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Riassunto prima parte "Storia Medievale" di Provero-Vallerani, Sintesi del corso di Storia Medievale

Riassunto puntuale e dettagliato della prima parte del manuale.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 28/05/2023

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Scarica Riassunto prima parte "Storia Medievale" di Provero-Vallerani e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! STORIA MEDIEVALE Parte prima La trasformazione del mondo romano Luigi Provero e Massimo Vallerani INTRODUZIONE L’idea di medioevo nasce quando il medioevo finisce: furono gli umanisti, a partire dal XV secolo, a individuare un periodo di mezzo che si frapponeva tra loro e l’età classica, a cui volevano richiamarsi. È quindi un’idea che nasce in un momento storico ben preciso e con intenti chiari: affermare la propria diretta discendenza dalla cultura classica e connotare il millennio precedente come un intermezzo, un periodo di barbarismi e di declino linguistico e culturale, una rottura che andava sanata. Il giudizio negativo sul medioevo nasce sul piano culturale ma si estende presto anche a quello politico e sociale. Gli uomini del Rinascimento vedevano nello Stato il modello politico più alto e di conseguenza guardavano con disprezzo il medioevo per via dell’altissima frammentazione dei poteri. Come tutte le periodizzazioni storiche, il medioevo è quindi una convenzione, ma la nozione di medioevo resta utile perché indica un periodo che si colloca fra due fasi di profondo mutamento pressoché di tutte le forme della vita associata: 1. da un lato la trasformazione del mondo romano, tra IV e VI secolo; 2. dall’altro la formazione dell’Europa moderna, un migliaio di anni dopo. Questa prima parte del volume intende presentare il primo grande sistema di cambiamenti avvenuto durante la transizione dall’antichità al medioevo-> non ci furono solo le invasioni barbariche, ma anche una profonda trasformazioni delle forme di vita. Fu un mutamento che ebbe inizio ben prima della caduta dell’Impero e che si concluse molto dopo. Possiamo considerare i secoli dal IV al VI come una complessa fare di trasformazione-> cambiarono: 1) Le fedi religiose: Il cristianesimo si era progressivamente diffuso nei territori dell’Impero, così nel 314 venne concessa da Costantino la libertà di culto, e in seguito, nel 380, venne riconosciuta come religione ufficiale-> questi due eventi trasformarono in pochi decenni il Cristianesimo da religione minoritaria e illecita a culto dominante. 2) La distribuzione dei diversi popoli in Europa e nel Mediterraneo: negli stessi decenni gruppi sempre più numerosi di persone originariamente estranee all’impero (chiamate perciò barbare) si stanziarono all’interno del dominio romano, non in seguito ad una conquista, ma riconosciuti e accolti dallo stesso Impero, di cui andarono a costituire l’esercito. 3) I sistemi politici: nel corso del secolo successivo molti di questi gruppi presero il potere in diversi settori dell’Impero occidentale, formando i regni romano-germanici, mentre la parte orientale dell’Impero conservò molte forme del potere imperiale. 4) Le forme della circolazione economica: questa rottura del nesso politico romano trasformò radicalmente i meccanismi economici-> il prelievo e la redistribuzione delle tasse attraverso tutto il Mediterraneo e l’Europa avevano costituito il principale sistema di circolazione economica in età imperiale; la loro interruzione con la fine dell’Impero d’Occidente, non arrestò gli scambi tra le diverse sponde del Mediterraneo, ma ruppe l’interdipendenza economica tra le diverse regioni. All’inizio del VI secolo pressoché tutte le forme del vivere associato erano diverse rispetto a due secoli prima: si rispondeva a poteri diversi, si erano diffuse lingue nuove (ma si continuava a parlare e soprattutto a scrivere in latino), si credeva in un Dio diverso, nella vita quotidiana si usavano per lo più oggetti di produzione locale, le città erano più piccole. Per dare un inizio a questo periodo sono state proposte molte date, e ognuna di queste presenta una scelta, una selezione, un interpretazione del mutamento:  la classica data del 476 (fine Impero d’Occidente) esprime l’idea che la struttura fondante del mutamento sia rappresentata dalle istituzioni più alte, dal titolo imperiale;  il 410 (sacco di Roma da parte dei Visigoti) privilegia una lettura etnico-militare, con la libera mobilità dei popoli barbarici nei territori dell’Impero, fino alla violazione del suo centro, che da secoli (dai Galli di Brenno) non veniva raggiunto dai nemici;  il 324 (fondazione di Costantinopoli) è un modo per evidenziare i quadri territoriali e istituzionali, con una creazione di una nuova capitale;  il 313 (l’editto di Milano) indica invece il mutamento religioso il fattore più connotante. Ogni data è un’interpretazione, è l’individuazione di un singolo fattore che viene ritenuto determinante nel mutamento di un’intera civiltà. Ma è importante ricordare che non è il fatto specifico a determinare il mutamento, ma è il mutamento strutturale a manifestarsi nel fatto. 2 moneta riducendone la quantità di metallo prezioso-> questo andò a colpire soprattutto i ceti più poveri che si trovavano in mano monete di valore sempre minore. Nel complesso, i costi dell’unificazione soprattutto, esercito e burocrazia, divennero man mano superiori ai vantaggi dell’integrazione economica. Al contempo cambiò il rapporto tra l’Italia e le province-> l’Italia perdette progressivamente la propria rilevanza produttiva, divenendo principalmente luogo di consumo di prodotti provenienti da altre parti dell’Impero. In modo sempre più chiaro, il sistema fiscale e commerciale fu strutturato attorno a un flusso di derrate e manufatti che dalle periferie andavano verso il centro o verso il limes. In particolare si formò un asse stabile di circolazione di ricchezze tra Cartagine (area di produzione agraria e artigianale) e Roma poiché i prodotti derivanti dall’Egitto furono indirizzati verso Costantinopoli che nel V secolo affiancò Roma come capitale imperiale e come metropoli del Mediterraneo. 2. L’ESERCITO, IL LIMES, I BARBARI L’esercito era uno dei capitoli di spesa più onerosi per l’Impero, in quanto i soldati erano stipendiati; ormai non esisteva più la coscrizione obbligatoria, ma era presente una tassa sostitutiva che i grandi proprietari terrieri pagavano per esentare dal servizio i propri coloni garantendosi così la manodopera sulle terre. Grazie a questa tassa, e più in generale all’articolato sistema fiscale, l’Impero era in grado di nutrire, equipaggiare e stipendiare l’esercito. L’esercito era una struttura ampia a causa delle continue pressioni militari sui confini e per le frequenti guerre civili tra i diversi aspiranti imperatori. Nel corso del IV secolo, si definirono due settori fondamentali dell’esercito:  I comitatenses-> forza mobile incaricata di accompagnare l’imperatore;  I limitanei-> le guarnigioni poste a difesa del confine (limes). IL LIMES-> È una struttura chiave: “linea” che seguiva il corso del Reno e del Danubio tagliando il continente europeo da nord-ovest a sud-est. Lungo questo confine vi erano fortificazione atte alla protezione dello stesso, in aggiunta già alla tutela naturale fornita dai due grandi fiumi; questo confine non è da intendere come una netta separazione tra mondo romano all’interno del limes e mondo non romano (barbaro) all’esterno, ma piuttosto come un punto di incontro, scontro e scambio fra le popolazioni nell’Impero e quelle all’esterno-> non è quindi una distinzione tra popolazioni romanizzate e non perché:  I livelli di romanizzazione erano molto diversi già nell’Impero stesso;  Essere all’esterno dell’Impero non significa essere estranei ad ogni influenza romana. NB: le popolazioni barbare fuori dal limes non erano espressione di un sistema di civiltà opposto a quello romano, ma piuttosto erano alla periferia di questo. BARBARI O GERMANI?-> La definizione di “ barbari ” era nata per indicare in modo dispregiativo quelli che non parlavano bene il greco (e poi il latino). La nozione importante è che erano “barbari” perché non erano “Romani”-> perciò non erano pienamente assimilati alle popolazioni comprese nell’Impero. Un’altra possibile definizione per questi gruppi è quella di “Germani”, termine privo di giudizio negativo che nasce da affinità di costume e di lingua, ma non del tutto corretto in quanto questi gruppi armati non avrebbero mai pensato a se stessi come Germani-> è una nozione intellettuale derivata da Tacito, che non corrispondeva in nessun modo ad una reale identità etnica che unisse tutte queste popolazioni. Entrambe le definizioni uniscono elementi di verità con importanti distorsioni, forse quella di “barbari” resta la migliore, se liberata dalla componente di giudizio e di condanna, in quanto queste popolazioni non si sarebbero mai definite come un grande gruppo omogeneo di Germani, ma sapevano certo distinguere chi era dentro e fuori l’Impero: i Romani e i barbari. L’IDEA DI ETNOGENESI -> Per comprendere meglio questo discorso è bene introdurre il concetto di etnogenesi-> lungo la seconda metà del XX secolo la medievalistica europea ha completamente rinnovato la questione dell’identità etnica di questi gruppi, sulla base di due nozioni: 1) Si è chiesta come questi gruppi percepissero sé stessi e in che misura si considerassero membri di un popolo-> considerando l’appartenenza ad un popolo non come un dato oggettivo ma come una percezione personale, l’espressione di una scelta, della volontà di farne parte; 2) Studiosi come Reinhard Wenskus e Walter Pohl hanno mostrato come questa identità non fosse 5 un dato stabile e permanente, ma l’esisto di una continua rielaborazione, una costruzione sociale a cui si è dato il nome di ETNOGENESI = costruzione dell’etnia, costruzione dell’identità di un popolo-> processo di formazione dei popoli di natura culturale che fa sì che le società che avevano poco in comune tra di loro si raggruppino attorno ad un re in unico popolo. Le identità etniche sono aperte-> si formano e si rinnovano continuamente. IDENTITÀ E POPOLI-> Bisogna capire bene ed identificare il concetto di identità e il concetto di popolo. Ci sono due posizioni interessanti tra le quali è necessario muoversi con equilibrio:  Da un lato il senso di appartenenza dei barbari era probabilmente legato soprattutto a piccole unità sociali, di natura tribale, al seguito di un capo militare -> dato oggettivo.  