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RIASSUNTO PERFETTO "ECONOMIA DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI" CON GRAFICI E TABELLE, Dispense di Economia degli Intermediari Finanziari

RIASSUNTO PERFETTO, DETTAGLIATO, CON GRAFICI, FIGURE E TABELLE DEL LIBRO "ECONOMIA DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI PORZIO NADOTTI MCGRAW HILL TERZA EDIZIONE". IL MIGLIORE CHE C'E' SU INTERNET PER QUESTO LIBRO!! UNIVERSITA' PARTHENOPE. UTILIZZATO CON IL PROF. SAMPAGNARO MA VA BENISSIMO ANCHE PER CHI DEVE FARLO CON PORZIO. ESAME PASSATO CON 30. Lascia una recensione grazie!!

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 09/01/2020

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Scarica RIASSUNTO PERFETTO "ECONOMIA DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI" CON GRAFICI E TABELLE e più Dispense in PDF di Economia degli Intermediari Finanziari solo su Docsity! lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 1 IL SISTEMA REALE, Il SISTEMA FINANZIARIO E L’INTERMEDIAZIONE 1.2 – Concetti introduttivi: sistema reale e sistema finanziario Il sistema economico è un insieme di soggetti, strumenti, attività e regole strettamente interrelati tra loro per la produzione, lo scambio e il consumo di beni e servizi nel tempo e nello spazio. Le principali categorie nelle quali tutti i soggetti vengono classificati sono:  le famiglie;  le imprese;  il Governo;  la Pubblica Amministrazione: . Le famiglie prestano un’attività lavorativa e gestiscono il proprio patrimonio per ottenere salari e altri redditi da destinare all’acquisto di beni e servizi; Le imprese attuano investimenti e, utilizzando beni reali e forza lavoro, generano il profitto perpecito dall’unico imprenditore o dai diversi soci; Il Governo (inteso in senso generale come insieme di organismi pubblici e istituzioni) ha un duplice ruolo: come produttore di beni e servizi pubblici , stabilisce imposte e tasse per finanziare la spesa pubblica corrente e per investimeni; come regolatrice del mercato , emana le norme e gestisce la quantità di moneta in circolazione per far sì che l’insieme degli scambi si svolga in modo ordinato e senza danni per le diverse parti del sistema economico. All’interno del sistema economico, dunque, da un lato si scambiano beni, servizi e forza lavoro, dando luogo al CIRCUITO (O MERCATO O SISTEMA) REALE ; dall’altro, in contropartita, si trasferisce la moneta, o in sua sostituzione, altri mezzi di pagamento o strumenti finanziari, la cui complessiva gestione dà luogo al CIRCUITO (O MERCATO O SISTEMA) FINANZIARIO . CIRCUITO REALE: mercato di scambio di beni, servizi e forza lavoro. CIRCUITO FINANZIARIO: mercato di trasferimento di moneta, altri mezzi di pagamento o strumenti finanziari. Questi due circuiti sono legati da un rapporto di interdipendenza in quanto generati da qualunque tipologia di scambio che prevede sempre, da un lato, il trasferimento del bene o la produzione del servizio ( aspetto reale) e, dall’altro, la corresponsione del relativo prezzo (aspetto finanziario). La STRUTTURA FINANZIARIA dell’economia individua l’insieme dei circuiti diretti (mercati) e indiretti (intermediazione finanziaria) attraverso i quali avviene il trasferimento delle risorse connesse al sistema dei pagamenti e al finanziamento degli investimenti, in funzione delle preferenze e del comportamento degli agenti economici. Il SISTEMA FINANZIARIO (cioè la “sovrastruttura finanziaria dell’economia”), quindi, costituisce l’ambito attraverso il quale si svolge l’attività di intermediazione, cioè la produzione e l’offerta di mezzi di pagamento e di servizi e strumenti finanziari. Il PROCESSO DI TRASFERIMENTO delle risorse è necessario in quanto nel sistema economico si registra la contemporanea presenza di:  soggetti in avanzo finanziario (surplus) : disposti a scambiare potere d’acquisto (consumo) attuale contro potere d’acquisto (consumo) futuro solo in presenza di un vantaggio economico adeguato a un accettabile livello di rischio;  soggetti in disavanzo finanziario (deficit) : che non riescono in autonomia a finanziare gli investimenti programmati e sono costretti a colmare il fabbisogno aggiuntivo rispetto alle effettive disponibilità mediante il reperimento di risorse esterne, purché il loro costo sia inferiore al rendimento atteso dagli investimenti. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 2 I soggetti in surplus e quelli in deficit devono essere messi in condizione di trasferire risorse all’interno del sistema economico, in modo che ciascuno consegua una posizione di equilibrio. Affinché tale trasferimento avvenga, è necessario che vi sia un certo grado di finanziarizzazione dell’economia (financial deepening). Per agevolare gli scambi finanziari occorre generare strumenti finanziari, ossia contratti che rappresentano per il detentore forme di investimento finanziario e per l’utilizzatore forme di raccolta di risorse finanziarie. Tutto ciò deve svolgersi in condizioni di efficienza allocativa. Per realizzare in modo efficiente il trasferimento di risorse, il sistema finanziario deve:  consentire ai datori di fondi lo smobilizzo degli strumenti acquistati anche prima della loro naturale scadenza;  svolgere un’attività di diversificazione e riduzione (trasformazione ) del rischio a vantaggio dei datori di fondi, rendendo le loro preferenze (per rischio e scadenza) compatibili con quelle dei prenditori di fondi (emittenti);  elaborare e diffondere con continuità informazioni la cui disponibilità consenta una corretta gestione del rischio in termini sia di selezione ex–ante sia di monitoraggio ex–post degli investimenti; Prescindendo da squilibri temporanei e transitori, è indispensabile assicurare l’equilibrio tra sistema finanziario e sistema economico: un perdurante squilibrio strutturale provocherebbe, infatti, bolle finanziarie (causate dall’eccesso di strumenti finanziari rispetto alla dotazione e generazione di beni e servizi) o reali (causate da prezzi elevati per scarsità di moneta) che, se possono dare vantaggi a breve, risultano disastrose nel medio e lungo periodo. 1.3 – La politica monetaria quale componente della politica economica La politica economica è un insieme coordinato di provvedimenti (di politica monetaria, di politica di bilancio e dei redditi) che intende perseguire obbiettivi di tipo macroeconomico. La politica di bilancio fa riferimento alle manovre fiscali e di spesa pubblica attuate tramite il bilancio dello Stato: agendo infatti su livello e composizione delle entrate (imposizione fiscale) e delle uscite (spesa pubblica corrente e trasferimenti a famiglie e imprese) dello Stato, si incide direttamente su dinamica e struttura dei consumi privati e pubblici. La politica dei redditi ha l’obbiettivo di assicurare una crescita equilibrata dei salari e del margine di profitto delle imprese, compatibile con la dinamica della produttività aziendale, per eliminare alla base quelle frizioni nella distribuzione del valore aggiunto che provocano inflazione. La politica monetaria riguarda l’insieme delle manovre operate sugli aggregati monetari e creditizi da parte della banca centrale al fine di realizzare, nel breve periodo, un mix soddisfacente tra stabilità monetaria, occupazione e sviluppo, e di favorire nel lungo periodo il raggiungimento degli obbiettivi della politica fiscale e dei redditi in una situazione di contenimento del tasso d’inflazione. È attuata dalla banca centrale in piena autonomia. Nella politica monetaria è necessario operare una distinzione, tra: 1. strumenti: ossia le variabili sotto il controllo diretto ed esclusivo delle Autorità monetarie ( tassi ufficiali; coefficiente di riserva obbligatoria; operazioni di mercato aperto ), che possono essere manovrate tempestivamente allo scopo di controllare gli: 2. obiettivi operativi: cioè quelli immediatamente realizzabili (base monetaria; tassi di mercato monetario; riserva obbligatoria ), in funzione degli strumenti utilizzabili, e a loro volta capaci di influenzare gli: 3. obiettivi intermedi, rappresentati dalle variabili controllate solo indirettamente dalle Autorità monetarie (tassi di mercato; quantità di credito e/o di moneta ) tramite gli obbiettivi operativi, i quali sono in grado di influire sugli: 4. obiettivi finali, di natura macroeconomica e comuni all’intero schema della politica economica (prezzi; tasso di cambio; reddito; occupazione) . In relazione al tipo di strumento utilizzati, si individuano due modalità di intervento: lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 5  la PA è in condizioni di disavanzo finanziario a seguito della scelta politica-economica di finanziarie una spesa pubblica superiore alle risorse disponibili e raccolte in via ordinaria attraverso la tassazione dei redditi e dei consumi (S < 0 e quindi SF < 0);  l’estero (il saldo delle cui transazioni è rappresentato nella bilancia dei pagamenti) dipende dai flussi derivanti da importazioni – esportazioni e dai movimenti dei capitali (SF >/< 0).  In questo circuito si inseriscono, con funzione di intermediazione , le istituzione finanziarie. La lettura e l’interpretazione dell’equazione I + ∆AF = S + ∆PF [4] consentono di evidenziare gli stretti legami di interdipendenza tra sistema reale e sistema finanziario. Infatti in un determinato paese o in un determinato momento storico, le quattro grandezze sono indirettamente influenzate da:  modello di distribuzione dei redditi (salari; profitti; interessi);  politica di finanza pubblica e imposizione fiscale; debito pubblico ecc. ;  andamento del ciclo economico e suoi effetti sulla politica economica e monetaria; inflazione;  struttura del sistema previdenziale pubblico e privato; tassi di interesse; propensione al rischio degli operatori; aspettative. 1.5.1 – IL RUOLO DEGLI INTERMEDIARI NEL RACCORDO TRA I FLUSSI L’equilibrio si realizza attraverso il trasferimento di risorse finanziarie dai settori in surplus a quelli in deficit. il trasferimento delle risorse può avvenire mediante diverse modalità:  nello spazio, dando origine alla moneta quale mezzo di pagamento che, insieme a strumenti più complessi, determina la nascita del “sistema dei pagamenti”;  nel tempo, dando origine a operazioni di credito caratterizzate da una cessione di potere d’acquisto oggi, bilanciata da un’operazione di segno opposto distanziata nel tempo;  tra unità appartenenti allo stesso settore: tipicamente prestiti tra famiglie o tra imprese (credito di fornitura);  tra unità appartenenti a settori diversi, mediante l’emissione di titoli di debito/credito diretti o, più comunemente attraverso l’intervento di soggetti specializzati, cioè gli intermediari finanziari. Il trasferimento di risorse può avvenire:  direttamente, nel senso che lo scambio si realizza senza intermediazione tra unità utilizzatrici finali dei fondi;  indirettamente, attraverso l’intervento di un soggetto (l’intermediario) che raccoglie risorse stipulando un contratto con un’unità in avanzo e le impiega stipulando un altro contratto, dalle caratteristiche diverse, con un’unità in disavanzo. Il soddisfacimento delle esigenze di trasferimento può dare origine a due diversi circuiti:  il circuito diretto, che richiede l’esistenza di luoghi di incontro della domanda e dell’offerta (i mercati, tipicamente la Borsa ); lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 6  il circuito indiretto, che richiede l’esistenza di soggetti (gli intermediari, tipicamente la banca ) in grado di soddisfare simultaneamente ma in modo diverso le preferenze di unità in deficit e unità in surplus interponendo il proprio bilancio . Così si sviluppa un rapporto di complementarità/concorrenza tra Borsa e banca (tra mercati e intermediari ). Tale potenziale bipolarismo, di fatto, viene superato dalla constatazione storica che i mercati possono essere ritenuti abbastanza efficienti da essere utili, ma, al tempo stesso, non del tutto alternativi agli intermediari perché imperfetti, e quindi non sempre capaci di garantire il raggiungimento di situazioni di ottimo. Si può quindi affermare che il ruolo dei mercati e intermediari è diverso ma complementare , trattandosi di forme differenti ma entrambe necessarie per realizzare il trasferimento del risparmio dai settori in surplus ai settori in deficit, per mantenere liquidi gli investimenti, per gestire il rischio e per controllare le imprese. Le caratteristiche fondamentali che gli intermediari devono possedere per svolgere in modo efficace la loro funzione sono:  finanziare le imprese, la produzione e la crescita economica utilizzando il risparmio di soggetti che, singolarmente, non lo finanzierebbero, con la stessa professionalità ed efficacia, agli stessi impieghi;  consentire di colmare il gap di conoscenza che i risparmiatori hanno del mercato, offrendo strumenti finanziari coerenti con le propensioni al rischio e alla redditività richieste dal mercato;  sopportare l’onere di un eventuale ritardo nello sviluppo di un sistema economico , quando la sua struttura o le sue politiche appaiono inadeguate alle esigenze di mercato;  finanziare i cambiamenti dell’economia reale, allocando le risorse finanziarie verso i settori all’avanguardia;  promuovere la standardizzazione degli impieghi considerando la varietà delle scadenze, degli obbiettivi e delle propensioni al rischio di ciascun risparmiatore. 1.7 – FUNZIONI, STRUTTURA E COMPONENTI DEL SISTEMA FINANZIARIO Il sistema finanziario rappresenta, invece, la struttura attraverso il quale si svolge, sistematicamente e in modo specializzato, la complessiva attività di produzione e offerta di mezzi di pagamento e di servizi e strumenti finanziari, attività, appunto, definita di intermediazione finanziaria . Lo studio del sistema finanziario si fonda su due profili:  L’approccio funzionale: cioè l’analisi delle funzioni “assegnate ” al sistema e delle modalità con le quali esse vengono svolte;  L’approccio strutturale: cioè l’analisi dei suoi elementi costitutivi per valutarne, caratteristiche e logiche evolutive. Le 3 funzioni svolte dal sistema finanziario sono:  la funzione monetaria: creazione e circolazione dei mezzi di pagamento e gestione del sistema dei pagamenti;  la funzione creditizia e di mobilizzazione del risparmio: trasferimento delle risorse da unità in surplus ad unità in deficit;  la funzione di trasmissione della politica monetaria, poiché il sistema finanziario è il veicolo attraverso il quale gli impulsi di politica monetaria si diffondono nel sistema economico. Gli elementi costitutivi del sistema finanziario sono:  gli strumenti, cioè l’insieme dei contratti aventi per oggetto diritti e prestazioni di natura finanziaria la cui varietà aumenta poiché le esigenze degli operatori mutano con il mutare delle condizioni ambientali;  i mercati, cioè l’insieme degli scambi finanziari il cui corretto funzionamento presuppone strutture, organi di gestione, operatori, regole di comportamento, istituzioni di controllo;  gli intermediari, le istituzioni specializzate nella produzione e negoziazione di strumenti finanziari e nell’offerta dei servizi; lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 7  l’ordinamento, cioè l’insieme delle norme che, disciplinando strumenti, mercati e intermediari, devono assicurare lo svolgimento delle funzioni assegnate al sistema finanziario in modo efficace ed efficiente. La normativa primaria costituisce l’ordinamento complessivo del sistema finanziario basato su norme comunitarie (direttive e regolamenti) e statali (leggi e decreti); la normativa secondaria costituisce l’ordinamento specifico del sistema finanziario con finalità di vigilanza, attuato da organi espressamenti previsti dalla legge. Il ruolo del sistema bancario Il sistema bancario rappresenta, nella maggior parte dei Paesi, la componente preponderante del sistema finanziario sotto il profilo non solo quantitativo (per la dimensione e la penetrazione commerciale delle banche nell’attività finanziaria), ma anche qualitativo (per il livello di fiducia di cui le banche godono) in quanto:  rende possibile il trasferimento dei fondi dai soggetti in avanzo a quelli in disavanzo (c.d. “intermediazione pesante ”);  svolge attività di negoziazione, collocamento e distribuzione di strumenti finanziari di vecchia e nuova emissione (c.d. “intermediazione leggera ”). 1.8 – L’orientamento dei sistemi finanziari Il sistema finanziario non è statico e opera con modalità diverse nel tempo e nello spazio. Secondo l’analisi di Rybczynski, il sistema finanziario, nella sua evoluzione storica, si è configurato con tre diverse strutture:  L’orientamento alla banche (sistema bancocentrico);  L’orientamento al mercato (sistema mercatocentrico);  L’orientamento alla securitization. Per comprendere meglio questi modelli strutturali, si deve fare riferimento alle mdoalità con le quali le imprese finanziano i propri investimenti a breve e a medio-lungo termine:  Nei sistemi orientati alle banche, le imprese finanziano i loro investimenti e le loro necessità a breve facendo ampio e prevalente ricorso al credito bancario.  Nei sistemi orientati al mercato, invece, le imprese finanziano i mezzi propri e il debito esterno ricorrendo al mercato dei capitali, emettendo azioni e obbligazioni.  Nei sistemi orientati alla securitization, le imprese si finanziano non solo utilizzando tutte le forme tipiche di passività, ma anche smobilizzando dall’attivo i crediti presenti e futuri, grazie al riscorso alla loro trasformazione in titoli negoziabili (cartolarizzazione o securitization ). Con specifico riferimento al rapporto fra banche e imprese, è inoltre possibile distinguere fra:  orientamento alla transazione (transaction banking) : che corrisponde a un legame tra banca e impresa caratterizzato dalla convenienza oggettiva a effettuare una o più operazioni. In questo modello l’impresa tenderà a moltiplicare i rapporti con le banche, sfruttando al massimo la concorrenza tra loro; le banche, invece, se da un lato subiscono gli effetti della concorrenza, dall’altro non assumono particolari impegni verso l’impresa, per cui tenderanno a corteggiarla nelle fasi positive del ciclo e ad abbandonarla nelle fasi negative;  orientamento alla relazione di lungo termine (relationship banking) : che non deriva dalla tipologia delle operazioni poste in essere, ma dall’intensità del legame instaurato tra banca e impresa . La banca tenderà ad offrire all’impresa i suoi prodotti per l’intero suo ciclo di vita, mentre l’impresa tenderà ad avere una sola banca: il vantaggio consiste nella fatto che l’impresa potrà fare affidamento sulla banca anche nei momenti di difficoltà; la banca, a sua volta, trae beneficio dalla riduzione dei costi informativi poiché le imprese rientranti nel suo target di clientela sono note e valutate con continuità e si devono sostenere solo costi di mantenimento del monitoraggio informativo. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 10  Rischio Morale (moral hazard), ovvero l'asimmetria informativa che caratterizza il contratto finanziario nel corso del suo svolgimento , in quanto il prenditore può, in base alle informazioni a sua disposizione, condizionare a proprio vantaggio l'evoluzione e la conclusione del rapporto di finanziamento. A lungo andare, il meccanismo di scambio tende a “ incepparsi” poiché i prenditori migliori non sono disponibili a sostenere un costo più elevato di quello dovuto, mentre i datori non sono disposti a finanziare i prenditori peggiori, gli unici disponibili a concludere lo scambio. Portata alle sue estreme conseguenze, tale asimmetria può generare una situazione di “ collasso degli scambi” alla quale conducono, da un lato, al progressivo abbandono del mercato da parte dei prenditori buoni, dall’altro i fallimenti dei peggiori prenditori. Il ruolo dell’intermediario è quello di rendere possibile la conclusione dello scambio attraverso la produzione di informazione:  Interna, tale da ridurre l’asimmetria informativa tra debitori e creditori, grazie all’accesso a informazioni riservate ;  Attendibile, in quanto è l’intermediario che si assume il rischio residuo e si gioca la reputazione . Alcuni esempi di riduzione, nel mercato mobiliare, del gap informativo sono:  il “documento sui rischi” che l’intermediario deve consegnare al cliente prima della conclusione del contratto affinché sia in grado di procedere alla valutazione del rischio di un investimento in strumenti finanziari;  il prospetto informativo per il collocamento di nuovi strumenti finanziari;  la decisione di Borsa Italiana SPA di mettere a disposizione degli investitori le analisi e le previsioni relative ai principali dati economici delle società emittenti titoli. 2.3. – LA CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERMEDIARI Una prima distinzione degli intermediari riguarda lo svolgimento della funzione monetaria (creazione e circolazione dei mezzi di pagamento, gestione del sistema dei pagamenti, fornitura di liquidità al sistema finanziario) e quindi distinguiamo intermediari monetari (le banche) e intermediari non monetari (tutti gli altri). Simile è la distinzione tra intermediari bancari e non bancari, questi ultimi così definiti per “differenza” (in via residuale) indipendentemente dal tipo di attività svolta. In base alle modalità di svolgimento dell’attività e del controllo esercitabile dai datori di fondi si distinguono gli investitori delegati e le imprese di investimento. Nel circuito indiretto gli intermediari assumono impieghi nei confronti dei datori di fondi e posizioni di credito nei confronti dei prenditori di fondi: pertanto, all’attivo patrimoniale figurano gli impieghi, ossia gli strumenti graditi ai prenditori di fondi in termini di costo, rischio e scadenza (prestiti; mutui; crediti verso imprese/consumatori); e al passivo le fonti, ossia l’insieme degli strumenti graditi ai datori di fondi in termini di rendimento, rischio e scadenza (depositi; obbligazioni). Al contrario, nei circuiti diretti gli intermediari intervengono quali fornitori di servizi a coloro che domandano fondi (servizi di collocamento e consulenza) e a coloro che offrono fondi (servizi di negoziazione, di gestione patrimoniale e di consulenza) senza interporre il proprio bilancio ma limitandosi a percepire commissioni. LA PRINCIPALE CLASSIFICAZIONE DEGLI INTERMEDIARI DISTINGUE:  INTERMEDIARI CREDITIZI; MOBILIARI; ASSICURATIVI 2.3.1. – GLI INTERMEDIARI CREDITIZI La banca svolge, a proprio rischio, un’attività di conferimento di risorse finanziarie a titolo di credito, utilizzando prevalentemente fondi ottenuti da terzi a titolo di debito e, in parte minore, a titolo di capitale proprio. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 11 Ciò che distingue le banche dagli altri intermediari finanziari è la natura delle passività: i clienti possono utilizzare le somme depositate sotto forma di conto corrente per effettuare pagamenti mediante strumenti quali l’assegno, il bonifico o l’utilizzo di carte di debito. Secondo l’ordinamento italiano, la raccolta di risparmio tra il pubblico e l’esercizio del credito costituiscono attività bancaria e devono necessariamente svolgersi congiuntamente. Poiché l’esercizio dell’attività bancaria è riservato alle banche e la raccolta del risparmio tra il pubblico è vietato ai soggetti diversi dalle banche, queste ultime sono gli unici intermediari abilitati in via esclusiva all’esercizio dell’attività bancaria. Le uniche aree di attività riservate a intermediari diversi dalle banche sono l’attività assicurativa alle compagnie di assicurazione e l’attività di gestione collettiva del risparmio alle SGR. Accanto alle banche, l’ordinamento italiano definisce intermediari finanziari i soggetti, diversi dalle banche, ai quali è consentito erogare credito in via professionale nei confronti del pubblico. In relazione alle tipiche modalità di svolgimento dell’attività, è preferibile fare riferimento alla categoria degli intermediari creditizi non bancari: La raccolta delle risorse necessarie per soddisfare le esigenze dei prenditori di fondi – non potendo essere svolta nei confronti del pubblico – avviene prevalentemente presso le banche o altri soggetti istituzionali, dando origine a intermediari di secondo livello; Essi sono:  società di leasing; società di factoring; società veicolo per la cartolarizzazione (SPV); società di credito al consumo;  I consorzi di garanzia collettiva fidi (Confidi) sono soggetti a natura cooperativa o consortile che rilasciano garanzie collettive a fronte di finanziamenti erogati a favore delle imprese socie o consorziate.  