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Riassunto programma italiano 5° superiore, Sintesi del corso di Italiano

Riassunto di tutto il programma di italiano di 5° superiore. Riassume la vita, il pensiero e le opere dei vari autori (Leopardi, Verga, Pascoli, D'Annunzio, Pirandello, Svevo, Ungaretti, Fenoglio e Calvino) e le principali correnti letterarie (tra cui Scapigliatura, Realismo, Verismo, Naturalismo, Simbolismo, Decadentismo, ecc)

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 04/01/2021

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alice_bonacina 🇮🇹

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Scarica Riassunto programma italiano 5° superiore e più Sintesi del corso in PDF di Italiano solo su Docsity! RIASSUNTO DI TUTTO IL PROGRAMMA DI ITALIANO DI 5° SUPERIORE A.S. 2019-2020 LEOPARDI Leopardi nacque nel 1798 a Recanati, un piccolo paese delle Marche: sarà il luogo dove passerà la sua vita. Il padre era un uomo molto interessato alla cultura, aveva una biblioteca molto fornita, fondò l'Accademia dei Diseguali, ma non era bravo ad amministrare l'economia famigliare: la diede quindi in gestione alla moglie. Leopardi nello Zibaldone descrive la madre come una donna molto fredda, rigida, austera, non affettuosa. I fratelli ricevettero un'istruzione privata ed a soli 14 anni Leopardi non aveva più nessuno che potesse insegnargli, sapeva tradurre testi greci, latini ecc. Nella sua vita compose 240 opere trattando temi diversi, si interessò anche alla politica, condannando il governo di Napoleone. Ebbe pochissimi amici, i più importanti furono Giordani, Stella e Ranieri. Con Giordani intraprese una fitta corrispondenza che gli permetteva di avere contatti con la cultura italiana ed europea. Nel 1819 l'ambiente recanatese divenne insofferente per lui. Tentò di scappare, ma venne scoperto. Nello stesso anno scrisse i Piccoli Idilli contenenti L'infinito, Alla luna; si sposta a Roma con l'intento di trovare lavoro e sperando di trovare una società diversa da quella che conosceva, ma rimane deluso e decide di ritornare a Recanati; qui, nel 1823 scrive Le Operette morali. Nel 1825 sotto richiesta dell'editore Stella si trasferisce a Milano, successivamente a Firenze, Bologna e Pisa, dove compone i Grandi Idilli (1828-1830) contenenti A Silvia. Per ragioni di salute è costretto a rinunciare a un incarico offertogli in Germania. Depresso, si chiude in casa per 16 mesi non avendo contatti con nessuno. Partecipa con Le Operette morali a un "concorso" indetto dall'Accademia della Crusca senza vincere: questo lo porterà a una depressione ancora più profonda. In questo periodo compone alcune delle sue opere più importanti come Canto notturno d'un pastore errante dell'Asia, Il sabato del villaggio, La quiete dopo la tempesta. Nel 1830 si ritrasferisce a Firenze dove si innamora di Fanny Targioni Tozzetti, la quale non contraccambia assolutamente il suo amore. Su questo tema Leopardi scriverà Il ciclo di Aspasia. Nel 1833 accettando l'offerta dell'amico Ranieri si trasferisce a Napoli dove scriverà La ginestra nel 1836 e morirà l'anno successivo. Durante quasi tutta la vita Leopardi (1817-1832) scriverà Lo Zibaldone, il titolo indica una pietanza formata da molti ingredienti infatti è una sorta di diario scritto senza l'intento di essere pubblicato, un'opera complessa che verrà tenuta dalla famiglia Ranieri per molti anni prima di essere pubblicata. Scritto con vari registri stilistici, conteneva tutti i suoi pensieri, le sue idee, le sue vicende private, stralci di poesie o opere che permisero,solo nel 1900, di capire in modo più approfondito le sue opere e quindi avere una visione più chiara e apprezzarle al meglio. PENSIERO: Il suo pensiero può essere diviso in 3 parti principali. Il pessimismo storico, che va dal 1818 al 1822, tratta di come, secondo lui, la natura sia benigna, il presente con l'affermarsi della ragione è simbolo di sofferenza e solo il passato attraverso la traduzione dei testi classici può portare un po' di sollievo 1 di viaggi in giro per il mondo. La poesia si chiude con la consapevolezza di quanto sia tragico essere al mondo. A SILVIA: ​Con A SIlvia, Leopardi rievoca una figura femminile della sua giovinezza, storicamente identificabile con Teresa Fattorini, coetanea del poeta e figlia del cocchiere di casa Leopardi, morta prematuramente, dieci anni prima. Silvia diventa il simbolo della disillusione, propria dell’età adulta, ma anche uno specchio di Leopardi stesso che, costretto a una permanenza forzata a Recanati per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute, dopo aver soggiornato in varie località italiane, vede in Silvia la morte in vita. IL SABATO DEL VILLAGGIO: questa lirica muove dalla rappresentazione di una scena di vita paesana per indagare uno degli aspetti della teoria leopardiana del piacere: il piacere non è mai attuale ma è sempre proiettato nel futuro, ovvero il piacere è attesa del piacere. troviamo la descrizione della vita paesana, nell’atmosfera di un sabato primaverile che volge al termine, quando gli abitanti si preparano al successivo giorno di festa. Compaiono nel canto figure esemplari, simboli della giovinezza, della vecchiaia e dell'infanzia spensierata. Altre figure alludono alla quotidianità della vita del mondo contadino e assurgono anche a simboli di una modernità lontana dallo stato di natura. Il poeta riflette sul fatto che è inutile attendere quel piacere che in realtà non giungerà mai, mentre continueranno ad esser presenti noia e tristezza. Dalla settimana la riflessione sembra investire, poi, la vita: la gioia della giovinezza ingenerata dall’attesa per l’età adulta, sarà tradita da una maturità dolorosa e priva di piacere, proprio come la domenica disillude l’attesa del sabato. L’invito che chiude il componimento, rivolto a un ragazzo, simbolo dell’ingenuità e dell’inconsapevolezza umane, è a non farsi cogliere dall’ansia di crescere, l’unica felicità possibile, infatti, è l’attesa di un benessere a venire che, però, si rivelerà illusorio quando sarà raggiunto. A SE STESSO: Nel canto si manifesta la disillusione dopo la fine dell’amore per Fanny. Da ciò deriva un invito a non illudersi più, ad abbandonare per sempre l’illusione che esista qualcosa nella realtà che sia degno di