Dall’altro lato abbiamo un sistema di fonti scritte prodotte dalla cultura romana che, per analogia con i propri sistemi politici, cercava di individuare tra i barbari strutture di politiche ampie, regni e popoli stabili e riconoscibili (Franchi, Ostrogoti, Vandali ecc.)-> alcune identità etniche più larghe (per le quali possiamo parlare di “popoli” germanici) durarono nel tempo. Queste solidarietà allargate erano un insieme di tante piccole identità etniche che venivano riunite da un capo militare per fare scorribande o ottenere bottini. Ma in diversi casi questi nomi di popoli e queste solidarietà si prolungarono del tempo, al dì la dell’impegno militare: quando il re moriva, la solidarietà di popolo non per questo si scioglieva, ma riceveva una nuova figura da seguire.  Non è quindi sbagliato usare i nomi dei popoli (Franchi ecc.) e seguire i loro spostamenti nei territori dell’Impero, però bisogna farlo con la consapevolezza che non si trattasse di gruppi omogenei e stabili, di solidarietà costruite su base etnica ed ereditaria, ma di strutture estremamente mobili, confederazioni di gruppi tribali che si riunivano e si sfaldavano al seguito dei re più abili nel guidarli alla ricerca di bottino. I BARBARI E LE RICCHEZZE DELL’IMPERO-> I popoli militarmente più forti e più stabili diventavano così poli di attrazione per i gruppi o gli individui alla ricerca di fortuna. Ma tra III-IV secolo la struttura politica più attraente era l’Impero Romano che offriva grandi ricchezze e opportunità-> l’esercito romano aveva continuamente bisogno di uomini e li stipendiava e promuoveva indipendentemente dalla lingua usata o dall’origine etnica. Per questi popoli l’Impero rappresentava l’occasione perfetta di guadagno e l’opportunità di usare e mostrare le proprie capacità e forze. Lungo il III e soprattutto IV secolo non solo individui, ma anche gruppi organizzati si inserirono nell’esercito romano-> la presenza barbara entro i territori romani ebbe inizio molto prima del crollo dell’Impero. I BARBARI NELL’ESERCITO ROMANO-> Non venivano inseriti nell’esercito romano solo singoli uomini, ma anche gruppi tribali o interi popoli, che entravano a far parte dell’esercito conservando le proprie gerarchie e i propri capi. L’inserimento di gruppi organizzati di questo tipo all’interno di una struttura politica ben definita come quella romana, fece sì che il processo di etnogenesi di questi popoli subisse una forte accelerazione, in quanto si consolidava la loro solidarietà di gruppo e la leadership del re-> organizzazione che incideva anche sulle strutture di potere dell’Impero, che disponeva di corpi militari più efficaci, ma la cui integrazione nei quadri imperiali era più debole. L’influenza di Roma si estendeva anche al di fuori del limes , condizionando così le dinamiche politiche interne ai diversi popoli barbari, favorendo ad esempio la crescita di capi più fedeli a Roma. MOBILITÀ DEGLI ESERCITI-> Tra il III e la prima metà del IV secolo la penetrazione barbara entro l’Impero non provocò grandi conflitti e soprattutto non implicò alcun crollo del limes. Ma negli ultimi decenni del IV secolo le cose iniziarono ad evolversi-> questo processo partì dalla mobilità e iniziativa militare degli Unni , la cui spinta sui popoli dell’Europa orientale provocò un effetto a catena di movimento verso Occidente, determinando una sorta di pressione sul limes danubiano dei Visigoti, che ottennero nel 375 di poter occupare un grosso stanziamento all’interno dei territori romani. Era però un insediamento poco controllato e minaccioso per l’Impero, i Visigoti si dedicarono presto a forme di saccheggio nei Balcani inducendo l’imperatore Valente ad attaccarli, ma la battaglia di Adrianopoli (378) comportò una pesante sconfitta romana e la morte dell’imperatore stesso. ORIENTE: NUOVI EQUILIBRI-> Il 378 può essere considerata una data chiave per via del fortissimo impatto che ebbe sull’immaginario collettivo-> per la morte dell’imperatore e perché la sconfitta segnò una netta divaricazione tra Oriente e Occidente. L’impero non poteva rinunciare alla presenza militare barbara, ma cominciò ad avviare una politica di ridimensionamento: il loro inserimento era più diffuso, non 6 venivano più inseriti gruppi compatti al seguito del proprio re e non potevano più accedere alle cariche più elevate all’interno della gerarchia militare-> il cambiamento però non fu immediato vista l’emergenza militare. Il nuovo imperatore Teodosio sancì un foedus con i Visigoti portando a una pacificazione-> vennero inseriti nell’esercito romano in corpi omogenei, con comandanti propri. Questo ridimensionamento si andò definendo nei primi decenni del V secolo in Oriente, ma non fu possibile in Occidente, dove le strutture del potere imperiale erano più indebolite. Infine la differenziazione tra Oriente e Occidente si consolidò definitivamente con la divisione dell’Impero tra Onorio e Arcadio nel 395 . OCCIDENTE: IL CROLLO DEL LIMES DEL RENO-> un momento di svolta per l’Occidente fu il primo decennio del V secolo: fu una fase di intensa mobilità militare all’interno dei territori imperiali, da parte di eserciti formati e guidati da barbari ma inquadrati formalmente nelle gerarchie dell’esercito romano. Ciononostante era evidente che l’Impero non riuscisse ad esercitare un fermo controllo, in quanto i capi barbari spesso e volentieri agivano esclusivamente in base al proprio interesse. Ciò ben presto portò alla rottura del limes renano permettendo, tra il 406 e il 407 la penetrazione di importanti gruppi armati nei territori imperiali. L’esito più eclatante di questa situazione fu senza dubbio il SACCO DI ROMA del 410, la violazione del centro reale e simbolico dell’Impero-> fatto piuttosto incisivo che portò ad un indebolimento sempre maggiore del potere imperiale e pose le basi della formazione futura in Occidente dei regni romano-germanici. CAPI BARBARI ALLA GUIDA DELL’ESERCITO->furono diversi gli scontri tra barbari e Impero, importanti per capire le dinamiche di questi scontri sono i casi di 3 capi militari: 1) Arbogaste: era un franco che alla fine del IV secolo era comandante supremo dell’esercito romano d’Occidente sotto Valentiniano II. Nel 392 si ribella all’ imperatore, lo uccide e fece incoronare Flavio Eugenio, un alto funzionario imperiale. Gli si contrappone però Teodosio che nel 394 sconfisse lui e Eugenio. 2) Stilicone: era un vandalo che, come Arbogaste, fu comandante supremo delle truppe imperiali in Occidente sotto Onorio. Difese l’Impero contro i Visigoti di Alarico a Pollenza nel 402 e contro Radagaiso a Fiesole nel 406, ma quest’ultima vittoria lasciò campo aperto ai popoli che valicarono il Reno, così fu accusato a tradimento e fatto uccidere nel 408 a Ravenna. 3) Alarico: era il re dei visigoti, ma allo stesso tempo era stato nominato comandante degli eserciti romani nell’Illirico. Nel 396 guidò la ribellione del suo popolo che fu contrastata duramente da Costantino, tanto da costringere Alarico a spostarsi in Italia, dove fu fermato da Stilicone e reinserito nell’esercito romano. Ma nel 409 Alarico fece un nuovo tentativo che lo portò prima ad assediare Roma e in seguito a saccheggiarla. Questa sua iniziativa pose le basi per la formazione futura di un autonomo regno visigoto. Trama fondamentale delle lotte che connotarono l’inizio del V secolo-> tutti personaggi barbari, ma tutti comandanti militari romani, tutti combatterono al servizio dell’Impero ma al contempo tutti lo fecero per le proprie ambizioni-> l’esercito romano di conseguenza era costituito da soldati e generali di origine barbarica, era spesso frammentato in corpi militari non coordinati, che seguivano politiche dei propri capi o dei diversi aspiranti al trono-> ciò portò ad una mobilità organizzata dei popoli barbari fino alla formazione dei nuovi regni. 3. LA CRISTIANIZZAZIONE DELL’IMPERO PLURALITÀ DI FEDI-> Per quanto riguarda la religione all’interno dell’Impero vi era una sorta di pluralità di:  Paganesimi: il paganesimo si era arricchito nei secoli di molti spunti religiosi di altre religioni sottomesse, tra cui avevano assunto rilievo i culti salvifici, che promettevano al fedele una forma di vita ultraterrena;  Culti salvifici: vi erano diversi culti che professavano la salvezza dopo la morte;  Cristianesimi: vi erano interpretazioni teologiche diverse delle Sacre Scritture, che portarono oltretutto anche a duri scontri; 7 un vescovo destinato ai cristiani irlandesi. La sua cristianizzazione assunse una fisionomia particolare con una forte importanza dei centri monastici e una grande spinta missionaria-> religiosità monastica. L’ASCESI MONASTICA-> il culto monastico nasce nel IV secolo nel Mediterraneo orientale . Il monachesimo non è una religione in sé ma è una forma di vita presente in molte religioni->si tratta di una fuga dal mondo basata sulla rinuncia e mirata all’ascesi e quindi all’avvicinamento all’Essere supremo. Il monachesimo buddista per esempio è connotato da un percorso di ascesi pura, senza forme di penitenza, mentre il monachesimo cristiano valorizzò la penitenza come purificazione dal peccato. Lungo il IV secolo essere cristiano non era più una posizione estrema, ma l’adesione alla linea religiosa e ideologica dominante-> il monachesimo si affermò anche come una forma di tacita protesta per riaffermare un modello di vita religiosa coerente ed estrema. Esso fonda le sue basi sull’idea di una superiore perfezione religiosa con un forte richiamo all’età