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Riassunto Procedura Civile Balena Volume II (integrato con Riforma Cartabia), Dispense di Diritto Processuale Civile

Riassunto completo del secondo volume del manuale Balena di diritto processuale civile. Il riassunto è comprensivo sia della disciplina pre riforma che delle modifiche più rilevanti apportate dalla Riforma Cartabia.

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 23/01/2024

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Scarica Riassunto Procedura Civile Balena Volume II (integrato con Riforma Cartabia) e più Dispense in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! 102 VOLUME 2 – IL PROCESSO ORDINARIO Introduzione - Il processo di cognizione dal 1865 ad oggi Il primo codice post-unitario, del 1865, disciplinava essenzialmente due modelli di processo: quello formale, considerato normale davan> ai tribunali e alle cor> d'appello; e quello sommario, che trovava applicazione davan> ai conciliatori e ai pretori, e nei casi previs> dalla legge, anche davan> agli uffici giudiziari. Il rito formale prevedeva l'assegnazione al convenuto di un breve termine per comparire (in realtà termine per la cos>tuzione dei procuratori delle par> in cancelleria, con deposito dei rispeHvi manda>); quindi scambio di comparse finalizzate a traKare ed approfondire tuKe le ques>oni preliminari, processuali o di merito prima che la causa fosse portata davan> al giudice per essere discussa oralmente. Con l'iscrizione della causa a ruolo il giudice veniva concretamente inves>to della controversia. Nel rito sommario il convenuto veniva citato per comparire ad udienza fissa, direKamente davan> al giudice, e la causa veniva iscriKa immediatamente a ruolo, prima ancora dell'udienza. La prassi preferì il processo sommario a quello formale, perché più semplice e perché consen>va un immediato contaKo tra le par> e il giudice. Il codice del 1865 era di stampo liberale, orientato in senso garan>s>co e fondamentalmente ispirato al principio dell'inizia>va delle par>; il giudice era scarsamente coinvolto nella determinazione dei ritmi del giudizio. La comparizione delle par> avveniva in un primo momento davan> al solo presidente, all'occorrenza poteva proseguire nella stessa udienza davan> al collegio per la discussione orale delle ques>oni insorte. La causa arrivava all'udienza ad istruKoria ancora aperta. Nel primo decennio del '900, Chiovenda impostò una baKaglia per la revisione globale del codice basata essenzialmente su tre principi: - oralità, intesa come neKa preferenza della parola sullo scriKo, traKazione della causa a viva voce all'udienza piuKosto che scambio di comparse; - immediatezza, consistente nella coincidenza tra il giudice-persona fisica che istruisce la causa ed assume le prove e quello che poi la decide; - concentrazione, che postula il processo di esaurisca, se non in un'udienza unica, in un ristreHssimo numero di udienze ravvicinate. Scopo fondamentale del processo non era la semplice composizione della controversia o la realizzazione del diriKo di cui l'aKore invocava la tutela, ma l'aKuazione della volontà della legge, cioè del diriKo oggeHvo. Nel 1926 si ha un progeKo originale ed organico ad opera di CarneluH, che non avrà però seguito. Negli anni '30 si commissiona un nuovo progeKo a Reden>. Tra il 1937 e il 1939 si hanno due versioni del progeKo del Guardasigilli Solmi, che rappresentano una virata del processo in senso autoritario. Verso la fine del 1939 vengono chiama> a collaborare alla stesura defini>va del codice i tre più autorevoli processualis> dell'epoca, cioè Reden>, CarneluH e Calamandrei. Ques> si troveranno di fronte a soluzioni in gran parte preconfezionate ed a scelte di principio operate a livello poli>co. Nasce il codice del 1940, che si dice ispirato a Chiovenda per gius>ficare soluzioni che non erano chiovendiane, se non addiriKura an>te>che rispeKo ai principi di oralità, immediatezza e concentrazione: - si inventa la figura del giudice istruKore, che ha l'esclusiva direzione del procedimento nella fase della traKazione e dell'istruzione della causa, fino al momento in cui la riterrà matura per la decisione e la rimeKerà al collegio, del quale fa parte egli stesso. Il processo viene così diviso in fasi ben dis>nte, estraniando il collegio dall'istruzione della causa e quindi contraddicendo il principio di immediatezza; - viene introdoKo un sistema tendenzialmente rigoroso di preclusioni, stabilendo che nuove eccezioni, nuove richieste istruKorie e nuovi documen> fossero consen>>, di regola, solamente entro la prima udienza davan> al giudice istruKore, e a condizione che il giudice li avesse ritenu> risponden> ai fini di gius>zia. Nel prosieguo del giudizio i nova potevano ammeKersi solo in presenza di gravi mo>vi; - viene aKribuita al giudice la competenza a provvedere con ordinanza sull'ammissione delle prove e su ogni altra ques>one che non fosse idonea a condurre un'immediata definizione del giudizio, escludendo ogni 103 forma d'impugnazione del rela>vo provvedimento, negando l'impugnabilità immediata di tuKe le sentenze non defini>ve, comprese quelle parziali di merito; - vengono crea> nuovi termini perentori più brevi, la cui inosservanza poteva condurre all'es>nzione del processo, dichiarabile dallo stesso giudice d'ufficio. Tale codice è fortemente cri>cato da tuH gli operatori del diriKo. Nonostante la caduta del fascismo e il malcontento generato dal nuovo processo, il codice, nelle sue linee portan>, sopravvisse, ma con l. 581/1950 ne furono emenda> alcuni dei profili maggiormente e più aspramente cri>ca>, in par>colare: - viene introdoKo un reclamo immediato al collegio nei confron> delle sole ordinanze risolu>ve di ques>oni concernen> l'ammissibilità o la rilevanza di mezzi di prova, per mi>gare l'assoluta autonomia dell'istruKore su tali delicate decisioni - vengono eliminate delle preclusioni e l'incondizionata ammissione di nuove eccezioni, nuove richieste istruKorie e nuovi documen> nel corso del processo di primo grado e poi anche in appello, indireKamente sanzionata solamente sul piano delle spese processuali; - ritorna l'impugnabilità immediata di tuKe le sentenze non defini>ve; - viene aKenuta la concentrazione del processo aKraverso un generale allungamento dei termini perentori stabili> a pena d'es>nzione nonché escludendo la rilevabilità d'ufficio dell'es>nzione. La l. 533/1973 riscrisse la disciplina del processo del lavoro, sos>tuendo integralmente il Titolo IV del Libro II, gli art. da 409 a 473. Uno degli aspeH più qualifican> del processo del lavoro è cos>tuito da un sistema di preclusioni rigido che, escludendo tendenzialmente ogni nuova allegazione o nuova prova successiva ai rispeHvi aH introduHvi delle par>, costringe ciascuna di esse a formulare le proprie richieste istruKorie al buio, senza ancora sapere quale posizione difensiva assumerà l'avversario e senza poter contare sulle eventuali ammissioni di quest'ul>mo. Il punto di forza di questa riforma fu, primo fra tuH, la scelta del giudice unico e monocra>co, munito di competenza ra>one materiae, che fu messo in grado di par>re da un ruolo azzerato, quindi senza processi già penden>. Si avrà una riforma con la l. 353/1990, e poi con la l. 374/1991, che sos>tuì il conciliatore con il giudice di pace, affidando a questo una competenza per materia e per valore che sembrava ragguardevole e che sarebbe dovuta servire ad alleggerire il carico di lavoro gravante sui giudici toga>. Queste leggi entrano in vigore solo nel 1995, e viene esclusa l'applicazione ai processi già penden>. Il d.lgs. 51/1998 dà aKuazione al giudice unico di primo grado, sopprimendo l'ufficio del pretore. Il d.lgs. 5/2003 introduce un modello processuale inedito in materia societaria e di intermediazione finanziaria, bancaria e credi>zia. La l. 80/2005 interviene sulla disciplina del processo esecu>vo, dei procedimen> cautelari e possessori, e dei giudizi di separazione personale e divorzio. Il d.lgs. 40/2006 interviene sul processo di cassazione e riforma la materia dell'arbitrato. La l. 69/2009 “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la compe>>vità nonché in materia di processo civile”, entrata in vigore il 4 Luglio 2009, con>ene numerose modifiche sparse delle norme codicis>che. I fruH più recen> e significa>vi del legislatore processuale sono rappresenta>: - d.lgs. n. 150/ 2010, che ha reso obbligatorio il previo esperimento del procedimento di mediazione in seKori assai ampi del contenzioso civile; - d.lgs. n. 150/ 2011, concernente la riduzione e semplificazione dei procedimen> civili di cognizione; - l. n. 183/ 2011, la legge di stabilità che con>ene disposizioni processuali direKe a potenziare l'uso della posta eleKronica cer>ficata e ad agevolare la definizione dei giudizi d’appello; - d.l. 22 giugno 2012 n. 83 conver>to dalla l. n. 134/ 2012, Che ha inciso ulteriormente sulla disciplina dei giudizi d'appello e di cassazione; - l.n. 162/ 2014, che ha introdoKo la negoziazione assis>ta, obbligatoria in tuKe le controversie in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli o natan> e in tuKe quelle aven> ad oggeKo domande di pagamento di somme non superiori a € 50.000; 106 che il giudice, in presenza delle condizioni poc’anzi indicate, possa senz’altro disporre l’esperimento del procedimento di mediazione, purché il provvedimento sia adoKato prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni. 7. NEGOZIAZIONE ASSISTITA La convenzione di negoziazione assis>ta, introdoKa dal d.l. n. 132/2014 è definita come un accordo mediante il quale le par9 convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia, con assistenza di uno o più avvoca'; ed è consen>ta per qualunque >po di controversia avente ad oggeKo diriH disponibili, con la sola eccezione della materia del lavoro. Si traKa di un is>tuto della finalità tuKo analoghe a quello della mediazione, cospicue differenze derivano però dal mancato coinvolgimento di un soggeKo terzo ed imparziale nonché della disciplina estremamente scarna del procedimento di negoziazione assis>ta. Il legislatore, infaH, lasciando ampia libertà alle par>, si limita a prevedere i seguen> tre passaggi: 1) l’invito a s9pulare la convenzione di negoziazione: tale invito deve essere redaKo per iscriKo tramite un avvocato, deve contenere l’avver'mento che la mancata risposta all’invito entro 30 gg dalla ricezione o il suo rifiuto può essere valutato dal giudice ai fini delle spese del giudizio. 2) la convenzione di negoziazione, che deve essere redaKa in forma scriKa, pena di nullità, e deve indicare oltre all’oggeKo della controversia, il termine per l’espletamento della procedura compreso tra 1 mese e 3 mesi e prorogabile, su accordo delle par>, per ulteriori 30 gg. È richiesta l’assistenza di uno o più avvoca>, i quali devono cer>ficare l’autografia delle soKoscrizioni delle par>. 3) l’accordo che compone la controversia che deve essere egualmente soKoscriKo dalle par> e dagli avvoca> che le assistono e cos>tuisce >tolo sia per l’avvio del processo esecu>vo sia per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. à L’art. 9 del d.l. Impone alle par> e ai difensori un dovere di riservatezza è comunque esclude che le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite nel corso di tale procedura possono essere u>lizzate nel giudizio avente in tuKo o in parte il medesimo oggeKo. 8. – NEGOZIAZIONE OBBLIGATORIA Si è inoltre previsto che l’esperimento del procedimento di negoziazione assis>ta sia condizione di procedibilità della domanda giudiziale in materia di risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natan> nonché, al di fuori delle ipotesi di mediazione obbligatoria, per tuKe le domande di pagamento a qualsiasi >tolo di somme max 50 mila euro. Ne sono esenta9 tuKavia: - giudizi in cui la parte può stare in giudizio personalmente; - procedimen> per ingiunzione e il rela>vo giudizio di opposizione; - procedimen> di consulenza tecnica preven>va; - procedimen> di opposizione o incidentali di cognizione rela>vi all’esecuzione forzata; - procedimen> in camera di consiglio; - l’azione civile esercitata nel processo penale; - le controversie concernen> obbligazioni contraKuali derivan> da contraH conclusi tra professionis>. Le conseguenze del mancato esperimento: l’improcedibilità può essere eccepita dal convenuto o rilevata dal giudice d’ufficio non oltre la prima udienza, possono darsi 2 dis>nte ipotesi: - se la procedura non è stata neppure avviata, il giudice assegna alle par> il termine di 15 gg per la comunicazione del rela>vo invito e rinvia la causa a un’udienza successiva. - se invece la procedura è già iniziata, ma non si è conclusa, il giudice si limita a fissare una nuova udienza successiva alla scadenza del predeKo termine massimo. Capitolo II - INSTAURAZIONE DEL PROCESSO Premessa 9. Il processo davan9 al tribunale come processo standard Il Libro II del codice, “Del processo di cognizione”, si apre con la disciplina del procedimento davan> al tribunale, ar@. da 163 a 310. Il procedimento dinanzi al tribunale cos>tuisce il modello di processo di cognizione, quello cui solitamente si allude quando si discorre di processo ordinario. Dopo la soppressione delle preture, e prescindendo dalle ipotesi eccezionali di cause aKribuite alla Corte d’appello in unico grado, il tribunale è rimasto ormai il solo giudice togato competente in prima istanza. 107 Questa disciplina può servire ad integrare la norma>va dei vari processi a cognizione piena, deH speciali proprio per contrapporsi ad essa. SEZIONE I - L'ATTO INTRODUTTIVO 10. La domanda giudiziale e i suoi effeJ, processuali e sostanziali à domanda: effeJ della domanda giudiziale (che cosa accade dopo l’a@o di citazione) La domanda ha grande importanza perché fissa l’oggeKo del giudizio, sopraKuKo in relazione al 112 c.p.c. (corrispondenza tra chiesto e pronunciato); peraltro è già noto che in un processo possono cumularsi una pluralità di domande, che possono provenire non soltanto dall’aKore, ma pure dal convenuto o dagli altri soggeH che vi intervengano. La DOMANDA GIUDIZIALE è idonea a produrre importan> effeJ sia sul piano processuale che su quello sostanziale. EffeJ processuali: ruotano intorno alla nozione di li>spendenza, ricollegandosi alle molteplici disposizioni di legge in cui si presuppone che è una causa sia divenuta pendente. La proposizione della domanda, ad es., individua il momento a par>re dal quale: - nessun altro giudice, adito successivamente, potrà conoscere e decidere la medesima causa (art. 39); - i mutamen> della legge o dello stato di faKo, inciden> sulla giurisdizione o sulla competenza del giudice adito, non potranno soKrarre la causa al giudice stesso (perpetua'o iurisdic'onis); - il trasferimento del diriKo controverso non farà venir meno la legiHmazione, ad agire o a contraddire, del suo originario >tolare (art.111). Va, inoltre, ricondoKo nell’ambito di tali effeH anche l’impedimento di eventuali decadenze che operino sul terreno streKamente processuale, ad es. ai termini cui sono soggeKe le domande di impugnazione o la domanda di opposizione a decreto ingiun>vo (art.641). EffeJ sostanziali: si dis>nguono tra quelli: 1) EffeJ sostanziali di per sé (indipendentemente dall'esito del processo) A questa categoria appar>ene l'effe,o interru/vo della prescrizione. Per l'art. 2943 c.c. la proposizione della domanda giudiziale, anche se rivolta a giudice incompetente o privo di giurisdizione, vale ad interrompere la prescrizione del diriKo azionato. Tale effeKo è conserva'vo, mira a paralizzare le conseguenze nega>ve che la durata del processo potrebbe determinare rispeKo al diriKo che si è faKo valere. Peraltro, non si traKa di un effeKo interruHvo istantaneo (analogo a quello che potrebbe discendere da un qualunque aKo di cos>tuzione in mora) poiché la prescrizione, oltre ad essere interroKa, rimane sospesa fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio, e solo da questo momento prende a decorrere un nuovo periodo di prescrizione. Rientrano tra tali effe/ anche tuH quelli che la domanda produce accidentalmente, quando cioè cos>tuisce il mezzo di aKuazione di un potere che il suo autore avrebbe potuto esercitare anche al di fuori del processo (es. il creditore u>lizza la propria domanda giudiziale per operare la scelta fra più obbligazioni alterna>ve oppure per cos>tuire in mora il debitore, 1219). Si è affermato che apparterrebbe a tale categoria di effeH anche quello che si concreta nell’impedimento di decadenze sostanziali, in relazione alle non poche ipotesi in cui un diriKo deve esercitarsi entro un dato termine soKo pena di decadenza (2964): tuKavia, quando ci si occuperà delle conseguenze dell’es>nzione del processo, si avrà modo di precisare che il più delle volte l’effeKo impedi>vo della decadenza non può operare al di fuori del processo in cui la domanda è proposta, sicchè viene a cadere ogniqualvolta il processo si concluda senza una decisione di merito. 2) EffeJ sostanziali che presuppongono qualcos’altro, ossia che il processo arrivi ad una sentenza (se del caso, di un certo contenuto à es. di accoglimento o comunque di merito). Sono deH effeJ sostanziali a@ribu9vi e sono condiziona> all'accoglimento della domanda (e alla circostanza che il processo giunga a sentenza). Essi retroagiscono al giorno in cui la domanda sia stata proposta, una volta intervenuta la sentenza di accoglimento (evitando che la parte viKoriosa venga ad essere pregiudicata dalla durata del processo). 108 [Ad es. è dal giorno della domanda che si applica lo specifico tasso degli interessi legali previsto per i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, che gli interessi scadu> producono a propria volta interessi (art. 1283 c.c.), o che il possessore in buona fede risponde nei confron> del rivendicante dei fruH percepi> o percepibili (art. 1148). Senza dimen>care che la trascrizione nei pubblici registri immobiliari delle domande giudiziali ha, in genere, l'effeKo di rendere inopponibili all'aKore viKorioso i diriH acquista> da terzi con un aKo trascriKo o iscriKo prima della sentenza ma dopo la trascrizione stessa.] 3) EffeJ sostanziali intermedi Per i quali la domanda giudiziale è condizione necessaria e sufficiente. Essi sono des>na> a caducarsi quando la pendenza del processo, per qualunque mo>vo, venga meno e non sia possibile arrivare ad una sentenza. [Ad es. le preclusioni previste dall'art. 1453 c.c. per cui, una volta proposta domanda di risoluzione, per un verso l'aKore non può più optare per la domanda di adempimento, e per altro verso il debitore non può più adempiere. Secondo l’opinione preferibile, queste preclusioni sono des>nate ad operare solo all’interno del processo in cui la risoluzione era stata chiesta, sicchè vengono a cadere allorchè tale processo non possa giungere alla decisione sulla domanda di risoluzione. Un altro esempio può essere offerto dalla sospensione del corso della prescrizione, che sia stata interroKa dalla domanda giudiziale.] 11. I MODELLI DELL’ATTO INTRDOTTUTIVO: CITAZIONE E RICORSO Secondo l'ar9colo 163 1° comma c.p.c. Contenuto della citazione “La domanda si propone mediante citazione a comparire a udienza fissa”. La domanda può essere per proposta anche con ricorso, ad esempio nel rito del lavoro. A@o di citazione: si dirige essenzialmente e direKamente nei confron> del convenuto. Deve contenere, oltre agli elemen> che si concretano nella edic7o ac7onis, che cioè individuano le domande soKoposte al giudice (soggeH, pe>tum, causa petendi), quelli necessari per provocare e consen>re la partecipazione del convenuto stesso al processo (voca7o in ius), compresa l'indicazione dell'udienza di prima comparizione delle par>. Ricorso: invece ha come naturale e immediato des>natario il giudice e di regola (salvo quando il legislatore ne richiede la preven>va no>ficazione, come avviene nel processo di cassazione) mira, col deposito in cancelleria, ad inves>re della causa l'ufficio giudiziario, sicché esige esclusivamente la determinazione della domanda. La voca7o in ius e l'instaurazione del contraddiAorio fra le par> conseguono ad una dis>nta e successiva aHvità dello stesso giudice, che fissa con decreto la data dell'udienza di comparizione o la prima audizione delle par>, nonché ad un'ulteriore aHvità dell'aKore, che deve poi provvedere alla no>ficazione dell'aKo introduHvo e del decreto di fissazione dell'udienza. Il principio del contraddiKorio esclude che l'introduzione della causa con ricorso possa rendere inu>le l'instaurazione del contraddiKorio, eccezion faKa per i casi in cui la decisione inaudita altera parte sia prevista dal legislatore (anche quando il giudice dovesse ritenere invalido il ricorso o manifestamente infondata la domanda, egli non potrebbe esimersi dal fissare la comparizione delle par>, provvedendo soltanto dopo che queste abbiano avuto modo di interloquire sulle rela>ve ques>oni – art.101.2) Domanda: - che cosa accade dopo l’a@o di citazione? - A@o di citazione (art.163 c.p.c.: vizi ed eccezioni) 12. ERRORE SULLA FORMA DELL’ATTO INTRODUTIVO (e sul rito della causa) Nei casi in cui l'aKore u>lizzi un modello diverso da quello prescriKo dalla legge, la giurisprudenza ammeKe una certa equipollenza e fungibilità dei due modelli e dei diversi ri>, ed esclude che l'erronea adozione dell'uno in luogo dell'altro sia mo>vo di nullità o impedisca al processo di pervenire alla decisione di merito (sentenza 23682/2017). Tale fungibilità trova un limite nel caso in cui l'instaurazione del giudizio fosse assoggeKata ad un termine di decadenza: in questo caso, la tempes>vità dell'aKo introduHvo deve essere valutata non alla luce del modello erroneamente u>lizzato, ma secondo quello che avrebbe dovuto correKamente impiegarsi. 111 dell’art.163, c.3: nei casi in cui la domanda è sogge@a a condizione di procedibilità, nell’aKo di citazione si deve dare aKo dell'assolvimento degli oneri previs> per il suo superamento. 2) Inoltre, è stato modificato l’art. 163, comma 3, n. 4: in linea con la codificazione dei principi di chiarezza e sinte>cità degli aH (sancito in via generale all’art.121 c.p.c.) è stata inserita la locuzione «in modo chiaro e specifico» laddove viene disciplinato il contenuto dell’aKo di citazione e della comparsa di risposta: dunque, l’esposizione dei faH deve avvenire in modo chiaro e specifico. 3) Infine, ai fini del coordinamento con il nuovo impianto, è stato modificato il n. 7) dell’art. 163, comma 3, c.p.c.: - Il convenuto deve essere invitato a cos9tuirsi (termine per la cos9tuzione del convenuto – che deve essere oggeKo di avver>mento contenuto nell’aKo di citazione) non più nel termine di 20 gg (ovvero 10 gg in caso di abbreviazione dei termini) bensì in quello di 70 gg prima dell'udienza, al fine di consen>re lo svolgimento della traKazione scriKa – mediante lo scambio delle memorie scriKe – antecedentemente all’udienza di prima comparizione (tramite la piena definizione del thema decidendum ac probandum; per lo stesso mo>vo è venuta meno la possibilità di abbreviare i termini per tale cos>tuzione). - è stato anche aggiunto un nuovo avver9mento: l’aKo di citazione dovrà necessariamente riportare nella voca>o in ius, e segnatamente: «che la difesa tecnica mediante avvocato è obbligatoria in tu/ i giudizi davan' al tribunale, faAa eccezione per i casi previs' dall'ar'colo 86 o da leggi speciali, e che la parte, sussistendone i presuppos' di legge, può presentare istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato» à dunque, vi è l’indicazione dell’obbligatorietà della difesa tecnica mediante avvocato in tuH i giudizi davan> al tribunale, faKa eccezione per i casi di difesa personale della parte o previs> da leggi speciali e della possibilità, sussistendone i presuppos> di legge, di presentare istanza per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. 14. La scelta della data della prima udienza; I termini minimi di comparazione In linea di principio, è lo stesso a@ore a dover scegliere ed indicare la data dell'udienza di prima comparizione. Tale scelta non è totalmente libera, ci sono delle limitazioni: - l’aKore dovrebbe tener conto del decreto con cui il presidente del tribunale adito, entro il 30 novembre di ogni anno, stabilisce i giorni della seHmana e le ore des>nate, nel successivo anno giudiziario, esclusivamente alla prima comparizione delle par> (163.2); - l'art. 163-bis c.p.c. Termini per comparire prescrive che tra il giorno della no>ficazione della citazione e quello dell'udienza di prima comparizione intercorra un termine libero non minore di 90 * o 150gg, a seconda che il luogo della no>ficazione si trovi in Italia o all'estero. Tale termine può essere abbreviato fino alla metà o “dimidiato” nelle cause che richiedono “pronta spedizione”, su istanza dell'aKore e con decreto mo>vato del presidente del tribunale steso in calce all'originale e alle copie della citazione **; * La Riforma ha aumentato il termine libero da 90 a 120. ** La Riforma ha eliminato la possibilità di abbreviare i termini nelle cause che richiedono pronta spedizione. - (Lo stesso convenuto peraltro può avere interesse ad una sollecita traKazione della causa, per cui) quando il termine assegnato dall'aKore nella citazione ecceda in misura considerevole il termine minimo, il convenuto, cos>tuendosi prima della scadenza del termine minimo, può chiedere al presidente del tribunale una congrua an9cipazione della prima udienza, nel rispeKo del predeKo termine minimo. Il presidente provvede con decreto che dovrà essere portato a conoscenza dell'aKore almeno 5 giorni liberi prima della nuova data, aKraverso una comunicazione del cancelliere. *** La data dell’udienza fissata dall’a/ore è provvisoria, poiché sogge/a nella maggior parte dei casi ad uno sli/amento in avan;, conseguente alla designazione del giudice istru/ore. à La data indicata nell'a/o di citazione rappresenta la data prima della quale non potrebbe tenersi l'udienza di prima comparizione. 112 ***La Riforma ha aggiunto che “In questo caso i termini di cui all’ar7colo 171-ter decorrono dall’udienza così fissata” *COMMENTO NUOVO ART.163-bis (Riforma): La necessità di rimodulare tuH i termini processuali della fase introduHva ha reso necessaria la modifica dell’art. 163 bis c.p.c.: I termini liberi, che devono intercorrere tra il giorno della no>ficazione della citazione e quello dell’udienza di comparizione, sono sta> aumenta9 da 90 a 120 al fine di consen>re lo svolgimento della traKazione scriKa antecedentemente all’udienza di prima comparizione à tempi congrui per l’elaborazione delle memorie integra>ve di cui all’art.171-ter c.p.c. permeKono la piena definizione del thema decidendum ac probandum in vista dell’udienza di prima comparizione delle par> e traKazione della causa. Per gli stessi mo>vi: - è stata eliminata la possibilità di abbreviare i termini di cos>tuzione nelle cause che richiedono pronta spedizione, poiché tale is>tuto non è più compa>bile con tuH gli adempimen> che vanno compiu>, dalle par> e dal giudice, prima dell’udienza di prima comparizione. - È stato previsto che, in caso di fissazione dell’udienza per la comparizione delle par> con congruo an>cipo su quella indicata dall’aKore, i termini di cui all’art.171-ter c.p.c. decorrono dall’udienza così fissata. Sezione II - La cos>tuzione delle par> 15. La cos9tuzione in giudizio delle par9 Cos9tuzione: è l’aKo aKraverso il quale la parte, che ha già assunto tale qualità per aver proposto una domanda giudiziale o per esserne soggeKo passivo, rende effe/va la propria partecipazione al processo. Con la cos>tuzione il procuratore diviene, a norma ar9colo 170 c.p.c. (No7ficazioni e comunicazioni nel corso del procedimento), il naturale des>natario di tuKe le no>ficazioni e le comunicazioni virtualmente direKe alla parte, per le quali la legge non disponga altrimen>. Alla cos>tuzione in giudizio, personale o a mezzo di procuratore, è subordinata la possibilità di esercitare concretamente i poteri processuali aKribui> alla parte, in par>colare le aHvità di allegazione e d'impulso istruKorio. 99 Una volta compiuta, la cos>tuzione vale, in linea di principio, per l'intero grado di giudizio indipendentemente dall'effeHva partecipazione alle singole fasi del processo (deve ritenersi peraltro necessaria una nuova cos>tuzione nelle ipotesi in cui il processo venga riassunto dinanzi ad un diverso ufficio giudiziario, oppure in seguito ad interruzione per il venir meno di una parte): la contumacia, cioè la situazione derivante dalla mancata cos>tuzione di una parte, non va confusa con la mera assenza della parte stessa ad una o più udienze o all'esperimento di un determinato mezzo istruKorio. Modalità: essa si aKua aKraverso il deposito in cancelleria del fascicolo di parte, contenente l’originale del primo aKo processuale della parte stessa, le copie des>nate al fascicolo d’ufficio, la procura (quando sia stata conferita con un aKo separato) e i documen> eventualmente offer> in comunicazione. Per ciascuna parte è previsto poi, accanto al tradizionale fascicolo d’ufficio cartaceo, un fascicolo virtuale nel quale confluiscono tuD gli aD e documen; (in formato ele/ronico) deposita; dalle par; con modalità telema;che, ossia trasmessi mediante PEC. Inoltre, ul;ma osservazione riguarda infine i processi che iniziano col deposito del ricorso nella cancelleria del giudice adìto, nei quali non è configurabile un’autonoma aDvità di cos;tuzione del ricorrente, poiché essa coincide con quella a/raverso la quale si instaura il giudizio. 99 ESEMPIO: il convenuto, che è già divenuto parte nel momento in cui gli è stato no;ficato l’aIo di citazione, non potrebbe, senza essersi cos;tuito previamente, proporre una domanda riconvenzionale o un’eccezione in senso streIo, né deferire all’aIore un giuramento decisorio o un interrogatorio formale! 