amore. Il poeta smetterà di amare: è morta l'ultima illusione che lui aveva creduto eterna. Nel genere umano le illusioni e la speranza sono finite. LA GINESTRA: La ginestra si apre con una citazione dal Vangelo di Giovanni e viene riconosciuto come una sorta di testamento poetico di Leopardi, il quale riflette sulla natura e sulla condizione umana mentre osserva una ginestra alle pendici del Vesuvio. Tema chiave del componimento è la contemplazione del paesaggio attorno al Vesuvio, perfetta metafora della condizione umana e del rapporto con la natura. Il paesaggio: desertico, imponente, minaccioso, estraneo. Incarna l’indifferenza e la ferocia che Leopardi attribuisce alla natura, vista come nemica e responsabile del 4 dolore dell’uomo e di tutti gli esseri viventi. Qui si vede il pessimismo cosmico tipico di Leopardi, quella visione totalmente negativa della natura per la quale ogni essere vivente è condannato alla perpetua infelicità. Il Vesuvio in questo componimento simboleggia questa natura devastatrice e onnipotente, e la storia umana sembra priva di senso. DIALOGO DELLA NATURA E DI UN ISLANDESE:​ ll Dialogo​ ​offre una testimonianza del passaggio, fondamentale per la filosofia leopardiana, da un'idea positiva della Natura, madre benigna di uomini e animali, a una concezione totalmente negativa, che ne fa una matrigna tirannica e spietata, del tutto impassibile davanti alle sofferenze delle sue creature. Durante uno dei suoi viaggi nel cuore dell'Africa, l'Islandese si imbatte proprio nella Natura, che gli si presenta nella figura di una donna gigantesca: per nulla felice dell'incontro, l'uomo confessa alla Natura di aver viaggiato per tutto il mondo cercando un luogo in cui vivere senza l'assillo di climi estremi, aria cattiva e malattie, non trovandolo mai. La Natura, sorpresa per l'ingenuità dell'Islandese, gli dichiara di non essere per nulla interessata alla sorte della specie umana, le interessa soltanto perpetuare il meccanismo della vita, di cui sofferenza fisica, malattia e morte sono condizioni necessarie. DIALOGO DI UN VENDITORE DI ALMANACCHI E DI UN PASSEGGERE: I​l venditore di calendari offre la sua merce, un passante chiede se egli preveda un anno più lieto di quello che sta per finire. La risposta è affermativa; ma a una nuova domanda “a quale degli anni che avete vissuti vorreste che somigliasse questo nuovo?” l’altro si smarrisce e, alla fine, deve ammettere che, dovendo rivivere esperienze identiche a quelle che ha vissuto, non vorrebbe ritornare indietro negli anni. SCAPIGLIATURA La scapigliatura è un movimento di contestazione antiborghese affermatosi negli anni 60-70 dell’ Ottocento. Gli Scapigliati non hanno una poetica comune, ma comunque hanno delle caratteristiche affini, rifiutano Manzoni, e ritraggono il vero, il vero non solo esteriore ma anche interiore, quindi riprendono i sentimenti umani più nascosti. Rifiutano il moralismo, patriottismo, la religione. La scapigliatura apre la strada al Verismo e al Decadentismo. Porta al Decadentismo in quanto riprende: dal Romanticismo straniero il conflitto artista-società, gusto del macabro e dell’irrazionale; dai Simbolisti francesi il senso della distanza tra realtà e ideale. Porta al Verismo in quanto riprende dal Naturalismo la rappresentazione del vero. REALISMO Il termine Realismo indica sia, in generale, l’attenzione della letteratura di ogni tempo per la realtà quotidiana, sia, in particolare, quelle correnti culturali dell’Ottocento più interessante, come temi e come ricerca linguistica, alla nuova società borghese e 5 popolare che si andava affermando in contrapposizione all’Ancien régime aristocratico. Ha forti componenti realistiche, ad esempio parte del Romanticismo, e sono ispirati dal Realismo movimenti come il Naturalismo e il Verismo. Il Naturalismo è una corrente letteraria soprattutto francese, sviluppatasi tra il 1870 e il 1890 dal Realismo e che ebbe il massimo esponente in Émile Zola; ispirò il Verismo italiano. Anche per l’influenza del clima culturale dell’epoca, caratterizzato dall’esaltazione della scienza, il Naturalismo cerca la massima impersonalità e oggettività dell’opera d’arte, trasformando lo scrittore in una sorta di scienziato capace di indagare il “vero”. La nuova tendenza ebbe come esponente più autorevole il siciliano Giovanni Verga. Si proponeva di riprodurre fedelmente la realtà umana, soprattutto quella degli ambienti rurali, senza però escludere le situazioni urbane. VERGA Verga nasce a Catania nel 1840 in un'agiata famiglia di proprietari terrieri,mostra presto un particolare interesse per la letteratura.Educato in un ambiente di idee liberali, a soli quindici anni scrive il suo primo romanzo,"Amore e patria";ben presto si dedica interamente all'attività di scrittore e giornalista abbandonando gli studi universitari di Legge. All'arrivo dei Mille(1860) Giovanni Verga si arruola nella Guardia Nazionale Garibaldina,partecipando anche ad azioni militari. Dal 1869 soggiorna a Firenze,frequentando gli ambienti letterari, e conosce gli scrittori Luigi Capuana e Federico De Roberto che,con Verga,saranno i principali esponenti di un nuovo movimento letterario:il Verismo.Nel 1871 Giovanni Verga pubblica "Storia di una capinera",il suo primo romanzo di successo.L'anno successivo si trasferisce a Milano,dove partecipa all'intensa vita intellettuale della città. Legge e apprezza opere di autori di quel periodo,come Balzac, Flaubert e Zola,rappresentanti delle correnti letterarie del Realismo e del Naturalismo francese,che assegna alla letteratura il compito di studiare con metodo scientifico la società e la psicologia dell'uomo.Con la raccolta di novelle "Vita dei campi(1880),e poi i "Malavoglia"(1881),le "Novelle rusticane"(1883),il "Mastro-don Gesualdo"(1889), Giovanni Verga rivolge l'attenzione al mondo degli uomini,dei senza speranza,degli uomini destinati a soccombere nella dura lotta per l'esistenza. VITA DEI CAMPI​: ROSSO MALPELO: Malpelo, protagonista del romanzo Rosso Malpelo, era chiamato così perché i suoi capelli erano rossi, e secondo una tradizione popolare siciliana colui che li possedeva era malvagio. Tutti lo chiamavano Malpelo tant’è che la stessa madre non si ricordava quale fosse il suo nome. Malpelo lavorava in una miniera, insieme al padre Misciu per cui