apostolica-> queste saranno le chiavi fondamentali per la costruzione dell’ideologia monastica. Durante il tardo-antico il monaco era mosso da una tensione verso Dio, lo scopo centrale di questa scelta di vita era l’ascesi personale, il perfezionamento spirituale del singolo monaco, l’assistenza ai poveri e l’attenzione alla cultura e allo studio avevano un ruolo marginale. Le esperienze monastiche erano molto diverse tra loro, in particolare c’era la divaricazione tra eremiti (coloro che scelsero di compiere il percorso di ascesi in solitudine) e cenobi (coloro che si riunirono in una comunità), ma tutte queste forme di vita erano accomunate da alcuni elementi comuni:  Allontanamento dal mondo e dalla società civile;  Rapporto continuo con le Sacre Scritture;  Rinuncia alle ricchezze;  Scelta di autosostenersi con il lavoro. LE ORIGINI: EREMITI-> Le prime notizie degli eremiti si hanno tra Sira ed Egitto durante il IV secolo. Gli eremiti erano sì isolati, ma avevano anche una forma di ostentato esibizionismo che aveva la funzione di porli come esempio alla società (per esempio gli Stiliti vivevano in cima alle colonne di edifici diroccati- >luoghi isolati ma vistosi). La loro figura ebbe presto una fama di santità, che permise loro un rilevante flusso di elemosine con le quali si sostentavano. LE ORIGINI: CENOBI-> Fu in parte in relazione a queste esperienze e nella ricerca di un’ascesi più intima che si andarono elaborando le prime comunità cenobitiche, a partire dalle esperienze promosse da Pacomio in Egitto, nella prima metà del IV secolo. Queste comunità erano organizzate in modo gerarchico da una semplice struttura di controllo e di coordinamento dei singoli, al cui vertice era posto l’abate (padre della comunità). Inoltre c’erano regole scritte che stabilivano i comportamenti e i doveri dei monaci. I monaci si sostenevano reciprocamente nei rispettivi percorsi ascetici e le regole per iscritto implicavano il perfezionamento del metodo di ascesi. Pochi decenni dopo, il vescovo Basilio di Cesarea (in Cappadocia->Turchia) sviluppò un’ampia e puntigliosa precettistica, orientata a una forma di ascesi equilibrata. Alcune caratteristiche del monachesimo basiliano non si ritroveranno nelle forme monastiche più diffuse in Occidente (es: stretta operazione tra monaci e vescovo). L’importazione del monachesimo in Occidente si avviò precocemente, alla fine del IV secolo, con figure come san Gerolamo in Italia, sant’ Agostino in Tunisia e san Martino in Francia-> il monachesimo si muove quasi di pari passo con la profonda trasformazione che subì l’intero Occidente romano con la scomparsa dell’organizzazione imperiale e la formazione dei regni romano-barbarici, dei quali i monaci diventarono interlocutori di rilievo. CAP 2. BARBARI E REGNI Le “invasioni barbariche”, la caduta dell’Impero e la formazione dei regni romano-germanici sono state considerate tradizionalmente come i passaggi chiave della transizione dall’antichità al medioevo. Ma in realtà l’espansione militare germanica fu tutt’altro che improvvisa (i barbari costituivano gran parte dell’esercito romano) e non fu l’unico motore che innescò il passaggio dall’antichità al Medioevo. Tuttavia il processo di affermazione politico-militare dei barbari mutò i quadri politici e le forme di vita delle popolazioni e influenzò i sistemi economici mediterranei. 10 1. MOBILITÀ DEGLI ESERCITI IL CROLLO DEL LIMES DEL RENO-> Il crollo del limes del Reno (406-407) fu l’espressione di uno squilibrio strutturale, legato alla difficoltà imperiale nel tenere sotto controllo gli eserciti. Il sistema fiscale romano faticava a pagare regolarmente gli eserciti, che cercavano quindi bottino con iniziative non controllate dall’impero. Da qui ebbero inizio i più intensi spostamenti degli eserciti germanici-> che furono a lungo andare una delle cause della caduta dell’Impero, ma al contempo la conseguenza di un indebolimento imperiale già avviato. La guerra divenne sempre più un’esperienza costante all’interno dei territori imperiali, con una miriade di piccoli e medi conflitti che portavano violenza e insicurezza, ma che insieme erano un’occasione per ottenere ricchezza, prestigio, potere. Furono movimenti confusi, frammentati, spesso difficili da ricostruire. Ma, alcuni di questi spostamenti furono l’espressione militare e politica di gruppi più definiti e coesi, popoli che costruirono e mantennero la propria identità collettiva per diverse generazioni, fino a costruire dei regni duraturi e con una chiara fisionomia territoriale: Visigoti, Vandali e Unni. I VISIGOTI-> Nei primi anni del V secolo si erano più volte ribellati al potere imperiale con il re Alarico, fino ad assediare e saccheggiare Roma nel 410, per poi scendere in Calabria dove Alarico morì. La morte del re non provocò la fine dell’unità dei Visigoti, che si allontanarono dall’Italia per andare a costituire, tra 414 e 418, un regno nel sud della Francia, formalmente come federati dell’Impero, ma di fatto con ampia autonomia. Questo regno mutò configurazione territoriale nel tempo, spostò il proprio baricentro verso la penisola iberica e durò per tre secoli. VANDALI-> Negli stessi anni ci fu un’ampia migrazione dei Vandali, che valicarono il limes renano, attraversarono la Gallia e andarono a insediarsi, nel 417, nella penisola iberica. Nel 429 guidati dal re Genserico si spostarono nella parte occidentale dell’Africa romana, per poi conquistare 10 anni dopo le province della Proconsolare e della Byzacena (tra le attuali Tunisia e Algeria), dove costituirono un regno destinato a durare un secolo (439-534). I Vandali furono il primo popolo germanico a trasformare la propria superiorità militare in un potere politico strutturato, territorialmente definito e pienamente autonomo. Invece di contrattare con i romani condizioni migliori, si affermarono essi stessi come aristocrazia fondiaria dominante ed etnicamente distinta. UNNI-> Di natura ed esiti assai diversi fu l’azione degli Unni nei territori imperiali. Originari dell’Asia centrale, si erano stanziati ai bordi dell’Impero romano nei primi decenni del V secolo, divenendo una costante minaccia militare per Roma, ma in qualche fase anche utili mercenari degli eserciti imperiali. Un momento di svolta fu rappresentato nel 445 dalla presa del potere da parte di Attila, che indirizzò la forza militare unna in una durissima serie di campagne all’interno dei territori romani, fino a che Ezio (magister militum romano) sconfisse Attila ai Campi Catalaunici nel 451. Con la morte di Attila nel 453 avvenne la rapida dissoluzione del dominio unno, che mostrò nel modo più evidente come la forza militare unna non si fosse tradotta in una struttura politica e come il potere fosse necessariamente collegato alla capacità di guida militare del suo re. Ezio, fu una figura per molti versi analoga a Stilicone (generale vandalo che nel 402 aveva guidato le truppe romane alla vittoria contro i Visigoti a Pollenzo)-> anche nel caso di Ezio ci troviamo di fronte ad un generale di orine barbara, che arrivò ai vertici grazie alle proprie capacità militari, che gli consentirono di fermare un pericolosissimo nemico dell’Impero. E la morte di Ezio e dell’imperatore Valentino III (454) diede il via a nuovi saccheggi da parte degli eserciti-> il segno più immediato fu il nuovo sacco di Roma da parte dei Vandali nel 455. La violazione di Roma fu, di nuovo, espressione dell’incapacità imperiale di tenere sotto controllo le minacce militari. Lungo il V secolo l’impero Occidentale era vivo e operativo: se c’erano re germanici che scelsero di staccarsi dal dominio romano, altri capi invece agivano allo scopo di prendere il controllo dell’Impero. Il potere imperiale continuava a essere un grande obiettivo politico-militare, qualcosa per cui lottare, non solo qualcosa di cui liberarsi. Ma indubbiamente la capacità di azione degli imperatori andava riducendosi, sia come efficace, sia come ampiezza territoriale:  L’Africa vandala si era posta al di fuori dell’Impero;  I Romani si erano ritirati dalle isole britanniche attorno al 410; 11  Lungo il secolo sfuggirono all’effettivo controllo imperiale prima la parte settentrionale della Gallia, poi via via l’intera regione. LA FINE DELL’IMPERO-> i decenni centrali del V secolo furono segnati da un chiaro ulteriore declino del potere imperiale. Se la fine dell’Impero d’Occidente fu causata anche dalle invasioni di popoli germanici, il momento effettivo della deposizione dell’ultimo imperatore non fu legato a nessuna invasione: il generale sciro Odoacre depose l’ennesimo debole imperatore, Romolo Augustolo, ma rinunciò ad insediarne uno nuovo, rinviando le insegne imperiali a Costantinopoli-> Odoacre prese atto che un nuovo imperatore d’Occidente sarebbe stato inutile. Nel 476 nessuno vide questa deposizione come un avvenimento rilevate, diversamente dalla sconfitta di Adrianopoli del 378 dove morì l’imperatore e il sacco di Roma del 410 che avevano segnato in modo indelebile la coscienza dei contemporanei. ODOACRE IN ITALIA-> la scelta di Odoacre di inviare le insegne imperiali a Costantinopoli mirava a ricomporre l’unità imperale e fu la presa d’atto che un imperatore d’Occidente non era necessario, ma solo una complicazione per un mondo romano che si stava polarizzando attorno all’unico imperatore dotato di effettivo potere, quello d’Oriente. Odoacre non propose il proprio dominio come una dominazione autonoma (come i Vandali o i Visigoti), né come un tentativo di egemonizzare la parte Occidentale dell’impero, ma propose un dominio che doveva integrare un’ampia autonomia militare con il riconoscimento dell’Impero. Tuttavia l’imperatore Zenone non lo ritenne un alleato affidabile, e pochi anni dopo inviò gli Ostrogoti comandati da Teoderico a prendersi l’Italia per governarla in sua vece. Occorre sottolineare che, se Odoacre depose l’ultimo imperatore, ciò di cui si impadronì non fu la parte occidentale dell’Impero, ma solo l’Italia, perché ormai questo era l’ambito di esercizio del potere degli imperatori d’Occidente, che lungo il V secolo avevano via via perso il controllo della Britannia, dell’Africa, della penisola iberica e della Gallia. UNA NUOVA GEOGRAFIA POLITICA-> Così alla fine del V secolo si può riconoscere una geografia politica abbastanza delineata:  L’Italia per pochi anni fu nelle mani di Odoacre, per poi essere conquistata dagli Ostrogoti di Teodorico;  La Gallia era in larga misura nelle mani dei Franchi, con l’eccezione delle aree controllate Burgundi (sud est->pressappoco l’attuale Borgogna) e dai Visigoti (sud);  Parte della penisola iberica era dominata dai Visigoti, tranne l’attuale Galizia dove erano presenti gli Svevi. Dalla penisola iberica si erano invece allontanati da tempo i Vandali;  L’attuale Tunisia era controllata dai Vandali, che da qui affermarono forme di controllo anche in Sicilia, Sardegna e Corsica;  Le isole britanniche erano divise in molte dominazioni autonome, in parte nelle mani di popolazioni celtiche, in parte degli invasori angli e sassoni. Erano dominazioni molto frammentate e di dimensioni molto diverse, ma erano molti i problemi comuni a tutte queste strutture politiche, impegnate a gestire la difficile convivenza tra la maggioranza di tradizione romana e la minoranza dominante di matrice germanica. 