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Riassunto Psicologia delle Organizzazioni, Sintesi del corso di Psicologia Delle Organizzazioni

Sintesi per l'esame di Psicologia delle Organizzazioni della prof. Farnese

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 02/10/2019

silvia0795
silvia0795 🇮🇹

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Scarica Riassunto Psicologia delle Organizzazioni e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia Delle Organizzazioni solo su Docsity! PSICOLOGIA DELLE ORGANIZZAZIONI 1. DEFINIZIONE E ANALISI Possono essere distinte 4 diverse concezioni dell’organizzazione: 1) Sistema razionale : concepisce le organizzazioni come collettività orientate al raggiungimento di fini specifici, con una struttura formalizzata e una cooperazione consapevole tra i membri 2) Sistema naturale : collettività che, condividendo un interesse comune nella sopravvivenza dell’organizzazione, si impegnano in attività informalmente strutturate per raggiungere tale fine 3) Sistema aperto : le organizzazioni sono sistemi di attività e flussi interdipendenti che legano coalizioni instabili e non coese di membri, i quali non condividono fini comuni 4) Processo di azioni e decisioni : l’organizzazione è un processo intenzionale verso fini attesi , caratterizzato da razionalità limitata (i suoi elementi non sono gli individui, ma azioni e decisioni) Quindi, è possibile definire le organizzazioni come entità sociali (composte da persone), intese come un processo di azioni e decisioni orientate a realizzare obiettivi specifici, basandosi su processi di differenziazione e integrazione, sull’esistenza di ruoli specifici, su un sistema di autorità riconosciuta e accettata dai membri, in interazione dinamica con l’ambiente esterno (inteso come l’insieme di elementi e forze esterne che influenzano il comportamento organizzativo). 1.1 - LIVELLI DI ANALISI Lo studio delle organizzazioni può differenziarsi a seconda del livello di analisi: • Livello socio-psicologico e intra-organizzativo (micro): l’attenzione è rivolta al comportamento delle persone e alle relazioni interpersonali (esclude la struttura organizzativa e l’ambiente) • Livello organizzativo (meso): si focalizza su elementi e processi strutturali (gerarchia, autorità) • Livello ecologico e inter-organizzativo (macro): l’attenzione è focalizzata sulle caratteristiche delle organizzazioni viste come entità collettive, operanti in un più ampio sistema di relazioni Poiché gli scopi sociali nelle società moderne eccedono le capacità delle singole organizzazioni, vari autori parlano di “metaorganizzazioni” (MO), cioè organizzazioni composte da altre organizzazioni. 1.2 - DIFFERENZIAZIONE E INTEGRAZIONE La differenziazione, ovvero la divisione del lavoro, la definizione della struttura dei compiti e il loro affidamento a persone specifiche, è un processo basilare all’interno delle organizzazioni. È altresì necessario un processo di coordinamento-integrazione, che mira a far lavorare assieme persone e cose in vista di un risultato definito. Vi sono 3 modi per realizzare il coordinamento: • Standardizzazione : il coordinamento si realizza tramite regole e routine • Programmi : creazione di schemi operativi di pianificazione • Mutuo adattamento : le parti si coordinano scambiandosi informazioni durante l’attività Mintzberg distingue 5 meccanismi di coordinamento che possono essere coordinati tra loro: • Supervisione diretta : il coordinamento è gerarchico ed è gestito da una sola persona. È diffusa nelle piccole organizzazioni e nelle organizzazioni “sintetiche” (fortemente accentrate) • Standardizzazione dei processi : i contenuti del lavoro sono programmati rigidamente, v’è un alto livello di burocratizzazione e il comportamento è formalizzato. È diffusa nelle grandi industrie • Standardizzazione degli output di lavoro : si specificano i risultati del lavoro, le performance attese. Il controllo si basa sul prodotto finale e non sulle persone (strutture divisionali) • Standardizzazione delle capacità e delle conoscenze di lavoro : si specifica il tipo di formazione richiesta per eseguire il lavoro (input, capacità dei dipendenti) PAGE 26 • Adattamento reciproco : il controllo del lavoro è nelle mani di chi lo esegue, il coordinamento si fonda sulla comunicazione informale e l’integrazione diretta e orizzontale tra i membri Vi sono, però, anche fattori che ostacolano il coordinamento: •.)a Partition Focus : tendenza a focalizzarsi sulla divisione dei compiti più che sull’integrazione •.)bComponent Focus : tendenza dei singoli a concentrarsi sui compiti di cui sono responsabili •.)c Comunicazioni inadeguate : processi psicologici che rendono difficile per un individuo considerare la prospettiva di altri individui durante il processo comunicativo •.)dConoscenze specialistiche e linguaggi specifici : favorisce processi di “segretezza strutturale” Questi fattori contribuiscono al fallimento, da parte degli individui che progettano le organizzazioni, nel comprendere l’importanza dell’azione coordinata, manifestando il cosiddetto coordination neglet. 1.3 - REQUISITI DI FUNZIONAMENTO E PERFORMANCE Le organizzazioni devono assicurare alcuni specifici requisiti di funzionamento: • Efficacia : il grado in cui l’organizzazione riesce a realizzare i suoi obiettivi prefissati • Efficienza : intesa come il rapporto tra il risultato raggiunto e i mezzi impiegati per ottenerlo. Alcuni tipici indicatori di efficienza sono: • Produttività del lavoro : rapporto tra output e numero di ore di lavoro delle persone • Produttività di un impianto : rapporto tra output e numero di ore di lavoro delle macchine • Economicità : capacità di un’organizzazione di utilizzare in modo efficiente le proprie risorse, raggiungendo in modo efficace i propri obiettivi • Qualità : la misura delle caratteristiche di un’entità in rapporto a quanto ci si attende da essa • Affidabilità : la capacità di gestire con continuità ed efficacia le diverse condizioni di lavoro, anche se esse fluttuano e/o sono estremamente rischiose (High Reliability Organizations) • Resilienza : la capacità di un’organizzazione di effettuare costanti e adeguati aggiustamenti di fronte a situazioni sfidanti o inaspettate dell’ambiente esterno • Legittimità sociale : capacità di conformarsi alle pressioni dell’ambiente esterno 2. STRUTTURE ORGANIZZATIVE La struttura organizzativa attiene alle scelte relative alla differenziazione delle componenti di un’organizzazione e all’istituzione di connessioni tra e dentro queste componenti. In altre parole, riguarda la divisione e il coordinamento del lavoro all’interno di un’organizzazione. Si distinguono: • Struttura formale : divisione delle responsabilità e dell’autorità esplicita, legittima e formalizzata, unita ad una chiara definizione delle relazioni tra le persone • Struttura informale : include norme e aspettative sociali senza legittimità né formalizzazione Secondo Chandler, il concetto di struttura è strettamente connesso a quello di strategia, intesa come la definizione delle mete, degli obiettivi, dei criteri d’azione e della modalità di allocazione delle risorse necessarie a conseguire tali obiettivi. Il rapporto strategia-struttura ha 3 aspetti principali: • La struttura consegue alla strategia: il disegno organizzativo viene modellato in base alle strategie • La strategia consegue alla struttura: la struttura organizzativa influenza le decisioni strategiche • Strategia e struttura coevolvono, in un continuo processo di interazione e circolarità 2.1 - ORGANIZZAZIONE BUROCRATICA Weber sviluppa l’analisi della burocrazia a partire dall’analisi del potere, individuandone 3 forme: Potere tradizionale : la legittimità si fonda sulla base di antichi ordinamenti e regole tradizionali, cui si obbedisce in virtù della dignità attribuita dalla tradizione (patriarchi, anziani) Potere carismatico : basa la sua legittimità sul fascino personale di una figura eroica (profeti) PAGE 26 L’Incident Command System (ICS) è un modello “gerarchico a rete” in grado di far fronte a situazioni d’emergenza. È una forma di coordinamento che usa il controllo gerarchico tramite un comando unificato per gestire una rete di organizzazioni con fini condivisi. È un modello duale: in base al contesto, le organizzazioni possono spostarsi da una struttura burocratica a una più flessibile. 