la Cassa Depositi e Prestiti, oltre a finaziare opere, impianti e dotazioni destinati alla fornita di servizi pubblici, concede finanziamenti a favore di Enti pubblici utilizzando come fonte principale di provvista la raccolta postale. 2.3.2. – GLI INTERMEDIARI MOBILIARI Con riferimento all’attività d’intermediazione mobiliare, è necessario distinguere alcuni principali ambiti di attività, presidiati da soggetti differenti: lo svolgimento dei servizi di investimento; la gestione collettiva del risparmio; la promozione e l’organizzazione dei mercati di negoziazione e la gestione delle fasi di scambio dei titoli da parte di soggetti specializzati. Attraverso la prestazione dei servizi di investimento, gli intermediari autorizzati consentono agli investitori d’impiegare, sotto varie forme, i propri risparmi in strumenti finanziari (azioni; obbligazioni; titoli di Stato; ecc.). I servizi di investimento vengono tipicamente svolti dalle imprese di investimento, in Italia le SIM (società di intermediazione mobiliare), ossia imprese, diverse dalle banche e dagli altri intermediari finanziari, autorizzate a svolgere per conto proprio e per conto di terzi i servizi di investimento e i servizi accessori. Le società di gestione del risparmio (SGR) svolgono professionalmente attività di asset management, cioè gestione del risparmio su base individuale e su base collettiva. Esse sono perciò abilitate a: promuovere, istituire e gestire fondi comuni di investimento. La gestione collettiva del risparmio viene svolta da SICAV (Società di Investimento a Capitale Variabile) e SICAF, particolari tipologie di società per azioni il cui oggetto esclusivo è l’investimento collettivo del patrimonio raccolto presso il pubblico mediante emissione di proprie azioni e che, pertanto, non gestiscono un patrimonio distinto da quello proprio: i partecipanti sono anche azionisti e la gestione è affidata agli organismi amministrativi della società eletti dall’assemblea dei soci. Nell’attività di intermediazione mobiliare troviamo anche gli investitori istituzionali, cioè intermediari abilitati a investire un determinato patrimonio per conto di numerose unità in surplus. Nel quadro del processo di privatizzazione dei mercati mobiliari, il TUF ha disciplinato altre due categorie di soggetti che prestano servizi specializzati: le società di gestione dei mercati regolamentati (SGMR) e le società di gestione accentrata. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 12 Per garantire la maggiore efficienza nelle fasi successive alla conclusione della compravendita sui mercati organizzati (post-trading) operano intermediari specializzati: i Depositari Centrali (in Italia, Montetitoli) che professionalmente svolgono il servizio di custodia e amministrazione di titoli per conto di terzi; le Controparti Centrali, in inglese Clearing House (in Italia, Cassa di compensazione e garanzia). 2.3.3. – GLI INTERMEDIARI ASSICURATIVI L’impresa di assicurazioni gestisce i rischi puri, la cui manifestazione comporta solo effetti negativi per l’assicurato; se gestiti con riferimento a una collettività omogenea di situazioni/soggetti, tali rischi possono essere previsti e coperti attraverso l’applicazione di un premio. Se, a livello di singolo contratto, esiste incertezza nella futura manifestazione dei flussi in uscita, così non è a livello aggregato del portafoglio della compagnia di assicurazione che, per la legge dei grandi numeri, può agire in regime di relativa certezza. L’attività delle imprese di assicurazione consiste nel ripartire il costo prodotto da un eventuale negativo tra tutti gli individui esposti allo stesso rischio sulla base della frequenza attesa di accadimento dell’evento negativo e si caratterizza per l’inversione del ciclo finanziario poichè l’incasso del premio precede sempre l’evento negativo che dà origine al pagamento dell’indennizzo. I principali rami di attività di un intermediario assicurativo sono: il ramo danni, nel quale i rischi riguardano beni, soggetti e patrimonio; il ramo vita, nel quale i rischi riguardano la vita umana. 2.3.4. – ALCUNE CONSIDERAZIONE DI SINTESI Poichè le caratteristiche dell’attività esercitata si riflettono sulla struttura tipica del bilancio dell’intermediario è possibile delineare l’orientamento del modello di economicità e le modalità di formazione dell’equilibrio economico. Si può affermare che:  la concessione di finanziamenti e la raccolta di risorse finanziarie danno origine, rispettiamente, a interesse attivi e passivi (dal punto di vista dell’intermediario), determinando così il margine d’interesse (detto anche margine della gestione denaro) tipico degli intermediari creditizi;  la prestazione di servizi dà origine a incasso e pagamento di commissioni attive e passive , determinando così il margine commissionale tipico degli intermediari sia creditizi sia mobiliari;  l’acquisto/vendita di strumenti finanziari (comprese le partecipazioni azionarie) dà origine a plusvalenze o minusvalenze , determinando così un margine da plusvalenza;  in presenza di un quadro istituzionale caratterizzato da despecializzazione istituzionale/specializzazione operativa, è sempre più frequente il caso di intermediari la cui attività dà origine a margini di economicità “misti” frutto dell’aggregazione di margini “elementari” (es. è il margine di intermediazione). lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 15  dal tipo e dalla natura dei rapporti continui e sistematici che si instaurano con i datori di fondi (depositanti; obbligazionisti; azionisti), i prenditori di fondi e le controparti delle transazioni in titoli, i mercati mobiliari, le Autorità di regolamentazine e vigilanza ( fonti esterne del rischio);  dalle modalità con le quali l’intermediario svolge la propria attività: strategia, propensione al rischio e scelte di investimento, organizzazione e gestione dei processi produttivi ( fonti interne del rischio). Sulla base di questa distinzione possiamo individuare varie tipologie di rischi:  il rischio di provvista  i rischi di controparte  i rischi di mercato  il rischio di liquidità  il rischio di regolamentazione  i rischi interni (operativi , strategici e reputazionali ). – IL RISCHIO DI PROVVISTA – Il rischio di provvista (funding risk) dipende dalla capacità dell’intermediario di raccogliere le risorse finanziarie presso le diverse controparti per quantità e prezzi compatibili con gli obiettivi di crescita, le scelte di composizione dell’attivo e il rendimento degli investimenti, indipendentemente dal verificarsi di situazioni patologiche che possono dare origine a fenomeni di illiquidità . Ogni intermediario deve essere in grado sia di mantenere e rinnovare la raccolta in essere (“raccolta effettiva”) sia di attivare operazioni integrative (“raccolta potenziale”). Poichè un intermediario è liquido finché ha la capacità di far fronte alle proprie obbligazioni con tempestività e senza compromettere la propria solvibilità prospettica, il costante mantenimento della capacità di raccolta riduce il rischio di illiquidità. Le banche sono le più esposte al rischio di provvista (e quindi al rischio di liquidità), poiché il loro passivo è caratterizzato da una rilevante quota di depositi a vista, cioè di strumenti per i quali il possessore può richiedere la trasformazione immediata in moneta sempre e senza preavviso. Il peggioramento della capacità di raccolta può essere legato a una situazione di crisi diffusa sui mercati finanziari o a fattori contingenti quali la presenza di dubbi sull’affidabilità che possono provocare velocemente reazioni negative da parte dei depositanti e delle controparti del mercato interbancario portandole a limitare o a bloccare le solite transazioni e inaridendo le fonti della liquidità dell’intermediario con effetti sulla sua solvibilità. Nel caso di raccolta:  deposit-based, la banca contribuisce alla liquidità del mercato in qualità di offerente netto di fondi;  market-based la banca è prenditrice netta di fondi e la sua operatività dipende fortemente dalle condizioni esterne, non sempre facilmente controllabili e prevedibili. Il rischio di funding riguarda anche il comportamento degli azionisti, che potrebbero non essere più disposti, percependo un aumento del rischio, a sottoscrivere nuovi aumenti di capitale, necessari per riequilibrare la deteriorata situazione finanziaria della banca. Questo rischio è evidente per le banche quotate con una struttura proprietaria da public company , caratterizzata cioè dalla prevalenza di azionisti-investitori non direttamente coinvolti nella gestione. – I RISCHI DI CONTROPARTE – I rischi di controparte riguarda tutte le operazioni attive che un intermediario pone in essere con la propria clientela e derivano dall’eventualità che alcuni soggetti possano risultare, entro un certo intervallo temporale, inadempienti , cioè non più in grado di assolvere agli impegni contrattualmente assunti. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 16 I rischi di controparte sono distinti in:  rischi di regolamento (legati al trading book o portafoglio di titoli detenuti per la negoziazione);  rischi di credito (legati al banking book o portafoglio prestiti). Rischio di regolamento Il rischio di regolamento rappresenta il rischio di insolvenza della controparte contrattuale obbligata a consegnare una certa somma di denaro a fronte di determinati strumenti finanziari o viceversa. Per determinare impatto e possibili conseguenze, vanno congiuntamente considerate la contestualità delle prestazioni contrattuali e la scadenza dell’esecuzione del contratto a pronti o a termine . Nel caso di compravendita:  a pronti, il danno dell’inadempienza è riconducibile alla necessità di trovare sul mercato, in brevissimo tempo, una controparte in grado di eseguire la transazione, con possibili effetti negativi sulle condizioni di prezzo;  a termine il danno è maggiore, perchè il soggetto adempiente perde la posizione , trovandosi esposto al costo derivante dalla sostituzione della controparte insolvente; inoltre, avendo anticipato la prestazione, diventa creditore, con un potenziale rischio di credito trasformatosi in insolvenza. Per evitare queste conseguenze è prevista nei mercati organizzati la presenza di un organo centrale (la Clearing House) che, ponendosi come controparte di tutti i contratti, elimina il rischio di regolamento per tutti i partecipanti e lo gestisce in proprio attraverso il meccanismo del marking to market e del versamento dei margini periodici. – Rischio di credito – Il rischio di credito è legato all’attività di finanziamento svolta attraverso la concessione di fidi o la sottoscrizione di titoli. Esso riguarda, in primo luogo, la possibilità che la controparte debitrice non sia in grado di far fronte ai propri impegni di pagamento o che si riduca il suo livello di affidabilità nel mantenere fede agli impegni presi (pagamento degli interessi e restituzione del capitale prestato). Il rischio di credito assume differenti accezioni in relazione al fattore causale e alla natura della posizione :  rischio di insolvenza della controparte, espresso in termini di perdita pari al prodotto tra l’esposizione effettiva e il tasso di perdita;  rischio di migrazione connesso al mutamento del merito creditizio del debitore (down- grading ) che si riflette sui tassi di interesse applicati;  rischio di spread connesso al margine (premio per il rischio) genericamente richiesto dal mercato in termini di differenziale tra i migliori e peggiori prenditori, indipendentemente dal peggioramento del merito creditizio individuale (rischio di migrazione); esso è riconducibile al cosiddetto “flight to quality” , cioè alla preferenza degli investitori per profili di rischio più bassi;  rischio di recupero connesso ai tempi e/o al valore di realizzo delle garanzie in caso di insolvenza;  rischio di pre-regolamento connesso alla “sostituzione ” della posizione in derivati a condizioni contrattuali differenti in seguito a insolvenza della controparte sul mercato OTC;  rischio Paese connesso a eventi di natura politica o legislativa , cioè esogeni rispetto al comportamento della controparte affidata, che però incidono sulla sua probabilità di default: MISURAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO: LA PERDITA ATTESA La quantificazione del rischio di credito richiede di misurare la perdita che la banca potrebbe subire in caso di fallimento del debitore distinguendo tra: lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 17  perdita attesa (EL, Expected Loss): determinata al momento della concessione del credito, che rappresenta il valore medio della distribuzione delle possibili perdite associate a ogni operazione di finanziamento stimate tenendo conto sia delle sue caratteristiche sia della tipologia della controparte finanziata;  perdita inattesa (UL, Unexpected Loss), che rappresenta in termini probabilistici la possibilità che ex post la perdita conseguita sia superiore a quella stimata ex ante . Entrambe le componenti di perdita sono stimate sulla base di tre variabili aleatorie:  la probabilità di insolvenza del debitore (PD, Probability of Default);  l’ammontare dell’esposizione al momento del fallimento (EAD, Exposure At Default);  il tasso di perdita in caso di insolvenza (LGD, Loss Given Default), che rappresenta il complemento a 1 dell’ammontare effettivamente recuperabile dell’esposizione in essere al momento del default (RR, Recovery Rate; cioè “1 – RR”). Quindi per trovare il valore assoluto della perdita attesa si deve moltiplicare la PD x LGD (data da 1 – RR), trovando il tasso di perdita atteso (ELR, Expected Loss Rate) che poi dovrà essere moltiplicato per l’esposione al momento del default (EAD). La probabilità di insolvenza (PD) misura la probabilità che il soggetto finanziato non sia più in grado di onorare i propri impegni su un orizzonte temporale di 1 anno: assume un valore da 0 a 100% in funzione delle sue specifiche caratteristiche economico, finanziarie e di business. L’Accordo di Basilea definisce la condizione di default di una controparte creditizia in caso di:  inadempienza soggettiva, cioè incapacità del debitore di adempiere alle proprie obbligazioni; la banca cioè giudica improbabile, senza il ricorso a particolari azioni, che l’obbligato adempia in totalmente ai suoi impegni;  inadempienza oggettiva, cioè situazione nella quale l’obbligato è in mora da oltre 90 giorni su un’obbligazione rilevante nei confronti della banca. Il tasso di perdita in caso di insolvenza (LGD) esprime, in termini percentuali, il grado di perdita atteso al termine delle procedure di recupero nei confronti del debitore insolvente e quindi dipende soprattutto dalle caratteristiche tecniche del prestito e dalla presenza di eventuali garanzie (maggiore è la garanzia minore è la LGD e viceversa). lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 20 Il gap ha segno:  positivo quando le attività sensibili sono superiori alle passività sensibili (GAP>0)  negativo quando le attività sensibili sono inferiori alle passività sensibili (GAP<0);  nullo quando le attività sensibili e le passività sensibili si eguagliano (GAP=0). Il GAP consente di stimare l’impatto del rischio sul margine di interesse poichè (4 casi): Aumenta in presenza di: » variazioni positive dei tassi associate ad un gap positivo (GAP>0 e ∆i>0 = ∆MI>0); » variazioni negative dei tassi associate ad un gap negativo (GAP<0 e ∆i<0= ∆MI>0); Si riduce in presenza di: » variazioni positive dei tassi associate ad un gap negativo (GAP<0 e ∆i>0= ∆MI<0); » variazioni negative dei tassi associate ad un gap positivo (GAP>0 e ∆i<0= ∆MI<0). Esempio esercizio rischio di tasso di interesse (caso 1): As=100€; Ps=80€; it0= 2%; it1=4% In presenza di tassi crescenti cosa succede alla variazione del Margine di interesse? MIt0= (100x2%)–(80x2%)= 2–1,6= 0,4 MIt1= (100x4%)–(80x4%)= 4–3,2= 0,8 ∆MI= MIt1– MIt0= 0,8–0,4= 0,4 –––> ∆MI>0 Quindi in presenza di GAP>0 e una variazione positiva dei tassi di interesse (∆i>0) avremo un impatto sul margine di interesse complessivo positivo (∆MI>0). In termini gestionali, la banca può decidere di assumere posizioni di mismatching coerenti , per segno e dimensione, con le proprie aspettative circa l’andamento dei tassi di interesse, generando un ampliamento del margine di interesse nel caso di attese che si realizzano, o una sua contrazione nel caso di andamento avverso del mercato. Per essere utilizzato a fini comparativi, il gap è rapportato alla dimensione complessiva dell’attivo fruttifero : detto GAP RELATIVO (Gap/Attivo Fruttifeto Totale). lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 21 Per esempio, un gap attorno allo zero e un rapporto G/AF di importo contenuto indicano una limitata esposizione al rischio; un gap positivo o negativo, e G/AF elevato indicano che l’intermediario è esposto al rischio di interesse. RISCHIO DI CAMBIO Il rischio di cambio esprime le conseguenze prodotte dalla variazione dei tassi di cambio sulle posizioni in valuta detenute dagli intermediari. Quindi l’esposizione al rischio di cambio deriva dall’assunzione di attività finanziarie e/o passività denominate in valuta estera , poiché queste implicano l’assunzione di una "posizione" rispetto al futuro andamento dei tassi di cambio della valuta considerata. L’esposizione al rischio di cambio può essere misurata in termini differenziali confrontando attività e passività sensibili alla variazione dei tassi di cambio, denominate nella stessa valuta (estera), per verificare l’esistenza di una posizione netta, equivalente al gap . Posizione netta (GAP) = Attività sensibili – Passività sensibili in valuta estera (es. $) Per ciascuna valuta, la posizione netta può essere lunga (al rialzo ) o corta (al ribasso ):  Se GAP>0 tecnicamente si dice che l’intermediario ha una posizione lunga sul dollaro e corta sugli euro;  Se GAP<0 tecnicamente si dice che l’intermediario ha una posizione lunga sugli euro e corta sul dollaro. L’esistenza di una posizione netta ≠ 0 determina minus- o plusvalenze potenziali realizzabili al momento della conversione della valuta estera in quella nazionale:  nel caso di posizioni lunghe la rivalutazione del tasso di cambio determina un guadagno dal lato degli impieghi, mentre la svalutazione determina un peggioramento dei risultati;  simmetricamente, nel caso di posizioni corte il costo della raccolta aumenta a seguito di una rivalutazione e si riduce a seguito di una svalutazione. Il GAP consente di stimare l’impatto del rischio sul margine di interesse in valuta (margine cambi) poichè (4 casi): Aumenta in presenza di: » variazione negativa del tasso associato ad un gap positivo (GAPn-mesi>0 e ∆€/$<0 = ∆MC>0); » variazione positiva del tasso associato ad un gap negativo (GAPn-mesi<0 e ∆€/$>0= ∆MC>0); Si riduce in presenza di: » variazioni positive del tasso associate ad un gap positivo (GAPn-mesi>0 e ∆€/$>0= ∆MC<0); » variazioni negative del tasso associate ad un gap negativo (GAPn-mesi<0 e ∆€/$<0= ∆MC<0). lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 22 Anche la gestione del rischio di cambio si basa essenzialmente sulla capacità dell’intermediario di governare dimensione e caratteristiche del mismatching puntando alla sua minimizzazione o adottando una gestione attiva finalizzata a sfruttare le aspettative. Esempio esercizio sul rischio di cambio (caso 4): GAP a 1 anno; €/$t0=1,1; As=900$; Ps=1200$; €/$t1=1 Dobbiamo calcolare profitti e perdite al tempo t0 e t1 e capire la variazione: P/P=profitti (quanti euro incassiamo ?) – perdite (quanti euro paghiamo ?) P/Pt0= 900/1,1 – 1200/1,1= 818–1090= –272€ P/Pt1= 900/1 – 1200/1=900–1200= –300€ ∆P/P= P/Pt1–P/Pt0= –300+272= –28€ Quindi in presenza di GAP negativo e una variazione negativa del tasso di cambio (quindi si ha un rivalutazione del dollaro e una svalutazione dell’euro) si avrà nel passivo un effetto negativo perchè si dovrà pagare di più mentre nell’attivo si avra un effetto positivo perchè incasseremo di più. Però, siccome, il GAP è negativo (As<Ps) si avrà un effetto totale negativo quindi ∆MC diminuisce (<0). RISCHIO DI PREZZO Il rischio di prezzo trae origine dall’attività di negoziazione in proprio di valori mobiliari. Il possesso e la gestione del portafoglio fanno sì che il conto economico e lo stato patrimoniale dell’intermediario subiscano gli effetti della volatilità delle quotazioni dei titoli e più in generale dell’instabilità dei mercati. L’ampiezza di guadagni e perdite in conto capitale dipende dal segno algebrico della posizione netta (quantità in portafoglio + acquisti a termine – vendite a termine , relativi allo stesso titolo o alla stessa categoria di titoli). Sono soggetti ai rischi di prezzo:  i titoli azionari, obbligazionari e gli strumenti a essi legati (indici di Borsa, future, opzioni ecc.)  e i valori di mercato delle posizioni assunte nel settore delle commodity (merci) . Più elevata è la posizione netta in valore assoluto maggiore è l’esposizione al rischio di prezzo. La variabilità dei prezzi ha un impatto:  sia economico, sui risultati dell’attività di negoziazione,  sia patrimoniale, quando, pur non avendo modificato la propria posizione, l’intermediario deve valorizzare a prezzi di mercato il proprio attivo. In questo caso, l’oscillazione di prezzo dei titoli di proprietà, anche se non si traduce in un guadagno/perdita immediato, determina una variazione del valore di mercato dell’attivo e conseguentemente del patrimonio netto. Considerando la rilevanza dei mezzi propri per la stabilità di un intermediario finanziario, il rischio di prezzo può influenzarne la solvibilità e in casi estremi portare all’insolvenza. Gli strumenti di misurazione del rischio di prezzo prendono in considerazione il valore di mercato (fair value) delle posizioni. – IL RISCHIO DI LIQUIDITÀ – Il rischio di liquidità è connesso all’incapacità dell’intermediario di far fronte tempestivamente ed economicamente alle uscite di cassa, cioè ai propri impegni di pagamento . Infatti, la banca è liquida finchè ha la capacità di onorare le proprie obbligazioni senza compromettere la propria solvibilità prospettica (criterio della sostenibilità). lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 25 Il rischio legislativo dipende dalla circostanza che l’introduzione di una nuova norma può determinare un aggravio dei costi o una riduzione dei ricavi. Non va confuso con il rischio legale : che riguarda la corretta applicazione della normativa a prescindere dalle possibili conseguenze economiche. Il rischio legislativo è analizzato ex post stimando l’effetto prodotto, dall’introduzione di una nuova norma. Il rischio di compliance (non conformità alle norme) è il rischio di incorrere in sanzioni giudiziarie o amministrative, subire perdite finanziarie rilevanti o danni di reputazione in conseguenza del mancato rispetto di norme imperative o di autoregolamentazione . Questo rischio riguarda sorpattutto: il rispetto della disciplina in tema di esercizio dell’attività di intermediazione; la gestione dei conflitti di interesse; la trasparenza e tutela nei confronti del consumatore. Rientrando nella categoria dei non business risk e non avendo natura finanziaria, il rischio di compliance è difficilmente misurabile. È necessario da un lato promuovere una cultura aziendale improntata a principi di onestà, correttezza e rispetto, dall’altro predisporre specifici presidi organizzativi per assicurare la rigorosa osservanza delle norme imperative o di autoregolamentazione. – I RISCHI INTERNI – Le principali categorie di rischi definiti “interni” sono :  rischio operativo;  rischio strategico;  rischio reputazionale. Rischio operativo Il rischio operativo è intrinsecamente connesso allo svolgimento di qualsiasi attività e considera gli effetti negativi (perdite inattese) sui risultati economici di un intermediario causati da: malfunzionamenti o inefficienze di sistemi e processi aziendali ; comportamenti erronei o dolosi dei dipendenti ; cambiamenti di contesto ; eventi esterni imprevisti . Per la sua possibile manifestazione solo negativa, il rischio operativo può essere assimilato ai “rischi puri” . La gestione del rischio operativo richiede l’individuazione dei fattori cuasativi:  i processi produttivi e la loro organizzazione;  le risorse umane e i loro comportamenti;  la tecnologia e la sua applicazione;  gli eventi esterni che hanno un impatto sull’operatività interna dell’intermediario. Il rischio operativo presenti forti elementi di differenziazione rispetto ai rischi finanziari, anche se un approccio alternativo, lo considera all’interno dei rischi finanziari poiché una sua corretta gestione può incidere anche positivamente su valore, reputazione e risultati economici dell’intermediario. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 26 Per valutare meglio le conseguenze, gli eventi associabili ai rischi operativi possono essere classificati in base:  alla frequenza (alta/bassa) del loro accadimento (frequency);  alla gravità e onerosità (alta/bassa) delle conseguenze (severity). La sua misurazione del rischio operativo richiede: 1. l’identificazione delle possibili fonti di rischio (mapping, cioè previsione del rischio) e dei relativi eventi; 2. la stima della probabilità di accadimento (PE, Probability of Event); 3. la stima della severity, cioè della dimensione della perdita potenziale (LGE, Loss Given Event); 4. la stima della perdita attesa (EL, Expected Loss), cioè: EL = PE – LGE ; 5. la stima della perdita inattesa (UL, Unexpected Loss) che può essere determinata: in modo aggregato per l’intera banca; per unità di business; per fattore di rischio. Gli obiettivi gestionali di un sistema di ORM (Operational Risk Management) sono:  la riduzione della quantità di rischio;  la rimozione delle fonti di rischio;  la sua ripartizione in funzione della contribuzione delle singole aree/unità;  l’attribuzione di un incentivo alla sua riduzione alle unità che lo generano;  la stima del fabbisogno di capitale necessario alla sua copertura. Le principali opzioni gestionali disponibili sono:  to keep: il rischio viene conservato , tipicamente nel caso di eventi HFLI (High Frequncy, Low Impact);  to insure: il rischio viene coperto mediante polizze assicurative o catastrophic bond (tipicamente nel caso di eventi esterni LFHI: Low Frequency, High Impact) per evitare problemi di moral hazard;  to hedge: il rischio viene coperto con investimenti in risorse umane, procedure, sistemi di controllo (tipicamente nel caso di eventi HFHI: High Frequency, High Impact);  to ignore: il rischio viene ignorato nel caso di eventi che assumono scarsa rilevanza (tipicamente gli eventi LFLI: Low Frequency, Low Impact). Il rischio operativo è inevitabile, è complesso da quantificare e non coerente con la logica rischio-rendimento; dovrebbe essere gestito in un’ottica di minimizzazione e dipende in modo cruciale dagli investimenti in risorse umane e tecnologie. Rischio strategico Il rischio strategico si manifesta attraverso le perdite subite da un intermediario in conseguenza di:  cambiamenti del contesto operativo;  decisioni aziendali errate o attuate in modo inadeguato;  scarsa capacità di reazione della struttura aziendale al nuovo contesto competitivo. Esso si distingue, a sua volta, tra rischio di business (o commerciale) e rischio strategico puro, con riferimento agli effetti sui risultati economici rispettivamente di:  rilevanti cambiamenti nei volumi di attività (causati ad esempio da importanti mutamenti nei gusti della clientela;  momento di forte cambiamento aziendale, per esempio l’entrata in nuovi mercati o aree di attività. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 27 Il rischio strategico dipende quindi dalla strategia aziendale e dalla sua eventuale errata configurazione. Esso è difficilmente misurabile ex-ante , e trova riscontro solo ex-post nella valutazione dell’impatto sulla redditività aziendale. Il monitoraggio dà valenza primaria ai presidi organizzativi e all’esistenza di affidabili sistemi di governo e controllo . Poiché l’assunzione del rischio strategico è speculativa, l’obiettivo non può semplicemente essere quello di ridurlo, ma anche di aggiungere valore . Rischio reputazionale Il rischio reputazionale è definito come “ il rischio attuale o prospettico di flessione degli utili o del capitale derivante da una percezione negativa dell’immagine dell’intermediario da parte di clienti, controparti, azionisti, investitori e autorità di vigilanza”. Quindi deriva da un deficit di fiducia fra l’istituzione finanziaria e i soggetti che vi si relazionano, ed è originato da comportamenti operativi e scelte strategiche con effetti negativi. Singoli eventi in grado di minare la credibilità di un intermediario sono: ad esempio, quando questi nasconde informazioni rilevanti relative al proprio stato di salute (perdite e sofferenze), al mercato finanziario, agli investitori o alle Autorità di vigilanza. Poichè il processo di generazione del danno reputazione dipende da fattori endogeni (cioè che hanno origini interne), ma anche dalla mancata conformità a determinate regole , la funzione di compliance può essere intesa come orientata principalmente alla protezione della reputazione. La perdita di reputazione si traduce in una riduzione dei volumi di attività, e quindi in un peggioramento dei risultati reddituali, o in un aggravio dei costi. Il rischio reputazione è difficilmente miisurabile , dato l’elevato livello di soggettività implicito nella scelta della metodologia di rilevazione. È strettamente legato al rischio operativo e alle perdite da esso generate. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 30 o mediante piani di rimborso (piani di ammortamento) che si differenziano sia per frequenza (mensile, trimestrale, semestrale, annuale) e strutturale temporale (predefinita o variabile), sia per importi (frazionati, predefiniti o variabili). 5. SOGGETTO EMITTENTE In base alla natura del soggetto emittente , e in particolare al suo grado di solvibilità (cioè la sua attitudine ad assolvere agli impegni assunti in relazione al servizio del debito), possiamo classificare gli strumenti in funzione del livello atteso del rischio di credito. Nei mercati finanziari più sviluppati il rischio di insolvenza dell’emittente viene tipicamente stimato mediante il rating, la cui assegnazione si basa su algoritmi predefiniti e onnicomprensivi di tutte le caratteristiche dell’emittente, del settore, del titolo: particolarmente rilevante è la suddivisione tra titoli/emittenti investment grade e speculative grade . 6. TRASFERIBILITA’ In base alla trasferibilità degli strumenti finanziari, cioè le modalità (disciplinate dalla legge o da un contratto specifico) mediante le quali essi possono circolare tra soggetti indipendenti possiamo distinguere tra:  titoli al portatore, trasferibili mediante la semplice consegna del titolo;  titoli nominativi, la cui intestazione deve risultare, oltre che dal titolo, anche da un apposito registro tenuto dalla società emittente (il libro dei soci) e per il cui trasferimento è necessario il mutamento della doppia intestazione sul titolo e sul libro dei soci.  Per quanto riguarda il regime di circolazione, in realtà, il progressivo estendersi della gestione accentrata e della dematerializzazione contribuisce a rendere questa distinzione sempre meno importante: alla disciplina della dematerializzazione sono sottoposti obbligatoriamente (dematerializzazione totale ) gli strumenti negoziati su mercati regolamentati e diffusi presso il pubblico; volontariamente (dematerializzazione volontaria ) tutti gli altri; in questi casi, trasferimento ed esercizio dei diritti patrimoniali possono avvenire esclusivamente tramite un intermediario autorizzato aderente al sistema di gestione accentrata che procede alla scritturazione sui conti. 7. LIQUIDABILITA’ Indipendentemente dalla capacità del prenditore di assolvere all’obbligazione di rimborso o di pagamento, la liquidità è definita, in termini generali, come attitudine di un’attività finanziaria a essere scambiata contro moneta a vista o senza perdita (costi di transizione), ed è quindi una caratteristica che si possiede oppure no, senza posizioni intermedie. La teoria economica ha esteso però questo concetto, per comprendere anche posizioni intermedie: in alternativa, si usa quindi il concetto di liquidabilità, intesa come grado di scambiabilità tra le attività finanziarie (negoziabilità), distinguendo tra: mezzi di pagamento , strumenti negoziabili a vista o con preavviso e strumenti negoziabili sul mercato . 8. NEGOZIABILITA’ Tra gli elementi intrinseci che possono incidere positivamente sulla negoziabilità di uno specifico strumento finanziario rientrano la standardizzazione, che consente un più facile accesso alle informazioni incorporate nel titolo, e la divisibilità per valore unitario e quantità minima negoziabile che abbassa la soglia minima di investimento. Possiamo distinguere per gradi crescenti di negoziabilità: strumenti outside, dei quali si servono le Autorità per perseguire i propri obiettivi di politica monetaria; strumenti a negoziazione bilaterale; strumenti negoziati sul mercato. 9. ETICITA’ Secondo un nuovo orientamento, la classificazione e la selezione degli strumenti finanziari possono fondarsi, oltre che sul profilo rendimento/rischio, su criteri etici (SRI, Socially Responsible Investment) in base ai quali lo strumento finanziario, così come il portafoglio, può essere etico o non etico. I criteri di selezione, possono essere:  negativi, in questo caso si eliminano dall’universo investibile i titoli delle società impegnate in business caratterizzati da sfruttamento dei diritti minorili, dell’ambiente ecc; lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 31  positivi, in questo caso si preferiscono, nell’universo investibile, i titoli delle società impegnate in attività volte alla realizzazione di piani di investimento coerenti con lo sviluppo dell’occupazione, la sostenibilità eco – ambientale ecc. 10. BISOGNI SODDISFATTI I bisogni delle unità in avanzo e disavanzo soddisfatti da un singolo contratto possono essere distinti tra: investimento, finanziamento, copertura dei rischi finanziari, copertura dei rischi assicurativi, gestione dei pagamenti. Il bisogno di investimento nasce dall’esigenza di impiegare somme non immediatamente necessarie per acquistare beni e servizi (eccesso di disponibilità monetarie); Il bisogno di finanziamento nasce dalla necessità di reperire le risorse monetarie per l’acquisto di beni e servizi in eccesso rispetto alle proprie capacità di spesa con orizzonti temporali e per importi non sempre definibili anticipatamente, garantendosi una possibilità di rimborso scadenzata su tempi più o meno lunghi, pagando un costo proporzionato alla durata del debito e al rischio sopportato dal creditore. Il bisogno di copertura dei rischi finanziari (o speculativi) nasce dalla possibilità che gli operatori si trovino a detenere “posizioni aperte” esposte alle conseguenze, positive o negative, dell’andamento dei prezzi, dei tassi e dei cambi. Una posizione è aperta quando esiste uno squilibrio tra crediti e debiti di un determinato tipo:  se i crediti sono superiori ai debiti si parla di posizione lunga (long);  se i crediti sono inferiori ai debiti si parla di posizione corta (short).  È possibile chiudere la posizione trovando uno strumento finanziario (tipicamente, un derivato) che produca effetti speculari rispetto ai guadagni o alle perdite prodotte dalla posizione aperta al verificarsi di determinati eventi nel mercanto in un orizzonte temporale definito. Il bisogno di copertura dei rischi assicurativi nasce dalla necessità di tutelarsi contro gli effetti negativi (perdita) di un evento dannoso (sinistro), il cui verificarsi è aleatori per il singolo ma non per una collettività di individui. Il bisogno di gestione dei pagamenti è legato a molteplici esigenze: sicurezza di ricevere nello scambio potere d’acquisto (moneta) riutilizzabile; sicurezza di essere liberati dall’obbligazione di pagare; minimizzazione dei costi/rischi del mantenimento di scorte monetarie; minimizzazione dei tempi e dei costi di trasformazione del pagamento ricevuto in moneta; facilità di controllo della quantità disponibile di moneta e della sua dinamica nel tempo; riservatezza circa l’entità e la destinazione dei pagamenti e degli incassi. 4.1.2 IL PROFILO GIURIDICO In termini giuridici, le due fonti normative principali sono il TUF e codice civile. Il TUF ha fornito tre definizioni che, con una logica di cerchi concentrici progressivamente più ampi, si riferiscono, rispettivamente, al “valore mobiliare”, allo “strumento finanziario” e al “prodotto finanziario”. 1) Per quanto riguarda i valori mobiliari, il loro carattere distintivo sembra essere individuato nella capacità di “essere negoziati nel mercato dei capitali”; esempio sono le azioni e le obbligazioni. 2) Gli strumenti finanziari, dei quali il TUF non fornisce alcuna definizione generale, costituiscono un insieme i cui elementi unificanti sembrano essere la diffusione contrattuale e la natura finanziaria; essi sono riconducibili a quattro categorie : i valori mobiliari; gli strumenti del mercato monetario; le quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio; “derivati sintetici”. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 32 Pertanto, si può concludere che gli strumenti finanziari, non definiti, ma dai quali sono esplicitamente esclusi i “mezzi di pagamento”, costituiscono in realtà un elenco che può essere ampliato solo per tenere conto dell’evoluzione dei mercati finanziari e delle norme di adattamento stabilite dalle Autorità comunitarie. 3) Infine, troviamo i prodotti finanziari, che sono comprensivi degli strumenti finanziari e di ogni altra forma di investimento di natura finanziaria, la cui natura è legata al loro essere una forma di investimento e alla caratteristiche finanziarie che quest’ultimo deve necessariamente assumere; i prodotti finanziaria, pertanto, includono tutti i contratti di natura finanziaria non sufficientemente diffusi, e perciò non tali da diventare strumenti finanziari. Una diversa classificazione di tipo giuridico è riconducibile al diritto societario, la cui riforma, ha inteso favorire, rendendolo più flessibile, il ricorso delle società di capitali al mercato finanziario attuabile attraverso l’emissione sia di strumenti finanziari partecipativi e non partecipativi sia di strumenti di debito. In base alla nuova disciplina, gli strumenti finanziari possono essere distinti in 3 macroclassi: azioni ; obbligazioni ; e altri strumenti finanziari definibili “speciali ” in quanto presentano, di volta in volta, profili tipici dell’una o dell’altra macrocategoria. – AZIONI – Con riferimento alle differenti categorie di azioni, la società, nei limiti imposti dalla legge, può liberamente determinare caratteristiche e contenuto, nel presupposto che esse devono essere di uguale valore e conferire ai loro possessori uguali diritti . Gli elementi di classificazione dei titoli azionari sono: il diritto di voto; il diritto agli utili e alla quota di liquidazione; il regime e limiti di circolazione; il valore nominale. 1. In base all’esercizio del diritto di voto , possono essere emesse:  azioni con voto pieno;  azioni con voto limitato all’assemblea straordinaria o a determinati argomenti;  azioni con voto subordinato al verificarsi di condizioni esogene, cioè fuori dal controllo dell’azionista;  azioni senza voto oltre un limite predefinito o con scaglioni (es. azioni di rirsparmio che sono prive del diritto di voto che godono però di privilegi patrimoniali). Per tutelare la compagine dei soci, ed evitare che le decisioni vengono prese da una minoranza, le azioni con diritto di voto limitato non possono superare la metà del capitale sociale . 2. In base al diritto agli utili e alla quota di liquidazione , si distingue tra:  azioni ordinarie, che concorro alla ripartizione proporzionale dell’utile distribuibile e del patrimonio netto risultante dalla liquidazione;  azioni con postergazione nel riparto delle perdite, la quale rappresenta la manifestazione minima del privilegio che può prevedere anche differenti modalità di partecipazione agli eventuali utili distribuiti (in caso di perdite gli azionisti postergati sono chiamati a ripianarle solo dopo gli azionisti ordinari; a questo privilegio può corrispondere però un dividendo più basso);  azioni correlate, la cui remunerazione dipende dall’esistenza di utili conseguiti a fronte di un determinato settore di attività o al limite di un singolo affare. 3. In base a regime e limiti di circolazione , si hanno:  azioni nominative la cui circolazione avviene mediante girata e il cui trasferimento può essere sottoposto a particolari condizioni o vietato, per un periodo non superiore a 5 anni;  azioni il cui trasferimento è subordinato al gradimento di organi sociali o di altri soci;  azioni al portatore;  azioni non fisicamente emesse per le quali fa fede l’annotazione sul libro soci. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 35 1) la banca liquida una parte dei propri asset (titoli o crediti) attraverso la cessione a uno SPV, costituendo un patrimonio separato, non aggredibile dai suoi creditori; 2) poi, la società veicolo per l’acquisto degli asset ottiene un prestito dalla banca, la quale contemporaneamente emette i covered bond; 3) infine, lo SPV garantisce con il proprio patrimonio la remunerazione e il rimborso dei titolo obbligazionari. I covered bond differiscono dalle ABS per la circostanza di essere emessi direttamente dalle banche e per il duplice livello di protezione, costituito dal portafoglio di attività cedute alla società veicolo e dall’obbligo di rimborso a carico della banca emittente. Si tratta delle obbligazioni strutturate più sicure, corredate nella maggior parte dei casi da un rating “AAA”. La minore rischiosità di questi strumenti si riflette in un minore rendimento. STRUMENTI IBRIDI O DI SEMI-EQUITY La terza macrocategoria di strumenti finanziari comprende gli strumenti ibridi (o di semi-equity) , che non possono appartenere a nessuna delle due categorie precedenti poiché possiedono caratteristiche, diversamente combinate, di entrambe; essi sono:  strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o amministrativi in relazione all’apporto anche di opere e servizi;  strumenti finanziari di partecipazione connessi alla costituzione di un patrimonio separato;  strumenti finanziari diversi dalle azioni assegnati ai prestatori di lavoro dipendente. 4.1.3 La liquidità Il concetto di liquidità nelle scienze economiche misura la capacità di un soggetto o di uno strumento di produrre flussi monetari. Nel caso specifico degli strumenti finanziari, la loro maggiore o minore liquidità è stabilità in funzione dell’attitudine di ciascuno di esso a trasformarsi più rapidamente e con il minor costo possibile in denaro contante . Ci sono diverse modalità attraverso le quali lo strumento finanziario stesso può generare flussi monetari: ciò può avvenire per effetto di quella che viene chiamata liquidità naturale (o primaria), oppure in relazione a quella che è definita liquidità artificiale (o secondaria). La liquidità naturale degli strumenti finanziari dipende dai termini contrattuali che ne disciplinano la durata al momento dell’emissione o quella residua, le modalità di rimborso del capitale e le clausole relative al pagamento di interessi (“è la capacità dello strumento di tramutarsi in moneta in manier autonoma mediante la generazione di flussi finanziari cadenzati”). Una durata residua minore o una maggiore frequenza nel pagamento degli interessi aumentano il grado di liquidità dello strumento e, al contrario, una scadenza più lontana nel tempo o pagamanti rari o differiti degli interessi rendono meno liquidi lo stesso strumento. La liquidità artificiale degli strumenti finanziari dipende dai comportamenti che i possessori possono adottare al fine di trasformarli in denaro contante prima delle scadenze contrattualmente previste (“è la capacità dello strumento di tramutarsi in moneta mediante la vendita anticipata sui mercati secondari”). Più semplicemente, la maggiore o minore liquidità artificiale di uno strumento dipende dal suo grado di negoziabilità, ossia l’attitudine nel diventare oggetto di negoziazioni. 4.1.4 Il pricing La formazione dei prezzi delle attività finanziarie può essere considerata e definita secondo due differenti approcci. Il primo approccio fa discendere la formazione del prezzo dal processo di scambio, quale sua conseguenza diretta, enfatizzando in questo modo il ruolo del mercato e le sue condizioni di efficienza tecnica e informativa. Il secondo approccio è quello secondo il quale, il prezzo di uno strumento finanziario deve essere considerato quale somma dei flussi di pagamento futuri da esso generati , scontati in base a un prestabilito fattore di attualizzazione. 4.1.5 I rischi degli strumenti finanziari e il rating lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 36 La teoria dell’intermediazione finanziaria, in tema di relazioni tra effetti delle asimmetrie informative e valutazione dei rischi, si focalizza su due fattispecie, l’adverse selection (selezione avversa) e il moral hazard (rischio morale), visti come ostacoli al libero manifestarsi dei meccanismi di mercato e come giustificazione dell’esistenza e dell’operare degli intermediari. In alcuni casi particolari, però, secondo la teoria dei mercati perfetti, la presenza degli intermediari stessi è, a sua volta, causa di inefficienza, se il mercato è in grado di offrire spontaneamente il servizio di screening e monitoring, che altrimenti a essi è affidato: cio si assisterebbe ad inutili duplicazioni di costo. In realtà, i mercati finanziari non mostrano mai situazioni del genere. Però, in alcune circostanze particolari, l’operatività degli intermediari può essere condizionata e influenzata dall’esistenza di agenzia di rating che sono organismi specializzati nell’acquisizione, nel trattamento e nell’offerta al mercato di informazioni relative agli strumenti finanziari. Questi enti contribuiscono al superamento degli attriti riscontrabili in mercati poco trasparenti, agevolando il trasferimento diretto del risparmio fra operatori in surplus e in deficit. L’ostacolo più grande alla diffusione di strumenti, utili al passaggio diretto di fondi dalle unità in surplus a quelle in deficit, è costituito dalla scarsità e dall’accessibilità delle informazioni relative all’emittente degli strumenti stessi . L’investitore che volesse sottoscrivere gli strumenti finanziari dovrebbe disporre di tutti i dati utili per valutare rischio e rendimento prospettati da ogni strumento, per costruire il portafoglio più adatto alle proprie disponibilità finanziarie e alla propria propensione al rischio. In concreto, questo comportamento è irrealizzabile per il singolo investitore a causa degli ingenti costi di reperimento dei dati necessari e a causa del fatto che le imprese tendono a non pubblicizzare i propri piani di sviluppo e tutte quelle informazioni che potrebbero essere usate dalla concorrenza a loro sfavore . Oltre a questo, l’investitore che fosse perfettamente in grado di valutare le diverse alternative e di scegliere così l’ottima combinazione rischio/rendimento, dovrebbe sopportare comunque l’onere del controllo (o monitoring) del soggetto emittente. Quindi, di fronte a tali difficoltà e costi, l’investitore si rivolge agli intermediari finanziari che dovrebbero riuscire a ovviare a questi problemi grazie alle capacità professionali specialistiche e alle economie di scala. L’alternativa all’azione degli intermediari è rappresentata dall’esistenza di un servizio prestato da organismi dedicati all’attività di rating, che permette di superare agevolmente i problemi di screening e di monitoring. Il rating rappresenta lo strumento più semplice fra quelli utilizzabili per la riduzione degli effetti negativi causati dalle asimmetrie informative sul meccanismo di allocazione delle risorse finanziarie. L’attività di rating può essere definita come l’elaborazione e l’offerta di una valutazione sintetica in merito allo stato di dalute di un’emittente di strumenti finanziari. Sul piano operativo , questo servizio si configura come il frutto di un processo di analisi approfondito e constantemente verificato del rischio di insolvenza, connesso al singolo investimento finanziario, del soggetto emittente. I risultati di questo processo sono messi a disposizione degli investitori sotto forma di indici alfanumerici che, ordinatin in una scala di valore, esprimono la diversa gradazione di rischiosità degli investimenti considerati. Le agenzie di rating (dette anche “rater”), grazie all’opera di analisti specializzati, offrono un servizio di valutazione degli strumenti finanziari in circolazione sul mercato al pari di quello realizzato dagli intermediari, con la differenza che questi ultimi destinano a fini interni il risultato delle proprie analisi, mentre il rater ne fa oggetto di scambio commerciale offrendolo sul mercato (N.B.) Il processo di produzione del servizio deve essere continuo , standardizzato e costantemente aggiornato . lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 37 Il rater, infatti, successivamente all’emissione del proprio giudizio per un certo strumento o investimento, si impegna a mantenere costantemente sotto osservazione l’emittente, rilevando e, se del caso, comunicando al mercato, attraverso la revisione del rating, l’eventuale cambiamento delle sue condizioni di solvibilità e di connessa rischiosità dello strumento stesso. Il fruitore del servizio trova così, con il rating, la possibilità di effettuare un controllo ex ante dell’investimento, con l’obbiettivo di verificare l’effettivo rischio associato; allo stesso tempo, in virtù del monitoraggio, riesce indirettamente a controllare i manager, garantendo che questi utilizzino efficientemente le risorse finanziarie ottenute. Si supera, quindi, in altre parole, il problema del rischio morale ; le imprese sono in qualche modo vincolante ad attuare i progetti d’investimento previsti, e nel caso gli amministratori decidessero di realizzare progetti d’investimento più rischiosi, questo sarebbe immediatamente segnalato e pubblicizzato dalla riduzione del rating. Con riferimento ai problemi di selezione avversa, la presenza del rater rende meno probabile il concretizzarsi di questo meccanismo , poichè grazie alla valutazione compiuta da operatori professionisti e alla successiva diffusione sul mercato dei risultati del loro lavoro, le imprese migliori, che si presentano con caratteristiche di affidabilità (bassa rischiosità/alta redditività) superiori alla media, avranno la possibilità di segnalarle al mercato, ottenendo così finanziamenti a un costo inferiore. In questo modo si spiega perchè chi emette strumenti finanziari e si presenta come prenditore di fondi ha convenienza a richiedere il rating e a sopportarne il costo; il giudizio ottenuto, sintetizzato in un punteggio, può garantire la riduzione del tasso di rendimento richiesto dal mercato, proprio in considerazione della qulità misurata e divulgata dai rater. 