provava un fortissimo affetto. Un giorno, dato che la famiglia di Malpelo si trovava in una brutta situazione economica, il padre fu obbligato ad accettare un lavoro pericoloso, che nessun altro minatore aveva accettato, in cambio di una modesta remunerazione. Purtroppo la scelta degli altri minatori era stata saggia perché Misciu, svolgendo quel lavoro, morì sotterrato dalle 6 lupini, la Provvidenza da riparare e la perdita di Bastianazzo e quindi di un membro importante della famiglia. Purtroppo, le disgrazie per la famiglia non terminano. Luca, uno dei nipoti, muore. Tornato del servizio militare, 'Ntoni tornerà molto malvolentieri alla vita laboriosa della sua famiglia, e non rappresenterà alcun sostegno alla già precaria situazione economica del nucleo. Il debito causerà alla famiglia la perdita della casa e via via la reputazione della famiglia andrà peggiorando fino a raggiungere livelli umilianti. Un nuovo naufragio della Provvidenza porta Padron 'Ntoni ad un passo dalla morte. Il primogenito 'Ntoni decide di andare via dal paese per far ricchezze, ma, una volta tornato ancora più impoverito, si dà al contrabbando e finisce in galera. Padron 'Ntoni, ormai vecchio, muore senza riuscire a rivedere la sua vecchia casa. Alessi, il minore dei fratelli, continuando a fare il pescatore ricostruirà la famiglia e potrà ricomprare la casa. PADRON ‘NTONI E LA SAGGEZZA POPOLARE: ​Questo brano può essere suddiviso in tre sequenze. La prima situa la famiglia Malavoglia nell’ambiente della campagna catanese, un ambiente immutato nel tempo, e del quale pare che i Malavoglia abbiano sempre fatto parte. La seconda sequenza descrive i membri della famiglia, ordinati sotto il comando del vecchio padron ’Ntoni e uniti come le dita della mano. La terza allude al rispetto di cui la famiglia gode in paese proprio per la sua fedeltà a questa rigorosa e arcaica disciplina. A differenza di quanto accade in altri romanzi dell’Ottocento, i personaggi non vengono descritti nel dettaglio quando compaiono per la prima volta: entrano in scena appena abbozzati, e sarà poi il racconto a definire meglio, ad arricchire la loro personalità. L’AFFARE DEI LUPINI: La partenza di ’Ntoni per la leva rompe il precario equilibrio economico della famiglia. Zio Crocifisso vende un carico di lupini a padron ’Ntoni. Negli ultimi paragrafi Bastianazzo si prepara alla partenza: i lupini sono avariati, ma ciononostante, l’affare si conclude lo stesso: padron ’Ntoni, che di solito è molto prudente, qui è come un pesce fuor d’acqua e si lascia trascinare senza capire quanto sia rischioso il patto con lo zio Crocifisso. Infine, la ​Provvidenza ​prende il mare, e ancora una volta padron ’Ntoni affida le sue speranze a un proverbio: ma l’antica saggezza popolare stavolta non lo aiuterà, e la ​Provvidenza ​affonderà. L’ADDIO DI ‘NTONI: Attraverso la descrizione dei gesti e attraverso il dialogo, Verga sottolinea a più riprese il fatto che i due fratelli stanno ormai su sponde opposte dell’esistenza. ’Ntoni è cambiato e lo sa bene: è per questo che si siede, ed è per questo che decide di partire, benché Alessi gli chieda di restare. Nell’ultima scena, agisce finalmente in coerenza con gli ideali familiari, come se li avesse accettati: accettandoli, però, riconosce di non appartenere più alla comunità in cui è nato. ’Ntoni parte, sta voltando le spalle per sempre a questa esistenza ciclica: ed è splendido il paragone implicito che Verga introduce tra il destino di ’Ntoni e il mare 9 personificato. Diventa l’emblema di quella condizione di eterno viaggiatore, di straniero che sarà, d’ora in poi, il destino del giovane Malavoglia. MASTRO DON GESUALDO​: Il romanzo, diviso in quattro parti, si apre ​in medias res​, su un "colpo di scena" che ci introduce direttamente nel pieno degli eventi: un incendio sta devastando la casa dei Trao di Vizzini. Nel caos generale, don Diego, esponente di spicco della famiglia, scopre nella camera della sorella Bianca don Ninì Rubiera, suo cugino. Tra i vari personaggi che accorrono alla casa, si distingue un ex muratore arricchitosi grazie alla propria intraprendenza e ad un indefessa etica del lavoro: appunto, Mastro-don Gesualdo Motta. Gesualdo, che è intervenuto soprattutto per tutelare dal fuoco la propria proprietà, vicina a quella che sta bruciando, partecipa qualche giorno più tardi ad un ricevimento in casa Sganci, imparentati con i Trao; egli è destinato a sposare Bianca, nonostante questa si sia compromessa con don Ninì. Segue poi il racconto di una “giornata tipo” dell’infaticabile Gesualdo. Anche il matrimonio con Bianca segue una logica utilitaristica: Gesualdo, coinvolto nella difficile costruzione di un ponte, spera, all’inizio della seconda parte dell’opera, di trovare l’appoggio dei notabili del paese acquistando ad un’asta comunale le terre del barone Zacco, in cambio di un sussidio del comune. La moglie Bianca dà alla luce Isabella. La parte terza del romanzo si apre con l’ingresso di Isabella in collegio, dove però le coetanee altolocate la escludono in quanto figlia di un manovale. Il padre Gesualdo, che mira attraverso di lei a proseguire la propria arrampicata sociale, le impedisce di frequentare Corrado, e, dopo la sua fuga d’amore, le impone un matrimonio riparatore col duca di Leyra, che però pretende una cospicua dote dal genitore. La crisi interna al mondo familiare si salda, in apertura del quarto capitolo. L’inizio della fine per il combattivo “mastro” coincide allora con i moti rivoluzionari del 1848: la morte di Bianca, il rifiuto a partecipare all’insurrezione popolare, l’assalto ai suoi magazzini costringono il protagonista a rifugiarsi prima nei possedimenti in campagna e poi, ormai in preda alla malattia, ad accettare l’ospitalità del duca di Leyra, in un signorile palazzo palermitano. Muore solo. UNA GIORNATA TIPO DI GESUALDO: ​Che splenda il sole o che scenda la pioggia, Gesualdo è sempre in attività, sempre pronto a lavorare e a riprendere chi non lavora. Anche il linguaggio che usa è proprio di chi non ha tempo da perdere. Il ritmo del brano, scandito dai commenti di Gesualdo, è veloce, sincopato, e riproduce molto bene il nervosismo, l’iperattività (fisica, ma anche mentale) che caratterizza il protagonista. In questo testo dei muratori si fermano a riposare per la