3. ORGANIZZAZIONI E AMBIENTE L’ambiente organizzativo è l’insieme degli elementi e delle forze esterne all’organizzazione che sono in grado di influenzarne il comportamento. Si distingue in: • Ambiente di riferimento : fattori che hanno un impatto diretto sull’organizzazione (fornitori) • Ambiente generale : fattori che influenzano indirettamente l’organizzazione (fattori socioculturali) Le teorie organizzative includeranno l’ambiente esterno solo negli anni ’50 con l’approccio sistemico, che concepirà le organizzazioni come sistemi aperti in interazione dinamica con l’ambiente. Quindi, è impossibile capire il comportamento e la struttura organizzativa senza considerare il contesto. Sul rapporto con l’ambiente vi sono 2 concezioni: i modelli diadici e l’organizzazione dell’ambiente. 3.1 - MODELLI DIADICI DELL’AMBIENTE Studiano il mutamento dell’organizzazione individuale, centrandosi sulla singola organizzazione e il suo management e la loro capacità di adattamento all’incertezza derivante dall’ambiente: • Economia dei Costi di Transazione (ECT) : concepisce le organizzazioni come strutture per governare le relazioni di scambio, con l’obiettivo di stipulare contratti affidabili ed efficienti. L’unità d’analisi è la transazione: lo scambio regolato da forme di contratto (beni, servizi). La ECT parte dalla critica all’idea di mercato come “meccanismo perfetto” , data l’esistenza di 2 fattori: •.)a Razionalità limitata : limiti fisiologici, temporali o relativi alla disponibilità di informazioni •.)bOpportunismo : la ricerca del proprio interesse tramite l’inganno e i comportamenti scorretti Questi 2 fattori favoriscono l’asimmetria informativa, che può verificarsi ex ante, cioè durante la negoziazione fra gli attori (un attore nasconde informazioni rilevanti) oppure ex post, nel corso dell’esecuzione di un contratto (l’attore si comporta in modo opportunistico). Poiché l’obiettivo è l’economicizzazione dei costi di transazione, la ECT individua 3 aspetti della transazione: • Incertezza : l’affidabilità con la quale un bene o un servizio necessari sono disponibili quando richiesto, oppure al rischio di comportamenti opportunistici • Frequenza : indica il numero di transazioni da effettuare tra 2 soggetti economici • Specificità delle risorse : riguarda il grado in cui un bene o un servizio sono specializzati in relazione a una determinata transazione I limiti della ECT possono essere così sintetizzati: • Assenza di variabili e fattori istituzionali (indebolisce la capacità predittiva del modello) • Assenza di spazio dedicato al potere • Assenza di interesse verso il contesto sociale (la cooperazione nel mercato e i conflitti nell’impresa sono presenti in misura maggiore di quanto affermato dalla ECT) • Teoria della Dipendenza dalle Risorse (TDR): si focalizza sulle conseguenze delle differenze di potere tra le organizzazioni, risalta la natura politica delle loro scelte e si basa su 3 idee: • Contesto : ridimensiona il ruolo del leader per dare più importanza all’ambiente esterno • Strategie : l’obiettivo organizzativo è minimizzare la dipendenza da altre organizzazioni per l’acquisizione delle scarse risorse nell’ambiente e, al contempo, cercare di influenzarle • Potere : il fattore chiave per capire i comportamenti intra- e inter-organizzativi Essendo il fine ultimo dell’organizzazione quello della sopravvivenza, allora il comportamento di un’organizzazione è la risposta ai vincoli ambientali o il tentativo di liberarsi da essi. In tal senso, il concetto di dipendenza descrive la lotta di ogni organizzazione per sopravvivere e per PAGE 26 procurarsi le risorse: tale processo definisce il modo in cui si struttura l’organizzazione. Il grado dipendenza da un’altra organizzazione è dato da 2 fattori: •..1 Importanza della risorsa per la sopravvivenza •..2 Grado in cui una data risorsa è controllata da altre organizzazioni In quest’ottica, si dice che l’ambiente viene “attivato” (enacted) dall’organizzazione, nel senso che essa sceglie come operare e con quali attori relazionarsi/allearsi per perseguire i suoi scopi. 3.2 - ORGANIZZAZIONE DELL’AMBIENTE Studia la struttura e la composizione dell’ambiente assumendo che il cambiamento organizzativo è determinato più dai cambiamenti nell’ambiente che dal comportamento della singola impresa: • Ecologia organizzativa : adotta le teorie e i modelli della biologia delle popolazioni e della demografia umana per spiegare l’evoluzione dei sistemi organizzativi (fondazione, fallimento, crescita). L’assunzione di base è che per comprendere la diversità organizzativa occorre un population thinking, dove le popolazioni sono aggregati di organizzazioni che condividono una comune dipendenza dagli ambienti culturali e materiali. La ricerca divide 3 livelli di analisi: • Demografia delle popolazioni organizzative : ha come focus le variazioni nell’andamento dei processi vitali delle popolazioni organizzative • Popolazione organizzativa : intesa come insieme di organizzazioni che hanno una forma e un identità comune, operano in una data regione e producono beni o servizi simili • Comunità organizzativa : intesa come un insieme spazialmente o funzionalmente confinante di popolazione in relazione tra loro Poiché le risorse umane ed economiche sono limitate, le società hanno una limitata capacità di sostenimento per le organizzazioni (carrying capacity), per cui esse devono competere per la propria sopravvivenza. A tal proposito, un concetto rilevante è quello di nicchia, che fa riferimento al ruolo di una popolazione in una comunità e al modo in cui essa si procaccia le risorse: è, quindi, l’insieme delle condizioni ambientali entro le quali una popolazione riesce a riprodursi. Questo approccio individua 4 processi che guidano l’evoluzione delle organizzazioni: •..1 Variazione : cambiano sia le routine e le competenze che la forma di un’organizzazione •..2 Selezione : processo che porta all’eliminazione di certi tipi di variazione •..3 Ritenzione : il processo per cui le variazioni selezionate sono preservate e riprodotte •..4 Lotta : processo condotto per ottenere risorse scarse Stinchcombe introduce il concetto di imprinting : le caratteristiche strutturali di una data forma organizzativa dipendono dall’epoca in cui essa è apparsa per la prima volta. Dopo essere stata ideata, tale forma persiste nel tempo in una sorta di imprinting a livello di “specie organizzativa”. In più, le organizzazioni subiscono forti pressioni a mantenere nel tempo le loro forme strutturali : la presenza di vincoli interni ed esterni ostacola il cambiamento, facilitando l’inerzia organizzativa. In base ai loro rapporti con l’ambiente, le organizzazioni si dividono in: • Specialiste : offrono una gamma più limitata di beni/servizi o servono un mercato più ristretto, sono di piccole dimensioni e possono essere più flessibili ai mutamenti dell’ambiente; • Generaliste : caratterizzate da una sfera di influenza più ampia, sono adatte ad ambienti variabili e sono capaci di sopravvivere in un’ampia gamma di configurazioni ambientali Un’ulteriore distinzione riguarda l’ambiente, che può essere: • A grana fine : con una molteplicità di stati di breve durata • A grana grossa : con un piccolo numero di stati di lunga durata • Prospettiva istituzionale : parte dall’assunto che nessuna organizzazione può essere compresa prescindendo dal suo contesto culturale e sociale e dall’ambiente organizzativo, inteso in termini culturali, tecnici ed economici. Gli ambienti creano infrastrutture che vincolano e sostengono le attività delle organizzazioni, che sono quindi inserite in specifici “sistemi culturali” che definiscono il modo in cui i loro mondi operano. Il neo-istituzionalismo si basa sull’assunto che tutte le organizzazioni operano in campi strutturati composti da altre organizzazioni, con PAGE 26 influenze e condizionamenti reciproci. Quindi, le proprietà demografiche e strutturali dell’ambiente contribuiscono notevolmente a formare il comportamento organizzativo. I pilastri dell’approccio neoistituzionale sono 3: • Pilastro regolativo : istituzioni che regolano il comportamento tramite controlli e sanzioni • Pilastro normativo : regole che introducono una dimensione prescrittiva e di obbligo morale • Pilastro cognitivo : schemi mentali mediante i quali si attribuisce un significato agli eventi A differenza dell’ecologia organizzativa, quindi, gli ambienti sono costituiti non solo da aspetti tecnici e di risorse, ma anche da elementi simbolici, culturali e sistemi di credenze. Tali sistemi di credenze possono essere finalizzati o meno al raggiungimento di obiettivi: se non lo sono, si tratta di veri e propri miti razionali, nel senso