113 16. COSTITUZIONE DELL’ATTORE (art 165) La cos9tuzione dell’a@ore ex ar9colo 165 c.p.c., deve avvenire entro i 10 gg successivi alla no>ficazione della citazione: termine che si riduce a 5 gg allorché l’aKore abbia usufruito dell’abbreviazione dei termini di comparizione prevista dall’art 163 bis (* A seguito della Riforma non è più previsto il termine di 5 giorni per la cos>tuzione). Modalità: la cos>tuzione si aKua con il deposito (in cancelleria) del fascicolo di parte, contenente: - l’originale del primo aKo processuale della stessa parte (citazione/comparsa di risposta), -la procura, - i documen> eventualmente offer> in comunicazione. Quando l'aKore si cos>tuisce personalmente deve anche dichiarare la propria residenza o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede il giudice adito (al fine di agevolare le no>ficazioni e comunicazioni a lui direKe). ** La Riforma ha aggiunto che l’aKore che si cos>tuisce personalmente deve “indicare l’indirizzo presso cui ricevere le comunicazioni e no7ficazioni anche in forma telema7ca”. Se la citazione dev’essere no>ficata a più par9, è opinione prevalente che il termine per la cos>tuzione decorra pur sempre dalla prima no>fica ma l’originale della citazione può essere inserito nel fascicolo entro 10 giorni dall’ul>ma no>fica (nel fraIempo l’aIore depositerà la c.d. velina, cioè copia non auten;ca dell’aIo di citazione). [A conferma dell'avvenuto deposito è previsto che ogni aIo o documento sia riportato in un apposito indice del fascicolo, che il cancelliere, dopo aver controllato la regolarità anche fiscale dell'aIo o del documento, è tenuto a soIoscrivere in occasione di ogni nuova inserzione o produzione. Nel corso del procedimento il fascicolo di parte viene custodito in un'unica cartella col fascicolo d'ufficio, salvo la parte si faccia autorizzare dal giudice istruIore a ri;rarlo temporaneamente. Nei processi che iniziano col ricorso depositato nella cancelleria del giudice adito non è configurabile un'autonoma aDvità di cos;tuzione del ricorrente, questa coincide con quella con la quale si instaura il giudizio.] *NUOVO ART.165 (Riforma): à Venendo meno la possibilità di procedere alla abbreviazione dei termini, non è più previsto il termine di 5 giorni per la cos>tuzione. Inoltre, adeguandosi all’evoluzione tecnologica, la norma prevede che l’aKore, se si cos>tuisce personalmente, deve dichiarare la residenza o eleggere domicilio nel comune ove ha sede il tribunale o indicare l’indirizzo presso cui ricevere le comunicazioni e no9ficazioni anche in forma telema9ca. 17. COSTITUZIONE DEL CONVENUTO (art 166) L'ar9colo 166 c.p.c. disciplina la cos9tuzione del convenuto, che deve cos>tuirsi almeno 20 gg prima dell'udienza di comparizione fissata nell'aKo di citazione o, in caso di abbreviazione dei termini, almeno 10 giorni prima dell'udienza fissata. (*La Riforma ha modificato il termine di cos>tuzione del convenuto a 70 gg prima dell’udienza di comparizione ed è venuto meno il termine rido@o di 10 gg.) Anche quando la data dell'udienza dovesse essere posteriore a quella indicata dall'aKore, il termine di cos>tuzione deve essere comunque calcolato in relazione a quest’ul>ma data (la data di udienza indicata nell’aKo di citazione). Fa eccezione solo l’ipotesi in cui l'udienza di prima comparizione venga differita dal giudice istruKore ai sensi dell’art. 168-bis co 5°: qui il termine si calcola con riferimento alla nuova data effe/va dell'udienza. (*La Riforma ha eliminato il comma 5 dell’art.168-bis à in quanto si traKa di una previsione ora refluita nell’art.171-bis c.p.c.) Il termine indicato nell’ar>colo 166 hai importanza perché lo spirare del termine fa scaKare importan> preclusioni, sicché una cos>tuzione posteriore impedirebbe al convenuto alcune aHvità difensive non trascurabili. Modalità: la cos>tuzione del convenuto si aKua mediante deposito del fascicolo di parte che dovrà contenere, oltre agli aH e ai documen> prescriH per l’aKore, anche la copia della citazione no>ficata al convenuto e la comparsa di risposta, così deIa poiché rappresenta la prima replica del convenuto all’aIo di citazione. (* La Riforma ha previsto che non debba più essere depositato il fascicolo di parte bensì la comparsa di cui all’art.167, con la copia della citazione no9ficata, la procura e i documen9 che offre in comunicazione). *COMMENTO NUOVO ART.166 (Riforma): 116 La norma, ada@ata alla complessiva digitalizzazione voluta dalla legge di riforma, prevede che la designazione del giudice istruKore, davan> al quale le par> debbono comparire, non avvenga più con decreto scriKo in calce della nota d’iscrizione a ruolo. Subito dopo la designazione del giudice istruKore, il cancelliere iscrive la causa sul ruolo della sezione e su quello del giudice istruKore: il necessario adeguamento alle disposizioni del processo civile telema9co, ha faKo venir meno l’obbligo del cancelliere di trasmissione del fascicolo, una volta iscriKa la causa sul ruolo. È stato eliminato il riferimento al potere del giudice istruKore di differimento della data della prima udienza, traKandosi di previsione adesso refluita nell’art.171-bis c.p.c. 20. COSTITUZIONE RITARDATA DELLE PARTI E CONTUMACIA L'ar9colo 171, 2°comma (Ritardata cos7tuzione delle par7) prevede che, se una delle par> si è effeHvamente cos>tuita nel termine a lei assegnato, l'altra può cos>tuirsi successivamente fino alla prima udienza (* La Riforma ha abrogato la possibilità di cos>tuirsi “fino alla prima udienza”), ma se il convenuto u>lizza tale possibilità, restano per lui ferme le decadenze ex art. 167. à Ciò significa che, laddove il convenuto si cos>tuisca oltre il termine indicato dall'art. 166, egli non potrà più proporre domande riconvenzionali o eccezioni in senso streKo, né chiamare in causa terzi. Contumacia: (art.171, 3° comma) quando la parte non si sia cos>tuita in giudizio neppure in tale udienza 101 (*La Riforma ha abrogato quest’ul>ma parte “…neppure in tale udienza...”, prevedendo che sia definita contumace la parte che non si cos>tuisce “entro il termine di cui all’art.166” OVVERO 70 GG); in questo caso il giudice la dichiara all'udienza stessa con ordinanza (ex. 171.3 - ricogni;va della contumacia, che comunque sussisterà comunque anche se non dichiarata). Nel processo ordinario (e in generale in quelli che iniziano con citazione) la contumacia può riguardare: - Convenuto - AAore (più raro) à Quando sia l'a@ore a non cos9tuirsi, l'art. 290 fa dipendere la prosecuzione del giudizio dalla volontà del convenuto, che potrebbe avere interesse alla sentenza di merito: se lo chiede, il giudice darà le disposizioni art. 187, iniziando a traKare la causa ex art.183; altrimen> deve essere ordinata la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si es>ngue immediatamente. - non entrambe le par> perché in questo caso la causa non verrebbe neppure iscriKa a ruolo e si applicherebbe l'art. 307, 1° comma (“es>nzione del processo per inaHvità delle par>”). *COMMENTO NUOVO ART.171 (Riforma): L’an>cipazione delle verifiche ad un momento antecedente alla prima udienza ha reso necessario modificare anche la disciplina della contumacia e della ritardata cos>tuzione delle par>. Ed infaH, la declaratoria di contumacia non viene più adoKata in sede di udienza di prima comparizione, bensì all’esito delle verifiche preliminari condo@e ai sensi del nuovo art. 171 bis c.p.c. Ciò ha reso necessario intervenire sull’art. 171 c.p.c., apportando modifiche alla disciplina della ritardata cos>tuzione delle par>, al fine di adaKarla alla nuova fase introduHva del processo di primo grado. IN PARTICOLARE: Nel SECONDO COMMA è stato eliminato l’inciso che, nel caso in cui una parte si sia cos>tuita nei termini per essa stabili> dalla legge, consente alla controparte di cos>tuirsi successivamente “fino alla prima udienza” à Infa/, per permeKere al giudice di effeKuare le verifiche preliminari anteriormente all’udienza (e alla fissazione dei termini per le memorie di cui all’art.171-ter c.p.c.), il termine per la cos9tuzione del convenuto deve essere necessariamente fissato in quello tempes>vo di cui all’art. 166 c.p.c. In ogni caso, il convenuto potrà certo cos>tuirsi anche successivamente, ma acceKando il processo nello stato in cui si trova e con le preclusioni già maturate, salve eventuali ipotesi di rimessione in termini, qualora ne sussistano i presuppos>. Per lo stesso mo>vo, al TERZO COMMA l’inciso “neppure in tale udienza” è stato sos>tuito con l’inciso “entro il termine di cui all’art. 166”, poiché quello è il termine successivamente al quale la parte che non si è cos>tuita viene dichiarata contumace. 101 Ovvero, entro l’udienza di prima comparizione. 117 21. Le no9ficazioni comunicazioni nel corso del procedimento Dal momento della cos;tuzione in giudizio, il difensore-procuratore diviene, salvo che la legge non disponga altrimen;, il naturale des;natario di tuIe le no;ficazioni e le comunicazioni in luogo della parte rappresentata. Quando egli rappresenta più par;, infaD, la no;ficazione o la comunicazione gli è validamente eseguita con la consegna di una copia soltanto dell’aIo (170.2). L'avvocato che assuma la rappresentanza di una parte in giudizio che si svolge fuori dalla circoscrizione del tribunale cui è assegnato è tenuto, al momento della propria cos>tuzione, ad eleggere domicilio nel luogo in cui ha sede il giudice adito; in mancanza il domicilio si intende eleKo presso la cancelleria dell'ufficio giudiziario. Se la parte è cos>tuita personalmente, le no>ficazioni e le comunicazioni ad essa direKe si faranno nella residenza dichiarata o nel domicilio eleKo al momento della cos>tuzione. Per quanto concerne la comunicazione delle comparse e delle memorie fra le par> l’ul>mo comma dell’ar>colo 170 prevede 3 diverse modalità: - il mero deposito in cancelleria, - la no'ficazione, - lo scambio direAo, documentato aKraverso la posizione di un visto del des>natario, in calce o in margine, sull’originale dell’aKo. Capitolo III – L’UDIENZA DI PRIMA COMPARIZIONE E LE VERIFICHE PRELIMINARI (domanda) Udienza di prima comparizione: • Pre-riforma: l'udienza di prima comparazione rappresenta il primo contaKo tra le par> e il giudice, e nel contempo segna anche l'inizio della fase di traKazione della causa. • Riforma Cartabia: con le modifiche apportate dalla Riforma, l’udienza di prima comparizione acquisisce un ruolo centrale nello svolgimento del processo, non essendo più considerata come il momento del primo contaAo tra il giudice e le par', finalizzato al compimento di tuKe le verifiche preliminari ed alla assegnazione dei termini per la definizione del thema decidendum e del thema probandum; al contrario, essa è ora delineata come il momento in cui il giudice già si trova nelle condizioni per valutare se necessi9 un’aJvità istru@oria, ovvero se la causa sia già matura per la decisione. La Riforma, infaH, è intervenuta riformulando integralmente l’art.183 c.p.c. à Nell’aKuale scansione delle fasi processuali, lo scambio di memorie scriKe volte alla completa definizione del thema decidendum e del thema probandum avviene in una fase antecedente all’udienza di prima comparizione delle par9 ex art.183 c.p.c. Di conseguenza si è reso necessario prevedere un meccanismo che consenta al giudice di effeKuare tuKe le verifiche preliminari prima ancora che inizino a decorre i termini suddeH. Quindi, sono sta> introdoJ due nuovi ar>coli, da leggere in combinato disposto con il nuovo art.183: - Art.171- bis (Verifiche preliminari) - Art.171-ter (Memorie integra've) 22. Le verifiche prescri@e all'udienza di prima comparizione (verifiche preliminari) In origine era previsto che il giudice fosse tenuto a compiere le verifiche preliminari all'udienza di prima comparizione (disciplina modificata dalla riforma Cartabia). Disposizioni: L’art. 182 (Dife%o di rappresentanza o di autorizzazione): - co 1– pur non riferendosi espressamente all’udienza di prima comparizione – prevede che il giudice istruKore deve verificare d'ufficio la regolarità della cos7tuzione delle par7 e, all'occorrenza, invitarle a completare o a meKere in regola gli aJ e i documen9 che riconosce dife@osi. - co 2 è stato modificato dalla riforma Cartabia (al fine di coordinare la norma con l’ar>colo 171- bis di nuovo conio) à ora tale ar>colo prevede che: “Quando (il giudice istruKore) rileva la mancanza della 118 procura al difensore oppure un difeKo di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione che ne determina la nullità, il giudice assegna alle par> un termine perentorio per la cos>tuzione della persona alla quale speKa la rappresentanza o l'assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle li> o per la rinnovazione della stessa. L'osservanza del termine sana i vizi, e gli effeH sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima no>ficazione. à dunque, tale norma prevede ora l’assegnazione alle par> del termine perentorio anche quando viene rilevata la mancanza della procura del difensore (era sorto il dubbio che l’art.182 c.p.c. non potesse trovare applicazione in caso di inesistenza della procura ad litem). - L'art. 183 co 1° (Prima comparizione delle par7 e tra%azione della causa) prendeva in considerazione le nullità che si sarebbero potute verificate nella fase introduHva del processo, prevedendo che il giudice, alla prima udienza, dovesse verificare d'ufficio la regolarità del contraddi,orio 102, e all’occorrenza doveva pronunciare i provvedimen> previs> all'art. 102.2, 164.2-3-5 e 167.2-3, 182, 291.1 per porre rimedio: all’omessa citazione di un li'sconsorte necessario, alle nullità dell'aAo introdu/vo o della domanda riconvenzionale, ai dife/ di rappresentanza, assistenza o autorizzazione, o ai vizi della no'ficazione della citazione. à come an>cipato, tale norma è stata interamente modificata dalla riforma Cartabia, in quanto si prevede ora che ques> controlli siano effeKua> prima della prima udienza (ex art.171-bis c.p.c.) Art.171- bis (Verifiche preliminari) 103: Tale ar>colo permeKe alla causa di giungere all’udienza con il perimetro del thema decidendum e del thema probandum già definito, così da consen>re al giudice di poter valutare meglio quale direzione imprimere al processo. Esso prevede che: nei quindici giorni successivi alla scadenza del termine di cui all’art.166 c.p.c. (70 gg. + 15 gg) per la cos>tuzione del convenuto, il giudice è tenuto a compiere tu@e le verifiche d’ufficio che, nel loro insieme, sono funzionali a verificare la regolarità del contraddi@orio. In par>colare, si traKa dei controlli aHnen> alla c.d. regolarità formale del contraddi@orio, aven> ad oggeKo i vizi aHnen> a nullità sanabili. In par>colare, il giudice verifica: * se vi sono ipotesi di li9sconsorzio necessario a contraddiKorio non integro (non sono sta> cita> o la domanda non è stata proposta da tuH i li>sconsor> necessari): art. 102 c.p.c.; * se risulta necessario ordinare la chiamata di un terzo al quale la causa è comune: art. 107 c.p.c.; * se l'a@o di citazione è nullo, tanto per vizi aHnen> alla voca'o in ius, quanto per vizi aHnen> alla edic'o ac'onis: art. 164 c.p.c. * se è nulla la domanda riconvenzionale: art. 167, comma 2, c.p.c. * se il convenuto ha dichiarato di voler chiamare un terzo in causa e occorre differire l'udienza per consen>re la citazione del terzo: art.167, comma 3 e 269 c.p.c. * se vi sono vizi di rappresentanza o di autorizzazione: art. 182 c.p.c. 102 Dunque, doveva controllare se le par; si fossero cos;tuite oppure, in caso contrario, se la mancata cos;tuzione dipendesse da qualche vizio. 103 ART.171-bis: “Scaduto il termine di cui all’ar;colo 166, il giudice istruIore, entro i successivi quindici giorni, verificata d’ufficio la regolarità del contraddiIorio, pronuncia, quando occorre, i provvedimen; previs; dagli ar;coli 102, secondo comma, 107, 164, secondo, terzo, quinto e sesto comma, 167, secondo e terzo comma, 171, terzo comma, 182, 269, secondo comma, 291 e 292, e indica alle par; le ques;oni rilevabili d’ufficio di cui ri;ene opportuna la traIazione, anche con riguardo alle condizioni di procedibilità della domanda e alla sussistenza dei presuppos; per procedere con rito semplificato. Tali ques;oni sono traIate dalle par; nelle memorie integra;ve di cui all’ar;colo 171- ter. Quando pronuncia i provvedimen; di cui al primo comma, il giudice, se necessario, fissa la nuova udienza per la comparizione delle par;, rispeIo alla quale decorrono i termini indica; dall’ar;colo 171-ter. Se non provvede ai sensi del secondo comma, conferma o differisce, fino ad un massimo di quarantacinque giorni, la data della prima udienza rispeIo alla quale decorrono i termini indica; dall’ar;colo 171- ter. Il decreto è comunicato alle par; cos;tuite a cura della cancelleria.” 121 Se la rinnovazione avviene, essa consente al processo di con>nuare e gli effeH della domanda si producono fin dal momento in cui era stata no>ficata la citazione invalida. Se l'aAore invece non oAemperi, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si es>ngue immediatamente, a norma dell'art. 307 co 3°. B) La nullità della citazione può derivare anche da vizi che aKengano alla edi7o ac7onis: - l’omessa o incerta determinazione della cosa oggeAo della domanda (cioè del pe'tum); - la mancata esposizione dei fa/ cos'tuen' le ragioni della domanda (causa petendi) à Parte della doKrina ri>ene che la mancata esposizione dei faH cos>tuen> le ragioni della domanda debba ricorrere solo quando si traH di un diri@o eterodeterminato, e quindi l'omessa specificazione dei faH cos>tu>vi renda impossibile l'individuazione con certezza del diriKo stesso o il rapporto giuridico per il quale si invoca la tutela giurisdizionale; e non anche quando la domanda sia autodeterminata. à L'art. 164 però non permeKe di condividere tale interpretazione: i faH non rilevano solo per l'iden>ficazione dell'oggeKo del giudizio, ma anche a consen>re al convenuto di difendersi adeguatamente e al giudice di esercitare i poteri aKribui>gli. L'art. 164 non esaurisce le faHspecie di invalidità della citazione. à DISCIPLINA: La disciplina delle nullità riguardan> la domanda in senso streKo, edi7o ac7onis, invece stabilisce che: - L’eventuale cos9tuzione spontanea del convenuto, indipendentemente dal momento in cui si realizzi, non è mai sufficiente, di per sé, a sanare il vizio della citazione. A tal fine è necessaria infaH un'aHvità dell'a@ore. Dunque, il giudice è tenuto ad ordinare all’aAore l'integrazione della domanda, fissando per tale adempimento un termine perentorio e rinviando la causa ad un'altra udienza. Qualora l'aAore oAemperi, il processo resta sanato, ma ex nunc, la domanda produce i propri effeH da questo momento e restano ferme le decadenze maturate e salvi i diriH quesi>. Se l'ordine di integrazione non viene eseguito, deve ritenersi che la nullità divenga insanabile e che il giudice sia tenuto, a seconda dei casi, a dichiarare l'es>nzione o a definire il processo in rito; a meno che il vizio non riguardi alcuna soltanto delle più domande proposte. - Quando il convenuto sia rimasto contumace, il giudice, in qualunque momento rilevi la nullità, deve ordinare all'aKore di rinnovare la citazione. 27. La nullità della domanda riconvenzionale L'art. 167 co 2° c.p.c Comparsa di risposta prevede che la domanda riconvenzionale sia nulla allorché ne sia stato omesso o ne risul> assolutamente incerto l'oggeKo o il >tolo, ossia il pe'tum o la causa petendi. Il giudice assegna al convenuto un termine per l'integrazione della domanda, che opera solo ex nunc, lasciando ferme le decadenze maturate e salvi i diriH acquisi> anteriormente. Tace circa l'ipotesi dell'inosservanza dell'ordine di integrazione, ma ne consegue l'insanabilità del vizio e la definizione della domanda riconvenzionale in mero rito. Capitolo IV - LA TRATTAZIONE DELLA CAUSA E LE PRECLUSIONI DISCIPLINA PRIMA DELLA RIFORMA CARTABIA: La tra@azione della causa comprende quell’aHvità di giudizio direKa all’individuazione delle par> in causa, alla modificazione e precisazione ad opera delle stesse delle domande proposte, nonché all’esposizione delle ragioni di faKo e di diriKo che sorreggono le rispeHve pretese. Nonostante gli interven> del ‘90 e del ’95 e del 2005, che hanno reso la traKazione della causa normalmente orale, il legislatore non è riuscito nell’intento di svel>re i ritmi del processo e proprio per evitare le lungaggini dovute ai con>nui rinvii delle udienze, ha voluto cadenzare ex novo i tempi ed i termini, con il c.d. decreto compe99vità eliminando la dicotomia tra udienza di prima comparizione e udienza di traKazione e introducendo un’unica udienza di prima comparizione delle par> e traKazione della causa. 122 In doKrina e giurisprudenza prevale l'idea che le disposizioni in materia di preclusioni rispondano ad esigenze di ordine pubblico e debbano trovare applicazione indipendentemente dalla volontà delle par'. 29. La tendenziale concentrazione della tra@azione ed eventuale interrogatorio libero delle par9 La disciplina della prima udienza di traKazione è interamente contenuta nell’ar9colo 183 c.p.c. Prima comparizione delle par7 e tra,azione della causa (domanda: collega art.183 ad art.187 c.p.c.) La traKazione della causa è, per principio, orale, anche se deve redigersene processo verbale. L'art. 183 dispone che la causa abbia inizio nell'udienza di prima comparizione e si concluda, in principio, in quella stessa udienza. Le uniche ipotesi in cui è previsto un differimento dell’inizio della tra@azione ad una nuova udienza ricorrono: a) quando il giudice, in seguito a verifiche preliminari, rilevi un vizio rela>vo alla cos>tuzione delle par> o all'instaurazione del contraddiKorio ed ordini le necessarie misure sanan>; b) quando debba procedersi a norma dell'art. 185 (art.183, comma 3), cioè quando il giudice, di propria inizia>va o su richiesta congiunta delle par>, disponga la comparizione personale delle par>, al fine di interrogare liberamente ed eventualmente di tentarne la conciliazione. Sebbene l'art. 183 riferisca tuKe le rela>ve aHvità della traKazione della causa, delle par> e del giudice, alla prima udienza, è da ritenere che si traH di un'indicazione tendenziale, la cui rigidità deve fare i con> con esigenze obieHve del processo, legate al principio del contraddiKorio, le quali possono rendere talvolta ineludibile il frazionamento delle predeKe aHvità in più udienze, se non addiriKura il differimento dell'inizio della traKazione. 30. Le aJvità dire@e a definire l'ogge@o del giudizio ed i mezzi di prova da assumere. Cenni sul possibile passaggio al rito sommario di cognizione Dopo le verifiche preliminari, concernen> la regolare instaurazione del processo e del contraddiKorio, nonché dopo l'eventuale esperimento dell'interrogatorio libero e del tenta7vo infru,uoso di conciliazione, l'ar9colo 183 prevede una serie di a/vità delle par', talora sollecitabili dallo stesso giudice, direKe a pervenire ad una compiuta definizione: - dell'oggeKo del giudizio (thema decidendum); - dei faH sui quali, se del caso, dovranno poi assumersi prove (thema probandum). à In doKrina, si parla di collaborazione del giudice con le par> nella traKazione della causa. CONVERSIONE DEL RITO: L’ar9colo 183 bis c.p.c. (Passaggio dal rito ordinario al rito sommario di cognizione) consente al giudice, nelle sole cause in cui il tribunale giudica in composizione monocra>ca, di optare d’ufficio, all’udienza di traKazione, per la prosecuzione del giudizio secondo le norme di rito sommario di cognizione (art 702 bis ss. à abrogato da riforma Cartabia105). L’ordinanza non impugnabile che eventualmente disponga il passaggio al rito sommario potrebbe imprimere al processo una notevolissima accelerazione, in quanto deve contestualmente invitare le par> ad indicare, a pena di decadenza, nella stessa udienza i mezzi di prova e i documen> di cui intendono avvalersi nonché la rela>va prova contraria; salva la possibilità per il giudice di rinviare la causa, su istanza di una parte, ad una nuova udienza, assegnando un primo termine perentorio non superiore a 15 gg per l’indicazione dei mezzi di prova e la produzione di documen>, ed un secondo termine perentorio di ulteriori 10 gg per la sola indicazione di prova contraria. L’applicazione della disciplina del rito sommario potrebbe implicare la decisione immediata della causa quando le par> non abbiano chiesto l’assunzione di prove o il giudice la ritenga comunque superflua. *Anche l’art. 183 bis è stato modificato dalla riforma Cartabia, in linea con la sos>tuzione ad opera della riforma Cartabia del procedimento sommario di cognizione con quello semplificato di cognizione à A@uale formulazione: (Passaggio dal rito ordinario al rito semplificato di cognizione) 105 Il rito semplificato non sarà più disciplinato dall’art.702-bis ma dagli arB.281-decies c.p.c. e ss. in forza dei quali il ricorso a tale rito alterna;vo è possibile sia “quando i fa4 di causa non sono controversi” sia quando “la domanda è fondata su prova documentale o è di pronta soluzione o richiede un’istruzione non complessa”. 123 “All'udienza di traKazione il giudice, valutata la complessità della lite e dell'istruzione probatoria e sen>te le par>, se rileva che in relazione a tuKe le domande proposte ricorrono i presuppos> di cui al primo comma dell'ar>colo 281-decies, dispone con ordinanza non impugnabile la prosecuzione del processo nelle forme del rito semplificato e si applica il comma quinto dell'ar>colo 281-duodecies”. NUOVO ART.183 VECCHIO ART.183 1. All'udienza fissata per la prima comparizione e la traKazione le par> devono comparire personalmente. La mancata comparizione delle par> senza gius>ficato mo>vo cos>tuisce comportamento valutabile ai sensi dell'ar>colo 116, secondo comma. 1. All'udienza fissata per la prima comparizione delle par> e la traKazione il giudice istruKore verifica d'ufficio la regolarità del contraddiKorio e, quando occorre, pronuncia i provvedimen> previs> dall'ar>colo 102, secondo comma, dall'ar>colo 164, secondo, terzo e quinto comma, dall'ar>colo 167, secondo e terzo comma, dall'ar>colo 182 e dall'ar>colo 291, primo comma. 2. Salva l'applicazione dell'ar>colo 187, il giudice, se autorizza l'aKore a chiamare in causa un terzo, fissa una nuova udienza a norma dell'ar>colo 269, terzo comma. 2. Quando pronunzia i provvedimen> di cui al primo comma, il giudice fissa una nuova udienza di traKazione. 3. Il giudice interroga liberamente le par>, richiedendo, sulla base dei faH allega>, i chiarimen> necessari e tenta la conciliazione a norma dell'ar>colo 185. 3. Il giudice istruKore fissa altresì una nuova udienza se deve procedersi a norma dell'ar>colo 185. 4. Se non provvede ai sensi del secondo comma il giudice provvede sulle richieste istruKorie e, tenuto conto della natura, dell'urgenza e della complessità della causa, predispone, con ordinanza, il calendario delle udienze successive sino a quella di rimessione della causa in decisione, indicando gli incomben> che verranno espleta> in ciascuna di esse. L'udienza per l'assunzione dei mezzi di prova ammessi è fissata entro novanta giorni. Se l'ordinanza di cui al primo periodo è emanata fuori udienza, deve essere pronunciata entro trenta giorni. 4. Nell'udienza di traKazione ovvero in quella eventualmente fissata ai sensi del terzo comma, il giudice richiede alle par>, sulla base dei faH allega>, i chiarimen> necessari e indica le ques>oni rilevabili d'ufficio delle quali ri>ene opportuna la traKazione. 5. Se con l'ordinanza di cui al quarto comma vengono dispos> d'ufficio mezzi di prova, ciascuna parte può dedurre, entro un termine perentorio assegnato dal giudice con la medesima ordinanza, i mezzi di prova che si rendono necessari in relazione ai primi, nonché depositare memoria di replica nell'ulteriore termine perentorio parimen> assegnato dal giudice, che si riserva di provvedere a norma del quarto comma ul>mo periodo. 5. Nella stessa udienza l'aKore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. Può altresì chiedere di essere autorizzato a chiamare un terzo ai sensi degli ar>coli 106 e 269, terzo comma, se l'esigenza è sorta dalle difese del convenuto. Le par> possono precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni già formulate. 6. Se richiesto, il giudice concede alle par> i seguen> termini perentori: 1) un termine di ulteriori trenta giorni per il deposito di memorie limitate alle sole precisazioni o modificazioni delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte; 2) un termine di ulteriori trenta giorni per replicare alle domande ed eccezioni nuove, o modificate 126 che il giudice stesso eserci> in un momento successivo i poteri istruKori officiosi che la legge gli aKribuisce. A tutela delle par', l'art. 183 8°comma prevede che quando vengano dispos> d'ufficio dei mezzi di prova, il giudice debba contestualmente assegnare alle par>, col medesimo provvedimento, un ulteriore doppio termine perentorio: 1) per la richiesta dei nuovi mezzi di prova che si rendono necessari in relazione a quelli dispos> ex officio; 2) per il deposito di un'eventuale memoria di replica. In questo caso lo stesso giudice, anziché fissare immediatamente l'udienza per l'assunzione dei mezzi di prova già ammessi, aKenderà lo spirare di tali termini e provvederà sulle richieste delle par> entro i successivi 30 giorni. 32. Le nuove allegazioni ammesse nel successivo corso del processo La preclusione desumibile dall'art. 183, cioè l'esclusione di qualunque nuova allegazione di faKo dopo la conclusione della fase di traKazione, riguarda esclusivamente l'allegazione di nuovi faJ principali (cos>tu>vi, es>n>vi, impedi>vi modifica>vi) che implichino la proposizione di domande o di eccezioni nuove, oppure la modifica di quelle già proposte. Al contrario, nessuno specifico limite temporale deve ritenersi previsto per: - la proposizione di mere difese, consisten> nella contestazione dei faH allega> dall'avversario a fondamento della propria domanda o eccezione; - l'allegazione di faH secondari, ossia di quelli che rilevano esclusivamente sul piano probatorio, in quanto da essi, direKamente o indireKamente, può desumersi l'esistenza o l'inesistenza di un faKo principale; - l'allegazione di faH principali es>n>vi, impedi>vi o modifica>vi che il giudice potrebbe rilevare d'ufficio. Grazie all'art. 153 co 2° queste preclusioni trovano un opportuno temperamento nella rimessione in termini che la parte può oKenere dal giudice quando dimostri di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile. Capitolo V - LA DISCIPLINA DELL’INTERVENTO DI TERZI (domanda) Domanda: 1) quale fondamento legiNma l’intervento? 2) Casi e fino a quando si può spiegare questo intervento? L’intervento è il meccanismo mediante il quale un terzo entra spontaneamente o viene faKo entrare in un processo già pendente tra le altre par>. Il terzo, per il solo faKo di essere intervenuto o di essere stato faKo intervenire, acquista la qualità di parte anche se poi, in sede di decisione delle ques>oni di cui all’ar>colo 272, si accerta che egli non era >tolare dell’azione proposta mediante intervento o che non era LegiHmato passivo alla chiamata in giudizio, e quindi in difeKo delle condizioni di ammissibilità dell’intervento. L’intervento spontaneo o la chiamata in giudizio del terzo comporta la proposizione di una domanda giudiziale diversa da quella originaria, pur se ad essa oggeHvamente connessa, provocando normalmente un ampliamento dell’oggeAo del processo. Questo determina un fenomeno di pluralità di par> o li>sconsorzio successivo, il quale può essere necessario o facolta>vo 33. INTERVENTO VOLONTARIO (ar@.105 – 267 - 268) (domanda) In base agli ar@. 267 Cos7tuzione del terzo interveniente e 268 Termine per l'intervento, l'intervento è ammesso finché non vengono precisate le conclusioni e si realizza aKraverso la semplice cos9tuzione in giudizio del terzo. L'interveniente deve depositare, col proprio fascicolo, una comparsa di risposta avente lo stesso contenuto previsto dall'art. 167 per la comparsa di risposta del convenuto, con le copie occorren> per l'altra parte, i documen> offer> in comunicazione e la procura, quando sia conferita con aKo separato. Tale deposito può avvenire direKamente in udienza, e quindi se ne darà aKo nel rela>vo verbale, o in cancelleria, nel qual caso il cancelliere è tenuto a darne comunicazione alle altre par>. (* Riforma Cartabia ha modificato le due norme menzionate prevedendo che: 127 1) il terzo ora può intervenire solo depositando in cancelleria la comparsa di risposta, documen> e procura à non deve più presentarsi in udienza; 2) L'intervento può aver luogo sino al momento in cui il giudice fissa l'udienza di rimessione della causa in decisione.) Secondo l'art. 268 2°comma il terzo, salvo quando intervenga per l'integrazione necessaria del contraddiKorio (e sia quindi un li>sconsorte necessario pretermesso), non può compiere aH che al momento dell'intervento non sono più consen>> ad alcuna altra parte, à deve acceAare il processo nello stato in cui si trova, con tuKe le preclusioni fino a quel momento già maturate. Secondo l'orientamento preferibile, la proposizione della domanda è sempre implicitamente consen>ta al terzo nel momento in cui interviene, e le limitazioni cui allude l'art. 268 co 2° sono solo quelle di natura istruAoria. 34. INTERVENTO SU ISTANZA DI PARTE (ar@. 