cooperare, discutere e convivere. Per secoli l’Europa è stata piagata da divisioni, guerre e governi dispotici; oggi si fa strada il progetto ambizioso di costruire una società europea unita, prospera, democratica e pacifica. Capitolo 2: la sfera economica Le economie capitaliste europee sono sempre state considerate molto diverse tra loro, tuttavia il lungo processo di unificazione economica ha portato ad una crescente integrazione in un mercato comune, mentre i diversi modelli che talvolta sono stati presentati come alternativi hanno ispirato differenti regimi di welfare e un diverso ruolo dello stato nell’economia. Anche negli USA la sfera economica è molto diversa tra i 50 stati, ma al contrario di quella europea è caratterizzata dalle stesse istituzioni e più o meno dalla stessa composizione stato-mercato. Il processo di integrazione europea venne intrapreso dopo la 2 guerra mondiale soprattutto per ragioni politiche allo scopo di prevenire l’insorgere di eventuali conflitti in futuro. I padri dell’Unione Europea erano consapevoli che l’integrazione nella sfera politica sarebbe stata un compito gravoso, data la centralità degli stati-nazione e delle identità nazionali. Per questa ragione l’integrazione economica fu perseguita prioritariamente rispetto a quella politica e venne concepita come un modo di facilitare quella politica. Negli USA, invece, l’indipendenza degli Stati Uniti venne perseguita sia per ragioni politiche che economiche alla fine del XVIII secolo. Mentre gli Stati Uniti poterono giovarsi con grande anticipo di una comune, sebbene diversificata, economia, i passi più importanti dell’integrazione PAGE \* MERGEFORMAT 95 economica europea furono mossi soltanto negli ultimi decenni del XX secolo e sono: • Istituzione della Comunità europea del carbone e dell’acciaio con il Trattato di Parigi del ’51; • Trattato di Roma del ’57 che fondò la CEE e l’EURATOM; • Rimozione dazi doganali tra i 6 paesi fondatori nel ’68 e avvio delle politiche comuni (commerciali e agricole) negli anni 60. • Introduzione del Sistema monetario europeo nel 1979 che aiutò a stabilizzare i tassi di cambio e incoraggiò gli stati membri ad adottare politiche che permettessero di mantenere il coordinamento e di disciplinare le singole economie nazionali; • Atto Unico Europeo, entrato in vigore nel 1987; • Trattato di Maastricht adottato nel 1991 ed entrato in vigore nel ’93. La Comunità Economica Europea fu rinominata semplicemente Comunità Europea (CE). Inoltre, aggiungendo aree di cooperazione intergovernativa all’esistente sistema della Comunità, il trattato creò l’Unione Europea (UE) e stabilì anche la formazione dell’unione monetaria dal 1999, oltre a nuovi obiettivi politici di cittadinanza europea, nuove politiche comuni (compresa una comune politica estera e di sicurezza) e piani per la sicurezza interna; • 2002: Unione monetaria • 2000: Lisbona. Il Consiglio Europeo adottò una strategia più globale per modernizzare l’economia dell’Unione, allo scopo di fronteggiare la competizione sul mercato mondiale con altri grandi partecipanti come gli USA e i paesi emergenti. • Dal 2004 gli stati membri salirono a 25 e dal 2007 a 27. Contrariamente agli Stati Uniti, che presentano un’identità nazionale di lunga durata, l’Unione Europea non è uno stato sovranazionale che ha l’intento di sostituire gli stati esistenti, ma nello stesso tempo rappresenta qualcosa di più di una semplice organizzazione internazionale. Gli Stati membri hanno formato istituzioni comuni cui hanno delegato parte della propria sovranità, in modo tale che decisioni riguardanti specifiche questioni di comune interesse possono essere prese democraticamente a livello europeo. Queste istituzioni sono di natura prevalentemente economica, in quanto l’integrazione europea ha storicamente funzionato meglio nella sfera degli interessi economici piuttosto che di quelli politici. Dai primi anni del nuovo secolo l’economia europea è stata esposta a serie difficoltà nell’affrontare la competizione globale delle economie asiatiche emergenti. Un rendimento economico inferiore, le difficoltà nel controllo della spesa pubblica, nel mantenimento dei requisiti di Maastricht e nel riformare regimi di welfare insostenibili nella maggior parte dei paesi, si sono PAGE \* MERGEFORMAT 95 accompagnati con una fase di scetticismo nei confronti dell’euro, ben rappresentato dal rifiuto della Costituzione Europea nel referendum francese del maggio 2005. Contemporaneamente l’economia americana, anche se condizionata da un enorme deficit del governo federale e della bilancia commerciale, ha mostrato un rendimento migliore. La creazione della ricchezza: La popolazione dell’UE è cresciuta ad un ritmo più sostenuto rispetto agli USA, ma questa crescita è dovuta soprattutto al progressivo ampliamento dei confini dell’UE. D’altra parte l’aumento demografico della popolazione nei 15 stati membri a partire dal 1960 è stato inferiore a quello degli Stati Uniti, soprattutto dopo la prima metà degli anni 70. Nelle economie moderne la formazione del valore aggiunto, come misura di benessere, viene normalmente misurata con la variazione del PIL. Il suo ammontare e il suo tasso di crescita vengono interpretati come indicatori della forza dell’economia in generale. Durante gli anni sessanta fino a metà degli anni 70, l’andamento dei 15 paesi europei è risultato migliore. Dopo la prima crisi petrolifera il rendimento dell’economia statunitense è migliorato moderatamente, mentre dall’inizio degli anni ’90 il divario a favore degli Stati Uniti è aumentato arrivando a una crescita doppia rispetto a quella dell’Unione Europea. Diversi studiosi hanno commentato questa differenza come abilità degli Stati Uniti nel reagire in maniera più flessibile alle nuove sfide della globalizzazione, in termini di innovazione e produttività, grazie a diversi meccanismi istituzionali che si basano sulla centralità del mercato competitivo. In Europa invece, una maggiore regolazione statale è stata considerata responsabile di un rendimento inferiore. Nonostante le economie nazionali europee vengano influenzate da una varietà di istituzioni e da un diverso mix stato-mercato, la prevalenza di quello che viene chiamato il “modello renano”, per illustrare la maggior parte delle economie nazionali europee, ha limitato la loro reazione all’emergente concorrenza globale si in termini di flessibilità che di innovazione. Nonostante questa diversa dinamica, se paragoniamo gli USA ai 15 paesi dell’Unione Europea lungo l’intero periodo, le piccole differenze iniziali di PIL a prezzi costanti non sono cambiate in modo drastico. Se è vero che i 15 paesi europei hanno peggiorato il proprio rendimento relativo a partire dalla prima crisi petrolifera, è anche vero che la dinamica del PIL dell’Unione Europea è stata frenata dalle ricorrenti fasi dell’allargamento, culminato con l’ingresso degli ultimi 10 paesi nel 2004. L’aumento del PIL totale è andato di pari passo con un declino relativo del reddito pro capite. Mentre il PIL è una misura della forza assoluta di un’economia, il PIL pro capite è la misura del benessere economico basato sul reddito medio a livello individuale. In generale i cittadini americani possono contare su un reddito più PAGE \* MERGEFORMAT 95 paragonata agli USA e al Giappone. Nei paesi europei i livelli di reddito sono più simili a quelli del Giappone mentre la disponibilità di tempo libero si avvicina a quella degli Stati Uniti. In quel periodo gli USA presentavano alti livelli medi di reddito e tempo libero, mentre il Giappone era a un livello inferiore in entrambe le dimensioni. Un importante indicatore dell’andamento economico con forti implicazioni sociali è la disoccupazione. Nel complesso si può dire che l’economia europea si è comportata meglio di quella americana fino agli anni 80, mentre dall’inizio degli anni 80 il tasso di disoccupazione degli USA è sempre stato più basso. Il tasso di disoccupazione americano è stato più alto durante gli anni della seconda crisi petrolifera e ha avuto un andamento più ciclico. A inizio secolo il livello della disoccupazione è simile a quello iniziale di quarant’anni prima. Nell’UE, al contrario il tasso è fortemente aumentato all’inizio degli anni 60, partendo da un livello molto inferiore a quello americano, fino a raggiungere il massimo nella seconda metà degli anni 90. In Europa dagli anni 70 la disoccupazione creata nelle fasi negative del ciclo economico non è stata riassorbita nel successivo periodo di ripresa e si è andata quindi sommando progressivamente. Questo andamento è stato interpretato come prova della rigidità del mercato del lavoro europeo. L’Europa è riuscita a mantenere un tasso di disoccupazione moderato fino alla prima crisi petrolifera, ma alla fine degli anni 80 il vantaggio sugli USA si è annullato e successivamente l’andamento dei due tassi è stato più simile, anche se costantemente peggiore nell’UE. Nella seconda parte degli anni 90 si assiste a un calo della disoccupazione in entrambi i sistemi. Il confronto fra il tasso di disoccupazione maschile e femminile dimostra che la differenza tra le due economie è dovuta soprattutto al diverso andamento della componente femminile, a causa di una maggiore difficoltà per le donne inserirsi e mantenere il proprio posto nel mercato del lavoro europeo. Questo svantaggio di genere, particolarmente elevato in alcuni paesi europei, è stato attribuito alla forte segmentazione di alcuni mercati del lavoro nazionali e alle caratteristiche di alcuni regimi di welfare. Negli usa la disoccupazione femminile e maschile invece presenta andamenti simili. Più precisamente, il tasso di disoccupazione femminile è leggermente più alto fino alla fine degli anni 70 e si riduce durante i vent’anni successivi. All’inizio del nuovo secolo i due tassi sono sostanzialmente analoghi. Nell’UE il tasso di disoccupazione femminile è sempre rimasto più alto di quello maschile e la differenza è addirittura cresciuta nel tempo. Un’altra differenza rilevante riguarda il ruolo giocato dal lavoro autonomo nei due sistemi. Soprattutto negli USA dalla fine del XIX secolo, le economie di scala hanno contribuito alla diffusione di grandi imprese e ad allargare la scala di produzione a scapito delle piccole imprese e del lavoro autonomo. Questa tendenza si è mantenuta nelle economie più avanzate fino a metà degli anni 70, e insieme al declino dell’agricoltura tradizionale, ha portato a un calo costante del peso del lavoro autonomo nell’economia. La quota del lavoro PAGE \* MERGEFORMAT 95 autonomo sull’occupazione complessiva è sempre stata in declino in entrambe le economie, ma l’Europa ha sempre presentato valori molto più elevati, circa il doppio degli USA. Il valore medio europeo è il risultato di situazioni molti diverse nei singoli stati membri. Per completare il quadro relativo al mercato del lavoro bisogna guardare anche ai tassi di sindacalizzazione in entrambe le economie. All’inizio degli anni 60 i tassi di sindacalizzazione erano simili. Negli anni 70 si è accentuata la divergenza, mostrando una tendenza più rapida al declino negli USA e un aumento in Europa. Alcuni autori hanno interpretato questa crescita, che è andata di pari passo con un crescente ruolo dello stato nell’economia, come una prova della diffusione dei regimi neocorporativi in molti stati europei e come una risposta alle conseguenze della stagflazione, che aveva colpito la maggior parte delle economie europee dopo il primo shock petrolifero della metà degli anni 70. Dopo la metà degli anni 80 la tendenza al declino è stata simile, ma in Europa il tasso di sindacalizzazione si è sempre mantenuto al di sopra di quello degli Stati Uniti. Il ruolo dello stato nell’economia: Lo Stato è un importante attore che influenza il rendimento economico dei due sistemi. Il ruolo dello stato nell’economia è considerato uno dei principali fattori di distinzione dei due modelli di capitalismo proposti dalla letteratura. Il modello guidato dal mercato, rappresentato dagli USA implica un più basso livello di tassazione e spesa pubblica. Questo modello è stato seguito anche dalla Gran Bretagna. Nonostante la marcata eterogeneità tra le economie nazionali europee riguardo al coinvolgimento dello stato, il peso della Germania, dell’Italia e della Francia nel quadro complessivo contribuisce delineare una situazione in cui il ruolo degli stati nazionali, in termini di tassazione e spesa pubblica è più pesante in Europa che negli USA. Confrontando l’andamento delle entrate complessive dovute alla pressione fiscale per le due economie possiamo osservare che mentre negli USA il carico tributario complessivo è rimasto sostanzialmente stabile, l’Europa non presenta soltanto un più alto livello della pressione fiscale, ma anche un aumento costante lungo l’intero periodo. Anche la composizione delle imposte è diversa. Nel caso dell’Europa le tasse sui beni e servizi e i contribuiti a favore della previdenza sociale hanno avuto un peso maggiore sull’insieme delle entrate nel settore pubblico, mentre le imposte sulla proprietà, i profitti e i guadagni da capitale hanno avuto un peso maggiore negli USA. La teoria economica suggerisce una relazione tra le imposte sul lavoro e sui beni da un lato, e un alto tasso di disoccupazioni e un più basso consumo familiare dall’altro. Negli usa, quindi, minori imposte sul lavoro contribuiscono a mantenere elevati livelli di occupazione e una minore tassazione su beni e servizi porta a un minore grado di risparmio da parte delle famiglie. PAGE \* MERGEFORMAT 95 In entrambi i sistemi il carico tributario è aumentato in modo piuttosto costante, ma il ritmo di questo andamento è stato differente. (in Europa è aumentato in misura maggiore). Altre differenze significative riguardano la composizione delle imposte. Mentre il carico tributario sulla proprietà, sui guadagni di capitali e sui redditi è simile nei due sistemi, la vera differenza consiste nelle imposte indirette, che in Europa pesa più del doppio. Un’analoga differenza riguarda il peso dei contributi previdenziali e le tasse sui redditi da lavoro, che hanno un peso doppio in Europa. La differenza nella composizione delle imposte tra UE e USA si è mantenuta fondamentalmente stabile lungo il periodo, con la sola eccezione dei contributi per la sicurezza sociale, che fino agli inizi degli anni 90 sono aumentati più negli USA, e poi sono di nuovo diminuiti. Nell’UE una diminuzione dei contributi previdenziali è evidente soltanto negli ultimi anni del secolo. In Europa i pesanti contributi sociali corrispondono a più elevati trasferimenti a favore dei lavoratori e delle loro famiglie. In entrambi i sistemi i trasferimenti sociali hanno chiaramente mostrato un andamento anticiclico fin dagli anni settanta. C’è una netta differenza tra la maggioranza dei paesi UE e gli USA nella distribuzione dei redditi dovuta alla combinazione dei meccanismi di mercato e della redistribuzione statale attraverso imposte e trasferimenti. Mentre gli USA si situano in un’area marginale caratterizzata da elevata disuguaglianza e bassa riduzione di povertà, i paesi europei si posizionano in un’area piuttosto omogenea di minore disuguaglianza e più elevata redistribuzione. Le nazioni europee formano due gruppi composti rispettivamente dagli stati dell’Europa settentrionale, da una parte, e dall’Italia, dalla Germania, dal Regno Unito e dalla Francia, dall’altra. Questi ultimi si situano su una linea di crescente diseguaglianza e di efficaci redistributiva intermedia. In modo particolare il Regno Unito, considerato un esempio del modello guidato dal mercato, assume una posizione più vicina ai paesi europei e distante dagli USA. Nonostante l’UE non presenti un sistema di welfare unitario e ogni stato abbia sviluppato politiche sociali differenti, secondo tradizioni e orientamenti di governo differenti, si può evidenziare una chiara differenza tra due modelli. Il modello di welfare degli USA è stato denominato residuale o liberale, mentre l’UE mostra un modello basato su una maggiore centralità dell’intervento statale e della spesa sociale. Il sistema di welfare americano si fonda su un impegno politico a minimizzare l’intervento pubblico, a individualizzare i rischi e promuovere soluzioni di mercato, sia per quanto riguarda i programmi assicurativi privati sia per quanto riguarda l’offerta di servizi sociali. Il suo resi dualismo consiste nel fatto che per trattare i fallimenti del mercato nel campo dei rischi sociali, vengono selezionati e affrontati dall’intervento statale soltanto i più seri, mentre i rischi minori o più generici vengono fronteggiati attribuendo fiducia alle capacità del libero mercato. Quindi, nonostante la presenza di evidenti differenze tra i singoli paesi, l’Europa post bellica ha ideato regimi sociali basati sul concetto di