che la loro efficienza è presunta in base a una larga adozione da parte di altre organizzazioni, più che provata dalla loro effettiva efficacia. Le organizzazioni tendono a conformarsi all’ambiente istituzionale esterno secondo il processo di isomorfismo, in base al quale si doterebbero di strutture formali che rispondono più al criterio del mito e della cerimonia che a quello dell’efficienza. Tuttavia, esso nasce anche dal fatto che l’ambiente opera affinché nascano nuove organizzazioni dedicate a perseguire fini che l’ambiente considera legittimi. Le organizzazioni son quindi soggette a 2 fonti di pressioni: • Regole istituzionali cui conformarsi • Pressioni all’efficienza Le organizzazioni che incorporano nelle loro strutture formali elementi razionalizzati e socialmente legittimati massimizzano la loro legittimità e incrementano risorse e capacità di sopravvivenza. Se le pressioni sono contrastanti, Myers e Rowan propongono di sviluppare 2 strutture parallele, una formale, rivolta alle regole istituzionali (miti) e una informale, che persegue l’efficienza. L’unità d’analisi dell’istituzionalizzazione è il campo organizzativo o settore societario, che include i fornitori chiave, i consumatori, le agenzie di controllo e altre organizzazioni che producono prodotti o servizi simili. Il processo di strutturazione , o definizione istituzionale, include 4 parti: .1 L’incremento dell’interazione tra le organizzazioni nel campo .2 L’emergere di strutture interorganizzative di dominio e di modelli di coalizione definiti .3 L’aumento del carico di informazioni che ogni organizzazione del campo deve gestire .4 Lo sviluppo di una reciproca consapevolezza di essere coinvolti in un’impresa comune Una volta che le organizzazioni operanti in una stessa area di attività giungono a strutturarsi in un “campo”, si ha l’isomorfismo. A differenza dell’ecologia organizzativa, per cui l’isomorfismo è più “competitivo”, qui si parla di isomorfismo “istituzionale”, che può articolarsi in 3 forme: • Coercitivo : deriva da pressioni formali e informali esercitate sulle organizzazioni da altre da cui dipendono, ma anche dalle attese culturali presenti nell’ambiente • Mimetico : origina dalla tendenza delle organizzazioni a modellarsi su altre organizzazioni per rispondere all’incertezza presente nell’ambiente (adottare soluzioni e modelli altrui perché già adottati da altre organizzazioni simili o di successo, più che per la loro provata efficacia) • Normativo : trae origine dai processi di professionalizzazione di manager e tecnici qualificati 3.3 - AMBIENTE E INCERTEZZA L’incertezza, intesa come la differenza tra la quantità di informazioni richieste e la quantità di informazioni possedute, è il problema fondamentale per le organizzazioni. Non avendo sufficienti informazioni sulle condizioni ambientali, infatti, l’organizzazione avrà notevole difficoltà nel prevedere i cambiamenti esterni. Thompson postula l’esistenza di 3 fonti di incertezza per le organizzazioni: • Incertezza generalizzata : attiene alla scarsa conoscenza sulle relazioni tra cause ed effetti • Dipendenza organizzativa da un ambiente che potrebbe non essere cooperativo • Incertezza interna : circa il modo in cui le componenti di un’impresa dipendono l’una dall’altra Milliken definisce l’incertezza come l’incapacità percepita di un individuo di prevedere con esattezza qualcosa di interno o esterno all’organizzazione, e ne identifica 3 tipi: PAGE 26 La cultura organizzativa è l’insieme di assunti di base, inventati o sviluppati dai membri di un’organizzazione per affrontare problemi di adattamento esterno o integrazione interna che si è dimostrato così valido e funzionale da essere indicato ai nuovi membri come il modo corretto di percepire, pensare e reagire in relazione a quei problemi. Comprende le credenze, le norme, i valori dominanti, i modelli comportamentali adottati con regolarità e frequenza (linguaggio, rituali). La cultura organizzativa ha una funzione adattiva e regolatoria, ispira un senso di identità comune, stabilisce le regole dell’interazione, facilita la cooperazione e incrementa la stabilità organizzativa: • Risoluzione dei problemi di integrazione interna • Risoluzione dei problemi connessi all’adattamento esterno e alla sopravvivenza • Contenimento dell'ansia 5.1 - LIVELLI DELLA CULTURA Secondo Schein, nell’analisi della cultura si possono distinguere 3 livelli: •..1 Artefatti: il livello più esterno e tangibile della cultura, comprende ambiente fisico e sociale, tecnologia impiegata, linguaggio scritto e parlato e comportamenti manifesti •..2 Valori: convinzioni e opzioni fondamentali su ciò che è preferibile e auspicabile nella realtà e nella vita organizzativa (norme, standard, codici etici e morali). Per Hoftsede, si dividono in: • Valori desiderabili : legati all’ideologia e riferibili alla totalità delle persone • Valori desiderati: legati a ragioni pratiche, includono ciò che ognuno ritiene importante .1 Assunti di base: gli assunti impliciti sono il livello profondo e invisibile, fondano l’identità istituzionale, orientano il comportamento, influenzano pensieri e percezioni, indicano come intervenire sulla realtà e sono difficilmente modificabili. Gli assunti fondamentali, in particolare, definiscono sia l’adattamento esterno (missione, strategia, obiettivi) che l’integrazione interna (definizione dei confini del gruppo, premi e punizioni, relazioni di potere) di un’organizzazione: • Relazione con l’ambiente (come l’organizzazione si percepisce rispetto all’ambiente) • Natura dell’attività umana (modo corretto di comportarsi) • Natura della realtà e della verità (criteri di costruzione del reale e di ciò che si ritiene “vero”) • Concezioni di tempo e spazio • Concezioni sulla natura dell’uomo (buona / cattiva) • Valori e significati dell’attività lavorativa (rilevanza / disconoscimento) • Concezione degli stili di convivenza e di relazione (cooperazione / competizione) Mentre gli assunti e i valori cercano di manifestarsi generando gli artefatti e influenzando i comportamenti osservabili, si verifica anche il processo inverso: gli artefatti vengono utilizzati ed impiegati consciamente e creativamente dai membri di una cultura in modi che trasformano gli assunti di base che li hanno prodotti. Pertanto, l’identità culturale di un’organizzazione si modella seguendo un processo circolare e di interazione tra i 3 livelli che la compongono! 5.2 - PROSPETTIVE TEORICHE I modelli di lettura delle culture sono: prototipi, mappe culturali e teorie guida per l’intervento. 5.2.1 - PROTOTIPI CULTURALI I prototipi culturali si fondano sull’individuazione di tipologie che rappresentano dei modelli generali che incorporano insiemi coerenti di valori e assunti di base che orientano la gestione della leadership e delle dinamiche organizzative. La diagnosi di una cultura, quindi, avviene per riconduzione dell’organizzazione studiata al modello più “vicino”. Enriquez individua 5 prototipi: • Cultura autoritaria : caratterizzata dalla presenza di un capo carismatico e fondata su: • Identificazione con l’autorità • Ammirazione incondizionata e subordinazione totale al capo • Comunicazione ad una via (discendente) PAGE 26 • Assenza di vincoli solidaristici e di collaborazione (competizione) • Cultura burocratica : il valore fondamentale è l’osservanza della norma che regolamenta la definizione dei ruoli, delle responsabilità, la divisione del lavoro e la progressione di carriera. Il capo è il garante delle norme, i rapporti sono formali e anonimi (alta formalizzazione) • Cultura paternalistico-clientelare : il valore fondamentale è l’appartenenza ad un gruppo, che viene incentivata e protetta (la defezione o il tradimento comportano sanzioni drastiche) • Cultura tecnocratica : l’autorità ha la funzione di ottimizzare le prestazioni, incoraggiando l’iniziativa. Il valore fondamentale è la competenza professionale, unita all’attenzione ai risultati, all’efficienza, all’efficacia, al rendimento e al successo (elevata competizione) • Cultura cooperativa : si basa su partecipazione e consenso. La comunicazione è fluida e informale, i livelli gerarchici sono ridotti al minimo e i membri sono abituati a lavorare in gruppo Il modello psicosociale di Bellotto e Trentini delinea 4 culture organizzative, le cui caratteristiche sono legate alla posizione che occupano lungo parametri concettuali rappresentati mediante 2 assi: • L'asse verticale segna un continuum d’ordine valoriale-affettivo, ai cui poli si trovano due distinti sistemi