106 - 269) Quando sussista una comunanza di causa o un'ipotesi di garanzia (art. 106), la chiamata del terzo cos>tuisce un diri@o per il convenuto, che può provvedervi mediante un normale aKo di citazione, a condizione che: - ne abbia faKo tempes'va dichiarazione, a pena di decadenza, nella propria comparsa di risposta; - che richieda contestualmente al giudice istruKore lo spostamento della data della prima udienza, affinché sia possibile citare il terzo nel rispeKo dei termini minimi di comparizione contempla> dall'art. 163-bis. Nel caso sia l'a@ore a volere l'intervento di un terzo, il legislatore esclude che egli possa tardivamente chiamare in causa chi avrebbe potuto citare, unitamente al convenuto, fin dal primo momento. A questo proposito, l'art. 269 co 3° Chiamata di un terzo in causa stabilisce che la citazione del terzo deve essere preven'vamente autorizzata dal giudice, a condizione che: - l’interesse alla chiamata del terzo sia sorto a seguito delle difese svolte dal convenuto nella comparsa di risposta; - l'aKore ne faccia richiesta, a pena di decadenza, nella prima udienza di traAazione (*Riforma Cartabia ha modificato la parte “nella prima udienza di traAazione” ed ha previsto che: “l'aKore deve, a pena di decadenza, chiederne l'autorizzazione al giudice istru@ore nella memoria di cui all'ar9colo 171-ter, primo comma, numero 1”). Se il giudice accoglie questa richiesta, fissa una nuova udienza, affinché il terzo possa essere citato nel rispeKo dei termini di comparizione dell'art. 163-bis, nonché il termine perentorio entro cui l'aKore deve provvedere a no>ficare la rela>va citazione. Indipendentemente da chi abbia chiesto l'intervento del terzo: - la parte che chiama in causa il terzo deve depositare la rela>va citazione nel termine dell'art. 165, cioè entro 10 giorni dall'avvenuta no>fica; - il terzo deve cos>tuirsi entro il termine di cui all'art. 166, cioè almeno 20 giorni prima dell'udienza (*il termine di 20 gg. è stato modificato dalla Rif. Cartabia – ora è di 70 gg.). 35. INTERVENTO IUSSU IUDICIS (ar@.107 – 270 – 271) Art.270 à L'intervento ordinato dal giudice ai sensi dell'art. 107 non è soggetto ad alcun termine: può essere disposto in qualunque momento del processo di primo grado (non anche in appello perche cio sottrarrebbe il terzo ad un grado di giurisdizione). La chiamata si realizza con la notifica di un normale atto di citazione in cui viene fatta menzione del processo già pendente fra le parti ed è indicata, quale udienza di prima comparizione, quella fissata nel provvedimento del giudice. È sufficiente che la citazione avvenga in tempo utile per l'udienza cui la causa è stata rinviata, tenuto conto dei termini minimi di comparizione da concedere al terzo chiamato. Se a tale udienza nessuna delle parti ha ancora provveduto, il giudice dispone con ordinanza non impugnabile la cancellazione della causa dal ruolo. Il processo, però, non si estingue subito bensì entra in uno stato di quiescenza della durata massima di 3 mesi à questo consente alle parti, entro 3 mesi da tale provvedimento, 128 di ridare impulso alla causa, tramite riassunzione, adempiendo all'ordine del giudice. Se entro il termine di 3 mesi il processo non è riassunto, esso si estingue (art.307, co.1) 36. La costituzione del terzo chiamato e i poteri delle parti originarie (art.271) La costituzione del terzo in giudizio è disciplinata in maniera analoga a quella del convenuto à deve quindi: • rispeKare il termine indicato nell'art. 166: 20 giorni (*Ora, dopo la riforma Cartabia, il termine è di 70 gg.) prima dell'udienza fissata per la sua comparizione • proporre, con la comparsa di risposta, le proprie domande riconvenzionali ed eccezioni in senso streKo. Circa la sua eventuale richiesta di chiamare a propria volta in causa un altro soggetto, l'articolo 271 c.p.c. (Costituzione del terzo chiamato) esige che il terzo dichiari tale intenzione, a pena di decadenza, nella comparsa di risposta e si faccia poi autorizzare dal giudice alla prima udienza. Se l'intervento è stato disposto iussu iudicis e si realizza a processo già da tempo iniziato si applicherà un'ampia rimessione in termini al terzo ma anche alle parti originarie, le quali avranno diritto di essere ammesse al compimento di ogni ulteriore attività, assertiva o probatoria, resa necessaria dalle deduzioni dell'interveniente. Capitolo VI - IL GIUDICE ISTRUTTORE 37. L'origine della figura del giudice istru@ore Secondo gli inten> del legislatore del 1940, l'intera direzione e responsabilità della causa veniva affidata ad un organo monocra9co, che rimaneva lo stesso per tuKe la durata del processo, per far intervenire poi il collegio (del quale avesse faKo parte il medesimo giudice istruKore) solo quando la causa fosse ormai pronta per essere decisa. Al posto di rendere il processo più agile, ne provoca la divisione in 2 fasi neKamente dis>nte, quella istruKoria e quella decisoria, introducendo un diaframma tra le par> ed il giudice collegiale, unico >tolare del potere di pronunciare sentenza, e aKribuendo all'istruKore ampi poteri. La riforma degli anni '50 aveva cercato di aKenuare questo potere del giudice istruKore, accordando alle par> il potere di provocare l'intervento del collegio già nel corso dell'istruKoria per un controllo an>cipato sui provvedimen> che stabiliscono quali prove ammeKere e su quali faH. La riforma del '90 trasforma il tribunale da giudice collegiale ad organo monocra9co, con la conseguenza che il giudice istru@ore, escluse le ipotesi all'art. 50-bis, cumula in sé anche i pieni poteri decisori. 38. Il potere di direzione del processo e l'immutabilità del giudice istru@ore L'ar9colo 175 c.p.c. Direzione del procedimento aKribuisce al giudice istruKore tuH i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento. È a lui che speKa fissare di volta in volta l'udienza successiva, con un intervallo, tra un'udienza e l'altra, che per l'art. 81 disp. a@., non dovrebbe superare i 15 giorni, nonché gli eventuali termini ordinatori entro i quali le par> devono compiere determina> aH processuali. L'ar9colo 187 ult. comma Provvedimen7 del giudice istru,ore gli riconosce il potere di dare ogni altra disposizione rela'va al processo. L'ar9colo 174 Immutabilità del giudice istru,ore enuncia il principio per cui egli, designato immediatamente dopo l'iscrizione a ruolo, resta inves>to di tuAa l'istruzione della causa e della relazione al collegio. Stando al comma 2, si potrebbe procedere alla sua sos'tuzione soltanto in caso di assoluto impedimento o di gravi esigenze di servizio, con un provvedimento scriKo dal presidente. 39. Le ordinanze della giudice istru@ore Art.176 à TuH i provvedimen9 del giudice istruKore – salvo che la legge disponga diversamente – rivestono la forma dell'ordinanza e, se pronuncia' direAamente in udienza, si ritengono conosciu> sia dalle par> presen> sia da quelle che avrebbero dovuto comparirvi; se pronuncia' fuori dall'udienza, il cancelliere ne dà comunicazione (di regola solo alle par> cos>tuite) entro i 3 giorni successivi. AKraverso le ordinanze il giudice istruKore ha il potere di conoscere e risolvere tuKe le ques>oni, di rito o di merito, che potrebbero poi sorgere davan> al collegio; sebbene la sua decisione sia, rispeKo ad esse, virtualmente provvisoria essa è streKamente funzionale alla pronuncia di provvedimen> >picamente istruKori. 131 Tipici poteri istru@ori d’ufficio del giudice Dunque, alla luce dell'art. 115, devono considerarsi eccezionali le ipotesi in cui il giudice è abilitato a disporre di propria inizia>va i mezzi di prova. Nel processo ordinario, i poteri istru@ori esercitabili d'ufficio sono piuKosto limita9 e riguardano, prescindendo dalla consulenza tecnica: - l'ispezione giudiziale (prevista dall’ar>colo 118 c.p.c. e prevede che il giudice può ordinare l’ispezione di persone o di cose che appaiano indispensabili ai fini del decidere); - la richiesta d'informazioni alla pubblica amministrazione (ar>colo 213); - l'interrogatorio libero (in qualunque stato e grado del processo – art. 117); - il giuramento suppletorio (2736 c.c. e ar>coli 240 e 241 c.p.c.); - la prova tes9moniale (ar>colo 252 c.p.c. il potere di porre al tes>mone, che però è stato indicato dalle par>, di porre tuKe le domande che ri>ene u>li per la conoscenza dei faH). Il principio all'art. 115 va coordinato col principio di acquisizione della prova, per cui questa, una volta che sia stata richiesta o comunque introdoKa nel processo, esce dalla sfera di disponibilità della parte istante, con la duplice conseguenza che è: - tale parte non può rinunciare alla sua assunzione né può revocare la sua produzione se non vi sia il consenso delle altre par> e l'autorizzazione del giudice; - i risulta> della prova potranno giovare ad una qualunque delle par>, non soltanto a quella che l'aveva richiesta. 42. NOZIONE, CLASSIFICAZIONI. L'ammissibilità e la rilevanza della prova L’ogge@o della prova è sempre un faKo. Il termine prova può assumere una pluralità di significa9: - Mezzo di prova: per riferirsi cioè all'insieme di strumen> e procedimen> aKraverso i quali il giudice deve formare il proprio convincimento circa l'esistenza o inesistenza di determina> faH che egli debba u>lizzare per la decisione. - Risultato dell'iter logico-intelleJvo: aKraverso cui il giudice è pervenuto ad accertare i faH, a convincersi del loro verificarsi. Le fon7 materiali di prova individuano il punto di partenza dell’aHvità conosci>va del giudice, che può essere cos>tuito, a seconda dei casi: - da una cosa, dal cui esame possono direKamente percepirsi i faH oggeKo dell’accertamento; - da un documento, cioè da una cosa che alla peculiarità di essere rappresenta>ve di determina> faH; - da una dichiarazione di scienza, proveniente da una delle par> o da un terzo; - un fa@o dalla cui esistenza il giudice possa dedurre l’esistenza o l’inesistenza di un diverso faKo, che cos>tuisca l’oggeKo ul>mo della prova. Le prove possono classificarsi in diversi modi, tra i quali: PROVA DIRETTA E PROVA INDIRETTA Tale dis>nzione riguarda le modalità di conoscenza del fa,o (oggeKo di prova) da parte del giudice, in relazione alla fonte materiale della prova: - in questo senso l'unica prova dire@a sarebbe l'ispezione, che consiste nell'esame obieHvo di una cosa da cui il giudice può immediatamente percepire i faH da provare (: il giudice riesca a percepire direKamente il faKo) 107 - in tu/ gli altri casi la conoscenza è solo mediata, poiché si aKua aKraverso l'esame di un documento o di una dichiarazione di scienza rappresenta>vi del factum probandum (: il faKo da provare non è mai oggeKo di un convincimento direKo da parte del giudice) 108 107 Esempio: il giudice che si rechi sul luogo e che, all’esito dell’ispezione, accer; la finestra à avrà percepito direIamente la condizione di faIo rilevante (prova direIa). 108 Esempio: quando il tes;mone racconta al giudice un faIo, il giudice forma il proprio convincimento su quel faIo per effeIo della dichiarazione faIa dal tes;mone. Ugualmente, quando il giudice esamina un documento, il documento con;ene la rappresentazione di una circostanza di faIo rilevante per il giudizio (esempio: documento soIoscriIo dalla 132 à Una diversa accezione sos>ene che la dis>nzione aKenga l'ogge,o della prova nel senso che: - sarebbe dire@a/storica quella che accerta un faKo principale109; - Indire@a/cri9ca quella che accerta un faKo secondario, dalla cui conoscenza il giudice possa poi risalire all'esistenza o all'inesistenza di un faKo principale 110. PROVA DIRETTA E PROVA CONTRARIA A seconda che la prova verta sull'esistenza o sull'inesistenza di un determinato faKo; PROVA PRECOSTITUITA E PROVA COSTITUENDA ° PROVA PRE-COSTITUITA / COSTITUITA: è quella che preesiste al processo, e si iden>fica con la prova documentale. La prova precos>tuita viene acquisita al processo aKraverso la mera sua produzione, sulla quale non vi è alcun sindacato preven>vo da parte del giudice. 111 ° PROVA COSTITUENDA: si forma direKamente nel processo grazie ad un'apposita aHvità istruKoria di assunzione. Questa prova è subordinata ad un esplicito provvedimento di ammissione, che a sua volta presuppone la verifica dell'ammissibilità e della rilevanza della prova stessa. La dichiarazione di scienza del terzo (tes>monianza) di regola si forma nel processo ( à la tes>monianza è quel procedimento probatorio che viene ammesso e poi assunto nel corso del processo, nel contraddiKorio delle par>). o Il giudizio di ammissibilità si traduce in un controllo di legalità, mirante ad accertare che si traH di un mezzo di prova consen>to dall'ordinamento, non soltanto in via generale, ma anche con specifico riguardo alle peculiarità del faKo da provare (es. la prova tes>moniale non può avere ad oggeKo l'esistenza di un contraKo per cui sia richiesta la forma scriKa; il giuramento non può essere deferito su un faKo illecito). o Il giudizio di rilevanza aHene alla circostanza che la prova abbia effeHvamente ad oggeKo un faKo da u>lizzare per la decisione della causa. In tale verifica il giudice è costreKo ad an7cipare la decisione finale, giacché per individuare i faH principali che gli serviranno nel decidere, non può fare a meno di determinare le faHspecie legale di riferimento, risolvendo ogni connessa ques>one giuridica. Quando poi la prova verta su faH secondari, il giudice, per appurare se tali faH siano rilevan>, dovrà pure an>cipare, seppure in via ipote>ca, quell'aHvità logico-deduHva che gli consen>rebbe di risalire, partendo dai faH stessi, ai diversi faH principali sui quali dovrà fondarsi la decisione. à Questa an>cipazione è sempre consen7ta al giudice istruKore, perfino quando la definizione della controversia non speH poi a lui bensì al tribunale in composizione collegiale con l’avver>mento però che si traKa di un’an>cipazione del tuKo provvisoria (: infaH, il provvedimento riveste la forma dell’ordinanza, pertanto è revocabile e modificabile dal giudice istruKore o dal collegio). 43. L'efficacia delle prove e gli argomen9 di prova Un'altra dis>nzione è quella che si fonda sul diverso peso che la prova può avere nella formazione del convincimento del giudice. La doKrina suole dis>nguere tra: PROVA LIBERA: la prova libera è quella corrispondente al principio generale in base al quale, salvo che la legge disponga diversamente, il giudice è tenuto a valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento parte che aIes; di aver ricevuto il pagamento del prezzo). Il giudice, esaminando il documento, non percepisce direIamente il faIo perché non ha assis;to direIamente ma è in grado di formare un convincimento. 109 La prova direIa è una prova che ha ad oggeIo direIamente il faIo rilevante per il giudizio. 110 Quando il giudice si avvale del ragionamento presunUvo, risale al fa=o ignoto (rilevante in giudizio, cos;tu;vo) da un fa=o noto. Il giudice, logicamente presume che esista il faIo cos;tu;vo perché si è formato il convincimento sull’esistenza di un faIo (noto) che, secondo una serie di considerazioni logico-razionali, è collegato al faIo ignoto in maniera quasi irreversibile. 111 A questa categoria appartengono i documenU. Il documento è uno strumento di conoscenza del faIo che preesiste al processo, è una prova precos;tuita, non si forma nel processo ma prima. Come entrerà nel processo? AIraverso l’aNvità di produzione dei documen; ad opera delle par;. 133 (ar9colo 116 c.p.c. Valutazione delle prove), facendo uso di canoni di logica e buon senso, oggeHvamente verificabili tramite la mo>vazione. Si parla a riguardo del libero convincimento del giudice. Il giudice, di regola, salvo casi espressamente previs> dalla legge, deve valutare, sulla base di canoni logico-razionali verificabili, l’efficacia del singolo strumento probatorio acquisito. Dovrà valutare – applicando le c.d. massime di esperienza, regole sociali, scien>fiche, comunemente condivise e in quanto tale verificabili – se una determinata prova o acquisizione probatoria sia o meno aKendibile e che efficacia abbia. à Ad esempio, il giudice ha ascoltato le tes>monianze e deve capire se esse siano aKendibili e se dalle dichiarazioni il giudice si possa ritenere convinto dell’esistenza di quel faKo. Il giudice dovrà operare sulla base di criteri non giuridici ma logici ancorché verificabili. PROVA LEGALE: la prova legale è quella che vincola il giudice a considerare per vero il risultato della prova stessa, ossia i faH che ne sono sta> oggeKo, senza alcun margine per l'esercizio del suo prudente apprezzamento. Nella prova legale il momento in cui il giudice forma il suo convincimento non è più nella mente del giudice ma nella mente del legislatore. È il legislatore che, partendo da alcune considerazioni di normalità generale, fissa una volta per tuKe il modo in cui deve essere valutata una certa emergenza istruKoria. à Esempi: le prove documentali (aKo pubblico, scriKura privata), la confessione, il giuramento. In par>colare, la confessione fa piena prova, significa che si ha a che fare con una prova legale. Quando la parte narra che dichiara un faKo a sé sfavorevole, il giudice non può più porsi il dubbio che sia aKendibile oppure no, ma deve ritenere vero per legge l’esistenza di quel faKo confessato. ARGOMENTI DI PROVA: sono quelli che il giudice può desumere: - dalle risposte che le par> gli danno in sede di interrogatorio libero; - dal loro ingius>ficato rifiuto a consen>re l'ispezione o l'esibizione; - dalle dichiarazioni rese dalle par> dinanzi al consulente tecnico, nonché da quelle proveniente da terzi, che non cos>tuiscano una vera e propria tes>monianza; dalle prove raccolte nel processo es>nto; - in generale dal contegno delle par> stesse nel processo. Secondo l'opinione tradizionale, gli argomen> di prova si dis>nguono neKamente dalle prove vere e proprie perché non sono mai sufficien>, pur quando siano più di uno, a fondare il convincimento del giudice. Essi cos>tuiscono elemen9 sussidiari cui il giudice stesso può aHngere per valutare e comparare tra loro le prove soggeKe al suo prudente apprezzamento. La giurisprudenza minoritaria sembra disaAendere, però, questa dis>nzione sopraKuKo con riguardo all’ipotesi di maggior rilievo pra>co, ossia in relazione alle risposte rese dalle par> in sede d’interrogatorio libero che non di rado sono state ritenute di per sé sufficien> per definire la controversia. Una soluzione di compromesso: l’elemento dis>n>vo tra prova libera e argomento di prova riguarderebbe la valutazione di sufficienza o superfluità della prova, cui fa riferimento l’art 209 c.p.c. Chiusura dell'assunzione che prevede che il giudice, pur avendo ammesso una pluralità di mezzi di prova, possa porre an>cipatamente fine alla loro assunzione allorché, sulla base dei risulta> fino a quel momento raggiun>, ritenendo sufficien> le prove già esperite, ravvisi superflua l’assunzione delle altre. Secondo questa doKrina gli argomen> di prova possono anche essere di per sé sufficien> per l’accertamento dei faH, ma solo a condizione che le par> non abbiano offerto altre prove connessi con essi colliden>. 44. REGOLA DI GIUDIZIO FONDATA SULL’ONERE DELLA PROVA L'art. 2697 c.c. al co 1° enuncia il principio per cui “chi vuol far valere un diriKo in giudizio deve provare i faH che ne cos>tuiscono il fondamento” e, al co 2°, “chi eccepisce l'inefficacia di tali faH ovvero eccepisce che il diriKo si è modificato o es>nto deve provare i faH sui cui l'eccezione si fonda”. Tale principio può essere ricondoKo a due esigenze diverse: - In primo luogo, poiché non è pensabile che il giudice si soKragga al dovere di giudicare adducendo l'incertezza dei faH controversi (c.d. divieto di non liquet), è necessario che l'ordinamento gli fornisca un criterio oggeJvo in base al quale egli possa decidere comunque, pur quando ritenga di non aver elemen> sufficien> per accertare l'esistenza o l'inesistenza di taluno dei faH a tal fine rilevan>, e che, nel contempo, 136 o La contestazione richiesta dall’ar>colo 115 deve essere specifica. La parte non si può limitare ad una mera negazione formale della verità dell’avversa allegazione, ma dovrà anche esplicitare (fornire in maniera circostanziata e specifica) – ove sia materialmente possibile – la propria diversa e contrapposta versione dei faH 117. o Limi9 temporali contestazione: la contestazione dei faH ha un limite temporale? La parte ha un limite entro quale deve contestare? Ques>one controversa. - Secondo una prima tesi, esiste un limite temporale della contestazione che è dato dalla chiusura della fase di tra@azione, momento in cui deve essere individuato il thema probandum perché poi si apre la fase istruKoria. Dopo il deposito delle memorie, vecchia appendice scriKa dell’udienza di cui all’ar>colo 183.6 c.p.c. (riformato da Cartabia), non è più possibile contestare i faH. - Secondo un’altra tesi, non esisterebbe alcun limite temporale alla contestazione. Se è consen>to alla parte contumace di contestare in ogni momento i faH allega> dalle par>, non si vede la ragione per cui analogo potere di contestazione non debba essere riconosciuto anche alle par> cos>tuite. Se si accoglie questa tesi, si verifica una sorta di cortocircuito nel processo perché nel momento in cui un faKo viene contestato tardivamente, quel faKo che originariamente era non contestato e in quanto tale non bisognoso di prova, diventa un fa@o contestato bisogno di prova. La conseguenza è che bisogna necessariamente riconoscere alla parte che ha allegato il faKo, il potere di provare quel faKo. Prova che prima la parte non ha fornito perché riteneva che quel faKo non fosse contestato. à Però esiste un momento in cui maturano le preclusioni istru@orie, cioè un momento oltre il quale le par> non possono più chiedere l’ammissione di prova (vecchia seconda memoria 183.6 à riformato da cartabia). In questo caso, se si ri>ene ammissibile che un faKo venga contestato dopo che sono maturate le preclusioni istruKorie per le par>, come conseguenza bisogna ritenere che la controparte sia ammessa a fornire la prova sebbene dopo che è maturata la preclusione. L’unico modo per poter fare ciò sarebbe quello di chiedere una rimessione in termini ai sensi dell’ar>colo 153 c.p.c. - I c.d. faJ notori – art.115, co.2 à cioè, le “nozioni di faAo che rientrano nella comune esperienza” (faH che appartengono alla conoscenza colleHva e che si possono ritenere prova> in sé, senza specifica prova all’interno del processo). In linea di principio sono 4 le posizioni che può assumere la controparte rispeKo al faKo allegato: 1. AMMISSIONE: aKore deduce circostanza di faKo e il convenuto lo ammeKe espressamente 2. AMMISSIONE IMPLICITA: tuKe le volte in cui la parte adoH una linea difensiva che è incompa>bile con la negazione di faKo, ovvero che ammeKe implicitamente l’esistenza del faKo. Esempio: aKore che agisce per oKenere la res>tuzione di una somma data a mutuo, può accadere che il convenuto si cos>tuisce e si difende dicendo che quella somma l’ha già res>tuita (eccezione di pagamento). È evidente che questa difesa implica una ammissione implicita dell’esistenza del faKo principale, vale a dire del faKo che è una somma è stata data a mutuo. FATTO PACIFICO: quando un faKo viene ammesso espressamente o implicitamente; è un faKo che non è bisognoso di prova. È una espressione del principio disposi>vo in senso ampio, cioè il potere delle par> di esporre la domanda. Se le par> concordemente dicono che un faKo si è verificato, il giudice è vincolato alla volontà delle par> e deve ritenere quel faKo come veri>ero. à Si ri>ene, pur in assenza di una disposizione ad hoc, che le allegazioni concordi delle par>, rendendo non controversi e pacifici i faH che ne sono oggeKo, siano idonee ad escludere ques> ul>mi, quanto meno provvisoriamente, dal thema probandum, e nel contempo vincolino il giudice a ritenerli veri a prescindere da qualunque prova. Niente 117 In realtà, la specificità della contestazione è direIamente proporzionale alla specificità della negazione del faIo. Cioè tanto più generico è il faIo allegato, tanto più generico potrà essere la sua contestazione. 137 sembra escludere che un faKo inizialmente pacifico divenga successivamente controverso in conseguenza del mutamento della posizione difensiva di taluna delle par>. 3. La controparte può anche cos>tuirsi e contestare espressamente e specificamente il faKo. FATTI CONTESTATI: sono sempre bisognosi di prova. 4. SILENZIO / FATTI NON CONTESTATI: la controparte può mantenere rispeKo all’allegazione del faKo un aKeggiamento del tuKo silente, in ordine all’esistenza o meno del faKo. La controparte può cos>tuirsi senza ammeKere né espressamente né implicitamente la verità del faKo ma senza neanche contestare quel faKo. La controparte non ammeKe ma neanche contesta. SEZIONE II - LE REGOLE GENERALI DELL'ISTRUZIONE PROBATORIA ASSUNZIONE DEI MEZZI DI PROVA 118 Anche la fase istruKoria si snoda tra udienze, il cui intervallo, a norma art. 81 disp. aK., non dovrebbe essere superiore a 15 giorni. L’ar9colo 202 c.p.c. prevede che il giudice istru@ore, quando dispone mezzi di prova 119, salvo possa assumerli immediatamente, stabilisce: - il tempo - il luogo - il modo Se l’assunzione non si esaurisce nell’udienza fissata, il giudice ne differisce la prosecuzione a un giorno successivo. ISTITUTO DELL’ASSUNZIONE DELEGATA DELLE PROVE (Prova da assumere necessariamente FUORI DALL’UDIENZA): Può accadere che si debba procedere all'assunzione del mezzo di prova in un luogo che si trova al di fuori della circoscrizione del tribunale, così come può accadere che si debba procedere all'assunzione del mezzo di prova fuori dello Stato italiano. Il caso più semplice è assunzione del mezzo di prova, sempre in Italia, ma in una circoscrizione diversa da quella del tribunale in cui opera il giudice istruKore del cui processo. L'art. 203 prevede che: Co. 1 à se l'assunzione deve avvenire fuori della circoscrizione del tribunale, il giudice istruKore delega a procedervi il giudice istru@ore del luogo, salvo che le par> chiedano concordemente e il presidente del tribunale lo consenta che vi si trasferisca lo stesso giudice procedente. Co.2 à Quando ricorra tale delega, l'ordinanza che la dispone (ordinanza di delega) deve fissare il termine massimo entro cui la prova deve essere assunta e la successiva udienza alla quale le par9 dovranno poi comparire per la prosecuzione del processo, anche se l'assunzione non è esaurita. Co.3 à Il giudice delegato, su istanza della parte interessata, procede all'assunzione del mezzo di prova e quindi, d'ufficio, ne rimeKe il rela>vo processo verbale al giudice delegante prima dell'udienza da ques> fissata per la prosecuzione del giudizio, anche se l'assunzione non si è ancora esaurita. Co.4: Le par> possono chiedere al giudice delegante - direKamente o aKraverso il delegato - una istanza per la proroga del termine. ISTITUTO DELLE ROGATORIE L’ar9colo 204 si riferisce al caso in cui si debba procedere all'assunzione della prova che coinvolge dei paesi stranieri. Il giudice istruKore italiano chiede l'esecuzione dei provvedimen> istruKori, quindi il compimento delle aHvità istruKorie e anche dell’assunzione, all'estero mediante le rogatorie che vengono trasmesse per via diploma>ca. In par>colare, si dis>nguono 2 ipotesi: 118 Il giudice provvede all'assunzione della prova secondo il c.d. canone dell'immediatezza. 119 L'assunzione dei mezzi di prova viene disposta con l'ordinanza che ammeBe i mezzi di prova (prima: comma 7, art 183 c.p.c. à ora: comma 4, art.183 – Riforma Cartabia. di assunzione, fissando solitamente un'udienza ad hoc, a meno che non si traH di prova da assumere necessariamente fuori dall'udienza. 138 1) l'ipotesi in cui l'assunzione del mezzo di prova debba essere effe@uato in un paese al di fuori dell'Italia, ma un paese all'interno dell'unione europea. à La disciplina applicabile è deKata dal regolamento CE 1206 /2001 che è rela>vo alla cooperazione tra autorità giudiziarie degli Sta> membri, nel seKore dell’assunzione delle prove in materia civile e commerciale. Quindi, per i paesi all'interno dell'unione europea abbiamo un regolamento. 2) al di fuori dell'Italia, ma in un paese extra-unionale: à Troverà applicazione la Convenzione dell'Aja del 1970. Ci sono 2 >pologie di rogatoria che vengono indicate dall’ar9colo 204 c.p.c., ovverosia la rogatoria internazionale e la rogatoria consolare: • La rogatoria internazionale (1 comma) si applica quando si deve procedere all'assunzione di un mezzo di prova che riguardi un ci@adino straniero; essa viene trasmessa per via diploma>ca e potrà avere una disciplina diversa a seconda che siamo infra-UE o extra-UE. • La rogatoria consolare (2 comma) e consiste in una delega di aH che viene compiuta dal giudice al console; questo is>tuto ha un diverso ambito di applicazione perché opera nel caso in cui si debba procedere all'assunzione di mezzi di prova che coinvolgano dei ci@adini italiani che siano residen9 all'estero (: quindi, non ciKadini stranieri ma ciKadini italiani residen> all'estero à in tal caso, dunque, si va sempre per la via consolare, non anche per la via diploma>ca). È da considerare che anche qui, nella rogatoria consolare, abbiamo un aKo di delega: quindi, il console viene a tuH gli effeH delegato dal giudice istruKore a procedere all'assunzione del mezzo di prova. Quindi, in questo senso, la figura del console delegato è assimilabile in qualche maniera a quella del giudice delegato; un’unica differenza rispeKo a queste due figure, fermo restando l'aKo di delega, è che nel caso del giudice delegato ex ar>colo 203 c.p.c. la delega è facolta>va mentre nel caso della rogatoria consolare no, perché la delega è, per così dire, obbligatoria. MODALITÀ DI ASSUNZIONE DELLA PROVA: Il giudice che procede all'espletamento della prova, pur quando sia stato a ciò delegato a norma dell'art. 203, è competente a risolvere ogni ques>one che dovesse sorgere in tale sede (art. 205 c.p.c. Risoluzione degli inciden7 rela7vi alla prova). Inoltre, l'ar9colo 206 prevede che le par9 possano assistere personalmente all'assunzione dei mezzi di prova. Al termine dell'iter di assunzione del mezzo di prova, viene redaKo un processo verbale soKo la direzione del giudice, secondo quanto previsto dall’ar9colo 207 c.p.c. Nel processo verbale le dichiarazioni delle par> e dei tes>moni sono riportate in prima persona e devono essere leKe al dichiarante e da lui soKoscriKe. È previsto che il giudice, quando lo ritenga opportuno, possa far descrivere nel verbale il contegno di chi ha reso la dichiarazione, al fine di mantenere traccia di elemen> che potranno essergli d'aiuto nel valutare l'aKendibilità della dichiarazione stessa. DECADENZA DALL’ASSUNZIONE L'art. 208 c.p.c. (Decadenza dall'assunzione) stabilisce una decadenza dal diriAo di far assumere la prova quando la parte, su istanza della quale dovrebbe iniziarsi o proseguirsi la prova stessa, omeKa di presentarsi. Tale decadenza deve essere dichiarata d'ufficio dal giudice, a meno che non sia l'altra parte, presente, a chiederne l'assunzione. La decadenza non opera rispeKo ai mezzi di prova che siano sta> dispos> d'ufficio dal giudice, nonché quando nessuna delle par> sia comparsa all'udienza. Quando sia stata dichiarata la decadenza, la parte interessata può chiedere al giudice, nell'udienza successiva, la revoca del provvedimento, allorché la sua mancata comparizione sia stata provocata da causa ad essa non imputabile. à La decadenza dell’art.208 c.p.c. si verifica non già se non è presente la parte difesa, ma anche se non è presente semplicemente il difensore tecnico (quindi, se una parte ha chiesto di presiedere personalmente alla fase istruKoria dell’assunzione e poi non si presenta, non vi è l’effeKo della decadenza; l’effeKo della decadenza si verifica se neppure il difensore tecnico è presente e, allora, viene dichiarata la decadenza dal diriKo all'assunzione di quel mezzo di prova, a meno che la controparte, nella persona del suo difensore tecnico presente, non richiede a sua volta l’assunzione). A tutela delle par> stesse che abbiano richiesto 141 52. Lo svolgimento della consulenza tecnica e la liquidazione del rela9vo compenso Con l'iscrizione volontaria all'albo il consulente tecnico assume l'obbligo, in caso di nomina, di prestare il proprio ufficio, cui può soKrarsi soltanto quando ricorra un giusto mo>vo di astensione oppure quando, nelle stesse ipotesi previste all'art. 51 per il giudice, siano le par> a ricusarlo. L’ar9colo 191 c.p.c. (Nomina del consulente tecnico) prevede che l'ordinanza di nomina del consulente tecnico il giudice deve già formulare i quesi>, cioè indicare l'oggeKo specifico degli accertamen> e delle valutazioni che è chiamato a compiere, ed essa deve essere no9ficata al consulente, a cura del cancelliere, unitamente all'invito a comparire all'udienza fissata dal giudice. Con la stessa ordinanza di nomina, il giudice assegna alle par9 un termine entro cui designare, con una dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un loro consulente tecnico di parte che potrà assistere a tuKe le operazioni del consulente del giudice e alle udienze cui questo partecipa. GIURAMENTO: All'udienza cui è stato convocato, il consulente nominato dal giudice (c.d. d’ufficio) è tenuto a prestare giuramento di adempiere bene e fedelmente le funzioni affidategli al solo scopo di fare conoscere al giudice la verità (art. 193 c.p.c. Giuramento del consulente). *Riforma Cartabia ha aggiunto comma 2: “In luogo della fissazione dell'udienza di comparizione per il giuramento del consulente tecnico d'ufficio il giudice può assegnare un termine per il deposito di una dichiarazione soAoscriAa dal consulente con firma digitale, recante il giuramento previsto dal primo comma. Con il medesimo provvedimento il giudice fissa i termini previs' dall'ar'colo 195, terzo comma” à La norma, in un'oHca acceleratoria e di riduzione dei tempi processuali, prevede che, in luogo della fissazione dell'udienza di comparizione per il giuramento del consulente tecnico d'ufficio, il giudice può assegnare un termine per il deposito di una dichiarazione da ques9 so@oscri@a con firma digitale, recante il suo giuramento, fissando già i termini per: 1. la trasmissione della relazione dal consulente alle par> cos>tuite; 2. la trasmissione al consulente delle osservazioni delle par>; 3. per il deposito in cancelleria della relazione. Successivamente, se le indagini del consulente devono aver luogo autonomamente, gli è richiesta una relazione scri@a. Dunque, il giudice fissa con ordinanza, nella stessa udienza, un primo termine entro cui il consulente deve trasmeKere deKa relazione alle par> cos>tuite; un secondo termine entro cui le par> possono trasmeKere al consulente le proprie osservazioni sulla relazione, sollecitandone eventualmente integrazioni o chiarimen>; e un terzo termine, sempre anteriore all'udienza successiva, entro il quale il consulente deve depositare in cancelleria la propria relazione, le osservazione delle par> e una sinte>ca valutazione delle stesse. Se le indagini avvengono senza la partecipazione del giudice, è necessario che il consulente dia comunicazione alle par> della data e del luogo di inizio delle operazioni, aKraverso una dichiarazione inserita nel verbale d'udienza o con biglieKo a mezzo del cancelliere. CONCILIAZIONE: Può accadere che il consulente d'ufficio riesca a propiziare una conciliazione della controversia: dovrà allora procedersi alla redazione del rela>vo verbale, soKoscriKo dalle par> e dallo stesso consulente, inserito nel fascicolo d'ufficio e successivamente munito di efficacia di >tolo esecu>vo con un apposito decreto del giudice (art. 199 - Processo verbale di conciliazione). Se invece la conciliazione non riesce, il consulente darà corso all'incarico per depositare in cancelleria, entro il termine assegnatogli, la relazione scriKa, rela>va ai risulta> delle indagini compiute, le osservazioni che le par> gli abbiano faKo tempes>vamente pervenire in merito alla relazione stessa, una propria sinte>ca valutazione di tali osservazioni. Se nel corso delle indagini sorgano ques>oni circa i poteri ed i limi> dell'incarico del consulente, ques>, senza essere tenuto a sospendere le operazioni, deve informarne il giudice, al quale speKa dare i provvedimen> opportuni. 