solidarietà, e sul PAGE \* MERGEFORMAT 95 mercato del lavoro più regolato e una più massiccia presenza dei sindacati nell’UE ha favorito un tasso di partecipazione più basso, sia maschie che femminile, e un peso maggiore del lavoro autonomo, ma il rendimento in termini di disoccupazione non è sempre stato a favore degli USA. I dati mostrano come l’UE avesse tassi minori di disoccupazione durante il periodo fordista, mentre un miglior andamento degli USA si è riscontrato solo nella fase post-fordista. Negli USA le famiglie hanno costantemente mostrato una minor propensione al risparmio, nonostante una minore disponibilità di servizi offerti dal welfare pubblico, e hanno sempre avuto una più alta propensione al consumo di beni durevoli. Il processo di globalizzazione è spesso considerato una condizione in grado di influenzare le economie nazionali e indurle a rispondere a comuni opportunità e rischi. Dal momento che si trovano ad affrontare lo stesso tipo di sfide derivanti dalla crescita dei mercati unificati di capitali, beni e forza lavoro, gli stati nazione dovrebbero essere sempre più soggetti a scelte politiche simili e a tendenze convergenti. D’altra parte una crescente concorrenza globale potrebbe anche intensificare il divario tra i vincitori e i vinti. I risultati analizzati mostrano differenze persistenti ma decrescenti all’interno dei paesi dell’Unione, nonostante l’efficacia delle politiche europee, volte a ridurre il divario nello sviluppo economico tra gli stati membri, sia stata più volte messa alla prova dalla progressiva entrata di nuovi stati membri. Di recente, con l’ingresso dei paesi dell’Europa orientale, l’eterogeneità interna è nuovamente aumentata in termini di PIL procapite, disoccupazione e produttività. Questa eterogeneità, insieme con le diverse capacità nell’affrontare le sfide della competizione globale nei diversi paesi, ha favorito la ripresa dell’euro-scetticismo, che a sua volta può rallentare il processo dell’integrazione politica e sociale. Nonostante questo, diversi indicatori mostrano una maggiore disuguaglianza tra gli stati USA che tra le nazioni europee. La disuguaglianza del reddito individuale negli anni 90 è stata considerevolmente più elevata negli USA che nell’UE, mentre gli effetti della redistribuzione sono stati sostanzialmente più bassi. Questo ha contribuito a mantenere i due modelli di capitalismo ben differenziati, a dispetto della globalizzazione. Al contrario, un insieme di orientamenti comuni (decrescente importanza dell’occupazione industriale, decrescente peso del lavoro autonomo, decrescente propensione al risparmio, decrescente partecipazione sindacale, crescente partecipazione femminile al mercato del lavoro) sembrano essere più legati al processo di progressiva modernizzazione, piuttosto che a quello di globalizzazione. Capitolo 5: sistemi politici e architetture istituzionali Le differenze tra i sistemi politici degli Stati Uniti e della maggior parte degli Stati nazionali europei sono assai rilevanti, malgrado il fatto che si possano tutti considerare come varianti della democrazia poliarchica. Se tuttavia PAGE \* MERGEFORMAT 95 spostiamo la comparazione al livello delle due unioni, Europa e USA appaiono meno diversi politicamente di quanto comunemente si creda. Il modello del decision-making democratico al livello sovranazionale europeo è più simile al modello della repubblica composit americana, con la sua struttura di governo frammentata e la sua estesa rete pluralista di gruppi di pressione, che non al modello di democrazia parlamentare vigente in forme diverse nella gran parte dei paesi membri dell’UE. Le caratteristiche essenziali del sistema politico americano: Gli USA sono una repubblica federale caratterizzata da una separazione dei poteri sia verticale che orizzontale. Nella concezione di Madison della compound republic, la libertà è protetta da una struttura istituzionale in cui ogni componente può contenere l’altra entro i suoi limiti costituzionali dando vita a un sistema di pesi e contrappesi. La separazione dei poteri è diversa dalla mera divisione dei poteri. Il potere è diviso in tutte le democrazie, nel senso che il potere legislativo, esecutivo e giudiziario sono differenziati funzionalmente, ma solo in alcune di esse il legislativo e l’esecutivo sono anche istituzionalmente separati, nel senso che hanno una legittimazione elettorale indipendente e diversa, e sono quindi costretti a cooperare. La separazione verticale dei poter tra il centro federale e gli stati è garantita dal principio della doppia rappresentanza nei due rami del Congresso: territoriale, in base alla quale gli stati sono tutti ugualmente rappresentati nel Senato, e individuale, in base alla quale i membri della HOUSE OF RAPRESENTATIVES sono eletti in proporzione alla popolazione. Si applica il principio base del federalismo nel senso che i poteri attribuiti al centro federale sono rigorosamente definiti e circoscritti (in base al principio di giustificazione che si tratta di compiti di governo che possono essere assolti più efficacemente a quel livello), mentre tutti gli altri poteri sono lasciati agli stati membri. In realtà a partire dalla guerra civile, il governo federale è diventato sempre più potente in relazione agli Stati. Il congresso e il potere giudiziario hanno esteso il ruolo delle istituzioni federali a molti settori che erano in precedenza riservati agli Stati (controllo della criminalità, istruzione, assistenza sanitaria, protezione dell’ambiente, sicurezza dei prodotti). La separazione orizzontale dei poteri, invece, comporta che il potere esecutivo, legislativo e giudiziario godano di una legittimazione equivalente e indipendente e che la funzione di governo, sia a livello federale che statale, sia suddivisa tra organi diversi. Infatti, il Presidente non dipende dalla fiducia del Congresso. Le leggi devono essere approvate separatamente dal Senato e dalla Casa dei rappresentanti e quindi convertite in legge dalla firma presidenziale. Il presidente può porre il veto ad una legge influenzando così il processo legislativo, e quando ciò avviene, il Congresso può si votare di nuovo la legge bloccata, ma deve approvarla con una maggioranza dei 2/3 in entrambe le camere (evento accaduto raramente). Il presidente gode di ampi poteri nella PAGE \* MERGEFORMAT 95 formazione delle politiche e nella nomina dei membri della sua amministrazione, dei giudici della Corte suprema e dei diplomatici, ma deve sottoporre al parere del Senato e alla approvazione della casa dei rappresentanti il bilancio federale, che costituisce lo strumento fondamentale per attuare il suo programma. Con il suo potere di veto il presidente condiziona l’attività legislativa; con il suo potere di approvazione il Congresso va a condizionare l’attività dell’esecutivo. Il presidente e il Congresso sono indotti, e addirittura costretti, a collaborare, perché ognuno detiene un potere necessario per l’esercizio del potere dell’altro. E la Corte suprema regola i conflitti di competenza che possono nascere tra le istituzioni e tra queste e i cittadini. Questo sistema consente anche un’efficace tutela delle minoranze, dal momento che la Costituzione richiede maggioranze qualificate per ratificare un trattato o porre fine a un dibattimento, e molto raramente accade che uno dei due partiti disponga di tali maggioranze. Nonostante lo spostamento del potere dal legislativo all’esecutivo, nelle fasi di governo diviso, in cui il presidente appartiene ad un partito e la maggioranza del Congresso all’altro, il Congresso continua a detenere poteri reali che usa nei confronti del presidente. Il rendimento delle istituzioni politiche americane è in effetti sempre più influenzato dal governo diviso. I periodi di controllo unificato della presidenza e del Congresso da parte dello stesso partito sono drasticamente diminuiti nei decenni recenti. Il governo diviso esercita una notevole influenza sul rendimento della politica del presidente per diversi motivi: • Innanzitutto il governo diviso alimenta un più intenso conflitto interistituzionale, come mostra da parte del Congresso il frequente ricorso alle udienze conoscitive per sfidare la legittimità delle decisioni del presidente e, da parte di quest’ultimo, l’uso delle agenzie federali per indagare il comportamento dei membri del Congresso; • In secondo luogo Si assiste ad una crescente polarizzazione nel voto dei due partiti nel Congresso: la % di casi sia in senato che nella House in cui la maggioranza di un partito ha votato contro la maggioranza dell’altro è aumentata; • In terzo luogo si è rafforzato il ruolo dello speaker della House; • Infine è aumentato il grado di confusione nel processo decisionale, con la conseguenza che è sempre più difficile identificare decisori che devono render conto delle loro scelte politiche ed esserne ritenuti responsabili. Il governo diviso non si traduce in uno stallo politico, ma rende sicuramente più difficile al presidente l’attuazione delle sue priorità programmatiche. Si è detto che nella repubblica composita americana la sovranità è suddivisa tra istituzioni diverse (il presidente con il governo federale, i due rami del Congresso, i governi statali, la Corte Suprema), che competono e si controllano l’un l’altro nell’esercizio del potere. Ciò non significa negare il primato di una PAGE \* MERGEFORMAT 95 come elementi chiave linee direttive e scadenze definite, obiettivi regionali e nazionali misurabili medianti indicatori oggettivi, monitoraggio periodico, valutazioni da parte di comitati indipendenti e correttivi automatici. Il sistema politico dell’UE ha una natura mista, allo stesso tempo federale e confederale; non ha una formale separazione dei poteri, ma la sua logica di funzionamento rispecchia questo principio. Infatti, anche se la Commissione è un organo prevalentemente esecutivo e il Consiglio un organo legislativo, non esiste una chiara distinzione tra le 2 funzioni. Il consiglio è una seconda camera, una camera degli stati straordinariamente potente, i cui compiti sono la discussione e l’approvazione delle leggi, ma è composta da rappresentanti dei governi nazionali che detengono il potere esecutivo nei loro paesi. La commissione svolge tradizionalmente compiti esecutivi, come per esempio il controllo sull’attuazione delle decisioni del Consiglio da parte dei paesi membri, ma anche il potere di avviare l’iter legislativo, nel senso che il Consiglio può decidere soltanto in merito alle materie definite e istruite dalla Commissione. Il Parlamento Europeo è stato finora l’istituzione più debole ma va rafforzando il suo ruolo. Il principale cambiamento introdotto dai trattati di Maastricht e Amsterdam è stato la procedura di codecisione che ha conferito al Parlamento, già influente nella definizione dell’agenda, anche un potere assoluto di veto in alcune aree di legislazione. In precedenza, dopo l’approvazione dell’Atto Unico europeo, il Parlamento partecipava al processo legislativo solo in base al principio di cooperazione mediante la creazione di un comitato di conciliazione e la possibilità di una terza lettura dei testi di legge. Il trattato di Amsterdam ha consolidato lo status paritario del Parlamento e del Consiglio nell’attività di conciliazione e accresciuto i poteri del primo stabilendo che il presidente della Commissione, nominato dal Consiglio debba ottenere l’approvazione anche del Parlamento. Pur essendo istituzionalmente assai meno potente dei parlamenti nazionali, il Parlamento Europeo si è trasformato nel corso degli anni da un’assemblea costitutiva in un autentico organo legislativo. Il processo legislativo dell’Unione Europea è piuttosto complicato (vedi pag. 160-161). Inizia la Commissione che formula una proposta e la invia al Parlamento; il Parlamento esprime la sua opinione e può proporre emendamenti; il Consiglio, dopo aver ricevuto l’opinione del Parlamento discute la proposta sulla base della procedura richiesta dal tipo di policy (consultazione, cooperazione, codecisione) e può adottarla in prima lettura se non ci sono proposte di emendamento. Qualora vi siano emendamenti la proposta deve ritornare al parlamento, alla Commissione e al Consiglio per una seconda lettura. Se il Consiglio, la Commissione e il Parlamento esprimono pareri diversi, la proposta viene inviata a un comitato di conciliazione composto da 15 rappresentanti per ognuno dei 3 organi. Se il comitato trova la convergenza su un testo, entro il limite massimo di 8 settimane, il Parlamento deve approvarlo con maggioranza dei voti espressi e il Consiglio con una maggioranza qualificata. PAGE \* MERGEFORMAT 95 Per quanto sia complessa questa procedura non sembra molto dissimile da quella vigente nel processo legislativo degli Stati Uniti, in cui non c’è priorità decisionale né del presidente né del Congresso. In entrambi i casi infatti, l’approvazione di una legge richiede un negoziato diffuso e reiterato che deve costruire il consenso necessario e che coinvolge una pluralità di attori istituzionali sia in sessioni plenarie che in sottocomitati, e consente una estesa attività di lobby da parte dei gruppi di interesse. Ma vi è una differenza sostanziale rispetto agli USA che consiste nella asimmetria di potere tra il Consiglio dei capi di stato e di governo, da un lato, e gli altri due organi dall’altro. Il ruolo del potere giudiziario è particolarmente importante nel processo di costruzione dell’Unione. La Corte di Giustizia ha la primaria responsabilità di verificare se i provvedimenti adottati dagli stati membri e dalle istituzioni dell’Unione siano conformi ai principi fondamentali dei trattati stipulati. La sovranità nazionale non è più illimitata perché gli stati devono rispettare le leggi dell’Unione e attuare le loro politiche in conformità a esse, se vogliono evitare le sanzioni della Corte per le loro violazioni. L’accesso alla Corte non è limitato ai membri e alle istituzioni comunitarie; la procedura legale può essere avviata anche dalle corti di giustizia nazionali, che possono richiedere un verdetto preliminare in merito alla interpretazione della validità degli atti comunitari. Il diritto comunitario è quindi reso assai più stabile dalla sua applicazione decentrata che è indirettamente affidata, al di là dei governi nazionali, a un gran numero di giudici nazionali. Il trattato per l’adozione di una Costituzione europea è stato approvato nel 2004 ma è stato bloccato dal referendum di Francia e Olanda. Somiglianze e differenze tra i sistemi politici degli Stati Uniti e dell’Unione Europea: Gli USA e l’UE, pur nella loro diversità, possono essere considerate due varianti della “repubblica composita”, il modello di democrazia pluralista che si differenzia dal modello parlamentare. Riepiloghiamo le principali analogie e differenze. Le somiglianze si possono riassumere alla luce del principio di separazione orizzontale e verticale dei poteri costituzionali e dei processi di rappresentanza democratica e di policy-making: a) L’autorità riceve la propria legittimazione democratica da due fonti diverse, dai due organi legislativi (rappresentanti l’uno i sottosistemi – i 50 stati degli USA e i 27 stati dell’UE- e l’altro direttamente i cittadini) che esercitano i loro poteri in base al principio di sussidiarietà; b) Esiste una struttura decisionale trilaterale: Presidente, Senato e House of representatives negli USA; Consiglio, Commissione e Parlamento in UE; PAGE \* MERGEFORMAT 95 c) Il potere esecutivo è in larga parte indipendente dalla fiducia accordata dal potere legislativo: infatti, il presidente americano è indipendente dal Congresso e la Commissione europea gode di ampia autonomia rispetto al Consiglio e al Parlamento. d) Il potere giudiziario svolge ruoli molto importanti nella formazione e attuazione delle leggi, negli USA è previsto un controllo giudiziale di ogni tipo di tribunale per quanto riguarda la conformità delle leggi; in UE la Corte di Lussemburgo controlla la conformità della legislazione degli stati membri; e) Le elezioni non scelgono il governo, ma incoraggiano la competizione e assicurano il ricambio dei corpi parlamentari f) Il processo decisionale è disperso in complesse strutture di governance e vige il principio del governo delle minoranze (che comporta la responsabilità individuale dei detentori del potere), piuttosto che il principio della responsabilità collettiva dei governi di maggioranza di fronte al Parlamento; g) I partiti politici tendono ad essere nominali, frammentati e abbastanza deboli, mentre i gruppi di interesse sono molto più influenti; h) La separazione dei poteri rende difficile accertare la responsabilità dei decisori ed esigere da loro di render conto delle scelte fatte Caratteristiche simili producono vizi e virtù simili nel funzionamento delle due democrazie. In entrambe, la separazione