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Riassunto per capitoli del fu Mattia pascal, Appunti di Letteratura Italiana

Riassunto dettagliato capitoli

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 19/02/2020

alessia-salvatore
alessia-salvatore 🇮🇹

4.4

(7)

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto per capitoli del fu Mattia pascal e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! IL FU MATTIA PASCAL Il fu Mattia Pascal, pubblicato nel 1904, è il terzo romanzo di Pirandello . È la storia paradossale di un piccolo borghese, imprigionato nella trappola di una famiglia insopportabile e di una misera condizione sociale che, per un caso fortuito, si trova improvvisamente libero e padrone di sé: diviene economicamente autosufficiente grazie ad una vincita e apprende di essere ufficialmente morto, in quanto la moglie e la suocera lo hanno riconosciuto nel cadavere di un annegato. Mattia si costruisce un’identità nuova e soffre perché la sua identità falsa lo costringe ad essere escluso dalla vita degli altri. Decide pertanto di rientrare nella sua vecchia identità tornando in famiglia ma scopre che la moglie si è risposata ed ha avuto una figlia da un altro. Non gli resta che adattarsi alla sua condizione , consapevole di non avere identità e di non essere più nessuno. CAPITOLO I /PREMESSA Nella prefazione Mattia Pascal, sostiene di essere stato protagonista di un evento eccezionale e di voler raccontare la sua strana vicenda in un manoscritto che potrà essere letto solo 50 anni dopo la sua terza, ultima e definitiva MORTE. Mattia per 2 anni si è occupato della Biblioteca che un monsignore ha lasciato al Comune, con la speranza che il suo lascito possa accendere nell’animo dei paesani l’amore per lo studio. In realtà, sostiene Mattia, questo non è mai successo. Inizialmente anche Mattia Pascal nutre scarso interesse per i libri e per la scrittura ma è indotto ad iniziare a raccontare la sua vicenda per iscritto perché ritiene che il suo caso sia davvero strano e inconsueto : “Io sono morto, sì, già due volte, ma la prima per errore, la seconda… sentirete!” CAPITOLO II /PREMESSA SECONDA Mattia, nel comporre il suo manoscritto, ha seguito il consiglio del suo amico , il Reverendo don Eligio. Scrive nella chiesa sconsacrata dove si trova il lascito di Monsignore, in attesa che il reverendo cataloghi e riordini i libri. Mattia cita Copernico e lo maledice : la sua scoperta ha rovinato l’umanità. Da quando l’uomo è consapevole del fatto che la terra è un’invisibile trottolina, un granellino di sabbia impazzito che gira e gira senza sapere perché , tutto acquista un’importanza relativa, anche le più gravi calamità. Don Eligio osserva tuttavia che l’uomo si distrae facilmente e dimentica senza difficoltà la sua fragile natura: Mattia è d’accordo su questo e sostiene che gli uomini sono capaci di dimenticare rapidamente la loro natura terrena e di “azzuffarsi per un pezzettino di terra “ Mattia vuole dunque raccontare la sua storia: alcuni fatti non gli faranno onore, ma a lui non importa : EGLI SI PUÒ GIÀ CONSIDERARE INFATTI FUORI DALLA VITA, SENZA OBBLIGHI E SCRUPOLI DI SORTA. CAPITOLO III:LA CASA E LA TALPA Mattia ha 4 anni e mezzo quando il padre muore. Questa morte improvvisa è la rovina per i Pascal. La famiglia, che risiede a Miragno, un paese immaginario della Liguria, e composta dalla moglie e da due figli, Mattia e Roberto. La moglie, debole ,incapace, negata per gli affari, affida infatti il patrimonio del marito all'amministratore MALAGNA , che lucra sulle disgrazie della famiglia per