142 SEZIONE II - L’ISPEZIONE GIUDIZIALE L'ispezione è un mezzo istru@orio di cui il giudice può servirsi ex officio, al fine di entrare a direKo contaKo con una fonte di prova che non è acquisita al processo, al fine di percepirne personalmente faH rilevan> per la decisione. L'ar9colo 118 c.p.c. (Ordine d'ispezione di persone e di cose) prevede che il giudice possa ordinare alle par> o ai terzi di consen>re sulla loro persona o sulle cose in loro possesso le ispezioni che appaiano indispensabili per conoscere i faH, purché ciò possa compiersi senza grave danno per la parte o per il terzo, e senza costringerli a violare segreto professionale, segreto d'ufficio o segreto di Stato. Ogge@o dell'ispezione può essere una cosa (con l'esclusione dei documen>, che invece sono acquisi> con l'esibizione), oppure la persona stessa di una delle par9 o di un terzo. à L’ispezione, in base al suo oggeKo, può essere reale o personale: nell’ambito di quest’ul>ma spiccano le prove gene>che ed ematologiche finalizzate all’accertamento giudiziale o al disconoscimento della paternità. All'ispezione dovrebbe sempre procedere il giudice istru@ore, anche quando debba compiersi fuori dalla circoscrizione del tribunale. L'unica eccezione espressamente prevista riguarda l'ispezione corporale, cui il giudice può astenersi dal partecipare, disponendo che vi proceda il consulente tecnico. Generalmente si riconosce che il potere di ispezione non può mai trasformarsi in un potere di perquisizione, né può avere finalità meramente esplora've, dovendo essere preven>vamente allega> e determina> i faH che mira ad accertare. Sogge@o passivo dell'ordine di ispezione può essere sia la parte che un terzo. Diverse sono, però, nei due casi, le conseguenze dell’eventuale in oKemperanza del provvedimento del giudice: dal rifiuto della parte à possono trarsi contro la medesima argomen> di prova a norma dell'art 116 co 2°; il rifiuto del terzo à implica solamente l'applicazione, nei suoi confron>, di una pena pecuniaria tra 250 e 1500 euro. L'art. 374 c.p. (Frode processuale) sanziona come reato il comportamento di chi, nel corso di un procedimento civile o amministra>vo, al fine di trarre in inganno il giudice di un aKo d'ispezione o di esperimento giudiziale, immuta ar>ficiosamente lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone, c.d. frode processuale. 54. Il provvedimento e i poteri del giudice in sede di ispezione L'ordine di ispezione compete normalmente al giudice istru@ore, che deve fissarne il tempo, il luogo e il modo (art. 258 c.p.c. Ordinanza d'ispezione). Il rela>vo provvedimento ha la forma dell'ordinanza e può intervenire in qualunque momento del giudizio di primo grado nonché in appello. A norma dell’ar>colo 696, anzi, l’ispezione può chiedersi, in via cautelare, finanche prima che sia iniziato il giudizio di merito. Per l'ispezione corporale sono prescriKe par>colari misure, alle quali il giudice deve procedere con ogni cautela direAa a garan're il rispeAo della persona. In questo caso, il sogge@o passivo ha il diriKo di farsi assistere, durante l'assunzione della prova, da persona di sua fiducia che sia riconosciuta idonea dal giudice (art. 93 disp. aK.), e le altre par> possono esserne escluse. La giurisprudenza ha talvolta riconosciuto nell’ambito dell’ispezione e corporale anche l’ordine di soKoporsi alla prova gene>ca ed ematologica, nei giudizi per l’accertamento per il disconoscimento della paternità naturale, sebbene vi sia mo>vo di dubitare della correKezza di tale assimilazione. Gli art. 261 (Riproduzioni, copie ed esperimen7) e 262 (Poteri del giudice istru,ore) aKribuiscono al giudice alcuni poteri officiosi, finalizza> ad un proficuo svolgimento dell'ispezione o alla documentazione dei risulta> della stessa; in par>colare, nel corso dell'ispezione può: - ordinare l'esecuzione di rilievi, calchi e riproduzioni anche fotografiche di oggeH, documen> e luoghi, nonché, all'occorrenza, di rilevazioni cinematografiche o altre che richiedono l'impiego di mezzi, strumen> o procedimen> meccanici; - ordinare un esperimento giudiziale, ossia la riproduzione di un certo faKo per accertare se il faKo stesso sia o possa essersi verificato in un dato modo; - sen9re tes9moni per informazioni; - dare i provvedimen> necessari per l'esibizione della cosa o per accedere alla località, disporre l'accesso in luoghi appartenen> a persone estranee al processo, sen>te se è possibile queste ul>me, e prendendo in ogni caso le cautele necessarie alla tutela dei loro interessi. 143 Che differenza c’è tra l’ispezione giudiziale e l'accertamento tecnico? L’accertamento tecnico è devoluto ad un esperto mentre l'ispezione giudiziale è tenuta del giudice. Sezione III - L’esibizione delle prove e la richiesta di informazioni alla Pubblica Amministrazione 55. L'ordine di esibizione di prove: natura, presuppos9 e limi9 In base all'ar9colo 210, comma 1 (Ordine di esibizione alla parte o al terzo), negli stessi limi> in cui può disporsi l'ispezione delle cose, il giudice istru@ore, su istanza di parte, può ordinare all'altra parte o a un terzo di esibire in giudizio un documento o altra cosa di cui ritenga necessaria l'acquisizione al processo. L'ordine di esibizione è finalizzato alla acquisizione di un documento o di una cosa mobile (nei limi> entro cui possa materialmente conservarsi insieme al fascicolo d'ufficio), che sia in possesso dell'altra parte o di un terzo. L'esibizione ha una dimensione streAamente processuale, non è richiesto che la parte istante possa vantare un qualsiasi diriKo, sul piano sostanziale, riguardo al documento o alla cosa che chiede di acquisire. Presupposto essenziale è invece che tale documento debba u>lizzarsi come prova nel processo, che appaia indispensabile per conoscere i faH della causa. Questo implica che si traH di oggeJ ben determina9 o di documen> dal contenuto già noto, e che l'acquisizione non possa oKenersi in altro modo. Uno dei profili più delica> dell’is>tuto aHene alla necessità di fornire la prova, talora quasi diabolica, non soltanto dell’esistenza del documento della cosa, ma pure della sua aKuale disponibilità da parte del soggeKo nei cui confron> è richiesto l’ordine di esibizione. Per quel che concerne i limi9, il riferimento a quelli propri dell’ispezione sta a significare che l’esibizione non è ammessa quando determinerebbe un grave danno per la parte o per il terzo, oppure quando li costringerebbe a violare il segreto professionale o d’ufficio o il segreto di Stato. à L'esibizione presuppone l'istanza di parte e non può mai essere disposta d'ufficio, a meno che la legge stessa lo preveda espressamente. 56. Il provvedimento di esibizione e la sua concreta efficacia L'ordinanza con cui viene disposta l'esibizione deve indicare il tempo, il luogo e il modo dell'esibizione; quando l'ordine sia rivolto ad una parte contumace o ad un terzo, l'ordinanza deve indicare il termine per la no>ficazione della stessa e la parte che deve provvedervi; quando l'esibizione implichi una spesa, deve porne la rela>va an>cipazione a carico della parte che l'ha richiesta. Se l'ordine di esibizione è richiesto nei confron> di un terzo, il giudice deve sempre cercare di conciliare nel miglior modo possibile l'interesse della gius>zia col riguardo dovuto ai diriH del terzo; può disporre, prima di pronunciarsi, che il terzo sia citato in giudizio (al solo fine di poter contraddire, eventualmente, la richiesta di esibizione), a cura della parte istante e nel termine fissato dallo stesso giudice. Il terzo, anche se non sia stato citato, può sempre contestare l'ordine di esibizione, intervenendo nel giudizio prima della scadenza del termine assegnatogli per esibire il documento o la cosa (art. 211 c.p.c. - Tutela dei diri/ del terzo). à L'unica ipotesi in cui può riconoscersi al provvedimento di esibizione una certa coercibilità, anche se indireKa, è quella in cui, potendo la parte istante vantare un vero e proprio diriKo sostanziale sul documento, sia possibile ricorrere ad un altro specifico strumento processuale, il sequestro giudiziario, previsto all'art. 670, per poi oKenere che all'esibizione provveda il custode designato dal giudice. Inosservanza: dall'inosservanza dell'ordine di esibizione derivano le stesse conseguenze della violazione dell'ordine di ispezioni: - sanzione pecuniaria quando la violazione sia scrivibile ad un terzo à la riforma Cartabia ha introdoKo il co.5 all’art.210 prevedendo, per il terzo inadempiente, una sanzione pecuniaria da 250 a 1500 euro. - se l'inoKemperanza è addebitabile ad una parte, la possibilità di trarne argomen9 di prova in suo sfavore (La Cartabia ha introdoKo il co.4 con il quale ha previsto anche: 1) pena pecuniaria da 500 a 3000 euro per la parte che non oKemperi senza gius>ficato mo>vo; 2) che il giudice possa dedurre argomen9 di prova ex art.116 c.p.c. dal comportamento della parte) 120. L'unica ipotesi in cui può riconoscersi al provvedimento di esibizione una certa coercibilità, anche se indireKa, è quella in cui, potendo la parte istante vantare un vero e proprio diriKo sostanziale sul documento, sia 120 Fine: incen;vare l’adempimento. 146 rappresentante della parte, la confessione efficace solamente “si è faKa entro i limi> e nei modi” in cui ques> può vincolare il rappresentato, e dunque quando non esorbita i poteri aKribui> al rappresentante e la procura o dalla stessa legge. 60. CONFESSIONE GIUDIZIALE Nell'ambito del giudizio la confessione può essere: - La confessione spontanea quando sia la stessa parte, di propria inizia>va, a dichiarare faH a sé sfavorevoli. Può essere contenuta in qualunque aKo processuale firmato dalla parte personalmente, salvo il caso dell'art. 117, nel senso che le eventuali dichiarazioni “contra se” rese dalla parte in sede di interrogatorio libero, pur se racchiuse in un verbale soKoscriKo dalla parte stessa, non possono considerarsi vera e propria confessione, ma mere ammissioni. - provocata mediante interrogatorio formale (art. 228). à Indipendentemente che sia intervenuta spontaneamente o nel corso dell'interrogatorio formale, la confessione giudiziale forma piena prova, di regola, contro colui che l'ha resa, ed è quindi idonea a vincolare il giudice circa la verità dei faH confessa>. A tale principio l'art 2733 c.c. deroga in due casi: - quando i faH riguardano diri/ non disponibili dalle par'; - quando, ricorrendo un'ipotesi di li'sconsorzio necessario, la confessione proviene da alcuni soltanto dei li>sconsorzi; in questo caso la confessione è liberamente apprezzato dal giudice, degradando da prova legale a prova libera nei confron> di tuH. Solitamente colui che confessa (confitente) non si limita ad una confessione contra se, ma accompagna l'affermazione di altri faJ o circostanze a sé favorevoli tenden> ad infirmare l'efficacia del faKo confessato ovvero a modificarne o a es>nguerne gli effeH (art. 2734). Confessione complessa: quando l'aggiunta sia rappresentata da un faKo del tuKo dis>nto, idoneo a modificare o ad es9nguere gli effeJ del faKo sfavorevole al dichiarante [es.: è vero che l’aKore mi ha prestato una certa somma di denaro (faKo cos>tu>vo del diriKo di credito), ma è altresì vero che gliel’ho già res>tuita (faKo es>n>vo)] Confessione qualificata: quando la dichiarazione pro se riguardi un faKo streKamente connesso a quello confessato, tale da reagire sulla qualificazione stessa della faJspecie. [es. è vero che l’aKore mi ha dato una certa somma di denaro, ma si traKava di donazione (sussistendo l’animus donandi) e non di mutuo] à In entrambi i casi l'efficacia probatoria delle dichiarazioni, nel complesso, dipende dall'a@eggiamento dell'altra parte: - se questa non contesta la verità dei faH o delle circostanze aggiunte, esse fanno piena prova, vincolando il giudice nella loro integrità, senza dis>nguere tra faH sfavorevoli e faH favorevoli al loro autore; - se invece l'altra parte contesta, è rimesso al giudice apprezzare secondo le circostanze, l'efficacia probatoria delle dichiarazioni. Si parla a riguardo di inscindibilità della confessione. L’art 2734 parrebbe dover valere in entrambi i casi: sia quando, in mancanza di contestazione le dichiarazioni abbiano efficacia in toto; sia quando nell’ipotesi inversa esse vengano rimesse al prudente apprezzamento del giudice e pertanto cos>tuiscano prova libera. 61. CONFESSIONE STRAGIUDIZIALE La >pologia di confessione stragiudiziale è piuKosto varia: - può traKarsi di prova precos9tuita, quando la dichiarazione contra se sia contenuta in un documento, di cui allora sarà sufficiente l’acquisizione nel processo; - oppure può richiedere l’assunzione di prove cos9tuende, quando sia resa oralmente e debba, ad es, provarsi tramite tes>moni. Per questa seconda ipotesi il legislatore esclude la prova per tes> ogniqualvolta la confessione verta su faH che, a loro volta, non potrebbero essere prova> in tal modo. Dal punto di vista dell’efficacia occorre dis>nguere: se la dichiarazione confessoria è rivolta all'altra parte o ad un rappresentante di questa, essa avrà la stessa efficacia che compete alla confessione giudiziale (di regola prova legale); se invece è direAa ad un terzo oppure contenuta in un testamento, è liberamente apprezzata dal giudice (art. 2735). 147 62. INTERROGATORIO FORMALE - CONFESSIONE A norma dell'art. 230 (Modo dell'interrogatorio), la parte che intende far soKoporre l'avversario ad interrogatorio formale è tenuta a dedurre tale interrogatorio per ar'coli separa' e specifici. Ciò perché l'interrogando deve essere messo in condizione di conoscere in an>cipo i faH su cui dovrà riferire. Le domande non potranno vertere su faH diversi da quelli formula> nei capitoli, a meno che non si traH di domande sulle quali le par> concordano e che il giudice ri>ene u>li, rilevan>, e salvo il potere del giudice stesso di chiedere in ogni caso i chiarimen> opportuni sulle risposte date. La parte interrogata non ha alcun obbligo, giuridicamente sanzionabile, di dire la verità contro i propri interessi. Ciò non toglie che abbia il dovere di presentarsi a rendere l'interrogatorio e di rispondere personalmente alle rela>ve domande, senza potersi servire di scriH prepara>, ad eccezione delle note e degli appun> che il giudice le abbia consen>to di u>lizzare, quando deve fare riferimento a nomi o a cifre, o quando par>colari esigenze lo consigliano (art. 231 - Risposta). La mancata comparizione, al pari del rifiuto a rispondere, produrrebbe come conseguenza, in assenza di un gius>ficato mo>vo, la possibilità, “valutato ogni altro elemento di prova”, di ritenere come ammessi i faH dedoH nell'interrogatorio (art. 232 - Mancata risposta). Il comportamento omissivo cos>tuisce una prova libera, soggeKa al prudente apprezzamento del giudice. Efficacia risposte fornite in sede di interrogatorio Una parte la doKrina, traendo spunto dall’ar9colo 228 (secondo cui la confessione giudiziale può essere provocata mediante interrogatorio formale), is>tuisce lo streKo rapporto i tra 2 mezzi istru@ori, deducendone che l’interrogatorio formale avrebbe come scopo preciso quello di oKenere la confessione della parte cui è deferito. à Nella realtà, non è scontato che l’interrogatorio formale conduca ad una confessione; semmai, esso sor>sce delle dichiarazioni complesse, in parte contrarie ed in parte favorevoli all’interrogato, la cui efficacia deve essere dunque desunta dall’ar9colo 2734 c.c. È preferibile pensare che l’is7tuto piu,osto dovesse servire a costringere la parte a dichiararsi, cioè ad assumere comunque una specifica posizione circa i faH lega> dall’avversario, al fine di selezionare, nell’ambito di ques> ul>mi, quelli effeHvamente bisognosi di prova (in quanto contesta> e comunque non pacifici). Sezione V - LA PROVA DOCUMENTALE DOCUMENTO: il documento può definirsi, in senso ampio, come qualunque oggeKo idoneo a rappresentare, in vario modo e più o meno direKamente, un certo faKo. Il documento può avere, a seconda dei casi, una rilevanza sostanziale, allorché cos>tuisca la forma aKraverso la quale viene in vita un contraKo o un altro negozio giuridico (art 1350 c.c.), ma comunque rileva sempre sul piano processuale, proprio per la sua aHtudine a rappresentare e a provare un faKo accaduto nel passato. La >pologia dei documen> muta con l’evolversi delle tecniche di comunicazione e di archiviazione da>. In ogni documento è sempre possibile opportuno dis>nguere l’estrinseco, corrispondente all’elemento materiale, cioè al supporto e a quanto adoperato per lasciare traccia di determina> faH (es. la carta e la scriKura su di essa apposta), dall’intrinseco, che invece individua il contenuto del documento, ossia per l’appunto i faH in esso rappresenta>. 64. La produzione dei documen9 Per i documen>, a differenza che per le prove cos>tuende, l'acquisizione al processo avviene con la rela'va produzione, senza passare aKraverso un preven>vo giudizio di ammissibilità o rilevanza ad opera del giudice, dovendo solo rispeKare le limitazioni temporali risultan> dall'art. 183. I documen> prodoH al momento della cos7tuzione in giudizio devono essere indica> nei rispeHvi aH introduHvi; quelli successivi possono essere prodoH o mediante deposito in cancelleria, dandone avviso alle par> aKraverso un apposito elenco, da comunicare secondo le forme dell'art. 170, oppure direKamente in udienza, facendo menzione di essi nel rela>vo verbale. Al contumace deve no>ficarsi il verbale in cui si dà aKo della produzione di una scriKura non indicata in aH precedentemente a lui non no>fica>. 65. ATTO PUBBLICO 148 A norma dell'art. 2699 c.c., si definisce aKo pubblico il documento redaKo, con le richieste formalità, da un notaio o da un altro pubblico ufficiale autorizzato ad aKribuirgli pubblica fede nel luogo dove l'aKo è formato. Devono quindi concorrere un elemento soggeJvo, cioè la qualità del notaio o del pubblico ufficiale in colui dal quale l'aKo proviene, ed un elemento oggeJvo, cos>tuito dal complesso di formalità prescriAe per quel determinato >po di aKo, anche in ragione del suo contenuto. L'efficacia probatoria è quella >pica della prova legale: vincola il giudice a ritenere veri i faH risultan> dall'aKo stesso, con la peculiarità che può essere superata solo aKraverso il viKorioso esperimento, ad opera della parte interessata, di un'apposita impugnazione del documento, la querela di falso. In base all'art. 2700 c.c. Efficacia dell'a%o pubblico l'aKo pubblico fa piena prova, fino a querela di falso: a) della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che l'ha formato; à La norma allude all'estrinseco del documento, ossia alla sua consistenza materiale. Per questo aspeKo potrebbe aversi una falsità materiale quando l'aKo pubblico fosse stato interamente contraffaKo oppure alterato dopo la sua formazione. b) delle dichiarazioni delle par> e gli altri faH che il pubblico ufficiale aKesta avvenu> in sua presenza o da lui compiu>. à Ques> elemen> aKengono all'intrinseco del documento, cioè al suo contenuto rappresenta>vo, rispeKo al quale l’aKo pubblico potrebbe essere affeKo da falsità ideologica (es. il notaio aKesta faH non veri o ai quali non ha assis>to). L'efficacia di piena prova non si estende indiscriminatamente a tuKo ciò che risulta dall'aKo pubblico: sono esclusi i meri apprezzamen> o le valutazioni eventualmente espresse dal pubblico ufficiale, contano soltanto i fa/ cadu' soAo la sua direAa percezione e responsabilità, cioè quelli che dia aKo di aver personalmente compiuto o che cer>fichi essere avvenu> in sua presenza, le circostanze di luogo e di tempo in cui l'aKo è formato. Riguardo le dichiarazioni delle par9, l’ar>colo 2700 va inteso nel senso che l'aKo pubblico prova soltanto che le par> hanno effeHvamente reso tali dichiarazioni in presenza del pubblico ufficiale, mentre non rende incontestabile il contenuto e la veridicità delle stesse, né la loro corrispondenza alla volontà delle par>. Il legislatore ha espressamente previsto la possibile conversione dell'aKo pubblico, che sia viziato vuoi dalla incompetenza o incapacità del pubblico ufficiale da cui proviene, vuoi dalla violazione delle rela>ve prescrizioni formali, in una scri@ura privata, a condizione che abbia l'indispensabile requisito di forma rappresentato dalla soKoscrizione delle par>. 66. SCRITTURA PRIVATA (214 ss. c.p.c. – 2702 e 2703 c.c.) Scri@ura privata: qualsiasi documento, proveniente dalla parte, contenente una dichiarazione di volontà o di scienza, caraKerizzate dal requisito formale della so@oscrizione dell’autore. Si considera riconosciuta se è auten>cata dal notaio o altro pubblico ufficiale ovvero se, esibito in giudizio, la parte contro cui è prodoKa non la disconosce immediatamente. Esempi di scriKura privata sono: il telegramma, le carte e registri domes>ci, le riproduzioni meccaniche. Dall'esame in nega>vo dell'art. 2702 c.c. (Efficacia della scri,ura privata) si deduce che la scriKura privata sia cos>tuita da un qualsiasi documento scriKo, aKribuibile ad uno o più soggeH, che non sia qualificabile come aKo pubblico. Per la scriKura privata assume uno specifico rilievo il requisito della so@oscrizione autografa, che rappresenta l’espediente tecnico giuridico aKraverso il quale un soggeKo assume la paternità delle dichiarazioni contenute nel documento, comunque e da chiunque quest’ul>mo sia stato materialmente redaKo. Un documento scriKo può formarsi nei modi più dispara> (es. può essere redaKo a mano oppure u>lizzando una macchina da scrivere una stampante). Con l'apposizione della firma il so,oscri,ore acceKa che le dichiarazioni racchiuse nel documento siano a lui giuridicamente imputate: a norma dell’ar9colo 2702 c.c., la scriKura privata “fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha soKoscriKa”. L’efficacia probatoria della scriKura privata soKoscriKa è qualita>vamente iden>ca a quella dell’aKo pubblico (cos>tuisce prova legale, salvo che non venga esperito con successo la querela di falso), ma ha un oggeAo più circoscriAo, limitato alla “provenienza” delle dichiarazioni della parte o delle par> che l'hanno soKoscriKa, 151 Molto controverse, per quel che concerne il possibile ogge@o della querela, sono 2 ques>oni entrambe riguardan> la scri@ura privata: 1) il primo riguarda l'abuso di biancosegno, ossia il riempimento abusivo di un foglio previamente firmato in bianco. Poiché la parte danneggiata, contro cui sia prodoKa la scriKura, non può non riconoscere la propria soKoscrizione, che è auten9ca; sicché l’unico strumento a sua disposizione per impedire che la scriKura faccia piena prova nei suoi confron> sarebbe rappresentato dalla querela di falso che è direKa a dimostrare che il contenuto del documento non è a lei riferibile. àPoiché spesso accade che una parte consegna all’altra un foglio firmato in bianco con l’esplicito accordo che verrà riempito in un certo modo, la giurisprudenza dis>ngue a seconda che voglia farsi valere: 1) la mancanza di una qualsiasi preven9va autorizzazione all'u9lizzazione del biancosegno à non potrebbe prescindersi dalla querela di falso; 2) oppure si intenda contestare la corrispondenza delle dichiarazioni a quanto le par9 avevano effeJvamente pa@uito à la querela non sarebbe neppure ammissibile e si traKerebbe di fornire la prova delle difformità tra le dichiarazioni contenute nella scriKura e quelle che le par> avevano concordato, ossia la violazione del paKo di riempimento. 2) si discute se sia ammissibile proporre la querela di falso nei confron> di una scri@ura che, non essendo stata ancora riconosciuta, non ha eppure acquisito quella peculiare efficacia probante prevista dall’ar>colo 2702 c.c., sicché potrebbe essere più semplicemente disconosciuta a norma degli ar>coli 200 14:02 115 c.p.c. Tenuto conto, però, che il risultato conseguibile aKraverso la querela di falso è ben più ampio e defini>vo di quello che potrebbe oKenersi aKraverso il mero disconoscimento della scriKura, e considerato che la querela potrebbe inves>re non già la falsità della soKoscrizione, bensì una diversa alterazione materiale del documento à sembra condivisibile l’orientamento prevalente che risolve tale problema in senso posi>vo (quindi si può proporre querela). 71. La disciplina processuale La querela di falso incidentale è proponibile “in qualunque stato e grado del giudizio, finché la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato” (art.221); dunque è ammessa anche nei confron> di una scriKura che si abbia per riconosciuta in conseguenza del suo mancato disconoscimento entro il termine dell'art. 215. L'a@o con cui si propone la querela, che può essere un aKo di citazione o una dichiarazione da unirsi al rela>vo verbale d'udienza, deve contenere, a pena di nullità, l'indicazione degli elemen9 e delle prove dell'asserita falsità; la querela deve essere proposta dalla parte personalmente o a mezzo di un suo procuratore speciale, non è sufficiente la procura conferita per il giudizio. Nel solo caso in cui la procura sia proposta in via incidentale, l'art. 222 impone al giudice istru@ore una duplice verifica: 1) deve chiedere alla parte che aveva prodoKo il documento se intende ancora valersene, nonostante l'avvenuta proposizione della querela (c.d. interpello); 2) se la risposta all'interpello è posi'va, deve controllare che il documento sia realmente rilevante ai fini della decisione. à Solo se ricorrono entrambi i presuppos>, il giudice dà il via libera alla presentazione della querela, nella stessa udienza o in una successiva, ed ammeKe i mezzi istruKorii che ri>ene idonei, disponendo modi e termini della loro assunzione. Tramite il deposito in cancelleria, con apposito processo verbale, il documento impugnato non può essere soKraKo o materialmente alterato durante le aHvità istruKorie che ne accerteranno la genuinità o la falsità (ar@. 223 e 224). La pronuncia della sentenza compete sempre al collegio, ma è possibile che sia inves>to della sola decisione circa la querela, indipendentemente dal merito (rimessione parziale), e che, su istanza di parte, il giudice istruKore possa disporre la con>nuazione della causa davan> a sé limitatamente alle domande che possono essere eventualmente decise indipendentemente dal documento contestato. Se la querela sia proposta in un giudizio davan> al giudice di pace o alla corte d'appello, non potendosi derogare alla competenza per materia del tribunale, è necessario sospendere il processo principale in aKesa della decisione sulla causa concernente la querela di falso. 152 Il giudicato sulla querela ha valore assoluto, efficacia erga omnes, indipendentemente dalla circostanza che abbia ritenuto falso o genuino il documento impugnato ed anche quando sia stato reso nei confron> di alcuni soltanto dei soggeH legiHma>. 72. L'efficacia probatoria delle copie Le copie dell'aAo pubblico, rilasciate nelle forme prescriKe da pubblici depositari autorizza>, e le copie di scriAure private depositate presso pubblici uffici e spedite da pubblici depositari autorizza>, hanno la stessa efficacia della scri,ura originale da cui sono estraKe (art. 2715 c.c.), a meno che non presen>no cancellature abrasioni, intercalazioni o altri difeH esteriori, nel qual caso il giudice può apprezzarne l'efficacia probatoria sulla base del suo prudente apprezzamento (art. 2716 c.c.). L'art. 2719 c.c. dispone che la fotocopia ha la stessa efficacia di una copia auten>ca quando la sua conformità con l'originale è aKestata da pubblico ufficiale competente o non è espressamente disconosciuta. 