dei poteri costituisce una garanzia fondamentale contro la tirannia della maggioranza e gli abusi del potere esecutivo; ma, dall’altro lato, rende più difficile stabilire chi è responsabile di quale decisione, ostacola la competizione tra i partiti, e favorisce la tirannia delle minoranze organizzate. Le differenze tra le due unioni sono anche maggiori e riguardano: a) I sistemi elettorale e conseguentemente il tipo di legittimazione degli organi legislativi: nell’UE non vi è un’unica elezione dell’esecutivo, ma si usano procedure elettorali diverse per eleggere sia i parlamenti degli stati membri che il Parlamento europeo; b) L’ampiezza della sfera di sovranità dell’UE: contrariamente agli USA, l’UE manca di diversi elementi essenziali della sovranità, come il monopolio dell’uso della forza legittima mediante un unico esercito e un’unica polizia, una politica estera unitaria e il diritto di tassare i propri cittadini; c) Il ruolo del presidente, molto forte negli USA, ancorché controllato e bilanciato dal contro potere del Congresso, è invece molto debole nell’UE, essendo diviso tra il presidente della Commissione (che resta in carica 5 anni ma gode di poteri limitati) e il presidente del Consiglio europeo che è in realtà un mero primus inter pares e rimane in carica per un periodo assai breve (6 mesi); PAGE \* MERGEFORMAT 95 consulenti professionali. Una volta che il candidato presidente ha sconfitto gli altri concorrenti nelle primarie, usa il partito nazionale più come un potente apparato tecnico che come un’organizzazione politica. Inoltre, l’avvento delle tecniche di comunicazione di massa ha ridotto la tendenza dei candidati ad affidarsi ai partiti tradizionali per organizzare il consenso e per raccogliere fondi. Il declino dei partiti nazionali ha poi anche ridotto l’influenza esercitata dalle grandi questioni, come la disoccupazione e la discriminazione razziale, nel mobilitare coalizioni sociali ampie e ha contribuito alla diminuzione della partecipazione elettorale. Chiaro indicatore del declino delle organizzazioni di partito è la diminuzione degli iscritti sia al partito Democratico che al partito Repubblicano. Malgrado la recente ripresa delle organizzazioni locali e statali di partito e malgrado l’aumento della coesione interna e del sostegno dato al presidente del proprio partito nel Congresso, i partiti politici americani non hanno riguadagnato che in parte la loro forza passata e appaiono nel complesso più deboli di quelli degli stati membri dell’Unione Europea. Tuttavia, i partiti americani hanno dimostrato di sapersi adattare al cambiamenti e continuano a svolgere un ruolo importante nonostante i sentimenti ambivalenti dell’elettorato. 3. La terza caratteristica del sistema americano dei partiti è il minor grado di polarizzazione rispetto alle altre democrazie. Nella politica americana sono stati numerosi i compromessi bipartisan nei periodi in cui le maggioranze del Congresso non appartenevano allo stesso partiti del presidente. Tra il 1955 e il 1994 i Democratici hanno conservato ininterrottamente la maggioranza nella House, eleggendo lo speaker (il portavoce, ovvero il presidente dell’assemblea) e dominando le commissioni parlamentari. Nelle elezioni di mid-term del ’94 la situazione cambiò radicalmente: i Repubblicani conquistarono il controllo della Casa dei rappresentanti, controllo che conservarono nelle successive tornate elettorali. Ma nel 2006 i democratici ripresero il controllo della House. Anche il senato ha visto una prevalenza democratica dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi, ma con due intervalli di predominio repubblicano: durante la presidenza Reagan negli anni ’80 e dal ’94 al 2006. Anche qui nel 2006 i democratici hanno riguadagnato la maggioranza. Il controllo repubblicano del Congresso a partire dalla metà degli anni ’90, l’allargarsi della frattura tra elettori democratici e repubblicani, insieme alle trasformazioni organizzative dei due partiti storici, hanno contribuito ad accentuare la polarizzazione del sistema partitico. Ma il ritorno al governo diviso in un sistema politico caratterizzato dalla separazione costituzionale tra il potere legislativo ed esecutivo alimenta la tendenza alla cooperazione dei partiti americani. 4. La quarta caratteristica distintiva del sistema americano dei partiti è l’assenza di un partito socialista. Questa assenza è legata alla natura PAGE \* MERGEFORMAT 95 particolare del sindacalismo americano. Infatti, negli USA, il movimento sindacale è il più debole rispetto a quelli delle altre democrazie industriali. I fattori causali più importanti nel prevenire lo sviluppo di un’ideologia e di un’organizzazione socialista sono: la mentalità capitalistica del lavoratore americano, il carattere populista dell’elettorato, l’abbondanza di risorse materiali, lo standard di vita elevato, le diffuse aspettative di mobilità sociale. L’assenza di una tradizione socialista ha comportato che la divisione destra/sinistra risulti più confusa e meno applicabile agli USA che alle democrazie europee. Tuttavia, le fratture crescenti in merito a questioni come quelle dei diritti civili, dell’aborto e del welfare alimentano il conflitto tra un partito democratico a prevalenza liberale e un partito repubblicano prevalentemente conservatore. 5. Una quinta caratteristica distintiva è la crescente importanza nel confronto politico delle identità etniche e religiose, che giocano un ruolo comparabile a quello svolto in Europa dalle appartenenze di classe, con la differenza tuttavia che mentre l’importanza di queste ultime va diminuendo drasticamente in Europa, la rilevanza del fattore etnico e religioso va aumentando rapidamente negli USA. Solitamente, i Repubblicani sono preferiti da: metodisti, luterani, presbiteriani, mormoni, e da coloro che si definiscono cristiani o protestanti senza una specifica denominazione, mentre ai democratici vanno le preferenze di chi di si dichiara non religioso, dei cattolici, dei battisti e degli ebrei. Evidente è anche la correlazione tra l’appartenenza etnica e le preferenze di partito, in particolare nel caso degli afro-americani che votano in misura preponderante per i democratici. Va sottolineato che malgrado alcuni notevoli progressi, la minoranza nera è tuttora sottorappresentata. Un altro esempio significativo dell’importanza della politica etnica è il peso crescente degli ispano-americani e in generale del multiculturalismo. Altre variabili chiave nell’interpretazione delle preferenze per un partito, come il genere, la residenza geografica e lo status socio-economico, esercitano nella politica americana un’influenza non dissimile da quella che hanno in Europa. Il genere è importante per le scelte elettorali, dato che le donne tendenzialmente votano per i Democratici, ma non è rilevante nel senso di garantire una presenza significativa di donne tra gli eletti. Infatti, la percentuale di donne elette nel Congresso, nonostante sia aumentata nettamente nell’ultimo decennio del XX secolo, è inferiore a quella del Parlamento Europeo, dove le donne sono cresciute in modo costante e significativo. Lo status socio-economico ha pure importanza, e il livello di istruzione appare correlato al voto più strettamente della ricchezza e del reddito e della condizione professionale. Con qualche semplificazione, possiamo delineare un quadro siffatto delle preferenze elettorali nel sistema americano dei partiti. Il consenso per i Repubblicani proviene in larga parte da questi gruppi: elettori tradizionali, religiosi, ben disciplinati e patriottici che condividono l’opinione che la PAGE \* MERGEFORMAT 95 decadenza della morale dell’America derivi dal fatto che le persone non praticano la loro fede nella vita privata,la famiglia è sottopressione e i valori cristiani subiscono un grave attacco; gli abitanti del DEEP SOUTH e delle aree extra-metropolitane a elevata crescita economica del sud e del sud- ovest del paese; gli elettori delle aree rurali, gli operai coniugati e i pensionati, i gruppi sociali più ricchi. I Democratici, invece, sono preferiti da: gli afroamericani, gli ispano- americani, le donne con elevato livello di istruzione, gli abitanti delle aree meno religiose e più cosmopolite del paese, le famiglie dei lavoratori sindacalizzati che appoggiano i democratici per motivi sia materiali che ideali. Accanto ai gruppi sociali che esprimono una chiara preferenza elettorale, vi è poi una consistente minoranza che oscilla continuamente tra un partito e l’altro, o è sempre più disimpegnata dalla politica, o desidera un cambiamento politico a tal punto da sostenere per protesta un terzo partito. I gruppi che formano questa minoranza contestatrice includono persone sia di status socio-economico medio-alto che basso: devoti cattolici che sono vicini ai repubblicani su questioni come l’aborto, ma sono più prossimi ai democratici in tema di rapporti tra libero mercato e controllo governativo; i nuovi professionisti di ceto medio-alto attivi nella società dell’informazione; gli operai e le operaie senza istruzione universitaria. Tradizionalmente, gli americani considerano i Democratici come il partito della prosperità economica e i Repubblicani come il partito più capace e affidabile nella politica internazionale. Le fratture tra i due partiti e la caratterizzazione sempre più culturale di questioni chiave come i diritti civili o l’aborto, il ruolo delle donne nella società oltre a questioni tradizionalmente importanti come la politica fiscale e la sfera di intervento del governo federale, l’ordine pubblico e la sicurezza e la politica estera hanno dato origine alla polarizzazione culturale dei due partiti. Gli Stati Uniti sono un paese culturalmente diviso su alcune questioni di fondo. Anche la differenziazione interna tra stati e gruppi di stati e la cosiddetta “politica etnica” giocano un ruolo fondamentale nel sistema politico americano contemporaneo. Ma, nel complesso il sistema partitico è relativamente semplificato, con due partiti che lottano per l’egemonia e il consenso elettorale e con le dinamiche della politica nazionale che prevalogono nettamente sulla politica a livello statale e locale. Il modello europeo è significativamente diverso, soprattutto per quanto riguarda i sistemi politici degli stati membri. La strutturazione del sistema europeo dei partiti e la sua diversificazione interna: I partiti sono nominali, frammentati e abbastanza deboli anche nell’Unione Europea, ma per ragioni diverse rispetto agli USA. A differenza degli Stati Uniti PAGE \* MERGEFORMAT 95 rilevanti. Tuttavia i vecchi partiti resistono e formano anche oggi la spina dorsale nei rispettivi sistemi. Riassumendo esistono differenze significative tra il sistema politico europeo e quello americano; in primo luogo il rapporto di importanza inverso tra elezioni statali ed elezioni a livello dell’Unione. E tuttavia, se anziché comparare il sistema politico americano con quello degli stati membri dell’Unione Europea lo confrontiamo con il sistema politico dell’UE ancora una volta l’eccezionalismo americano e l’unicità europea non appaiono giustificati. A livello del Parlamento Europeo il sistema dei partiti sta subendo un processo di semplificazione, malgrado la natura fortemente proporzionalista del sistema elettorale favorisca la frammentazione; il Partito Popolare Europeo si è unito con i Democratici Europei diventando il più grande gruppo politico, mentre il Partito Socialista Europeo, secondo per importanza, che gli contende il primato sta anch’esso considerando possibili cambiamenti. dunque, come il rapporto di importanza inverso tra elezioni statali ed elezioni a livello dell’UE. Gruppi di interesse e politica di pressione: Un’altra chiara somiglianza tra i sistemi politici degli USA e dell’UE è rappresentata dall’intensa attività dei gruppi di interesse e dall’importante ruolo che gioca la pressure politics nei processi decisionali, anche se le ragioni sono in parte diverse nelle due unioni, in conseguenza del diverso contesto istituzionali. In entrambi i casi, il coinvolgimento dei gruppi di interesse è di natura pluralista, aperta e competitiva, piuttosto che neo-corporativa. Ciò appare più chiaramente negli USA che sono caratterizzati da strategie più conflittuali, una contrattazione collettiva più pluralista e livelli di sindacalizzazione più bassi rispetto all’Europa continentale in cui permangono aspetti neo-corporativi. La maggior parte degli studi descrive il sistema di decision-making dell’UE come un sistema pluralista: il gran numero di lobbisti attivi che cresce all’ampliarsi dei poteri della governance europea, i molteplici punti di accesso al processo decisionale, la mancanza di partecipazione diretta dei gruppi di interesse alle decisioni vincolanti, sono tutti elementi che non consentono di costruire posizioni di monopolio. In effetti, esistono i comitati consultivi, le tavole rotonde, le udienze conoscitive e le consultazioni pubbliche, ma la loro istituzione non è regolata sistematicamente, eccetto i pochi casi in cui la Commissione Europea è obbligata a ratificare i risultati della negoziazione. Il gran numero di gruppi di interesse attivi nella attività di lobbying presso la Commissione, il Parlamento, i governi nazionali, le corti di giustizia dell’Unione Europea è riconosciuto da tutti ma non vi è accordo sul loro numero esatto. I diversi gruppi di interesse, però non sono tutti rappresentati allo stesso modo. I gruppi di interesse economici sono molto più attivi per diverse ragioni: • Le imprese si muovono molto più agevolmente degli altri gruppi in uno spazio transnazionale; PAGE \* MERGEFORMAT 95 • Dispongono di maggiori risorse umane e finanziarie; • Sono favorite dalla priorità accordata dall’Unione Europea all’integrazione di mercato e finanziaria e dal fatto che l’accelerazione impressa all’integrazione europea è stata in primo luogo il frutto di un’alleanza tra le elite economiche e politiche. Ma perché la politica di pressione ha così tanto successo? In primo luogo perché il processo decisionale nell’UE è molto lungo e complesso, senza un unico forte potere esecutivo, e si basa su un consenso esteso che richiede la consultazione dei gruppi di interesse. La natura complessa di molte questioni richiede un livello elevato di competenze specialistiche e di informazioni tecniche. Inoltre la cultura pro-business di molti decisori e funzionari comunitari facilita la formazione di comunità di policy in cui i rappresentanti delle organizzazioni di interessi economici sono stabilmente incorporati nei processi decisionali. Anche altri fattori, come il deficit democratico del Parlamento Europeo e lo sforzo di far fronte all’ampliamento di competenze sancito dall’Atto Unico Europeo contribuiscono a spiegare la pervasività di gruppi di interesse di varia natura, che in una certa misura controbilancia la dominanza delle organizzazioni di rappresentanza degli imprenditori. L’Atto unico europeo ha ampliato l’intervento dell’UE in aree come la tutela ambientale, la ricerca scientifica, lo sviluppo tecnologico, le politiche sociali, dando vita in anni recenti a più di 300 procedure di armonizzazione con il risultato di attrarre un numero crescente di gruppi di pressione. Inoltre, le critiche al metodo decisionale chiuso e non trasparente di policy-making europeo hanno stimolato domande di ampliamento del sistema di consultazioni estese al fine di porre rimedio al deficit democratico dell’UE, potenziando in tal modo il ruolo dei gruppi di interesse. I sindacati e le associazioni imprenditoriali, come gli altri gruppi di interesse nell’Unione Europea sono di natura tipicamente pluralista, cioè multipla, volontaria, competitiva e non gerarchica, anche perché ogni tentativo neo-corporativo di assegnare un ruolo di certificazione degli accordi alle istituzioni comunitarie incontrerebbe l’opposizione dei governi nazionali. I gruppi di interesse hanno sempre rappresentato una componente importante della politica americana e la loro influenza è tuttora in crescita. Per quanto controversa sia l’esatta misura della loro consistenza, gli americani sono da sempre considerati una nazione di associati. Mentre alle elezioni presidenziali partecipa in genere poco più della metà dei cittadini aventi diritto, più di ¾ dei cittadini americani appartengono a una o più associazioni, sono iscritti in media a due associazioni e danno contributi finanziari a quattro. Solo alcune di queste associazioni sono apertamente politiche, anche se molte di quelle apparentemente non politiche, come le organizzazioni di genitori e insegnati, e le associazioni di vicinato, sono spesso impegnate in attività politiche. Il pluralismo è un carattere essenziale della società americana; nato come pluralismo religioso e sviluppatosi in pluralismo di interessi e preferenze PAGE \* MERGEFORMAT 95 culturali. Esso costituisce una componente fondamentale del sistema politico americano, che si manifesta nella formazione di appartenenze temporanee e identità sovrapponentesi. La formazione dei gruppi non è stata un processo stabile e graduale nel tempo, ma è piuttosto proceduta per ondate. I fattori che meglio contribuiscono a spiegare la crescita più recente dei gruppi di interesse sono: • I progressi compiuti dalla tecnologia informatica, che consente comunicazioni meno costose e una più agevole compilazione di elenchi di potenziali interessati; • L’espansione della attività di governo che favorisce il lobbying specializzato di gruppi di pressione vecchi e nuovi; • Il declino delle grandi organizzazioni tradizionali, come i sindacati. Secondo il modello pluralista, gruppo monotematici, con appartenenze sovrapposte e scopi utilitaristici, competono tra di loro per l’attenzione del governo nei processi decisionali; e l’interazione delle pressioni esercitate dai gruppi in difesa dei loro interessi svolge un ruolo cruciale nel funzionamento della democrazia e nella conservazione dell’ordine politico. Negli USA, più che altrove infatti, l’attività di governo è un processo di adattamento e di mediazione ottimale tra interessi concorrenti che si bilanciano gli uni con gli altri. I gruppi di interesse devono tuttavia affrontare la difficile logica dell’azione collettiva e il problema dei free rider (ovvero il fatto che individui che non partecipano ai costi della partecipazione possono tuttavia godere degli eventuali benefici ottenuti). Pertanto il quadro generale è pluralista, ma il sistema americano dei gruppi di interesse è squilibrato, in quanto vi sono gruppi dotati di maggiori risorse e influenza degli altri. Malgrado il gran numero di gruppi politicamente attivi, il predominio della galassia delle organizzazioni di interesse del business operanti a Washington è ancora più pronunciato di quanto non fosse nel passato. Predominanza degli interessi del business. A questo riguardo gli Stati Uniti e l’Unione Europea appaiono simili, pur con la differenza del ruolo di maggior rilevanza giocato dai sindacati nella seconda. È un ruolo più significativo a livello statale che sovranazionale, ma l’influenza dei sindacati sulle scelte politiche dei governi degli stati membri implica anche un certo grado di influenza a livello dell’Unione. Le culture politiche: Quindi,le istituzioni politiche dell’UE e degli USA sono meno diverse di quanto appare a prima vista, anche se esistono importanti differenze. Si ritrova lo stesso intreccio di somiglianze e differenze nelle culture politiche delle due unioni. Da un lato, le ricerche comparative sulle culture politiche mostrano come i cittadini americani ed europei condividono i valori di fondo e le credenze della democrazia liberale (le libertà civili e politiche, lo stato di diritto, il governo rappresentativo, la competizione politica, il pluralismo PAGE \* MERGEFORMAT 95 dei paesi membri, e le politiche comunitarie di sviluppo regionale e a sostegno dell’occupazione le hanno rese più simili. D’altra parte, l’influenza omogeneizzante del mercato globale ha anche ridotto le differenze tra i tre tipi classici di regime di welfare e ha nello stesso tempo aumentato la frammentazione e la differenzazione sociale caratteristiche della società post- industriale. Le differenze tra i vari regimi in termini di spesa pubblica sono meno pronunciate di quanto non si pensi comunemente. Una seconda importante differenza tra le due culture politiche riguarda il rapporto tra religione e politica. Gli americani sono più religiosi degli europei. Ciò è dovuto a una serie di ragioni: il pluralismo religioso ben radicato nella società americana; il predominio delle confessioni e delle sette religiose sulle religioni istituzionali e la conseguente assenza di una religione di stato; il fatto che la religione colmi uno spazio vuoto in una cultura liberale dominata dall’individualismo, dalla competizione e dal razionalismo. L’importanza della religione contribuisce anche alla natura morale e moralistica della politica americana. Gli atteggiamenti nei confronti della religione e della famiglia sono stati drammaticamente influenzati dall’attacco terroristico dell’11 settembre e da un nuovo senso di insicurezza. Un sentimento generalizzato di insicurezza esistenziale, dovuto principalmente alla minaccia terroristica, ma anche al rallentamento della crescita economica ha conferito un significato rinnovato ai temi religiosi e morali. Una terza differenza importante tra le culture politiche degli europei e degli americani concerne il diverso atteggiamento verso la guerra e la pace. La pretesa americana che gli USA siano la nazione redentrice, che porta la libertà e la democrazia nel mondo intero, contempla il ricorso alla guerra come strumento legittimo per perseguire uno scopo nobile. Questo atteggiamento ha trovato la sua massima radicalizzazione nella Dottrina Bush sulla sicurezza nazionale degli Stati Uniti dopo l’11 Settembre. Gli europei invece hanno un atteggiamento diverso. L’Unione europea, infatti, è nata proprio dalla volontà comune di terminare definitivamente le guerre civili europee. La maggior parte dei paesi membri dell’UE condivide un atteggiamento di politica estera che consiste nell’incorporazione pacifica di nuovi paesi europei, combinato con l’instaurazione di forti legami commerciali e di cooperazione economica con i paesi limitrofi. Va osservato che anche nella politica estera il Regno Unito occupa una posizione intermedia tra l’Europa continentale e gli USA. Conclusione: la qualità della democrazia sulle due rive dell’Atlantico: I valori e le istituzioni democratiche non sembrano correre alcun serio pericolo ai due lati dell’Atlantico, ma c’è qualche ragione di preoccupazione per la qualità della democrazia, ragioni che attengono alla logica di funzionamento delle due unioni e a caratteristiche istituzionali simili. Si tratta della difficile accountability degli organi di rappresentanza, dell’influenza esercitata da PAGE \* MERGEFORMAT 95 potenti minoranza nel processi di formazione e attuazione delle politiche pubbliche e del conflitto inter-istituzionale che partiti deboli e frammentati non riescono a mediare. Tre altri tipi di rischio attuale o potenziale per il funzionamento della democrazia tra gli stati membri UE e gli USA sono: 1) Un primo tipo di rischio, che è comune agli Stati Uniti e alle democrazie europee consiste nell’Influenza esercitata sulla partecipazione democratica e la qualità del discorso pubblico da quella che si può definire la “campagna permanente”, con il connesso potere dei mass media (la telecrazia), il costo crescente delle campagne elettorali e la sempre maggiore personalizzazione della politica. Sia la democrazia americana che quella europea sono sempre più caratterizzate dalle campagne permanenti, cioè dal fatto che la competizione elettorale non cessa letteralmente mai, e del connesso potere dei mass media. Le cause principali di questo stato di cose sono: • Fattori sociologici e politici come il declino delle organizzazioni di partito tradizionali e l’esplosione dei gruppi di interesse e della politica di pressione che costringe i candidati a creare e tenere le loro personali strutture di organizzazione del consenso piuttosto che fare affidamento su organizzazioni partitiche stabili; • Fattori istituzionali, come negli USA, lo svolgimento di elezioni separate a livello federale, statale e locale, e il metodo delle primarie per la selezione dei candidati che moltiplica il numero delle consultazioni elettorali e accorcia i periodi di intervallo, cosicché la nuova campagna elettorale inizia quando è appena finita la precedente e come, nell’Unione Europea, lo svolgimento, oltre che delle elezioni europarlamentari, di molteplici elezioni a livello nazionale, regionale e locale nei 27 stati membri con metodi elettorali diversi e in tempi diversi; • Cambiamenti tecnologici nei mezzi di comunicazione di massa e nelle tecniche di ricerca che favoriscono la proliferazione dei sondaggi e consentono ai leader politici di essere in costante comunicazione con i loro elettori potenziali e ottenere dai sondaggi informazioni costanti circa le conseguenze elettorali delle loro scelte politiche. In conseguenza dell’aumento del numero delle campagne elettorali, della crescita dell’organizzazione, della proliferazione delle comunicazioni e dei sondaggi, è molto aumentato il fabbisogno di denaro che costringe i candidati e gli eletti a impegnarsi in una costante attività di fund raising. Un altro effetto degno di nota della campagna permanente è la percentuale declinante dei votanti. Le elezioni presidenziali vedono una partecipazione più alta delle elezioni locali, ma i dati sono in diminuzione per entrambi i tipi di elezione a partire dagli anni 60. Gli americani tendono a votare meno dei cittadini degli stati membri dell’Unione Europea. PAGE \* MERGEFORMAT 95 Il costo crescente delle campagne elettorali, le percentuali declinanti di partecipazione al voto, l’influenza sempre più pervasiva dei mass media, la personalizzazione della competizione politica e l’influenza disuguale esercitata dai gruppi di interesse, sono tutti elementi che tendono a ridurre il coinvolgimento diretto, le possibilità di forme di democrazia deliberativa e l’influenza di un’opinione pubblica ben informata sulle preferenze politiche. 2) Il secondo tipo di rischio, specificamente americano, riguarda le implicazioni della guerra al terrore e delle ambizioni neo-imperiali dell’amministrazione Bush per la qualità della democrazia. La sindrome post 11 settembre ha indotto il governo americano a emanare leggi che limitano i diritti individuali in patria e a perseguire politiche aggressive contro paesi stranieri in nome della libertà e democrazia. La democrazia americana contemporanea non corre soltanto il rischio di una sovra estensione imperiale, ma suscita anche preoccupazioni per le libertà fondamentali, anche perché la politica estera neo-imperiale viene attuata in un contesto in cui aumenta l’importanza delle credenze morali e religiose di stampo conservatore. La strategia del Partito Repubblicano di enfatizzare Dio e la famiglia minaccia i diritti individuali, in particolare delle donne, le preferenze morali personali e la liberà della ricerca scientifica. 3) Il terzo tipo di rischio potenziale per la qualità della democrazia, più tipicamente europeo, attiene invece alle sfide poste dalla multi etnicità e dal multiculturalismo e alla qualità della democrazia europea. Questo rischio consiste quindi nelle reazioni populiste alle sfide della globalizzazione economica e culturale. Numerosi sondaggi d’opinione mostrano una declinante fiducia nelle istituzioni e nelle pratiche della democrazia a causa delle insicurezza causate dal mercato globale e dalla società multietnica. Si osserva una crescente popolarità di movimenti populisti nell’organizzazione del consenso. Tendenze neo-populiste di chiusura localistica e paura xenofobica nei confronti di culture diverse dalla propria hanno trovato nuovi imprenditori politici in diverse democrazia europee ottenendo il consenso di minoranze cospicue dell’elettorato. La cultura democratica va nutrita mediante la riaffermazione degli elementi fondamentali della liberal-democrazia (diritti civili, competizione multipartitica, opinione pubblica libera ecc,) adattandoli creativamente alle nuove esigenze della governance globale e introducendo innovazioni politiche coraggiose che alimentino il discorso pubblico e la partecipazione dei cittadini. Il ruolo dell’Unione Europea a questo riguardo può essere di cruciale importanza, non solo per preservare la qualità della democrazia in Europa, ma anche per introdurre la democrazia nei paesi con regimi autoritari in cui non può essere esportata con la forza. PAGE \* MERGEFORMAT 95 precedenza avevano conosciuto una crescita intensissima, che unita al raggiungimento di una produttività di tipo americano, aveva reso possibile una forte crescita dei salari. Tuttavia gli shock petroliferi della metà degli anni 70 e dei primi anni 80 avevano provocato forti squilibri macroeconomici, perché la crescita dei salari era andata avanti e i profitti erano stati strangolati dall’ascesa dei costi energetici. La diminuzione della parte dei salari e l’aumento di quella dei profitti derivano dunque da un adattamento ritardato alle conseguenze delle scosse inferte dall’energia ai costi di produzione e sotto questo aspetto le evoluzioni che si osservano in Italia, nel Regno Unito e in Svezia derivano esclusivamente da un maggior ritardo nell’adattamento. Ma a parte la necessità di adattarsi al cambiamento dei costi energetici, la modifica dello schema di distribuzione europeo e il suo avvicinamento al modello americano, corrispondono a un movimento più profondo, a una maturazione dell’economia europea che verso la fine degli anni 80 superò la fase in cui doveva mettersi in pari col livello di produttività americano. Questa nuova maturità dell’economia europea si traduce in un rallentamento duraturo della crescita della produttività del lavoro, che da quel momento impedisce un aumento rapido dei redditi da lavoro, tanto più che l’aumento della disoccupazione spinge tendenzialmente verso una ripartizione dei frutti della crescita più favorevole alla creazione di posti di lavoro. Una volta che l’Europa ha realizzato i suoi aggiustamenti macroeconomici, lo schema di distribuzione unico si trasforma in una suddivisione molto equilibrata dei frutti della crescita fra salari individuali, occupazioni e profitti. La parte che va ai salari è un po’ più importante nel Regno Unito e quella che va ai profitti un po’ più importante in Italia e in Germania ma i paesi Europei e gli USA si sovrappongono quasi perfettamente. Viceversa in Svezia diventa negativa la parte corrispondente alla creazione di posti di lavoro e molto preponderante quella che va ai salari individuali. Questa evoluzione deriva dall’adattamento del mercato del lavoro svedese all’abbassamento del tasso di attività della mano d’opera. Le evoluzioni e le trasformazioni degli schemi di distribuzione primaria del reddito hanno influenzato le trasformazioni sociali, il bisogno della protezione sociale e le condizioni del suo finanziamento. La ripartizione primaria dei frutti della crescita economica influenza le dinamiche sociali attraverso i suoi effetti sull’occupazione, la disoccupazione e l’evoluzione dei redditi. Quando la crescita dell’economia e quella della produttività del lavoro sono forti è possibile beneficiare contemporaneamente del pieno impiego, perché è intensa la creazione di posti di lavoro indotta dalla crescita, e di un aumento rapido dei redditi, perché il guadagno di produttività permette di finanziare l’innalzamento dei salari senza ledere i profitti. Questa situazione, tipica dell’Europa fino agli anni 70, favorisce il progresso sociale in tutti i suoi aspetti: aumento del potere d’acquisto individuale, riduzione del tempo di lavoro, possibile abbassamento dell’età pensionabile. Viceversa, quando l’economia si avvia su un percorso di crescita a lungo termine più lento, il pieno impiego si può basare solo su una distribuzione più rigida della ricchezza prodotta, che limiti i guadagni PAGE \* MERGEFORMAT 95 individuali e riservi una parte importante alla creazione dei posti di lavoro; da quel momento, anche se il livello dei salari e quello del potere d’acquisto individuale sono elevati, la loro crescita non può che essere limitata. La prosecuzione per un tempo relativamente lungo dello schema di distribuzione ereditato dagli anni della crescita intensa anche dopo che l’economia, raggiunto ormai il livello degli Stati Uniti, aveva rallentato la sua marcia, spiega come mai l’Europa abbia raggiunto e poi mantenuto un alto livello di disoccupazione. Ancora oggi le politiche economiche europee appaiono inadatte alla situazione, e si può concludere che contribuiscono a mantenere un livello di sottooccupazione ingiustificato. Nello stesso periodo gli Stati Uniti hanno conosciuto difficoltà meno gravi, perché hanno dovuto superare solo gli effetti degli shock petroliferi, ma non modificare in profondità il loro schema di distribuzione dei redditi. Per la sicurezza sociale le conseguenze dell’evoluzione globale dell’economia e dello schema di distribuzione primaria dei redditi sono rilevanti. Negli Stati Uniti la politica economica, mettendo l’accento sul pieno impiego, ha permesso di limitare il fabbisogno degli indennizzi agli inattivi; l’esistenza di una riserva importante di posti di lavoro permetteva anzi di mettere in opera politiche sociali orientate alla ripresa dell’attività e al sostegno del reddito dei meno favori attraverso il credito di imposta per i redditi da