2. I NUOVI REGNI SEMPLIFICAZIONE E CONTINUITÀ-> Nel quadro europeo tra V e VI secolo vi è una fondamentale divaricazione:  Da un lato gli oggetti e gli insediamenti che gli scavi archeologici ci mostrano per questo periodo sono tecnologicamente più semplici e testimoniano un impoverimento della società europea sia sul piano delle risorse disponibili sia su quello delle competenze tecniche.  Dall’altro, tuttavia, vediamo una forte continuità sul piano della cultura, in specifico della cultura politica e dei modelli istituzionali sul piano politico-> per cui i regni appaiono come riproposizione su scala regionale di meccanismi tipici dell’età imperiale, con una società politica polarizzata attorno alla corte regia. Questa non è una divaricazione tra crollo economico e continuità politica, ma una profonda ridefinizione dei funzionamenti su entrambi i piani, basata prima di tutto su uno spostamento degli equilibri su base 12 un’identità etnica più definita) e patrizio imperiale per l’Italia (rappresentava sia l’aspirazione del re, sia la legittimazione imperiale). IL CONSISTORIUM REGIO-> L’esercito goto e l’amministrazione romana trovavano un nesso diretto nella figura del re e del suo consistorium, consiglio ristretto formato da Goti e Romani, che affiancava il re e nel quale ebbero un ruolo importante Boezio e Cassiodoro. Il consistorium regio fu il principale strumento di governo di Teodorico e l’unico vero punto di integrazione tra Goti e Romani-> i due popoli furono tra loro complementari, ma non integrati: convissero negli stessi spazi, con funzioni diverse, accomunati dalla sottomissione allo stesso re. Se il re il suo consistorium costituivano l’unico punto di integrazione tra i due popoli, quando entrò in crisi la capacità regia di garantire mediazione e unità, fu una crisi dell’intero regno-> questo però avvenne dopo più di 30 anni di governo stabile. LA PROTEZIONE DELE CHIESE-> Questo accordo con il sistema aristocratico romano trovò un’espressione rilevante sul piano religioso. Gli Ostrogoti e i loro re erano ariani, mentre la maggior parte delle popolazioni italiche erano di fede cattolica. In questo periodo si stava consolidando il dominio sociale ed economico delle chiese, con un crescente ruolo politico dei vescovi. La scelta di Teoderico fu quella di conservare la propria fede ariana, ma al contempo si pose come protettore di tutte le chiese del regno, cattoliche e ariane. I vescovi erano parte integrante della relazione tra il re l’aristocrazia senatoria: la protezione delle chiese cattoliche e del papato era il passo necessario a completare il quadro di cooperazione con l’aristocrazia romana. Questa funzione regia dimostrò la massima efficacia nel contesto del cosiddetto scisma laureziano, nella 498, quando alla morte di Papa Anastasio II, il clero romano si spaccò e furono eletti due papi, Simmaco e Lorenzo. Entrambi si rivolsero al re per avere un giudizio, certificando come la Chiesa romana riconoscesse nel re il legittimo successore degli imperatori come suo protettore. L’EGEMONIA SUI REGNI GERMANICI-> Gli anni di Teodorico furono segnati da notevole stabilità del potere regio che consentì:  Un suo ampliamento al di là dei confini italici: affermò il controllo oltre le Alpi orientali, tra Rezia, Norico, Pannonia e Dalmazia;  Una rete di rapporti con gli altri regni romano-barbarici che, tra accordi e patti matrimoniali, gli permise di porsi in una posizione egemone su larghe parti d’Europa (costruì una politica parallela e opposta alla crescente egemonia dei Franchi). In particolare lungo il primo decennio del VI secolo, Teodorico diede una sorella in sposa al re dei Vandali, sposò la sorella del re dei Franchi, diede figlie in spose al re dei Visigoti e dei Burgundi e una nipote al re dei Turingi. Fu in particolare rilevante il rapporto con il regno dei Visigoti, che controllava il sud della Gallia e faceva capo a Tolosa -> nella battaglia di Vouillè del 507 il re franco Clodoveo sconfisse e uccise il re Visigoto Alarico II, riducendo le aspirazioni visigote al controllo del sud della Gallia. Dopo la battaglia Teoderico assunse la tutela del nipote Amalarico, nuovo re visigoto, grazie a questo affermò un controllo indiretto ma efficace sulla Provenza-> la sconfitta del suo più fedele alleato offrì a Teoderico la possibilità di ampliare il suo potere. LA CRISI DEL REGNO-> La debolezza strutturale del regno ostrogoto era però rappresentata dalla mancata integrazione tra Romani e Goti. La principale garanzia di stabilità era costituita dal potere regio e dal suo rapporto di collaborazione con l’aristocrazia senatoria; quando questo rapporto entrò in crisi vacillò l’intero assetto politico. La crisi emerse nel 518, quando l’imperatore Giustino avviò una serie di persecuzioni ai danni degli ariani, e Teoderico rispose con perseguitando i cattolici-> non fu la causa dello strappo, ma l’espressione di una crisi più profonda dovuta dalla rottura della cooperazione tra il regno e l’aristocrazia senatoria, che si stava riavvicinando all’Impero e dal declino della capacità del papato di agire come intermediario tra Ostrogoti e Impero-> tutto ciò si manifestò in persecuzioni religiose, ma si tradusse in guerra aperta solo dopo la morte di Teoderico, quando le lotte per la corona indebolirono ulteriormente il regno ostrogoto. Teoderico morì nel 526 e trasmise il potere alla figlia Amalasunta, tutrice del nuovo re, Atalarico: era un re bambino posto sotto la tutela della madre, ma questo non impedì la sopravvivenza del regno. Dopo la morte prematura di Atalarico nel 534, Amalasunta si trovò in una situazione di grave debolezza e, per ovviare a questo, sposò e associò al trono il cugino Teodato. Ma questo accordo politico-matrimoniale fallì: Amalasunta voleva ricostruire il 15 rapporto tra Romani e Goti, e si pose quindi sotto la protezione dell’imperatore Giustiniano; mentre Teodato adottò la via del conflitto. Amalasunta fu deposta, imprigionata e uccisa nel 535, quindi Giustiniano dichiarò guerra agli Ostrogoti, dando vita a un conflitto che nel giro di vent’anni riportò l’Italia all’interno dell’Impero. 4. ANGLOSASSONI, VANDALI E VISIGOTI Il regno ostrogoto segnò la prima stabile dominazione germanica in Italia, nel corso del V secolo si erano costituiti altri regni in diversi territori dell’Impero, i principali sono: Inghilterra, Nord Africa e penisola iberica. ANGLOSASSONI LA FINE DELLA PRESENZA ROMANA-> Il dominio romano non si era mai esteso alle isole britanniche nel loro complesso, ma solo alla parte meridionale della Britannia; tuttavia l’influsso della cultura e dei modelli istituzionali comprese terre mai romanizzate, come la Scozia e l’Irlanda. Ma questo influsso si interruppe presto, nel 410, quando i Romani abbandonano definitivamente le isole-> ci fu una rottura dei sistemi economici: dagli scavi archeologici emerge un netto impoverimento e una semplificazione degli edifici e dei reperti, con la fine delle villae, una profonda crisi dell’urbanesimo e la scomparsa di un artigianato su larga scala. Ma questa rottura politica non è dovuta esclusivamente dalla fine del dominio imperiale, ma in generale da un contesto di profonda crisi sociale. REGNI CELTI E REGNI ANGLOSASSONI-> La fine del dominio imperiale in Britannia fu accompagnata da una serie di incursioni di popolazioni sassoni, provenienti via mare dal nord dell’attuale Germania, che via via trasformarono le proprie azioni di saccheggio (III secolo) in insediamenti stabili (metà del V secolo). Nel V secolo, dopo la fine della presenza romana, si andò costituendo una struttura politica frammentata, una miriade di piccole dominazioni (i cui capi venivano chiamati reges), caratterizzata da un alto tasso di conflittualità e dalla superiorità di un’aristocrazia ben più povera che in altri regni germanici (non c’era una netta contrapposizione tra i gruppi più ricchi e quelli più poveri). Nella parte centromeridionale della Britannia si può individuare una distinzione:  Prevalenza anglosassone nelle arie più orientali;  Prevalenza celtica aree più occidentali. La spinta militare anglosassone marginalizzò i Celti, che si concentrarono nella Scozia meridionale, nel Galles e nell’Inghilterra sud occidentale. Al contempo la conquisa anglosassone ridusse il peso della Chiesa cristiana, ma non cancellandola del tutto-> non solo il clero ebbe un ruolo trascurabile, ma la stessa religione cristiana subì un regresso, fino al VI sec, quando su mandato del papa, si ebbe un nuovo processo di evangelizzazione. L’intera isola fu un ambito di rielaborazione di una tradizione romana debole, quasi del tutto cancellata alla fine del V secolo: fu una rottura profonda evidente sia