avere il proprio tornaconto. Mattia e Roberto, una volta cresciuti, non tentano nemmeno di recuperare gli averi perduti e di contrastare Malagna: conducono una vita oziosa e dissipata, non frequentano la scuola, ma ricevono un’istruzione sommaria da un istitutore di nome PINZONE. CAPITOLO IV/FU COSI’ Il capitolo inizia con l’impietosa descrizione di Malagna : grasso, rozzo, tozzo, sempre sudato, dalla voce” molle e miagolante”, in perenne conflitto con la moglie Guendalina. Malagna desidererebbe un figlio ma la moglie deperisce di giorno in giorno finché muore,. Malagna piange la morte della moglie e la pensa con devozione ma un bel giorno si prende in casa e sposa una ragazza giovane e robusta, OLIVA, che Mattia aveva conosciuto in precedenza : una ragazza onesta, spigliata, bella, giovane e fresca. Malagna sperava di avere figli da lei ma , ritenendo la moglie responsabile dell’infertilità, comincia a maltrattarla. Quando è sazio di lettura, Mattia si reca in riva al mare : la vista delle onde lo fa cadere in uno “sgomento attonito” , in una “oppressione intollerabile” ;siede sulla spiaggia, sente il fragore delle onde, mentre si lascia scivolare tra le dita la sabbia pesante e mormora :”Così, sempre, fino alla morte,senza alcun mutamento, mai…” L’immobilità e l’inutilità della sua condizione di vita gli pesano come un macigno. Un giorno gli portano la notizia che la moglie ha le doglie e corre trafelato a casa . Vengono alla luce due gemelle :” si sgraffiavano tra di loro con quelle manine così gracili eppur quasi artigliate da un selvaggio istinto che incuteva ribrezzo e pietà : misere, misere, misere , più di quei due gattini che ritrovavo ogni mattina dentro le trappole; ed anch'esse non avevano la forza di vagire…” Ma Mattia sente anche per la prima volta un brivido nuovo , un senso di tenerezza ineffabile. La prima nata muore pochi giorni dopo, la seconda muore all'età di un anno, quando Mattia ha ormai avuto tempo di affezionarsi alla piccola , di chiamarla per nome e di sentirsi chiamare papà. Contemporaneamente, lo stesso giorno muore anche la mamma di Mattia: il ragazzo rimane come tramortito dal doppio lutto ed è sull'orlo della follia. Per una notte intera vaga per il paese e per le campagne. Viene confortato dal vecchio mugnaio. Roberto si fa vivo ed invia 500 lire per il funerale, che torneranno utili in seguito a Mattia e diventeranno “ cagione della sua prima morte” CAPITOLO VI :TAC,TAC,TAC… Cambio di scena: il capitolo inizia con la descrizione delle evoluzioni capricciose della pallina della roulette, dalle quali dipendono le sorti di tanti giocatori. Mattia è capitato a Montecarlo per caso. “Non sapendo più resistere alla noia, anzi allo schifo di vivere in quel modo, miserabile, senza speranza di miglioramento, senza compenso all'amarezza, allo squallore, all'orribile desolazione ero fuggito dal paese a piedi , con le 500 lire di Berto in tasca.” Inizialmente Mattia pensa di andare a Marsiglia e da qui ,con la nave, in America, ma scoraggiato ed avvilito anche per la scarsità di denaro,rinuncia . Sceso a Nizza, incerto sul da farsi, compera un opuscolo sulla roulette e va al casinò. Per parecchio tempo osserva i giocatori e respira l’atmosfera di grande tensione che caratterizza il gioco :” si faceva silenzio, un silenzio strano, angoscioso, quasi vibrante di frenate violenze…”, “tutti gli occhi si volgevano alla pallina con varia espressione : d’ansia, di sfida, d’angoscia, di terrore…” Mattia comincia a giocare , viene preso dalla febbre del gioco e vive uno stato di lucida ebbrezza. C’è quasi una