lavoro. Invece in quei paesi europei nei quali la disoccupazione è aumentata di più, i governi hanno dovuto aumentare le spese destinate a sostenere il reddito dei disoccupati e degli inattivi involontari. La tipologia istituzionale dei sistemi di protezione sociale: In materia di protezione sociale si contrappongono tradizionalmente: • i paesi BISMARCKIANI, nei quali l’assicurazione contro i grandi rischi sociali (malattia, disoccupazione e vecchiaia) è organizzata all’interno delle professioni o dei settori d’attività e finanziata per mezzo di contributi prelevati dai salari. In questi sistemi le garanzie offerte dalla sicurezza sociale sono concesse ai lavoratori e alle loro famiglie, mentre chi vive al di fuori del mondo del lavoro ne è escluso a priori e deve contrarre un’assicurazione personale se dispone di un reddito sufficiente, oppure si affida agli aiuti agli indigenti, concessi in generale dalle collettività locali e finanziati dalle imposte. • i modelli BEVERIDGEANI nei quali la sicurezza sociale è affidata allo Stato. In questi sistemi lo stato garantisce alla popolazione residente un reddito minimo in caso di disoccupazione o malattia e dopo il pensionamento; inoltre, assicura in genere servizi sanitari gratuiti. Si usa aggiungere a questi due modelli fondamentali: • un Sistema SCANDINAVO caratterizzato da livelli di prelievo e redistribuzione elevati e da un intervento rilevante dello stato. In questo modello i diritti sono riconosciuti ai cittadini come in quello beveridgeano, ma hanno PAGE \* MERGEFORMAT 95 un’importanza molto superiore e vanno molto oltre la semplice copertura minima dei rischi sociali. Questi tre modelli fondamentali di stato assistenziale sono associati a regimi di organizzazione economica d’ispirazione altrettanto diversa, il che porta a definire tre grandi modelli economico-sociali corrispondenti: a. il MODELLO LIBERALE che combina una grande libertà economica (scarsa regolamentazione del mercato dei beni e servizi o di quello del lavoro, poche imposte pubbliche e ruolo ridotto dello stato) con un regime assistenziale minimale d’ispirazione beveridgeana. b. Il MODELLO CONSERVATORE (detto anche corporativo) nel quale il ruolo dello stato è molto più importante, la regolazione dell’economia è più forte (soprattutto in materia di diritto del lavoro) e lo stato assistenziale è d’ispirazione bismarckiana. c. Il MODELLO SOCIALDEMOCRATICO tipico dei paesi dell’Europa settentrionale, nel quale lo stato ha pure un ruolo importante ma diverso, centrato più sulla redistribuzione dei redditi e la certezza di garanzie sociali elevate (soprattutto in caso di disoccupazione) che sulla regolazione dei mercati. Questa tipologia è utile per comprendere le motivazioni dei dibattiti nazionali sulla protezione sociale. Un paese d’ispirazione liberale discuterà soprattutto il suo campo d’applicazione e i suoi limiti; in questo tipo di sistema il problema centrale è quello di determinare l’ammontare di reddito sotto il quale sono necessari un intervento e un aiuto pubblici e le situazioni tipo (di disoccupazione, condizioni familiari) che devono essere oggetto di un intervento sociale. In un paese di tradizione conservatrice il dibattito si orienterà naturalmente più verso la regolamentazione giuridica e il suo impatto tanto sull’economia quanto sulla sicurezza dei lavoratori. Nei paesi socialdemocratici saranno oggetto di dibattito la questione dei costi delle protezione sociale e delle sue conseguenze per la competitività in un mercato mondiale aperto, nonché l’impatto di prestazioni e prelievi sui comportamenti economici. Nell’Europa del sud esistono spesso sistemi di ispirazione mista, ma meno sviluppati di quelli dei paesi nordici; questi SISTEMI EUROMEDITTERANEI operano in società nelle quali le famiglie garantiscono spesso ai loro membri una protezione sociale privata che rende meno indispensabile l’esistenza di un sistema pubblico. Si tratta di un modello originale che ha un posto tutto suo entro una tipologia più ampia di sistemi di protezione sociale. Possiamo concludere dunque che i grandi modelli che strutturano gli stati assistenziali europei e americani sono quattro. La loro geografia mette immediatamente in evidenza che l’opposizione fra Europa e Stati Uniti non è poi così chiara. Siamo molto lontani dunque da un’opposizione tra un modello PAGE \* MERGEFORMAT 95 L’organizzazione istituzionale dello stato assistenziale e la struttura della spesa sociale variano fortemente da un paese all’altro. Una chiara correlazione fra povertà e spesa pubblica per la protezione sociale: Gli USA hanno una spesa sociale vicina a quella dell’UE, ma in realtà, malgrado la convergenza dei tassi di spesa sociale, restano delle differenze importanti dal punto di vista dell’impatto finale dei sistemi di protezione sociale sulla distribuzione dei redditi e la povertà. Per ridurre la povertà sono fondamentali i benefici sociali a favore dei lavoratori attivi. Queste spese specifiche di protezione sociale, che comprendo per l’esattezza le indennità di disoccupazione e il sostegno al reddito dei più poveri, costituiscono il basamento della redistribuzione. La loro vocazione è ridurre le disuguaglianze di reddito ed eliminare per quanto possibile le situazioni di povertà estrema. Gli USA, infatti, si differenziano nettamente dal nucleo centrale dei paesi europei (Francia, Germania, Regno Unito) e ancora di più dai paesi scandinavi; il modello sociale europeo appare ben caratterizzato e si oppone nettamente al modello nordamericano per l’alto livello di protezione dei più deboli, che limita significativamente la povertà. Solo i paesi dell’Europa meridionale si avvicinano un poco agli Stati Uniti, ma anche loro spendono di più per la popolazione attiva e di conseguenza hanno un tasso di povertà minore. Una sfida comune: l’invecchiamento della popolazione: In tutti i paesi occidentali la riforma dei sistemi di protezione sociale è all’ordine del giorno almeno dai primi anni ’90. All’origine di queste riforme ci sono diversi fattori, ma il più importante è l’invecchiamento; l’evoluzione demografica tanto dell’Europa quanto, sia pur in minor misura, degli Stati Uniti, infatti, porta necessariamente a un aumento del carico legato al finanziamento della protezione sociale che pesa, e peserà sempre di più, sulla popolazione attiva. I processi demografici che portarono all’invecchiamento sono tre: • Dopo la seconda guerra mondiale il baby-boom ha prodotto un’ondata demografica. In un primo tempo ciò ha comportato, fino agli anni ’70, un forte ringiovanimento e peggiorato il rapporto inattivi/ attivi (i baby-boomer non lavoravano ancora). In un secondo momento, dagli anni 70 al 2000, ciò ha fortemente abbassato questo rapporto: i baby-boomer lavoravano, avevano meno figli dei loro genitori e questi ultimi, che poco a poco uscivano dall’attività, erano molto meno numerosi. Ma dopo il 2000 i baby- boomer hanno cominciato a raggiungere l’età della pensione e questo ha comportato un forte invecchiamento della popolazione e un appesantimento del carico finanziario della protezione sociale. Le conseguenze del baby- boom sono in parte reversibili: una volta terminato, il rapporto inattivi/attivi deve tornare al suo livello strutturale, che dipende dalla durata media della vita e dalla natalità ed è inferiore al livello raggiunto ora che i baby-boomer sono o vanno in pensione. Perciò la degradazione delle strutture di PAGE \* MERGEFORMAT 95 finanziamento della protezione è in parte congiunturale e in quanto tale può essere compensata da una nuova ondata immigratoria, cui si fa ampio ricorso negli Stati Uniti. • L’allungamento della vita costituisce il secondo fattore dell’invecchiamento demografico. Ciò implica un aggiustamento strutturale della protezione sociale. Si tratta, al contrario degli effetti del baby-boom che sono transitori, di un vincolo duraturo, che non può essere aggirato grazie ai movimenti della popolazione. La reazione normale a questo invecchiamento per allungamento della vita consiste in un prolungamento proporzionale della durata dell’attività, così da mantenere un rapporto numerico pensionati/ attivi abbastanza basso da non dover aumentare troppo i prelievi che pesano sul reddito degli attivi. Per questo tutti i paesi hanno messo in atto riforme che incentivano molto un posticipo dell’età pensionabile. • Il terzo fattore dell’invecchiamento della popolazione è l’abbassamento del tesso di natalità. Si tratta di un’evoluzione che in Europa è molto negativa (tranne in Irlanda e in Francia). La situazione degli altri paesi europei è invece particolarmente critica, perché il rinnovamento delle generazioni non è garantito in nessuno di essi. A tal proposito si possono distinguere 2 gruppi: il primo comprende Regno Unito, Scandinavia e Benelux che conservano un tasso di fecondità medio; il secondo, formato dalla Germania, dai paesi ex comunisti dell’est europeo e da tutti i paesi mediterranei presenta un tasso di fecondità estremamente basso. L’abbassamento della natalità in questi paesi renderà più difficile il finanziamento della protezione sociale, tanto più che, come l’allungamento della vita, non può essere compensato in modo duraturo dall’immigrazione. La correzione di questa evoluzione implica sicuramente un aumento delle spese in favore delle famiglie e in particolare dell’offerta di servizi pubblici di cura dei bambini, solo mezzo efficace per rendere compatibili l’attività lavorativa con la maternità. Nel XXI secolo l’invecchiamento demografico metterà, fin dai suoi primi anni i sistemi di protezione sociale europei e americani di fronte a un aumento netto dei bisogni di trasferimenti sociali per le pensioni e la sanità. Carattere generale della sfida demografica, che riguarda tutti i paesi nonostante una differenza molto rilevante fra la situazione degradata dei paesi mediterranei e l’evoluzione meno sfavorevole degli Stati Uniti. L’accresciuto peso delle prestazioni pensionistiche risultante dall’evoluzione demografica può essere parzialmente contenuto spostando l’età della collocazione a riposo e grazie a una certa ripresa dell’immigrazione, ma la debole natalità europea impone comunque un aumento delle altre spese sociali, e non esistono rimedi conosciuti all’ascesa di quelle sanitarie. Tutti i paesi Europei e gli Stati Uniti hanno dunque davanti a sé una forte crescita dei bisogni di protezione sociale. PAGE \* MERGEFORMAT 95 Come reagiranno i vari paesi europei e gli Stati Uniti davanti a questa situazione, oggi che il livello dei prelievi per le spese sociali è già elevato e prevale la tendenza alla liberalizzazione, alla riduzione del ruolo dello stato e alla concorrenza tra nazioni e sistemi sociali? È molto difficile immaginare che l’opinione pubblica torni favorevole a un’estensione della protezione sociale; tuttavia si osserva anche una forte resistenza a qualsiasi abbassamento sostanzioso delle prestazioni pubbliche pensionistiche e sanitarie. Per il momento nessun paese sembra in grado di affrontare i rischi associati a una riforma radicale, senza aumento dei prelievi, che porterebbe a un impoverimento dei pensionati massiccio in certi paesi e significativo in tutti gli altri. Il fatto che diversi paesi debbano affrontare quasi contemporaneamente le stesse sfide rende pensabile una reazione equilibrata: una combinazione di riforma parametrica delle pensioni e miglioramento dell’efficienza delle cure mediche potrebbe limitare (senza annullarlo) l’indispensabile aumento degli accantonamenti. È sicuramente possibile, allungando la durata dell’attività lavorativa, ricorrendo all’immigrazione e razionalizzando i sistemi sanitari, ridurre a metà i fabbisogni finanziari e a quel punto l’innalzamento progressivo dei prelievi sociali, se si accompagna a una razionalizzazione delle altre spese pubbliche, diventa perfettamente credibile. L’attuale situazione neoliberale potrebbe cedere il posto, sotto la pressione del bisogno, a una nuova estensione dello stato assistenziale. Conclusione: Il confronto tra i sistemi di protezione sociale ai due lati dell’Atlantico mostra che se le soluzioni sono diverse, i problemi da risolvere sono in buona parte comuni: ovunque l’invecchiamento rappresenta una sfida difficile, ovunque l’ascesa delle disuguaglianze, favorita dalla globalizzazione, e la durezza della concorrenza implicano una più forte redistribuzione dei redditi; ovunque l’aumento delle spese sanitarie legato all’invecchiamento, ma anche e soprattutto al progresso delle tecniche mediche, accresce il bisogno di mutualizzazione. Complessivamente questi sviluppi implicano tutti un aumento delle spese di protezione sociale. Da una decina d’anni vengono proposte soluzioni che mescolano l’aumento occulto dei prelievi attraverso la privatizzazione di una parte della protezione sociale (come la crescita della frazione della spesa sociale finanziata da assicurazioni private o la riduzione delle prestazione dei sistemi pensionistici pubblici e l’incoraggiamento delle pensioni private) e il riorientamento dei trasferimenti sociali verso i gruppi sociali più sfavoriti. Queste misure, che in ultima analisi si traducono in un arretramento della protezione sociale, non evitano l’aumento dei prelievi, obbligatori o volontari, legati alla crescita dei bisogni sociali. In questo dibattito gli USA appaiono veramente lontani dall’Europa, dato che la loro opinione pubblica è molto più ricettiva di quelle europea alle tesi liberali. Ma al di la dell’ideologia i sistemi di protezione sociale resistono e non PAGE \* MERGEFORMAT 95 visto come un’autorità morale nel senso europeo. Negli USA l’autorità di governo non è mai stata autorità religiosa e questo ha reso molto più facile che in Europa l’impiego di fraseologie e simboli religiosi come segni dell’unità sociale del paese. Questo uso così esteso di simboli religiosi nella vita politica americana può essere considerato un indicatore di un complesso religioso- culturale definito “religione civile”. IL PANORAMA RELIGIOSO MODERNO IN EUROPA E STATI UNITI: Gli Usa sono una società prevalentemente protestante. Dopo il 1960 la società americana ha visto diminuite leggermente le preferenze per la religione cristiana, soprattutto per un leggero aumento dei non cristiani. In confronto all’Europa la comunità musulmana è relativamente piccola (tendenzialmente meno dell’1%). L’aspetto più rilevante del panorama religioso americano è l’alto livello di frammentazione, specialmente tra protestanti. infatti vi sono molteplici confessioni e questa pluralità di gruppi diversi ha prodotto nella società americana una sorta di mercato religioso che permette al singolo di scegliere la confessione che meglio si adatta ai suoi bisogni. La flessibilità del mercato religioso degli Stati Uniti può essere vista come un punto di forza della religione, mentre in Europa si può parlare al massimo di mercato oligopolistico delle religioni e confessioni, per cui la religione tende a non essere molto orientata al consumatore e la sua domanda è meno alta che negli Stati Uniti. In Europa, invece, la diversità religiosa, definita come variazione interna del cristianesimo, appare in declino. Gli studi recenti mostrano una tendenza alla deconfessionalizzazione: da un lato sono sempre di più i credenti che considerano prive di importanza le differenze fra le varie forme di cristianesimo, dall’altro alcune confessioni protestanti, come i luterani e i calvinisti in Germania, tendono a costituire organizzazioni ombrello unificate (chiesa evangelica di Germania). La società europea contemporanea è prevalentemente cattolica, con alcuni paesi a maggioranza protestante a Nord e poche aree ortodosse a Est. L’allargamento dell’UE nel 2004 e 2007 ha prodotto un aumento della popolazione protestante e ortodossa d’Europa, ma non ha cambiato la struttura di base: si è cmq sempre in presenza di un’unica religione europea, la cristiana, caratterizzata da professioni di fede diverse tutte cristiane. L’islam, molto cresciuto di numero dopo la seconda guerra mondiale, è la sola confessione non cristiana. L’eventuale ingresso futuro della Turchia, religiosamente islamica, cambierebbe radicalmente il panorama religioso tradizionale dell’Unione Europea. Dopo l’allargamento del 2004 si rileva fondamentalmente la stessa configurazione: la maggioranza dei paesi europei è dominata da una sola confessione, più spesso quella cattolica, con pochi casi protestanti e ortodossi. Va però sottolineato che questo allargamento ha fatto salire a otto il numero dei paesi dominati da due o più religioni, per cui ha aumentato in PAGE \* MERGEFORMAT 95 generale, l’eterogeneità religiosa della società europea. Nonostante questo cambiamento il panorama religioso dell’Europa presenta una certa stabilità: circa l’80% della popolazione europea è cristiana. Per quanto riguarda