4.2 Gli strumenti di pagamento La realizzazione di uno scambio implica una fase di regolamento, inteso come un atto tramite cui il debitore estingue l’obbligazione nei confronti del creditore. In un’economia monetaria, il regolamento degli scambi avviene attraverso il pagamento: si tratta di un atto per mezzo del quale il debitore trasferisce al creditore la disponibilità di moneta che rappresenta il controvalore dello scambio. Il pagamento si completa quando il creditore ottiene la completa disponibilità della moneta per effettuare pagamenti a sua volta e libera il debitore dall’obbligazione contratta nei suoi confronti. I servizi di pagamento possono essere comparati a servizi di trasporto in cui l’oggetto da trasferire è costituito dalle disponibilità monetarie. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 40 Il MAV (incassi Mediante AVviso) è un servizio di incasso di crediti che prevede l’invio di un modulo direttamente al domicilio del debitore, che provvederà a effettuare il pagamento presso uno sportello bancario o postale. Il Freccia-bollettino di conto corrente bancario è un servizio di incasso crediti che prevede l’invio da parte dell’impresa creditrice di un bollettino precompilato, con l’importo libero o predefinito, direttamente al domicilio del debitore, che provvederà a effettuare il pagamento presso un qualsiasi sportello bancario, in contanti o con addebito in conto corrente. 4.2.4 Le carte di pagamento Le carte di pagamento sono strumenti di pagamento che consentono di regolare transazioni, effettuare disposizioni sul conto monetario a esso collegato e ottenere servizi informativi . Le carte sono servizi di pagamento che generano ordini di addebitamento , e sono lo strumento che sostituisce temporaneamente la moneta. Sono costituite da una tessera plastificata dotata di una particolare tecnologia che permette di immagazzinare i dati del titolare e/o del conto a cui fa riferimento. Per poter ricevere pagamenti attraverso carte di pagamento, l’esercente deve dotarsi di un terminale chiamato POS (Point Of Sale) in grado di leggere le informazioni contenute nella carta e/o di collegarsi con l’intermediario che gli offre il servizio, per ricevere l’autorizzazione ad accettare il pagamento con la specifica carta. Le carte di pagamento possono essere classificate sulla base del momento in cui avviene l’addebito dell’acquisto effettuato:  nelle carte di credito (o carte pay later), l’addebito è successivo all’acquisto;  nelle carte di debito (o carte pay now), l’addebito è contestuale;  nella carte prepagata (o carte pay before) l’addebito è antecedente 4.3 STRUMENTI DI DEBITO – OBBLIGAZIONI I titoli di debito sono strumenti finanziari emessi da soggetti in deficit finanziario per soddisfare il proprio fabbisogno di finanziamento e sottoscritti da soggetti in surplus finanziario che, impiegando il loro momentaneo potere di acquisto in eccesso, finanziano le esigenze di investimento dei soggetti in deficit, aspettandosi in cambio una remunerazione. Questi titoli, detti anche obbligazionari, sono titoli di massa che costituiscono frazioni uguali di un prestito unitario, perfettamente fungibili tra loro ed emessi per reperire risorse finanziarie a medio- lungo termine. Il soggetto in surplus finanziario, acquistando un titolo di debito, diviene creditore dell’emittente per l’importo nominale indicato sul titolo, maggiorato degli interessi che matureranno nel lasso di tempo che intercorre tra il momento di acquisto del titolo e la sua scadenza; A questo proposito distinguiamo:  i titoli con cedola (coupon bond): pagano un interesse, ossia la cedola, che comincia a maturare in corrispondenza delle cosiddette date di godimento, e viene corrisposta a date di stacco (o di regolamento) periodiche;  titoli senza cedola (zero coupon): non prevedono, invece, date di godimento degli interessi prima della scadenza; in questi la remunerazione per il rischio sopportato è corrisposta alla data di scadenza ed è misurata dalla differenza fra il pezzo d’acquisto del titolo e il suo valore di rimborso. Nei coupon bond la cedola è calcolata in base a un predefinito tasso cedolare, che è applicato al valore nominale dei titoli. Il tasso di interesse utilizzato può essere fisso oppure variabile ; in quest’ultimo caso sarà indicato il parametro preso a riferimento per l’indicizzazione dello strumento. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 41 Il valore nominale di un titolo di debito è dato dall’importo del capitale che l’emittente si è obbligato a restituire alla scadenza, è posto convenzionalmente pari a 100 e funge da valore di riferimento per le quotazioni del titolo. Il prezzo a cui l’investitore acquista il titolo all’atto dell’investimento è espresso in termini percentuali rispetto al suo valore nominale, perciò può:  coincidere con 100 (e allora si dirà che il titolo quota è alla pari );  essere superiore a 100 (e allora si dirà che il titolo quota sopra la pari );  essere inferiore a 100 (e allora si dirà che il titolo quota sotto la pari ). Con il termine rateo si definisce la parte di interessi maturata dall’ultimo stacco di cedola al giorno d’acquisto, ma non ancora incassata perché sarà corrisposta alla prossima data di godimento. A partire dal rateo è possibile definire:  il corso secco: coincide, in ogni istante temporale, con il valore capitale del titolo e ignora l’esistenza di un rateo  e il corso tel quel: è ottenuto dalla somma del corso secco più il rateo e definisce l’esborso finanziario effettivo per chi acquista l’obbligazione. Importante ricordare, che i titoli senza cedola quotano sempre al corso tel quel, mentre le obbligazioni con cedola sono quotate al corso secco (perciò, per definire il prezzo di acquisto pieno, occorre aggiungere il rateo), a meno che non si tratti di titoli con cedola il cui valore di rimborso è determinabile solo alla scadenza. È possibile distinguere gli strumenti di debito anche in base ai soggetti emittenti . Possiamo distinguere:  le obbligazioni societarie (corporate bond ): sono gli strumenti emessi dalle imprese o banche;  i titoli di stato (government bond ) sono gli strumenti emessi dallo Stato o dagli Enti Pubblici. Un’altra distinzione in base alla durata prevede di suddividere i titoli di debito in:  strumenti di breve durata (anche detti di “mercato monetario”)  e strumenti di medio-lungo termine, con durata superiore ai 18 mesi Misure di rischio e rendimento dei titoli di debito: il rendimento effettivo a scadenza di un investimento obbligazionario a tasso fisso (TRES) Le scelte di investimento devono essere compiute tenendo in considerazione il profilo rischio/rendimento di ogni strumento finanziario. La valutazione di un investimento è necessaria per determinare il prezzo di equilibrio che risulti equo rispetto ai flussi di cassa che il titolo genererà in futuro. Pertanto, una volta quantificati i flussi di cassa e le scadenze alle quali verrano corrisposti, è possibile calcolare, mediante il processo di attualizzazione, il TRES (Tasso di Rendimento Effettivo a Scadenza), cioè il tasso di rendimento che eguagli il prezzo pagato per il titolo. P= lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 42 Dove: P=prezzo; i=tasso di rendimento effettivo a scadenza (TRES); Ft=flussi di cassa generati dal titolo al tempo t L’individuazione del TRES avviene attraverso una procedura “iterativa”, che procede cioè per tentativi successivi fino a individuare il valore di i che soddisfa l’uguaglianza. Le variabili del TRES da prendere in considerazione per misurare la redditività attesa dall’investimento obbligazionario sono:  il prezzo di acquisto (prezzo di tel quel);  il valore nominale di rimborso;  l’entità e la periodicità della cedola corrisposta;  la vita residua del titolo e la collocazione temporale di ogni suo flusso. Il TRES non è mai uguale al tasso cedolare, a meno che il titolo quoti alla pari. Per i titoli che quotano sopra la pari esso risulterà inferiore al tasso cedolare, perchè il rendimento atteso complessivo dell’investimento risentirà negativamente della perdita in conto capitale implicita in quella quotazione. Per i titoli quotati sotto la pari, esso esprimerà una redditività attesa superiore a quella espressa dal tasso cedolare. Il TRES identifica un rendimento atteso nel momento in cui si decide di dar corso all’operazione di acquisto dell’obbligazione; quindi non è detto, a posteriori, che il vero rendimento dell’operazione di investimento in obbligazioni coincida con il TRES. Infatti, la sua ricerca avviene stabilendo alcune ipotesi che non sempre risultano realistiche, in quanto si assume che l’investitore:  detenga l’obbligazione fino a scadenza;  possa reinvestire tutti i flussi di cassa periodici a un tasso costante pari al TRES. Il rendimento che il titolo paga “esattamente” al suo possessore è individuabile solo al termine dell’investimento  2,5% è il tasso che, usato per attualizzare i flussi di cassa che il titolo genera nella sua vita, eguaglia questo flusso di rendimenti al prezzo pagato al tempo 0. C’è una relazione inversa fra prezzo e rendimento: all’aumentare del prezzo pagato per il titolo, è ragionevole attendersi un TRES inferiore e viceversa. Misure di rischio e rendimento dei titoli di debito: la DURATION La duration è la durata media finanziaria di un titolo di debito, ossia il tempo necessario al recupero dell’investimento effettuato, cioè indica in quanto tempo l’investitore recupererà il prezzo pagato per l’acquisto del titolo di debito. La presenza di cedole intermedie, come succede nei coupon bond, consente di accelerare il processo di rientro, mentre per i titoli zero-coupon, il primo e unico flusso in entrata si ha alla scadenza del titolo stesso, pertanto in questi casi la duration coincide con la durata effettiva dell’investimento. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 45 4.2.3 LE OBBLIGAZIONI SOCIETARIE Anche le società, così come lo Stato e gli Enti pubblici, emettono titoli di debito per raccogliere risorse finanziarie. La nuova normativa societaria ha stabilito che l’emissione del prestito obbligazionario ordinario sia deliberata dal CDA della società. Il limite d’importo all’emissione di titoli obbligazionari è fissato in “due volte la somma di capitale sottoscritto, riserva legale e riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato”. La ratio che sta alla base di questo aumento del limite massimo va ravvisata nell’intento di evitare che la società faccia un eccessivo ricorso al mercato del capitale di credito a medio lungo termine, creando una non equilibrata distribuzione del rischio d’impresa fra azionisti e obbligazionisti (cioè un eccessivo indebitamento ). Il limite massimo all’emissione dei titoli non si applica alle banche. L’emissione di un prestito obbligazionario è sottoposto a una comunicazione alla Banca d’Italia (art. 129 TUB), la quale ha la possibilità di vietare o differire l’esecuzione entro 20 giorni dal ricevimento della comunicazione. Inoltre, numerosi obblighi sono prescritti dal TUF per coloro i quali decidono di emettere e collocare strumenti obbligazionari mediante un’offerta al pubblico di prodotti finanziari. Le obbligazioni societarie possono essere suddivise in:  obbligazioni ordinarie: hanno una struttura semplice simile a quella dei titoli di Stato, con cedole fisse o variabili e con rimborso del capitale alla scadenza;  obbligazioni strutturate: sono titoli più complessi dati dalla somma di più strumenti finanziari e in cui è possibile distinguere l’obbligazione principale (semplice) e uno o più titoli accessori. Alcune TIPOLOGIE DI OBBLIGAZIONI STRUTTURATE:  Obbligazioni step-up o step-down : dove la cedola pagata, costante per un certo numero di anni, subisce poi un incremento (clausola step-up) o una riduzione (clausola step-down) predefiniti, stabiliti sulla base delle aspettative sull’andamento futuro dei tassi;  Obbligazioni index-equity linked : dove il rendimento è in funzione di un paniere di azioni o di un indice azionario;  Obbligazioni reverse floater : pagano cedole fisse iniziali più elevate rispetto ai tassi di mercato; successivamente il tasso percepito è pari alla differenza tra un tetto massimo predefinito e uno variabile;  Obbligazioni reverse convertible : sono collegate a un attività finanziaria con rendimento cedolare a scadenza superiore al rendimento di mercato; consentono di ottenere, a discrezione dell’emittente, la restituzione del capitale investito o una prefissata quantità di azioni;  Obbligazioni drop lock : prevedono l’opzione di trasformare il tasso variabile in tasso fisso. La conversione è di norma automatica e avviene quando il rendimento raggiunge un tasso minimo prestabilito. I casi più comuni di titoli obbligazionari strutturati sono le obbligazioni convertibili e quelle cum warrant (sono definiti anche “titoli ibridi”, perché presentano una struttura contrattuale a metà strada tra titoli di debito e quelli di capitale)  Le obbligazioni convertibili offrono la possibilità al possessore di convertire in tutto o in parte il proprio credito nei confronti dell’emittente in azioni della stessa società emittente (conversione diretta ), oppure di una società terza (conversione indiretta ), in base a un predefinito rapporto di concambio. A seguito della conversione il possessore del titolo avrà modificato il suo status di creditore in quello di socio. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 46 Rispetto ad un titolo obbligazionario ordinario di pari durata, e a parità di altre caratteristiche, il titolo convertibile paga al suo acquirente un tasso d’interesse inferiore, perché è presente un’opzione di conversione fornita al possessore del titolo.  Le obbligazioni cum warrant, cioè dotate di un buono d’acquisto , attribuiscono, invece, al possessore la facoltà di acquistare, a condizioni prefissate, titoli azionari (o altri valori nominali), entro un determinato lasso di tempo. A differenza delle obbligazioni convertibili, quelle provviste di warrant non richiedono di convertire le obbligazioni in azioni, perché il buono d’acquisto ha una vita indipendente e separata da quella dell’obbligazione principale, potendo essere ceduto e circolare autonomamente sul mercato, a prescindere dall’obbligazione principale. In base alle modalità di rimborso distinguiamo:  le callable bond: che sono titoli obbligazionari che prevedono l’esercizio della facoltà di rimborso anticipato a favore dell’emittente;  le puttable bond: che sono titoli obbligazionari che prevedono l’esercizio della facoltà di rimborso anticipato a favore dell’investitore. In base alla remunerazione, le obbligazioni possono essere a tasso fisso o a tasso variabile. In alcuni casi le cedole fisse possono essere crescenti (step-up ) o decrescenti (step-down ). Le obbligazioni a tasso variabile presentano almeno un elemento di variabilità che riguarda il capitale di rimborso o il livello delle cedole; a questo sono previsti diversi meccanismi di indicizzazione :  indicizzazione reale: dove il parametro di riferimento è rappresentato da un bene o un paniere di beni o servizi oppure da un indice di variazione dei prezzi;  indicizzazione finanziaria: dove il parametro di riferimento è una variabile finanziaria (es. tassi di interesse);  indicizzazione valutaria: dove il parametro di riferimento è un rapporto di cambio;  altre forme di indicizzazione: indicizzazione all’andamento aziendale rappresentato da indici di bilancio o un giudizio di rating. LE OBBLIGAZIONI BANCARIE Le banche sono i principali emittenti di obbligazioni societarie nel nostro Paese. Le istruzioni di vigilanza della Banca d’Italia stabiliscono che, per i prestiti obbligazionari bancari: 1. il taglio minimo non deve essere inferiore a 10.000 euro; 2. è consentito un taglio minimo di 1000 euro se l’emissione è pari o superiore a 150 milioni di euro e se la banca emittente presenta le seguenti caratteristiche:  un patrimonio di vigilanza almeno pari a 25 milioni di euro;  i bilanci degli ultimi tre esercizi in utile;  l’ultimo bilancio certificato. Le obbligazioni bancarie devono avere durata originaria minima pari ad almeno 36 mesi , cioè inferiore a 36 mesi, purché la loro durata media non risulti inferiore ai 24 mesi. Il rimborso anticipato delle obbligazioni su iniziativa della banca non può avvenire prima che siano trascorsi 18 mesi dalla data di chiusura del periodo di offerta dell’ultima tranche, ovvero del collocamento. Il rimborso anticipato delle obbligazioni su richiesta del sottoscrittore non può avvenire prima che siano trascorsi almeno 24 mesi dalla chiusura del periodo di offerta dell’ultima tranche. C’è un problema di liquidità: le obbligazioni bancarie sono difficili da rivendere perchè è un mercato dove la controparte sarà la stessa banca. Alle banche si applicano le nrome previste dal TUF per l’appello al pubblico risparmio, che prevedono l’obbligo di redigere un prospetto informativo in caso di emissione di prestiti obbligazionari. 4.4 GLI STRUMENTI DI PARTECIPAZIONE – AZIONI lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 47 I titoli azionari (o titoli di capitale) sono strumenti finanziari che rappresentano la partecipazione al capitale di una società; attribuiscono, pertanto, al possessore il diritto di condivisione degli utili e dei rischi d’impresa, costituita in forma di SPA, SAPA o cooperativa a responsabilità limitata. Ogni azione rappresenta un’uguale frazione del capitale sociale, perciò tutte le azioni hanno un uguale valore nominale . Il possessore acquista la qualifica di socio dell’impresa emittente in misura proporzionale alla quantità di azioni possedute e al numero totale di azioni in cui si suddivide il capitale sociale. Il valore nominale dell’azione, quindi, è dato dalla porzione di capitale sociale corrispondente alla singola azione, mentre per valore contabile si intende il rapporto fra il numero delle azioni in circolazione e il patrimonio netto della società, Infine, il valore di mercato (o prezzo) dell’azione, si forma mediante l’incontro sul mercato di domanda e offerta del titolo, e risente, oltre che dello stato di salute dell’impresa, anche delle sue prospettive future di reddito. La azioni sono normalmente nominative, vale a dire che riportano nell’intestazione il nome del proprietario del titolo. Però, la legge, ammette alcuni tipi di azione siano emesse al portatore, non riportando, quindi, l’indicazione del proprietario (ci si riferisce alle azioni di risparmio e quelle emesse dalle SICAV). La circolazione delle azioni, e quindi la trasferibilità dei diritti patrimoniali delle società emittenti, avviene, per le azioni al portatore, mediante la semplice consegna materiale del titolo, oppure, per le azioni nominative, mediante girata autenticata da un notaio. I titoli azionari attribuiscono al possessore diritti patrimoniali e amministrativi. Fra i DIRITTI PATRIMONIALI è compresa la partecipazione al risultato economico realizzato dall’impresa , solo in caso di risultato economico positivo e in proporzione al numero di azioni possedute. A differenza dei titoli di debito, le azioni non prevedono una remunerazione periodica predefinita: la distribuzione degli utili (dividendi) avverrà solo a seguito del soddisfacimento dei diritti vantati dai creditori della società e se l’assemblea non abbia deliberato di destinarli al reinvestimento in azienda. Questo comporta che i titoli azionari siano più rischiosi di un titolo obbligazionario; ed inoltre, a differenza dei titoli di debito, le azioni scontano anche un maggior rischio di liquidità connesso alla mancanza di un’esplicita scadenza all’investimento azionario. Il rimborso del capitale investito si avrebbe, inoltre, solo in caso di liquidazione della società e a patto che l’attivo sia maggiore del passivo in questa fase, oppure in fase di disinvestimento , a condizione di riuscire a vendere a un valore di mercato superiore al prezzo di acquisto. I DIRITTI DI NATURA AMMINISTRATIVA riguardano, invece, la partecipazione all’amministrazione della società, quindi l’esercizio del diritto di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie; l’impugnazione delle delibere assembleari contrarie alla legge o allo statuto; l’esame dei bilanci prima dell’assemblea convocata per l’approvazione. Sono ricompresi, inoltre, fra i DIRITTI DI NATURA “MISTA” quelli che si collocano a metà strada fra i diritti patrimoniali e quelli amministrativi, per esempio: il diritto di opzione in caso di aumento del capitale sociale; il diritto di recesso dei soci dissenzienti in caso di cambio dell’oggetto sociale o del tipo di società o di trasferimento della sede all’estero. Questi diritti sono propri delle azioni ordinarie , ma le imprese possono emettere anche tipologie di azioni in cui i diritti patrimoniali o amministrativi sono limitati ; esse sono le:  azioni di risparmio: possono essere emesse solo dalle società quotate in mercati regolamentati italiani o di altri paesi dell’UE. Presentano privilegi di natura patrimoniale e, a fronte di ciò, scontano un’assenza totale del diritto di voto;  azioni privilegiate: garantiscono al possessore alcuni privilegi nella ripartizione degli utili e nella restituzione del capitale in caso di liquidazione della società, e per contro hanno una limitazione dei diritti amministrativi; lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 50 Per quanto riguarda l’analisi dei rischi, l’aleatorietà riguarda sia i dividendi sia il guadagno/perdita in conto capitale. Però, mentre per i dividendi il rischio massimo è rappresentato dalla possibilità che essi siano pari a zero (se non vengono distribuiti); il risultato in conto capitale può essere anche negativo e produrre una perdita pari alla differenza tra il prezzo di acquisto al tempo zero e quello di vendita al periodo successivo. Occorre chiedersi, quindi, da che cosa dipenda questa volatilità dei prezzi, che presenta due fondamentali aspetti, uno correlato alla specificità dell’azienda emittente, l’altro commisurato al mercato nel quale l’azienda opera:  la prima fattispecie è definita rischio specifico : ed è eliminabile, nell’ambito di un portafoglio, tramite un’adeguata politica di diversificazione, che investa in diversi titoli;  la seconda fattispecie è definita rischio sistematico : che è ineliminabile, poiché dipende da fattori di natura macroeconomica che non è possibile controllare. Limitandoci a valutare la rischiosità di un unico titolo azionario in portafoglio, l’indicatore che sintetizza la variabilità dei rendimenti è la deviazione standard o scarto quadratico medio (σ)) . Per poterla quantificare occorre determinare il rendimento medio del titolo (r); poi gli scarti dalla media (cioè le differenze tra il rendimento effettivo del titolo in ciascun periodo e il suo rendimento medio); questi scarti poi vengono elevati al quadrato, sommati fra loro e poi divisi per il numero delle osservazioni. Se ci fermassimo a questo punto avremmo calcolato la varianza: per calcolare la deviazione standard occorre semplicemente calcolare la radice quadrata positiva di tale valore. 