forza diabolica in lui che gli suggerisce i numeri e lo fa vincere in continuazione. Dopo aver vinto una grossa somma, 11.000 lire, Mattia è incerto sul da farsi : tornare a casa da una moglie arida e rancorosa verso la quale non prova più alcun affetto o partire per l’America? Nei 12 giorni seguenti torna al casinò e continua a giocare , vincendo fino al nono giorno, dopodiché la fortuna sembra abbandonarlo. Il dodicesimo giorno Mattia viene informato che un giocatore che aveva conosciuto in precedenza, si è suicidato . Mattia lo vede disteso in mezzo al viale, con la rivoltella ancora in pugno. Prende un fazzoletto e gli copre il volto sfigurato, tra le proteste della gente alla quale viene tolto il meglio dello spettacolo. Mattia decide di abbandonare il gioco e ritorna a Nizza con 82.000 lire. CAPITOLO VII . CAMBIO TRENO Mattia è in treno, diretto verso casa, incerto sul da farsi. Quali prospettive davanti a lui? Riscattare il mulino e fare il mugnaio? Immagina la scena del ricongiungimento con la moglie e la suocera : entrambe manifestano inizialmente indifferenza, ma dopo un po’ la suocera ricomincia a sputar bile e a rinfacciare al genero il posto di bibliotecario perso. Mattia vede se stesso mentre estrae la fortuna guadagnata al casinò, conta le banconote davanti agli occhi esterrefatti delle due donne e poi se ne va. Mattia pensa a tutti i debiti che dovrà saldare una volta arrivato a casa. Il treno si ferma, Mattia scende e compera un giornale: rimane allibito quando legge la notizia della …. sua morte. A Miragno il giorno prima è stato ripescato il corpo putrefatto di un uomo che è stato riconosciuto come quello di Mattia Pascal. Mattia non crede ai suoi occhi : come è possibile che moglie e suocera abbiano riconosciuto rispettivamente marito e genero nel corpo di un estraneo? Ma improvvisamente Mattia ha un’illuminazione “ Ero morto, morto, non avevo più debiti , né moglie, né suocera: nessuno! Libero! Libero! Libero! Mattia rinuncia a risalire sul treno, si procura un altro giornale per rileggere con calma e tranquillità l’articolo. Si sente “ paurosamente sciolto dalla vita, superstite di se stesso, sperduto, in attesa di vivere oltre la (fittizia) morte, senza intravvedere ancora in quale modo.” Nell'articolo si parla della “tremenda costernazione e dell’inenarrabile angoscia” che tormenta moglie e suocera” , della “vedova sconsolata che piange il diletto marito”, della “stima dei concittadini”. Mattia prende la sua decisione e si sente sollevato. CAPITOLO VIII :ADRIANO MEIS Mattia costruisce gradualmente la propria identità, “ non solo esteriormente, ma anche nell'intimo . Mattia ormai è “ solo, sciolto da ogni legame, nuovo e assolutamente padrone di sé, senza più il fardello del suo passato , con un paio d’ali”, artefice del suo nuovo destino. Mattia si propone di sfuggire agli aspetti sgradevoli della sua nuova vita, di ricercare “ belle vedute, ameni luoghi tranquilli”, di trasformarsi in modo da poter dire “ non solo di aver vissuto due vite ma di essere stato due uomini”. Mattia modifica il suo aspetto fisico , accorciandosi la barba , e sceglie un nuovo nome dopo aver ascoltato casualmente una conversazione in treno : Adriano Meis. All'inizio Mattia si sente pervaso da una fresca letizia infantile e assapora la gioia della novella libertà.”Oh levità deliziosa dell’anima, serena, ineffabile ebbrezza!!!”