sul piano economico che politico. L’altissima frammentazione politica durò per un lungo periodo, ma tra il VI è VII sec si assiste ad una tendenza alla ricomposizione attorno ad alcuni regni maggiori (Mercia e Northumbria). L’IRLANDA, UN MONDO SENZA CITTÀ -> L’Irlanda pur subendo l’influsso romano, fu sempre al di fuori del dominio imperiale e non sviluppo mai un modello insediativo e organizzativo fondato sulle città; al contempo, l’isola non subì le invasioni sassoni che avevano trasformato la struttura politica della Britannia. Nel VI secolo l’isola era connotata da un’estrema frammentazione politica, divisa in decine di regni (tuátha), i cui re avevano un potere militare e politico, ma non legislativo-> ovvero, il re era incaricato di guidare la popolazione, ma agiva sulla base di norme che non aveva il potere di modificare. La frammentazione politica si riflesse nel processo di cristianizzazione, che si sviluppo lentamente perché non esisteva qui un re dominante, in grado di trascinare l’interno popola alla nuova fede. La cristianizzazione dovette inoltre modellarsi sulle strutture politiche e sociali: non potendo organizzarsi attorno alle città e alle sedi vescovili, assunsero un peso particolare i grandi monasteri, che non furono 16 solo luoghi di preghiera e di perfezionamento spirituale dei monaci, ma anche centri per la cura delle anime, ovvero per la pastorale e per il controllo dei fedeli. Anche qui, come in Britannia, la frammentazione andò semplificandosi con l’affermazione degli overkings, re più potenti degli altri che imposero il proprio controllo militare sulle dominazioni minori, che però conservavano la propria struttura istituzionale e una minima autonomia politica. VANDALI Le province della Preconsularis e della Byzacena (corrispondenti a parte della Tunisia e dell’Algeria) erano una terra ricca soprattutto dal punto di vista agrario, tale da rifornire tramite tasse larghi settori dell’Impero. Le tasse prelevate dal Nordafrica consentivano all’Impero di stipendiare gli eserciti stanziati sul confine pericoloso (limes Reno, Danubio e persiano). Il destino delle grande produzione di queste ricche zone mutò con l’affermarsi del regno vandalo. LA FORMAZIONE DEL REGNO-> I Vandali si erano stanziati nella penisola iberica nel 417, ma nel 429 sotto la guida di Genserico, attraversarono lo stretto di Gibilterra si imposero sulle ricche e poco militarizzate terre africane, prima nel settore più occidentale dell’Africa romana, poi dieci anni più tardi nelle province della Proconsularis e della Byzacena, di cui conservarono il controllo fino al 534. Fu il primo popolo germanico a costituire un regno totalmente autonomo all’interno dei territori già imperiali; e l’unico il cui stanziamento non fosse accompagnato da trattative con l’Impero. ROTTURA RELIGIOSA E CONTINUITÀ FISCALE-> Il regno vandalo ebbe elementi di rottura e altri di continuità rispetto al dominio imperiale:  La rottura più evidente con l’Impero avvenne sul piano religioso: contrapposizione tra Vandali ariani e Africani di tradizione romana e di fede cattolica. Fu questo l’unico caso in cui la differenza tra ariani e cattolici si espresse nelle forme di una dura intolleranza: i Vandali saccheggiarono le chiese sia perché erano ottime detentrici di ricchezze, sia per motivi propriamente religiosi.  l’Africa vandala fu però un contesto di stabilità economica dal punto di vista economico e soprattutto fiscale: l’archeologia evidenzia pochi segni di discontinuità nella qualità degli edifici e dei manufatti, a testimonianza di una persistente ricchezza; inoltre rimasero alti i livelli produttivi di grano e olio e soprattutto (caso unico tra i regni romano-germanici) i Vandali continuarono a prelevare le tasse secondo un modello pienamente romano-> con il distacco dell’Africa dall’Impero, le tasse prelevate da questa ricca regione non andarono più a sostenere le ingenti spese del governo imperiale. Nel mondo vandalo erano poco rilevanti i capitoli di spesa che in ambito romano erano sostenuti dalle tasse-> la capitale non era comparabile a Roma, la burocrazia ridotta e l’esercito vandalo era ricompensato tramite la distribuzione di terre. Le tasse quindi non uscivano dal regno, così i re vandali accomunarono notevoli ricchezze. LE DIFFICOLTÀ FINANZIARIE DELL’IMPERO-> la conquista vandala segnò una rottura profonda per l’insieme dell’Impero occidentale, che si trovò a non poter più disporre delle ricchezze provenienti dalle tasse africane: a partire dal 440-450 si colgono i segni di una difficoltà fiscale e finanziaria dell’Impero, connessa alla difficoltà di garantire stipendi agli eserciti. Tuttavia, la fine del sistema fiscale imperiale non fu priva di conseguenze anche per l’economia africana: comportò un calo della domanda e innescò quindi un calo produttivo che mutò strutturalmente i funzionamenti economici della regione. Al contempo, la forza fiscale ed economica del regno vangalo non implicò un’analoga solidità sul piano politico-militare, probabilmente a causa della mancata integrazione dei diversi popoli-> tra il 533 e il 534 l’Impero progettò un espansione nel Mediterraneo occidentale e travolse rapidamente il regno vandalo. VISIGOTI Nel processo di insediamento dei Visigoti si possono distinguere tre fasi: 1. V secolo: si stanziarono tra il sud della Gallia e la penisola iberica; 2. Prima metà del VI secolo: si ridusse il loro dominio a nord dei Pirenei a favore dei Franchi; 3. Seconda metà del VI secolo: consolidarono la loro presenza nella penisola iberica ed elaborarono nuove forme di governo. 17  Il battesimo di Clodoveo richiama la leggenda dell’imperatore miracolosamente guarito grazie al battesimo. Il racconto di Gregorio non è importante perché per forza veritiero, ma perché il suo testo è l’espressione diretta dell’ideologia vescovile, ovvero di quel sistema di potere che si era costruito proprio a partire dalla conversione di Clodoveo, con la piena convergenza dei vescovi attorno al potere regio. È un’ideologia che diede al re franco una fortissima legittimazione, tramite la diretta equiparazione a Costantino e al nesso strutturale e necessario con i vescovi. UNA NUOVA ARISTOCRAZIA-> L’integrazione tra i Franchi e i Gallo-romani si sviluppò a livelli più profondi del solo incontro tra regno e vescovi: fu l’unione delle due aristocrazie, la creazione di un gruppo sociale dominante unitario, con uno stile di vita che fuse modelli di comportamento proveniente dalla tradizione romana e da quella germanica. Tra il IV e il V secolo l’aristocrazia gallo-romana era caratterizzata dall’attenzione per il latifondo, dal radicamento in città e dall’occupazione delle cariche ecclesiastiche; i gruppi dominanti franchi erano invece connotati soprattutto dalle capacità militari, dalla vicinanza al re e dal sistema di legami clientelari. Lungo il VI secolo, si creò un’aristocrazia che sapeva basare il proprio potere su tutte queste azioni: combatteva e accumulava terre, era vicina al re, ma attenta a radicarsi nella città, tesseva reti clientelari e occupava cattedre vescovili. La grande forza della del popolo Franco nacque proprio dalla costituzione di una aristocrazia mista, che seppe sfruttare modelli politici diversi e su questa base diede vita a una società e a istituzioni ibride. 2. LE CHIESE FRANCHE E LA DIFFUSIONE DEL MONACHESIMO IN OCCIDENTE LE FUNZIONI DEI VESCOVI-> La rapida conversione dei Franchi al Cattolicesimo e la convergenza dell’aristocrazia attorno alle sedi vescovili, favorirono l’affermarsi di un modello di vescovo aristocratico, ricco e potente. Funzioni dei vescovi: 1) Il vescovo era il vertice della diocesi: centro della vita religiosa regionale, incaricato della “cura delle anime”, l’insieme delle azioni tese a garantire la salvezza dopo la morte. 2) Il vescovo era portatore di cultura, letteraria, politica e di conoscenza diretta dei funzionamenti istituzionali romani. Nel VI sec, nella loro azione locale e nel loro affiancare i re a corte, orientarono il sistema politico franco verso funzionamenti che ripresero modelli di tradizione romana. 3) I vescovi erano ricchi ed erano ricche le sedi vescovili. Ciò faceva dei vescovi dei grandi patroni, ovvero i vertici di ampie clientele, capaci di coordinare e orientare le azioni di settori importanti della società cittadina. Tutti questi processi si accentuarono ulteriormente rispetto alla tarda età imperiale, sia perché i re si appoggiarono politicamente alle capacità vescovili più di quanto facesse il potere imperiale, sia perché a occupare le cattedre vescovili nel VI secolo fu un’aristocrazia che stava elaborando una straordinaria forza politica e patrimoniale. L’importanza dei vescovi è indubbia, ma bisogna tenere conto che la principale fonte che ci permette di conoscere la vita politica franca del VI sec è rappresentata dalle Storie di Gregorio di Tours, opera di uno dei più importanti vescovi del suo tempo->ci offre molte notizie sui re, sui loro poteri e sui loro comportamenti politici, ponendo però continuamente al centro della scena i vescovi-> vicenda reale ma di certo anche influenzata dalla cultura e dalla memoria di Gregorio. Proprio per questo egli ci ricorda che i vescovi non erano solo centri di potere e ricchezza, ma anche i centri di cultura e di memoria del popolo franco. IL MONACHESIMO IN OCCIDENTE-> Le sedi vescovili però non furono i soli enti religiosi importanti nella società franca del VI secolo, lo furono anche i monasteri. Origini-> Nel IV secolo si sviluppa nel Mediterraneo orientale, tra Egitto e Cappadocia, un movimento monastico, iniziativa di singoli e gruppi alla ricerca di un più diretto rapporto con Dio, attraverso un percorso di ascesi basato sull’isolamento. In seguito, in Occidente lungo la seconda metà del IV si sviluppano esperienze eremitiche (di singoli individui) e poi di cenobitiche (di comunità). 