di valore che orientano i processi di decisione e di comunicazione tra i membri: • Differenza → Sviluppo, valorizzazione delle capacità, equità legata ai risultati • Uguaglianza → Appartenenza, simbiosi, divisioni uguali, protezione rassicurante • L’asse orizzontale segna un continuum di ordine razionale-sociale le cui polarità sono due livelli di socializzazione caratterizzati da scarsa/elevata quantità-qualità delle relazioni tra i membri: • Isolamento → Prevale la cultura di coppia più che di gruppo (scarsa emotività e affettività) • Partecipazione → L’area delle relazioni e dell’espressione è coltivata al massimo Dall’incrocio di tali assi anno origine 4 tipi di cultura organizzativa, ognuna delimitata da un’area: • Cultura normativo-burocratica : il valore primario è lo status gerarchico, v’è enfasi sulle procedure e sulle regole, genera formalità, freddezza affettiva e forte differenziazione tra i ruoli • Cultura tecnocratico-paterna : si basa sulla competenza e il raggiungimento degli obiettivi • Cultura permissivo-individualista : il valore primario è l’indipendenza (crea elevato isolamento) • Cultura familistico-materna : il valore primario è l’esperienza , unita all’appartenenza, alla fedeltà, ai sentimenti di solidarietà e sostegno e alla cura del consenso 5.2.2 - MAPPE CULTURALI I modelli delle mappe culturali considerano alcune dimensioni presenti in tutte le culture, in maggiore o minor grado. Hofstede elenca 5 dimensioni che differenziano le culture nazionali, i cui valori sono talmente forti da influenzare notevolmente struttura e valori delle organizzazioni locali: • Distanza di potere: differenza tra la misura in cui il capo può determinare il comportamento dei subordinati e la misura in cui questi possono determinare il comportamento del capo • Avversione / Tolleranza dell’incertezza: le organizzazioni possono adottare: • Teorie che assumono solo l’esistenza di comportamenti razionali : tendono ad essere normative e indicano il modo in cui l’organizzazione dovrebbe gestire l’incertezza • Teorie che prevedono comportamenti irrazionali : tendono ad essere descrittive e mantengono un ambiente sicuro attraverso l’assorbimento dell’incertezza (la riduzione del numero di concetti validi per analizzare e comunicare i problemi organizzativi) • Individualismo / Collettivismo: si riferisce alla relazione tra individuo e collettività • Mascolinità / Femminilità: indica il grado di distribuzione del lavoro “per genere” • Orientamento al lungo / Breve termine La distanza di potere e la tolleranza dell’incertezza sono quelle che più modificano le culture. Dall’incrocio di queste due dimensioni si ottengono 4 quadri organizzativi impliciti : • Macchina (bassa tolleranza dell’incertezza, bassa distanza di potere): il timore dell’incertezza è contenuto dall’automatismo e dal rigore procedurale, le relazioni sono scevre da giochi di potere • Famiglia (bassa tolleranza dell’incertezza, alta distanza di potere): le relazioni sono asimmetriche PAGE 26 • Mercato (alta tolleranza dell’incertezza, bassa distanza di potere): è presente una propensione all’assunzione di rischio e al dinamismo, le relazioni interne sono basate sulla collaborazione • Piramide (alta tolleranza dell’incertezza, alta distanza di potere): forte articolazione verticale, gerarchizzazione delle relazioni, delega verso l’alto del potere allo scopo di tollerare l’incertezza Il modello dei valori in competizione di Quinn divide 2 dimensioni bipolari: focus interno / esterno (orientamento verso i membri o l’ambiente), flessibilità / controllo, notando 4 orientamenti valoriali : 1. Orientamento al supporto: le comunicazioni sono informali (ognuno esprime le proprie idee) 2. Orientamento all’innovazione: basato sull’apertura al cambiamento e sull’assenza di controlli dall’alto (il management si aspetta dai dipendenti impegno e coinvolgimento) 3. Orientamento alle regole: basato su gerarchia, autorità formale, comunicazioni discendenti 4. Orientamento agli obiettivi: razionalità, prestazioni, responsabilità, ricompensa contingente 5.2.3 - TEORIE GUIDA PER L’INTERVENTO Le teorie guida per l’intervento connettono il processo di conoscenza delle culture organizzative al processo di intervento, al fine di fornire indicazioni per le azioni di cambiamento e sviluppo. Secondo il modello integrato per il cambiamento culturale (Picardo) è necessario conoscere la cultura dell’organizzazione per promuovere cambiamenti, utilizzando 3 approcci conoscitivi: • Approccio politico : analizza le relazioni di potere e coalizione • Approccio etnografico : analizza la storia e l’identità dell’organizzazione • Approccio clinico : analizza la domanda del sistema-cliente e le dinamiche relazionali Secondo il modello delle culture locali (Carli), il contesto determina il modo in cui i membri di un’organizzazione simbolizzano loro stessi in rapporto agli obiettivi e al sistema di relazioni. I processi collusivi rappresentano fantasie emozionali e simbolizzazioni inconsce delle relazioni con l’altro, che costituiscono il modo privilegiato di conoscenza e guida dell’azione: il modo in cui le rappresentazioni simbolico-affettive del contesto vengono condivise da chi in esso vive. Secondo questo modello, le culture rilevate non possono essere generalizzate in tipologie, poiché nelle organizzazioni si delineano potenzialmente tante culture locali quante sono le dinamiche collusive e le simbolizzazioni affettive che un gruppo può generare in uno specifico contesto. 5.3 - NASCITA E SVILUPPO La nascita di una cultura organizzativa coincide con la sua fondazione: tanto i fondatori quanto i leader definiscono la struttura dell’impresa e la modellano in base ai loro assunti, credenze e valori. Schein individua diverse modalità che consentono ai leader di modellare e radicare gli elementi culturali salienti. Nella fase istituente, i possibili meccanismi primari di radicamento includono: • Elementi a cui i leader prestano attenzione (ciò che valutano e controllano regolarmente) • Modo in cui i leader reagiscono alle crisi dell’organizzazione • Modo in cui i leader ripartiscono risorse, premi e status • Modo in cui i leader reclutano, selezionano e promuovono i membri di un’organizzazione Nelle fasi successive, i possibili meccanismi secondari di radicamento della cultura sono: • Progettazione e struttura dell’organizzazione • Sistemi e procedure organizzative • Riti e rituali organizzativi • Progettazione degli spazi fisici e degli edifici • Storie, miti e leggende su fatti e persone • Affermazioni formali della filosofia organizzativa e dei valori Esistono poi diversi eventi organizzativi tramite i quali si consolida e si trasmette la cultura: • Cerimonie: eventi speciali nei quali i membri celebrano i miti, gli eroi e i simboli della loro cultura PAGE 26 fenomeno si rintraccia nella superbia organizzativa: un atteggiamento che consiste in un orgoglio esagerato che sfocia nell’arroganza, in un senso di onnipotenza basato sui successi precedenti che riduce drasticamente la capacità di apprendimento dagli errori e dai segnali deboli che possono contrastare la visione dominante. Anzi, questo tipo di approccio tende a normalizzare la devianza , eliminando dal quadro di riferimento ogni segnale od opinione dissonante. Come risultato, i manager tendono ad ascoltare soltanto coloro che confermano le loro opinioni (NASA, Royal Infirmary). 5.7 - METODI PER LA RICERCA CULTURALE Esistono diversi metodi di ricerca per lo studio della cultura di un’organizzazione, classificati in: • Metodi qualitativi : sono induttivi e non strutturati (studi etnografici, interviste). Prevedono una maggior implicazione del ricercatore (osservazione partecipante), una centratura sui processi e un certo grado di incertezza che permea l’intero processo. I loro principali vantaggi sono: • Ricchezza e contestualizzazione dei dati • Possibilità di ottenere un’intuizione attraverso un ascolto empatico I principali svantaggi, invece, sono rappresentati da: • Costi • Rischio che il ricercatore esponga il suo punto di vista • Difficoltà di analisi dei dati • Difficoltà di confrontare organizzazioni diverse • Impossibilità di coinvolgere ogni membro dell’organizzazione • Metodi quantitativi : approcci strutturati (questionari), basati sulla ricerca di oggettività e rigore, centrati sulle variabili e su un ricorso all’analisi dei dati e alla statistica. Hanno diversi vantaggi: • Economicità, velocità e semplicità di utilizzo • Possibilità di trattamento statistico dei dati • Possibilità di confrontare dati provenienti da organizzazioni diverse • Possibilità di coinvolgere tutti i membri di un’organizzazione • Disponibilità di diversi strumenti standardizzati Tuttavia, questi metodi presentano anche importanti svantaggi: • Impersonalità degli strumenti • Impossibilità di rilevare dati non previsti dal modello di riferimento • Superficialità dei dati raccolti (scarsità di informazioni sul contesto) • Pericolo di distorsioni nelle risposte dovute all’effetto di “desiderabilità sociale” La maggior parte dei progetti di ricerca, comunque, prevede una combinazione e un’alternanza dei due tipi di metodi nelle varie fasi di ricerca. I metodi qualitativi sono molto utili nella fase iniziale, con finalità esplorative, mentre i metodi quantitativi possono essere utilizzati nelle fasi successive. 