73. Le riproduzioni fotografiche, cinematografiche e meccaniche in genere L'art. 2712 c.c. prende in considerazione le riproduzioni fotografiche, informa9che o cinematografiche, le registrazioni fonografiche e, in genere, ogni altra rappresentazione meccanica di faH e di cose, stabilendo che esse cos>tuiscono piena prova dei faH e delle cose rappresentate, se colui contro il quale sono prodoKe non ne disconosce la conformità ai faH o alle cose medesime. L'elenco non è tassa>vo. L’unica deduzione certa che la norma consente aHene all’esistenza di un vero e proprio onere di contestazione o di disconoscimento da parte di colui nei cui confron> sia stata prodoKa una di queste prove documentali. Nei confron> di ques> documen> non è possibile una verificazione analoga a quella della scriKura privata disconosciuta, pur non essendo escludibili accertamen> di natura tecnica. 74. TELEGRAMMA, TELEX E TELEFAX TELEGRAMMA: può essere soKoscriKo dal miAente, limitatamente all'originale consegnato all'ufficio postale, e la rela>va soKoscrizione potrebbe essere anche auten>cata da un notaio, in questo caso equivale in tuKo e per tuKo ad una scriAura privata auten'cata. L'art. 2705 c.c. aKribuisce al telegramma la stessa efficacia probatoria della scriAura privata, anche quando non sia stato soKoscriKo dal miKente, ma sia stato consegnato o faKo consegnare dal miKente stesso. In questo caso, tuKavia, esso non potrà soddisfare il requisito della forma scriKa, laddove quest’ul>ma sia essenziale per la validità stessa dell’aKo. L'art. 2706 c.c. prevede una mera presunzione di conformità tra l'originale e la copia pervenuta al des>natario, superabile aKraverso prova contraria. TELEX: consente all’utente munito di un apposito terminale ed abbonato il rela>vo servizio di collegarsi alla rete telegrafica pubblica per scambiare direKamente messaggi telegrafici con un altro utente che disponga di un analogo collegamento. L’originale del telex, differenza il telegramma, resta nelle mani del miKente; sicché, mentre questa tecnica di trasmissione offre una notevole affidabilità quanto l’effeHva ricezione del messaggio da parte il des>natario, è comunque Impossibile verificare con certezza l’iden>tà del miKente. TELEFAX: ha il vantaggio di trasmeKere un'immagine completa del documento originarle, compresa, nel caso che si traH di una scriKura privata, la rela>va soKoscrizione. Quindi la trasmissione di un documento a mezzo fax soddisfa il requisito di forma scriKa, escludendo che debba fare seguito la trasmissione dell'originale. SoKo il profilo dell’efficacia probatoria, il telefax presenta problemi per quel che concerne la prova: a) dell’avvenuta trasmissione ricezione del documento à Per dimostrare materialmente l'effeHva ricezione della copia del documento da parte del des>natario si ha il rapporto di trasmissione, stampato in via automa>ca dall'apparecchio del miKente. Quando il des>natario ne contes> la veridicità, tale rapporto farà piena prova della sola circostanza che un documento è stato trasmesso da un certo numero telefonico ad un altro, nella data e ora indicate, senza poter provare quale documento è stato effeHvamente trasmesso. b) della conformità della copia trasmessa rispeKo all’originale à La copia esibita dal des>natario dovrebbe avere la stessa efficacia di una copia auten>ca quando la sua conformità rispeKo all'originale teletrasmesso non sia stata espressamente disconosciuta. 75. DOCUMENTO INFORMATICO 153 Il documento informa9co è definito dal d.lgs. 82/2005 (codice dell'amministrazione digitale) come la “rappresentazione informa'ca di a/, fa/ o da' giuridicamente rilevan'”. Si traKa di un documento che nasce come versione codificata, espressa in forma digitale, di un documento convenzionale ed è sempre decodificabile nel documento di partenza, l'unico che possa essere di faKo u>lizzato sia sul piano sostanziale che probatorio. Per firma eleBronica qualificata è una firma eleIronica avanzata creata tramite un disposi;vo sicuro (es. da una smart card) e basata su un cer;ficato eleIronico qualificato, rilasciato da uno dei soggeD a ciò abilita;, che per l’appunto, all’occorrenza, consente di collegare in modo univoco il documento al ;tolare di confermare l’iden;tà di quest’ul;mo. La firma digitale è un par;colare ;po di firma eleIronica qualificata basata su un sistema di chiavi criIografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al ;tolare tramite la chiave privata e la des;natario tramite la chiave pubblica, di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l'integrità di un documento informa;co o di un insieme di documen; informa;ci. Sul piano sostanziale, il documento informa;co soddisfa il requisito legale della forma scriIa quando sia soIoscriIo con firma eleIronica qualificata o digitale e sia formato nel rispeIo delle regole tecniche che garan;scano l'iden;ficabilità dell'autore, l'integrità e immodificabilità del documento. Fuori da tali presuppos;, l'idoneità del documento informa;co a soddisfare il requisito della forma scriIa resta liberamente valutabile in giudizio. Sul piano probatorio il giudice può liberamente valutare anche il documento informa;co soIoscriIo con firma eleIronica non qualificata, tenuto conto delle sue caraIeris;che oggeDve di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità. 76. Le scri@ure contabili delle imprese Gli ar9. 2709 e 2710 c.c. considerano l'efficacia probatoria dei libri e delle scri@ure contabili delle imprese, dis>nguendo a seconda che debbano u>lizzarsi contro l'imprenditore da cui provengono o a suo favore. Se sono contro l'imprenditore, è sufficiente che si traH di libri o scriKure contabili di imprese soggeKe a registrazione e che dal loro contenuto sia possibile dedurre faH contrari all'interesse della parte che ne è autrice, col solo limite che chi invoca a proprio vantaggio tali scriKure non può scinderne il contenuto ma deve acceKarlo per quello che complessivamente possono dimostrare. Se sono a favore si fa riferimento ai soli libri bolla> e vidima> nelle forme di legge che siano regolarmente tenu>, inoltre l'efficacia pro se vale solo tra imprenditori e per i rappor> ineren> all’esercizio dell'impresa. Sono prove soggeKe al prudente apprezzamento del giudice. Sezione VI - IL GIURAMENTO Il giuramento è il mezzo istruKorio in cui una delle par> (c.d. delato) è chiamata ad affermare in forma grave e solenne la verità di faJ a sé favorevoli, che in tal modo si hanno per defini>vamente accerta> nel processo, senza alcuna possibilità di prova contraria. Da questo punto di vista l’efficacia probatoria del giuramento è massima, perfino superiore a quella della confessione. L'art. 2736 c.c. dis>ngue 2 >pi di giuramento: Decisorio: quello che una parte deferisce all'altra per farne dipendere la decisione totale o parziale della causa; Suppletorio: che è deferito d'ufficio ad una qualunque delle par>, al fine di decidere la causa quando la domanda o le eccezioni non sono pienamente provate, ma non sono del tuKo sfornite di prova, oppure quello che è deferito al fine di stabilire il valore della cosa domandata, se non si può accertarlo altrimen> (giuramento di es9mazione). 78. GIURAMENTO DECISORIO Il giuramento è decisorio perché deve: - vertere su fa/ decisivi, idonei a portare all'immediata definizione, totale o parziale, della causa; - cos>tuisce una prova legale, che prevale sempre e comunque su tuKe le altre prove, sia nell'ipotesi in cui venga prestato che nel caso in cui la parte si rifiu> di renderlo. AKraverso il deferimento del giuramento ciascuna parte ha la possibilità di sfidare l'altra ad affermare la verità di faH ad essa favorevoli, ponendola di fronte all'alterna>va: - rendere la dichiarazione giurata, oKenendo che la verità dei faH res> defini>vamente accertata in suo favore, senza possibilità di prova contraria; - oppure rifiutarsi di giurare, rimanendo soccombente rispeKo alla domanda o al punto rela>vamente al quale il 156 La Corte Cos>tuzionale, però, muovendo dal nuovo asseKo dei rappor> tra il processo penale e quello civile risultante dal c.p.p. del 1988, ha esteso questa deroga al caso in cui la sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata nel giudizio penale non abbia efficacia nei confron> del danneggiato. Sezione VII - LA PROVA TESTIMONIALE La prova per tes9moni consente al giudice di conoscere un determinato faKo aKraverso la narrazione di un terzo che a sua volta l'abbia percepito direKamente oppure l'abbia appreso da altri (tes7monianza de relato). Tale narrazione deve essere resa all'interno del processo, in forma orale, aKraverso un esame direKo del teste, che mira essenzialmente a verificare, nel contraddiKorio delle par>, l'aKendibilità delle sue dichiarazioni. Il teste deve solennemente impegnarsi a dire la verità ed incorre in sanzioni penali in caso di tes>monianza falsa o re>cente. La prova tes>moniale spesso è l’unica disponibile per provare determina> faH. TuKavia, si traKa di una prova non troppo affidabile, non soltanto perché basata sulla memoria del terzo, ma anche sopraKuKo perché i tes>moni, che vengono indica> dalle par>, spesso non sono affaKo equidistan> dalle par> stesse, e quindi possono avere qualche interesse a non dire il vero. L'apprezzamento del giudice di tale prova deve essere prudente. 83. LIMITI SOGGETTIVI Il c.p.c. prevede agli ar@. 246- 248 3 limitazioni soggeHve per la prova tes>moniale: 1) l’incapacità di tes>moniare per coloro che abbiano un interesse nella causa che potrebbe legiHmare la loro partecipazione al giudizio; 2) il divieto di tes>moniare per il coniuge, i paren' e gli affini in linea reKa, ammessi a tes>moniare nelle sole cause verten> su ques>oni di stato, di separazione personale o rela>ve a rappor> di famiglia (limite venuto meno per intervento Corte cos>tuzionale); 3) il divieto di tes>moniare per i minori di 14 anni, che potrebbero essere sen>> solamente quando la loro audizione è resa necessaria da par>colari circostanze (limite venuto meno per intervento Corte cos>tuzionale). L’unica limitazione residua è quella numero uno che discende dalla necessaria terzietà del tes9mone. 84. LIMITI OGGETTIVI Le limitazioni oggeJve della prova tes>moniale fanno riferimento ai fa/ sui quali la tes>monianza è esclusa o è ammessa solo a certe condizioni. Tali limitazioni riguardano, in par>colare, la prova per tes9 dei contraJ ed aKengono ai rappor> con la prova documentale (che viene in ogni caso preferita dal legislatore): 1) Il limite più significa>vo riguarda l’ipotesi in cui, aKraverso la tes>monianza, dovrebbe provarsi l'esistenza di un contra@o per la cui validità è richiesta la forma scriAa: l'aKo scriKo è richiesto ad substan'am per la validità stessa del rapporto, e l'unica eccezione all'esclusione della prova tes>moniale è prevista per il caso in cui miri a dimostrare che il contraKo è stato effeHvamente s>pulato per iscriKo e che il contraente ha senza sua colpa perduto il documento che gli forniva la prova (art. 2724 co 3°). Limite analogo quando l'aKo scriKo sia richiesto ad proba'onem; 2) gli art. 2722 e 2723 c.c. limitano la tes>monianza che abbia ad oggeKo paJ aggiun9 o contrari al contenuto di un documento, in par>colare quando si assuma che la s>pulazione di tali paH è stata anteriore o contemporanea rispeKo alla formazione del documento, la prova tes>moniale è esclusa. Quando invece si alleghi che i paH aggiun> o contrari siano sta> s>pula> dopo la formazione del documento, il giudice ha il potere di ammeKere la prova per tes> solamente se, avuto riguardo alla qualità delle par>, alla natura del contraKo e a ogni altra circostanza, appare verosimile che siano state faKe aggiunte o modificazioni verbali; 3) l'art. 2721 c.c. prevede che la prova per tes> non è ammessa quando il valore dell'ogge@o sia superiore a 2,58 euro. TuKavia, al co 2° consente al giudice di ammeKere la tes>monianza al di là del limite, tenuto conto della qualità delle par>, della natura del contraKo e di ogni altra circostanza. Il legislatore ha previsto delle eccezioni, ossia delle ipotesi in cui la prova tes>moniale è sempre ammessa, in deroga ai limi> preceden>. Tali eccezioni, risultan> dall’ar>colo 2724 c.c., ricorrono quando: 157 - sussista un principio di prova scriKa, qualsiasi scriKo, proveniente dalla persona contro la quale è direKa la domanda o il suo rappresentante, che faccia apparire verosimile il faKo allegato; - il contraente sia stato nell'impossibilità morale o materiale di procurarsi una prova scriKa; - la parte abbia perduto senza sua colpa il documento che le forniva la prova. 85. MODALITÀ DI DEDUZIONE E DI ASSUNZIONE DELLA PROVA La prova tes>moniale ricade nella disponibilità delle par' e deve essere richiesta aKraverso l'indicazione specifica dei tes>, nonché dei faH, formula9 in ar9coli separa9, sui quali ciascuno di essi sarà interrogato. (art. 244 c.p.c.). L’unico temperamento è rappresentato dalla possibilità che il giudice disponga d’ufficio, formulandone egli stesso i capitoli, la tes>monianza di persone alle quali le par> si sono riferite nell’esposizione dei faH e che appaiono in grado di conoscere la verità (art. 281-bis). La preven>va formulazione dei capitoli di prova serve essenzialmente a valutare l'ammissibilità e la rilevanza della prova stessa. Con l'ordinanza di ammissione il giudice può eliminare dalla lista dei tesi, oltre a quelli incapaci di tes>moniare a norma dell'art. 246, anche quelli che repu> semplicemente sovrabbondan>. La parte che aveva indicato i tes> può invece rinunciare alla loro audizione solo a condizione che alla rinuncia aderiscano le altre par> ed acconsenta il giudice. à Una volta che la prova sia stata ammessa, la parte interessata ha l'onere di provvedere alla citazione dei tes9, deve chiedere all'ufficiale giudiziario che provveda ad in>mare ai tes> (con aKo scriKo che viene loro no>ficato), almeno 7 giorni prima dell'udienza fissata, di comparire in deKa udienza, indicando luogo, giorno e ora fissa>, nonché il giudice che dovrà assumere la tes>monianza e la causa cui essa si riferisce. Limitatamente ai tes>moni ammessi su richiesta di par' private, a tale adempimento può provvedere direKamente il difensore, senza avvalersi dell'ufficiale giudiziario, tramite l'invio di una copia dell'in>mazione mediante raccomandata con avviso di ricevimento, fax o posta eleKronica. Quando la parte onerata non provvede all'in9mazione, decade dalla prova (salvo sussista giusto mo>vo per l'omessa citazione) e la decadenza è dichiarabile d'ufficio. L'altra parte può però evitarla dichiarando di essere interessata all'audizione del tes>mone. Il tes9mone ha l'obbligo di comparire. Le deroghe riguardano esclusivamente le ipotesi in cui si trovi nell'impossibilità di presentarsi o ne sia esentato dalla legge o da convenzioni internazionali à in questo caso è previsto che il giudice si rechi ad assumere la deposizione presso l'abitazione o l'ufficio del teste, oppure deleghi a procedervi il giudice del luogo. Fuori dalle deroghe, se il teste regolarmente citato non si presenta, il giudice può ordinare una nuova in>mazione oppure l'accompagnamento coaHvo alla stessa udienza o ad altra successiva, e può condannare il teste ad una pena pecuniaria compresa tra 100 e 1000 euro. Se, nonostante tale sanzione, il teste omeAe nuovamente di comparire senza gius>ficato mo>vo, il giudice ne dispone l'accompagnamento coaHvo e lo condanna al pagamento di un'ulteriore pena pecuniaria compresa tra 200 e 1000 euro. Modalità di assunzione: i tes>moni devono essere esamina> separatamente. Prima di interrogare il teste, il giudice istruKore deve avver>rlo circa l'obbligo di dire la verità e le conseguenze penali previste per la tes>monianza falsa o re>cente, e deve invitarlo a rendere una precisa dichiarazione di impegno a dire tuKa la verità e a non nascondere nulla di quanto è a sua conoscenza (art. 251). Il giudice chiede al teste nome e cognome, luogo e data di nascita, età e professione, invitandolo a dichiarare se ha rappor> di parentela, affinità, affiliazione o dipendenza con alcuna delle par>, o se ha interesse nella causa; le par> possono fare osservazioni sull'aKendibilità del tes>mone, il quale è tenuto a fornire in proposito i chiarimen> necessari, di cui si fa menzione nel processo verbale prima di dar corso all'audizione del teste (art. 252). Deposizione: art. 253 aKribuisce al giudice il potere di interrogare il teste sui faH per i quali era stata ammessa la prova nonché di rivolgergli, di propria inizia>va o su istanza di parte, tuKe le domande che ritenga u>li a chiarire i faH stessi. Le par> ed il pubblico ministero non possono interrogare direKamente i tes>moni. Il teste non può servirsi, per le proprie risposte, di scriH prepara>, salvo che sia stato autorizzato dal giudice a valersi di note o appun>. Il giudice può esercitare in questa fase vari poteri: - disporre, anche d'ufficio, il confronto tra più tes'moni, quando nelle rispeHve deposizioni siano emerse divergenze (art. 254); -ordinare d'ufficio che siano chiamate a deporre le persone cui alcuno dei tes>moni abbia faKo riferimento per la 158 conoscenza dei faH (art. 257); - decidere di sen>re i tes> ritenu> in un primo momento sovrabbondan> o dei quali aveva consen>to la rinuncia; - disporre la rinnovazione dell'esame di tes> già escussi, al fine di chiarire la loro deposizione o di correggere eventuali irregolarità nel precedente esame. 86. TESTIMONIANZA SCRITTA La riforma del 2009 ha introdoKo l'art. 257-bis rela>va alla tes>monianza scriKa, cioè alla possibilità di assumere la deposizione del tes>mone per iscriKo e al di fuori dell'udienza, aKraverso la compilazione di un apposito modello, anziché mediante l'interrogatorio ad opera del giudice e nel contraddiKorio delle par>. Tale possibilità è subordinata all'accordo delle par9 cos9tuite, e rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, che tenga conto della natura della causa e di ogni altra circostanza. Modalità di assunzione: il giudice nell'ammeKere la tes>monianza scriKa deve fissare il termine entro cui il tes>mone è tenuto a rispondere ai quesi>, ordinando alla parte che ne aveva richiesto l'assunzione di predisporre il modello di tes>monianza in conformità agli ar>coli ammessi, e di no>ficarlo al tes>mone. Il giudice deve fissare anche il termine per la no>fica del modulo al teste, la cui inosservanza determinerebbe la decadenza della parte dalla prova. Quando la tes>monianza abbia ad oggeKo documen9 di spesa già deposita9 dalle par9, sicché si traKa solo di far confermare dal tes>mone quanto già risul> dai predeH documen>, si può prescindere dalla compilazione del modulo e la disposizione può rendersi mediante dichiarazione scriKa e soKoscriKa, trasmessa direKamente al difensore della parte, nel cui interesse è stata ammessa la prova tes>moniale. Rimane necessario comunque l'accordo delle par>. à Il giudice, dopo aver esaminato le risposte o le dichiarazioni scriKe del teste, tenendo conto degli eventuali rilievi delle par>, può optare per il suo interrogatorio dire,o in udienza, disponendo che sia chiamato a deporre davan> a lui ovvero davan> al giudice delegato del luogo. Sezione VIII - LE PRESUNZIONI E LE PROVE ATIPICHE 87. PRESUNZIONI LEGALI Presunzioni: l'art. 2727 c.c. “conseguenze che la legge o il giudice trae da un faAo noto per risalire ad un faAo ignorato”. Data la collocazione, se ne deduce che apparterrebbero al novero dei mezzi di prova. à In realtà, tale classificazione è impropria in relazione alle presunzioni legali, che servono solo a ripar're l'onere della prova tra le par' in modo razionale. L'art. 2728 c.c. precisa che l'effeKo delle presunzioni è dispensare da qualunque prova coloro in favore dei quali sono stabilite, sarà l'altra parte a dover provare il contrario, ossia l'inesistenza del faKo oggeKo della presunzione legale (si discorre a riguardo di presunzioni legali rela>ve perché ammeKono prova contraria). Le presunzioni legali assolute escludono invece la possibilità di qualunque prova contraria, ma sono estranee al tema della prova, essendo una tecnica che il legislatore u>lizza per meglio definir una faHspecie sul piano sostanziale. 88. PRESUNZIONI SEMPLICI Presunzioni semplici: sono quelle lasciate alla prudenza del giudice (art. 2729 c.c.) Più che un vero e proprio mezzo di prova, rappresentano un modo di ragionare, un procedimento logico che potrebbe definirsi indu/vo, al quale il giudice è costreKo a ricorrere frequentemente nella formazione del proprio convincimento circa i faH rilevan> per la decisione e nella valutazione stessa delle prove. Il giudice, partendo da un faAo noto, risale al faAo ignoto da provare tramite l'applicazione delle massime d'esperienza, le quali indicano l'insieme delle regole e dei principi offer> dalla logica nonché dalle scienze naturali e sociali, o semplicemente desumibili dall'osservazione empirica dei comportamen> umani; regole che il giudice ricerca autonomamente e che devono avere valenza oggeHva, essendo generalmente riconosciute o percepibili e condivisibili dall'uomo di media cultura. La presunzione si riferisce alle ipotesi in cui l'applicazione della massima d'esperienza consente solamente di formulare un giudizio di probabilità circa l'esistenza del faKo da provare. In questa prospeHva si può comprendere la disposizione dell’ar>colo 2729 c.c. secondo cui il giudice deve ammeKere solo “presunzioni gravi, precise e concordan'”. Quindi il convincimento del giudice deve sempre rispondere a criteri razionali e deve far ricorso solo a massime d'esperienza in grado di fornire risulta> altamente aKendibili. È escluso l'uso delle presunzioni quando debba provarsi un faKo per cui non sarebbe ammessa la prova per tes>moni. 161 La prassi ha riservato a tale incombenza un'udienza ad hoc, la c.d. udienza di precisazione delle conclusioni. Ora si prevede che: “Il giudice istruKore, quando procede a norma dei primi tre commi dell'ar>colo 187 o dell'ar>colo 188 (ipotesi di prima, fissa davan9 a sé l'udienza per la rimessione della causa al collegio per la decisione e assegna alle par>, salvo che queste vi rinuncino, i seguen> termini perentori: 1. Un termine non superiore a sessanta giorni prima dell'udienza per il deposito di note scri@e contenen9 la sola precisazione delle conclusioni che le par9 intendono so@oporre al collegio, nei limi> di quelle formulate negli aH introduHvi o a norma dell'ar>colo 171-ter. Le conclusioni di merito debbono essere interamente formulate anche nei casi previs> dell'ar>colo 187, secondo e terzo comma; 2. Un termine non superiore a trenta giorni prima dell'udienza per il deposito delle comparse conclusionali: 3. Un termine non superiore a quindici giorni prima dell'udienza per il deposito delle memorie di replica. CO. 2 à La rimessione investe il collegio di tu@a la causa, anche quando avviene a norma dell'ar>colo 187, à La rimessione è totale in quanto il collegio viene inves>to di tu@a la causa: quindi, quando la rimessione fosse stata occasionata dal sorgere di una ques>one preliminare o pregiudiziale, il collegio potrebbe pronunciare sul merito intero, qualora la reputasse matura per la decisione senza bisogno di assumere delle prove. CO.3 à All'udienza fissata ai sensi del primo comma la causa è rimessa al collegio per la decisione. La precisazione delle conclusioni ha una duplice u9lità: 1) fare il punto circa le eventuali modificazioni apportate alle conclusioni iniziali in sede di traKazione della causa; e 2) procedere a qualche ulteriore aggiustamento, sia in senso riduHvo sia nel senso della precisazione di domande ed eccezioni anteriormente proposte. In concreto, questa aHvità si risolve in una mera formalità, giacché le par> si limitano a richiamare genericamente tuKe le conclusioni prospeKate nei propri anteriori scriH difensivi. Dopo la precisazione delle conclusioni, la causa passa effeHvamente al collegio, che deve deciderla. à Le par9 devono scambiarsi gli scriJ difensivi finali, cioè le comparse conclusionali (scriH in cui si sviluppano, alla luce dei risulta> dell'eventuale istruKoria, le tesi difensive della parte) e le memorie di replica (scriH che contraddicano le comparse conclusionali, senza poter ampliare il tema controverso). 93. L'eventuale udienza di discussione dinanzi al collegio Fino alla riforma del '90 il giudice istruKore, nel rimeKere la causa al collegio, fissava in ogni caso un'udienza davan> al collegio stesso, des>nata alla discussione della causa, che precedeva l'inizio della fase decisoria. Oggi tale udienza viene fissata solo se una delle par> ne fa espressa istanza. ART. 275 – modificato da Riforma Cartabia 1. Rimessa la causa al collegio, la sentenza è depositata entro sessanta giorni dall'udienza di cui all'ar>colo 189 (à Modificato da Riforma Cartabia)124. 2. Ciascuna delle par9, con la nota di precisazione delle conclusioni, può chiedere al presidente del tribunale che la causa sia discussa oralmente dinanzi al collegio. In tal caso, resta fermo il rispeKo dei termini indica> nell'ar>colo 189 per il deposito delle sole comparse conclusionali 125. I pun; due e tre erano prima previs; all'interno dell'arUcolo 190 – Comparse conclusionali e memorie (ora abrogato), il quale prevedeva che: - le comparse dovevano essere depositate entro 60 giorni; - le memorie nei 20 giorni successivi. 124 Prima la scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica rappresentava il momento in cui la causa entrava nella fase decisoria vera e propria à da tale data decorrereva il termine di 60 giorni entro cui la sentenza collegiale avrebbe dovuto essere depositata in cancelleria. 125 Il testo dell’art. 275 co 2° prima dell’intervento della Riforma Cartabia sanciva: “ciascuna delle par;, al momento della precisazione delle conclusioni, può chiedere che la causa sia discussa oralmente davan; al collegio”. Tale richiesta doveva essere riproposta al presidente del tribunale alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica di cui all’art.190. 162 3. Il presidente provvede sulla richiesta revocando l'udienza di cui all'ar>colo 189 e fissando con decreto la data dell'udienza di discussione davan> al collegio, da tenersi entro sessanta giorni 126. à del decreto non è prescriKa alcuna comunicazione alle par> (stranamente). 4. Nell'udienza il giudice istru@ore fa la relazione orale della causa (agli altri componen> del collegio). Dopo la relazione, il presidente ammeKe le par> alla discussione e la sentenza è depositata in cancelleria entro i sessanta giorni successivi à dunque, al termine la causa passa nella fase decisoria. * La novità più significa9va della Cartabia è data dalla introduzione della decisione a seguito di tra@azione orale davan9 al collegio, contenuta nell'art. 275bis c.p.c. La scelta di tale modello decisorio speKa al giudice istruKore, il quale se ri>ene che la causa possa essere decisa a seguito di discussione orale, fissa udienza davan> al collegio e assegna alle par> termine, anteriore all'udienza, non superiore a trenta giorni per il deposito di note limitate alla precisazione delle conclusioni e un ulteriore termine non superiore a quindici giorni per note conclusionali. All'udienza il giudice istruKore fa la relazione orale della causa e il presidente ammeKe le par> alla discussione (art. 275bis, commi 1 e 2, c.p.c.). La decisione può avvenire in due modi: o in udienza, all'esito della discussione, mediante leKura del disposi>vo e della concisa esposizione delle ragioni di faKo e di diriKo della decisione, nel qual caso la sentenza si intende pubblicata con la soKoscrizione del presidente (art. 275bis, commi 2 e 3, cp.c.); oppure mediante deposito nei successivi 60 giorni (art. 275bis, comma 4, c.p.c.). 94. RIMESSIONE PARZIALE AL COLLEGIO Oltre alle ipotesi di rimessione totale esistono altre di rimessione parziale, in cui il collegio non viene inves>to di tuKa la causa, ma soltanto della decisione di alcune ques'oni par'colari. Si traKa, più precisamente: a) delle ques>oni concernen> l'ammissione al giuramento decisorio; b) delle ques>oni rela>ve all'ammissibilità dell'intervento, volontario o coaKo, che di regola sono decise insieme col merito, salvo che il giudice istruKore disponga a norma dell'art. 187 co 2°; c) della decisione sulla querela di falso; d) della decisione sull'istanza di verificazione proposta in via incidentale. à In ques> casi, le par9 non sono tenute a proporre le proprie conclusioni di merito né a scambiarsi comparse conclusionali e memorie di replica, e il collegio non potrebbe decidere la causa, o ques>oni diverse da quella che ha dato luogo alla rimessione. 95. LA FASE DECISORIA IN SENSO STRETTO: la deliberazione della sentenza e l'eventuale rilievo d'ufficio di ques9oni nuove Con lo spirare del termine per il deposito della sentenza, oppure, allorché sia stata chiesta l’udienza di discussione con la conclusione della stessa, ha inizio la fase propriamente decisoria disciplinata dagli ar>coli 275 e ss. c.p.c. La prima tappa del rela>vo iter è rappresentata dalla deliberazione della sentenza (art. 276), che avviene in segreto nella camera di consiglio e si conclude con la redazione e la soKoscrizione del solo disposi>vo da parte del presidente del collegio. Sulla unitarietà della fase decisoria può incidere nega>vamente l'art. 101 co 2° c.p.c. (Principio del contradditorio), introdoKo dalla riforma del 2009, il quale, a garanzia dell'effeHvità del contraddiKorio, prevede che il giudice, quando ritenga “di porre a fondamento della decisione una ques9one rilevata d'ufficio”, debba a pena di nullità, nel riservarsi la decisione, assegnare alle par> un termine (non inferiore a 20 e max 40 gg dalla comunicazione del provvedimento), per il deposito in cancelleria di memorie contenen' osservazioni sulla ques'one stessa. 96. La forma dei provvedimen9 del collegio à La Riforma, dunque, ha correIo il meccanismo precedente (molto più macchinoso) che prevedeva una doppia richiesta della parte da effeIuarsi sia nell'udienza di precisazione delle conclusioni sia alla scadenza del termine per il deposito delle memorie di replica. 126 Ovvimente, prima della Riforma Cartabia non era prevista alcuna udienza da revocare. 163 La rimessione al collegio può sempre condurre alla definizione dell’intero giudizio, con una decisione, a seconda dei casi, di merito oppure di rito. Il provvedimento che pone fine al processo riveste, di regola, la forma della sentenza. In base all'art. 279 co 2° nn. da 1 a 3, la pronuncia con sentenza è prescriKa: 1) quando definisce il giudizio, decidendo ques'oni di giurisdizione 2) quando definisce il giudizio, decidendo ques'oni pregiudiziali a/nen' al processo o ques'oni preliminari di merito (diversa dalla competenza, in tal caso il collegio decide con ordinanza) 3) quando definisce il giudizio, decidendo totalmente il merito, cioè quando vengono accolte o rigeKate l'unica domanda oppure tuKe le domande cumulate nel processo à In ques> casi la sentenza è defini9va perché conclude il processo davan> al giudice adito. La pronuncia con sentenza non defini9va ricorre invece, ai sensi dell'art. 279 co 2° n 4: 4) quando, decidendo alcune delle ques'oni di cui ai numeri 1, 2 e 3, non definisce il giudizio e impar'sce dis'n' provvedimen' per l'ulteriore istruzione della causa; Cioè: a. quando il collegio si limita a decidere, dichiarandola infondata, una ques>one pregiudiziale di rito (diversa dalla competenza) oppure una ques>one preliminare di merito; nei quali casi il processo dovrà proseguire per accertare se la domanda sia o no fondata nel merito; b. quando il collegio decide parzialmente il merito, accogliendo o rigeKando alcune soltanto delle più domande cumulate nel processo. à In entrambi i casi la pronuncia della sentenza non defini>va si accompagna inevitabilmente alla pronuncia di dis>n> provvedimen>, resi con ordinanza, con i quali lo stesso collegio impar>sce disposizioni circa l'ulteriore istruzione della causa, che deve tornare necessariamente davan> al giudice istruKore. La pronuncia della sentenza è prescriKa, ai sensi dell'art. 279 co 2° n 5 5) quando, valendosi della facoltà di cui agli ar'coli 103 2 co. e 104 2 co., decide solo alcune delle cause fino a quel momento riunite, e con dis'n' provvedimen' dispone la separazione delle altre cause e l'ulteriore istruzione riguardo alle medesime, ovvero la rimessione al giudice inferiore delle cause di sua competenza ≠ IPOTESI 4 b) à in entrambe si ha una decisione parziale del merito, ma qui il cumulo di cause viene defini>vamente scisso in conseguenza di un'ordinanza di separazione. La decisione con ordinanza è prevista quando il collegio provvede soltanto su ques>oni rela>ve all'istruzione della causa, senza definire il giudizio, nonché quando decide esclusivamente sulla competenza. (1 comma) 97. La sentenza di cessazione della materia del contendere La cessazione della materia del contendere è un is>tuto, di origine essenzialmente giurisprudenziale, finalizzato a dar rilievo ad alcuni even>, di natura processuale o più spesso sostanziale, sopravvenu> nel corso del giudizio, che comunque impedirebbero di accogliere la domanda nella sua formulazione originaria. à Es. il convenuto paga il proprio debito dopo la no>fica dell'aKo di citazione: non è pensabile che il giudice possa prescindere dal faKo es>n>vo sopravvenuto e possa accogliere ugualmente la domanda di condanna, ma sarebbe parimen> inacceKabile una soluzione che implicasse il rigeKo puro e semplice della domanda, magari con la condanna dello stesso aKore al pagamento delle spese processuali o senza il ristoro delle spese da lui sostenute. Il giudice, in tali situazioni, può dichiarare cessata la materia del contendere, dando aKo che la controversia tra le par> è stata sostanzialmente composta, e pronunciare sulle spese in base al criterio della soccombenza meramente virtuale o potenziale, valutando quello che sarebbe stato l'esito del giudizio senza il sopravvenire di quel determinato faKo. È chiaro che la cessazione della materia del contendere non rappresenta un’autonoma modalità di conclusione del processo, bensì un peculiare contenuto della sentenza defini'va. Essa, nel contempo, risponde ad esigenze pra9che ineludibili, tant’è che ha trovato un esplicito riconoscimento norma>vo nell’ambito del processo amministra>vo e tributario. 