pioggia, Gesualdo pensa non sia una buona ragione per fermarsi. GESUALDO MUORE DA VINTO: La pagina è composta quasi tutta da battute di dialogo, e questo rende la narrazione mossa, vivace, e soprattutto smorza l’elemento patetico che è presente nella scena. Anche la focalizzazione iniziale sul 10 servo, che vede nella morte di Gesualdo solo una noia, una perdita di tempo e di sonno, e i commenti acidi degli altri servitori riuniti al capezzale sono dispositivi attraverso i quali Verga attenua il potenziale tragico del racconto. Gesualdo sognava di vivere e di morire da aristocratico, ma la sua morte somiglia molto a una farsa. L’uscita di scena di Gesualdo è sancita anche da un brusco mutamento nella prospettiva del racconto. Fin qui, quasi tutto ciò che abbiamo visto e sentito è stato filtrato dal punto di vista di Gesualdo: è stato lui ad agire, lui a giudicare gli eventi. In queste scene finali, invece, il “vinto” Gesualdo si riduce a comprimario, e i punti di vista si moltiplicano e si intrecciano secondo un procedimento polifonico. SIMBOLISMO E DECADENTISMO Il termine Simbolismo sta a significare una poesia che procede per simboli e il poeta dal particolare rivela l’universale grazie alla sua capacità intuitiva. Al contrario del positivismo non si cerca più una spiegazione razionale e scientifica. Per un periodo naturalismo e simbolismo coesistono, ma poi il naturalismo finirà e il simbolismo confluirà nel Decadentismo. Decadentismo esprime un’idea di decadenza dal punto di vista artistico per quanto riguarda il romanticismo e da quello sociale per la fine della borghesia, è comunque espressione del tramonto di una civiltà. Contemporaneamente a questo abbiamo il concetto di estetismo che consiste nella ricerca della bellezza. Anche qui ci si basa sull'intuizione e non sulla razionalità. Dal punto di vista politico appoggiano le idee nazionalistiche e imperialistiche. Quando nei primi del ‘900 e avanguardie metteranno in discussione il decadentismo, nascerà l'espressionismo. PASCOLI Giovanni Pascoli nacque a San Mauro di Romagna (Forlì) nel 1855 dove trascorse un’infanzia felice finché non accadde la tragedia di cui portò sempre nell’animo il dolore: l’uccisione del padre da parte di ignoti. Altri eventi lo sconvolsero, come la morte della madre e di tre degli otto fratelli. Compì gli studi all’Università di Bologna, diventando allievo di Carducci per poi laurearsi in Lettere. Viene condannato ad alcuni mesi di carcere a cui segue un periodo di crisi, durante il quale si accentua il suo pessimismo e abbandona la politica attiva. Dopo aver insegnato latino e greco in diversi licei e università italiane, nel 1906 succede al Carducci come professore di letteratura italiana all’Università di Bologna. Muore a Bologna nel 1912. Per Pascoli l’uomo e il mondo sono avvolti dal mistero, sono minacciati dal male, dall’ingiustizia e dalla morte. Pascoli dopo le tante sventure familiari si è allontanato dalla fede cristiana e non crede nella provvidenza divina; secondo lui, infatti, né la scienza, né la religione sono in grado di spiegare la realtà. Solo i poeti possono intuire il significato della vita e scorgere nel mistero del destino umano la verità che sfugge alla maggioranza degli uomini. Nel poeta, infatti, c’è una parte dell’anima che rimane fanciulla ed è quell’anima di “fanciullino” che sa capire il segreto delle cose (poetica del fanciullino). La poesia di Pascoli è la poesia delle piccole cose che nel loro più 11 lettere a Roma. La sua passione per la letteratura è talmente forte che la prima raccolta poetica, ​Primo vere​, è del 1879. Tra le riviste per cui scrive negli anni romani ricordiamo Capitan Fracassa, Cronaca Bizantina e Tribuna e del 1888 è il romanzo ​Il Piacere​, fortemente autobiografico e ispirato alla vita di piaceri estetici e amicizie altolocate che trascorre a Roma. In particolare sono le donne, nella vita sociale e letteraria di D’Annunzio, ad avere un ruolo particolarmente rilevante: la relazione più celebre è certamente quella con l’attrice Eleonora Duse. Nel 1889 D’Annunzio inizia la carriera militare e nel 1891 si trasferisce per alcuni anni a Napoli, dove continua la sua attività letteraria. Dopo il ritorno in Abruzzo termina due opere fondamentali: Il trionfo della morte e Le vergini delle rocce. Negli stessi anni si avvicina alla filosofia di Nietzsche e all’opera di Wagner. Allo scoppio della Prima guerra mondiale D’Annunzio si fa portavoce di istanze interventiste e si arruola con i lancieri di Novara. Nel dopoguerra guida l’impresa di Fiume e, alla sua caduta sotto il governo Giolitti, aderisce al partito fascista, ma i dubbi su Mussolini lo portano ad allontanarsi dalla vita politica e ritirarsi nella sua villa sul lago di Garda, che viene trasformata in un museo della sua persona: il Vittoriale degli Italiani. L’estetismo, nasce verso la fine dell’ottocento, si identifica come una corrente letteraria e filosofica appartenente al decadentismo. Gli elementi distintivi dell'estetismo sono il culto della bellezza e dell’arte, recuperando i canoni greci; in pratica l’importanza sta più nella forma che nella sostanza. L’artista cioè l’esteta cerca con questo atteggiamento raffinato, elegante e sensibile di elevarsi alla massa. Per fare questo crea con il proprio gusto le regole della moda e del comportamento, trasformando la propria vita in un’opera d’arte. IL PIACERE​: Manifesto dell’estetica dannunziana, ​Il piacere​ ​è anche il risultato di un lungo lavoro di accumulo di materiali, spesso ricavati dall’esperienza giornalistica mondana di quegli anni, e di suggestioni, che l’autore riesce a sintetizzare e a tradurre sulla pagina nei pochi mesi di stesura del romanzo. L’ANNO MORIVA ASSAI DOLCEMENTE: Alla sequenza di ben quattro aggettivi per dare l’idea del “tepor” che attenua i contorni delle cose, segue l’itinerario, finemente studiato, che per i luoghi-simbolo della Capitale ci conduce fino all’esclusiva residenza di Andrea, il palazzo Zuccari. Alle sensazioni visive si sommano quelle olfattive mentre il gusto raffinato dello Sperelli è confermato dalla prima delle moltissime citazioni esplicite di beni, merci ed oggetti d’arte che si susseguono nel Piacere​. Lo scenario prepara l’ingresso in scena del protagonista, che “aspettava nelle sue stanze