5.8 - TECNICHE QUALITATIVE DI RICERCA • Osservazione partecipante (approccio etnografico) : è finalizzata ad una comprensione profonda della cultura attraverso la partecipazione prolungata alla vita organizzativa. Oltre al problema dell’attendibilità delle informazioni raccolte, questo metodo necessita della costruzione di una forte relazione fiduciaria con i membri organizzativi: ciò consente al ricercatore di accedere alle realtà riservate e nascoste (segreti collusivi) sfruttando le reti informali e le alleanze interne. Oltre al contesto fisico e sociale e alle interazioni formali e informali, si possono così scoprire le interpretazioni che gli attori forniscono agli eventi e alla realtà. Quindi, oltre alla rilevazione degli artefatti, si può ottenere un’immagine degli aspetti più profondi e nascosti della cultura • Interviste : consistono in scambi verbali, faccia a faccia, nei quali l’esaminatore cerca di avere informazioni o l’espressione di opinioni e credenze da un’altra o da altre persone. Si usa di solito una conduzione semi-strutturata o libera . Tuttavia, l’onerosità della conduzione in termini di tempo e competenze richieste pone il quesito della scelta dei soggetti da intervistare, se in base a criteri di rappresentatività (campionamento) o significatività (posizione ricoperta) PAGE 26 • Casi organizzativi : si riferiscono al racconto di eventi importanti nella vita organizzativa: a) Studio di un caso : si tratta di ricostruire la storia organizzativa raccogliendo sequenze di eventi e, soprattutto, comprendendo il senso di tali eventi, la logica che dà loro un significato. b) Casi significativi : implica la rilevazione degli eventi organizzativi ritenuti rilevanti al fine di ripercorrere le fasi salienti della vita organizzativa, cercando di comprendere i valori dominanti e i comportamenti e le modalità relazionali considerati più efficaci e adeguate c) Critical incident : indaga un unico tema attraverso la ricostruzione e l’analisi degli incidenti critici e delle metafore ad essi associate. L’osservazione oggettiva di eventi circoscritti può far emergere la rappresentazione dell’evento dei protagonisti (interviste semistrutturate), i processi di attribuzione causale, le emozioni e le modalità relazionali vigenti • Tecniche narrative (approccio simbolico-interpretativo) • Storie : l’interpretazione delle storie organizzative è critica poiché queste rappresentano veri e propri artefatti simbolici che consentono l’accesso a significati più profondi e nascosti • Trame : l’analisi delle trame evidenzia le strutture narrative utilizzate nei racconti (copione, personaggi, stile narrativo) per ricostruire gli schemi sociali, i modelli di attribuzione causale, i processi di gestione delle emozioni e le dinamiche interpersonali ad esse sottese • Testi : l’interpretazione dei testi fa riferimento alle occorrenze (frequenza con cui appaiono le parole), alle “vicinanze” e alle relazioni tra parole o nuclei tematici • Tecniche proiettive : si fondano sulla generazione di significati, associazioni ed emozioni che i soggetti esprimono se sollecitati da uno stimolo ambiguo (verbale, iconico) • Reciclaggio : è il processo di condivisione della pluralità di percezioni espresse da ogni membro che partecipa all’indagine, dando pari validità a ciascuna di esse. Si compone di 2 fasi: 1) Si compie una rilevazione strutturata a livello individuale in merito a un oggetto di studio 2) Si condividono gli esiti della prima fase con tutti i soggetti partecipanti Poiché l’obiettivo della seconda fase è la costruzione di conoscenza sul clima e sulla cultura organizzativi, questa tecnica fa coincidere il momento della rilevazione delle informazioni con quello della produzione di conoscenza. Tramite la discussione, la riflessione collettiva e il confronto tra le opinioni personali, infatti, si genera un “pensiero collettivo” • Colloquio clinico-esplorativo (approccio psico-sociologico) : è la tecnica più adatta per indagare dimensioni profonde, come gli assunti di base di una cultura. Il lavoro di conoscenza scaturisce dal tipo di relazione che si crea tra i soggetti, dalla qualità del loro legame e dalla capacità di riflettere sull’azione organizzativa. Tra i temi indagati vi sono la ricostruzione della storia dell’organizzazione ed eventuali eventi critici per la sua sopravvivenza (consapevolezza, emozioni, tipo di relazioni, significati attribuiti alle relazioni). È quindi un processo co-costruito e ricorsivo, poiché eventuali ipotesi possono essere verificate solo in seguito a successivi colloqui 5.9 - AREE DI INDAGINE • Orientamento al risultato • Efficienza / Inefficienza: esprime la centralità conferita dai membri dell’organizzazione all’uso di processi e strumenti che consentono di massimizzare le risorse a disposizione • Orientamento alla finanza / al prodotto: enfasi sulla produzione o su obiettivi finanziari • Attività / Passività: grado di energie investite dai membri dell’organizzazione rispetto allo svolgimento del proprio lavoro e al valore che a ciò viene conferito dall’organizzazione • Benessere e attenzione all’ambiente • Ecologia / Sfruttamento dell’ambiente: attenzione nel preservare l’ambiente esterno • Eustress / Stress: attenzione a promuovere il benessere e la soddisfazione lavorativa • Interpretazione del ruolo • Trasparenza / Indefinitezza: grado di chiarezza di procedure e comunicazioni interne • Autonomia / Dipendenza: livello di discrezionalità posseduto dai membri dell’organizzazione • Decentramento / Accentramento: riferito al potere decisionale e di controllo PAGE 26 • Responsabilità / Disimpegno: grado in cui i membri di un’organizzazione sentono di partecipare con corresponsabilità al perseguimento degli obiettivi organizzativi • Orientamento a risolvere / Lamentazione: grado di “potere” percepito dai membri rispetto alla possibilità di risolvere problemi lavorativi attraverso il proprio impegno • Gestione del potere • Negoziazione / Dominazione: orientamento ad affrontare o sopprimere i conflitti • Argomentare / Eseguire: grado in cui i membri esprimono le proprie opinioni e punti di vista • Leadership promotrice / Inibitoria: modelli di leadership orientati o meno alle relazioni • Motivazione / Controllo: livello in cui l’organizzazione esprime incoraggiamenti e fiducia oppure controlla i processi produttivi e valuta le persone più che le prestazioni • Riconoscimento / Disconoscimento: attenzione dell’organizzazione nel promuovere valutazioni eque oppure comportamenti di disconoscimento e svalutazione • Orientamento alle relazioni • Cooperazione / Competizione: grado in cui vengono concepite le relazioni tra i membri • Collettivismo / Individualismo: centralità conferita alla dimensione individuale o di gruppo • Discrezione / Pettegolezzo: rilevanza conferita al rispetto per la sfera personale dei singoli • Gestione delle differenze • Tolleranza / Intolleranza: grado di flessibilità dell’organizzazione rispetto agli inconvenienti • Differenza / Etnocentrismo: livello di accettazione delle differenze, individuali e tra gruppi • Globale / Locale: grado in cui i membri di un’organizzazione sono interessati a promuovere relazioni al di fuori del proprio sistema di riferimento • Tendenza al cambiamento • Esplorazione / Stagnazione: orientamento all’innovazione o alla tradizione • Velocità / Lentezza: valore conferito dall’organizzazione alla dimensione temporale • Alta / Bassa assunzione di rischio: tendenza a considerare le situazioni come “pericolose” • Alta / Bassa innovazione tecnologica: grado di investimento sull’implementazione tecnica 6. DECISIONI ORGANIZZATIVE Lo studio delle decisioni organizzative parte dalla critica alla teoria della scelta