.L’idea della libertà sconfinata e unica gli procura un’improvvisa felicità, un beato stupore. L’aria è di una meravigliosa trasparenza e Mattia si sente così inebriato dalla nuova libertà che teme quasi d’impazzire. Mattia si libera perfino della fede matrimoniale. Mattia deve anche costruirsi nei minimi particolari un passato. Egli immagina di essere figlio unico, di essere nato in America, in Argentina, di essere ritornato in Italia in tenerissima età, di aver avuto i genitori morti quando lui era in tenera età, di avere avuto perfino un nonno che lo ha cresciuto. Per creare l’immagine del nonno Mattia osserva a lungo i vari vecchietti incontrati nel suo peregrinare di città in città, coglie di ognuno un aspetto particolare “Oh, di quanti nonnini veri si compose il nonnino mio!” Per ricostruire l’infanzia fittizia Mattia osserva decine di ragazzini dai 5 ai 10 anni, studia le loro mosse, i loro giochi, le loro espressioni. Mattia vive la sua nuova vita senza avere quasi relazioni con gli altri e ,dopo un po’ di tempo, comincia a sentire il peso della sua Se tutto è materia, esistono comunque diversi gradi di materia: “Nel mio stesso corpo c’è l’unghia, il dente… e c’è il finissimo tessuto oculare!” La Natura ha faticato migliaia di secoli per far evolvere l’uomo dallo stadio di verme a quello attuale , per arrivare a “questa bestia che ruba, questa bestia che uccide, questa bestia bugiarda che pure è capace di scrivere la DIVINA COMMEDIA… e tutt’a un tratto ,paffete, torna zero? Diventerà verme il mio naso, il mio piede, non l’anima mia, perbacco!” Paleari osserva che deve pur esserci un vita oltre la vita:”Se mi provano che , dopo aver faticosamente vissuto per anni , tutto finisce lì, ma io la mia vita la butto via oggi stesso!” “Sarebbe la cosa più assurda e atroce se tutto dovesse consistere IN QUESTO MISERABILE SOFFIO CHE E’ LA NOSTRA VITA TERRENA: 50, 60 anni di noia, di miserie, di fatiche: perché?... Non possiamo comprendere la vita se non ci spieghiamo la morte.” “Se manca la lampadina della fede ci aggiriamo nella vita come ciechi.” Paleari non si cura di indagare sulla vita di Mattia. Solo una volte gli chiede perché si trovi a Roma.Non capisce perché il ragazzo abbia scelto una città triste, morta, chiusa nel sogno del suo maestoso passato , indifferente al formicolio che si agita intorno a lei. Roma giace con il suo “grande cuore frantumato”: i papi ne avevano fatto un’acquasantiera, gli Italiani l’hanno trasformata in un posacenere. CAPITOLO XI : DI SERA, GUARDANDO IL FIUME Man mano che cresce la familiarità con i padroni di casa, cresce il disagio di Mattia. Egli si sente un intruso, con un nome falso, un’esistenza fittizia e ripete continuamente a se stesso che non deve accostarsi troppo alla vita altrui. La sera si affaccia alla finestra ad osservare il fiume nero e silente e ad immaginare il suo percorso tortuoso fino alla foce.Spesso vede Adriana intenta ad annaffiare i fiori e spera che lei sollevi lo sguardo verso di lui. Spesso Mattia girovaga di notte per le vie spettrali di Roma.Una sera si trova coinvolto in una rissa e riesce a salvare una donna dall'aggressione di 4 uomini. I due poliziotti intervenuti lo invitano a denunciare il fatto alla stazione di polizia ma Mattia si schermisce, poiché non ha documenti. “Eroe non potevo più essere davvero!” La Signorina Caporale ogni tanto rivolge domande sulla vita privata di Mattia : questi si rassegna e mente in continuazione .Man mano che racconta cose mai avvenute Mattia diventa sempre più abile :”Meravigliavo io stesso di aver accolto , viaggiando, tante impressioni, che il silenzio aveva quasi sepolte in me, e che ora,parlando, resuscitavano , mi balzavano vive dalle labbra. Mattia, dallo sguardo e dal rapimento con il quale la signorina Caporale