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Riassunto "Pittura ed esperienze sociali nell'Italia del Quattrocento", Dispense di Storia dell'Arte Moderna

Riassunto del libro "Pittura ed esperienze sociali nell'Italia del Quattrocento" di Michael Baxandall

Tipologia: Dispense

2021/2022

Caricato il 21/12/2022

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chiara-palmucci 🇮🇹

4.4

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Scarica Riassunto "Pittura ed esperienze sociali nell'Italia del Quattrocento" e più Dispense in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! PITTURA E ESPERIENZE SOCIALI NELL’ITALIA DEL QUATTROCENTO LE CONDIZIONI DEL MERCATO 1. Un dipinto del 400 è testimonianza di un rapporto sociale: da una parte abbiamo chi faceva il dipinto e dall’altra chi lo commissionava (mecenate), ed entrambi lavoravano all’interno di istituzioni e convenzioni. Il cliente e l’artista stipulavano un contratto legale. Spendere denaro per abbellire il patrimonio pubblico era ritenuto un merito e un piacere. 2. La distinzione tra pubblico e privato non si addice molto alla funzione della pittura del XV secolo, anche perchè le commission private avevano spesso a che vedere con il pubblico. Una distinzione si può fare fra le imprese collettive, controllate da grosse istituzioni corporative, e le imprese private, di singoli individui o piccoli gruppi di persone. Un contratto specifica ciò che il pittore deve dipingere, è esplicito per quanto riguarda i modi e i tempi di pagamento, e i termini entro i quali il pittore deve effettuare la consegna, insiste sul fatto che il pittore debba usare determinati colori, come l’oro o l’azzurro ultramarino; quest’ultimo era il colore più costoso e più di difficile impiego usato al tempo e si otteneva dalla polvere di lapislazzuli importata dall’Oriente. Il pagamento veniva solitamente versato a rate, ma talvolta le spese del pittore erano distinte dal suo lavoro. La somma del contratto non era del tutto rigida e si poteva rinegoziare. In particolari casi, gli artisti lavoravano per dei principi da cui percepivano uno stipendio, come Mantegna che lavorò per i marchesi Gonzaga di Mantova; lo stipendio non gli veniva sempre pagato con regolarità e in certe occasioni gli vennero concessi privilegi o doni di terre. La posizione del Mantegna era abbastanza insolita rispetto a altri pittori del 400 perchè questi spesso venivano pagati per una singola opera piuttosto che con uno stipendio fisso. 3. Nel corso del secolo si parla sempre meno nei contratti dell’oro e dell’azzurro ultramarino. Si ha l’impressione che i clienti comincino a badare meno l’esigenza di fare sfoggio della preziosità dei materiali fine a se stessa. Il ruolo meno rilevante dell’oro fa parte di una tendenza generale che riguardò tutta l’Europa occidentale. Le indicazioni dell’uso di determinati materiali veniva sempre meno e venivano sostituite da quelle sull’abilità tecnica del pittore; si attribuiva più valore all’abile uso dei materiali. Cominciò ad emergere anche l’idea dell’attribuzione un valore diverso al tempo del maestro rispetto a quello degli assistenti. 4. Esistono alcune descrizioni del 400 relative alla qualità dei pittori, ma sono veramente poche quelle che si possono ritenere rappresentative di una collettività. Intorno al 1490 il duca di Milano decise di assumere alcuni pittori per decorare la Certosa di Pavia e il suo agente di Firenze gli inviò un promemoria relativo ai quattro pittori che andavano per la maggiore: Botticelli (aria virile), Filippino Lippi (aria dolce), il Perugino (aria angelica) e Ghirlandaio (bona aria). Da questa distinzione emerge che viene fatta una distinzione molto sottile tra affresco e pittura su tavola, che i pittori vengono considerati come individui in concorrenza tra loro, e che bisogna porre attenzione sul fatto che un artista ha un carattere diverso da un’altro. L’OCCHIO DEL QUATTROCENTO 1. Il cervello ha il compito di interpretare i dati di prima mano relativi alla luce e al colore ricevuti dai coni e ciò avviene grazie sia a delle capacità innate che grazie a quelle che derivano dall’esperienza. Ognuno infatti elabora i dati dell’occhio servendosi di strumenti differenti: in breve ciò si può definire lo stile conoscitivo individuale. 2. Nell’ affresco dell’Annunciazione di Piero della Francesca a Arezzo, il pittore dispone i colori su un piano bidimensionale per riferirsi a qualcosa di tridimensionale. Per l’Italia del XV secolo il fatto di osservare tali rappresentazioni era una specie di istituzione che comportava una serie di aspettative: queste variavano a seconda della collocazione e del talento che si aspettava il fruitore. Il dipinto risente dei tipi di capacità interpretativa che la mente gli fornisce e ci sono delle capacità percettive che sono più adatte di altre per un certo dipinto. Buona parte di ciò che noi chiamiamo gusto consiste nella corrispondenza fra l’analisi richiesta da un dipinto e la capacità di analisi del fruitore. L’uomo si trova davanti al dipinto con una quantità di informazioni e opinioni tratte dall’esperienza generale. Ad esempio, Piero poteva fare assegnamento sul fatto che il fruitore riconoscesse il soggetto dell’Annunciazione con un’immediatezza sufficente da permettergli di accentuarlo, modificarlo e adattarlo in modo spregiudicato. 3. L’uomo del Rinascimento era uno che abbinava dei concetti allo stile pittorico. Le capacità di cui siamo consapevoli sono quelle che abbiamo appreso in modo formale, con sforzo cosciente, quelle che ci sono state insegnate. Quando si parla di stile conoscitivo nel 400 si fa riferimento a quelle persone la cui reazione alle opere d’arte era di importanza fondamentale, ossia le classi dei committenti. Un uomo del 400 trattava affari, frequentava la chiesa, conduceva una vita sociale e da tutte queste attività acquisiva la capacità per osservare i dipinti. Buon aparte degli strumenti con cui un uomo organizza la sua esperienza visiva sono relativi al dato culturale, nel senso che sono determinati dall’ambiente sociale che ha influito sulla sua esperienza. 4. La maggior parte dei dipinti del XV secolo sono dipinti religiosi e ciò significa che i dipinti erano creati in funzione di fini istituzionali cui fornivano il contributo di una specifica attività intellettuale e spirituale. I dipinti ricadevano sotto la giurisdizione di una teoria ecclesiastica. Dal punto di vista della Chiesa le immagini dovevano avere un triplice scopo: istruzione, dogmi e suscitare devozione. E si basavano sulla semplicità del popolo e sul rafforzare il ricordo, a causa della semplicità della memoria. I dipinti sono stimoli immediatamente accessibili che inducono l’uomo a meditare sulla Bibbia e sulle vite dei santi. Per fare questo il dipinto deve raccontare una storia in modo chiaro per la gente semplice e in modo avvincente per chi si sente di ricordare, utilizzando a pieno la vista, il più potente di tutti i sensi. L’idolatria rappresentava una preoccupazione per la teologia, in quanto la gente semplice poteva confondere l’immagine della divinità con la divinità stessa e adorarla. 5. Per il pittore, la traduzione di immagini di storie sacre era un compito professionale e ognuno doveva misurarsi con un’attiva consuetudine di visualizzazione interiore. L’esperienza quattrocentesca comprendeva anche il processo di visualizzazione che il fruitore aveva precedentemente operato sull’argomento raffigurato nel dipinto stesso.
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