razionale, per la quale il comportamento dell’homo oeconomicus è fondato sull’utilità attesa ed è caratterizzato dal: • Possedere tutte le informazioni sul problema oggetto della decisione • Conoscere tutte le alternative possibili per raggiungere un obiettivo • Conoscere le conseguenze future e i costi associati ad ogni alternativa d’azione • Possedere un ordinamento coerente delle preferenze • Scegliere l’alternativa più conveniente, in grado di massimizzare i benefici e minimizzare i costi Quindi, il processo decisionale è realizzato da un decisore unico, con preferenze non contraddittorie, senza limiti temporali e materiali, che evita l’incertezza tramite l’analisi delle alternative disponibili. Data l’inapplicabilità nella vita reale, Simon propose un modello di razionalità limitata, che include sia i limiti cognitivi del decisore che quelli di conoscenza e capacità di calcolo. Un decisore razionale ha: • Conoscenza limitata delle alternative disponibili • Limiti cognitivi, mnemonici e temporali • Non è in grado di valutare tutte le conseguenze e i costi delle alternative a disposizione In quest’ottica, gli individui fissano un livello di soddisfacimento, esaminano le alternative e selezionano la prima scelta che consente loro di raggiungere il livello atteso con una certa probabilità. Quindi, i decisori si focalizzano su alcune conseguenze e ne ignorano altre, non ricercano tutte le informazioni sulle conseguenze e non utilizzano tutte le informazioni a disposizione. Il modello, quindi, riconosce che ai decisori manchino informazioni, capacità e risorse per essere considerati pienamente razionali. PAGE 26 Nella realtà organizzativa, le connessioni lasche consentono diversi benefici: • Permettono alle unità di un’organizzazione di durare nel tempo • Sono un sensibile meccanismo di percezione dell’ambiente • Facilitano adattamenti locali a circostanze specifiche, in modo rapido, poco costoso ed efficace • Garantiscono una maggiore adattabilità ai cambiamenti dell’ambiente • Permettono di isolare il problema di un sottosistema, evitando che si propaghi in altre parti • Facilitano l’autodeterminazione e l’autonomia degli attori • Possono ridurre i costi di coordinamento Le connessioni strette, invece, sono di importanza fondamentale per le organizzazioni che, oltre a logiche e requisiti di efficienza ed efficacia, devono assicurare anche l’affidabilità. 7.1 - NATURA DEL SENSEMAKING Il sensemaking è il processo attraverso il quale individui e gruppi riflettono e interpretano i fenomeni, costruendone il senso a partire dal senso di identità comune e dai modelli mentali condivisi. Weick individua 4 fasi del processo di sensemaking: 1. Cambiamenti ecologici : intesi come discontinuità dei flussi di esperienza delle persone 2. Attivazione (enactment) : un attore organizzativo esegue azioni rivolte ad attivare il contesto esterno per ricevere materiale grezzo (dati e informazioni ambigue cui dare un significato) 3. Selezione : si conferisce un significato ai dati ambigui (selezionando quelli ritenuti più importanti) 4. Ritenzione : si archiviano le informazioni e le esperienze effettuate (eventi e mappe causali usate) 7.2 - COLLASSO DEL SENSEMAKING In caso di collasso del sensemaking, cambia la percezione degli individui di ciò che sono, causando: • Una tendenza a tornare a comportamenti di routine • Una tendenza a diventare difensivi per proteggere l’immagine di sé e il proprio senso di identità In tali situazioni, l’organizzazione può dissolversi! Weick identifica 4 forme di agire organizzativo volte a mantenere compatta un’organizzazione in condizioni di rischio e che richiede alta affidabilità: Improvvisazione e bricolage: capacità di essere creativi sotto pressione, in situazioni complesse Sistema dei ruoli virtuali: un gruppo continua ad esistere solamente se ogni membro conserva nella propria mente i ruoli degli altri (anche quando quei ruoli non esistono più) Saggezza : è l’atteggiamento più adeguato per gestire una situazione ambigua Interazione rispettosa : la costruzione del senso è il risultato dell’interazione intersoggettiva Secondo Weick, l’organizzazione è un processo continuo e spesso instabile, il cui senso è costituito collettivamente dall’interazione dei componenti. Bisogna quindi rafforzare la struttura se si vuole cambiare il senso, e, all’opposto, rafforzare il senso se si vuole intervenire sulla struttura. 7.3 - PROPRIETÀ DEL SENSEMAKING Il sensemaking manifesta varie proprietà, che lo connotano come un processo: • Fondato sulla costruzione dell’identità sociale : il significato che una situazione avrà per un individuo è dettato dall’identità che questi adotta nell’affrontarla • Retrospettivo: la creazione di senso avviene con riferimento a ciò che è già accaduto • Istitutivo: le persone sono parte integrante dei loro stessi ambienti e, come tali, conferiscono senso all’ambiente mentre lo modificano • Sociale: tutto ciò che un individuo fa è condizionato dagli altri • Continuo: eventuali interruzioni costituiscono i collassi del sensemaking • Centrato su (e da) informazioni selezionate : in base a delle cornici di riferimento (frame) PAGE 26 • Guidato dalla plausibilità più che dall’accuratezza: ciò che è importante è il suo valore pragmatico e di ragionevolezza (razionalità limitata), più che la ricerca di una percezione accurata 7.4 - STRUTTURE MINIME DI SENSO Il sensemaking si realizza, dunque, nella connessione tra una cornice (frame) e un’informazione: mentre le informazioni derivano dall’esperienza in corso, le cornici derivano da esperienze passate. Inoltre, Weick distingue i casi di ambiguità, in cui si manifesta un eccesso di interpretazioni, dalle in situazioni di incertezza, il cui problema è che le persone non possiedono alcuna interpretazione. Un’ulteriore distinzione è quella tra ignoranza e confusione: per rimuovere l’ignoranza occorrono più informazioni, laddove per rimuovere la confusione è necessario un tipo diverso di informazione. Tipici errori si verificano se il bisogno di più informazioni è etichettato come il bisogno di diversi tipi di informazione o se si cura l’ambiguità cercando informazioni anziché modelli interpretativi . 8. CAMBIAMENTO E APPRENDIMENTO Il cambiamento organizzativo è definito come la differenza nella forma, nella qualità o nello stato di un’entità organizzativa nel tempo. Si distingue tra contenuto e processo del cambiamento: mentre il primo rimanda a cosa cambia un’organizzazione, il secondo studia come il cambiamento si realizza. Il contenuto del cambiamento organizzativo può realizzarsi a diversi livelli: • Nella composizione (persone, reclutamento, modalità di carriera) • Nella struttura (forme di governance dell’organizzazione) • Nelle funzioni (delle strategie organizzative o delle singole subunità) • Nei confini (fusioni, acquisizioni, riduzione o ampliamento del mercato) • Nelle relazioni (tra livelli organizzativi e unità) • Nella performance (efficacia, efficienza, soddisfazione dei lavoratori) • Nell’ambiente (scarsità o abbondanza di risorse, incertezza) Si distingue poi tra cambiamento incrementale, se l’organizzazione si adatta in modo prevedibile a mutamenti indotti dall’esterno (mantenendo la sua identità), e cambiamento radicale, che si verifica se si creano nuove forme discontinue e in modo imprevedibile rispetto alla situazione di partenza. Weick distingue il cambiamento pianificato, di tipo intenzionale e centralizzato, da quello emergente, che esula da intenzioni esplicite, è decentrato e si realizza tramite continui adattamenti nelle routine. A livello teorico, c’è una differenza tra la concezione adattiva del cambiamento e quella ecologica: nel primo caso è l’impresa che si adatta ai mutamenti esterni, mentre il secondo conferisce rilevanza ai cambiamenti ambientali come fattori di selezione delle organizzazioni più adatte a sopravvivere. Van de Ven e Poole, identificano 4 teorie di cambiamento organizzativo: • Teoria del ciclo di vita: assume che il cambiamento sia immanente, ovvero che l’entità organizzativa abbia al suo interno un programma che regola il processo di cambiamento e muove l’entità da un determinato punto di partenza a un altro (regole istituzionali) • Teoria teleologica (o cambiamento intenzionale): il cambiamento segue un fine predeterminato, ponendo in risalto la partecipazione, il consenso e la dimensione intenzionale delle persone • Teoria dialettica (o cambiamento conflittuale): assume che le organizzazioni esistano in un mondo pluralistico di eventi e forze che