20 MARTINO DI TOURS: MONACO E VESCOVO-> Martino era figlio di un ufficiale dell’esercito imperiale, originario della Pannonia (Ungheria), fu soldato in Gallia, prima di convertirsi, per poi essere scelto come vescovo di Tours, dove morì nel 397. A partire da Clodoveo, i re franchi fecero di Martino un punto di riferimento della propria religiosità e un patrono del regno. Egli passò da militare a monaco, quindi era un esempio perfetto da seguire per una società franca appena cristianizzata. Inoltre la sua vicenda è particolarmente significativa perché mette in evidenza come mondo monastico e mondo vescovile fossero tutt’altro che separati: condividevano la funzione della preghiera e del culto e soprattutto i grandi monasteri furono un bacino di reclutamento importante per i vescovi (monastero più noto nella Gallia di questi secoli: Lérins-> nato nei primi anni del V secolo su un’isola a largo di Cannes e visto come sede privilegiata di formazione dei futuri vescovi). IL MONACHESIMO ITALIANO-> per capire a pieno il monachesimo in Gallia bisogna far riferimento:  All’Africa, dove sant’Agostino vescovo di Ippona, all’inizio del V secolo, promosse forme di vita religiosa in comunità;  All’Italia, dove le prime rilevanti esperienze monastiche furono quelle promosse da san Gerolamo alla fine del IV secolo. Ma tra V-VI sec, l’Italia fu il terreno di affermazione di una grande varietà di esperienze monastiche, influenzate da modelli che andavano dal monachesimo orientale a Lérins, a modelli più specifici, come nel caso del Vivarium di Cassiodoro-> grande collaboratore del re ostrogoto Teodorico, Cassiodoro incentrò la propria esperienza religiosa attorno alla dimensione culturale, vedendo nel monastero un luogo di conservazione e rielaborazione della cultura classica. BENEDETTO DA NORCIA-> nei secoli successivi divenne dominante, nell’Europa occidentale, il modello benedettino, ma inizialmente esso fu solo una delle tante forme assunte dal monachesimo dell’Italia del VI secolo. La vita di Benedetto ci è nota attraverso i Dialoghi di papa Gregorio Magno (scritti mezzo secolo dopo la morte di Benedetto). Nacque a Norcia attorno al 480 e studiò a Roma, poi se ne allontanò per vivere esperienze ascetiche (eremita, cenobita e abate nel Lazio). Nel 529 fondò l’abbazia di Montecassino, dove nei decenni successivi scrisse la sua Regola e dove morì nel 547. LA REGOLA-> la Regola è un’opera scritta rielaborando un precedente testo anonimo, noto come Regola del maestro, fondata su alcuni semplici principi e sulla conoscenza della natura, che condusse Benedetto a proporre una forma di ascesi moderata senza estremismi. Era un modello di vita ascetica in cui la principale attività dei monaci era la preghiera, mentre il lavoro, trovava un posto del tutto marginale. Il testo non contiene la formula per cui è ricordato: “ora et labora”, se si volesse riassumere la Regola in una formula, sarebbe piuttosto: “prega e obbedisci all’abate”. Il testo non contiene molte norme sugli aspetti pratici, ma piuttosto alcuni principi ispiratori che l’abate doveva adattare alle specifiche condizioni ed esigenze locali. Un dato di rilievo è il collegamento tra comunità ed eremiti: modelli da sempre concepiti in contrapposizione, la Regola vede invece nel cenobitismo la via di ascesi proposta a tutti e nell’eremitismo una forma superiore di perfezione, a cui potevano accedere con l’autorizzazione dell’abate solo i monaci più forti. Essa fu l’opera di un monaco e abate esperto, che seppe raccogliere sia il meglio di una lunga tradizione di sperimentazioni monastiche, sia i frutti della propria esperienza di vita-> capace così di accogliere forme diverse di ascesi. Tutti questi caratteri resero la Regola di Benedetto un testo di successo e indussero molti monasteri ad adottarla, fino a che, all’inizio del IX sec , divenne il testo formativo di riferimento per tutti i monaci dell’Europa occidentale . Ma ciò non diede vita ad un ordine benedettino, non esisteva un’istituzione superiore che coordinasse tutte le abbazie: l’abate era il vertice della comunità e veniva eletto da un vescovo, ma che non aveva alcun superiore gerarchico. Solo a partire dall’XI secolo si avviarono alcune sperimentazioni tendenti a coordinare diversi monasteri. IL MONACHESIMO IRLANDESE->oltre all’Italia un’altra importante influenza fu quella irlandese. La cristianizzazione dell’Irlanda, in assenza di una significativa rete di città, si era tradotta in una forte centralità istituzionale dei monasteri, che avevano assunto alcuni compiti che nel continenti erano propri dei vescovi. Inoltre il Monachesimo irlandese fu caratterizzato da un’accentuata attenzione per la penitenza e da una forte spinta missionaria. Da questi caratteri nacque un movimento di monaci irlandesi 21 verso il continente, che rinnovò il monachesimo nell’Europa continentale. L’esponente più noto fu san Colombano, che alla fine del VI secolo fondò una serie di monasteri in Gallia, per poi trasferirsi in Italia e fondare il monastero di Bobbio. Anche in questo caso però non si trattò di un ordine monastico unitario, ma di una molteplicità di esperienze distinte e non coordinate. Tra VIII e IX secolo questo monasteri confluirono all’interno del modello dominante rappresentato dalla regola benedettina. La Gallia del VI-VII secolo fu quindi fertile terreno di crescita di diverse esperienze monastiche. Al di là di tutti questi ordinamenti, tutti i monasteri, nonostante fossero luoghi di isolamento dal mondo, ebbero una relazione intesa con la società circostante e con l’aristocrazia: donazioni da laici ai monasteri per garantirsi le preghiere dei monaci, monacazioni di esponenti delle famiglie aristocratiche ecc. 3. I REGNI E L’ARISTOCRAZIA L’efficacia del regno franco del VI secolo non nacque solo dalla forza dei re, ma dall’integrazione di questa forza con quella dell’aristocrazia, che costruì un gruppo unitario che univa modelli politici romani e franchi. Quest’aristocrazia fu la base della forza egemonica che il popolo franco seppe esercitare su larghi settori dell’Europa altomedievale. Ma, l’efficacia politico-militare dei Franchi derivò soprattutto da coordinamento di questa aristocrazia attorno ai re. LA LEX SALICA-> Clodoveo promosse una redazione scritta delle leggi franche (Pactus legis Salicae), la cui stesura risale al 510. La redazione scritta delle leggi esprime la volontà di Clodoveo di riprendere un modello romano, tuttavia nel prologo della legge il re non è presentato come autore e promulgatore della norma. Il protagonista è il popolo con i suoi aristocratici, che per cercare la pace e la giustizia si affidano a quattro uomini, i quali si incontrano in assemblee per discutere e deliberare. Al centro del sistema politico è presente quindi l’assemblea degli uomini liberi (mallus), luogo delle scelte politiche, legislative e giudiziarie. I Franchi trascrissero le proprie leggi, ma queste leggi non ci mostrano né un sistema politico imperiale, né un forte accentramento di poteri nelle mani del re-> riprendere un modello culturale romano non significa emularne direttamente le strutture politiche. FUNZIONI E CLIENTELE-> Il potere regio era costruito nella concreta prassi politica, tramite il coordinamento dell’aristocrazia. I Franchi controllavano il territorio suddividendolo in distretti, ognuno affidato a un comes (conte), responsabile della giustizia, dell’esercito e del prelievo. La suddivisione dei distretti rivela una matrice romana, ma era discontinua, non arrivò mai a coprire l’intero territorio. Questa organizzazione fu uno strumento di governo importante, ma fu solo una delle espressioni di un più profondo e articolato nesso tra i re e l’aristocrazia, il cui primo fondamento fu una rete di rapporti di tipo clientelare, fondata sulla capacità regia di organizzare e guidare il proprio seguito armato (trustis)-> Il re affidava funzioni alle persone di cui si fidava, alla sua trustis. LA RICCHEZZA DEL RE-> Il passaggio dall’Impero ai regni fu segnato da un grande mutamento nelle forme della circolazione economica e in particolare negli strumenti usati per ricompensare l’esercito: nell’età tardo imperiale l’esercito era stipendiato, mentre in molti regni germanici era ricompensato con concessioni di terre. Il regno franco seguì quest’ultimo modello, e perciò in assenza di capitale e non dovendo stipendiare l’esercito, il prelievo delle imposte dirette divenne un’azione difficile e superflua, e fu abbandonata tra VI e VII secolo. Perciò i re Merovingi furono molto più poveri degli imperatori dei secoli precedenti, perché i re avevano meno possibilità di redistribuire ricchezze ai propri fedeli e quindi erano più dipendenti dal consenso aristocratico. Tuttavia i Merovingi erano più ricchi degli altri re contemporanei e delle altre famiglie aristocratiche franche-> di conseguenza la società politica franca, più che in altri regni, era fortemente polarizzata attorno al re-> le famiglie aristocratiche cercavano di aumentare la propria potenza tramite i legami politici e clientelari con i re. Ciò però non implica un accentramento politico attorno alla capitale, perché i Merovingi non ne avevano una. Essi avevano una serie di residenze privilegiate, concentrate soprattutto nel nord della Gallia. LE ASSEMBLEE DEL POPOLO-> più difficile da cogliere è il legame che univa i Merovingi e la popolazione: la tradizione politica germanica attribuiva all’assemblea dell’esercito grandi poteri (elezione dei re e decisioni legislative). Questi poteri andarono affievolendosi a causa della forza aristocratica e del 22 delle tasse, sia perché i commercianti potevano sfruttare le infrastrutture nate per il sistema fiscale, sia perché le stesse navi che trasportavano beni destinati al fisco, integravano il proprio carico con oggetti commerciabili. ROTTURA DELL’ASSE ROMA-CARTAGINE-> Per questo motivo la fine dell’unità territoriale dell’Impero ebbe conseguenze così rilevanti sul piano economico: la prima grande rottura è rappresentata dalla conquista vandala nel 439, che interruppe l’asse fiscale che collegava Cartagine a Roma e garantiva alla capitale il regolare rifornimento di grano nordafricano. Questa rottura ebbe un impatto profondo su tre livelli: 1. Reti di scambio: lo scambio si ridusse drasticamente e assunse forme più specificatamente commerciali, e non fiscali. La fine del legame fiscale tra Cartagine e Roma non impedì l’afflusso di grano tunisino verso l’Italia, ma cambiò la natura di questo flusso; ovvero: Roma continuò a rifornirsi del grano ma lo fece per via commerciale, e di conseguenza era meno grano e il rifornimento era più oneroso per l’Impero. 