4.5 GLI STRUMENTI ASSICURATIVI E DEL RISPARMIO GESTITO I contratti assicurativi sono strumenti utilizzati per la gestione dei cosiddetti rischi “puri” . I rischi infatti, possono essere classificati in:  rischi speculativi: in cui opportunità e minacce presentano caratteristiche speculari e le medesime probabilità di manifestazione. Esempio di rischi speculativi sono tutti i rischi finanziari.  rischi puri: in cui l’evento negativo ha basse probabilità di verificarsi ma ha effetti economici particolarmente dannosi, mentre l’effetto positivo ha elevate probabilità di manifestarsi ma ha effetti economici modesti o irrilevanti. Esempio di rischi puri sono tutti i rischi di catastrofe. Gli strumenti assicurativi vengono utilizzati per la gestione dei rischi puri, in quanto consentono il trasferimento delle conseguenze economiche negative, a un soggetto esterno, la compagnia di assicurazione, che riceve un premio periodico dall’asscurato, ma si impegna a fornire un indennizzo se si verifica l’evento dannoso. Il concetto che ispira il meccanismo assicurativo è quello mutualistico, basato sulla legge dei grandi numeri ; in virtù di questo concetto la compagnia di assicurazione raccoglie premi di ammontare modesto fra tutti gli assicurati, facendo affidamento sul fatto che non tutti gli assicurati saranno colpiti nello stesso frangente da un medesimo evento dannoso, cosicché sarà possibile collettivizzare le perdite subite. Nel contratto di assicurazione intervengono più soggetti:  compagnia di assicurazione ;  contraente : che è colui che sottoscrive il contratto e paga il premio periodico;  assicurato : che è il soggetto in capo al quale si può verificare l’evento dannoso oggetto di assicurazione;  beneficiario : cioè il soggetto a beneficio del quale sarà erogato il risarcimento del danno da parte della compagnia di assicurazione qualora si realizzi l’evento assicurato. Nei casi più semplici assicurato, contraente e benficiario sono la stessa persona , ma si possono avere situazioni in cui un contraente assicuri, a beneficio di un terzo , l’eventualità che un danno colpisca un altro soggetto. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 51 Il contratto assicurativo prevede il pagamento di un premio , il cui importo dipende da vari fattori: probabilità di manifestazione dell’evento; costi operativi e distribuzione delle polizze; margine di profitto; e copertura spese dovute alla tassazione. I contratti assicurativi si distinguono in:  ramo vita: a cui appartengono tutte quelle polizze che prendono in considerazione rischi attinenti alla vita umana (polizze caso morte e polizze caso vita); esse rappresentano un’alternativa valida all’investimento nel lungo periodo del risparmio personale, perchè garantiscono a termine la percezione di un capitale o di una rendita al realizzarsi di un evento relativo alla vita umana.  ramo danni: a cui appartengono quelle polizze che si riferiscono all’indennizzo spettante al beneficiario a seguito del verificarsi di un danno che incide sulla situazione economica dell’assicurato mediante una riduzione del suo attivo o un aumento del suo passivo (es. polizze incendio e furto). 4.5.1 I fondi comuni di investimento e le SICAV I fondi comuni di investimento e le SICAV sono organismi di investimento collettivo del risparmio, che implicano la raccolta del risparmio da parte di più soggetti e l’investimento a monte, in modo collettivo, delle risorse in strumenti finanziari. La gestione del risparmio può essere può essere effettuata mediante:  gestione individuale , che pressupone che il patrimonio del singolo investiore sia gestito dall’intermediario per suo conto in maniera autonoma e separata rispetto ad altre risorse finanziarie (prevede che le risorse di un investitore siano investite in un portafoglio finanziario ad hoc (personalizzato);  gestione collettiva del risparmio che presuppone una raccolta del risparmio mediante il collocamento e la sottoscrizione di quote di un fondo comune, istituito e gestito da una SGR o, in alternativa, la sottoscrizione di azioni di una SICAV (prevede di raccogliere una serie di risorse da una generalità di soggetti, accomunati dallo stesso profilo di rischio, che verranno poi investite in un unico portafoglio finanziario. FONDI COMUNI D’INVESTIMENTO I fondi comuni d’investimento sono definiti dal TUF come “il patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte; il patrimonio del fondo, sia aperto sia chiuso, può essere raccolto mediante una o più emissioni di quote”. Quindi è un fondo (patrimonio) dove sono convogliate tutte le risorse di una pluralità di soggetti accomunati dallo stesso profilo di rischio. Un fondo è aperto se i partecipanti hanno diritto a chiedere, in qualsiasi tempo, il rimborso delle quote; Un fondo è chiuso se il diritto al rimborso delle quote viene riconosciuto ai partecipanti solo a scadenze predeterminate. il fond comune è istituito da una SGR, che si occupa di gestirlo o ne attribuisce la gestione a una seconda SGR; il capitale raccolto mediante sottoscrizioni da parte dei partecipanti al fondo è investito in strumenti finanziari , che saranno depositati presso una banca depositaria, il cui compito, oltre a quello di garantirne la custodia, è anche quello di svolgere attività di controllo nei confronti delle operazioni e attività esercitate dalla SGR. Il patrimonio del fondo è suddiviso in quote di partecipazione rappresentate da certificati nominativi o al portatore e gode di autonomia patrimoniale e giuridica rispetto a tutti gli eventuali accadimenti che possono interessare le SGR o i singoli partecipanti. Il valore unitario della quota di partecipazione (q) è dato dal rapporto fra il patrimonio netto del fondo (Pn) e il numero delle azioni in circolazione (N): q= Pn N Quindi, i sottoscrittori/acquirenti delle quote, delegano alla SGR la gestione del fondo, rinunciando a dare istruzioni in merito all’attività di gestione; essi possono solo selezionare in principio un fondo che presenti il profilo rischio/rendimento e le strategie di investimento più idonee alle proprie necessità. A tal fine distinguiamo i fondi comuni azionari, obbligazionari, di liquidità e flessibili. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 52 SICAV Le SICAV (Società di Investimento a CApitale Variabile) sono società per azioni il cui oggetto sociale esclusivo consiste nell’investimento del proprio patrimonio raccolto mediante la sottoscrizione di azioni proprie da parte dei risparmiatori in strumenti finanziari. A differenza di quanto accade nei fondi comuni, nelle SICAV vi è una completa coincidenza fra il capitale della società e i fondi raccolti , e quindi, i sottoscrittori di azioni di SICAV sono anche azionisti della società. Esse possono gestire autonomamente il proprio capitale oppure delegare la gestione a una SGR; a differenza di questa, però, la SICAV non può gestire patrimoni individuali né può istituire o gestire fondi pensione. L’attività di gestione può prevedere più comparti di investimento, e in questo caso si parla di SICAV multicomparto; ogni patrimonio risulterà autonomo rispetto all’altro ed espressione di una particolare categoria di azioni. Le azioni emesse dalla SICAV possono essere al portatore o nominative ; non presentano un valore nominale ma il loro valore è dato dal valore netto delle attività in portafoglio diviso per il numero di azioni in circolazione. Sono a capitale variabile perchè permettono di entrare ed uscire sempre , quindi sono fondi aperti. Vi sono poi anche le SICAF cioè Società di Investimento a CApitale Fisso. ETF Gli ETF (Exchange Traded Fund) sono una particolare tipologia di fondi comuni di investimento (o SICAV) trattata e scambiata in Italia dal 2002 sul mercato di Borsa. Le caratteristiche degli ETF sono:  Il patrimonio è separato dalla società emittente e investito in strumenti quotati (azioni, obbligazioni, derivati);  I titoli in portafoglio sono di proprietà dell’ETF e detenuti presso una banca depositaria;  Sono negoziabili in Borsa;  Sono quotati su un segmento specifico gestito da Borsa Italiana (ETFplus);  Si distinguono in termini gestionali in ETF passivi e attivi. Gli ETF passivi hanno l’obiettivo di replicare la performance di un indice di mercato preso a riferimento (benchmark), il quale, generalmente, costituisce parte della denominazione dello stesso ETF (es. iShares FTSE MIB). 4.6Gli strumenti derivati Gli strumenti derivati sono contratti a termine, il cui valore deriva dall’andamento del prezzo di una o più attività sottostanti . Il sottostante di uno strumento derivato (anche definito underlying asset ) può avere:  natura reale, qualificando il derivato come commodity derivative;  natura finanziaria, qualificando il derivato come financial derivative. Esistono diverse tipologie di derivati. Il TUF ne propone una classificazione in funzione della diversa natura e del diverso contenuto contrattuale:  contratti a termine;  contratti futures;  contratti di opzione;  contratti swap. In base alle modalità di negoziazione , poi, è possibile distinguere:  i derivati negoziati sui mercati regolamentati, che prevedono caratteristiche standardizzate (future e alcune opzioni) atte a garantire una maggiore liquidità degli strumenti favorendone la negoziazione sui mercati; lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 55 2. Il venditore del FRA incassa il differenziale se l’EURIBOR/LIBOR a “n” mesi rilevato sul mercato alla fixing date è inferiore al tasso FRA. 3. Nella prassi il differenziale viene liquidato non alla scadenza del contratto, ma 2 giorni dopo la rilevazione del tasso variabile; 4. La conseguenza dell’anticipazione della data del regolamento è l’attualizazzione del differenziale al tasso di interesse di mercato. Il FRA è un contratto non standardizzato, negoziato OTC sul quale non è possibile chiudere la posizione (per chiuderla bisogna negoziare un altro FRA di segno opposto per neutralizzare gli effetti del primo). La quotazione del FRA avviene a opera di market maker specializzati, che si dichiarano sempre disposti a negoziare alle condizoni (tasso fisso) da loro stessi stabilite: il “tasso denaro” esprime il livello del tasso fisso al quale si dichiarano disposti ad acquistare un FRA; il tasso “lettera” , quello al quale sono disposti a vendere il FRA. L’acquirente del FRA si impegna a pagare un tasso fisso e quindi blocca un tasso a termine di indebitamento, ma si espone al rischio di diminuzione dei tassi. Il venditore del FRA riceve un tasso fisso e quindi blocca un tasso a termine di impiego, ma si espone al rischio di aumento dei tassi di interesse. Il FRA, quindi, può essere utilizzato per fini di copertura. L’essenza della copertura con i FRA si sostanzia nell’acquisto di un contratto quando si è esposti al rischio di rialzi di tassi di interesse, in modo che, all’effettivo aumento del tasso di interesse, il maggior costo sostenuto sia interamente o parzialmente compensato da un profitto nel FRA. 4.6.2 I FINANCIAL FUTURE Sono contratti a termine standardizzati, trattati suI mercati regolamentati, mediante i quali acquirente e venditore si impegnano a scambiarsi una determinata quantità di un certo strumento finanziario a un prezzo prefissato, con liquidazione differita a una data futura prestabilita. L’acquirente del contratto è in long position, mentre il venditore si trova in short position. Normalmente i future finanziari non si portano mai a scadenza, cioè non si concludono con la consegna e il ritiro fisico del bene a termine, ma si chiudono effettuano un operazione analoga di segno opposto (si acquista un future con le stesse caratteristiche di quello che è stato venduto e viceversa). La procedura di liquidazione più comune è per cash settlement , cioè guadagni e perdite vengono liquidita in via differenziale, in denaro. L’operazione in future è simile a quella dei contratti forward; ma la differenza sostanziale sta nel fatto che i futures sono negoziati su mercati regolamentati in cui interviene un unità garante: la Clearing House (CH), in Italia la Cassa di Compensazione e Garanzia. È un organo del mercato che rappresenta la controparte automatica e speculare di ogni investitore, la cui funzione è quella di far da garante del buon fine delle transazioni, cioè di annullare il rischio di regolamento. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 56 Tale garanzia è assicurata dal fatto che la CH limita, mediante una selezione preventiva, i soggetti ammessi ad accedere alle negoziazioni, che sono chiamati a diventare soci della CH e a versare un margine iniziale dato da una somma di denaro o un importo in titoli, pari in media al 5% del valore del sottostante, che deve essere versato presso i conti tenuti dalla CH ogni volta che vogliano effettuare un’operazione in future. I soggetti interessati a un’operazione in future, pertanto, devono rivolgersi agli intermediari che aderiscono alle CH. La negoziazione dei contratti future avviene mediante il meccanismo del marking to market, mediante il quale le controparti, alla fine di ogni giornata di negoziazione, valorizzano le rispettive posizioni nei confronti della CH sulla base delle quotazioni del prezzo di fine giornata e si vedono accreditare o addebitare le somme che stanno guadagnando o perdendo (margini di variazione) sui rispettivi conti di deposito. Mediante il marking to market la posizione dell’operazione in future viene liquidata giornalmente così da ridurre il rischio di insolvenza della controparte. La CH non è esposta al rischio di variazione del prezzo del contratto perché percepisce i margini da entrambe le posizioni contrattuali. La CH prevede, inoltre, il versamento di un margine iniziale, stabilito in un ammontare tale da non essere superato dalle oscillazioni del valore del contratto future nell’arco di una giornata di negoziazione. Il livello dei fondi nel conto di margine non deve mai scendere al di sotto di un determinato importo detto margine di mantenimento e gli intermediari devono assicurarsi che i loro cliienti dispongano dei margini necessari alle transazioni in future. Nel caso di insolvenza di una delle controparti la perdita massima sarà ridotta dalla presenza dei margini versati presso la CH. Nell’eventualità che si verifichi una perdita eccedente la disponibilità liquida presente sul conto di deposito, sarà la CH ad accollarsi l’insolvenza, minimizzando il danno al mercato. 4.6.3 Le opzioni Con il contratto di opzione una parte si riserva la facoltà di effettuare un acquisto o una vendita a termine, in cambio del pagamento di un premio alla controparte. Chi si riserva la facoltà di eseguire l’operazione è detto buyer, mentre chi incassa il premio e rimane vincolato alla decisione della controparte è detto writer. L’ opzionie si distingue dal future perchè:  nelle opzioni c’è la facoltà;  chi compra l’opzione deve pagare un premio;  l’opzione consente di limitare le perdite perchè c’è una Stop-Loss, che non può mai essere superiore al premio. Le opzioni si distinguono in call e put. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 57  Un’opzione call conferisce al buyer la facoltà di acquistare a termine a un prezzo prefissato, detto strike price (o prezzo di esercizio).  Un’opzione put conferisce al buyer di vendere a termine a un prezzo prefissato detto strike price. Il premio rappresenta il prezzo pagato dal buyer per l’acquisto del diritto connesso all’opzione e, specularmente, il guadagno massimo realizzato dal writer in caso di mancato esercizio dell’opzione. L’opzione può essere negoziata sia sui mercati OTC che su quelli ufficiali, e in questi interviene la CH , con il meccanismo dei margini, ma il versamento del “margine iniziale” viene richiesto solo al venditore dell’opzione, che è la sola parte obbligata alla prestazione. A seconda delle tipologie contrattuali, inoltre, è possibile distinguere le:  opzioni europee, dove la facoltà di acquisto e vendita può essere esercitata solo in determinati periodi;  opzioni americane, dove l’esercizio del diritto può essere compiuto in qualsiasi momento fino alla scadenza. I contratti di opzione possono avere come sottostante sia attività reali (merci, materie prime) sia attività finanziarie (tassi d’interesse, tassi di cambio, azioni, titoli di debito). L’acquirente di un contratto di opzione ha l’obbiettivo di coprirsi da variazioni inattese del prezzo dell’attività sottostante e, per far ciò, si riserva la facoltà di acquistare o vendere a un prezzo predefinito a pronti, pagando per questo un premio; Il venditore di un contratto d’opzione ha aspettative opposte, a quelle dell’acquirente e, nel migliore dei casi (il non esercizio dell’opzione da parte del buyer), guadagnerà il premio da questi pagato per l’opzione. A seconda del valore di mercato del sottostante alla scadenza, l’opzione è detta: in the money; at the money; out of the money.  L’opzione è in the money: se conviene esercitare il proprio diritto di acquisto o di vendita, in quanto il prezzo di mercato del sottostante a scadenza è maggiore dello strike price nelle opzioni call, oppure se lo stesso è inferiore allo strike price nelle opzioni put. In entrambi i casi al buyer conviene acquistare o vendere al prezzo contrattuale, perchè nel caso della call paga meno ciò che sul mercato vale di più e, allo stesso modo, nel caso della put può vendere ad un prezzo maggiore di quello di mercato. In queste circostanze il buyer guadagna la differenza fra prezzo di mercato e prezzo strike al netto del premio pagato per l’opzione, mentre il writer è costretto ad eseguire la prestazione e perde esattamente ciò che il buyer guadagna  L’opzione è out of the money: se si verifica che il buyer non abbia interesse a esercitare l’opzione, perché può acquistare sul mercato a un prezzo inferiore rispetto allo strike price, oppure, può vendere a un prezzo superiore allo strike price;  L’opzione è at the money: se lo strike price e il prezzo di mercato coincidono. In questo caso il detentore dell’opzione è in posizione di indifferenza. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 60 4.10 I derivati su credito: CDS (Credit Default Swap) Fra gli strumenti derivati vi sono anche i “derivati creditizi”. Sono strumenti che consentono di trasferire il rischio di credito relativo a un’attività finanziaria ( reference obligation) senza trasferire il credito sottostante (underlying asset). Oggetto del trasferimento sono i soli effetti economici del rischio, che si producono al verificarsi di un definito evento creditizio (credit event). Chi acquista la protezione dagli effetti economici del rischio è detto protection buyer e ha normalmente esigenze di copertura e di frazionamento del rischio di portafoglio o aspettative di deterioramento del merito creditizio dell’emittente l’attività ceduta (reference entity). Chi vende la protezione è definito protection seller e ha aspettative di miglioramento dello standing creditizio della controparte, o vuole sfruttare la possibilità di diversificare il proprio portafoglio di attività finanziare entrando su mercati che sono estranei alla sua normale attività. Le tipologie di derivati su credito sono diverse, ma fra questi i CDS (Credit Default Swap) hanno assunto sempre più importanza negli anni dopo la crisi finanziaria del 2007, perchè sono stati utilizzati in maniera intensa per coprirsi/scommettere sul default di Stati sovrani emittenti di titoli di debito. IL CDS È un contratto mediante il quale una parte (protection buyer o acquirente della protezione), attraverso il pagamento di importi predeterminati e a scadenze fisse, trasferisce alla controparte (protection seller o venditore della protezione) il rischio di credito inerente a uno strumento finanziario sottostante; la controparte, in cambio dei premi periodici, si impegna a apgare al protection buyer una somma di denaro nel caso in cui si verifichi, entro un determinato arco temporale, uno specifico evento creditizio (credit event ). Si tratta quindi di un contratto di natura finanziaria con una funzione di tipo assicurativo. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 61 5.1I mercati 5.2Generalità 5.2.1 Le funzioni dei mercati finanziari Il mercato finanziario può essere definito come lo spazio economico in cui domanda e offerta di strumenti e servizi finanziari si incontrano. Gli obiettivi dei diversi operatori economici che operano nel sistema finanziario possono, infatti, trovare realizzazione nel mercato finanziario. Le importanti funzioni che esso svolge nell’ambito del sistema finanziario sono:  Trasferimento delle risorse finanziarie. La teoria dei saldi finanziari individua due categorie principali di operatori economici: unità in situazione di surplus finanziario e unità in situazione di deficit finanziario. Il fattore discriminante di questa distizione è rappresentato dal differenziale tra risparmio e investimento di ciascuna unità. Nel mercato finanziario entrambe le specie di unità possono soddisfare i propri obbiettivi, grazie all’incontro con soggetti in situazione finanziaria opposta alla propria.  Semplificazione degli scambi. La ricerca di una controparte nelle operazioni di scambio finanziario può risultare non sempre agevole per le diverse unità economiche. Il ricorso al mercato finanziario può limitare questo elemento di criticità, grazie alla numerosità delle parti che vi operano.  Contenimento dei costi di transazione. Questa espressione indica l’insieme eterogeneo di aspetti di costo che un’unità economica deve sostenere per realizzare un’operazione di scambio (es. costi per la ricerca della giusta controparte, il tempo impiegato per tale ricerca). Il ricorso al mercato finanziario può limitare l’incidenza di questi fattori di costo perchè consente di ridurre il tempo necessario alla ricerca di una controparte.  Formazione dei prezzi. Per effettuare un’operazione di scambio finanziario le controparti devono stabilire un apposito corrispettivo economico che può risultare di difficile definizione. Infatti, in corrispondenza della decisione di realizzare un’operazione di scambio ciascun soggetto economico formulerà le proprie aspettative di costo (prezzo). Il meccanismo di incontro tra domanda e offerta nel mercato finanziario consente di superare questa difficoltà, in quanto l’incontro delle funzioni stesse si traduce nella formazione di un prezzo di scambio, a cui cioè unità con diversi profili finanziari sono disposte a realizzare le operazioni di volta in volta richieste.  