competono per il controllo e il dominio. Si realizza un cambiamento quando le forze in gioco possiedono un potere sufficiente a rompere lo status quo • Teoria evolutiva (o cambiamento competitivo): il cambiamento è una progressione ricorrente, cumulativa e probabilistica di variazione, selezione e ritenzione delle entità organizzative (la selezione si realizza tramite la competizione per le risorse e l’ambiente seleziona le entità più adatte) Beer e Nohria individuano 2 teorie che analizzano le strategie di cambiamento organizzativo: PAGE 26 • Teoria E : si basa sul valore economico e sul perseguimento della sua massimizzazione per gli azionisti, e si realizza attraverso ristrutturazioni, ampi risparmi e riduzioni della forza lavoro • Teoria O : si focalizza sulle capacità dell’organizzazione e si realizza attraverso lo sviluppo della cultura organizzativa, delle capacità individuali e organizzative e dell’apprendimento Solo l’integrazione simultanea di entrambe le teorie conduce a casi di cambiamento positivo! Un’altra distinzione sulle modalità del cambiamento si basa sui concetti di exploration ed exploitation. Per sopravvivere, un’organizzazione deve saper sfruttare i pattern ambientali di risorse e capacità al fine di ottenere efficienza e vantaggi competitivi: si parla quindi di exploitation, di utilizzo e sviluppo di cose già note. Al contempo le organizzazioni devono saper creare nuove configurazioni di risorse e capacità per adattarsi alle domande del mercato e rinnovare il vantaggio competitivo. In tale contesto, invece, si parla di exploration, intesa come perseguimento di cose che potranno diventare note. I vantaggi dell’exploration consistono nella variabilità e nella possibilità di generare assetti migliori nel lungo periodo, nonostante i costi elevati . L’exploitation, invece, mostra miglior affidabilità, costi minori e feedback più rapidi, sebbene tenda a riprodurre e rinforzare assetti istituzionali non ottimali. Il cambiamento è rilevante negli ambienti turbolenti e ipercompetitivi, in cui mutano rapidamente i fattori economici, politici, tecnologici e sociali. Il fattore temporale, ad esempio, crea dei paradossi come l’effetto Red Queen, secondo il quale in un sistema in evoluzione, il continuo sviluppo è necessario anche solo per mantenere l’adattamento relativo all’ambiente in cui esso evolve. In altre parole, in contesti altamente mutevoli bisogna considerare che il tempo necessario per attuare il cambiamento potrebbe essere maggiore del tempo in cui le soluzioni risultano valide! 8.1 - INNOVAZIONE Il termine innovazione organizzativa indica la creazione e adozione di un’idea o un comportamento nuovi per l’organizzazione. Si distingue dal cambiamento, che prevede l’adozione di un’idea già esistente, poiché implica l’introduzione di un’idea in precedenza non nota (prodotti, metodi, mercati). Tra i fattori che favoriscono l’innovazione si ritrovano: • Presenza di risorse per l’innovazione • Frequenza di comunicazioni tra le diverse unità organizzative • Presenza di un assetto organizzativo flessibile • Gruppi di lavoro coesi e integrati • Basso turnover • Un ambiente interno che stimoli e supporti i comportamenti innovativi • La propensione a creare alleanze inter-organizzative su temi innovativi Per quanto riguarda il processo di innovazione organizzativa, Rogers lo articola in 3 fasi: •.)a Invenzione della nuova idea: deriva dall’analisi del mercato o dei bisogni degli utenti •.)bSviluppo dell’idea: la sequenza di eventi che la trasformano da concetto astratto a realtà operativa •.)c Implementazione: l’adozione e diffusione da parte degli utilizzatori Questo modello non è esente da limiti. Kline, in particolare, evidenzia 3 aspetti critici: • L’innovazione non è un processo sequenziale, poiché coinvolge molte interazioni e feedback • L’innovazione è un processo che coinvolge multipli input • L’innovazione non dipende dai processi di invenzione, bensì questi sono intrapresi in un’ottica di problem solving entro di un processo di innovazione in corso, invece che esserne il fattore iniziale Uno dei problemi più rilevanti per le imprese rispetto all’innovazione riguarda il mantenere un alto tasso di innovazione organizzativa evitando il rischio che le competenze distintive sviluppate a seguito di una data innovazione finiscano per ostacolare lo sviluppo di ulteriori innovazioni. Ciò equivale PAGE 26 L’assunto della teoria dei fattori latenti di Reason è che ogni incidente è generato dall’intreccio di azioni insicure e fattori latenti. Con “azioni insicure” si intendono gli errori non intenzionali e le violazioni intenzionali (ma non malevoli) che hanno effetti immediati e sono associati alle attività di front-line. I “fattori latenti” sono invece decisioni o azioni manageriali le cui conseguenze dannose possono rimanete silenti per lungo tempo, diventando evidenti solo quando si combinano con fattori locali scatenanti, che determinano l’incidente. Quindi, con l’aumento dei fattori latenti aumenta la possibilità che un errore attivo generi un incidente. Tuttavia, al contrario della NAT ha un connotato proattivo, poiché il rischio di incidente diminuisce se vengono eliminati i fattori latenti. 9.2 - FORME DI MIOPIA Con “miopia organizzativa” si intende la scarsa capacità di un’organizzazione di valutare i fatti nella loro realtà e nei loro possibili sviluppi. Si manifesta nella difficoltà di un’organizzazione di riconoscere i potenziali segnali di pericolo e/o opportunità e si studia su 3 livelli di analisi: • Livello individuale (micro): include gli errori non intenzionali nella valutazione e nel decision making, le violazioni intenzionali (ma non malevoli) e le decisioni erronee degli operatori nel realizzare i compiti (razionalità limitata). In tale livello si evidenziano dei meccanismi psicologici: • Self-serving bias: tendenza insita nei meccanismi di valutazione che porta a interpretare le informazioni in modo conveniente per chi le valuta • Familiarità: influenza il processo decisionale in situazioni incerte e procede per rassicurazioni • Discounting the future: tendenza a preferire le opzioni che hanno effetti a breve termine • Bias dell’omissione e tendenza a mantenere lo status quo: tendenza ad evitare di compiere azioni che recano danno certo, ma limitato, seppur possano evitare danni più gravi in futuro • Livello organizzativo (meso): si focalizza su come le organizzazioni analizzano le minacce e le opportunità, come integrano le informazioni e come creano incentivi per l’apprendimento dalle esperienze. Perciò, la miopia deriva dal fallimento del modo in cui le organizzazioni analizzano le minacce, integrano le informazioni e creano incentivi per apprendere dalle esperienze. Ci sono molteplici fattori e meccanismi che favoriscono la miopia organizzativa: • Fallimento nell’analisi : si verifica se le organizzazioni falliscono nel rilevare le informazioni disponibili riguardo alle minacce emergenti, è dovuto da alcuni fattori: • Attenzione selettiva (porta gli attori organizzativi chiave a focalizzarsi su alcuni problemi) • Rumore (causato da molteplici informazioni, tende a confondere i leader) • Sovraccarico informativo (aumenta la confusione e porta a sottostimare le minacce) • Fallimenti nel coordinamento e nell’integrazione : dovuti alla diversità dei membri e alla eccessiva focalizzazione sulla divisione dei compiti (coordination neglet) • Frammentazione delle strutture organizzative : crea ostacoli nei processi informativi e decisionali (la forma burocratica e gerarchica di organizzazione è un ostacolo al coordinamento) • Processi decisionali acritici : producono una forte spinta psicologica al consenso che tende a sopprimere il dissenso e la considerazione di alternative (group thinking) • Atteggiamento di rifiuto : consiste nell’incapacità di un’organizzazione di accettare la realtà, mettendo in campo meccanismi di difesa che portano a negare fatti seppur evidenti • Arroganza : derivante dai successi e/o dall’accettazione acritica degli elogi • Dipendenza dalle competenze tradizionali : meccanismo basato sul fatto che, per poter evolversi, le organizzazioni devono fare riferimento a ciò che sanno già (core rigidities) • Miopia nei confronti della concorrenza : la definizione in modo ristretto dell’ambito in cui compete l’azienda può portare a sottostimare possibili future minacce nel mercato • Ossessione per i volumi : concerne l’attenzione esclusiva all’economia di scala, il cui effetto è quello di condurre un’impresa a diventare