2. Città di Roma: dovette mantenersi su risorse molto più ridotte (terre laziali e del vescovo) e di conseguenza avviò un processo di riduzione. 3. Strutture produttive nordafricane: subirono una riduzione, attestata dall’abbandono di laboratori e officine: da un lato, l’esportazione verso Roma e l’Europa si era ridotta, dall’altro gli aristocratici tunisini non erano abbastanza numerosi e ricchi per sostenere la domanda di prodotti che aveva caratterizzato la regione in età romana. LA PRODUZIONE LA DOMANDA ARISTOCRATICA-> Il quadro produttivo delle regioni mediterranee ed europee è segnato da una fortissima varietà, ma anche da alcuni caratteri e tendenze comuni : 1. La domanda dell’élite, la cui ricchezza appare inferiore a quella delle aristocrazie romane e non tale da sostituire il prelievo fiscale dell’Impero; 2. La struttura agraria produttiva di base, che si concentrava su grano, olio e vino, che si ritrovano in tutte le aree. Le differenze nascevano da molti fattori : 1. la specializzazione produttiva era un carattere adatto al sistema economico e fiscale romano, fu un fattore di debolezza in un quadro di maggiore isolamento e ridotta circolazione; 2. Le ricchezze dell’aristocrazia delle diverse regioni erano diverse e questo condizionò pesantemente la domanda e quindi la produzione delle singole regioni; 3. I danni conseguenti alle guerre furono diversi da regione a regione; 4. Il sistema fiscale di tradizione romana in alcuni regni fu conservato più a lungo, e questo indusse una maggiore pressione sulla popolazione e quindi una maggiore produzione. LENTO DECLINO AFRICANO-> Queste varianti si possono cogliere attraverso alcuni casi regionali. Un caso di produzione specializzata era rappresentato dall’Africa romana, che dopo la rottura nel 439 del legame fiscale con Roma si trovò a fronteggiare un calo produttivo, dato che la domanda aristocratica interna e l’esportazione per via commerciale non erano tali da sostenere il sistema produttivo modellato sulla domanda dell’Impero. Nel 534 l’impero d’Oriente riconquistò la regione, riattivando una circolazione di tipo fiscale, ma non bastò ad impedire la tendenza al declino, che quindi non può essere spiegata solo con la conquista vandala. Altre cause del declino:  Generale caduta della domanda in tutto il Mediterraneo a causa dell’impoverimento delle aristocrazie;  La conquista bizantina del 534 non portò alla ricostruzione di un sistema fiscale che coinvolgesse l’intero Mediterraneo, ma solo a un prelievo destinato a contribuire al mantenimento della capitale, Costantinopoli, e a garantire la difesa della Tunisia, minacciata dalle incursioni dei Berberi (in età romana era invece una provincia pacifica).: FRAMMENTAZIONE IN ITALIA-> Se ci spostiamo in Europa, alcuni esempi mostrano la forte variabilità delle evoluzioni dei sistemi economici in questa fase. L’Italia fu un’area a fortissima frammentazione 25 economica, con prodotti artigianali che circolavano a raggio limitato. Nel V secolo si constata un impoverimento dell’aristocrazia, la cui domanda non era tale da sostenere un rilevante sistema di produzione e scambio. Ma la rottura più profonda avvenne nel VI secolo, prima con la lunga guerra di riconquista imperiale ai danni degli Ostrogoti (guerra greco-gotica), che provocò profondi danni materiali e umani; poi con la conquista longobarda, che approfondì la frammentazione dell’area, spartita tra due dominazioni contrapposte (imperiale e longobarda). GALLIA: RICCHEZZA-> Nel regno Franco, lungo il VI secolo si assistette a un lento abbandono del sistema di prelievo fiscale, base necessaria per un consistente scambio tra le diverse regioni. Tuttavia quest’area era molto ricca quindi la domanda dell’aristocrazia era molto forte. BRITANNIA: POVERTÀ: Caso opposto è la Britannia, dove già nel V secolo si constata una rottura totale delle reti commerciali, una netta semplificazione dei manufatti e una produzione di ceramiche esclusivamente locale: tutti elementi che appaiono coerenti con una struttura sociale debolmente gerarchizzata, ovvero con poca differenza tra gli strati più bassi della società e quelli più alti, troppo poveri per stimolare una significativa domanda di prodotti artigianali.  La rottura tra l’Impero a est, e i regni romano-germanici a ovest, fu una separazione di destini politici, ma anche di funzionamenti economici. Il Mediterraneo orientale conservò una rete di scambi ampia e fondata sull’azione statale, una rete che permise di mantenere sia la capitale sia gli eserciti del limes grazie alle produzioni di regioni come l’Egitto, la Sicilia e dal VI secolo la Tunisia; mentre in Occidente, sia nelle aree mediterranee sia in quelle settentrionali, questo sistema non si conservò, spostando la circolazione e lo scambio su dimensioni regionali, in un contesto di generale calo delle produzioni connesse ad aristocrazie che erano nel complesso più povere di quelle antiche. I CONTADINI IL 90% QUASI INVISIBILE-> La condizione contadina è uno dei dati più sfuggenti, specialmente in quest’epoca: i contadini dei primi secoli del medioevo possono essere visti o indirettamente (attraverso i testi prodotti dalle chiese o dall’aristocrazia) o per via archeologica, una via che però solo in alcuni casi permette di suggerire risposte significative sulla struttura sociale locale. I Contadini rappresentavano il 90-95% della popolazione e fornivano i prodotti di base destinati a garantire sia la propria sussistenza, sia lo stile di vita dell’élite, e in età antica anche a mantenere l’esercito e l’enorme popolazione della capitale. La transizione al medioevo fu segnata da un parziale abbandono delle città e quindi da un aumento relativo della popolazione rurale , “relativo” perché aumentò la percentuale di persone che abitavano in campagna, ma si assistette a un generale calo demografico anche qui. RICCHEZZA ARISTOCRATICA E SOGGEZIONE CONTADINA-> In linea molto generale, possiamo dire che l’autonomia contadina è inversamente proporzionale alla ricchezza aristocratica: le forti concentrazioni di ricchezza fondiaria in mano aristocratica riducono i contadini circostanti a lavorare come servi, salariati o coloni degli aristocratici; quando invece la quota di terre in mano aristocratica è minore, possiamo invece trovare più facilmente piccoli proprietari contadini, la cui sussistenza non dipende dalla volontà di un padrone. Nell’Europa dei primi secoli del medioevo l’aristocrazia era più povera di quella romana, e il controllo che esercitava sui contadini era meno diretto e meno opprimente di quanto lo era stato prima ( villae romane) e di quanto lo sarà poi ( curtes in età carolingia o signorie del X-XI secolo). Però tutto ciò variava da regione a regione-> per esempio le aristocrazie impoverite di molte regioni italiane lasciavano spazio a piccoli nuclei di autonomia contadina, mentre le potenti famiglie e chiese nel nord della Gallia operavano un controllo diretto nei confronti di una società contadina dipendente. Quindi-> con la crisi della produzione e degli scambi, gli spazi di azione economica autonoma da parte dei contadini variavano da regione a regione, ma le loro condizioni materiali di vita non mutarono in modo sensibile, dato che la più elaborata produzione artigiana e i prodotti di importazione non erano mai stati accessibili a questa quota di popolazione. 26 2. LE AMBIZIONI UNIVERSALI DELL’IMPERO DI GIUSTINIANO LA NASCITA DI UNA CAPITALE-> la parte orientale dell’Impero lungo il IV secolo gravitava sempre più attorno a Costantinopoli, che venne fondata nel 324 ma non assunse direttamente una funzione di capitale, era piuttosto una residenza privilegiata dell’imperatore. Alla fine del secolo, con la divisione stabile tra parte orientale e occidentale dell’Impero, Costantinopoli si pose al centro di un dominio che comprendeva: gran parte del Mediterraneo orientale e meridionale, con le coste e ampi settori dell’entroterra dalla penisola balcanica fino alla Libia. Nel corso del V secolo Costantinopoli divenne capitale dell’Impero, in parallelo al declino di Roma e delle altre residenze imperiali occidentali. Mentre l’Occidente si dissolse in una serie di dominazioni romano-germaniche, l’Oriente, dopo la sconfitta di Adrianopoli riuscì a opporre un freno efficace alle spinte barbariche. Lungo il V secolo Costantinopoli si pose in diretta continuità con l’impero Cristiano del secolo precedente-> tre aspetti in particolare permettono di cogliere le forme di questa continuità e i punti di forza e debolezza dell’impero: 1. Le successioni al trono; 2. L’organizzazione burocratica; 3. Il sistema fiscale. 