166 In base all'art. 2909 c.c. Cosa giudicata l'accertamento cui tende il processo di cognizione, e quindi l'idoneità della sentenza a fare stato ad ogni effeKo tra le par>, i loro eredi o aven> causa, si consegue esclusivamente col passaggio in giudicato della sentenza stessa. Cioè quando questa, non essendo più soggeKa alle impugnazioni ordinarie, diviene rela7vamente incontrover7bile, potendo essere rimossa solo in seguito al viKorioso esperimento di un'impugnazione straordinaria. Inoltre, pur tenendo fermo il principio secondo cui il passaggio in giudicato è condicio sine qua non perché la sentenza produca i suoi effeH, non è neppure escluso che, una volta verificatasi questa condizione, taluni di ques> effeH possano poi retroagire ad un momento anteriore oppure, all’opposto, possano essere differi' ad una data futura. 102. L'efficacia esecu9va provvisoria e l’inibitoria La riforma del 1990 ha reso anche la sentenza di primo grado, e non più solo quella d'appello, provvisoriamente esecu9va per legge, >tolo esecu>vo fin dal giorno della sua pubblicazione. L'art. 337 co 1° c.p.c. Sospensione dell’esecuzione dei processi “L'esecuzione della sentenza non è sospesa per effeKo dell'impugnazione di essa, salvo le disposizioni degli ar>coli 283, 373, 401 e 407”; mentre l’art. 282 c.p.c. Esecuzione provvisoria, con specifico riferimento alla sentenza di primo grado, dispone che essa “è provvisoriamente esecu>va tra le par>”. Lo stesso principio si trova affermato dall'art. 431 per il rito del lavoro e 447-bis per le controversie in materia di locazione, comodato di immobili urbani o affiKo di azienda. INIBITORIA L'efficacia esecu9va della sentenza si produce sempre ipso iure e può essere congelata soltanto, in presenza di determinate condizioni, aKraverso un esplicito e successivo provvedimento del giudice, l’inibitoria, che presuppone in ogni caso che la sentenza sia già stata impugnata. Inibitoria parziale: quando l'oggeKo della condanna sia in qualche modo frazionabile o comprenda una pluralità di statuizioni. Le condizioni e il contenuto del provvedimento di inibitoria differiscono a seconda dell’impugnazione cui accede. - Per quel che concerne la sentenza di primo grado, l'art. 283 prevede che il giudice d'appello, su istanza della parte impugnante, possa sospendere in tuKo o in parte l'efficacia esecu>va o l'esecuzione della sentenza impugnata, con o senza cauzione, se l’impugnazione appare manifestamente fondata o se dall’esecuzione della sentenza può derivare un pregiudizio grave e irreparabile 130, pur quando la condanna ha ad oggeKo il pagamento di una somma di denaro, anche in relazione alla possibilità di insolvenza di una delle par>. Il nuovo 2 comma (introdo@o da Cartabia) prevede che: “L'istanza di cui al primo comma può essere proposta o riproposta nel corso del giudizio di appello se si verificano mutamen> nelle circostanze, che devono essere specificamente indica> nel ricorso, a pena di inammissibilità” . Il nuovo 3 comma (corrispondente al vecchio comma 2 prima della riforma cartabia) prevede che il giudice d’appello, allorché dichiari l’istanza inammissibile o manifestamente infondata, può condannare la parte che l’aveva proposta ad una pena pecuniaria compresa tra 250 e 10.000 €. Il provvedimento è dato con ordinanza non impugnabile, ma revocabile con la sentenza che definisce il giudizio - Per tuKe le impugnazioni diverse dall’appello, la norma di riferimento è l'art. 373 che si riferisce solo al ricorso per cassazione ma è poi applicabile, in virtù dei richiami agli ar@. 401 e 407, alla revocazione e all'opposizione di terzo. In ques> casi, l'inibitoria può consistere nella sola sospensione della esecuzione. La sentenza, quale che sia la sua natura, non può fare stato né può essere invocata in un diverso giudizio prima che sia passata in giudicato. 103. L'efficacia di accertamento e cos9tu9va Dopo la riforma del 1990, tenuto conto che l’art 282 si riferisce alla sentenza di primo grado, e non specificamente alla condanna, una parte della doArina ha cautamente ven>lato la possibilità che la esecu>vità provvisoria si estenda, se non addiriKura alle sentenze di mero accertamento, quanto meno a 130 Prima della Riforma Cartabia, era previsto che la sospensione potesse avvenire “quando sussistono gravi e fonda, mo,vi, da valutarsi anche in relazione alla possibilità di insolvenza di una delle par;”, al posto delle specifiche faDspecie ora indicate. 167 quelle cos>tu>ve. La tesi tuKavia non può condividersi, sia perché neppure la versione originaria dell’art 282 menzionava espressamente le sentenze di condanna, sia perché essa si tradurrebbe in una sostanziale abrogazione dell’art 2909 c.c. equiparando l’esecu>vità provvisoria della sentenza ad una vera e propria an>cipazione degli effeH del giudicato. à Deve ritenersi che la sentenza, quale sia la sua natura, non possa “fare stato” né possa essere invocata in un diverso giudizio prima che sia passata in giudicato. Ciò non esclude, però, che essa, all’interno del processo in cui è stata pronunciata, sia invece di per sé idonea, sebbene non ancora passata in giudicato, a fondare ulteriori provvedimen> che trovino la propria ragion d’essere nel rapporto oggeKo del mero accertamento oppure nella modificazione sostanziale della sentenza cos>tu>va (efficacia endoprocessuale). (es: pronuncia di condanna alle spese processuali che si ricolleghi ad una sentenza di rigeKo della domanda) Resta da considerare, la controversa possibilità che, una volta passata in giudicato la sentenza cos;tu;va, i suoi effeD possono farsi retroagire ad un moneto anteriore. La circostanza che la sentenza di condanna sia di per sé immediatamente eseguibile, pur quando dipende da una pronuncia cos;tu;va, depone innegabilmente a favore di una parziale e naturale retroaDvità del giudicato cos;tu;vo, perlomeno quando si traD di effeD che le par; avrebbero potuto conseguire al di fuori del processo. Nel caso di azioni cosUtuUve c.d. necessarie, invece, poiché il provvedimento del giudice insurrogabile per il prodursi della richiesta modificazione sostanziale, sembra inevitabile negare in mancanza di una diversa previsione norma;va, che tale modificazione, dopo il passaggio in giudicato, possa farsi risalire ad un moneto anteriore. 104. SENTENZA C.D. CONDIZIONALE Tenuto conto che alla base della sentenza dev’esservi un accertamento, des>nato a fare stato ai sensi dell’art 2909 c.c. parrebbe da escludere la possibilità che tale accertamento, al pari della statuizione cos>tu>va o di condanna che ad esso si accompagni, possa essere comunque condizionato al verificarsi di un evento futuro ed incerto, alla stessa stregua di un contraKo; e ciò ha indoKo una parte della doArina a negare o almeno a limitare dras>camente l’ammissibilità delle sentenze c.d. condizionali. TuKavia, per ragioni di economia processuale, la figura della sentenza condizionale (accertamento condizionato al verificarsi di un evento futuro ed incerto) ha trovato frequentemente riconoscimento nella giurisprudenza, par>colarmente in relazione alle statuizioni di condanna, la cui efficacia si ammeKe che possa essere subordinata ad un evento futuro e incerto, oppure al sopravvenire di un termine o all'adempimento di una controprestazione; purché si traH di una circostanza che non richieda ulteriori accertamen> giudiziali e sia invece verificabile in sede di opposizione all'esecuzione. In realtà non mancano ipotesi in cui è espressamente previsto che l’efficacia esecu>va di una sentenza sia subordinata, per legge o in virtù di un provvedimento discrezionale del giudice, ad un determinato adempimento. La condanna condizionale è caraKerizzata dalla circostanza che l’obbligo accertato nella sentenza non può comunque dirsi, sul piano sostanziale, realmente aKuale, non essendosi ancora verifica> tuH i faH dei quali esso dipende (sicché è agevole cogliere l’affinità di tale figura rispeKo alla condanna in futuro). Presupposto è che la condanna, pur rimanendo subordinata ad un evento futuro, sia almeno compiutamente specificata nel quantum. In caso contrario, si traKerebbe di una sentenza di mero accertamento, sicuramente inidonea a cos>tuire >tolo esecu>vo. La sentenza condizionale non sembra configurabile al di fuori della condanna, ed in par>colare in relazione alle pronunce esecu>ve. Capitolo X – CONCLUSIONE DEL PROCESSO SENZA DECISIONE Accanto all’ipotesi, considerata normale, in cui si pervenga ad una sentenza defini>va, il processo può concludersi in due modi: per conciliazione o per es9nzione. Sezione I - LA CONCILIAZIONE 105. La conciliazione come autonoma modalità di definizione del processo La conciliazione giudiziale presuppone un accordo, solitamente transaHvo, direKo a porre fine alla controversia. Però è raro che le par>, pur avendo raggiunto un tale accordo, lo formalizzino davan> al giudice per farlo inserire in un apposito verbale, sopraKuKo per conseguenze di ordine fiscale. 168 Alla conciliazione si ricorre solamente quando le par> abbiano un preciso interesse a munirsi di un 9tolo esecu9vo, giacché il verbale di conciliazione ha tale efficacia, oppure a rendere inoppugnabile l'accordo raggiunto sul piano sostanziale. Su richiesta congiunta delle par> o per inizia>va dello stesso giudice, solitamente all'inizio della traKazione, è esperibile il tenta9vo di conciliazione, che può essere rinnovato in qualunque momento dell'istruzione (art. 185), ma nel rispe@o del calendario del processo (*Riforma Cartabia ha aggiunto la precisazione “nel rispeAo del calendario del processo”). L'art. 88 disp. a@. prevede che la conciliazione possa intervenire, a >tolo provvisorio e precario, tra i procuratori delle par> che non siano sta> espressamente autorizza> a conciliare: il giudice ne prende aKo nel verbale di udienza e fissa un'udienza successiva, in cui potranno comparire le par> al fine di redigere il vero e proprio verbale di conciliazione. Il verbale di conciliazione cos>tuisce 'tolo esecu'vo e prevale l’idea che esso sia pienamente parificabile ad una sentenza di condanna. Sebbene la legge non lo precisi, è opinione diffusa che la redazione del verbale di conciliazione debba essere seguita da un provvedimento di cancellazione della causa dal ruolo, che serve a sancire il defini>vo esaurimento del giudizio e il conseguente venir meno della li>spendenza. Sezione II - L’ESTINZIONE DEL PROCESSO Il codice prevede che l'es>nzione possa aversi per rinuncia agli a/ del giudizio oppure per ina/vità delle par7 (si verifica quando le par> non hanno compiuto gli aH di impulso che consentono la prosecuzione del processo). In entrambi i casi il processo può egualmente concludersi con un provvedimento del giudice che però si limita a dare aKo dell’avvenuta es9nzione. 107. RINUNCIA AGLI ATTI DEL GIUDIZIO (art. 306) Rinuncia agli aJ: consiste nell’espressa dichiarazione di volontà, effeKuata personalmente dall’a@ore o a mezzo di procuratore speciale (perché esorbitano i poteri aKribui> al difensore con la procura ad litem), di voler porre fine al processo. Fino a quando la causa non perviene alla fase decisoria, l'a@ore può rinunciare agli aH del giudizio. Essa deve essere acce@ata da tu@e le par9 cos9tuite che abbiano interesse alla prosecuzione del giudizio. L'es>nzione non pone al riparo il convenuto dal rischio di dover affrontare un nuovo processo, laddove la stessa domanda sia successivamente riproposta. L'acce@azione è necessaria quando il convenuto abbia a sua volta proposto una domanda riconvenzionale. L'acceKazione non è richiesta da parte del contumace né da parte del convenuto che abbia già reso palese di non avere interesse ad una pronuncia di merito (ad es. eccependo un difeKo di competenza o giurisdizione). Le rela>ve dichiarazioni possono essere rese verbalmente all’udienza oppure essere inseri> in aH scriH (e soKoscriH) e no>fica> alle par>. Si differenzia dalla rinuncia all’azione perché non implica la disposizione del diriKo sostanziale soKostante, per cui la domanda può essere successivamente riproposta. La dichiarazione di acce@azione non può contenere, pena l'inefficacia, riserve o condizioni; lo stesso principio vale anche per la dichiarazione di rinuncia. L'art. 306 ult. comma prevede che il rinunciante sia tenuto a rimborsare le spese del processo alle altre par>, salvo il caso di diverso accordo; si deduce che l'efficacia della rinuncia possa essere subordinata all'acceKazione di una determinata proposta di ripar>zione delle spese. à Appurato che la rinuncia e l'acceKazione siano regolari, il giudice dichiara l'es9nzione e liquida le spese con ordinanza non impugnabile. 108. La rinuncia al diri@o, all'azione, o ad una di più domande Dalla rinuncia agli aH del giudizio si dis9nguono: Rinuncia al diri@o: nei limi> in cui sia consen>ta dall'ordinamento, è un aKo abdica>vo unilaterale che opera sul piano sostanziale, senza bisogno di acceKazione di soggeH diversi dal >tolare da cui promana, e può avere effeH meramente indireH sul processo (es. una pronuncia di cessazione della materia del contendere) Rinuncia all'azione: investe il diriKo d'azione impedendo che la domanda possa essere in futuro riproposta in un altro processo; non esige l'acceKazione delle altre par>. 171 114. FORMA DEL PROVVEDIMENTO E LA RELATIVA COMPETENZA Gli ar@. 307 ult. comma e 308 (Comunicazione e impugnabilità dell'ordinanza) si riferiscono alle sole cause aKribuite alla decisione del tribunale in composizione collegiale. È previsto che l'es>nzione possa essere pronunciata sia dal giudice istruAore, quando la rela>va eccezione sia stata sollevata dinanzi a lui, sia dal collegio, quando la ques>one sia sorta dopo che la causa gli è stata rimessa. La declaratoria di es9nzione proveniente dal giudice istruAore assume la forma dell'ordinanza (non revocabile), contro cui è ammesso - entro 10 giorni dalla pronuncia del provvedimento, se reso in udienza, o altrimen> dalla sua comunicazione - uno specifico mezzo d'impugnazione, il “reclamo al collegio”, disciplinato dall'art. 178 co 3°-5°. à All'esito di tale impugnazione il collegio, decidendo in camera di consiglio, pronuncia: - ordinanza non impugnabile se accoglie il reclamo, ritenendo che l'es>nzione non si è verificata e che il giudizio deve pertanto proseguire; - oppure una sentenza, impugnabile aKraverso le vie ordinarie, allorché rigeH il reclamo confermando l'es>nzione. Nelle cause che invece speKano alla decisione del giudice istruKore in funzione di giudice unico la pronuncia di es>nzione riveste la forma della sentenza, sia perché egli è qui inves>to di tuH i poteri del collegio, sia perché, traKandosi di un provvedimento defini>vo del processo, alle par> deve esser dato il diriKo di impugnarlo. Inoltre, si ri>ene che la forma del provvedimento che rigeH l’eccezione di es>nzione deve essere assunta con ordinanza. 115. EFFETTI DELL’ESTINZIONE: in par9colare, la sopravvivenza dell’azione L'art. 310 disciplina alcuni effeH dell'es>nzione del giudizio di primo grado, comuni tanto all’es>nzione per rinuncia agli aH quanta quella per inaHvità delle par>; con la sola eccezione rela>va alle spese, che nella seconda ipotesi restano defini>vamente a carico delle par> che le avevano an>cipate, mentre in caso di rinuncia agli aH sono a carico del rinunciante. Alcuni aspeH da considerare: - EffeJ sull’azione: l’es>nzione del processo non es>ngue l'azione à il che significa che essa non osta alla riproposizione della stessa domanda in un nuovo processo, né può direKamente pregiudicare il diriKo che era stato dedoKo nel giudizio es>nto; EffeJ nega9vi indireH che l’es>nzione potrebbe determinare in relazione alla: - Prescrizione: la domanda giudiziale produce un effeKo interruHvo-sospensivo della prescrizione, che riprende a decorrere, di regola, dal momento in cui passa in giudicato la sentenza defini>va del giudizio. Se però il processo non arriva alla sentenza defini'va e si es>ngue prima, l'effeKo sospensivo viene cancellato e sopravvive il solo effeKo interruHvo: il nuovo periodo di prescrizione prende a decorrere dalla data in cui quell'effeKo interruHvo si era verificato, cioè dal giorno stesso della domanda giudiziale. Non è quindi escluso che l'es>nzione del processo provochi, anche solo di riflesso, l'es>nzione del diriKo che vi era stato faKo valere; - Decadenza: invece non può essere interroKa né sospesa, ma solamente impedita mediante il compimento dell'aKo previsto dalla legge o dal contraKo. L'effeKo impedi>vo della decadenza, prodoKo dalla domanda giudiziale, opera, in linea di principio, solo all'interno del processo in cui la domanda stessa è proposta, restando caducato ogni volta il processo si concluda senza una decisione di merito. Fanno eccezione le ipotesi in cui per evitare la decadenza non sia indispensabile una domanda giudiziale, ma sia sufficiente un aKo stragiudiziale. 116. INEFFICACIA DEGLI ATTI DEL PROCESSO ESTINTO: in par9colare, l'ambito di efficacia delle sentenze Gli aH processuali sono normalmente privi di una propria autonoma funzione, diversa da quella lato sensu preparatoria del provvedimento finale, ossia della decisione della causa, cui sono strumentali. È logico che essi perdono ogni efficacia qualora la decisione non possa più intervenire per essersi il processo es>nto. L’art 310 c. 2 ribadisce tale principio ma soffre delle eccezioni. - In primo luogo, si ri>ene, pur in mancanza di una disposizione ad hoc, che esso non possa valere per i provvedimen> che, pur traendo origine ed occasione dal processo es>nto, abbiano una propria autonoma ragion d’essere. - In secondo luogo, vi sono norme specifiche che stabiliscono espressamente la sopravvivenza all’es>nzione di: a) provvedimen' sommari an'cipatori resi nel corso del processo ( in tal senso: provvedimen' temporanei ed urgen' nell’interesse della prole e dei coniugi, resi dal presidente del tribunale o dal giudice istruKore nel giudizio di separazione personale; provvedimen' an'cipatorii cautelari). 172 L'art. 310 co 2° prevede che conservino l'efficacia, pur dopo l'es>nzione: - le “sentenze di merito pronunciate nel corso del processo à sono provvedimen> des>na> a produrre effeJ di natura exaprocessuale. - le pronunce che regolano la competenza à il legislatore ha inteso riferirsi anzituKo alle ordinanze con cui la Cassazione, adita con istanza di regolamento di competenza. A tale decisione compete, pertanto, un’efficacia c.d. panprocessuale, nel senso che essa, risolvendo una volta per tuKe la ques>one di competenza, è idonea a vincolare anche il giudice del nuovo processo in cui dovesse essere eventualmente riproposta la medesima domanda. L’opinione prevalente applica tale disposizione anche alle sentenze sulla competenza rese dalla Corte suprema in sede di ricorso ordinario per cassazione, e riconosce altresì eguale efficacia alle decisioni pronunciate dalla stessa Corte su una ques>one di giurisdizione, in considerazione della circostanza che pure in questo caso la Corte, ai sensi dell’art 382, 1 co statuisce sulla giurisdizione. A tuAe le altre decisioni su ques>oni processuali compete, di regola, un’efficacia endoprocessuale: nel senso che esse, pur quando siano passate in giudicato formalmente, potranno sor>re effeH solamente all’interno del processo in cui sono state pronunciate, ma non vincoleranno, qualora il processo si es>ngua e la domanda venga riproposta, alcun altro giudice. 117. La sorte delle prove già raccolte L’art 310 co 3° stabilisce che l'efficacia delle prove raccolte nel processo es>nto, qualora la domanda venga successivamente riproposta, è valutata dal giudice a norma dell'art. 116 co 2° (meri argomen> di prova). Il termine raccolte allude alle sole prove cos>tuente, giacché quelle precos>tuite mantengono l'efficacia loro propria. Norma sembra declassare tuKe le prove, siano esse prove libere o legali, al rango di argomen> di prova; con la conseguenza che le prove esperite nel processo es>nto non sarebbero in nessun caso sufficien> a fondare il convincimento del giudice nuovamente dito sulla stessa domanda, potendo essere u>lizzate solo come elemen> sussidiari di valutazione delle nuove prove da lui direKamente assunte. TuKavia, tale declassamento non riguarda le prove legali, come la confessione. Capitolo XI - ORDINANZE ANTICIPATORIE DI CONDANNA 118. La categoria dei provvedimen9 sommari non cautelari an9cipatorii I provvedimen9 sommari non cautelari an9cipatorii, secondo la doKrina, mirano ad an>cipare gli effeH della sentenza di accoglimento della domanda in favore della parte che, nel corso del processo, risul> aver ragione sulla base degli elemen> probatori fino a quel momento acquisi>. Le faHspecie più significa>ve sono: - le ordinanze agli ar9 186-bis, 264 co 3°, 423 co 1° e 648 che presuppongono la parziale non contestazione del diriKo di credito ad una somma di denaro; - l'ordinanza all'art. 423 co 2°, fondata sulla convinzione del giudice che ritenga accertato il diriKo nell'an e già raggiunta la prova per una parte della somma richiesta; - l'ordinanza di ingiunzione ex art. 186-ter, fondata sull'esistenza di una prova scriKa del credito; - l'ordinanza di rilascio dell'immobile locato, all'art. 665; - l'ordinanza con cui il giudice, in caso di opposizione non fondata su prova scriKa o di pronta soluzione, può concedere l'esecuzione provvisoria del decreto ingiun>vo ai sensi art. 648; - l'ordinanza di condanna alla reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, nel caso in cui il giudice, in qualunque momento del giudizio di merito, ritenga irrilevan> o insufficien> gli elemen> di prova forni> dal datore di lavoro; - l'ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione, all'art. 186-quater. * Riforma Cartabia: ha aggiunto altre due ordinanze idonee a definire an>cipatamente il giudizio: l’ordinanza di accoglimento della domanda (art.183-ter); l’ordinanza di rige@o della domanda (art.183-quater). 119. ORDINANZA DI PAGAMENTO DELLE SOMME NON CONTESTATE (art 186 bis c.p.c.) 173 L'art. 186-bis prevede che il giudice istru@ore, su istanza di parte e fino al momento della precisazione delle conclusioni, possa disporre con ordinanza il pagamento di somme non contestate dalle par> cos>tuite. Tale ordinanza vale come 9tolo esecu9vo, è revocabile e modificabile sia dal giudice istruKore che dal collegio, conserva la propria efficacia anche in caso di es>nzione del processo. àÈ un provvedimento an>cipatorio avente natura sommaria non cautelare, u>lizzabile solamente quando, in relazione ad una domanda avente ad oggeKo il pagamento di una somma di denaro, il debitore si sia cos>tuito in giudizio e non abbia contestato una parte dell'avversa pretesa. I primi problemi che questo is>tuto pone all’interprete sono 2: 1) stabilire se oggeAo della non contestazione debbano intendersi faH specifici oppure la domanda nel suo complesso; 2) appurare se la non contestazione possa consistere in un comportamento omissivo, oppure esiga, al contrario, un posi>vo riconoscimento, quanto meno implicito, dell’esistenza del credito. Essendo il provvedimento del giudice esecu>vo e quindi idoneo ad arrecare un concreto ed immediato pregiudizio alla parte che lo subisce, e non essendo prevista alcune impugnazione, à la non contestazione deve fondarsi su un comportamento inequivoco dell'obbligato, sul quale il giudice non abbia alcun margine di apprezzamento: l'ordinanza è pronunciabile solo in presenza di un effeHvo riconoscimento della fondatezza della domanda, e qualunque contestazione, anche di ordine meramente processuale, è idonea ad escludere la condanna an>cipatoria. 120. L'efficacia e il regime di stabilità La peculiarità del provvedimento risiede nella sua provvisorietà: esso è liberamente revocabile e modificabile nel corso del processo, anche indipendentemente dal verificarsi di faH nuovi, ed è comunque des>nato ad essere assorbito dalla sentenza di merito, sia essa di accoglimento o di rigeKo. Fermo restando che l’ordinanza non è impugnabile, molto discusso è il regime della sua stabilità qualora successivamente alla sua pronuncia, il giudizio si es>ngua. Premesso ch’essa, a norma dell’art 186 bis, “cos>tuisce >tolo esecu>vo e conserva la sua efficacia in caso di es'nzione del processo”, la doKrina ha prospeKato 3 diverse soluzioni: 1) stando alla tesi prevalente, ciò che sopravvive all’es>nzione è solo l’efficacia esecu9va del provvedimento, che però, non essendo idoneo al giudicato, non fa stato circa la sussistenza del credito e dunque non può precludere al debitore una successiva azione avente ad oggeKo l’inesistenza di tale credito; eventualmente anche al fine di bloccare, tramite un’opposizione all’esecuzione, il processo esecu>vo promosso sulla base dell’ordinanza. 2) una parte della doKrina, al contrario, ri>ene che il provvedimento an>cipatorio, non essendo più revocabile né modificabile, diventa immutabile al pari di una sentenza passata in giudicato 3) una terza opinione, in un certo senso di compromesso, ri>ene che l’es>nzione del processo non possa aKribuire all’ordinanza un’efficacia analoga a quella del giudicato à ma intanto impedisca al debitore di opporsi all’esecuzione forzata del provvedimento, consentendogli solamente di agire per la ripe>zione dell’indebito. 121. ORDINANZA DI INGIUNZIONE DI PAGAMENTO O DI CONSEGNA (art 186-ter c.pc.) L'art. 186-ter c.p.c. prevede che “fino al momento della precisazione delle conclusioni, quando ricorrano i presuppos> di cui all'art. 633 1 co., n 1) e 2 co. e di cui all'art. 634, la parte può richiedere al giudice istruKore, in ogni stato e grado del processo, di pronunciare con ordinanza ingiunzione di pagamento o di consegna. A differenza del decreto ingiun>vo, che viene pronunciato inaudita altera parte, il provvedimento in esame viene chiesto dopo che il contraddiKorio fra le par> è già instaurato. Ogge@o: il provvedimento di ingiunzione di pagamento o di consegna è u>lizzabile a) per i credi> di una somma liquida di denaro o di una determinata quan>tà di cose fungibili; b) per il diriKo alla consegna di una cosa mobile determinata. Presuppos9: è necessario che del diriKo si fornisca una prova scriKa. In realtà, il conceKo di prova scriKa va qui inteso, a norma dell’art 634, in una estensione ben maggiore di quanto potrebbe dedursi dall’esame delle disposizioni del c.c. concernen> l’efficacia delle prove documentali, giacché è ben possibile che il giudice ponga a base dell’ingiunzione un documento che non varrebbe come vera e propria prova in un processo a cognizione piena. 176 126. Il possibile ogge@o L'ordinanza successiva alla chiusura dell'istruzione può esser pronunciata a fronte di una domanda di condanna al pagamento di somme ovvero alla consegna di beni mobili o al rilascio di beni immobili. È competente il giudice istru@ore, indipendentemente dal faKo che si traH di una causa che debba essere decisa dal collegio, ai sensi dell'art. 50-bis, o dallo stesso giudice istruKore. Problema: quando la domanda di condanna successiva alla chiusura dell'istruzione sia condizionata dall'accoglimento o dal rigeKo di una diversa domanda che non potrebbe essere oggeKo di analogo provvedimento an>cipatorio 1 tesi: à si esclude che sia applicabile l'art. 186-quater, poiché per un verso non è pensabile che il giudice, sovvertendo l'ordine logico delle domande cumulate, pronunci su quella dipendente (con ordinanza) prima di decidere (con sentenza) su quella pregiudiziale; e per altro verso non è possibile ammeKere che l'ordinanza decida, implicitamente o esplicitamente, sulla domanda latu sensu principale o pregiudiziale. Un orientamento più radicale l’ordinanza successiva alla chiusura dell’istruzione può u>lizzarsi solo quando, in presenza di un cumulo di cause, l'ordinanza sia potenzialmente idonea a definirle tu,e. In effeH la pronuncia dell’ordinanza per alcuna soltanto di più cause cumulate potrebbe essere fonte di notevoli complicazioni, certamente superiori ai vantaggi che essa può determinare; à ma la formulazione leKerale dell’art 186 quater non autorizza una soluzione cosi restriHva, ben potendosi immaginare che la pronuncia alle spese, analogamente a quanto è implicitamente previsto nell’art, debba riguardare esclusivamente la causa defini>va aKraverso il provvedimento an>cipatorio. 127. I presuppos9 Perché si arrivi alla pronuncia di tale ordinanza è necessario, oltre all'istanza della parte che aveva proposto la domanda di condanna, che sia stata esaurita l’istruzione. Questo implica: a) che il provvedimento non potrà aversi prima che il giudice istruAore abbia invitato le par' alla precisazione delle conclusioni; b) che esso non dovrebbe aver nessun aspeAo di sommarietà (poiché presuppone una causa già maturata per la decisione e si fonda su una cognizione assolutamente piena) Il comma 1 dell’ar9colo 186-quater, prevedendo che il pagamento alla consegna possono disporsi “nei limi' per cui il giudice ri'ene già raggiunta la prova” deve essere inteso nel senso che l'istruzione sia esaurita solo rispeKo a taluna di più domande cumulate. L’ordinanza successiva alla chiusura dell’istruzione non può chiedersi dopo la rimessione della causa al collegio o dopo che la stessa, al termine dell'udienza di precisazione delle conclusioni, sia passata nella fase decisoria, sia perché in tale fase non c'è spazio per ulteriori aHvità delle par>, sia perché questo non consen>rebbe all'altra parte alcun contraddiKorio. Un punto delicato riguarda l’esistenza di un vero e proprio obbligo per il giudice istruKore di provvedere sull’istanza, e dunque di pronunciare l’ordinanza ogni qualvolta ne sussistessero i presuppos>. à ciò che induce a preferire la soluzione nega9va (e ad affermare dunque la piena facolta>vità del provvedimento) è la circostanza che si traKa, in questo caso, non di stabilire se il giudice sia o no tenuto a decidere la controversia, bensì di vincolarlo, eventualmente, ad adoAare un determinato iter per la decisione. 