un’amante”, ovvero quella Elena Muti che non vede da tempo. SOTTO IL GRIGIO DILUVIO DEMOCRATICO: Inizialmente viene fatta una descrizione di Andrea Sperelli e dell’educazione ricevuta. Nell’incipit viene descritto l’espandersi della democrazia che definisce metaforicamente “grigio diluvio 14 democratico”, mostrando così il suo disprezzo. Il padre ha così trasmesso al figlio insegnamenti che portano ad avere il pieno controllo della propria vita, al fine di poter conquistare un’aristocratica superiorità ALCYONE​: LA PIOGGIA NEL PINETO: ​Il tema centrale di questa poesia è quello dell’amore del poeta per Eleonora Duse. La donna amata accompagna il poeta durante una passeggiata estiva in campagna finché un temporale non li sorprende, lasciandoli soli e intimi nel pineto, sotto l’acqua che cade e che crea un’atmosfera surreale. La donna viene chiamata “Ermione”, un nome che ricorda un personaggio della mitologia greca, sposata e abbandonata da Oreste: d’Annunzio è come Oreste che torna a lei e alla Natura dopo aver dimenticato di contemplare questo mondo incontaminato, perso nella vita caotica e mondana della città. LA SERA FIESOLANA: La sera fiesolana è ambientata nella campagna di Fiesole, che presenta un tipico paesaggio collinare toscano, attraversato dall’Arno. La poesia è divisa in tre strofe, seguite da una ripresa di tre versi, sotto forma di lodi. In essa si racconta di una sera di fine primavera, nella campagna, dove è appena finito di piovere. Nella prima strofa viene descritto tutto il paesaggio che circonda l’autore, nel momento in cui il sole sta calando ed inizia la sera. Di fronte al poeta si trova un contadino che sta raccogliendo le foglie di gelso, e nonostante sia sera continua lentamente il suo lavoro; la luna che sta sbucando dall’orizzonte, causa un cambiamento di colori sia sugli oggetti sia sul paesaggio. Nella seconda strofa, invece, la protagonista è la pioggia, che è caduta prima che scendesse la sera. Il poeta si sofferma molto su tutti i particolari della campagna: dagli alberi che giocano con il vento, al grano non ancora maturo, al fieno già mietuto, alle colline sorridenti. Nella terza strofa, infine, si parla del fiume, degli alberi immersi nel silenzio dei monti e delle colline che si incurvano per racchiudere un segreto. Infine, nelle lodi, si parla della sera, che viene personificata nelle sembianze di una donna. PIRANDELLO Luigi Pirandello nacque nel 1867 a Girgenti da una famiglia agiata. Studiò al liceo classico di Palermo, poi si iscrisse alla facoltà di Lettere. Di qui passò nel 1887 all'università di Roma, poi a quella di Bonn dove conseguì la laurea. Al suo ritorno, volendo dedicarsi alla letteratura, si stabilì a Roma dove cominciò a collaborare con poesie e scritti critici a riviste come la "Nuova Antologia" e il "Marzocco". Nel 1894 Luigi Pirandello sposò Antonietta Portulano, dalla quale avrà tre figli. Nel '97 gli venne conferita, presso l'Istituto Superiore di Magistero, la cattedra di stilistica e poi di letteratura italiana, che terrà fino al 1925. Seguì, a partire dal 1903, un periodo difficile per lo scrittore, a causa della rovina dell'azienda paterna e con essa del patrimonio suo e della moglie. Intanto pubblica poesie, saggi, romanzi e novelle, ma la fama gli arriva come autore drammatico. A partire dal 1922 Luigi Pirandello 15 organizza una raccolta completa delle sue novelle sotto il titolo "Novelle per un anno", che allude al progetto, rimasto incompiuto (con un totale di 218 novelle), di scrivere una novella per ogni giorno dell'anno. Nel '25 Luigi Pirandello lascia l'insegnamento per dirigere il Teatro d'arte di Roma e fondare una sua compagnia. Nel '34 gli fu conferito il Nobel per la letteratura. Morì a Roma nel 1936. Egli oscilla da una concezione dell’umorismo come tendenza dell’uomo a crearsi illusioni ad una concezione di umorismo come caratteristica della modernità. L'umorismo ha alcuni caratteri fondamentali: disarmonia (la vita non è riconducibile a schemi); inconclusione (la vita non conclude); lingua quotidiana (compresa da tutti); riflessione come critica negativa (i valori tradizionali sono inconsistenti); antieroi. L'umorismo è diverso dal comico: possiede la riflessione; L'umorismo è diverso dal tragico: rifiuta la violazione di una norma morale; L'umorismo è diverso dall'epico: rifiuta il fatto eroico. Classicismo: personaggio letterario simbolo è Oreste, agisce senza dubbi; Umorismo: personaggio letterario simbolo è Amleto, continuamente scisso dalle contraddizioni, non sa agire. Inoltre, il comico è concepito come l'avvertimento del contrario, mentre l'umorismo è concepito come il sentimento del contrario. L’umorismo evidenzia il contrasto tra maschera e persona: l’uomo, costretto a vivere nella forma sociale, non è più una persona, ma una maschera che recita la parte che la società gli ha assegnato per essere accettato; consapevole della maschera, egli ha due possibilità, o far finta di nulla o diventare una maschera nuda (cioè consapevole). Al contrario del realismo (che presenta la realtà armoniosa e priva di conflitti), l’umorismo mostra il disordine della vita, aderendo di più alla realtà. Il teatro del grottesco​, rappresenta situazioni di vita di tutti i giorni dimostrandone la paradossalità e la contraddizione, approfondendo i temi della maschera e della trappola. Appartengono a questa fase testi come​ Il giuoco delle parti​ e ​Così è (se vi pare)​. Il metateatro​, svela la finzione della rappresentazione teatrale. Famosissima la trilogia del metateatro, che comprende ​Sei personaggi in cerca d’autore​, ​Questa sera si recita a sog​getto​ e ​Ciascuno a modo suo​. Il teatro della follia, ​l’oggetto della riflessione è l’estensione metaforica del concetto di teatro: tutta la vita è un’enorme messa in scena, a volte lucidamente controllata, altre sfocia nella follia Il teatro del mito​, tipico degli ultimi anni, tratta tematiche arcaiche e predilige l’elemento fantastico, come ne I giganti della montagna. 