le principali variazioni avvenute tra il 1970 e il 2000 va sottolineato che la principale variazione riguarda la proporzione dei musulmani, quadruplicata tra il 1970 e il 2000 (dallo 0,69% al 2,62%). La crescita della minoranza musulmana è legata in gran parte alla recente immigrazione in Europa e ha avuto luogo nelle nazioni fondatrici dell’UE (specialmente Francia e Germania). In prospettiva l’Europa ha davanti a sé un grosso cambiamento del suo panorama religioso: ci si aspetta l’emergere di un islam europeo di tipo nuovo. LA RELIGIONE PERSONALE IN EUROPA E USA: In generale si può notare che un numero maggiore di americani considera Dio molto importante nella sua vita. Entrambe le società hanno un numero notevole di individui non religiosi o atei. Comunque l’America non è omogenea in fatto di religione personale. L’Europa cmq ha una percentuale di atei e non religiosi di molto superiore, anche se al suo interno le diversità sono anche maggiori che negli USA. Tuttavia non si dovrebbero sopravvalutare le differenze fra le due sponde dell’Atlantico. Il laicismo europeo e la religiosità americana sono reazioni a cambiamenti sociali dello stesso tipo; entrambe le società sono contraddistinte dal pluralismo. Non esiste una religione unica che abbia dominio esclusivo sulla sfera pubblica; questo è vero per tradizione in America, ma lo diventa sempre di più anche in Europa (anche se persistono nazioni europee dove domina una sola religione). Dato che nessuna religione domina né in una società né nell’altra, la cosa importante è che la gente sia libera di scegliere: negli Stati Uniti si sceglie fra confessioni diverse, nell’Unione Europea la scelta è fra essere religiosi e non esserlo. La ripoliticizzazione della religione La cultura politica degli USA è stata caratterizzata fin dall’inizio da una particolare mescolanza del religioso con il politico. La ripoliticizzazione della religione negli Stati Uniti dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 è stata incanalata e ulteriormente radicalizzata dalle forme tradizionali della religione civile americana. Dopo la reazione iniziale di sgomento e una diffusa empatia verso le vittime degli attacchi, nonché verso gli USA in generale, la società europea si è mostrata sempre più estranea alla radicalizzazione della retorica religiosa civile americana e alla politica estera essenzialmente unilaterale che essa legittimava. LA RADICALIZZAZIONE DELLA RELIGIONE CIVILE AMERICANA: La religione civile americana è un’ideologia e questa ideologia è religiosa nella misura in cui utilizza simboli giudaico-cristiani nonché metafore e narrazioni del PAGE \* MERGEFORMAT 95 vecchio testamento e dipende fortemente dal senso di missione puritano. Tuttavia queste componenti religiose servono essenzialmente a fini politici: sono un modo per costruire l’unità politica. Nonostante la separazione costituzionale di chiesta e stato, la religione civile americana conferisce una qualità trascendente all’identità nazionale e permette in tal modo una lettura quasi religiosa del progetto politico americano, caratterizzato dall’idea dell’eccezionalismo e dalla promozione a livello mondiale dell’individualismo materialista, della libera economia di mercato e della democrazia di tipo occidentale. Il discorso religioso civile presenta la realizzazione di questo progetto come un sacro dovere di tutti quelli che scelgono di essere americani e questa qualità non secolare dell’identità nazionale contribuisce all’eccezionale vigore del patriottismo americano. L’idea di essere separati da, e insieme modello per, il resto del mondo è cruciale perché spiega la convinzione, abbastanza paradossale, che i valori politici e sociali americani siano unici e universali insieme. Gli attacchi terroristici dell’11 Settembre hanno avuto un effetto radicalizzante sulla cultura politica americana a livello sia di massa che di elite. L’11 settembre ha avuto effetti profondi sulla religione civile americana. Per molti la risposta immediata è stata (in linea con i caratteri cruciali di tale religione civile) una particolare mescolanza del religioso col politico: l’affluenza in chiesa è aumentata e Bush ha proclamato una “giornata nazionale di preghiera e memoria” e chiamato “crociata” la guerra al terrorismo. A livello di elite l’amministrazione Bush ha radicalizzato la religione civile americana in due modi connessi tra di loro: • Innanzitutto è stata progressivamente spogliata delle sue potenzialità autocritiche • Bush ha radicalizzato la religione civile americana proiettandola esplicitamente sulla scena mondiale. In questa prospettiva le risposte americane agli attentati sono state viste come direttamente sancite dall’autorità divina. Data l’importanza della religione civile american come ideologia dell’integrazione e potenziale riserva a cui attingere voti è verosimile che questo uso altamente selettivo della religione nei discorsi presidenziali si una mossa deliberata. Quella americana è una posizione che tratta da dato acquisito la giustizia degli Stati Uniti e il loro ruolo di guida morale rispetto al resto del mondo civilizzato e mostra fino a che punto è possibile usare un’ideologia che fonde il discorso politico con quello religioso per legittimare scelte politiche contingenti. LE RISPOSTE EUROPEE: Le reazioni iniziali della maggioranza degli europei agli attacchi dell’11 settembre erano caratterizzate da una mescolanza di sbigottimento per il massacro e solidarietà con gli USA. Tuttavia alle numerose dichiarazioni europee di solidarietà, si aggiunse molto presto il disagio per le precipitose ritorsioni americane e le loro conseguenze potenziali. Davanti alla cruda PAGE \* MERGEFORMAT 95 europea e quella americana, entrambe fortemente individualizzate, non hanno i mezzi per impedire al singolo di agire secondo le proprie personali convinzioni religiose nella sfera pubblica. La ripoliticizzazione della religione, cioè il suo reinserimento nella sfera pubblica in Europa e la sua articolazione sempre più potente nella società statunitense, è dovuta anche a fattori esogeni. L’atteggiamento post 11 settembre verso le minoranze musulmane in entrambe le società, sta scivolando verso l’islamofobia. Tuttavia, nonostante questa spinta convergente, alimentata dalla costruzione di un nemico comune, le diverse tradizioni del discorso religioso-politico negli Stati Uniti e in Europa hanno generato reazioni e strategie di legittimazione diverse nella guerra al terrorismo e probabilmente questa resterà negli anni a venire un’importante causa di tensione nelle relazioni transatlantiche. Una tesi ben nota di Taylor è che i modelli della pratica religiosa sono tendenzialmente “post-durkheimiani” in Europa, perché la sua religione non è più la struttura significante principale in cui si esprimono la società o lo stato- nazione; mentre sono “neo-durkheimiani” negli USA, perché il cristianesimo radicalmente individualizzato della maggioranza degli americani viene usato per esprimere l’appartenenza alla comunità di tutti. Capitolo 10: due modelli non così diversi dopotutto Per concludere discutiamo le seguenti questioni fondamentali: • Quale tipo di società sono gli Stati Uniti e l’Unione Europea, ovvero quanto sono simili e quanto sono diverse: rappresentano due varianti della modernità occidentale o costituiscono due modelli di società del tutto differenti (l’eccezionalismo americano e l’unicità europea); le loro realtà sociali stanno convergendo o divergendo? • Quali sono le caratteristiche distintive del modello americano di società: conserva i suoi valori e le istituzioni di base o se ne sta progressivamente allontanando? • Esiste una società europea in formazione, quanto diversi sono i profili sociali dei paesi membri, qual è la probabilità che si realizzi il progetto europeo di costruire l’unità attraverso la diversità? • Quale dei due modelli di società sembra reagire meglio alle sfide della globalizzazione? Principali analogie e differenze: l’Unione Europea e gli Stati Uniti come due varianti della modernità occidentale: PAGE \* MERGEFORMAT 95 L’UE e gli USA rappresentano, da un lato, due varianti della modernità occidentale e, dall’altro lato, due modelli specifici di società, anche se non così eccezionali o unici come alcuni sembrano ritenere. L’Unione Europea e gli Stati Uniti non solo condividono un’eredità culturale, ma diventano sempre più interdipendenti e interconnessi nei processi di globalizzazione. Nel quadro delle modernità multiple, ovvero dei percorsi verso e attraverso la modernità, le società contemporanee degli Stati Uniti e dell’Europa sono di gran lunga le più simili. Le Caratteristiche che rendono i paesi europei sempre più simili tra di loro e diversi dalla maggior parte dei paesi extra-europei sono spesso le stesse caratteristiche che condividono con gli USA: • Una eredità culturale comune (la civiltà occidentale) con il legato classico della filosofia greca e del diritto romano e un forte fondamento giudaico- cristiano; • Una lunga storia di capitalismo industriale di mercato e il connesso sistema di stratificazione sociale; • Le istituzioni della scienza e della tecnologia moderne; • La separazione del potere temporale dal potere spirituale, la democrazia rappresentativa, il costituzionalismo e il governo della legge; • La cittadinanza democratica e i diritti civili, il pluralismo sociale e culturale e l’individualismo Queste caratteristiche sono comuni all’Europa e agli Stati Uniti, con l’eccezione del pluralismo linguistico. La società europea e la società americana sono due varianti della stessa civiltà occidentale, al tempo stesso simili e diverse. Le somiglianze presenti discendono da una pluralità di cause: • Sono entrambe società post-industriali, complesse economie di mercato e democrazie rappresentative; • Vi è un’intensa reciproca fertilizzazione interculturale; • La europeizzazione originaria dell’America ha retroagito sull’Europa attraverso l’egemonia culturale esercitata dagli USA in molti settori Vi sono cmq delle specifiche ragioni che rendono le due società più simili oggi di quanto non siano state in passato: 1. In primo luogo l’egemonia culturale americana ha potuto svilupparsi nel vuoto istituzionale lasciato nell’Europa continentale della Germania nazista: i mezzi di comunicazione di massa, le infrastrutture educative e della ricerca scientifica, le discipline accademiche, si sono ristrutturate sotto l’influenza americana, come è avvenuto per le istituzioni politiche dopo la sconfitta dei fascismi. L’egemonia americana dopo la seconda guerra mondiale cambiò anche l’atteggiamento degli USA verso l’Europa: mentre nell’800 avevano definito se stessi in contrapposizione all’Europa, nel XX secolo, lottando per PAGE \* MERGEFORMAT 95 la leadership mondiale, hanno sviluppato un senso di più stretta identificazione con l’Europa, definendosi la guida del mondo occidentale. 2. Una seconda ragione dell’avvicinamento tra Europa e Stati Uniti è il ruolo di tramite svolto dal Regno unito nei rapporti tra USA e Europa. Da un lato infatti la Gran Bretagna ha sviluppato profondi legami linguistici e culturali e una relazione speciale con gli USA, mentre dall’altro lato gravita ed è fortemente attratta dal continente europeo. 3. Una terza fonte rilevante di crescente somiglianza culturale è costituita dal ruolo svolto dalla lingua inglese. L’inglese è la lingua franca, il nuovo latino. 4. Infine, la diffusione di talune caratteristiche della cultura nordamericana è stata favorita negli anni successivi alla seconda guerra mondiale dalla leadership assunta dalla democrazia degli affari americana e dalla società dei consumi di massa. Europei e americani acquistano beni e servizi in mercati interdipendenti, sono esposti allo stesso tipo di strategie di marketing e di tecniche pubblicitarie e sono interconnessi in reti di comunicazione materiale e simbolica sempre più dense. Il fatto che rappresentino due varianti della stessa civiltà occidentale e che siano influenzati dagli stessi processi di globalizzazione offre una prima risposta alla domanda sul tipo di società che costituiscono gli USA e l’UE, una risposta che va nella direzione di una crescente omogeneità. Ma, come abbiamo detto, l’UE e gli USA sono anche due modelli specifici di società. Le due unioni condividono i valori e le istituzioni della innovazione scientifica, dell’economia di mercato e della democrazia rappresentativa, ma li hanno configurati in modi diversi. Le loro economie si integrano sempre di più in termini finanziari, produttivi e commerciali, le loro popolazioni diventano sempre più simili negli stili di vita e nei comportamenti di consumo, ma esse continuano a essere diverse, e a divenire ancora più diverse per alcuni spetti, come le credenze e gli atteggiamenti verso la religione, il patriottismo, la propensione al rischio, il ruolo dello stato nel governo dei problemi sociali e l’impiego della forza nella giustizia criminale e nelle relazioni internazionali. Come esistono fattori e processi che favoriscono l’omogeneità tra società europea e americana, così ne esistono altri che contribuiscono invece alla loro diversità: A. Un primo gruppo di fattori diversificanti deriva dal fatto che gli elementi valoriali e istituzionali di fondo che hanno definito l’identità europea e americana non costituiscono un insieme coerente ma sono entrati spesso in conflitto tra di loro, come il mercato e la democrazia, il nazionalismo e la pace. Ognuna delle due varianti della modernità occidentale ha di volta in volta accentuato un aspetto rispetto all’altro o ha cercato precari equilibri tra elementi contraddittori. Per esempio negli USA religione e democrazia sono strettamente connesse, mentre nei paesi dell’UE non lo sono. B. Un secondo gruppo di ragioni della diversità tra le due unioni risiede nella diversa eredità storica e nelle differenti forme di path dependency. La PAGE \* MERGEFORMAT 95 Nell’ultimo decennio del XX secolo è divenuto sempre più chiaro che le ragioni originarie della integrazione europea dovevano essere ripensate. I paesi dell’UE anno introdotto una serie di riforme strutturali consistenti nella totale o parziale abolizione dei sussidi statali per le imprese, nella deregolamentazione del mercato del lavoro, nella ristrutturazione del sistema bancario, nell’apertura alla concorrenza di settori protetti. Le differenze tra i paesi dell’UE e le loro differenze con l’economia americana si sono gradualmente ridotte, perché il mercato unico richiede normative, regole e controlli capaci di creare un terreno competitivo uniforme per tutte le imprese, mente l’unificazione delle monete favorisce l’integrazione finanziaria a livello europeo. Nel vertice di Lisbona del 2000, il consiglio europeo ha deciso una strategia generale di modernizzazione dell’economia dell’UE per competere nel mercato mondiale con gli altri grandi attori globali. Le priorità sono l’apertura di tutti i settori dell’economia alla concorrenza, l’incoraggiamento dell’innovazione e degli investimenti, la modernizzazione dei sistemi educativi europei per adeguarli alle esigenze della società dell’informazione. Riforme di questo tipo, attuate in grado e modo diverso dai vari paesi dell’Unione Europea hanno ridotto ma non eliminato le differenze con il modello nordamericano. Il modello di capitalismo dell’Europa continentale è sottoposto a tensioni crescenti dalla contraddizione tra l’esigenza di liberalizzazione e l’esigenza di protezione sociale. Il modello continua a caratterizzarsi per la maggiore attenzione posta alla coesione sociale e alla cooperazione, ma le sfide poste dalla globalizzazione e le stesse politiche comunitarie per la tutela della concorrenza e lo sviluppo di un mercato comune hanno il duplice effetto di avvicinare al modello americano e di favorire una armonizzazione delle politiche pubbliche dei diversi paesi membri che riduca le differenze all’interno dell’UE. FORME DI DISUGUAGLIANZA E MOBILITA’ SOCIALE: Nell’Unione Europea vi sono in generale minori diseguaglianze sociali, anche in virtù dello sviluppo dello stato del benessere, ma vi è anche una minore mobilità sociale rispetto agli Usa. Negli USA vi è una maggiore diseguaglianza di risultati e nelle condizioni di vita, ma anche una minore diseguaglianza di opportunità, ovvero di occasioni di riuscire o rimanere indietro. Le differenze tra Stati Uniti e Unione Europea in termini di disuguaglianza di risultati sono consistenti, tanto che sembra appropriato parlare di due distinti modelli sociali. Qualsiasi indicatore usiamo, la società americana appare più diseguale di quella europea, rivelando in particolare la dura condizione dei poveri. Anche se tutte le nazioni dell’UE sono significativamente più egualitarie degli USA, esse mostrano un’ampia divergenza tra di loro circa l’entità della disuguaglianza (una divergenza maggiore di quella esistente tra gli Stati dell’Unione americana. La % di americani che sono esclusi dal tenore di vita medio è decisamente più ampia rispetto a quella in UE. Circa la diseguaglianza di genere, gli Stati Uniti si collocano ai livelli più alti (più favorevoli alle donne) della gamma delle posizioni dei paesi membri dell’UE, che mostrano per altro differenze assai marcate, ma la posizione progressista PAGE \* MERGEFORMAT 95 della società americana appare ridimensionata dalla minore partecipazione delle donne agli organi di rappresentanza politica. Venendo ora a considerare la mobilità sociale, la società americana appare più aperta della maggior parte delle società europee sia per la mobilità inter- generazionale che per la mobilità intra-generazionale. La maggiore mobilità sociale spiega anche perché gli americani siano portati a percepire la loro società come meno diseguale di quella europea, mentre ciò che si verifica è in realtà il contrario. Le differenze di classe hanno senza dubbio svolto un ruolo maggiore in Europa, mentre in America è stata maggiore l’importanza delle differenze etniche. Ma la differenza della classe sociale sta diminuendo anche in Europa. E l’appartenenza etnica gioca un ruolo sempre più importante anche in Europa. Gli USA sono una società di immigrati, multiculturale e multietnica, sostanzialmente aperta ai nuovi arrivati; mentre l’UE è diventata un’entità multietnica e multiculturale più di recente in virtù di due processi molto diversi. Il primo processo consiste nella formazione di un’unione sovranazionale da parte di una pluralità di stati nazionali, che per la maggior parte erano etnicamente omogenei, perché il processo di costruzione nazionale aveva ridotto drasticamente l’autonomia linguistica e culturale delle minoranze interne, procedendo a un’assimilazione più o meno forzata. Il secondo processo è rappresentato dal flusso crescente di immigrati e di rifugiati che arrivano entro i confini dell’Ue. Pur tradizionalmente meno aperta all’immigrazione della società americana, la società europea riceve ormai un flusso di immigrati massiccio e sta rapidamente trasformandosi in una realtà sociale multietnica e multiculturale. Diverse in Europa e in America sono anche le modalità di gestione non violenta dei conflitti sociali e delle tensioni tipiche della società multietnica: in Europa mediante il compromesso di classe e le politiche del welfare state, in America mediante una maggiore mobilità sociale e più elevate probabilità di successo individuale. Nel suo complesso la società europea sembra più sensibile delle differenze di classe e di ceto, elitaria, rispettosa della legge, meno diffidente dell’intervento statale, più orientata alla collettività, della società americana. il contrasto tra una società americana relativamente senza classi, nonostante le evidenti disuguaglianze nelle condizioni materiali, e la società europea, strutturata in classi e ceti e caratterizzata da gerarchie e distinzioni sociali, non è certo privo di fondamento, ma è meno accentuato di quanto affermino i teorici dell’eccezionalismo americano. Le differenze nelle varie dimensioni della disuguaglianza non implicano alcuna diversità fondamentale. Una certa convergenza è in atto in certi settori, ma non vi è una tendenza generale verso di essa. TENDENZE DEMOGRAFICHE ED EVOLUZIONE DELLA FAMIGLIA: PAGE \* MERGEFORMAT 95 Sia la società europea che quella americana hanno sperimentato i cambiamenti demografici tipici della modernizzazione. Inoltre l’avvento della modernità e il graduale progresso della uguaglianza hanno trasformato la vita famigliare ai due lati dell’Atlantico tra il 1960 e il 2000. Tra gli effetti diretti della modernizzazione vi è il costante declino della mortalità infantile, il drastico calo della fertilità e la connessa riduzione delle dimensioni della famiglia, e il sensibile miglioramento nella dotazione di apparecchiature domestiche. Il graduale progresso dell’uguaglianza ha ridotto fortemente le tradizionali differenze tra uomini e donne nelle scelte sessuali e nella libertà di divorziare, nell’accesso al mercato del lavoro, nelle carriere professionali, nel controllo della proprietà e nei rapporti coi figli. Le tendenze prevalenti cinquant’anni fa hanno interagito le une con le altre e con altri aspetti della organizzazione sociale così da rendere di difficile lettura la sequenza causale. Per esempio il declino della fertilità e delle dimensioni della famiglia sembrano essere state sia la causa che l’effetto dell’ingresso delle donne sposate nel mercato del lavoro che, a sua volta, sembra essere correlato, sia come causa che effetto, a fenomeni diversi quali il movimento femminista e l’aumento dei divorzi. Nessun fenomeno singolo spiega di per sé i cambiamenti, né le conseguenze di determinati cambiamenti appaiono univoche. Anche se si sono verificate tendenze simili nell’evoluzione dei rapporti familiari nei paesi dell’Unione Europea e negli Stati Uniti, esse sono iniziate e si sono concluse in momenti diversi e le loro conseguenze non sono state le stesse. Inoltre, le differenze tra i vari paesi europei sono state spesso maggiori di quelle tra la realtà media europea e americana, cosicché tendono a render contro più della diversità interna all’Europa che non delle differenze tra società europea e americana. Il declino della fertilità è una conseguenza normale della modernizzazione, spiegabile con il diminuito valore del lavoro minorile, il miglioramento dello status socio-economico delle donne, la meccanizzazione e semplificazione del lavoro domestico, l’aumento dei costi per la crescita dei figli, e la disponibilità di mezzi di controllo delle nascite. Negli ultimi trent’anni del secolo scorso i tassi di fertilità appaiono tuttavia divergenti, essendo più bassi per gli Stati membri dell’Unione Europea in generale (e per i paesi mediterranei in particolare) rispetto agli Stati Uniti. I fattori che più contribuiscono a spiegare la diminuzione della fertilità sono l’aumento del livello di istruzione universitaria delle donne e la partecipazione delle donne sposate al mercato del lavoro. Si rileva anche, sia in USA che in UE un aumento dei figli nati fuori dal matrimonio. Un’altra differenza significativa tra gli Stati Uniti e l’Unione Europea consiste nel numero di famiglie monoparentali, con un maggior numero di essere negli usa. PAGE \* MERGEFORMAT 95 attività molto intense ai vari gruppi di ingresso nel processo di policy- making. e. Un ulteriore aspetto in cui il sistema politico americano appare più simile a quello dell’Unione Europea che a quello della maggior parte dei suoi stati membri è la regolazione dell’economia da parte del governo: l’economia di mercato nordamericana è tutt’altro che priva di regole, ma il governo ha priorità diverse rispetto a quelle dei singoli governi della maggioranza degli stati membri dell’UE, nel senso che mira a proteggere i consumatori piuttosto che i lavoratori e svolge tale compito attraverso la legislazione anti-monopolisitca. La Commissione Europea ha di recente mostrato un’analoga determinazione a difendere la libera concorrenza. Questi caratteri comuni producono anche virtù e difetti simili nella logica di funzionamento delle sue democrazie. In entrambi i casi la separazione dei poteri costituisce una garanzia fondamentale contro i rischi della tirannia della maggioranza e degli abusi del potere esecutivo. Ma dall’altro lato, rende più difficile stabilire chi è realmente responsabile e deve rendere conto delle conseguenze di una determinata decisione, ostacola la competizione interpartitica, e favorisce la tirannia delle minoranze organizzate. Caratteristiche simili hanno spesso radici diversi ma i sistemi politici degli USA e dell’UE appaiono meno univoci di quanto non si pensi. Una delle questioni più importanti circa il futuro dell’Unione Europea è se le sue istituzioni politiche evolveranno nella direzione del modello federale dell’unione americana o nella direzione della democrazia parlamentare in vigore nella maggioranza dei suoi stati membri. MODELLI DI WELFARE: Lo stato del benessere (welfare state) è da ritenersi una delle più importanti innovazioni istituzionali del XX secolo, un’innovazione squisitamente europea che ha rappresentato la principale via per realizzare il circolo virtuoso della cittadinanza sociale e del consenso democratico e lo strumento istituzionale più efficace per garantire la sicurezza sociale e ovviare ai fallimenti del mercato. Lo stato del benessere costituisce una delle principali differenze tra il modello sociale europeo e quello americano. Va però sottolineato che le questioni della protezione sociale non sono certo sconosciute alla politica americana e l’entità della spesa sociale è consistente, ancorché inferiore a quella della maggior parte dei paesi membri dell’UE. Tendenze demografiche simili, in primo luogo l’invecchiamento della popolazione, alimentano una spesa crescente per assistenza sanitaria e pensioni anche negli Stati Uniti così da poter dire che anche per questo aspetto le due società sono meno diverse di quanto si pensi. Le differenze esistono ma riguardano i diversi assetti istituzionali e nello specifico il diverso ruolo più o meno ampio dello Stato, più che la percentuale della spesa sociale rispetto al PIL. Inoltre, anche all’interno dell’UE vi sono delle differenze e si possono individuare diverse tipologie di sistemi di welfare, con varie combinazioni di pubblico e privato. Quali che siano le differenze tra i vari PAGE \* MERGEFORMAT 95 modelli europei di welfare tuttavia, tutti risultano significativamente diversi dal modello americano. Vediamo adesso sinteticamente, dapprima, i principali fattori che danno conto dell’aumento della spesa sociale e, poi, le differenze istituzionali più importanti tra i sistemi di welfare degli Stati Uniti e degli stati membri dell’Unione Europea. I principali fattori che nel tempo hanno portato all’aumento della spesa sociale in entrambe le unioni: • La fine del periodo post- bellico di intensa natalità e il raggiungimento dell’età pensionabile da parte della generazione dei baby boomer hanno modificato il rapporto tra la popolazione attiva e i percettori di redditi da pensione e contribuito alla esplosione del costo finanziario della previdenza sociale. Questo ciclo demografico durerà circa 30-40 anni e avrà conseguenze meno gravi negli Stati Uniti in virtù della meno elevata età media odierna e di più alti tassi di fertilità. • Il prolungamento della durata media di vita, grazie ai progressi della medicina a alle migliori condizioni di vita, costituisce un secondo fattore che influenza profondamente sia la spesa sanitaria che quella previdenziale, con un impatto maggiore sulla maggior parte dei paesi membri dell’Unione Europea che sulla società americana. un possibile rimedio è il prolungamento della vita lavorativa e lo spostamento in avanti dell’età pensionabile, decisioni che tuttavia incontrano forti opposizioni in molti paesi europei. • La diminuzione della fertilità delle donne e la loro crescente partecipazione al mercato del lavoro sono un terzo fattore rilevante che influenza la spesa per la sicurezza sociale e la salute, in quanto contribuiscono a ridurre la percentuale di lavoratori rispetto ai pensionati e a trasferire dalle famiglie alle istituzioni il carico dell’assistenza. • Un quarto fattore è rappresentato dalle trasformazioni della struttura familiare, con un aumento delle famiglie monoparentali che spesso vivono in condizioni di povertà e devono essere assistite. Sia gli Stati Uniti che i paesi membri dell’Unione Europea devono affrontare i costi crescenti nell’assistenza sanitaria e previdenziale, anche se in proporzioni diverse, e sono quindi impegnati a riformare gli assetti esistenti. Le tipologie tradizionali dei sistemi di welfare distinguono generalmente tre modelli principali in base alla definizione e alla estensione dei diritti all’assistenza (più o meno collegati alla precedente esperienza di lavoro e ai contributi versati) e in base alle somme erogate (più o meno prossime alla retribuzione media: a. MODELLO LIBERALE o ORIENTATO AL MERCATO: in questo modello l’erogazione dei benefici avviene in stretta relazione ai bisogni essenziali, PAGE \* MERGEFORMAT 95 mentre le politiche sono mirate a specifici gruppi sociali, comportano bassi livelli di tassazione e interferiscono il meno possibile con le prestazioni dei lavoratori sul mercato del lavoro. Gli USA si avvicinano a questo modello, come altri paesi anglo-sassoni e in minor misura, il Regno Unito dopo il governo Thatcher. b. MODELLO LIBERAL-DEMOCRATICO o della PIENA CITTADINANZA: si tratta di un modello universalistico di assistenza sociale che offre ai servizi pubblici con standard elevati su base più o meno egualitaria da parte dello stato che si finanzia con alti livelli di imposta. I paesi scandinavi sono quelli che più si avvicinano a questo modello. c. MODELLO CONSERVATORE O COMUNITATIO: è il modello degli schemi di assicurazione sociale a base occupazionale; applicato inizialmente in Germania verso la fine dell’800 dalla riforma di Bismarck ed essenzialmente ristretto ai capi famiglia maschi, ha gradualmente esteso la sua copertura, mantenendo tuttavia la sua struttura a fondamento professionale. L’atteggiamento culturale che sta alla base di questo modello sostiene il ruolo delle istituzioni comunitarie , come famiglia, chiesa, associazioni professionali, ed esprime l’intenzione del governo di non interferire troppo nella loro autonomia. I sistemi di welfare di Germania, Italia e Spagna, Austria presentano molti aspetti che si riferiscono a questo modello, ma le loro differenze sono tali che alcuni studiosi hanno suddiviso questo tipo in due versioni: • Versione centro-europea: caratterizzata dai contributi versati come componente non salariale del costo del lavoro • Versione mediterranea: connotata da una forte dipendenza dai servizi offerti dalla struttura familiare. Tutte queste tipologie portano alla formulazione di 5 modelli di spesa sociale: il modello americano e 4 modelli europei. 1) Il MODELLO AMERICANO è caratterizzato da bassi livelli di spesa, sia pubblici che privati, per la popolazione attiva solo parzialmente compensati dal credito di imposta sul reddito, mentre l’assistenza si concentra su gruppi specifici sotto forma di sussidi di disoccupazione, benefici per le famiglie indigenti, trasferimenti sociali ai poveri. Questo tipo di politiche alimenta la disuguaglianza sociale. 2) Il MODELLO ANGLO-OLANDESE è il più vicino a quello americano in termini di alti livelli di spesa privata per i fondi pensione, ma se ne discosta per la soglia assai più elevata di spesa a sostengo del reddito della popolazione attiva. 3) Il MODELLO NORD-EUROPEO o SCANDINAVO è caratterizzato da un alto livello di spesa sociale in generale e per i servizi sociali in particolare. PAGE \* MERGEFORMAT 95 controbilanciare e vincolare il potere americano; mentre gli USA, hanno adottato dopo il collasso dell’URSS una politica estera imperiale unilaterale, poco incline a condividere il potere con gli altri. • Infine, il rispetto per l’autorità è declinante in entrambe le società, ma esiste una grande diversità di atteggiamenti verso i delitti e le pene (in USA maggior tasso di carcerazione, l’opinione pubblica americana è molto più repressiva di quella europea). L’analisi dei valori e degli atteggiamenti consente anche di valutare se si stia sviluppando una cultura europea condivisa. I cittadini europei, pur identificandosi con l’Unione Europea assai meno di quanto i cittadini americani si identifichino con il loro paese, e pur mantenendo un certo grado di distacco dalle istituzioni comunitarie, condividono tuttavia un solido nucleo di valori comuni. Una cultura europea condivisa ha compiuto notevoli progressi negli ultimi vent’anni e permette di sostenere che gli europei fanno già società, anche se l’UE manca ancora di alcuni attributi fondamentali della sovranità (come un unico sistema fiscale e una politica estera comune). La cultura condivisa che si sta sviluppando tra i cittadini europei, incontra, però, potenti forze contrarie come i sentimenti nazionalistici e le chiusure xenofobe e deve ancora costruire una forte identità e volontà comune, ma i progressi sono evidenti. Risultano quindi verificate le ipotesi che esistano differenze significative ma non enormi tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti, e che le culture degli stati membri dell’Unione Europea stiano diventando sempre più simili. RELIGIOSITA’ E RAPPORTI TRA STATO E CHIESA: L’area in cui le differenze tra USA e UE, e le differenze interne all’Unione Europea sono più evidenti è quella della religione, ovvero dei vari modi in cui i valori e le credenze religiose penetrano le istituzione e orientano i comportamenti individuali e collettivi. Differenze: 1) La differenza più rilevante riguarda la maggiore diffusione delle credente e delle pratiche religiose nella società americana rispetto alla maggior parte dei paesi europei. Strettamente connesso al calo delle pratiche religiose è il declino dell’autorità religiosa per i popoli che vivono nella maggioranza dei paesi dell’Unione Europea nelle questioni che attengono ai rapporti sessuali e alle scelte individuali in genere. Questa tendenza è in netto contrasto con l’esperienza americana che mostra, invece, un aumento dell’appartenenza e della partecipazione alle attività di una delle molte chiese esistenti e una maggiore obbedienza ai precetti religiosi. 