conservativa nei confronti dell’innovazione • Livello inter-organizzativo (macro): si incentra sul “campo organizzativo” all’interno del quale l’organizzazione opera, per cui i processi di coordinamento e integrazione sono le dimensioni cruciali. A questo livello possono presentarsi diversi problemi relativi all’agenda setting dei decisori: PAGE 26 • Affollamento delle agende dei decision makers con molteplici temi: riduce l’attenzione • Framing: il fallimento degli attori nel costruire un quadro unitario e condiviso del problema • Priorità politiche: possono dirigere l’attenzione verso problemi a più breve scadenza • Segretezza strutturale • Presenza di gruppi d’interesse e “veto players”: inficia il coordinamento interorganizzativo 9.3 - DEVIANZA E CRIMINE La devianza organizzativa include l’insieme di azioni od omissioni commesse da individui o gruppi che, agendo nei loro ruoli organizzativi, violano regole interne a beneficio dell’organizzazione. La decisione individuale alla violazione in un’organizzazione è stata spiegata da 3 modelli: • Modello del calcolatore amorale : si basa sulla teoria della scelta razionale. In sostanza, in situazioni di accesso bloccato alle risorse, i decisori calcoleranno costi e benefici dell’uso di mezzo illegittimi: se i benefici saranno superiori ai costi, gli attori saranno indotti a violare • Modello del cittadino politico : sostiene che, nonostante l’impresa sia incline a rispettare le leggi (se riconosciute come legittime), talvolta possa violare le regole se le ritiene irragionevoli • Modello del fallimento organizzativo : evidenzia come la specializzazione e la divisione del lavoro possano ridurre la consapevolezza dei lavoratori dell’esito delle proprie azioni illegali Tuttavia, non sempre la devianza è negativa: un individuo potrebbe deviare dalle norme del gruppo o dell’organizzazione, agendo però in conformità con leggi esterne, norme sociali e standard etici e legali esterni all’organizzazione (ipernorme). In questo caso, si parla di devianza costruttiva. Se il comportamento non rientra all’interno di norme interne né esterne, si parla di devianza distruttiva. Un elemento che sembra influenzare il comportamento deviante è dato dal grado di identificazione organizzativa da parte dei dipendenti. Umphress & Bingham affermano che spesso i dipendenti di un’organizzazione agiscono in modo disonesto e contro le norme esterne con l’obiettivo di avvantaggiare la propria organizzazione e/o i suoi membri (unethical pro-organizational behavior). Le organizzazioni criminali sono delle organizzazioni devianti segrete, i cui caratteri distintivi sono la ricerca del monopolio di attività economiche illegali e la vendita di protezione privata extralegale . Pertanto, i loro fini formali sono quelli di realizzare risultati dannosi, violando leggi, norme e regole. 10. RESISTENZA AL CAMBIAMENTO La resistenza al cambiamento è il comportamento difensivo posto in essere dagli attori coinvolti dal cambiamento. Piderit mostra come questo concetto sia stato solo marginalmente affrontato dalle ricerche in campo organizzativo. In particolare, la presenza di atteggiamenti negativi e di resistenza da parte dei dipendenti sono stati considerati in modo sfavorevole, come se i ricercatori adottassero il punto di vista dei manager d’azienda (collusione dei ricercatori). V’è invece bisogno di studiare tali atteggiamenti, considerando eventuali proposte di cambiamento che emergono dal basso verso l’alto alla stregua di quelle imposte dall’alto verso il basso. Piderit ritiene fondamentale considerare la multidimensionalità degli atteggiamenti in risposta ai cambiamenti organizzativi. Eventuali atteggiamenti di ambivalenza da parte dei dipendenti, infatti, devono essere non combattuti, bensì analizzati nelle loro motivazioni al fine di minimizzare i loro effetti debilitanti. Recenti ricerche mostrano come la riuscita dell’adattamento organizzativo dipenda sempre più dalla generazione di entusiasmo e supporto dei dipendenti ai cambiamenti, piuttosto che dal mero superamento della resistenza. Come detto, gli studi sulla resistenza al cambiamento hanno trascurato le intenzioni positive che a volte possono motivare le risposte negative al cambiamento, centrandosi più sulle forze che spingono i dipendenti a non supportare i cambiamenti (deresponsabilizzazione dei manager). Pochi studi hanno ipotizzato che la resistenza al cambiamento possa essere motivata da qualcosa in più dell’egoismo, come i principi etici o il PAGE 26 bisogno di proteggere l’organizzazione. Inoltre, quasi nessuno ha considerato che raramente gli individui mettono in atto atteggiamenti di resistenza senza considerare le conseguenze potenzialmente negative per loro stessi. Come detto, le risposte dei dipendenti ai cambiamenti organizzativi possono essere analizzate in una visione multidimensionale, che riflette il modello tripartito degli atteggiamenti di Ajzen: • Dimensione emotiva : include sentimenti, stati d’animo ed emozioni di un individuo in risposta all’oggetto dell’atteggiamento (può variare da forti emozioni positive a forti emozioni negative) • Dimensione cognitiva : si riferisce alle credenze di un individuo circa l’oggetto dell’atteggiamento (può variare da forti credenze positive a forti credenze negative) • Dimensione comportamentale (conativa) : riflette le valutazioni di un individuo in merito all’oggetto dell’atteggiamento, basate principalmente sulle intenzioni future ad agire (può variare da intenzioni positive a supportare il cambiamento a intenzioni negative a opporsi ad esso) Usare un modello multidimensionale, in cui ogni dimensioni è concettualizzata come un continuum separato, consente di considerare eventuali reazioni diverse e conflittuali tra le varie dimensioni e/ o all’interno della stessa dimensione. Come mostrano le ricerche, e in accordo con l’assunto che il processo di formazione di ogni atteggiamento inizia spesso con l’ambivalenza, tali atteggiamenti ambivalenti sono largamente diffusi tra i dipendenti quando si verifica un cambiamento organizzativo. Un dipendente, ad esempio, potrebbe avere una risposta cognitiva positiva al cambiamento, ma sviluppare delle reazioni emotive negative alla vista dello scarso supporto al cambiamento dei colleghi. Inoltre, considerando i 3 livelli del cambiamento (alfa, beta e gamma), è ragionevole supporre che, se gli impiegati affrontano cambiamenti complessi (beta, gamma), la maggior parte delle loro risposte iniziali sarà ambivalente. Ciò perché gli sforzi degli impiegati saranno concentrati nella formazione di un nuovo atteggiamento, più che nello spostamento del loro vecchio atteggiamento (cambiamenti alfa). La visione multidimensionale della resistenza al cambiamento implica alcune conseguenze pratiche: 1. Rende più semplice predire il modo in cui i dipendenti risponderanno al cambiamento (se in modo emotivo o cognitivo), identificando così il processo più appropriato per affrontarle (in caso di ambivalenza cognitiva ma non emotiva è utile ascoltare i dipendenti, piuttosto che obbligarli) 2. Un atteggiamento ambivalente può avere conseguenze sia desiderabili che indesiderabili (le diversità di opinione sono utili per i processi di conoscenza e per prendere decisioni non avventate) 3. Focalizza l’attenzione sui cambiamenti emergenti e democratici proposti dal basso (bottom-up) 4. Facilita la comprensione di come le risposte al cambiamento possano evolvere nel tempo 11. IDENTITÀ ORGANIZZATIVA Hatch & Schultz propongono di applicare la Teoria dell’Identità Sociale di Mead all’analisi dell’identità organizzativa. In merito, la relazione tra “Io” e “Me” viene estesa ai processi organizzativi, unendo la già esistente teoria sul collegamento tra identità e immagine (mirroring, impressing) con una nuova teoria che definisce il collegamento tra identità e cultura organizzativa (reflecting, expressing). In un contesto in cui l’esposizione mediatica al giudizio altrui è in aumento, v’è necessità di analizzare sia la cultura organizzativa, come contesto di definizione interna dell’identità, che l’immagine, come contesto di definizione esterna dell’identità. L’identità organizzativa, quindi, deve essere teorizzata in relazione ad entrambe queste definizioni, esterna ed interna, che interagiscono continuamente. Secondo Mead, l’identità è un costrutto relazionale che si forma nell’interazione con gli altri. Come tale, può essere considerata un processo sociale, dotato di 2 aspetti: PAGE 26
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