1. SUCCESSIONI AL TRONO-> La successione imperiale non si era mai fondata su una semplice e diretta ereditarietà: il modello romano tradizionale attribuiva al consenso del popolo il primo fondamento della legittima successione al trono, e su questo si era innestata una visione cristiana che collegava l’ascesa al trono alla volontà divina. Di fatto, nessuna norma o prassi stabile aveva mia guidato le successioni imperiali, che nei periodi di maggiore disordine e tensione (es: nella seconda metà del III secolo) erano state condizionate da rapporti di forza, schieramenti degli eserciti e poi, nel V secolo occidentale dall’intervento di capi militari di origine germanica. Questa fluidità dei meccanismi di successione si riprodusse lungo tutto l’alto medioevo orientale. Mentre, in altri contesti politici, come nel regno franco, il conflitto politico non arrivava a mettere in discussione il trono sotto controllo dei Merovingi, a Costantinopoli non esisteva una dinastia imperiale e la lotta politica di vertice si espresse anche nei ripetuti tentativi di occupare il trono, obbiettivo che non era precluso anche a figure di origine relativamente umile. Giustiniano ad esempio, salì al trono nel 527 perché vi fu associato dallo zio Giustino, che era un capo militare, che dopo una brillante carriera nell’esercizio, ascese al trono nel 518. La dinamica politica nell’Impero era quindi intessuta di scontri, guerre civili e lotte per l’accesso al trono, che si risolvevano sulla base di concreti rapporti di forza, in assenza di una chiara e univoca norma che regolasse le   successioni, dato che solo nel X secolo cominciò ad affermarsi un principio dinastico . La conflittualità politica trovava la sua espressione più vistosa all’interno dell’ippodromo->associazioni nate con scopo ludico-sportivo che potevano diventare strutture di pressione politica, corpi organizzati che davano vita a rivolte urbane contro gli imperatori.  2. ORGANIZZAZIONE BUROCRATICA-> la continua instabilità politica era compensata dalla stabilità burocratica. Al contrario che in Occidente, nell’Impero si conservò la separazione tra incarichi militari e civili, che impedì un’eccessiva concentrazione dei poteri nelle mani di un singolo funzionario. L’apparato amministrativo si fondava su un rapporto tra la corte imperiale (insediata nella capitale) e province (centinaio di distretti in cui l’Impero era suddiviso), mentre l’esercito seguendo il modello romano dei secoli precedenti era suddiviso in due categorie: eserciti limitanei (coloro che stavano sul limes) e comitatenses (affiancavano l’imperatore e rappresentato la sua più immediata forza di intervento). Tuttavia, non si trattava di un apparato perfetto attorno al potere imperiale-> le stesse guerre civili legate alle successioni imperiali mostrano come gli eserciti non fossero sempre sotto il controllo dell’Impero. Ma non c’è dubbio che il quadro organizzativo fosse ben più articolato di quello dei regni che in Occidente erano succeduti all’Impero. 3. SISTEMA FISCALE-> Questo sistema burocratico fu il principale strumento per gestire il prelievo fiscale. In continuazione con l’Impero dei secoli precedenti, si prelevavano regolari tasse sulle persone e 27 Dal punto di vista territoriale, l’eredità di Giustiniano fu fragile nel complesso perché:  l’Africa restò imperiale per un secolo, fino alla conquista araba;  In Spagna il consolidamento del regno visigoto non lasciò spazio alla presenza imperiale, fortemente ridotta nei decenni successivi, per poi essere del tutto cancellata nel 625;  E soprattutto l’Italia, subì l’immediata conquista longobarda, anche se importanti della penisola rimasero in mano imperiale. Un ulteriore piano dell’azione di Giustiniano fu quello teologico ed ecclesiastico-> un tentativo di ricostituire l’unità religiosa dell’Impero che però dovette scontrarsi con una dimensione regionale ormai dominante. 3. DIBATTITI TEOLOGICI E IDENTITÀ LOCALI Nel IV secolo la divisione teologica tra cattolici e ariani aveva portato ad una grande frattura religiosa ed ecclesiastica, che aveva assunto connotati territoriali ed etnici, separando l’Impero Romano cattolico dalle popolazioni germaniche ariane. Quindi, nel V e VI secolo la distinzione tra cattolici e ariani aveva modificato le forme di convivenza all’interno dei regni, mentre il dibattito teologico si era spostato dal piano trinitario a quello cristologico, la questione non era più tra le diverse persone della Trinità, ma la convivenza nella figura di Cristo di una natura divina e una umana. Cristo deve essere pienamente Dio per garantire l’efficacia salvifica dell’incarnazione e della morte, ma deve essere anche uomo perché solo così gli si può riconoscere sofferenza nella carne-> vennero elaborate diverse formulazioni teologiche, che coinvolsero tutti i fedeli, sia perché era evidente la sua incidenza immediata sull’idea stessa di redenzione, sia perché poteva mutare in modo radicale il culto mariano, molto diffuso tra i cristiani. Il ruolo di Maria era infatti il punto focale da cui partirono tutte le formulazione, in primis il Nestorianesimo. 1) Nestorio, un sacerdote cresciuto e formato in Siria, ma divenuto vescovo di Costantinopoli nel 428, diede vita al Nestorianesimo-> che sosteneva la presenza in Cristo di due persone distinte (umana e divina) e quindi non riconosceva a Maria il titolo di madre di Dio, sostituendolo con madre di Cristo. Questo pensiero fu condannato da Teodosio II nel concilio di Efeso del 431, sollecitato dai patriarchi di Roma e di Alessandria d’Egitto. Il Nestorianesimo aveva una debolezza intellettuale in quanto fondava in modo insufficiente l’unità delle due nature di Cristo-> se le due figure erano distinte, la morte dell’uomo non aveva coinvolto la parte divina e questo non garantiva l’efficacia salvifica dell’incarnazione e morte. Ma è importante notare, come questo dibattito non fosse solo un libero scontro intellettuale tra singoli teologi, poiché le posizioni nate da una sede patriarcale (Antiochia) erano state osteggiate da altre due sedi (Roma e Alessandria): fu un grande dibattito teologico, ma fu al contempo anche la divisione tra le più importanti sedi della Chiesa, un’articolazione regionale che andò differenziando le forme della fede, e del culto nelle diverse parti del Mediterraneo. Il Nestorianesimo, bandito dai territori dell’Impero romano, si conservò negli episcopati sottoposti all’Impero persiano dei Sassanidi e lì sopravvisse anche dopo il VII secolo. 2) Monofisismo (una sola natura) via teologica opposta alla precedente, che prese piede ad Alessandria. In questa interpretazione umanità e divinità si fondono fino a dare vita ad una sola natura, in grado sia di offrire concretamente come uomo, sia opera la redenzione in quanto Dio. Questa posizione subì condanna nel concilio di Calcedonia del 451 , convocato dall’imperatore Marciano-> dal punto di vista teologico il Monofismo offuscava le due nature, ne cancellava la specificità. 3) Il concilio di Calcedonia offrì così un compromesso tra le prime due vie teologiche, il Diofisismo (due nature), che sostenne la presenza di due nature distinte e integre unite in modo indissolubile nella persona di Cristo-> formula che divenne dominante e che è tuttora adottata dalla chiesa cattolica che ortodossa. Anche in questo caso tuttavia, la questione non era puramente teologica-> la posizione diofisita fu infatti sostenuta da Roma, Antiochia e Costantinopoli contro Alessandria. Di nuovo ci fu una divisione tra le grandi sedi patriarcali, ma con una componente nuova, ovvero la centralità di Costantinopoli-> con il concilio di Calcedonia affermò la sua superiorità rispetto alle altre 30 sedi patriarcali, arrivando ad occupare un posto di parallelismo con Roma e continuando così quell’ascesa che, da residenza imperiale, la portò ad essere capitale dell’Impero. TEOLOGIA E IMPERO-> L’aspetto geo-politico ebbe risvolti sia positivi che negativi. Da una parte, aiutò l’ascesi di Costantinopoli, dall’altra però riconoscere le delibere teologiche del concilio avrebbe implicato riconoscere la superiorità di Costantinopoli, e questo fu inaccettabile per quei settori della cristianità che gravitavano attorno ad Alessandria. Così i monofisiti rimasero numerosi nelle chiese del Mediterraneo orientale e meridionale e soprattutto in Egitto. Le divisioni teologiche avevano quindi una loro piena autonomia intellettuale ed esprimevano profonde scelte religiose e culturali, ma al contempo erano anche una delle espressioni dell’articolazione del Mediterraneo romano in spazi (politici, economici e di civiltà) sempre più distinti-> il vero problema dell’Impero era ristabilire un’unità ecclesiastica e teologica. In questi secoli non ha senso parlare di Stato e Chiesa come due entità separate, il primo compito dell’Imperatore era la difesa delle chiese, in quanto obbedire o non obbedire ai decreti conciliari significava anche aderire più o meno solidamente al sistema di potere imperiale, perciò era un’urgenza prioritaria per l’imperatore sanare questi conflitti teologici che rischiavano di danneggiare il potere imperiale stesso (per lo stesso motivo i vari imperatori hanno sostenuto i concili, destinati a risolvere i dibattiti cristologici nonostante non abbiano avuto successo). GIUSTINIANO E LA CONDANNA DEI TRE CAPITOLI-> Giustiniano, nel tentativo di stabilire questa necessaria unità, azzardò il gesto di condannare i Tre capitoli, testi diofisiti le cui formulazioni più spinte portarono all’accusa del Nestorianesimo. Potrebbe sembrare un atto inopportuno creare una rottura all’interno di quadro teologico vincente, ma egli pensò che rifiutare le formulazione diofisite più estreme gli avrebbe permesso di accattivarsi i monofisiti d’Egitto. Ma il progetto fallì, perché le chiese d’Occidente rifiutarono le posizioni imperiali, dando vita a un vero e proprio scisma sanato solo nel secolo successivo. Solo il vescovo di Roma, Virgilio, aderì all’orientamento imperiale nel concilio di Costantinopoli nel 553. IL MONOTEISMO DI ERACLIO-> Un nuovo tentativo di unificazione teologica della chiesa, ancora mirante al riavvicinamento dei monofisiti, fu avviato da Eraclio nel VII secolo, che promosse un nuovo orientamento, detto Monotelismo, ovvero l’idea che in Cristo fossero presenti due nature, unite però da un’unica attività e un’unica volontà, connessa alla fondamentale unità della persona. Ma anche questo tentativo di conciliazione fallì, il Monoteismo fu condannato nel concilio di Costantinopoli del 681. Nel frattempo, la necessità imperiale di un’unità teologica perse importanza, in quanto la divisione teologica non minava l’unità imperiale-> ormai nell’Impero e in Occidente si era affermato il Diofisismo, mentre gli altri orientamenti erano vivi in regioni sfuggite al controllo imperiale. 31
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