Informazioni su strumenti e operatori finanziari . La realizzazione di scambi in un contesto di mercato finanziario consente di beneficiare delle informazioni disponibili sul mercato stesso, relativamente agli strumenti negoziati e ai soggetti protagonisti delle operazioni. Il mercato finanziario ha un importante ruolo in termini di produzione e diffusione delle informazioni: ciò aumenta la trasparenza delle transazioni e il livello di sicurezza e fiducia degli operatori economici nel perseguimento dei proprio obiettivi.  Trasferimento dei rischi. Il ricorso al mercato finanziario può essere dettato dal desiderio di un soggetto economico di modificare il profilo di rischio relativo alla propria posizione. Tale esigenza può essere soddisfatta effettuando apposite operazioni con controparti che presentino posizioni di rischio e, quindi, intenzioni di tipo speculare alle proprie. La ricerca di protezione dal rischio o di opportunità di assunzione di rischio in ottica di diversificazione delle proprie posizioni o di realizzazione di risultati economici di interesse può realizzarsi nel mercato finanziario, dove queste diverse aspettative possono incontrarsi. Il funzionamento dei mercati finanziari e, quindi, il perseguimento di queste finalità si scontra con le lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 62 difficoltà dovute ad alcuni fattori di imperfezione de mercati stessi: si tratta dei fenomeni di asimmetria informativa come l’adverse selection e il moral hazard. Le possibili soluzioni individuate dalla dottrina per questi problemi si riferiscono all’introduzione di soggetti intermediari degli scambi e all’organizzazione e regolamentazione dei mercati finanziari. L’obiettivo di attenuare le imperfezioni dei mercati finanziari deve essere definito senza trascurare la natura e la specificità degli strumenti finanziari scambiati. Perciò, allo scambio di una categoria di strumenti finanziari sarà dedicato uno specifico mercato. 5.2.2 La classificazione dei mercati Per i mercati finanziari esistono diversi criteri di classificazione, come per gli strumenti finanziari. La classificazione più importante ed utilizzata distingue tra:  mercato creditizio, nel quale gli intermediari specializzati (detti creditizi), ricorrendo a operazioni di raccolta ed erogazione di prestiti, riescono a soddisfare, attraverso il proprio bilancio, le divergenti esigenze degli scambisti;  mercato mobiliare, nel quale trovano esecuzione tutte le operazioni aventi per oggetto titoli (valori mobiliari) destinati a circolare tra gli operatori; in questo mercato agiscono intermediari il cui compito principale è quello di agevolare l’emissione e la successiva negoziazione di strumenti finanziari, oltre che fornire servizi di consulenza a favore di emittenti e sottoscrittori;  mercato assicurativo, nel quale gli operatori si coprono dei rischi puri trasferendoli mediante la stipula di appositi contratti (le polizze; si compravendono OTC) con operatori specializzati (le compagnie di assicurazione);  mercato dei servizi di pagamento, in cui gli operatori possono regolare i corrispettivi delle transazioni effettuate, avvalendosi di strumenti e procedure dedicati. I mercati così individuati si differenziano tra loro in relazione al grado di standardizzazione (trasferibilità/negoziabilità) e personalizzazione dei contratti. 1)Mercato creditizio e assicurativo:  sono a negoziazione diretta, cioè a carattere prevalentemente personale e bilaterale;  i contratti stipulati, anche se riconducibili a schemi negoziali comuni, possono essere sempre adattabili ai mutevoli e variegati bisogni della domanda e dell'offerta;  la ricerca della controparte è su base individuale;  il collegamento tra le unità facenti parti dei settori utilizzatori finali delle risorse è indiretto, poiché avviene attraverso l’interposizione del bilancio dell’intermediario che si assume i rischi. 2)Mercato mobiliare:  è aperto cioè avviene a carattere prevalentemente impersonale;  tutte le condizioni definitorie dello scambio (a eccezione del prezzo) sono fortemente standardizzate e, quindi, non influenzate dalle caratteristiche individuali delle controparti;  il collegamento tra le unità facenti parte dei settori utilizzatori finali delle risorse è diretto, in quanto le passività emesse dalle unità in deficit vengono sottoscritte direttamente da quelle in surplus. Soffermandoci sull’analisi dei mercati mobiliari , essi svolgono le funzioni di: finanziamento attraverso emissione e collocamento dei titoli; pricing degli strumenti negoziati; aumento della liquidità degli scambi; riduzione dei costi di transazione; trasferimento della proprietà delle SPA. I mercati mobiliari, inoltre, possono essere ulteriormente distinti sulla base di numerosi criteri di classificazione. A. In base alla tipologia di strumenti finanziari trattati , si distingue tra:  mercato monetario, che comprende tutte le operazioni a breve termine finalizzate all’aggiustamento temporaneo della posizione di liquidità degli operatori (es. depositi interbancari); lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 65 5.2.5 Le fasi di funzionamento dei mercati Gli scambi finanziari si realizzano attraverso alcune fasi principali: 1. Ammissione alla contrattazione: nella fase di ammissione l’istituzione che regola gli scambi e l’organo di vigilanza preposto provvedono alla verifica delle condizioni per l’ingresso nel mercato regolamentato dell’emittente e degli strumenti da negoziare. 2. Conferimento dell’ordine: il soggetto economico interessato a realizzare una determinata operazione in strumenti finanziari ne incarica l’intermediario abilitato. La trasmissione dell’ordine avviene mediante sottoscrizione di documentazione appositamente predisposta dall’intermediario. Il cliente fornisce, in questa fase, le istruzione relative all’operazione che intende effettuare, in termini di tempistica, quantità e condizioni economiche. 3. Esecuzione dell’ordine: l’intermediario al quale è stato conferito l’incarico di realizzare un’operazione finanziaria assume l’impegno all’esecuzione delle stessa, nei tempi e alle condizioni richieste dal cliente. In questa fase, l’intermediario provvede a individuare la controparte dell’operazione e a definire le clausole contrattuali sulla base delle quali regolare la stessa. L’operazione può realizzarsi con esecuzione diretta sul mercato da parte dell’intermediario cui è stato conferito l’ordine o in forma indiretta, tramite altro intermediario. L’esecuzione della transazione deve comunque essere confermata alle parti coinvolte. 4. Liquidazione: è una delle fasi di “post-trading”, in quanto segue all’esecuzione della transazione finanziaria sul mercato. Questa fase ha l’obbiettivo di definire gli obblighi delle controparti circa le operazioni concluse. Viene effettuata con tempistiche diverse in base allo strumento finanziario negoziato. La liquidazione può essere effettuata secondo due modalità principali:  liquidazione lorda , in cui ogni operazione viene considerata in maniera singola e, come tale, liquidata;  liquidazione netta , in cui viene determinato un saldo tra operazioni di acquisto e vendita ed è tale risultato netto a essere oggetto di liquidazione. In questa fase possono intervenire particolari soggetti dedicati alla funzione di clearing (es. la Cassa Compensazione e Garanzia, in Italia). Attualmente, la liquidazione delle negoziazioni di strumenti finanziari, avviene per contanti il terzo giorno lavorativo successivo a quello di chiusura della contrattazione. Questa modalità viene definita t+3 (a questa regola fanno eccezione i BOT per i quali avviene a t+2; e gli strumenti derivati per i quali avviene a t+1). La circolazione dei titoli viene gestita dalla Monte Titoli SPA, che apre un conto per ogni emittente e per ogni intermediario che sottoscrive o negozia per conto proprio o conto terzi ogni singolo titolo. In questo modo la circolazione avviene semplicemente attraverso registrazioni contabili , senza lo spostamento materiale del titolo o del denaro. 5. Regolamento: è il momento dell’effettivo scambio degli strumenti finanziari e può avvenire secondo due schemi principali:  il rolling settlement , dove tutte le operazioni realizzate in una stessa giornata saranno liquidate e, quindi, regolate entro un numero di giorni prestabilito;  l’account settlement , dove tutte le transazioni riferite a un certo orizzonte temporale saranno liquidate e, infine, regolate in una sola giornata. 5.3Il mercato monetario L’attività degli operatori economici si caratterizza per il fatto di generare flussi di entrata e uscite monetarie il cui ammontare e accadimento, nel brevissimo e breve periodo, spesso non possono essere previsti con certezza. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 66 Da ciò scaturiscono situazioni in cui le riserve monetarie (rappresentano una sorta di immobilizzazione tecnica e, essendo infruttifere di interessi, generano costi opportunità e devono essere limitate al livello minimo necessario a garantire gli impegni di pagamento a brevissimo e breve termine) degli stessi operatori possono discostarsi sensibilmente dai livelli desiderati generando in questo modo fabbisogni o eccedenze di liquidità. Gli aggiustamenti nel livello delle riserve di liquidità, acquisendole in caso di fabbisogno o investendole in caso di eccedenza, comportano frequenti negoziazioni di attività finanziarie a breve periodo sul mercato, che consentono di perseguire l’obbiettivo dell’equilibrio finanziario nel brevissimo periodo. Il segmento del mercato finanziario ove avviene questo tipo di scambi è detto MERCATO MONETARIO, inteso come contesto delle contrattazioni dovute all’esigenza da parte degli operatori di ottimizzare la gestione dei flussi finanziari, in corrispondenza di un determinato livello delle riserve di liquidità. Il ruolo primario , in questo mercato, è svolto dalle banche, che “garantiscono” la liquidità del sistema economico nel suo complesso. Gli strumenti finanziari scambiati nel mercato monetario possiedono le seguenti caratteristiche:  appartengono alla categoria degli strumenti di debito;  sono a breve e brevissimo termine;  sono altamente negoziabili, liquidi e, quindi, molto prossimi al concetto di denaro contante;  il rischio di insolvenza di chi li emette è molto basso;  le loro negoziazioni si realizzano per importi unitari molto elevati. Oggi il mercato monetario coinvolge più soggetti e categorie instituzionali di operatori accomunati dall’esigenza di regolare, per importi rilevanti, l’ammontare delle rispoettive liquidità. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 67 5.4 I l mercato obbligazionario Nel mercato obbligazionario le transazioni hanno per oggetto titoli di debito emessi da imprese (corporate bond), intermediari finanziari ed emittenti sovrani (titoli di Stato). Il mercato è costituito strutturalmente dalla fase di collocamento (mercato primario) e dalla fase di successiva negoziazione degli stessi strumenti (mercato secondario). Bisogna distinguere la tipologia di strumenti finanziari in funzione del soggetto emittente: le modalità di emissione infatti, sono diverse a seconda che l’emittente sia un soggetto privato oppure lo Stato o un altro ente appartenente alla P.A. 5.4.1. Il mercato primario dei titoli di Stato Meccanismi e fasi uniformi delle aste di collocamento In Italia, tutte le aste di collocamento dei titoli di Stato sono gestite dalla Banca d’Italia in presenza di un funzionario del Ministero dell’Economia in veste di garante della regolarità dell’asta. L’asta si svolge per via telematica. Ogni operatore autorizzato a partecipare può presentare un massimo di tre domande per ogni titolo offerto (nelle quali indica prezzo e quantità), entro le ore 11 del giorno dell’asta; prima di tale termine, le domande possono essere modificate senza alcun limite. Al termine di questa fase viene prodotto un prospetto riepilogativo contenente le domande “in chiaro” degli operatori (prima di questa fase erano in forma anonima), le cui richieste vengono riepilogate in ordine decrescente di prezzo. Possono partecipare alle aste solo i soggetti abilitati in base a caratteristiche prestabilite (banche italiane e comunitarie; SIM; imprese di investimento); la Banca d’Italia non è compresa perchè è vietato in qualsiasi forma il finaziamento diretto del debito pubblico da pare delle banche centrali nazionali attraverso la concessione di prestiti o la sottoscrizione di titoli di debito nel mercato primario. Persone fisiche e imprese possono acquistare i titoli pubblici solo nel mercato secondario; i privati, Operatori Attività nel mercato monetario Ministero dell’economia e delle finanze (Dipartimento del Tesoro) Emette titoli del debito a breve dello Stato per finanziarie il proprio fabbisogno di casa BCE Acquista e vende titoli del Tesoro o altri titoli stanziabili con operazioni temporanee o definitive, in contropartita con le banche, al fine di regolare la liquidità del sistema e l’offerta di moneta Banche Operano nel mercato interbancario dei depositi in contropartita con altre banche; operano in contropartita della BCE; negoziano titoli del debito pubblico per conto proprio e per conto terzi; emettono propri strumenti di finanziamento (certificati di deposito, operazioni pronti contro termine) e di investimento (operazioni di pronti contro termine, prestiti alla clientela a breve termine) Fondi comuni di investimento monetari Consentono l’accesso al mercato monetario anche ai piccoli risparmiatori gestendo in forma collettiva gli investimenti in strumenti del mercato monetario di piccolo ammontare unitario Grandi imprese Emettono e negoziano strumenti di mercato monetario per regolare la propria posizione di liquidità Risparmiatori privati Dato l’elevato ammontare unitario delle transazioni, accedono al mercato monetario solo attraverso gli strumenti del risparmio gestito in forma collettiva o individuale (fondi comuni e gestioni patrimoniali) lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 70 ai consorziati deriva dalla differenza tra il prezzo pagato all’emittente e il prezzo risultante dalla capacità di collocamento. 5.4.2 Il mercato secondario dei titoli obbligazionari Una volta emessi, i titoli obbligazionari possono essere negoziati su due mercati distinti: uno “al dettaglio” o “all’ingrosso”; a differenziarli sono il taglio minimo delle negoziazioni, gli operatori che vi partecipano e i fabbisogni degli investitori soddisfatti. Prima della scadenza gli investitori italiani al dettaglio possono comprare o vendere titoli obbligazionari sul mercato secondario italiano regolamentato MOT (Mercato Obbligazionario Telematico). Il MOT è gestito da Borsa Italiana e prevede una struttura di mercato order-driven ovvero un modello in cui tutti i partecipanti al mercato possono inserire la propria proposta di acquisto o vendita concorrendo direttamente alla formazione del prezzo. Il mercato all’ingrosso per i titoli di Stato (MTS, Mercato Telematico dei titoli di Stato) opera, invece, secondo il modello quote-driven ed è gestito da MTS spa. 5.5 Il mercato azionario i titoli azionari si connotano per l’estrema facilità di trasferimento. L’insieme delle transazioni aventi per oggetto titoli azionari rappresentano il mercato azionario. In Italia, il mercato secondario dei titoli azionari è gestito da Borsa Italiana SPA. I titoli azionari possono essere scambiati su diversi mercati a seconda delle caratteristiche dei titoli, degli operatori e degli orari di negoziazione. I mercati azionari gestiti da Borsa Italiana SPA sono:  MTA (Mercato Telematico Azionario);  AIM Italia (Alternative Investment Market). 5.5.1 MTA All’interno di MTA si negoziano azioni, obbligazioni convertibili, diritti di opzione e warrant. L’ammissione a quotazione su MTA è disposta da Borsa Italiana sulla base di requisiti sia formali sia sostanziali; essi riguardano principalmente:  la capitalizzazione della società, ovvero il livello minimo di mezzi propri richiesto all’emittente (minimo 40 milioni);  il flottante , ovvero la quota percentuale delle azioni distribuita tra un numero sufficientemente elevato di soci tale da garantire un numero e un volume di transazioni adeguati (almeno del 25%);  la libera trasferibilità dei titoli stessi tra le controparti per effetto delle negoziazioni. I requisiti sostanziali riguardano principalmente tutti gli aspetti che concorrono ad aumentare la capacità della società di creare valore per gli azionisti. Il rispetto di altre condizioni, come la redazione di relazioni sulla gestione o bilanci intraperiodali, è richiesto alle società emittenti durante il periodo di negoziazione ai fini della permanenza dei rispettivi titolo nel listino. MTA è suddiviso in tre segmenti: 1. il segmento standard , che è dedicato a tutte le società che, pur rispettando i vincoli minimi per l’ammissione, non possono essere incluse in altri segmenti; 2. lo STAR (Segmento con Titoli ad Alti Requisiti) di MTA è dedicato alle medie imprese con capitalizzazione compresa tra 40 milioni e 1 miliardo di euro, che si impegnano a rispettare requisiti di eccellenza; 3. MTA International , che è il segmento di Borsa Italiana dedicato ad azioni di emittenti di diritto estero già negoziate in altri mercati regolamentati comunitari. Giornalmente sono calcolati diversi indici di riferimento chiamati FTSE Italia Index series. La serie FTSE Italia fornisce al mercato italiano un insieme di indici che rappresentano il 95% della capitalizzazione delle azioni nazionali. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 71 L’indice più rilevante è il FTSE MIB, che è un indice azionario rappresentativo dell’andamento dei principali 40 titoli azionari quotati su MTA; questo indice intende fornire agli operatori informazioni riguardo il comportamento delle principali azioni del mercato italiano e sono scelte sulla base di quattro variabili: la capitalizzazione, il settore di appartenenza, la liquidità nella negoziazione e la solidità finanziaria. 5.5.2 AIM Italia AIM Italia è il mercato di Borsa Italiana dedicato alle PMI italiane ad alta potenzialità di crescita. L’intento è quello di consentire alle PMI l’accesso ai mercati finanziari senza dover sostenere gli elevati costi connessi al processo di quotazione. Questo processo è disegnato in modo da essere veloce ed efficiente: infatti, AIM Italia non stabilisce nessun criterio minimo di ammissione. Il requisito principale che una società deve soddisfare per l’ammissione su AIM Italia è quello di dotarsi di un nominated advisor, cioè di un intermediario finanziario il cui scopo è quello di affiancare la società, sia nella fase precedente l’ammissione sia durante il periodo di negoziazione del mercato, per assicurare l’adempimento di quanto previsto dal regolamento. In fase di ammissione , la società deve predisporre soltanto il “documento di ammissione”, che riporta le informazioni relative all’attività svolta, al management, all’azionariato e ai dati economico- finanziari. Una volta quotata , la società non deve presentare i resoconti trimestrali, ma solo il bilancio e la relazione semestrale. CAPITOLO 6 – L’INTERMEDIAZIONE CREDITIZIA 6.1.1. Le peculiarità e l’articolazione dell’intermediazione creditizia L’intermediazione creditizia rappresenta, insieme a quella mobiliare e a quella assicurativa, uno dei tre tipi di intermediazione a cui si fa riferimento quando vengono esaminati i sistemi finanziari. Essa favorisce il trasferimento di risorse finanziarie nello spazio e nel tempo e ciò avviene attraverso il cosiddetto “circuito indiretto ”; questo trasferimento può avvenire con il concorso di uno o più intermediari (in questi casi si usano le locuzioni “doppia” e “tripla” intermediazione). Nel partecipare al circuito indiretto, i soggetti che svolgono intermediazione creditizia interpongono il proprio stato patrimoniale tra datori e prenditori di risorse finanziarie. Essi infatti assumono impegni nei confronti dei datori di fondi e posizioni di credito nei confronti dei prenditori di fondi. Quindi:  all’attivo vi sono gli impieghi (cioè l’insieme degli strumenti graditi ai prenditori di fondi in termini di rischio, costo e scadenza);  al passivo le fonti (cioè l’insieme degli strumenti graditi ai datori di fondi in termini di rendimento, rischio e scadenza). L’intermediazione creditizia comporta, per soddisfare fabbisogni divergenti, un’attività di trasformazione (di scadenza, di rischio, di liquidità) che ricade sotto la responsabilità ed entro l’assunzione dei rischi dei soggetti (intermediari) che frappongono il proprio stato patrimoniale e il proprio sistema di risorse (finanziarie, tecniche, umane) tra gli scambisti. Nell’intermediazione creditizia i contratti, anche se riconducibili a schemi negoziali comuni, sono fortemente personalizzati e si fondano su informazioni specifiche circa la qualità dei contraenti. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 72 In tal modo, lo svolgimento dell’attività di intermediazione creditizia contribuisce a limitare le asimmetrie informative presenti tra datori e prenditori nel circuito diretto e il moral hazard che su tali asimmetrie si poggia. La fiducia è un altro elemento centrale negli scambi creditizi. Tale fiducia deve essere reciproca – e basata sui concetti di solvibilità e di liquidità – tra gli intermediari e gli altri operatori (prenditori e datori) che si trovano a scambiare con essi. Dalla personalizzazione dei contratti, dalla natura delle informazioni e dalla fiducia discende anche il concetto di relazione, centrale nell’attività di intermediazione creditizia (da qui il concetto di relationship banking). In una prospettiva evolutiva, il relationship banking , caratterizzato nelle sue forme pure dalla non trasferibilità degli strumenti utilizzati (es. depositi e prestiti), è stato affiancato e in parte ha ceduto e cede spazio al transaction banking , basato sulla trasformazione degli attivi rappresentati da prestiti attraverso diversi meccanismi (cartolarizzazione, factoring ecc.) in strumenti finanziari negoziabili sui mercati. Gli intermediari creditizi non svolgono solo intermediazione creditizia: tipico esempio è la banca, che nell’ordinamento europeo vigente può svolgere ogni tipo di attività, oltre alla combinazione minima, richiesta per definire “banca” un intermediario, di raccolta da clientela attraverso depositi e concessione di prestiti. Gli intermediari finanziari non bancari che operano in Italia sono: società di leasing; società di factoring; società di credito al consumo; Confidi; Cassa Depositi e Prestiti; veicoli per la cartolarizzazione (SPV) (v. Cap 2 per le funzioni). Tali intermediari sono accomunati da una duplice caratteristica:  la raccolta delle risorse avviene prevalentemente presso le banche dando origine a fenomeni di doppia intermediazione;  la concessione di finanziamenti alle imprese e alle famiglie avviene con modalità tali da soddisfare esigenze peculiari. 6.1.2. I bisogni soddisfatti dagli intermediari creditizi e i loro stakeholder Le attività di intermediazione creditizia soddisfano fondamentalmente i fabbisogni di:  investimento;  finanziamento;  gestione degli incassi e dei pagamenti. Tutti i tipi di intermediari creditizi soddisfano il bisogno di finanziamento. Solo la banca , tra gli intermediari creditizi, può soddisfare congiuntamente i tre tipi di fabbisogno. La funzione pubblica degli intermediari creditizi viene intesa come contributo al funzionamento del sistema economico. 