16 UNO, NESSUNO, CENTOMILA​: La storia raccontata nel romanzo ​Uno, nessuno e centomila​ inizia con un evento fortuito e apparentemente insignificante. Vitangelo Moscarda, il protagonista, scopre dalla moglie di avere il naso storto, un dettaglio di sé stesso che egli non aveva mai notato. Questa piccola coincidenza innesca un vortice di ragionamenti che lo portano, attraverso vari esperimenti, alla consapevolezza di non essere per gli altri come egli è per sé stesso. Vitangelo comincia a compiere delle azioni che ai suoi occhi hanno un senso e uno scopo preciso, ma che agli occhi degli altri appaiono come segni di follia. Il primo esperimento è quello con Marco di Dio e sua moglie Diamante, due poveri sognatori, vecchi clienti del padre usuraio, che vivono in una catapecchia di Vitangelo. Il protagonista decide di inscenare lo sfratto dei due, salvo poi, a sorpresa, donargli una casa. Di fronte a questo gesto, col quale Vitangelo vorrebbe allontanare la fama di usuraio che egli ha in paese, la gente reagisce gridandogli: «Pazzo! Pazzo! Pazzo!». La seconda azione folle che Vitangelo compie, questa volta in preda alla rabbia, è di ritirare il proprio capitale dalla sua banca, mandandola fallita. Le reazioni degli altri questa volta sono più violente. La moglie va via di casa e lui litiga col suocero. Tutti, in primis gli amministratori della sua banca, ormai lo credono impazzito. Ma interviene qui un nuovo personaggio, Anna Rosa, amica della moglie, che lo fa chiamare e lo avverte che tutti stanno cospirando contro di lui per farlo dichiarare insano di mente. Con Anna Rosa Vitangelo si apre, cerca di spiegargli i suoi pensieri, lei li capisce e, sconvolta e con un gesto inaspettato, cerca di ucciderlo con una pistola. Dopo il tentato omicidio di Vitangelo, c’è il processo contro Anna Rosa. La versione che Vitangelo dà al giudice è che si sia trattato di un incidente, ma Anna Rosa ha già confessato. Nel finale, Vitangelo ci dice che ora vive in un ospizio e che ormai ha accettato la propria condizione attraverso l’accettazione del nulla, del fatto che la vita “non conclude”. LA VITA NON CONCLUDE: Vitangelo Moscarda è stato ferito da Anna Rosa, che gli ha sparato un colpo di pistola in preda ad un raptus, quasi per sfuggire al suo stesso desiderio (l’attrazione per Moscarda). Ma durante l’istruttoria e il processo Moscarda decide di rifiutare ogni tentativo di spiegazione razionale di quanto accaduto e sceglie consapevolmente di rinunciare a tutto quello che lui è stato: si ritira a vivere in un ospizio deciso a vivere attimo per attimo, senza più alcun pensiero riguardo passato e futuro. SVEVO Italo Svevo nacque a Trieste nel 1861 da una agiata famiglia ebrea. La sua origina è fondamentale per capire le caratteristiche della sua formazione. Trieste era una città multietnica, aperta all'influsso della cultura europea, soprattutto mitteleuropa. Svevo, dopo aver frequentato la scuola israelitica a Trieste, studiò per cinque anni in Germania, dove approfondì la conoscenza della letteratura tedesca. Tornato a Trieste cominciò a frequentare per volere del padre un istituto superiore per il 19 commercio. Lavorò per 18 anni nella filiale triestina della Banca Union di Vienna e nello stesso periodo si dedicò alla lettura di grandi autori francesi e italiani. Dal 1880, per quasi 10 anni, lavorò al giornale triestino l'Indipendente. Negli stessi anni venne in contatto con le teorie di Darwin e del positivismo, abbracciando le idee socialiste e marxiste, essendo sempre più consapevole che la società plasma in gran parte gli individui. Nel 1892 pubblicò il suo primo romanzo "Una vita", il quale non fu neppure considerato dalla critica ufficiale. Il matrimonio con Livia Veneziani, migliorò la sua condizione economica e sociale, da piccolo borghese si ritrovò a far parte dell'alta borghesia. Dopo la nascita della figlia cominciò a lavorare nella ditta del suocero, ne derivò l'abbandono della letteratura. Ad effettuare questa scelta fu anche anche la delusione per il secondo insuccesso letterario, "Senilità". Negli anni successivi Svevo ebbe modo di viaggiare molto all'estero per motivi di lavoro, avendo modo di conoscere meglio l'inglese e si rivolse a James Joyce. Tra i due nacque una reciproca amicizia e Svevo fece leggere a Joyce i suoi romanzi tanto che quest'ultimo lo incoraggiò a continuare a scrivere. Tra il 1919 e 1922, Svevo si dedicò alla stesura del suo terzo romanzo "La coscienza di Zeno", il quale ha avuto un gran successo. Oltre a questi tre romanzi Svevo scrisse molti altri racconti e commedie. La componente irrazionalistica del pensiero di Schopenhauer e Nietzsche, spostò l'attenzione di Svevo sull'interiorità dei personaggi. E l'interessa per la psiche portò Svevo ad accostarsi alle teorie di Freud tra il 1908 e 1910. Non credendo nell'efficacia terapeutica della psicoanalisi, si interessava a queste teorie come strumento di introspezione della complessità della psiche dei suoi personaggi, di cui si servì nella coscienza di Zeno. L'amicizia con Joyce lo portò ad interessarsi alla narrativa inglese, il cui influsso è da collegare all'umorismo e all'ironia che caratterizzano l'ultimo romanzo. Leggendo i romanzi di Proust ricavò l'idea del recupero della memoria come strumento per analizzare e comprendere il passato. Nel suo primo romanzo, "Una vita", compare la prima figura di inetto, ovvero uomo incapace di vivere la vita e destinato a fallire. Notiamo anche l'evidente influsso del naturalismo. Svevo si interessa alla psiche dei personaggi, all'intrecciarsi dei loro rapporti mentre l'ambiente sociale non riveste particolare interesse. Si allontana sempre più dal naturalismo e con la Coscienza di Zeno abbiamo il definitivo superamento di questo. Il racconto non segue un ordine cronologico ma procede per tematiche, quindi un continuo avanti e indietro nel tempo tra passato e presente realizzato con la tecnica del flashback. UNA VITA​: La storia ruota intorno ad Alfonso Nitti, trasferitosi da poco a Trieste dal paese natale, dopo aver trovato lavoro da impiegato presso la banca Maller. Un giorno viene invitato a casa del banchiere, dove si riunisce un salotto letterario, guidato dalla figlia di Maller, Annetta. Qui, Alfonso cerca il suo modo di emergere socialmente, mostrando le sue ambizioni letterarie. Conosce quindi Annetta con cui intreccia una relazione amorosa, un rapporto tra una donna capricciosa e volubile e 20 un uomo desideroso di riconoscimento sociale e artistico. Fa amicizia, inoltre, anche con Macario, giovane ambizioso e sicuro di sé. Per Alfonso sembra essere giunto il