128. L'efficacia e il regime di stabilità In base all'art. 186-quater 2° comma, l'ordinanza in esame cos>tuisce >tolo esecu>vo ed è revocabile solo con la sentenza che definisce il giudizio. Il che rappresenta una deroga rispeKo al consueto regime di libera revocabilità e modificabilità applicabile anche ai provvedimen> contempla> dagli ar>coli 186-bis e 186-te. Successivamente alla pronuncia è possibile che l'ordinanza acquis> automa>camente “l'efficacia della sentenza impugnabile sull'ogge@o dell'istanza”: cioè essa viene integralmente assimilata, anche per quel che concerne l'idoneità al giudicato, ad una sentenza di accoglimento della domanda, e può quindi essere appellata, nei consue> termini, sia dall'in>mato sia dallo stesso aKore, la cui domanda sia stata in parte disaKesa. à Al 3 e 4 comma si prevedono 2 ipotesi in cui l’ordinanza acquista l’efficacia di sentenza impugnabile sull’ogge,o dell’istanza: 3 comma: prevede che questa par>colare efficacia sia acquistata qualora dopo la sua pronuncia si es>ngua il processo; 177 4 comma: prevede che acquis> quest’efficacia quando la parte in>mata, dopo la sua pronuncia, non dichiari la volontà che sia pronunciata sentenza (non deve farlo entro 30 giorni). à DoKrina e giurisprudenza sono equamente divise circa la possibilità che la trasformazione dell’ordinanza in sentenza trovi applicazione anche quando il provvedimento abbia integralmente rigeKato la domanda di condanna; soluzione che ovviamente presupporrebbe il potere-dovere del giudice di liquidare le spese anche in questo caso. Capitolo XII - VICENDE PARTICOLARI DEL PROCESSO Sezione I - IL PROCESSO CONTUMACIALE Processo contumaciale: processo che si svolge nella contumacia di una delle par> à Contumacia: consiste nella mancata cos>tuzione in giudizio di una parte portata alle sue estreme conseguenze in quanto non è effeKuata neppure tardivamente, come consen>to dall’ar>colo 171. Questa scelta non può pregiudicare il corso del giudizio che prosegue ugualmente. La contumacia, determinando una mancata partecipazione all’udienza ex ar>colo 183, consiste in un comportamento valutabile ai sensi dell’ar>colo 116 comma 2 . Dalla contumacia si dis>ngue l’assenza, comportamento di non partecipazione al giudizio di una parte cos>tuita. La mancata presenza di tuKe le par> comporta la cancellazione della causa dal ruolo ai sensi dell’ar>colo 181 comma 1 e 309. à La contumacia di una delle par> non vale a rendere non contesta> i faH allega> dall'altra parte né altera la ripar>zione degli oneri probatori dell'art. 2697 c.c. In par>colare, la contumacia del convenuto non esclude che l'aKore, per oKenere l'accoglimento della propria domanda, debba fornire la prova di tuH i faH cos>tu>vi del diriKo dedoKo in giudizio. CONTUMACIA DELL’ATTORE (ar9colo 290 c.p.c.) La contumacia dell’a@ore è rara e dovuta per lo più a circostanze che altrimen> determinerebbero la cessazione della materia del contendere, quali il versamento della somma non contestata ecc. La rarità sta anche nel faKo che non sempre il convenuto ha interesse ad iniziare un procedimento, pertanto, in caso di mancata iscrizione a ruolo da parte dell’aKore eviterà la propria cos>tuzione. CONTUMACIA DEL CONVENUTO (ar9colo 291 c.p.c.) Se è il convenuto, invece, a non cos>tuirsi in giudizio, la dichiarazione di contumacia presuppone la previa verifica della regolarità dell'a@o introduJvo del giudizio e della sua no9ficazione. A norma dell'art. 291 c.p.c., ove il giudice rilevi un vizio che comporta la nullità della no>ficazione della citazione, fissa un termine perentorio affinché l'aKore possa rinnovarla, impedendo così ogni decadenza. àA quel punto se il convenuto non si cos'tuisce neppure alla nuova udienza, il giudice dichiara la sua contumacia, provvedendo secondo le disposizioni dell'art. 171, ult. comma c.p.c., ovvero dichiarandone la contumacia. Laddove, invece, l'ordine di rinnovazione della citazione non sia eseguito da parte dell'aAore, il giudice ordina la cancellazione della causa dal ruolo e il processo si es9ngue (art. 307. 3°comma, c.p.c.). L’efficacia della dichiarazione di contumacia è circoscriKa alla sola fase nella quale è pronunciata Le uniche par9colarità riguardano le no9ficazioni e le comunicazioni nel corso del procedimento. Di regola, non è necessario che gli aH del processo vengano porta> a conoscenza del contumace tramite no>ficazione o comunicazione. Per quel che concerne le comparse, la loro comunicazione alla parte non cos>tuita è meramente virtuale, giacché si realizza aKraverso il deposito in cancelleria e l’apposizione del visto del cancelliere sull’originale (sarà cura dell’interessato ri>rarne copia). Fanno eccezione alcuni specifici aH per i quali è prevista la no9ficazione personale, entro un termine fissato dal giudice: a) l’ordinanza ammissiva dell'interrogatorio formale; b) l'ordinanza che ammeKa il giuramento, decisorio o suppletorio; à Nei primi due casi la ragione è evidente: tenuto conto delle conseguenze nega>ve che deriverebbero al contumace dalla mancata presenza all’udienza fissata, non è pensabile che possa essere sufficiente la mera conoscibilità ipote>ca del provvedimento da parte dell’interessato. 178 c) le comparse contenen> domande nuove o riconvenzionali, da chiunque proposte; à La ragione sta nel principio del contradditorio che esige che il contumace sia messo in grado di conoscere effeHvamente le nuove domande proposte contro di lui. d) il verbale in cui si dia aKo della produzione di una scriKura privata non indicata in altri aH già in precedenza no>fica> al contumace. à Questa ipotesi è fruKo di una pronuncia addi>va della Corte Cos>tuzionale, la quale ha ritenuto ingius>ficabile, in ragione dell’art 24 cost, la circostanza che la scriKura privata prodoKa contro il contumace si avesse per riconosciuta senza ch’egli potesse avere no>zia della sua produzione in giudizio Infine, anche per le sentenze è prescriKa la no>fica personale alla parte contumace, ma l'omissione della no>fica avrà come unico effeKo l'impossibilità di applicare il termine breve per l'impugnazione, che resterà conseguentemente esperibile entro 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza. 130. La cos9tuzione tardiva del contumace e l'eventuale sua rimessione in termini Ai sensi dell’ar9colo 293 c.p.c. la parte già dichiarata contumace può decidere di cos9tuirsi, seppur tardivamente, in qualunque momento nel corso del processo, con modalità analoghe a quelle previste per la cos>tuzione in termini: depositando in cancelleria la comparsa di risposta, la procura e i documen> offer> in comunicazione, oppure presentando tuKo direKamente all'udienza. L'ex contumace deve acceAare il giudizio nello stato in cui si trova, a meno che non sussistano elemen> tale da far reputare involontaria e scusabile l'iniziale contumacia. L'art. 294 c.p.c. Rimessione in termini prevede che il contumace possa “essere ammesso a compiere aHvità che gli sarebbero precluse”, oppure a svolgere, senza il consenso delle altre par>, aHvità difensive che ritarderebbero la definizione della causa già matura per la decisione rispeKo alle altre par>, solo quando dimostri che “la nullità della citazione o della sua no>ficazione gli ha impedito di avere conoscenza del processo o che la cos>tuzione tempes>va è stata impedita da causa a lui non imputabile”. à Ai fini della rimessione in termini, non basta addurre l'esistenza di un vizio all'aKo introduHvo o della sua no>fica, ma è necessario provare che da tale vizio è derivata l'impossibilità di avere effe/va conoscenza del processo. Quando ne sussistano i presuppos>, la rimessione in termini è concessa dal giudice con ordinanza, previa ammissione, quando occorra, della prova dell'impedimento da cui è dipesa la mancata cos>tuzione. È sempre assicurata al contumace, senza bisogno di essere rimesso in termini, la possibilità di disconoscere, nella prima udienza o nel termine assegnatogli dal giudice istruKore, le scriKure private che erano state anteriormente prodoKe contro di lui. Il contumace, una volta cos>tuitosi, ha l'onere di contestare specificamente i faH allega> dall'avversario, per evitare che ques> si abbiano per prova>, ai sensi dell'art. 115 co 1°. Sezione II - LA SOSPENSIONE DEL PROCESSO SOSPENSIONE: la sospensione è un evento anomalo che determina un arresto temporaneo del processo, facendolo entrare in una fase di quiescenza, durante la quale non può compiersi alcun aKo del procedimento (art. 298 Effe/ della sospensione), e da cui può uscirsi una volta che sia venuta meno la ragione che aveva determinato la sospensione, aKraverso un nuovo a@o di impulso ad opera della parte interessata. Il c.p.c. dedica all’is>tuto gli ar9coli 295 - 298 in cui disciplina 2 sole faHspecie: 1) la sospensione necessaria (ar>colo 295) e 2) quella su istanza di parte (ar>colo 296, max 3 mesi); ma le ipotesi di sospensione sono più numerose ed eterogenea, sia quanto ai presuppos> e alla ra'o, sia con riguardo al modo in cui operano, sia in relazione alla durata. - Dal punto di vista della FONTE è possibile dis>nguere a seconda che la sospensione derivi: § direKamente dalla legge ed operi ipso iure; § oppure discenda da un provvedimento del giudice (può essere discrezionale, in quanto rimesso a valutazioni di opportunità, oppure obbligatorio, allorché sia subordinato esclusivamente alla verifica dei presuppos> indica> dal legislatore). - Dal punto di vista della RATIO, si possono dis>nguere più faHspecie di sospensione: A) Un primo gruppo di ipotesi di sospensione obbligatoria si può spiegare con la circostanza che è stata in vario modo contesta la potestas iudicandi del giudice adito, ossia la possibilità che si occupi della controversia a lui soKoposta (es. perché è in discussione la sua competenza o giurisdizione, oppure perché è stato addiriKura ricusato) ed il legislatore vuole evitare che il giudice medesimo possa 181 à La doKrina prevalente ri>ene che debba oggi considerarsi un principio generale quello dell'autonomia del processo civile e amministra9vo rispe@o al processo penale. Deve escludersi che la sospensione del processo civile possa oggi trovar causa nella contemporanea pendenza di un processo penale, al di fuori delle ipotesi in cui essa è espressamente prevista. 135. PROVVEDIMENTO DI SOSPENSIONE: la sua durata e la ripresa del processo “I soli provvedimen' che dichiarano la sospensione del processo ai sensi dell'art. 295”, sono immediatamente e autonomamente impugnabili in Cassazione, aKraverso il regolamento necessario di competenza (art. 42). Tale impugnazione può u>lizzarsi ogniqualvolta il giudice, indipendentemente dalla disposizione norma>va richiamata, abbia di faKo sospeso il processo al di fuori delle ipotesi tassa>ve in cui gli è consen>to. EffeJ: la sospensione produce sempre il divieto di compiere a/ del procedimento e la interruzione di tuH i termini processuali in corso, i quali riprendono a decorrere ab ini'o dal momento in cui il processo viene riaHvato (art. 298). Con la sospensione il processo entra in una fase di quiescenza dalla quale può uscire, una volta che sia cessata la causa che l'aveva determinata, solamente aKraverso un ulteriore aKo d'impulso, la riassunzione, proveniente da una qualunque delle par>; a meno che il giudice, traKandosi di una sospensione per un tempo fin dal principio determinabile, non abbia fissato già col provvedimento di sospensione l'udienza di prosecuzione del giudizio. L'art. 297 prevede che ciascuna delle par>, entro il termine perentorio di 3 mesi dal passaggio in giudicato della sentenza che ha definito la causa pregiudiziale, possa chiedere con ricorso al giudice istruKore la fissazione di una nuova udienza, provvedendo a no>ficare alle altre par> il ricorso stesso, insieme al conseguente decreto del giudice, entro il termine che il giudice stesso avrà stabilito. Tale disciplina deve ritenersi applicabile, in assenza di disposizioni ad hoc, a tuKe le ipotesi di riassunzione conseguente a sospensione Durata: è opportuno soffermarsi sul controverso rapporto tra la sospensione ex art 295 e la sospensione ex art 337 2 comma, per cui quando l’autorità di una sentenza è invocata in un diverso processo, questo può essere sospeso se tale sentenza è impugnata. Si traIa di spiegare se possano coesistere una sospensione obbligatoria (art 295), che sembra dover durare fino a quando si formi il giudicato sulla causa pregiudiziale, e una sospensione meramente discrezionale la quale lascia invece intendere che, se nella causa pregiudiziale è già intervenuta una sentenza, il giudizio sulla causa dipendente può non essere sospeso e dunque proseguire. Soluzione della giurisprudenza: Dopo che sia intervenuta una sentenza nella causa pregiudiziale, ciascuna delle par; della causa dipendente, il cui processo era stato sospeso ex art 295, avrebbe la facoltà di riassumere quest’ul;mo immediatamente, qualora non preferisca aIendere il passaggio in giudicato della sentenza stessa o comunque il formarsi del giudicato sul rapporto pregiudiziale. Appare peraltro preferibile l’opinione secondo cui la sospensione consen;ta dall’art 337.2 non può mai interferire con quella imposta dall’art 295, poiché mentre quest’ul;ma si protrae fino alla formazione del giudicato sul rapporto pregiudiziale, la prima presuppone che la sentenza intervenuta sul rapporto pregiudiziale- la cui autorità è invocata nel processo sul rapporto dipendente- sia già passata in giudicato e sia stata impugnata, dunque, con una impugnazione straordinaria. Sezione III - L’INTERRUZIONE DEL PROCESSSO INTERRUZIONE: è un arresto temporaneo del processo determinato dalla necessità di assicurare l’effeHvità del contraddiKorio, a seguito di even> che abbiano menomato la partecipazione al processo delle par> o dei loro rappresentan> legali o dei loro procuratori in giudizio. Il processo riprende quando il contraddiKorio viene ripris>nato aKraverso un nuovo aKo d'impulso. A differenza della sospensione, che dipende da even> che investono la funzione decisorio del giudice, l’interruzione si ricollega ad una modificazione della situazione delle par7 processuali. InfaH, scopo dell’is>tuto è quello di tutelare la parte in difficoltà offrendo uno strumento di conservazione dell’integrità del contraddi@orio. Si è perciò coerentemente esclusa l’applicazione di tale is>tuto in tuH i casi in cui il contraddiKorio manca o prevale l’impulso d’ufficio. Le ipotesi di interruzione previste dal codice sono tassa9ve. 182 Gli even9 da cui può derivare l'interruzione possono riguardare, a seconda dei casi, la parte, il suo legale rappresentate o il difensore con procura (ar@. 299 e 301): - la morte della parte, o la mera scomparsa del convenuto, che emerga nel corso del processo; - ogni ipotesi di es>nzione di soggeH diversi dalla persona fisica; - la perdita di capacità di stare in giudizio di una delle par> (derivante ad es. da interdizione o inabilitazione ovvero da dichiarazione di fallimento); - la morte o perdita della capacità processuale del rappresentante legale dell’incapace; - la cessazione della rappresentanza legale; - la morte, la radiazione o la sospensione del procuratore; non determinano interruzione, invece, la revoca della procura, proveniente dalla parte, né la rinuncia ad essa da parte del procuratore stesso. 137. Le condizioni per il verificarsi dell’interruzione Gli even> indica> non determinano sempre e comunque l’interruzione del processo, dovendosi a tal proposito dis>nguere varie situazioni. A) Se l'evento riguardante la parte o il suo rappresentante legale si verifica dopo l'inizio del processo, ma prima della cos'tuzione della parte stessa e comunque anteriormente all'udienza di prima comparizione, si produce l'interruzione automa>ca del processo (indipendentemente dalla circostanza che il giudice l'abbia o no dichiarata), a meno che coloro ai quali speKa di proseguirlo, cioè che subentrano alla parte originaria (es. gli eredi), non si cos>tuiscano volontariamente entro la prima udienza, o l'altra parte non provveda a citarli in riassunzione osservando i termini minimi di comparizione dell'art. 163-bis. B) Quando uno degli even> indica> sub A) (diverso dalla dichiarazione di fallimento) colpisce una parte già cos9tuita a mezzo di procuratore, il legislatore fa dipendere l'interruzione del processo dalla volontà del procuratore. Se il procuratore dichiara l'evento interruHvo in udienza o lo no>fica alle altre par>, il processo resta interroKo dal momento della dichiarazione o della no>ficazione, altrimen> il giudizio prosegue regolarmente, come se nulla fosse accaduto. C) Quando uno degli even> indica> colpisce una parte già cos9tuita personalmente, si torna alla regola per cui l'interruzione opera ipso iure, dal giorno stesso dell'evento (art. 300 co 3° Morte o perdita della capacità della parte cos'tuita o del contumace). D) Quando uno dei faH indica>, ad eccezione della dichiarazione di fallimento, si verifica in danno di una parte contumace, l'interruzione si produce solamente se e quando l'evento viene no>ficato alle altre par> da chi deve subentrare al contumace, ovvero è documentato dall'altra parte, oppure, quando dovendosi no>ficare personalmente al contumace uno degli aH di cui all'art. 292, l'ufficiale giudiziario lo cer>fica nella relazione di no>ficazione. Quando non si verifichino tali condizioni il processo va avan> regolarmente. E) Gli even> riguardan> il difensore con procura determinano sempre l'interruzione automa>ca, dal giorno stesso in cui si verificano (art. 301 Morte o impedimento del procuratore). Perché l'interruzione si produca, tali even> devono avverarsi o essere no>fica> entro la chiusura della discussione davan> al collegio, e, qualora non sia stata chiesta la discussione orale, entro il termine per il deposito delle memorie di replica. In caso contrario l'interruzione potrebbe tornare ad operare solo nell'ipotesi di riapertura dell'istruzione. 138. Gli effeJ dell'interruzione e la ripresa del processo, EFFETTI: dell'interruzione sono, a norma dell'art. 304, i medesimi in caso di sospensione del processo: - il divieto di compiere aJ del processo, pena la nullità degli aH stessi; - l'interruzione dei termini processuali in corso, che riprendono a decorrere dal giorno della nuova udienza fissata in seguito alla ripresa del processo. Tali effeH si producono anche quando le par> dovessero essere all'oscuro dell'interruzione. RIPRESA: la pausa determinata dall'interruzione è sempre temporanea. La ripresa del processo può avvenire: - tramite la prosecuzione dello stesso, da parte di coloro cui speH di subentrarvi in luogo della parte colpita dall'interruzione à può avvenire, a norma dell'art. 302, aKraverso la cos>tuzione in cancelleria o direKamente all'udienza, quando l'interruzione non sia stata ancora dichiarata o rilevata dal giudice. In caso contrario, la parte deve proporre ricorso al giudice istruKore o al presidente del tribunale, provvedendo successivamente a no>ficare il ricorso stesso, insieme al decreto di fissazione dell'udienza, alle altre par>; 183 - oppure tramite riassunzione, ad opera di una delle altre par> à si aKua aKraverso la richiesta di fissazione dell'udienza e a successiva no>fica del ricorso e del decreto a coloro che devono proseguire in luogo della parte originaria, nonché alle altre par>. à Il ricorso per riassunzione deve contenere il “mero richiamo all'aKo introduHvo”. Se però l'interruzione è dipesa da morte della parte, dovrà contenere anche “gli estremi della domanda”. È previsto che la no>fica del ricorso e del decreto, entro 1 anno dalla morte, potrà esser faKa colleHvamente e impersonalmente agli eredi nell'ul>mo domicilio del defunto (art. 303). à La ripresa del processo deve avvenire entro il termine perentorio di 3 mesi dall'interruzione (art. 305), ossia dal momento in cui l'interruzione ha prodoKo i propri effeH, pena l'es>nzione a norma dell'art. 307 co 3°. In seguito ad un duplice intervento della Corte cos>tuzionale, l'art. 305 va inteso nel senso che, quando l'interruzione si produce automa>camente, il termine per la prosecuzione o la riassunzione decorre non dal momento dell'interruzione stessa, ma dal giorno in cui le par' ne abbiano avuto conoscenza, intesa come conoscenza legale, risultante da una dichiarazione della parte stessa o da una comunicazione o no>ficazione ad essa direKa. Capitolo XIII - PROCESSO DAVANTI AL GIUDICE DI PACE Il processo dinanzi al giudice di pace è disciplinato dal Titolo II del Libro II del c.p.c., che prima si occupava del procedimento davan> al pretore e il conciliatore. Il c.p.c. all’ar9colo 311 mostra di considerare il processo davan> al giudice di pace una variante del processo ordinario, in quanto, per tuAo ciò che non è disciplinato negli art. 312 ss o in altre espresse disposizioni, è reKo dalle norme rela>ve al procedimento davan> al tribunale in composizione monocra>ca, in quanto applicabili. L’intenzione del legislatore del 90 è stata quella di differenziare neKamente rito innanzi al giudice di pace da quello pretorile, costruendolo come processo dalle forme semplificate e tendenzialmente di più semplice e rapida definizione. La Riforma Cartabia ha riscriKo le norme che disciplinano il procedimento davan> al giudice di pace. 140. INTRODUZIONE DELLA CAUSA E COSTITUZIONE DELLE PARTI INTRODUZIONE DELLA CAUSA Art. 316 c.p.c. (Forma della domanda) PRIMA: La domanda deve proporsi con citazione a comparire ad udienza fissa, che può essere formulata anche verbalmente; nel qual caso lo stesso giudice di pace ne fa redigere processo verbale, che deve essere poi no>ficato al convenuto a cura dell'aKore, con citazione a comparire ad udienza fissa DOPO LA RIFORMA CARTABIA 131: “1. Davan> al giudice di pace la domanda si propone nelle forme del procedimento semplificato di cognizione, in quanto compa>bili” à dunque con ricorso soKoscriKo a norma dell’art.125 e non più mediante citazione a comparire a udienza fissa. “2. La domanda si può anche proporre verbalmente. Di essa il giudice di pace fa redigere processo verbale che, a cura dell'aKore, è no>ficato unitamente al decreto di cui all'art.318”. Art. 317 c.p.c. (Rappresentanza davan' al giudice di pace) PRIMA: Le par9 possono farsi rappresentare davan> al giudice di pace da persona munita di mandato scriKo in calce alla citazione o in aKo separato (mandato che implica sempre il potere di transigere e di conciliare la controversia), salvo che il giudice ordini la comparizione personale. Tale rappresentanza non è tecnica, non è l'obbligo di avvalersi del ministero o dell'assistenza di un avvocato, ma riguarda la rappresentanza processuale volontaria, e cos>tuisce una deroga al principio secondo cui tale 131 Con la Riforma Cartabia è stata introdoIa la regola generale è che la domanda si proponga nella forma del procedimento semolificatod cognizione, ed è stato apportato anche un adaIamento alle modalita di presentazione della domanda in forma verbale, così da rendera compa;bile con il ricorso che ha sos;tuito l'aIo di citazione con comparizione a udienza fissa 186 nella prassi ha avuto scarsissimo applicazione per la radicata tendenza a privilegiare il tenta>vo di conciliazione giudiziale. Capitolo XIV - GIUDICATO E AUTORITÀ DELLE SENTENZE Ar9colo 2909 c.c. Cosa Giudicata “L'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato [324 c.p.c.] fa stato a ogni effeAo tra le par', i loro eredi o aven' causa [1306].” Dal punto di vista lessicale il termine giudicato parrebbe indicare il risultato del giudicare. Gli ordinamen> moderni non consentono un sistema in cui contro la pronuncia del giudice non sia dato alcun rimedio; infaH, essi predispongono un complesso ar>colato di rimedi – impugnazioni - nei confron> di tuH i provvedimen> giurisdizionali più incisivi. Un apparato organico di impugnazioni è previsto nei confron> delle sole sentenze, ossia dei provvedimen> del contenuto >picamente decisorio. GIUDICATO FORMALE: desumibile dall'art. 324 c.p.c. Cosa giudicata formale, serve a stabilire quando una sentenza si intende passata in giudicato e fa genericamente riferimento a tuKe le sentenze che non siano più soggeKe, per scadenza dei rela>vi termini o per qualunque altra ragione, alle impugnazioni ordinarie. Serve quindi ad indicare il grado di stabilità della decisione, impropriamente descriKa come immutabilità. GIUDICATO SOSTANZIALE: all'art. 2909 c.c., è invece l'idoneità della sentenza a fare stato, per l'accertamento in essa contenuto, nei rappor> sostanziali tra le par>, i loro eredi o aven> causa. Deve traKarsi di una pronuncia contenente un accertamento, e quindi di una sentenza che abbia deciso sulla fondatezza della domanda. Quindi il giudicato sostanziale riguarda esclusivamente le sentenze di merito in senso streKo. Il passaggio in giudicato condiziona, in linea di principio, il prodursi di tu/ gli effe/ della sentenza. Giudicato interno: la sentenza da cui esso deriva è stata pronunciata nello stesso processo in cui il giudicato viene invocato Giudicato esterno: la sentenza da cui esso deriva è stata pronunciata in un diverso giudizio tra le stesse par>. 145. L'autorità del giudicato: in cosa consiste Si è soli> affermare che il giudicato copre il dedoAo e il deducibile. (ci riferiamo al giudicato sostanziale, art 2909 c.c.) La sentenza passata in giudicato rende incontestabile l'esistenza o l'inesistenza del diriKo o dello status oggeKo della decisione, impedendo che di essa possa tornare a discutersi, in un successivo processo, sulla base di fa/ che erano già sta' dedo/ nel giudizio in cui è stata resa la sentenza, oppure che avrebbero potuto esservi fa/ valere. à Il risultato del processo, assis>to dall'autorità della cosa giudicata, non può mai essere vanificato in un nuovo processo, direKamente o indireKamente, dall'allegazione di un faKo che, preesistendo alla formazione del giudicato, avrebbe potuto essere u>lmente dedoKo nel primo processo. Di regola, salvo diversa previsione di legge, la “barriera” del giudicato resiste anche allo ius superveniens, nonché alla pronuncia di illegiHmità cos>tuzionale, che incida, eventualmente, su taluna delle norme sostanziali poste a base della decisione (es. perché, traKandosi di un credito, il debitore ha pagato dopo la pronuncia della sentenza). L’autorità del giudicato ha una limitazione temporale: non potendosi escludere la possibilità che il diriKo negato dalla sentenza venga in vita successivamente ad essa, oppure viceversa che quello riconosciuto esistente si modifichi o si es>ngue per un faKo posteriore alla formazione del giudicato. Inoltre, in un nuovo processo sono liberamente deducibili, senza trovare ostacolo nel giudicato, tuH i faJ nuovi (cos>tu>vi, impedi>vi, modifica>vi o es>n>vi) intervenu> in un momento in cui, sebbene non fosse stata ancora pronunciata la sentenza (poi passata in giudicato), i faH stessi non avrebbero più potuto essere tempes>vamente introdoH nel processo. 146. Come opera. L'eccezione di cosa giudicata Sebbene l’ar>colo 2909 riferisca il vincolo direKamente alle par>, esso ha come ulteriore des>natario ogni giudice dinanzi al quale venga successivamente in rilievo l’esistenza o l’inesistenza del diriKo o status inves>to dalla sentenza. Il giudicato produrrebbe, a seconda dei casi: un effe,o nega7vo (o preclusivo), impedendo al giudice di tornare a decidere sullo stesso diriKo di cui è già stata accertata l'esistenza o l'inesistenza (in applicazione del principio ne bis in idem), oppure un effe,o posi7vo, di natura sostanziale, facendo solo obbligo al giudice di conformare la propria pronuncia all'accertamento contenuto nella sentenza passata in 187 giudicato, la quale cos>tuisce la nuova disciplina specifica del rapporto oggeKo della decisione e opera come opererebbe una qualunque norma di legge incidente su tale rapporto. à Poiché la Cassazione fa leva sul principio per cui le eccezioni sono normalmente rilevabili d’ufficio, oggi si ammeKe che la violazione del giudicato, la cui esistenza risul> dagli aH acquisi> al processo, cos>tuisca un vizio della decisione, deducibile in ogni stato e grado della causa. 147. LIMITI OGGETTIVI: l'autorità del giudicato, di regola, è circoscri@a all'ogge@o del processo e non si estende ai rappor9 giuridici pregiudiziali, di cui il giudice conosce incidenter tantum Potendo l'accertamento giudiziale vertere esclusivamente su diri/ o status, mai su meri faH o sull'interpretazione di norme giuridiche, anche l'autorità del giudicato può riguardare solo l'esistenza, l'inesistenza o il modo di essere di un diriAo o di uno status, non anche faH oppure il significato e la portata di una norma di diriKo. L'art. 34 c.p.c. Accertamen7 incidentali sos>ene che la decisione con efficacia di giudicato presuppone un'espressa domanda di taluna delle par> e non si estende alle ques>oni pregiudiziali che il giudice abbia dovuto eventualmente risolvere, esplicitamente o implicitamente, al solo fine di poter decidere sulla domanda (ossia, incidenter tantum). Ques> principi corrispondono all’esigenza che le par> siano realmente consapevoli dell’effeHva estensione dell’oggeKo del contendere (o del bene vita e degli interessi in gioco) affinché siano in grado di valutare appieno i possibili esi> e le conseguenze del giudizio. 148. Le tesi che amme@ono un'estensione del giudicato al rapporto pregiudiziale, allorché si traJ di pregiudizialità meramente logica Pregiudizialità-dipendenza in senso tecnico: presuppone rappor> giuridici diversi ed è caraKerizzata dalla circostanza che l'esistenza o l'inesistenza di un diriKo o di uno status dipende, sul piano sostanziale, dall'esistenza o dall'inesistenza di un altro dis>nto rapporto giuridico; Pregiudizialità-dipendenza meramente logica: aHene invece alle ipotesi in cui non si traKa propriamente di rappor> diversi, ma delle relazioni tra un singolo diriKo ed il rapporto giuridico complesso dal quale esso trae origine. - La doArina prevalente ri>ene che il principio desumibile dall'art. 34 debba trovare applicazione in entrambe le situazioni e che, pertanto, il giudicato investa, in linea di principio, esclusivamente il singolo diri@o dedo@o in giudizio con la domanda; senza estendersi, in caso di pregiudizialità logica, al rapporto soKostante. - Alcuni autori, invece, circoscrivono l'art. 34 alla sola pregiudizialità tecnica e ne deducono che, nelle ipotesi di pregiudizialità logica, il giudicato copre anche tuKe le ques>oni concernen> l'esistenza, la validità e il modo stesso di essere del rapporto fondamentale, alla duplice condizione che: 1) tali ques>oni siano state effeHvamente discusse nel giudizio in cui si è formato il giudicato; 2) la soluzione delle ques>oni stesse abbia concretamente cos>tuito un elemento portante della decisione, ossia possa considerarsi in rapporto di causa- effeKo rispeKo a questa. 149. Il c.d. frazionamento della domanda Un punto sul quale si discute molto negli ul;mi anni riguarda la possibilità di frazionare in più processi una domanda, solitamente di condanna, rela;va ad un diriBo di credito che appaia essenzialmente unitario: es. il lavoratore chiede in un primo giudizio il pagamento di alcune delle mensilità della retribuzione già scadute, per poi agire separatamente per le altre, oppure il danneggiato promuove una pluralità di processi, chiedendo in ciascuno di essi il risarcimento di diverse voci del danno subito. Se lo si considera esclusivamente dal punto di vista dei limi? del giudicato, l'orientamento prevalente è nel senso che il suddeIo frazionamento non sia precluso. L’aIore nel proporre la domanda ben potrebbe esplicitare la propria volontà di circoscrivere l’oggeIo del giudizio ad una parte soltanto del credito, riservandosi la possibilità di agire successivamente per la parte residua; alla sola condizione che risul;no oggeDvamente individua; e dis;n;, soIo il profilo delle rispeDve causae petendi, Il diriIo dedoIo in giudizio e quello cui si riferisce la riserva di azione successiva. Il legislatore è intervenuto con una disposizione ad hoc, che prevede l'obbligatoria riunificazione delle più domande che frazionino un credito rela;vo al medesimo rapporto, comprensivo delle somme eventualmente dovute per interessi, competenze e onorari e ogni altro accessorio. 