2) Una seconda differenza di fondo risiede nel fatto che le società europee hanno esibito per secoli un basso grado di eterogeneità religiosa (ed etnica). Nella maggior parte dei casi esisteva una sola chiesa consolidata, o al massimo due, e generalmente una religione di stato. Negli USA, invece, sono sempre esistiti un reale pluralismo religioso e una più complessa PAGE \* MERGEFORMAT 95 composizione etnica. Malgrado l’egemonia dei protestanti non si è affermata una religione di stato. 3) Una terza differenza fondamentale consiste nel fatto che gli americani sono prevalentemente protestanti; mentre i cittadini dell’Unione Europea sono in maggioranza cattolici. La religione protestante offre una maggiore legittimazione al successo economico individuale rispetto alla religione cattolica, che per contro si preoccupa maggiormente dei poveri e degli esclusi. 4) Una quarta differenza importante concerne il diverso rapporto tra religione e politica. La storia degli USA è stata caratterizzata dalla libertà religiosa, mentre la maggior parte dei paesi europei ha sviluppato le proprie chiese di stato secondo il principio cuius regio eius religio. Nell’UE l’appartenenza ai partiti politici, pur essendo meno stabile e duratura che in passato, è tuttora influenzata da fratture religiose. Negli USA la religione sta giocando un ruolo di crescente importanza nella vita politica, ma la situazione generale è più complessa e impalpabile e incoerente. La separazione tra stato e chiesa si è realizzata presto negli USA ed è rimasta relativamente stabile. Mentre questa separazione ha prodotto l’effetto in certo modo paradossale che la retorica religiosa è rimasta parte integrante della vita politica americana; in Europa, il rapporto problematico tra stato e religione ha fatto dell’intrusione del discorso religioso nel sistema politico un tabù. Taylor sostiene che le forme della pratica religiosa in Europa sono post-durkheimiane, nel senso che la religione non è la principale struttura di significato in cui si esprimono società è stati, mentre negli Stati Uniti sono neo-durkheimiane, nel senso che la fede cristiana radicalmente individuale nella maggioranza degli americani è il veicolo di una cultura comune. Negli USA la religione ha sempre giocato un ruolo importante nel discorso politico pubblico. I presidenti americani si sono riferiti spesso a Dio, alla provvidenza e alle sacre scritture. Presenza forte delle credenze religione nel discorso pubblico. Si assiste oggi a una crescente politicizzazione della religione, ovvero al suo reinserimento nella sfera pubblica sia in Europa che negli Stati Uniti.. C’è da dire, però, che il reinserimento della religione nella sfera pubblica si verifica anche nella maggior parte dei paesi europei, ma con una minore intensità rispetto agli USA. Sono in aumento diverse forme di fondamentalismo e nuove forme di religiosità, ma nel complesso le questioni religiose rivestono un’importanza minore. FORME DELLA CITTA’: Un’ultima area di comparazione tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti, che rivela differenze significative, è rappresentata dalle città. Le somiglianze tra città europee e americane sono più apparenti che reali: se infatti analoghi sono i tassi di urbanizzazione, assai diverse sono le forme delle città, le relazioni tra centro e periferia, e la qualità della vita urbana. I due più importanti fattori di differenziazione di gran parte delle città europee da quelle americane sono: PAGE \* MERGEFORMAT 95 • L’eredità medievale • La continuità dell’identità urbana • L’adozione di politiche di pianificazione urbanistica e di regolazione dello sviluppo urbano. La stabilità a lungo termine della struttura urbana occupa un posto centrale nella formazione e nello sviluppo della società europee. Le città europee sono caratterizzate da una combinazione di servizi pubblici e privati e favoriscono la presenza di un ampio ceto medio e medio-basso impiegato nel settore pubblico e nel terziario privato. Le città europee ospitano strutture sociali meno disuguali di quelle delle maggior parte delle realtà urbane del mondo. Maggiore è il ruolo dello stato nel benessere e nelle politiche di redistribuzione sociale, come avviene nell’Europa settentrionale, minori sono i livelli di povertà e disuguaglianza. Nelle città europee si continua a percepire un senso di urbanità, che si manifesta nella forma urbana, nella presenza di ampi spazi pubblici e nella composizione interclassista, malgrado l’esistenza di meccanismi di segregazione sociale. Le città europee sono tuttora fortemente regolate dalle autorità pubbliche e da complessi intrecci di rapporti tra attori pubblici e privati. La loro autonomia decisionale resta ampia, malgrado le pressioni esercitate da agenti economici, organi di governo, movimenti collettivi. Quindi le differenze tra le città europee e americane sono molto significative. Ma va sottolineato che per alcuni aspetti le differenze stanno diminuendo e sembra in atto un processo di americanizzazione delle aree metropolitane europee. Come il modello europeo continentale dell’economia sociale di mercato va facendo spazio alle privatizzazioni, a una maggiore flessibilità del mercato del lavoro e a minori interventi pubblici, e come i rapporti sociali stanno divenendo anche in Europa meno egualitari, con l’appartenenza etnica come nuovo criterio primario di gerarchizzazione sociale al posto della classe, così le aree metropolitane europee presentano alcuni fenomeni di trasformazione urbana (come la crescita della motorizzazione privata e lo sviluppo di grandi centri commerciali) e di degrado urbano (come l’aumento della criminalità e il peggioramento della qualità dell’ambiente. Il declino delle differenze non può essere visto come un mero processo di americanizzazione della società urbana europea ma piuttosto come l’espressione di varie forme di fertilizzazione reciproca, che avviene in settori diversi, dall’architettura alla musica, dal cinema al teatro, dalle arti figurative alla moda e al design, dagli stili di vita ai comportamenti di consumo. La fertilizzazione viaggia attraverso l’atlantico nelle due direzioni, come mostrano gli svariati esempi di una tendenza alla europeizzazione di città americane come New York e Boston, dove sono rintracciabili chiari segni di uno stile di vita urbano tipicamente europeo. Due modelli di società: PAGE \* MERGEFORMAT 95 più religiosa, patriottica, meno rispettosa della legge, più populista e anti elitaria, più favorevole all’iniziativa privata e al successo negli affari, con maggiori disuguaglianze sociali, minore partecipazione elettorale e maggiore disponibilità a formare associazioni. Bell, invece, individua nella forza della società civile rispetto allo stato l’essenza dell’eccezionalismo americano. Bell sostiene che sono gli USA a personificare la società civile compiuta, perché l’interesse individuale e la passione per la libertà personale si accompagnano all’assenza di una volontà razionale unificata dello stato. In UE la rivoluzione ha significato la presa del potere, mentre negli USA non ci sono state contese per il controllo del potere al vertice, nonostante l’esistenza di conflitti sociali e lotte di classe acute e diffuse e di violenze etniche e razziali. Lipset, Bell e altri fautori della tesi dell’eccezionalismo esagerano il carattere distintivo del modello americano di società, trascurando le molte analogie con la società europea. I fautori di questa tesi ignorano il fatto che la società americana può anche essere stata eccezionale, ma da molti anni ormai non lo è più. Non considerano che la società americana combina l’uguaglianza politica con la diseguaglianza sociale e che il più grave problema della cultura americana è la sua incapacità di concettualizzare e gestire la diseguaglianza. La descrizione di Bell, inoltre , esagera il ruolo della società civile che, mostra segni di decadenza, e sottovaluta il ruolo di crescente importanza del governo federale. Negli Usa, non diversamente dagli altri paesi, lo stato è, tra le tante cose, anche il monopolista della forza legittima nella sfera interna e nell’arena internazionale. Infatti, dopo il New Deal e la seconda guerra mondiale, la società americana appare meno eccezionale rispetto alle altre democrazie occidentali in termini di politiche economiche e sociali di quanto fosse in passato. L’11 settembre ha favorito l’unipolarismo nella politica estera e la propensione all’uso preventivo della forza nei rapporti all’esterno e all’adozione di una dura repressione dei reati all’interno del paese. Ciò ha in qualche modo contribuito ad alimentare ancora una volta la tesi dell’eccezionalismo in quanto la tesi dell’eccezionalismo americano ha ricevuto nuova linfa dalla risposta ideologica della nuova destra alle sfide derivanti dalla fine della guerra fredda e dal sorgere del terrorismo internazionale. Dunque, pur non potendosi definire eccezionale in quanto profondamente iscritto nell’esperienza della modernità occidentale, il modello americano di società è certamente molto specifico in diversi sensi, in primo luogo nelle forme di mantenimento della coesione sociale e di gestione dei conflitti e nell’abbinamento di un’economia dinamica e di una struttura sociale eterogenea e conflittuale a una stabilità delle istituzioni politiche, e a un ampio consenso su pochi valori fondamentali. Nella società aperta degli Stati Uniti il flusso continuo di innovazioni, l’acuta competizione, le aspettative e le opportunità elevate di avere successo si combinano con un senso constante di precarietà e il rischio di essere perdenti, stimolando aspri conflitti e violenza diffusa. PAGE \* MERGEFORMAT 95 Negli usa esplodono periodicamente crisi sociali che tuttavia non diventano mai crisi di sistema, proprio in virtù della presenza di istituzioni politiche durevoli, di un diffuso patriottismo e di una radicata cultura liberale, mentre le contraddizioni tendono a essere risolte attraverso la crescita continua e l’ulteriore segmentazione della struttura sociale. A differenza delle democrazie europee che hanno sostenuto la necessità dell’intervento dello stato nel garantire pari accesso ai beni e servizi di cittadinanza, la democrazia americana ha posto l’accento sulle pari opportunità di scelta dei consumatori nel mercato. Discuteremo ora se e come i valori e le istituzioni americane stiano cambiando con riguardo a due questioni fondamentali: primo se le pressioni derivanti dal ruolo neo-imperiale degli Stati Uniti nel mondo minacci i principi organizzativi specifici del modello americano di società; secondo, se la composizione sempre più multietnica della società americana modifichi la cultura liberale egemone e le istituzioni della democrazia composita. L’EGEMONIA AMERICANA E LE LIBERTA’ CIVILI: La politica estera unilaterale e la guerra al terrore creano dei rischi potenziali per la democrazia. Se è infatti vero che i cittadini americani e i loro leader politici e religioni non hanno trasformato la reazione all’attacco terroristico del 2001 in guerra religiosa e etnica, è altrettanto vero che la sindrome post 11 settembre ha determinato l’approvazione di norme che riducono notevolmente le libertà individuali in patria e l’attuazione di politiche aggressive verso paesi stranieri in nome della difesa della libertà e della democrazia. Le libertà fondamentali sono a rischio anche perché la politica estera neo-imperiale degli USA va di pari passo con il peso crescente delle credenze conservatrici nella morale e nella religione. La strategia del Partito Repubblicano, incentrata su Dio, patria e famiglia, minaccia i diritti individuali, in primo luogo i diritti delle donne, la libertà delle scelte morali, e la libertà della ricerca scientifica. L’egemonia americana nel mondo ha effetti ambivalenti. Da un lato, se la società americana può continuare a svilupparsi mantenendo il suo codice culturale distintivo e riproducendo la sua architettura istituzionale specifica, lo deve anche alla sua posizione dominante nel mondo. La dominanza americana nel mondo ha solide basi: gli usa godono infatti di un vantaggio notevole nella disponibilità di risorse fondamentali, come la ricerca scientifica e tecnologica, la potenza militare, il controllo dei mass media globali, l’influenza delle imprese transnazionali americane sulle organizzazioni internazionali. Dall’altro lato, la potenza americana corre il rischio dell’imperial overstretching e i costi dell’egemonia possono risultare superiori ai benefici sia in termini economici che politici. Nella fase ascendente del ciclo economico, l’economia americana è capace di attrarre investimenti sufficienti a finanziare l’enorme deficit del bilancio federale e di difendere la centralità del dollaro nelle transazioni internazionali. M nella fase discendente la potenza economico-finanziaria americana perde terreno nei confronti dell’euro nel sistema monetario internazionale e nei PAGE \* MERGEFORMAT 95 confronti dell’aggressività esportatrice in rapida crescita, come quella cinese e indiana nel commercio mondiale. Anche più seri dei limiti economici e finanziari sono i limiti politici e culturali degli Stati Uniti; ogniqualvolta la superpotenza americana si mostra arrogantemente aggressiva nella politica globale suscita aperta ostilità e forte opposizione. L’arroganza unilaterale e la prevalenza del potere hard sul potere soft nella conduzione della politica estera contraddicono una regola basilare della tradizione democratica americana, secondo cui il potere va controllato con il potere, mediante la creazione di un sistema di pesi e contrappesi, quali si potrebbero dare in un sistema di governance globale e multilaterale e multilivello. Va sottolineato che l’approvazione del Patriot Act con la giustificazione della guerra al terrore ha sollevato molte critiche, perché restringe libertà fondamentali dei cittadini americani, e gli abusi dei prigionieri in Iraq hanno suscitato nel mondo molte proteste di violazione dei diritti umani. Inoltre la politica americana dopo l’11 settembre tende a dividere il paese in due campi ideologici avversi, ognuno dei quali proclama di essere l’interprete genuino dei valori nazionali. Il complesso equilibrio di una società aperta e pluralistica è sottoposto a tensioni crescenti. Corre i due rischi opposti di rinchiudersi nel fondamentalismo cristiano, da un lato, e di rivelarsi incapace di governare una società sempre più multiculturale dall’altro. Una possibile strada che aiuterebbe gli Stati Uniti potrebbe consistere nello sforzo costante di rafforzare le istituzioni politiche ed economiche della modernità occidentale (stato di diritto, democrazia rappresentativa, economia di mercato) e dei valori e delle credenze soggiacenti (libertà di scelta individuale, uguaglianza di diritti e di opportunità, razionalità scientifica) nella vita pubblica, e contemporaneamente di garantire un autentico riconoscimento ed efficaci strumenti di emancipazione a minoranze storicamente emarginate nell’organizzazione sociale. IL MULTICULTURALISMO E L’IDENTITA’ AMERICANA: A questo punto, bisogna cercare di capire se i cambiamenti nella composizione etnica e il crescente multiculturalismo della società americana possono portare alla sua disintegrazione. Huntington esprime il timore che la crescente influenza dell’America ispanica e la connessa politica dell’identità posano distruggere l’edificio istituzionale della democrazia americana e le sue fondamenta culturali anglosassoni. Altri studiosi hanno espresso la preoccupazione che il multiculturalismo possa disunire la società americana. Oggigiorno infatti non esiste una comunità nazionale coerente, ma 5 comunità nazionali definite in base alla razza: bianca, nera, ispanica, asiatica e indigena americana. Tutti questi studiosi, pur nelle loro differenze, condividono la preoccupazione che il multiculturalismo e la politica delle identità etniche, combinate con la persistenza del dominio oligarchico e di forti disuguaglianze possano causare la PAGE \* MERGEFORMAT 95
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