6.1.3. Le forme gestionali fondamentali dell’intermediazione creditizia L’ordinamento italiano, allineato a quanto previsto a livello europeo, precisa le caratteristiche dell’attività bancaria, e prevede l’inclusione in un elenco generale e in uno speciale degli altri intermediari specializzati in attività di intermediazione creditizia (definiti finanziari nell’ordinamento). Le due tipologie sono accomunate dal lato degli attivi tipicamente gestiti, mentre si differenziano dal lato del passivo perchè solo le banche svolgono la funzione monetaria. La Gestione avviene nel rispetto della regolamentazione e della Vigilanza (v. cap 11). Spiccano le norme sull’adeguatezza del capitale. La regolamentazione prevede che sia garantita la sana e prudente gestione . Condizioni per la sana e prudente gestione sono: lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 75 Secondo il codice civile, i depositi bancari sono appartenenti alla fattispecie giuridica dei “ depositi irregolari”: ciò significa che, al momento della consegna delle somme di denaro presso le casse della banca, la proprietà delle stesse si trasferisce dal depositante al depositario con la conseguente possibilità da parte di quest’ultimo di utilizzare i capitali versati. Coloro che depositano somme di denaro in banca possono avere differenti esigenze e motivazioni. Possiamo genericamente individuare 3 categorie:  coloro che depositano in banca i propri risparmi di importo molto modesto, messi da parte in previsione di future esigenze (depositi a lungo periodo );  coloro che versano in banca somme considerevoli solo a titolo transitorio per poi destinarle successivamente a forme più remunerative di investimento finanziario (deposito a breve periodo );  coloro che usano il deposito essenzialmente con funzioni monetarie , variando con frequenza il relativo ammontare del capitale. I depositi bancari possono essere classificati in base a diversi criteri: 1. In base alla modalità di restituzione del denaro, si distingue tra:  depositi bancari liberi, nei quali il cliente può pretendere il rimborso della somma di denaro in qualsiasi momento rispettando i termini di preavviso contrattuali;  depositi bancari vincolati, nei quali il depositante può pretendere il rimborso della somma di denaro solo alla scadenza prestabilita; 2. In base alla modalità di attuazione del rapporto, si distingue tra:  depositi semplici , in cui il depositante versa una somma di denaro e la ritira in un’unica soluzione;  depositi al risparmio , comprovati da un libretto di deposito, in cui il cliente può intervenire eseguendo prelevamenti e/o versamenti;  conti correnti , oggetto di numerose movimentazioni; 3. In base alla durata del contratto sottoscritto, si distingue tra:  depositi rimborsabili a vista , cioè in un tempo molto breve (rientrano in questa categoria i depositi liberi);  depositi con preavviso , che sono quelli in cui il cliente può rientrare in possesso delle somme solo dopo preavviso alla banca;  depositi a scadenza fissa , nei quali il depositante può ritirare le somme depositate solo alla scadenza del contratto sottoscritto; 4. In base alla tipologia di contratto, si distingue tra:  depositi a risparmio libero ;  depositi a risparmio vincolato a scadenza fissa o indeterminata;  certificati di deposito;  conti correnti di corrispondenza;  altre forme personalizzate di risparmio. – DEPOSITI A RISPARMIO – I depositi possono assumere contrattualmente la forma di:  libretto: nel caso di depositi liberi e vincolati;  di certificato: nel caso dei certificati di deposito. Nei depositi a risparmio, il libretto rappresenta lo strumento che consente al risparmiatore di esercitare tutti i diritti che gli derivano dalla stipulazione del contratto sottoscritto con la banca e gli permettono di movimentare il deposito mediante prelevamenti e versamenti. Ogni operazione deve avere luogo presso la dipendenza della banca e dietro esibizione del libretto da parte del cliente o del suo legittimo possessore. Dal punto di vista dell’intestazione, i libretti possono essere nominativi o al portatore: lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 76  Il libretto di deposito nominativo è un documento di legittimazione, poiché conferisce all’intestatario la qualifica di originario titolare del rapporto di deposito e, pertanto, unico individuo che possa compiere delle operazioni. Possono essere intestati a più persone che, dopo aver depositato la propria firma in banca, sono legittimate a effettuare prelevamenti e operazioni. Non è trasferibile.  Il libretto di deposito al portatore è stato bandito perchè comporta rischi, in quanto anche il solo possessore (non il proprietario) poteva svolgere operazioni. I depositi a risparmio si distinguono in:  depositi liberi: sono esigibili a vista , per cui al depositante è riconosciuto il diritto di ottenere a richiesta l’immediato rimborso delle disponibilità versate. Le operazioni avvengono presso uno sportello unico dove opera un terminalista-cassiere. All’atto del versamento il cliente è obbligato a compilare una distinta di versamento. Le operazioni, essendo svolte con denaro contante, vengono attribuite con valuta giornaliera (la valuta, è la data a partire dalla quale le somme accreditate iniziano a produrre interessi e quelle addebitate cessano di produrre interessi).  depositi vincolati: si caratterizzano per l’esistenza di alcune limitazioni che si traducono, però, in una remunerazione più elevata. Tali limitazioni possono riguardare la presenza di un termine per riscuotere il denaro da parte del cliente (depositi a scadenza fissa), per cui la banca si impegna a rimborsare soltanto a una scadenza prestabilita le somme ricevute; oppure la necessità di segnalare con un preavviso (depositi con preavviso), per cui il depositante può richiedere il rimborso in qualunque momento, ma previo preavviso. I depositi vincolanti si differenziano dai depositi liberi per:  una più bassa movimentazione;  un più limitato grado di liquidità;  un più elevato livello di remunerazione. – CERTIFICATI DI DEPOSITO – I certificati di deposito sono titoli di credito emessi da una banca per reperire risorse finanziarie a scadenza fissa e rappresentano una forma moderna di raccolta del risparmio vincolato più vicina agli strumenti del mercato finanziario che non alle altre tipologie dei depositi. I certificati di deposito sono titoli trasferibili rilasciati a fronte di somme di denaro depositate per un certo periodo e costituiscono quindi una forma di raccolta vincolata a tempo con un rendimento superiore rispetto alle altre; generalmente questi sono emessi al portatore. In base alla variabile tempo, si distinguono due tipologie di certificato di deposito:  quelli compresi fra i 3 e i 18 mesi che possono essere emessi liberamente dalla banca;  quelli compresi fra i 18 e 60 mesi che invece, trovano una limitazione nel volume quantitativo di prestito erogato dalla banca. Elementi essenziali del certificato di deposito sono:  la data di emissione ; la scadenza ; l’importo ; la denominazione di certificato di deposito ; il beneficiario ; la banca di emissione ; il tasso d’interesse (netto e lordo); la ritenuta fiscale . Gli importi dei certificati di deposito possono essere a taglio fisso o a taglio aperto . Il tasso di interesse è fisso per tutta la durata dei certificati di deposito emessi fra i 3 e i 18 mesi; è invece anche variabile per quelli emessi fra i 18 e i 60 mesi. La remunerazione deve essere corrisposta al momento del rimborso per i certificati di deposito a breve, mentre per gli altri la corresponsione dei frutti maturati può essere anche periodica . I certificati possono essere:  a tasso fisso tra i quali rientrano gli zero-coupon, cioè a cedola zero, dove, invece di un rendimento, sono previsti un valore di sottoscrizione e un valore di rimborso: la differenza costituisce la remunerazione; lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 77  a tasso variabile tra i quali rientrano quelli assoggettati a parametri di indicizzazione, ovvero con revisione periodica dei tassi.  Corridor: sono quelli che invece evidenziano contenuti speculativi. Prevedono una cedola minima, il rimborso del capitale e un premio alla scadenza, corrisposto se il titolo si è mantenuto nel parametro di oscillazione individuato. I certificati di deposito possono anche essere emessi con valuta estera. – CONTI CORRENTI DI CORRISPONDENZA – Il conto corrente rappresenta una forma di raccolta diretta, ma con altre finalità. Con il conto corrente è collegata l’opportunità di utilizzare, oltre alla moneta legale, anche la moneta bancaria (assegni) o quella elettronica (bancomat, giroconti, bonifici), nonché altri servizi a favore della clientela. Con il conto corrente di corrispondenza la banca si impegna a svolgere tutte le operazioni che le sono affidate dai clienti a fronte di una definizione contrattuale. Il conto corrente di corrispondenza è un rapporto atipico, disciplinato dal codice civile, riconducibile alla disciplina del mandato attraverso cui una parte contrae l’obbligo di eseguire uno o più atti giuridici per conto dell’altra. La banca risponde per l’esecuzione di incarichi provenienti dal correntista o da altro cliente e si obbliga a ricevere il denaro versato e a restituirlo a scadenza. Essi possono essere:  creditori: se rappresentano un debito per la banca o un’operazione di raccolta;  debitori: se rappresentano per la banca un’apertura di credito ai propri clienti e sono iscritti in bilancio fra le operazioni di finanziamento. Possiamo, in base all’alternarsi dei saldi , distinguere tra conti correnti di corrispondenza:  Attivi: presentano un saldo favorevole alla banca che ha concesso al cliente un finanziamento a tempo indeterminato salvo revoca;  Passivi: hanno un saldo generalmente sfavorevole alla banca e sono utilizzati dal cliente per le sue esigenze di cassa;  per elasticità di cassa: presentano un frequente alternarsi di saldi positivi e negativi per il cliente, tanto che in alcuni momenti possono risultare scoperti. Caratteristiche generali dei conti correnti di corrispondenza I movimenti in conto corrente corrispondono al numero di prelevamenti (o addebitamenti ) e versamenti (o accreditamenti ) eseguiti in un certo periodo di tempo. I movimenti bancari possono essere cartolari (assegni) e non (giroconto e bonifici). Per giroconto si intende il trasferimento di denaro da un conto corrente all’altro intestato a uno stesso soggetto. Per bonifico si indica il trasferimento di denaro dal conto corrente dell’ordinante a quello intestato a un beneficiario. Prima di ordinarlo bisogna essere in possesso delle esatte coordinate del beneficiario. I bonifici possono essere:  ordinari: sono eseguiti di solito entro e non oltre 3 giorni dall’ordine;  urgenti: sono eseguiti in giornata o al massimo il giorno successivo. A ogni operazione a credito o a debito corrisponde una valuta, indispensabile al fine dei successivi calcoli degli interessi attivi e passivi. Le valute sono differenti per accrediti e addebiti: le prime sono sempre posteriori , le secondo invece coincidono con la data di operazione . Il saldo corrisponde alla differenza delle operazioni a credito e a debito e può essere letto in tre modi differenti:  saldo contabile: che esprime la differenza tra tutte le operazioni a debito e a credito non considerando la valuta;  saldo liquido: che prende in considerazione la differenza di tutte le operazioni la cui valuta è maturata fino a un determinato momento; lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 80 Il tasso debitore previsto è generalmente più elevato rispetto ad altre forme di finanziamento, proprio in ragione della flessibilità dello strumento, peraltro in genere non assistito da garanzie. Gli altri oneri che la banca può addebbitare al cliente sono una commissione onnicomprensiva, calcolata in maniera proporzionale sia alla somma che alla durata dell’affidamento, e un tasso sulle somme effettivamente utilizzate. – OPERAZIONI DI SMOBILIZZO DEI CREDITI COMMERCIALI – Le imprese possono soddisfare il proprio fabbisogno finanziario di breve periodo anche attraverso strumenti che consentano di liquidare anticipatamente i crediti vantati nei confronti della propria clientela. In questo caso l’azienda affidata non ottiene nuove risorse finanziarie, ma si limita a disporre dei crediti commerciali derivanti dalla propria attività prima della loro naturale scadenza. La concessione di credito è comunque preceduta da un’analisi di fido; tuttavia, rispetto all’apertura di credito in conto corrente il rischio di credito subito dalla banca risulta mitigato, poichè l’affidato non ha la possibilità di distrarre le risorse finanziarie destinate al rimborso del prestito, essendo queste direttamente pagate dal debitore terzo ceduto e incassate dalla banca (c.d. “operazioni autoliquidabili”). La cessione del credito avviene di norma pro solvendo , con l’apposizione della clausola salvo buon fine (SBF): in caso di insolvenza del debitore, infatti, la banca può rivalersi sul suo affidato addebitandogli l’importo del credito inesigibile maggiorato delle spese sostenute per ottenere il rimborso. Quindi il rischio di credito è ripartito su almeno due soggetti: l’impresa affidata e il suo cliente/debitore. L’operazione più classica di smobilizzo di crediti commerciali è lo sconto: cioè un “contratto mediante il quale la banca, previa deduzione dell’interesse, anticipa al cliente l’importo di un credito verso terzi non ancora scaduto, mediante cessione, salvo buon fine, del credito stesso”. – ANTICIPAZIONI GARANTITE – Il contratto di anticipo su pegno è un contratto tipico, disciplinato dal codice civile, in cui la banca eroga un finanziamento a breve termine contestualmente alla costituzione, da parte dell’affidato, di un pegno su beni mobili. L’importo del finanziamento concesso risulta pari al valore della garanzia, decurtando di uno scarto prudenziale che dipende anche dalla volatilità del prezzo dei beni in pegno. La garanzia può essere costituita da:  merci, o titoli rappresentativi di merci, che la banca si impegna a custodire presso magazzini generali, ad assicurarli (a spese del cliente) e a restituirli a scadenza;  titoli, preferibilmente quotati su mercati regolamentati (titoli di Stato), anch’essi custoditi dalla banca e restituiti a scadenza. A seconda delle caratteristiche e della prevedibilità del fabbisogno finanziario da coprire, è possibile distinguere:  anticipazioni a scadenza fissa, nelle quali la banca eroga il prestito in un’unica soluzione e il cliente paga gli interessi per tutto il periodo, indipendentemente dall’effettivo utilizzo delle somme poste a sua disposizione;  anticipazioni in conto corrente, in cui il finanziamento risulta oneroso solo nei limiti dell’effettivo utilizzo. GLI STRUMENTI DI FINANZIAMENTO DEL CAPITALE FISSO – MUTUO – La forma tecnica più diffusa è il mutuo, definito dal c.c. come “il contratto col quale una parte (mutuante) consegna all’altra (mutuatario) una determinata quantità di denaro o di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e quantità”. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 81 Si tratta di una forma di finanziamento dalla struttura rigida, caratterizzata dall’erogazione del prestito in un’unica soluzione e dalla sua restituzione secondo un prestabilito piano di ammortamento. Il suo utilizzo è frequente sia presso le famiglie, per l’acquisto di immobili a uso abitativo, sia presso le imprese industriali e commerciali, per la copertura di fabbisogni finanziari di durata ed entità prevedibili (es. per l’acqusto di macchinari). Nel caso delle famiglie la durata del finanziamento è piuttosto lunga e varia tra i 5 e i 30 anni. Nel caso delle imprese, invece, il finanziamento ha vita di solito più breve, pur coprendo fabbisogni finanziari di medio-lungo periodo (in media tra i 3 e i 5 anni). Il mutuo, proprio in ragione della sua estesa durata, che rende meno facili e stabili le valutazioni circa l’affidabilità della controparte, risulta in genere accompagnato da una garanzia reale, rappresentata da ipoteca di primo grado sull’immobile o da privilegio sugli impianti e macchinari di cui si finanza l’acquisto. Il metodo più diffuso per la definizione del piano di rimborso è l’ammortamento alla francese , con rate costanti date dalla somma di una quota capitale crescente e una quota interessi decrescente; tuttavia è possibile riscontrare diverse varianti, come nel caso del cosiddetto “ammortamento italiano ” che è caratterizzato da rate decrescenti (con quota capitale costante e quota interessi in diminuzione), o di previsione di un periodo di pre-ammortamento durante il quale sono pagati solo interessi.. Il tasso d’interesse applicato a un mutuo può essere di diverso tipo:  tasso fisso: stabilito contrattualmente per tutta la durata del finanziamento; il rischio è che il tasso così determinato si riveli successivamente molto elevato in base alle evoluzioni delle condizioni di mercato; il vantaggio è quello di conoscere in anticipo l’ammontare di ciascuna rata, potendo gestire meglio il proprio budget;  tasso variabile: in base alle condizioni di mercato. L’indicizzazione più frequente è all’EURIBOR, maggiorato di uno spread fisso. Può anche essere prevista un’opzione cap , cioè un tetto massimo che il tasso applicato non può comunque superare. Il vantaggio è quello di avere un tasso equilibrato rispetto alle condizioni di mercato, a fronte dello svantaggio di pagare una rata variabile e non nota in via anticipata;  tasso misto: in questo caso il contratto consente di passare da un regime di tasso fisso a uno di tasso variabile. La convenienza del prodotto è però limitata dagli elevati costi da corrispondere per l’esercizio di tale facoltà. Oltre al tasso d’interesse, il richiedente un mutuo deve sostenere altri oneri, come ad esempio le spese di istruttorie. Queste voci di costo, rapportate all’importo del mutuo sono espresse dall’Indicatore Sintetico di Costo (ISC): che è un indicatore del costo totale del mutuo. – CREDITI DI FIRMA – Le banche possono concedere credito anche sotto forma di prestiti non monetari, i cosiddetti crediti di firma, attraverso cui la banca si impegna ad assumere direttamente su di sé o a garantire l’obbligazione del soggetto affidato. La banca può garantire per conto del cliente l’adempimento di obbligazioni non monetarie (es. di obbligazioni di fare). Diversamente, un prestito di firma può assistere le imprese che si rivolgono al mercato per la raccolta di risorse finanziarie; in questo caso la banca le concede un prestito non monetario, secondo diverse modalità:  Accettazione bancaria: l’impresa affidata spicca tratta sulla banca che assume, in tal caso, la veste di obbligato in via principale.  Polizza di credito commerciale: la banca non assume su di sé l’obbligazione dell’impresa affidata, ma si limita a far da garante rispetto al rimborso di un credito derivante da una transazione commerciale;  Cambiale finanziaria: la banca funge da garante all’impresa che vuole raccogliere risorse finanziarie a breve; lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 82 Inoltre, i crediti di firma possono anche garantire il buon fine di transazioni commerciali con l’estero , facilitando la conclusione di negoziazioni tra controparti che non hanno una profonda conoscenza e quindi non sono legate da fiducia reciproca. – IL LEASING – Il leasing costituisce uno strumento molto diffuso, utile al finanziamento del capitale fisso di un’impresa. Gli elementi alla base della sua crescente diffusione sono la flessibilità dello strumento e la sua capacità di adattamento alle normative (civilistiche e fiscali) dei vari Paesi. Le operazioni di leasing assumono configurazioni molto diverse in termini di:  Funzione economica del prodotto per l’utilizzatore;  Distribuzione dei rischi e dei benefici derivanti dalla proprietà del bene;  Coinvolgimento della società di leasing nella gestione del bene. In base agli “elementi comuni” presenti nelle varie fattispecie, il leasing può essere definito come: “un contratto con cui il proprietario di un bene ( locatore o concedente) permette a un’altra parte (locatario o utilizzatore) di disporre dell’utilizzo di un bene per un periodo di tempo determinato a fronte del pagamento di un canone periodico”. Gli elementi “minimi” caratterizzanti sono quindi due:  il trasferimento della disponibilità dell’uso del bene;  pagamento di un canone periodico. La flessibilità dell’operazione di leasing ha portato a “tipizzare” due forme di leasing:  leasing finanziario;  leasing operativo. Il criterio distintivo è l’assunzione dei rischi e dei benefici (risk-reward) derivanti dalla proprietà del bene. Si configura un’operazione di leasing finanziario se il contratto presenta delle clausole atte a trasferire i rischi/benefici della proprietà del bene dal concedente (proprietario legale) all’utilizzatore (che ne diverrebbe il proprietario sostanziale), così da rendere l’operazione un mero finanziamento per il locatore . Il contratto è qualificato come leasing finanziario se prevede:  il trasferimento automatico della proprietà al termine del contratto;  un’opzione di acquisto del bene a favore del locatario a un prezzo che è stimato sufficientemente inferiore rispetto al fair market value alla data in cui l’opzione diviene esercitabile;  una durata del contratto che copra la maggior parte della vita utile del bene;  un valore attuale dei canoni di leasing contrattualmente previsti che, al momento della stipulazione del contratto, sia equivalente al valore di mercato del bene (c.d. “operazione full-payout” );  il sostenimento da parte del locatario dei profitti e delle perdite derivanti dalla volatilità del prezzo di mercato del bene;  la possibilità per il locatario di rinnovare tale contratto a un canone sostanzialmente inferiore al canone di mercato. In tutti questi casi, il locatore sopporta unicamente dei rischi finanziari (rischio di credito, di interesse e/o di cambio), ma non il rischio bene, cioè il rischio che una variazione imprevista del valore di mercato del bene abbia un effetto economico imprevisto per il locatore. Viceversa, se il contratto non presenta nessuna delle clausole sopra menzionate , l’operazione di leasing non costituisce un mero finanziamento poiché il locatore sopporta anche il rischio bene. In questo caso, infatti, i rischi e i benefici della proprietà del bene restano in capo al concedente (realizzando quindi una coincidenza tra proprietario formale e sostanziale del bene) e le modalità di gestione/utilizzo del bene assumono rilievo, cosicché l’operazione è detta di leasing operativo. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 85  La componente finanziaria del factoring permette infatti all’impresa di smobilizzare i propri crediti commerciali a breve scadenza e finanziarie quindi lo sviluppo del capitale circolante.  La componente gestionale consente all’impresa di “esternalizzare” una fase critica del processo produttivo (la gestione dei crediti commerciali e la copertura del relativo fabbisogno finanziario), la quale richiede competenze specialistiche. Il factoring è in grado, quindi, di trasformare i costi fissi inerenti alla gestione dei crediti commerciali delle imprese in costi variabili , commisuratamente alla quantità dei crediti ceduti.  La componente di garanzia permette, infine, di eliminare il rischio di insolvenza del debitore ceduto e accresce perciò la certezza dei flussi di cassa in entrata. La valutazione della convenienza del factor presuppone quindi l’identificazione dei suoi costi e benefici. Il factoring prevede 2 tipi di costi per l’impresa cedente:  gli interessi finanziari corrisposti sull’anticipo;  le commissioni di factoring volte a remunerare la componente gestionale e quella di garanzia. Al riguardo, l’impresa cedente è tenuta al pagamento:  di una spesa di istruttoria per la valutazione del suo portafoglio crediti;  delle spese di gestione della fattura;  di una commissione per l’operazione;  La semplice somma di tali costi fornisce il costo apparente (esplicito) del factoring, mentre il costo effettivo richiede l’analisi anche delle componenti implicite nell’operazione. Trattandosi di un’operazione puramente finanziaria, l’offerta del factoring è riservata dalla legge agli intermediari bancari e a quelli finanziari specializzati , i quali sono di norma di emanazione bancaria (c.d. “ factor tradizionali”) o di gruppi industriali (c.d. “società captive”). Il processo produttivo del factoring prende avvio con la valutazione del portafoglio crediti dell’impresa da parte del factor , volta a individuare i crediti oggetto di una successiva cessione. Il factor procede dunque a una valutazione circa la: 1. regolarità dei crediti ceduti; 2. quota dei crediti ceduti rispetto al totale di quelli detenuti dall’impresa (analisi quantitativa ); 3. tipologia e il grado di rischio a essi associato (valutazione qualitativa ). Al termine della valutazione: 1. il factor indica i crediti accettati in cessione definendo quindi un plafond globale a carattere rotativo per l’impresa cedente. 2. I crediti possono essere selezionati in base a un criterio di omogeneità (es. per area territoriale) o su base puntuale (es. scegliendo il base al nominativo del debitore). 