lo ascolta, capisce che lei è innamorata di lui. Ma Mattia prova invece una strana attrazione per Adriana , una “ pura soavissima ebrezza.” “Le anime hanno un loro particolar modo d’intendersi…, mentre le nostre persone sono impacciate nel commercio delle parole comuni, nella schiavitù delle esigenze sociali”. Una sera Mattia assiste ad una scena che lo turba: sente una voce di uomo provenire dal terrazzino di casa dove spesso si trattiene con le due donne a chiacchierare. Si tratta di Terenzio Papiano, il cognato di Adriana, marito della sorella morta , che sta parlando in maniera concitata con la signorina Caporale proprio di Mattia . Mattia capisce che i due sono amanti. Terenzio intima alla Caporale di andare a chiamare Adriana: quando questa arriva Terenzio riprende a parlare di Mattia in maniera concitata, al punto che questi decide di presentarsi . Terenzio cambia tono, diventa mellifluo, si presenta come cognato di Adriana e dice di essere segretario presso i Borbonici. Mattia rimane stupito da questo improvviso voltafaccia. Poi i tre vanno a dormire. CAPITOLO XII : L’OCCHIO E PAPIANO Terenzio Papiano è alto e robusto, un po’ calvo, con un grosso paio di baffi brizzolati, occhi grigi acuti ed irrequieti: vede tutto e tocca tutto. E’ tornato a Roma con il fratello Scipione, che sembra incapace di intendere e volere. Mattia si accorge che Terenzio fa di tutto per convincerlo a parlare di sé e si sente in trappola e a disagio :”Senza aver commesso cattive azioni , senza aver fatto male a nessuno , dovevo guardarmi così, davanti e dietro , timoroso e sospettoso , come se avessi perduto il diritto di essere lasciato in pace.” Mattia si rende conto di non poter più ormai andarsene : il sentimento che lo lega ad Adriana, benché rimasto inespresso, è diventato troppo forte. Un giorno Mattia trova la signorina Caporale in lacrime : lei gli confessa di essere disperata perché colpita da tre disgrazie: “donna, brutta, vecchia”. Desidererebbe morire : non ha prospettive, ha dovuto anche vendere il pianoforte che per lei era tutto . Ultimamente Terenzio cerca di indurla a convincere Adriana a sposarlo, per questioni opportunistiche . Mattia tenta di consolarla. Un giorno Terenzio porta a casa un certo Francesco Meis di Torino che sostiene di essere imparentato con Mattia; quest’ultimo fa di tutto per smentirlo , ma Francesco insiste : vuole essere ad ogni costo suo parente! Un altro giorno Mattia sente dalla sua camera la voce di un uomo, un amico che Terenzio aveva portato a casa, e riusce a identificare il proprietario di quella voce : si tratta dello Spagnolo, un personaggio che Mattia ha conosciuto a Montecarlo. Mattia è impaurito : tracce del suo passato riemergono e possono minacciare la sua nuova identità.Decide di farsi operare all'occhio che è leggermente strabico : senza questa caratteristica può darsi che sia più difficilmente identificabile. CAPITOLO XIII : IL LANTERNINO Per quaranta giorni Mattia deve rimanere al buio, dopo l’operazione. Dopo alcuni giorni di quella “prigionia cieca” Mattia sente prepotente il bisogno di essere consolato e confortato, ma solo da Adriana. Un giorno Paleari vuole iniziare Mattia alle sedute spiritiche e alla lanterninosofia. Introduce il discorso sostenendo che l’albero è vivo ma NON SI SENTE , non è consapevole di sé. L’uomo invece ha il triste privilegio di SENTIRSI VIVERE: questa consapevolezza è per Paleari come un lanternino che ci fa vedere sperduti sulla terra, ci fa vedere il male ed il bene. Il lanternino produce un cerchio di luce più o meno ampio al di là del quale c’è il