momento più favorevole, ma l’uomo, improvvisamente, ritorna nel suo paese, in una sorta di fuga dalla sua nuova vita per dedicarsi nuovamente alla speculazione interiore e per assistere la madre malata, che muore poco dopo. Il ritorno di Alfonso a Trieste non corrisponde al recupero della situazione precedente: Annetta sta per sposarsi con il cugino, al protagonista viene affidato una mansione meno importante in un altro ufficio e i suoi tentativi di riottenere il favore della famiglia Maller sortisce l’effetto opposto. Alfonso, ormai, si sente odiato e perseguitato dai Maller, che ormai pensano che questo voglia ricattarli. Il protagonista chiede ad Annetta di poterla incontrare per chiarire la situazione, ma all’appuntamento si presenta il fratello, che sfida l’uomo a duello. Alfonso, vittima della sua inettitudine e credendo che Annetta desideri la sua morte, si suicida. La notizia del suo decesso viene affidata dall’autore a una fredda, impersonale e ipocrita lettera della Maller, in cui viene dichiarata, falsamente, sconosciuta la ragione del gesto dell’impiegato. LETTERA ALLA MADRE: Questo brano è l’inizio del romanzo. Alfonso, già trasferitosi a Trieste, scrive una lettera alla madre, raccontandole la propria insoddisfazione per il lavoro in banca e per il povero alloggio dove è costretto a vivere. SENILITA’​: La trama ruota intorno alla storia d’amore tra Emilio Brentani e Angiolina. Emilio, impiegato con ispirazioni letterarie, vive un’esistenza monotona e grigia con la sorella Amalia, quando incontra la giovane Angiolina, di cui si innamora. La donna, tuttavia, fin dal primo istante si dimostra meno coinvolta del protagonista ed è anzi attratta da diversi uomini, tra cui Stefano Balli, amico di Emilio e scultore, di cui è innamorata pure Amalia. Il legame tra Emilio e la giovane, che doveva rimanere libero e disimpegnato, si dimostra invece ben più complesso, poiché Angiolina, donna opportunista e infedele, può controllare i sentimenti di Emilio. Questo, geloso della sorella per la presenza di Balli in casa sua, allontana l’uomo da casa. Amalia si ammala di polmonite e muore. Emilio interrompe la relazione con Angiolina, non cessando tuttavia di amarla. In seguito, scopre che la donna è scappata a Vienna con un cassiere di una banca. Il protagonista ritorna a vivere la sua esistenza grigia e mediocre in solitudine, ricordando le donne amate, Amalia e Angiolina, unendo nella memoria l’aspetto dell’una con il carattere dell’altra. EMILIO E ANGIOLINA: Emilio ha finalmente trovato non il vero amore ma l’avventura, una relazione con una donna più giovane, più povera, più inesperta di lui, una relazione in cui, apparentemente, lui ha tutto da guadagnare e niente da perdere. Ma ecco che, in extremis, arriva questo incontro casuale, questo amore comodo, questa ragazzina che non può pretendere niente. Emilio, che ha 21 combattere sul Carso. Nel 1921 si trasferì a Roma e aderì al Fascismo, convinto che la dittatura potesse rafforzare quella solidarietà nazionale dalla quale si era sentito a lungo escluso​.​ Il carattere autobiografico della produzione di Ungaretti non è da intendersi nel senso più comune del termine, ovvero come una narrazione che ripercorre la vita dell’autore, bensì deve essere inquadrata attraverso la concezione della poesia ermetica: non poteva esservi verità in un’opera d’arte qualora essa non fosse una confessione. La difficoltà della poesia ungarettiana sta nell’accostamento di parole apparentemente slegate fra loro; questa innovazione venne favorita dalla rivoluzione futurista, della quale tuttavia lo stesso autore aveva rifiutato il movimento caotico. I versi sono liberi e per lo più brevi; la strofa è spesso costituita dalla sola frase principale. L’ALLEGRIA​: In trincea nasce la maggior parte delle liriche del Porto sepolto, il diario dal fronte, confluito dapprima nella raccolta ​Allegria​ del 31 e in quella definitiva del 42. La raccolta è formata da settanta liriche in totale, suddivise nelle seguenti sezioni: Ultime, Il porto sepolto, Naufragi, Girovago, Prime​. La prima produzione di Ungaretti nasce in seguito alla riflessione sulla sofferenza e sulla drammaticità della guerra. Sulla scia del poeta francese Baudelaire, Ungaretti attribuisce alla poesia la funzione di un’indagine condotta dall'intuito, per raggiungere la verità della vita. La raccolta dal titolo Il porto sepolto ha come tematica centrale la ricerca della poesia. Il titolo nasce da un lontano ricordo della fanciullezza del poeta: fu scoperto vicino ad Alessandria un porto sommerso in fondo al mare della sabbia del deserto, di epoca precedente alla fondazione della città qual è ora e di cui non si sa nulla, che diviene simbolo del mistero dell’esistenza, di ciò che di segreto rimane in noi indecifrabile. Il porto sepolto e Allegria di naufragi sono anche i titoli di due liriche. La prima costituisce una dichiarazione di Ungaretti, per cui la poesia è portatrice di un inesauribile segreto. Il poeta, attraverso l’esperienza drammatica della guerra e della morte, tenta di decifrare il mistero della vita, per poi offrirlo agli uomini con i suoi versi: la parola riposta alla luce ciò che rimane nell'abisso dell’inconscio, per evocare i momenti che segnano l’esistenza dell’uomo e per poter far fiorire la vita. Allegria di naufragi esprime una concezione della vita che vuole l’uomo, come un vecchio lupo di mare, dopo sconfitte e delusioni, riprendere il cammino della vita. I FIUMI: La poesia di Ungaretti è come un grandissimo ricordo, un ripercorrere la sua vita dall’inizio fino al momento in cui scrive. Nascita, infanzia, adolescenza e, infine, la guerra. Quattro sono i fiumi che il poeta associa a queste quattro fasi della sua vita, l’Isonzo quello che associa alla guerra. Questa poesia è circolare e si divide in quattro parti. Nella prima parte il poeta è seduto nella notte, riposandosi, e fissa la luce della luna; in questo momento romantico scaturisce la riflessione sulla sua vita. Nella seconda parte della poesia il poeta si classifica come solo e unico superstite, sentendosi come fosse una reliquia, un oggetto antico conservato in un’urna 24 d’acqua. C’è qui una rievocazione al momento del battesimo invocato come una sorta di rinascita. Nella terza parte della poesia il poeta ripercorre le