188 150. LIMITI SOGGETTIVI: l'efficacia dire@a della sentenza L'art. 2909 c.c., secondo cui la cosa giudicata fa stato a ogni effeKo tra le par>, i loro eredi o aven> causa, non fornisce elemen> univoci quanto ai soggeH che subiscono l'autorità della sentenza. Discorrendo di par> non chiarisce se tale conceKo viene adoperato in senso sostanziale, con riferimento ai soggeH >tolari del rapporto oggeKo della decisione, oppure in senso processuale, alludendo esclusivamente a coloro i quali abbiano partecipato al giudizio. Efficacia dire@a della sentenza: riguarda il diriKo o status oggeKo immediato della decisione Efficacia riflessa: invece investe tuH i diversi rappor> giuridici latu sensu dipenden> dal primo, sia quando riguardino le medesime par>, sia quando facciano capo a soggeH in tuKo o in parte differen>. à Riguardo l’efficacia direKa, doKrina e giurisprudenza escludono che essa possa prodursi in danno di chi ha assunto formalmente la qualità di parte nel processo. Il problema potrebbe porsi in 1 ipotesi: 1) allorché fosse stato dedoKo in giudizio un rapporto plurisoggeHvo; 2) quando la domanda fosse stata proposta in virtù di una legiHmazione straordinaria. In entrambi casi, è pacifico che, laddove non avesse trovato applicazione la disciplina del li'sconsorzio necessario, la sentenza non potrebbe pregiudicare rispeHvamente i con'tolari del rapporto plurisoggeHvo oppure il legi/mato ordinario (vero >tolare del diriKo oggeKo della decisione), che fossero rimas> estranei al processo in cui si è formato il giudicato. Il giudicato possiede un valore tendenzialmente assoluto, imponendosi a tuH come affermazione di obieHva verità in ordine all'esistenza e al modo di essere del rapporto giuridico oggeKo della decisione; anche se non può certamente operare a discapito di coloro che non abbiano partecipato al rela>vo giudizio. à Si ammeKe che il terzo con9tolare del rapporto giuridico oggeKo della decisione può avvantaggiarsi del giudicato intervenuto tra le par', allorché tale giudicato investa il rapporto nel suo complesso. Invece, hanno cara@ere eccezionale le ipotesi in cui l'efficacia della sentenza possa prodursi indiscriminatamente ultra partes, vincolando soggeH che non siano sta> par> del rela>vo giudizio: Tali faHspecie si riconducono a quella dell'art. 111 co 4° che riguarda al successore a >tolo par>colare in ogni caso assoggeKato agli effeH della sentenza pronunciata nei confron> dell'alienante o del successore universale. 151. I terzi che potrebbero subire, in astra@o, l'efficacia riflessa della sentenza L'efficacia riflessa della sentenza può inves>re rappor> che riguardano terzi. In relazione a tale problema si dis>nguono 2 situazioni in cui il terzo potrebbe essere coinvolto da un giudicato intervenuto inter alios (ossia fra le persone). In par>colare: 1) da un lato ci sono i soggeH che, in mancanza di un vero collegamento giuridico tra un proprio diriKo e quello controverso tra le par>, possono essere interessa> esclusivamente in via di faKo la sentenza resa tra queste ul>me; à Si ri>ene che il terzo sia semplicemente tenuto a riconoscere il giudicato formatosi tra le par>, come se si traKasse di un qualunque aKo giuridico di cui egli deve tener conto e dal quale potrebbe derivargli un vantaggio o un pregiudizio in via di faKo. 2) dall’altro i terzi che invece sono >tolari di rappor> giuridici connessi a quello oggeKo del giudicato. à Si è soli> escludere che il terzo >tolare di un diriKo autonomo possa risen>re pregiudizio alcuno dal giudicato; sicché il problema può prospeKarsi solamente quando il predeKo collegamento giuridico si aKeggi in termini di dipendenza, nel senso che l’esistenza o l’inesistenza del diriKo del terzo annoveri tra i propri faH cos>tu>vi l’esistenza o l’inesistenza del diriKo sul quale si è formato il giudicato tra le par>. 152. Le diverse teorie sui limi9 dell'efficacia riflessa Bisogna stabilire entro quali limi> ed a quali condizioni l'efficacia riflessa della sentenza possa concretamente prodursi nei confron> dei terzi >tolari di rappor> giuridicamente dipendente da quello oggeKo del giudicato. Una prima tesi ri>ene che debba dis>nguersi tra l'efficacia della sentenza, cui sarebbero soggeH anche i terzi, e l'autorità del giudicato, che parrebbe invece soltanto per le par>: i terzi per un verso sarebbero virtualmente vincola> dalla sentenza resa inter alios, ma peraltro verso, non subendo l'incontrover>bilità propria del giudicato, potrebbero sempre rimeKere in discussione l'accertamento in essa contenuto. AKualmente le soluzioni sono 3: 191 Capitolo XVI - LE IMPUGNAZIONI IN GENERALE Sezione I - nozioni generali 157. Vizi della sentenza e mezzi di impugnazione Tradizionalmente, i vizi da cui può essere affeKo un provvedimento giurisdizionale sono essenzialmente di 2 categorie: 1) Errores in procedendo: discendono dalla violazione delle norme che disciplinano l'aHvità delle par> e del giudice. à I vizi in procedendo possono determinare l'invalidità del provvedimento: Invalidità propria: quando sia causata dal difeKo di elemen> formali o extra formali della stessa decisione (es. sentenza priva di mo>vazione) Invalidità derivata: quando sia conseguenza dell'invalidità di un aKo pregresso (es. sentenza fondata su una prova invalidamente assunta), oppure della circostanza che il giudice ha deciso il merito della causa in assenza di un presupposto processuale (es. fosse privo di competenza). 2) Errores in iudicando: ineriscono al contenuto stesso della decisione, in relazione alle conclusioni cui è pervenuta vuoi in quanto alla ricostruzione dei faH, vuoi quanto all'individuazione e all'interpretazione delle norme giuridiche ad essa applicate. à I vizi in iudicando possono invece determinare la ingiusta decisione, cioè la sua difformità rispeKo alle conclusioni che avrebbero dovuto trarsi da una correKa valutazione delle prove o dall'esaKa applicazione delle norme sostanziali per>nen> alla faHspecie. 3) Errores in iudicando de iure procedendi: consistono nell’errore circa la sussistenza di un presupposto processuale o comunque in ordine alla possibilità di pervenire alla traKazione del merito della causa (es. caso in cui il giudice si è a torto ritenuto incompetente o privo di giurisdizione). Alcuni principi cos9tuzionali condizionano fortemente le scelte del legislatore: - Gli ar@. 3 (2 comma) e 24 (1 e 2 comma) Cost. combina> prescrivono un dovere di coerenza interna al sistema posi9vo: il principio di eguaglianza, leKo in relazione al diriKo di azione e di difesa, impedisce di discriminare irragionevolmente, dal punto di vista dell'impugnazione, situazioni o vizi sostanzialmente analoghi. - Dagli art. 24 (2 comma) e 111 (2 comma) Cost discende il principio del contraddi@orio, che impone che la parte danneggiata, in qualunque stato e grado del giudizio, da un vizio in procedendo susceHbile di incidere sull'effeHvità del contraddiKorio o comunque di rendere deteriore la posizione processuale della parte stessa, abbia sempre a propria disposizione un rimedio concretamente idoneo a far valere la nullità e ad oKenere una revisione della decisione che ne è affeKa. àPrescindendo da ques> limi>, tuH gli ordinamen> moderni prevedono un sistema ar>colato di impugnazioni e consentono quantomeno un doppio grado pieno di giurisdizione. TuKavia, nulla può assicurare che questa seconda decisione sia migliore e più correKa della prima, giacché non è affaKo deKo che il giudice ad quem (quello inves>to dell’impugnazione) e sia più bravo del giudice a quo (quello da cui proviene il provvedimento impugnato). In concreto, la maggiore a@endibilità della sentenza resa dal giudice dell’impugnazione deriva dalla circostanza che egli decide per secondo, in una posizione più vantaggiosa poiché gli consente per un verso di occuparsi di un minor numero di ques>oni e, per altro verso, di valutare cri>camente l’operato del primo giudice, anche alla luce delle censure mosse dall’impugnante. Indipendentemente dall’ampiezza dei poteri aKribui> al giudice ad quem, comunque, si può dire che ogni razionale sistema di impugnazione è orientato verso una progressiva selezione e riduzione delle ques>oni deducibili, des>nata a rendere sempre più remota, pur senza poterla mai escludere in assoluto, l’eventualità di una caducazione della decisione. Art. 3. Cos,tuzione “Tu4 i ci=adini hanno pari dignità sociale e sono eguali davan? alla legge, senza dis?nzione di sesso di razza, di lingua, di religione, di opinioni poli?che, di condizioni personali e sociali.” 158. TIPICITÀ E CLASSIFICAZIONE DEI MEZZI DI IMPUGNAZIONE I rimedi consen>> nei confron> dei provvedimen> giurisdizionali hanno natura 9pica e nominata, sono ammessi nei soli casi previs> dalla legge. Il legislatore ha previsto un sistema ar'colato ed organico di 192 impugnazioni esclusivamente nei confron> delle sentenze, cioè dei provvedimen> muni> di una par>colare stabilità e normalmente idonei ad acquisire l'autorità propria del giudicato. / Per le ordinanze e i decre>, pur essendo ammessi rimedi simili, il principio è quello della non impugnabilità, indipendentemente dal contenuto del provvedimento nonché dalla circostanza che esso sia o no revocabile e modificabile. I mezzi di impugnazione delle sentenze aven> caraKere generale, a norma dell'art. 323, sono: - l’appello; - il ricorso per cassazione; - la revocazione; - l'opposizione di terzo; - il regolamento di competenza. A tale elenco va aggiunta, sebbene non si traH propriamente di un'impugnazione, poiché da vita ad un processo nuovo ed autonomo, la ac7o nullita7s: cioè l'azione di accertamento nega'vo eccezionalmente ammessa nei confron' della sentenza priva della soAoscrizione del giudice. Le impugnazioni si possono classificare come: A) IMPUGNAZIONI ORDINARIE E STRAORDINARIE Ordinarie: sono le impugnazioni la cui mancata proposizione nei termini perentori stabili> dalla legge comporta il passaggio in giudicato del provvedimento è la decadenza del potere di impugnare (appello, ricorso per cassazione, regolamento di competenza, revocazione ex art. 395 n. 4 e 5). Sono assoggeKate a termini cer> nella durata ma anche nella decorrenza (dies a quo); Straordinarie: sono esperibili indipendentemente dal passaggio in giudicato della pronuncia (opposizione di terzo, revocazione straordinaria ex art. 395 n. 1, 2, 3, 6) Essendo consen>te per vizi che potrebbero emergere in un momento successivo alla pubblicazione della sentenza, oppure a soggeH che sono estranei al processo, sono esperibili entro termini la cui decorrenza non è determinabile a priori, o senza alcun limite temporale. B) IMPUGNAZIONI A CRITICA LIBERA E A CRITICA VINCOLATA A cri9ca libera: con queste impugnazioni è possibile lamentare anche la semplice ingius>zia del provvedimento, ove questo sia immune da vizi (appello, regolamento di competenza, opposizione di terzo ex art. 404 co 1°). A cri9ca vincolata: con queste impugnazioni si fanno valere esclusivamente i vizi del provvedimento impugnato, cioè la violazione di norme processuali, errores in procedendo o sostanziali, errores in iudicando (ricorso per cassazione, revocazione, opposizione di terzo revocatoria che è ammessa quando la sentenza è l'effeKo di dolo o collusione delle par> a danno del terzo ex art. 404 co 2°). C) IMPUGNAZIONI SOSTITUTIVE O RESCINDENTI In teoria, tuKe le impugnazioni possono condurre alla sos'tuzione della sentenza impugnata con una nuova decisione che abbia il medesimo oggeKo e dunque pronunci, entro i limi> dell'impugnazione, sulla stessa domanda che era stata formulata davan> al giudice a quo. TuKavia, nella maggior parte dei casi, la fase rescissoria (quella deputata alla pronuncia di una nuova decisione), presuppone che si sia posi>vamente conclusa una prima fase rescindente, des>nata alla verifica dei vizi denuncia> dall'impugnante e dunque all'annullamento o alla caducazione del provvedimento impugnato; tali impugnazioni si dicono rescinden9. Rescinden9: hanno come primo obieHvo l'eliminazione del provvedimento impugnato. Sos9tu9ve: conducono sempre e comunque alla direKa sos>tuzione della decisione impugnata (appello, esso conduce sempre e comunque alla direKa sos>tuzione della decisione impugnata, anche quando si concluda col rigeKo dell'impugnazione e la piena conferma della sentenza di primo grado, che viene anche in questo caso rimpiazzata da quella del giudice ad quem). 159. La qualificazione del provvedimento al fine della sua impugnazione Dal punto di vista dell'impugnazione, se il giudice pronuncia sentenza in luogo di un'ordinanza o di un decreto, o viceversa, prevale il principio della prevalenza della sostanza sulla forma: secondo cui l'elemento determinante, anche in vista dell'individuazione dei rimedi appropria>, sia rappresentato dal contenuto effeHvo del provvedimento. Sentenza à in luogo di un'ordinanza/ decreto: non sorgerà problema, in quanto la parte soccombente ha la possibilità di avvalersi delle impugnazioni >piche delle sentenze. Ordinanza/ decreto à in luogo di una sentenza: l'errore potrebbe avere conseguenze più gravi, traducendosi in una espropriazione del diriKo di impugnare. 193 La giurisprudenza suole in tali casi invocare il principio della prevalenza della sostanza sulla forma (anche se poco per>nente), e su tale base ammeKere che l'ordinanza emessa al di fuori di presuppos> di legge o comunque viziata, equivalga a sentenza appellabile; oppure in altre occasioni, muovendo dal presupposto che si traH di provvedimen> sommari decisori, reputa esperibile il ricorso per cassazione straordinario, a norma dell'art. 111 co 7 Cost. 160. CONDIZIONI DELL’IMPUGNAZIONE: la legiJmazione Il diri@o all'impugnazione è condizionato all'esistenza della legi/mazione e dell'interesse ad impugnare. In linea di principio, la legiJmazione ad impugnare deriva dalla partecipazione al procedimento in cui è stata resa la sentenza impugnata, e dunque presuppone che in quel processo si sia comunque assunta la qualità di parte, ancorché invalidamente o come conseguenza di un errore del giudice. In caso di rappresentanza volontaria, la legiHmazione competerà tanto al rappresentante quanto allo stesso rappresentato. Fanno eccezione: - le opposizioni di terzo (ordinaria o revocatoria), - la revocazione del pubblico ministero, che presuppongono proprio la mancata partecipazione dell'impugnante al processo da cui è scaturita la sentenza; - la legi/mazione riconosciuta al successore a 'tolo par'colare, in quanto subisce in prima persona l'efficacia direKa della sentenza, pur formalmente resa nei confron> dell'alienante o dell'erede. Pur in mancanza di un'espressa previsione, la legiHmazione ad impugnare speKa agli eredi della parte, che subiscono gli effeH del giudicato (art. 2909) e nel contempo subentrano ipso iure in tuH i diriH e i poteri, anche processuali, del loro dante causa. È molto controversa (e tradizionalmente negata) la legiHmazione ad impugnare dell’interveniente adesivo dipendente; il quale non ha poteri di azione in ordine al rapporto tra le par> principali (salvo i casi in cui ricorrano ipotesi di sos>tuzione processuale), bensì gode di una legiHmazione meramente secondaria. A proposito della legiDmazione, un problema che la giurisprudenza ha dovuto spesso affrontare riguarda la validità dell’impugnazione proposta dalla parte o nei confron; della parte che abbia perso la capacità processuale o se addiriBura è venuto a mancare nel corso del precedente grado di giudizio o comunque anteriormente alla proposizione dell’impugnazione stessa. In passato, la giurisprudenza era solita ammeIere, nell’ipotesi in cui l’evento interruDvo non fosse stato dichiarato o no;ficato nel precedente grado di giudizio, la validità dell’impugnazione proposta nei confron; della parte defunta oppure del soggeIo che aveva perso la capacità processuale. / Negli ulUmi anni, invece, le sezioni unite avevano sposato con decisione la tesi secondo cui la legiDmazione aDva e passiva ad impugnare deve sempre tener conto della situazione esistente al momento in cui l’impugnazione proposta. / Un nuovo intervento delle sezioni unite parrebbe aver risolto i vari interroga;vi aIraverso un ritorno al vecchio orientamento. Se l’evento interruDvo colpisce una parte che si era cos;tuita a mezzo di difensore e quest’ul;mo non lo rende noto nelle forme contemplate dall’art. 300, la parte originaria si considera tuIora esistente (e provvista di capacità processuale) non soltanto all’interno del grado di giudizio in cui l’evento si è verificato, ma anche negli eventuali gradi successivi. In altre parole, ferma restando la possibilità che il giudizio d’impugnazione sia instaurato tra le par; aIualmente legiDmate, oppure che tali par; vi si cos;tuiscano successivamente, si ammeIe che il difensore della parte originaria, per un fenomeno di ultraDvità del mandato, sia legiDmato non soltanto a ricevere la no;ficazione della sentenza o dell’impugnazione, ma pure a proporre egli stesso impugnazione in nome della parte nel fraIempo defunta o divenuta incapace. 161. INTERESSE AD IMPUGNARE E LA SOCCOMBENZA Per proporre un'impugnazione è necessario che sussista un interesse alla riforma o all'annullamento del provvedimento impugnato, affinché sia assicurata, anche in questa fase del processo, la concreta u>lità della tutela giurisdizionale. Il requisito dell'interesse ad impugnare si ricollega direKamente alla soccombenza: cioè alla circostanza che la parte si sia vista rigeKare, totalmente o parzialmente, nel merito o anche solo per ragioni processuali, una propria domanda, oppure che abbia visto accogliere, totalmente o parzialmente, una domanda che un'altra parte aveva proposto nei suoi confron>. In linea di massima, la soccombenza deve essere valutata esclusivamente in relazione alle domande che le par> avevano conclusivamente formulato nel processo in cui è stata resa la sentenza (soccombenza formale); essendo irrilevante la soluzione eventualmente sfavorevole cui il giudice sia pervenuto in ordine a taluna delle ques>oni sollevate dalla parte viKoriosa. - In primo luogo, tuKavia, questa regola dev’essere opportunamente adaKata alle soluzioni cui si ritenga di accedere in merito al tema dei limi> oggeHvi del giudicato. Essa potrà applicarsi rigorosamente qualora si 196 ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile prevedono, esclusivamente con riguardo all'appello e al ricorso per cassazione, che l'impugnazione dichiarata inammissibile o improcedibile non possa essere riproposta, anche se non è ancora decorso il termine previsto dalla legge. Queste due norme affermano il principio della consumazione del potere di impugnazione allorché l’appello o il ricorso vengono dichiara> in ammissibili o improcedibili. La consumazione dell'impugnazione non deriva solo dall'esercizio del rela>vo potere, bensì dalla circostanza che l'inammissibilità e l'improcedibilità siano già state dichiarate dal giudice; sicché, fino a quel momento, nulla impedisce di proporre una nuova impugnazione, a condizione che ci avvenga nel rispeKo dei termini di decadenza previs> dalla legge. In altre parole, dei richiama> ar>coli può desumersi l’ammissibilità di una integrale rinnovazione-sos7tuzione dell’aKo di impugnazione aKraverso la successiva deduzione di nuovi mo>vi, purché tempes>va rispeKo al termine di decadenza. La dichiarazione di inammissibilità, quando dipenda dal non essere l'impugnazione ancora proponibile non può precludere la reiterazione dell'impugnazione stessa nel momento in cui si verifichino le condizioni richieste dalla legge. 167. EFFETTI DELLA PRONUNCIA DI IMPUGNAZIONE Gli effeH della pronuncia del giudice dell'impugnazione, sos>tu>va o rescindente, investono in via direKa le sole par> della sentenza che erano state effeHvamente impugnate. L'art. 336 c.p.c. Effe/ della riforma o della cassazione prevede che tali effeH possano espandersi anche oltre i capi di sentenza immediatamente coinvol> dalla riforma o dalla cassazione. In par>colare: EFFETTO ESPANSIVO INTERNO (1 comma) La riforma o la cassazione parziale ha effeKo sulle par9 della sentenza dipenden9 da quella riformata o cassata, dunque opera all’interno della pronuncia impugnata. La caducazione investe soltanto i capi della sentenza dipenden> da quelli riforma> o cassa>, ancorché non impugna>. Sui capi autonomi ed indipenden> scende invece il giudicato. È chiaro che il capo della sentenza che ha accolto la domanda dipende inevitabilmente dalle sor>, in fase di impugnazione, di quello che ha ritenuto infondata una ques>one pregiudiziale di rito o preliminare di merito. Mentre, qualora si traH di una sentenza resa su più domande cumulate e l’impugnazione abbia inves>to solamente alcuno dei rela>vi capi, si traKerà di appurare caso per caso se la caducazione di ques> ul>mi, ad opera del giudice ad quem, sia o no compa>bile con la conservazione dei capi non tocca> direKamente dall’impugnazione. Questo meccanismo spiega le ragioni della limitazione in relazione all’operare della acquiescenza qualificata: sebbene l’impugnazione parziale implichi acquiescenza rispeKo alle par> della sentenza non impugnate, ciò non può valere per le par> dipenden> da quelle impugnata, che potranno comunque rimanere travolte dall’accoglimento dell’impugnazione. EFFETTO ESPANSIVO ESTERNO (2 comma) La riforma o la cassazione estendono i suoi effeH agli altri provvedimen9 ed aJ dipenden9 dalla sentenza riformata o cassata. La norma si applica anche alla riforma o cassazione delle sentenze non defini7ve, comportando la caducazione di quelle defini>ve dipenden> dalla pronuncia riformata o caducata. Invece, gli a/ istruAori compiu> sulla base della sentenza non defini>va caducata (es. determinazione del quantum a seguito di condanna generica), diventano defini>vamente inu>lizzabili. La modifica apportata dalla legge di riforma del ‘90 è consis>ta nella soppressione dell’inciso “con sentenza passata in giudicato” (si ritornò alla formulazione orginaria), per cui il prodursi dell’effeKo espansivo esterno non è più condizionato al passaggio in giudicato della sentenza di riforma, ma è immediato. Tale modifica ha defini>vamente sanato i contras> sor> in giurisprudenza circa la decorrenza della pronuncia rela>va alla res>tuzione delle somme pagate alla controparte in esecuzione della sentenza riformata: si discuteva, infaH, se gli effeH di questa pronuncia dovessero decorre dal giorno della pubblicazione o da quello del passaggio in giudicato della sentenza di secondo grado. Ebbene, il legislatore della riforma ha aderito al alla prima soluzione con la conseguenza che la sentenza d’appello è immediatamente opera>va. La modifica della previsione e si è resa altresì necessaria a seguito della immediata esecu>vità delle sentenze di primo grado: fino al passaggio in giudicato, altrimen>, si dovrebbe dare esecuzione ad una pronuncia riformata o cassata. 197 169. L'es9nzione del processo di impugnazione In linea di principio il processo di impugnazione, ad eccezione del ricorso per cassazione, può es9nguersi per le stesse cause che determinerebbero l'es>nzione del processo di primo grado: sia per rinuncia agli aJ del rela>vo giudizio, sia all'inaJvità delle par9. L'art. 338 prevede, tuKavia, che l'es'nzione del procedimento di appello o di revocazione ordinaria non determini l'inefficacia della sentenza di primo grado, ma il suo passaggio in giudicato, salvo che ne siano sta> modifica> gli effeH con provvedimen> pronuncia> nel procedimento d'impugnazione es>nto. Sezione II – IMPUGNAZIONE NEI PROCESSI CON PLURALITÀ DI PARTI 170. I problemi pos9 dal li9sconsorzio in fase di impugnazione Allorché la sentenza sia stata pronunciata nei confron> di una pluralità di par9, l’impugnazione pone 2 esigenze diverse a seconda che sai o no consen>ta, in questa fase, una scissione sogge/va del processo li>sconsor>le. In primo luogo, premesso che l’impugnazione produce effeH, in linea di principio, esclusivamente tra colui che l’ha proposta e la parte che ne è des>nataria, si traKa di stabilire se sia ammissibile che la sentenza passi in giudicato per alcune soltanto delle par> e possa essere modificata dal giudice ad quem, invece, rispeKo alle altre. In secondo luogo, quand’anche sia stato risolto in senso afferma>vo questo interroga>vo preliminare, è opportuno evitare, per le medesime ragioni che avevano determinato il simultaneus processus, che il giudizio finora unico, venga a frantumarsi in una pluralità di procedimen> d’impugnazione, aven> ciascuno ad oggeKo taluna delle cause originariamente cumulate. à unià del processo di impugnazione [L'impugnazione produce effeD, di regola, esclusivamente tra colui che l'ha proposta e la parte che ne è des;nataria.] 171. Le diverse soluzioni a seconda che il cumulo soggeJvo sia o no scindibile Quando la sentenza sia stata pronunciata fra più par> in causa inscindibile o in cause tra loro dipenden9, l'impugnazione dovrebbe sempre proporsi, a pena di inammissibilità, nei confron> di tu@e le par9, non potendosi consen>re che la sentenza venga riformata per alcune soltanto di esse e passi in giudicato per le altre, dando eventualmente luogo ad un contrasto di giudica> intollerabile. CAUSE INSCINDIBILI: per cause inscindibili con più par> bisogna intendere quelle nelle quali la pluralità di par9 sia stata determinata dalla necessarietà del li'sconsorzio nel giudizio di primo grado (es. giudizio di divisione), da fa/ sopravvenu' (es. successione di più persone ad una delle par>) o, infine, da ragioni processuali (es. ordine del giudice di chiamare in causa un terzo) L'art. 331 c.p.c. Integrazione del contradi,orio in cause inscindibili prevede che se la sentenza non è stata impugnata nei confron' di tuAe le par', il giudice non possa immediatamente dichiarare l'inammissibilità dell'impugnazione, ma debba ordinare (indipendentemente dalla circostanza che il termine per l'impugnazione sia nel fraAempo scaduto o meno) l'integrazione del contraddi,orio, fissando il termine entro il quale l'impugnazione deve essere no>ficata alle par> inizialmente pretermesse, nonché, se necessario, l'udienza di comparizione. La declaratoria di inammissibilità si avrà solamente nel caso in cui l'ordine del giudice rimanga inadempiuto. Si ricava il principio per cui l'impugnazione tempes>vamente proposta nei confron> di alcuna soltanto delle par9 è idonea ad instaurare validamente il giudizio di impugnazione, evitando il passaggio in giudicato della sentenza nei confron> di tuKe, a condizione che la successiva integrazione del contraddiKorio avvenga entro il termine fissato dal giudice. CAUSE SCINDIBILI: sono quelle cause che, pur essendo state riunite nel giudizio di prime cure per ragioni di connessione oggeHva, dando luogo al fenomeno del li>sconsorzio facolta>vo, restano tuKavia autonomi e perciò separabili, ben potendo il rapporto con un li>sconsorte essere deciso in una determinata maniera e quello con un altro in maniera diversa (es. il giudizio di risarcimento danni promosso contro il proprietario e contro il conducente di un veicolo) Se invece al li>sconsorzio corrisponde una pluralità di cause scindibili, il legislatore impedisce che l'unico processo originario si ramifichi in fase di impugnazione: non serve che la sentenza venga impugnata nei 198 confron> di tuKe le par>, basta evitare che si abbiano più impugnazioni separate, ciascuna delle quali darebbe luogo ad un autonomo giudizio di impugnazione. L'art. 332 c.p.c. No7ficazione dell'impugnazione rela7va a cause scindibili prevede che se l'impugnazione, di cause scindibili, “è stata proposta soltanto da alcuna delle par> o nei confron> di alcuna di esse, il giudice ne ordina la no>ficazione alle altre in confronto delle quali l'impugnazione non è preclusa o esclusa”, fissando il termine entro il quale deve provvedersi alla no>fica e, se necessario, l'udienza di comparizione. Differenze rispeKo all'art. 331: a) il giudice non ordina in nessun caso l'integrazione del contraddi,orio, ossia di estendere il giudizio alle par> che non erano state coinvolte dall'impugnazione, ma solo di no>ficare loro l'impugnazione: tale no>fica fa sì che la parte che la riceve, se voglia impugnare a propria volta la sentenza, debba farlo necessariamente nella forma dell'impugnazione incidentale, facendo salva l'esigenza di unitarietà del giudizio di gravame; b) la no9fica è prescriKa solamente nei confron' delle par' per le quali l’impugnazione non sia già “preclusa o esclusa” e che, conseguentemente, potrebbero ancora concretamente impugnare; c) qualora l'ordine del giudice non venga rispeKato si avrà la sospensione del processo d'impugnazione fino al momento in cui scadranno, per tuKe le par> soccomben>, i termini di decadenza degli ar@. 325 e 327, ossia fino a quando sarà defini>vamente esclusa la possibilità di altre impugnazioni. L'art. 335 c.p.c. Riunione delle impugnazioni separate garan>sce l’unitarietà del processo di impugnazione e prevede che “tuKe le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza debbono essere riunite, anche d'ufficio, in un solo processo”. FATTISPECIE CAUSA INSCINDIBILE Causa inscindibile: ogni faHspecie in cui alla pluralità di par> corrisponda un li>sconsorzio necessario originario, a norma dell'art. 102, giacché in ques> casi, pur quando si traH, in realtà di più cause connesse, è lo stesso legislatore ad imporre un accertamento uniforme rispeKo a tuH i li>sconsor>, come fosse un'unica causa. La giurisprudenza suole estendere lo stesso principio alle ipotesi di li>sconsorzio necessario processuale, che ricorrerebbe sia quando nel corso del processo la parte fosse morta e fossero subentra> in suo luogo più eredi, sia in tuH i casi in cui il giudice avesse disposto l'intervento coaKo di un terzo, art. 107. L’ipotesi della (unica) causa inscindibile, prescindendo dalle faHspecie di li>sconsorzio necessario cosiddeKo sostanziale, ai sensi dell’art. 102, e da quella in cui più eredi siano subentra> all’unica parte originaria, parrebbe ricorrere: 1. In caso di successione a >tolo par>colare nel diriKo controverso, sempre che il successore abbia partecipato al precedente grado di giudizio e l’alienante non sia stato estromesso prima della pronuncia della sentenza; 2. Nelle faHspecie che una parte della doKrina riconduce alla figura del li>sconsorzio cosiddeKo unitario, caraKerizzata da un cumulo di domande connesse per iden>tà dell’oggeKo e del >tolo, in quanto rela>ve ad un rapporto giuridico sostanzialmente unico rispeKo ai più con>tolari: in queste ipotesi, allorché ques> ul>mi, pur non essendo li>sconsor> necessari ex art. 102, abbiano partecipato al precedente grado di giudizio, deve ritenersi esclusa la possibilità di scissione del cumulo, seppure in fase d’impugnazione, prevalendo l’esigenza di un accertamento unitario ed uniforme nei confron> di tuH; 3. In caso di intervento di un terzo >tolare di un rapporto giuridico dipendente da quello oggeKo del giudizio: in quest’ul>ma situazione, la causa è innegabilmente una soltanto, tenuto conto che l’intervenente non propone una propria domanda e, secondo l’opinione tradizionale, neppure potrebbe impugnare autonomamente la sentenza; sicché se non gli si riconoscesse il diriKo di partecipare al giudizio d’impugnazione instaurato da una delle par> originarie, le finalità stesse dell’intervento rimarrebbero inevitabilmente frustrate. 173. FATTISPECIE CAUSE TRA LORO DIPENDENTI E CAUSE SCINDIBILI CAUSE TRA LORO DIPENDENTI: sono quelle legate tra loro da un vincolo di pregiudizialità o di garanzia.
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