buio assoluto, la notte perpetua che ci accoglie quando il lanternino si spegne. Paleari organizzerà una seduta spiritica alla quale parteciperanno lui stesso, Terenzio, la nipote del marchese Giglio d’Auletta,un pittore spagnolo, Mattia, Silvia e addirittura Adriana. Silvia comunica con un antico compagno di Accademia, Max, morto di tisi a 18 anni. Quando comunica con Max, la signorina Caporale è in grado di suonare in maniera superlativa. Viene portato tutto l’occorrente e la seduta inizia. CAPITOLO XIV : LE PRODEZZE DI MAX Mattia e Adriana sono convinti che la seduta spiritica sia una frode. Viene formata una catena ma la signorina Caporale sostiene che Mattia entra in conflitto con il pittore, ritiene di essere stato offeso e lo vuole sfidare a duello. Va alla ricerca di due padrini in un gruppo di ufficiali ma viene preso in giro. Mattia si allontana sconvolto e disperato , con l’anima “frustata da quel dileggio , piena di una plumbea tetraggine angosciosa.” “Tutta la mia vita si spegneva, ammutoliva con quella notte.” Mattia, camminando, si trova su Ponte Margherita. Improvvisamente trova una soluzione alla sua disperazione : decide di far credere di essersi suicidato , lasciando sul ponte il suo berretto, il suo bastone ed un biglietto con il nome Adriano Meis. Tornerà a Miragno, si vendicherà di moglie e suocera che hanno fatto finta di riconoscerlo nel cadavere di uno sconosciuto e così si libererà per sempre di quella menzogna che lo sta uccidendo lentamente da due anni, di quel “tristo, odioso fantoccio” che lui stesso ha creato con le sue mani. Dopo aver lasciato biglietto, cappello, bastone Mattia si allontana furtivamente. CAPITOLO XVII Mattia si reca alla stazione e sale sul treno per Pisa, dove ha intenzione di fermarsi un paio di giorni prima di riprendere il treno per Miragno. Mattia si sente sollevato “Finalmente libero! Non dover più mentire, non dover più temere di essere scoperto ! Come mi ero illuso che potesse vivere un tronco reciso dalle sue radici?” Mattia fa delle congetture su ciò che si potrà dire di Adriano Meis nel momento in cui si saprà del suicidio. Perché Adriano si è suicidato? Per via del duello imminente? Per un furto? A causa di una relazione sentimentale? “Domande, supposizioni, pensieri, sentimenti, tumultuavano in me, mentre il treno rombava nella notte e non mi davano tregua.” E’ soprattutto il pensiero di Adriana che angustia Mattia. Il giorno dopo compare sul giornale la notizia del suicidio di Adriano, che ha lo stesso risalto di un normale fatto di cronaca. Mattia, tranquillizzato, può partire per Oneglia, dove ha intenzione di far visita al fratello Roberto. Berto rimane stupefatto quando vede il fratello, lo abbraccia e lo informa che la moglie Romilda si è sposata con Pomino; se Mattia torna a casa il secondo matrimonio verrà annullato per legge . Mattia decide di partire per Miragno la sera stessa. CAPITOLO XVIII Mattia in treno è preso dall'ansia e dalla rabbia. Arrivato a Miragno, si reca di corsa a casa di Pomino. Alla sua vista Pomino, la suocera e Romilda sono terrorizzati e lo guardano come se vedessero un fantasma. Mattia scopre che Romilda ha avuto una bambina da Pomino. Segue un’accesa discussione al termine della quale Mattia afferma che non intende ritornare a vivere con la moglie : il matrimonio con Pomino non verrà quindi annullato. Mattia se ne va. Si stabilisce presso la zia Scolastica e riprende il suo lavoro di bibliotecario. A chi gli domanda come si chiami lui risponde: "IO SONO IL FU MATTIA PASCAL".
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