fasi del suo passato prima della guerra utilizzando quei fiumi che le rappresentano così come l’Isonzo rappresenta la sua vita in guerra. Così il Serchio rappresenta le sue origini, i posti dove i genitori abitavano prima di andare via per questioni lavorative così come fecero molti altri italiani all’epoca; il Nilo, invece, parla dell’infanzia e della prima giovinezza dell’autore, di quell’età in cui aveva molti sogni ma un sentiero ancora non tracciato; la Senna rappresenta Parigi, la città dove Ungaretti ha studiato, capendo che sarebbe diventato poeta; l’Isonzo, in fine, che riporta al presente e all’autore che, pur se in guerra, riesce immergendosi a vivere un attimo di felicità. Nell’ultima parte della poesia, la quarta, Ungaretti torna al presente pieno di nostalgia                          e tristezza, paragonando la sua vita alla corolla di un fiore, resa precaria dall’idea                            della morte che può sempre affacciarsi, soprattutto vivendo in guerra.  SAN MARTINO DEL CARSO: ​Il contesto storico della poesia è la Prima guerra        mondiale. Nella lirica Ungaretti ricorda, davanti al paese mezzo distrutto dalla guerra, i suoi compagni di battaglia. In San Martino del Carso i suoi compagni di guerra vengono ricordati uno ad uno in segno d'affetto e d'omaggio da parte del poeta italiano. Il ricordo dei compagni e amici per Ungaretti è rimasto in fondo al cuore e questa poesia è stata scritta con un linguaggio molto semplice dall'autore proprio con l'obiettivo di ricordare i suoi amici cari. Intorno a Ungaretti regna la desolazione di San Martino del Carso e i segni di una guerra logora che tutto ha distrutto e rovinato, persino le persone a lui più care con cui lui interloquiva. Lo stile poetico utilizzato nella lirica è molto semplice ed essenziale ed è teso a fare capire lo stato d'animo del poeta. VEGLIA: ​Nell’antivigilia di Natale, nella notte del 23 dicembre, a due giorni dalla festa che celebra la vita come valore sacrale, Ungaretti si trova in trincea a vegliare un compagno morto da poche ore. Partiamo da questo contrasto. L’esperienza della veglia di una salma capita prima o poi: la morte non manca nelle esperienze di nessuno. Siamo fortunati, in un certo senso, se questa prima esperienza ci capita con persone anziane della nostra famiglia: istintivamente capiamo che è un processo naturale. I vivi vegliano i morti che hanno terminato il loro viaggio terreno, e li accompagnano in un altrove che non ci è dato sapere. La morte prematura, per malattia, o per incidente, è ben altra cosa: è una domanda aperta che non dà scampo. Ancora peggio è la morte violenta, quella di cui ci parla il poeta: la morte in guerra, magari, quando si viene strappati giovani alle proprie case per andare a combattere. SOLDATI: ​La lirica Soldati realizzata da Giuseppe Ungaretti è costituita da quattro versi liberi ed è molto breve. Il componimento poetico presenta una vera e propria struttura circolare e, pur essendo molto sintetico, presenta ben due enjambements, ovvero "come-d'autunno" e "alberi-le foglie". Soldati sembra essere proprio 25 presentata sotto forma di aforisma e tende a paragonare la vita dei soldati a quella delle foglie. Come i soldati sembrano avere un'esistenza segnata, in quanto potrebbero morire in trincea durante le ostilità, le foglie subiscono la stessa sorte, cadendo. Nel componimento lirico, Giuseppe Ungaretti non fa uso di alcuna punteggiatura, con l'obiettivo di rendere chiara l'idea che tutto sembra essersi fermato, come se il tempo appunto si fosse fermato. Soldati di Ungaretti è stata scritta durante la guerra nel 1918. E' costruita su un paragone tra le foglie e i soldati, che sugli alberi, intesi come trincee, combattono. Come si sa l'Autunno è per le foglie il momento di cadere e come esse anche i poveri soldati lo fanno. MATTINA: La poesia si presenta formata da una strofa di due versi liberi; da notare che l’elisione fonde in un’unica pronuncia il soggetto con il verbo e l’allitterazione del fonema M che contribuisce ad amplificare l’idea dell’immensità. Il titolo è molto importante poiché il poeta, durante la guerra, una mattina, viene come abbracciato da una luce molto forte e dunque anche da un calore molto intenso proveniente dall’alto, e che illumina lo spazio circostante, ma che soprattutto lo fa risplendere interiormente, riuscendo così quasi a percepire la vastità immensa dell’infinito. Ungaretti dunque con questa poesia vuole quasi comunicare che l’uomo, pur in situazioni macabre, pur di fronte alle enormi distruzioni ed agli enormi dolori che provoca la guerra, pur avendo scoperto la sua fragilità e la sua precarietà nella vita che gli è stata data, è in grado di cogliere con una grandezza smisurata tutta l’immensità del suo mondo al quale si sente di appartenere. TUTTO HO PERDUTO: ​La lirica sembra affrontare solo ed esclusivamente il tema della scomparsa del fratello di Ungaretti ma in realtà egli è il fatto scatenante di un dolore ancora più grande nel presente di Ungaretti: la perdita di ogni legame con la sua infanzia. Il fratello defunto rappresentava l'ultimo "testimone" della sua infanzia, questo vuol dire che quando pensava al fratello o quando lo incontrava e iniziavano a parlare del passato, rivivevano quei momenti di vita vissuti insieme di quando ancora erano ancora dei fanciulli, mentre ora non ha nessun altro con cui condividere queste emozioni e il solo ricordare il passato non lo conforta più. Il testo ha una forma autobiografica e, attraverso il quale, il poeta vuole trasmettere il suo stato d'animo per aver subito la perdita dell'infanzia e tutto ciò che essa rappresentava. Il discorso riguarda, in particolare, il ruolo della memoria, che porta dentro di sé ricordi dolorosi della vita. L'infanzia, invece, non ha memoria, in quanto è vissuta in modo spontaneo e felice, senza pensieri, senza le preoccupazioni del passato. FENOGLIO UNA QUESTIONE PRIVATA: ​La vicenda è ambientata nel novembre del 1944, negli ultimi mesi della Seconda guerra mondiale e al culmine della guerra civile tra partigiani e nazifascisti. Nel corso di una ricognizione nella cittadina piemontese di Alba, Milton si ritrova casualmente di fronte alla villa di Fulvia, una ragazza torinese 26
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