3. Il factor procede inoltre alla valutazione preventiva dell’idoneità dei crediti dell’impresa a essere ceduti in modo pro solvendo o pro soluto: a riguardo, due indicatori importanti sono la durata del credito e il relativo importo. 4. Alla cessione del credito segue la prestazione dei servizi da parte del factor secondo quanto stabilito contrattualmente. Il factor subentra così nella gestione della relazione con il debitore . 5. In caso di mancato pagamento da parte del debitore, l’attivazione della procedura per il recupero del credito spetta al factor nelle operazioni pro soluto e al creditore nelle operazioni pro solvendo. – IL CREDITO AL CONSUMO – Le operazioni di credito al consumo vedono le famiglie come prenditori di fondi: si tratta infatti di operazioni volte a finanziare un livello di consumi al tempo corrente (es. l’acquisto di beni mobili per soddisfare bisogni personali) eccedente il reddito corrente e volte quindi ad anticipare una quota dei redditi futuri attesi. La normativa attuale definisce il credito al consumo come: “un contratto con cui un finanziatore concede o si impegna a condere a un consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra facilitazione finanziaria”. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 86 L’elemento caratterizzante del credito al consumo è la destinazione del finanziamento a favore di una persona fisica per l’acquisto di beni e/o servizi caratterizzati dalla completa assenza di ogni finalità produttiva . I prodotti finanziari nell’ambito del credito al consumo sono numerosi. Una prima distinzione è quella tra:  Finanziamento finalizzato: nel quale il finanziamento è erogato direttamente al fornitore del bene/ servizio (nell’ambito di una preesistente convenzione tra il venditore del bene/servizio e la società finanziatrice), che procede a consegnarlo all’acquirente.  Prestito personale (o finanziamento non-finalizzato): nel quale il finanziamento è erogato al consumatore senza alcun vincolo di destinazione: l’acquisto del bene/servizio è portato a termine autonomamente dal consumatore in un momento successivo all’erogazione del finanziamento e non vi è alcuna relazione tra il venditore del bene/servizio e la società finanziatrice. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 87 Un elemento comune a entrambi è relativo al rimborso del prestito : una volta ottenuto il finanziamento, il consumatore è tenuto a rimborsarlo, di norma in base a un piano di ammortamento a rate costanti mensili e a canali di pagamento concordati. Il consumatore finanziato ha sempre la facoltà di estinguere anticipatamente il prestito, versando il capitale residuo e gli interessi e gli altri oneri maturati fino al momento dell’estinzione, più (se previsto dal contratto) un compenso che deve mantenersi nei limiti previsti dalla legge. Il contratto d’acquisto del bene/servizio e il contratto di finanziamento sono di norma distinti in entrambe le tipologie.  Il contratto d’acquisto riguarda il consumatore e il venditore del bene/servizio;  il contratto di finanziamento riguarda il consumatore e la società finanziatrice.  Questa distinzione è importante nel caso di:  problemi legati al funzionamento del bene/servizio acquisito e/o  di controversie tra il consumatore e il venditore del bene/servizio: In linea di principio, l’impegno a rimborsare puntualmente le rate (assunto dal consumatore nei confronti del finanziatore) va comunque rispettato . Per quanto riguarda le forme tecniche in cui le operazioni di credito al consumo possono essere erogate, distinguiamo:  il credito rateale: cioè un finanziamento di importo determinato che prevede un piano di rimborso definito e con rate quantificate sin dall’origine (se il tasso di interesse pattuito è fisso). L’importo del finanziamento può essere versato direttamente al cliente, nel caso dei prestiti personali, oppure al venditore del bene/servizio acquistato a rate dal consumatore, nel caso dei prestiti finalizzati;  l’apertura di credito rotativo: in cui il soggetto finanziatore mette a disposizione del consumatore una somma di denaro predeterminata che lo stesso può utilizzare a sua discrezione. Il consumatore è libero di definire il piano di rimborso, con il solo vincolo di assicurare il pagamento di una rata minima mensile;  la cessione del quinto dello stipendio, cioè un prestito personale garantito il cui elemento caratterizzante è dato dalla garanzia sottostante l’operazione. Il soggetto finanziatore ha infatti il diritto a percepire periodicamente un emolumento (es. stipendio) che viene ceduto, nella misura massima del quinto, al soggetto finanziatore a rimborso del prestito. (es. se l’oggetto della garanzia è lo stipendio, il consumatore ottiene il prestito che verrà rimborsato dal datore di lavoro, che darà i 4/5 dello stipendio al consumatore e l’1/5 alla s.c.c.). Questo tipo di finanziamento può essere erogato unicamente da banche , intermediari finanziari e soggetti autorizzati alla vendita di beni/servizi nel territorio della Repubblica, nella sola forma della dilazione del pagamento del prezzo. Per quanto riguarda gli intermediari finanziari, questi sono di norma di emanazione bancaria (c.d. “società tradizionali”) o di gruppi industriali (c.d. “società captive”). La normativa attuale prevede specifici oneri di trasparenza per migliorare il grado di informazione dei consumatori e il loro livello di protezione e la possibilità di confrontare le condizioni e i costi del credito; mentre la “Direttiva sul Credito al Consumo” ha introdotto una serie di obblighi per gli intermediari creditizi relativi alle informazioni da fornire nella pubblicità e nella fase precontrattuale, tra i quali rientra la comunicazione del TAEG (Tasso Annuo Effettivo Globale) del credito che misura l’onere complessivamente sostenuto dal cliente per accedere al finanziamento (si distingue dal TAN , Tasso Annuo Nominale, che esprime solo il costo per interessi. 6.4.1. IL BILANCIO DELLE BANCHE La disciplina relativa alla redazione del bilancio delle banche è analizzata con riferimento ai seguenti aspetti:  i documenti obbligatori;  lo stato patrimoniale;  il conto economico; lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 90 6.5.4. ALCUNI INDICI DI BILANCIO E UNO SCHEMA DI LETTURA INTEGRATO Gli indici di bilancio consentono di individuare alcuni fatti della gestione e le decisioni a essi sottese, permettendo così un confronto semplificativo nello spazio (con altre banche concorrenti simili) e nel tempo (per evidenziare miglioramenti o peggioramenti di profili rilevanti della gestione). Tali indici, che al numeratore e al denominatore presentano voci di stato patrimoniale e di conto economico, sono spesso inseriti in alberi che tendono a fornire una rappresentazione integrata e di sintesi della gestione, con particolare riguardo agli aspetti economici e patrimoniali. L’albero più utilizzato è quello che pone al vertice di rapporto tra UN e MP , cioè il ritorno sull’investimento degli azionisti (ROE, Return On Equity). ROE = UN MP = UN UL · UL RG · RG RNGF · RNGF MIF · MIF MICN · MICN MI · MI TA · TA MP L’indice:  UN/UL misura il peso della fiscalità sulla banca;  UL/RG misura l’incidenza della gestione straordinaria ;  RG/RNGF misura l’incidenza dell’area dei costi , e quindi dell’efficienza operativa della banca; Lo spostamento della banca da aree tradizionali di contribuzione (il Margine di Interesse, MI) verso le aree commissionali e quelle legate alla negoziazione delle attività finanziarie sui mercati è avvenuto in molti casi soprattutto a motivo della difficoltà di mantenere livelli adeguati di spread, dato dalla differenza tra:  rendimento medio dell’attivo finanziario (IA/AFI)  e costo medio del passivo finanziario (IP/PO). Tale difficoltà è stata causata dal processo di disintermediazione subito dalle banche:  sia dal lato dell’attivo (maggior ricorso a prestiti erogati da intermediari creditizi specializzati, rispetto alle tradizionali aperture in conto corrente, e maggior ricorso ai mercati finanziari da parte delle imprese medio-grandi)  sia dal lato del passivo (concorrenza subita dalle tradizionali forme di raccolta diretta da parte dei titoli di Stato, dei fondi comuni ecc.). Gli ultimi due indici rappresentano rispettivamente:  il ROA (Return Of Asset), cioè il Margine di interesse rispetto al totale della produzione della banca (totale dell’attivo);  la Leva finanziaria (leverage), misurata dal grado di copertura dell’attivo assicurato dai mezzi propri; agisce come moltiplicatore per il ROE. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 91 L’effetto leva e il suo ruolo moltiplicativo su spread calanti sono molto evidenti se si esamina la redditività rispetto ai mezzi propri dell’area della gestione denaro della banca (MI/MP). MI MP =( IAAFI – IP PO ) · PO MP + IA AFI · CCN MP Questa equazione mostra come il risultato economico MI/MP sia in relazione con la leva finanziaria, qui approssimata da PO/MP. Dato che lo spread è positivo, aumentare l’indebitamento e quindi la leva sembra conveniente. Ma l’aumento della leva produce effetti collaterali:  Il costo del capitale di debito, IP/PO, potrebbe aumentare (anche per i debiti già stipulati) è minore spread.  Per sviluppare i prestiti si potrebbe essere costretti a politiche di tasso attivo aggressive, riducendo IA/AFI è minore spread.  La politica aggressiva di espansione delle attività potrebbe portare ad assumere maggiori rischi di credito/insolvenza.  L’aumento della leva accresce la volatilità del ROE. lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 92 7.1 L’INTERMEDIAZIONE MOBILIARE 7.2 I servizi e le attività di intermediazione mobiliare Il TUF dispone che gli intermediari possano prestare, previa autorizzazione (concessa dalla Banca d’Italia o CONSOB), un’ampia gamma di servizi a favore della propria clientela, suddivisi in:  servizi di investimento;  servizi di gestione collettiva del risparmio. Servizi di investimento Il TUF (art.1) individua un catalogo tassativo per i servizi di investimento, i quali possono avere a oggetto solo strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, derivati, titoli di Stato etc.):  esecuzione di ordini per conto dei clienti;  ricezione e trasmissioni di ordini;  mediazione;  negoziazione per conto proprio;  gestione di sistemi multilaterali di negoziazione;  collocamento e underwriting;  gestione individuale di portafoglio;  consulenza in materia di investimenti. Gestione collettiva Anche per i servizi di gestione collettiva il TUF prescrive un catalogo tassativo, che si compone delle attività di:  istituzione e organizzazione di fondi comuni di investimento e amministrazione dei rapporti con i partecipanti;  gestione del patrimonio di fondi comuni, SICAV e SICAF di propria o altrui istituzione;  commercializzazione di quote o azioni di OICR (Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio) (cioè fondi comuni di investimento, SICAV e SICAF), proprie o di terzi. La gestione collettiva, a differenza dei servizi di investimento, può avere a oggetto non solo strumenti finanziari, ma anche crediti o altri beni mobili o immobili. L’esercizio professionale nei confronti del pubblico è riservato a SGR, SICAV e SICAF. 7.2.1 L’esecuzione di ordini per conto dei clienti e la negoziazione per conto proprio Quando un investitore è interessato ad acquistare strumenti finanziari sul mercato secondario può rivolgersi a un intermediario finanziario, al quale conferire un ordine di acquisto. Tale ordine conterrà informazioni sul tipo di operazione (acquisto o vendita), sullo strumento finanziario e sulla quantià di titoli a cui è interessato. Ricevuto l’ordine, l’istituto si incarica della ricerca della controparte, compito che può adempiere molto più agevolmente dell’investitore, facendo leva sulla fitta rete di conoscenze che possiede, o inoltrando la proposta di transazione a un mercato regolamentato. La ricerca avviene, di solito, per conto ma anche in nome del cliente: con il conferimento dell’ordine, l’intermediario ha infatti mandato di rappresentanza e può spenderne il nome nel caso in cui la transazione si chiuda. Nella prestazione dei servizi di investimento agli intermediari è concesso agire in nome proprio solo previo consenso scritto. Una volta ottenuto, possono siglare direttamente contratti di acquisto, di sottoscrizione o di vendita, ma devono subito dopo intestare gli strumenti all’investitore. L’intermediario che si occupa di combinare compratori e venditori di strumenti finanziari sul mercato secondario è detto broker (che esplica “l’attività di brokeraggio”); per questo incarico egli percepisce una commissione (fee), che può essere di importo fisso o in percentuale del controvalore della prestazione. Esecuzione di ordini per conto dei clienti lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 95 La riuscita dell’offerta spesso condiziona a tal punto al capacità dell’emittente (o offerente) di perseguire i propri obbiettivi strategici (investimenti, acqusizioni, quotazione) da spingerlo a richiedere al sindacato una garanzia di collocamento integrale dei titoli, nonostante l’aggravio dei costi. In base alla presenza della garanzia distinguiamo 3 tipi di sindacati: 1. Sindacati di puro collocamento Che non prevedono alcuna garanzia . Gli intermediari che ne fanno parte si impegnano nei confronti dell’impresa cliente a promuove con la massima diligenza (“best effort”) la distribuzione dei titoli. Al loro interno si distinguono tre ruoli: quello del capofila, quello dei manager e quello dei collocatori (selling group). A fine collocamento il consorzio accredita all’impresa i fondi raccolti, decurtando il gross spread. La somma viene depositata su un conto detenuto presso una banca agente, incaricata, per i titoli collocati, di pagare le cedole o i dividendi ed eventualmente di rimborsare il capitale. Il servizio prestato è remunerato con una agency fee , corrisposta alla banca agente dall’emittente. 2. Sindacati di collocamento e garanzia Che assicurano all’impresa emittente il collocamento integrale dell’offerta. Questa tipologia di sindacati, oltre al servizio di promozione e di raccolta delle adesioni, assicurano l’accollo dell’invenduto al prezzo di offerta. L’accollo può avvenire secondo il principio della responsabilità:  individuale: nella quale a ciascun intermediario membro del sindacato è assegnata una quota di titoli; quelli invenduti, rispetto alla quota, vengono sottoscritti o acquistati direttamente dall’intermediario;  solidale: nella quale l’invenduto viene cumulato e ripartito, pro quota, tra una ristretta cerchia di membri del consorzio (underwriting group , definito anche purchase group , in caso di offerta di titoli già esistenti). Nessuna delle due soluzione è migliore in senso assoluto. La responsabilità individuale incentiva lo sforzo commerciale, mentre quello solidale consente di valorizzare particolari abilità distributive (placing power ) o di sottoscrizione (underwriting capacity ) dei partecipanti al consorzio:  il placing power dipende dalla presenza territoriale e dall’estensione della rete di vendita.  l’underwriting capacity dipende dalla solidità patrimoniale. All’interno dei sindacati di collocamento e garanzia si distinguono 4 ruoli: capofila, manager, collocatori e sottoscrittori (underwriter) . 3. Sindacati di assunzione a fermo Che assicurano all’impresa emittente il collocamento integrale dell’offerta. I titoli sono tutti sottoscritti o acquistati dai membri del consorzio a un prezzo concordato (più basso di quello d’offerta), prima che la fase distributiva inizi. Anche in caso di assunzione a fermo l’emittente (o offerente) è certo dell’ammontare dei proventi, ma, diversamente dai sindacati di collocamento e garanzia, non deve attendere che il collocamento si completi per entrare in possesso dei fondi raccolti, che gli vengono messi subito a disposizione. Anche all’interno dei sindacati di assunzione a fermo si distinguono 4 ruoli : capofila, manager, collocatori, sottoscrittori o acquirenti. Le commissioni I criteri di ripartizione del gross spread fra i partecipanti al sindacato sono stabiliti dal patto consortile. In particolare, sono previste:  la management fee, spettante a capofila e manager;  la selling concession, accordata ai collocatori; lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 96  la underwriting fee, di competenza dei sottoscrittori o acquirenti. Pricing Ai capofila spetta un ulteriore impegnativo compito: supportare l’emittente nella definizione del prezzo d’offerta:  un prezzo troppo basso: accresce oltre misura il rendimento dello strumento finanziario, comportando un costo della raccolta inutilmente elevato ed eccessive richieste di sottoscrizione o di acquisto, con pregiudizio per l’emittente.  un prezzo troppo alto: invece, deprime il rendimento e rende il titolo non così appetibile, tanto da poter essere sottoscritto o acquistato per quantitativi insufficienti a discapito dei collocatori, costretti a sottoscrivere l’invenduto o a rinunciare a parte della selling concession. Pricing delle azioni: IPO Il pricing delle azioni è, di solito, più complesso, specialmente in caso di IPO (Initial Pubblic Offering). Si tratta della prima offerta (di sottoscrizione o di vendita), pubblica e indirizzata alla quotazione, quando ancora l’emittente è sconosciuto alla grande platea di investitori. L’assenza di prezzi di scambio ufficiali e la diffidenza verso degli investitori alimentano il timore che il mercato smentisca le valutazioni dei capofila. Per evitare ciò si usa una tecnica d’asta imperfetta, detta “book building ”. I capofila organizzano dei “road show”, ovvero dei cicli di incontri con investitori istituzionali, durante i quali l’impresa, rappresentata dal top management, descrive la propria attività, i risultati finanziari e le previsioni del futuro. Terminato l’incontro, vengono prospettati diversi prezzi di collocamento , invitando gli investitori a rilevare quanti titoli sarebbero disposti a sottoscrivere o acquistare. Trasmesse ai lead manager (capofila), queste indicazioni vengono impiegate per la definizione del prezzo, consentendo un pricing più preciso e affidabile . In caso di particolari difficoltà a comprendere le potenzialità dell’emittente, è prassi fissare per il collocamento non un unico prezzo, ma una forchetta di prezzi valida per tutta la durata dell’offerta, al cui interno sarà selezionato, a conclusione dell’operazione, il prezzo definitivo pagato dagli investitori. Collocamento Fissato il prezzo (o la forchetta dei prezzi) si apre il collocamento vero e proprio , durante il quale gli interessati possono trasmettere le richieste di sottoscrizione o di acquisto al selling group. Il periodo di offerta in genere non supera i 15 giorni. Al termine, se le richieste:  eccedono i titoli da collocare (“oversubscription ”), i capofila procedono al riparto, di solito mediante estrazione;  non coprono l’offerta (“undersubscription ”), il sindacato procede alla sottoscrizione o all’acquisto dei titoli residui, sempre che sia prevista la clausola di accollo dell’invenduto. Se non è prevista, i lead manager comunicano solo l’ammontare degli strumenti finanziari distribuiti all’emittente (o offerente). Fase successiva al collocamento Chiuso il collocamento, il consorzio si scioglie. Nonostante ciò, ai capofila è di solito chiesto di intervenire nei mesi successivi, e dietro corrispettivo, come market maker per favorire la liquidità del titolo sul secondario e la stabilizzazione dei corsi (prezzi). Il sostegno alla liquidità e ai prezzi è di cruciale importanza perchè quanto più il titolo è considerato liquido, tanto più è appetibile e minore risulta la remunerazione richiesta dagli investitori per sottoscriverlo o acquistarlo: è infatti minore il premio preteso per il rischio di illiquidità . Fra gli aderenti all’offerta vi possono, poi, essere speculatori, attratti dall’eventualità di realizzare guadagni in conto capitale mediante la cessione dei titoli di cui sono risultati aggiudicatori. Qualora non si trovassero controparti pronte ad assorbire le vendite, dopo il collocamento si potrebbero generare pressioni a ribasso sui corsi, con pregiudizio per l’emittente e per i membri del sindacato, sospettati di aver praticato prezzi troppo alti (“rischio di flipping”). 7.2.4 I servizi di cartolarizzazione lOMoARcPSD|1862149 P a g . | 97 La cartolarizzazione è una tecnica finanziaria che consente di trasferire un pool di crediti appositamente selezionati dal soggetto originariamente titolare a un’altra entità economico-giuridica specializzata , che provvede a trasformare tali attività in titoli negoziabili . Le specificità di tale tecnica riguardano:  i soggetti coinvolti;  l’oggetto dell’operazione;  gli effetti dell’operazione. I soggetti principali che intervengono in una cartolarizzazione sono:  società cedente, cioè l’originario titolare (originator ) dell’attività oggetto di cessione;  società cessionaria, cioè l’entità esterna al quale vengono trasferite le attività da parte del soggetto cedente. Essa assume la denominazione di SPV (Special Purpos Vehicle) , o società veicolo, e provvede a trasformare le attività acquistate dall’originator in titoli di debito negoziabili, le c.d. ABS (Asset Backed Securities);  investitori, cioè il pubblico di potenziali destinatari delle emissioni di titoli da parte delle SPV. L’oggetto delle operazioni di cartolarizzazione può essere rappresentato da qualsiasi attività idonea alla produzione di flussi di cassa prevedibili. Il portafoglio sottostante l’operazione di cartolarizzazione è generalmente costituito da: mutui , crediti commerciali ecc. In ogni caso, gli attivi da cartolarizzare devono soddisfare appositi requisiti (in termini di durata, modalità di rimborso e condizioni economiche) che consentano di considerarli come un unico aggregato. Riguardo gli effetti prodotti, le operazioni di cartolarizzazione consentono al soggetto cedente (originator) di modificare la struttura del proprio attivo patrimoniale : trasferendo attività alla società veicolo, il cedente ha infatti l’opportunità di ottenere immediatamente liquidità e soddisfare i propri bisogni finanziari. In questo senso, la cartolarizzazione costituisce una forma di finanziamento alternativa all’indebitamento e ai mezzi propri e consente una gestione più dinamica dell’attivo da parte del cedente, che potrà destinare così le risorse liberate a impieghi ritenuti più remunerativi. Il complesso di attività cedute confluirà nell’attivo patrimoniale della società veicolo, che a sua volta finanzierà lo stesso acquisto mediante l’emissione di ABS. ORIGINATOR ––> ATTIVITA’ DA CARTOLARIZZARE ––> SPV ––> ABS ––> INVESTITORI Nella prassi operativa, la cartolarizzazione assume una forma più complessa , poiché a essa partecipa una pluralità di altri soggetti che intervengono in fasi specifiche dell’operazione, facilitandone lo svolgimento e facendo accrescere l’appetibilità da parte degli investitori delle emissioni che ne scaturiscono. Si tratta di:  advisor: soggetto con competenze specifiche che supporta l’originator nella fase iniziale di individuazione e valutazione degli attivi da trasferire;  arranger: cioè un intermediario incaricato di strutturare l’intera operazione di cartolarizzazione;  credite enhancer: cioè lo stesso originator (enhancement interno ) o un terzo (enhancement esterno ) che presta garanzie in varia forma circa la capacità di rimborso delle ABS;  agenzia di rating: cioè un soggetto specializzato che valuta la qualità delle emissioni, assegnando loro un giudizio sintetico di merito (rating);  banca di investimento: cioè un intermediario che provvede al collocamento delle ABS tra gli investitori;  servicer: che agevola la gestione dei flussi in entrata generati dalle attività cartolarizzate e il successivo trasferimento degli stessi alla SPV. L'originator può decidere di ricorrere alla cartolarizzazione anche con l’obbiettivo di limitare il rischio connesso alla detenzione delle proprie attività: nel caso in cui, per esempio, oggetto dell’operazione siano crediti, la loro cessione ad un altro soggetti potrebbe comportare il trasferimento del rischio di insolvenza del debitore originario dall’originator alla SPV.
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