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Riassunto - PSICOLOGIA DELLE ORGANIZZAZIONI, Sintesi del corso di Psicologia del Lavoro

Questo documento contiene i seguenti capitoli: - Organizzazione come cultura - Gruppi di Lavoro - Leadership - Cambiamento e sviluppo organizzativo - Leggere e gestire il conflitto nelle organizzazioni - Le emozioni nella vita organizzativa - Marketing sociale, responsabilità e sostenibilità

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 09/02/2022

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Scarica Riassunto - PSICOLOGIA DELLE ORGANIZZAZIONI e più Sintesi del corso in PDF di Psicologia del Lavoro solo su Docsity! PSICOLOGIA DELLE ORGANIZZAZIONI Libro Argentero, Cortese e Picardo Organizzazione come cultura L’APPROCCIO CULTURALE: LE ORIGINI. Fine anni ’70 – inizio anni ’80  approccio simbolico-interpretativo accostato al paradigma razionalista, prevede le organizzazioni come un insieme di significati condivisi e socialmente costruiti in cui sistemi strutturati di simboli condizionano comportamenti, pensieri, emozioni, azioni dei soggetti e della loo vita organizzativa. 1. Causa : frustrazione del paradigma neopositivista e dei metodi quantitativi tesi a misurare fenomeni oggettivi e correlazioni fra variabili D&I. La visione simbolico-interpretativa offre la possibilità di impiegare ed esplorare nuove metodologie che decifrano la ricchezza e la complessità dei comportamenti degli attori; 2. Causa : crisi delle aziende occidentali che si confrontano con l’irrompere sui mercati internazionali della potenza e concorrenza giapponese: la cultura è la forza in grado di fare la differenza; 3. Causa : tendenza socioculturale a concepire il proprio lavoro e il successo personale in termini di “qualità della vita”, con la valorizzazione delle componenti estetiche ed emotive, nel rispetto della propria soggettività. Non vi è una sola prospettiva per lo studio culturale delle organizzazioni. Turner parlava a proposito di “caos della cultura organizzativa” . Le organizzazioni sono culture: la metafora culturale I gruppi sono culture: oggetto della ricerca interdisciplinare (antropologia, sociologia, psicologia). Schein (fondatore)  costruzione sulle culture organizzative ed attivare processi di contaminazione incrociata. Selanick concettualizza la duplice dimensione della cooperazione: organizzativa (insieme di attività coordinate) e istituzionale (realtà naturale e adattiva). L’organizzazione diventa un’istituzione quando si impregna di valori, assume carattere, identità propria e distintiva attraverso il consolidamento di esperienze collettive di successo. Un’impresa è un prodotto storico, è un tutto integrato, è funzionale al soddisfacimento dei bisogni e dinamico perché si genera in continuazione. La studiosa Linda Smirchich ha distinto tre modi diversi di intendere la cultura:  Variabile dipendente esterna all’organizzazione;  Variabile dipendente interna all’organizzazione;  Metafora di base di ciò che è l’organizzazione. Sostiene che norme e valori sono costruiti dal contesto istituzionale e fatti propri dell’organizzazione dal cerimonialismo istituzionale. C’è un interesse rivolto ad aspetti gestionali quali storie, riti e miti che se mescolati producono un circolo virtuoso (motivazione  fiducia  efficacia totale). Sostiene che l’organizzazione innanzitutto è cultura, che si esprime nel modo di interagire dei suoi membri, nelle decisioni prese nelle azioni intraprese nella quotidianità. È una cornice di significati, interpretata da lenti diverse (influsso antropologia). Schwartz ha invece spesso riscontrato in situazioni di crisi o fallimento, la presenza di personaggi che perdono il contatto con il mondo reale e fanno scivolare l’organizzazione nella “fantasia della perfezione”. Egli chiama questa tendenza a sostituirci la realtà con i simboli “negazione della differenza”. CULTURA E CULTURE ORGANIZZATIVE È l’insieme di assunti, valori e credenze che un gruppo ha inventato e scoperto imparando ad affrontare situazioni problematiche di adattamento all’ambiente esterno e di integrazione interna. Si ritrovano nei comportamenti, linguaggi e negli artefatti e devono essere validi nel tempo che scorre. L’interiorizzazione della cultura permette ai novizi di orientarsi nell’organizzazione senza cercare soluzione per risolvere il quotidiano. E’ un materiale preposto a livello cognitivo ed emotivo, etico ed estetico che funge da ancoraggio per l’azione dei nuovi e dei vecchi. La funzione della cultura genera modelli cognitivi (categorizzazione e interpretazione) e modelli emotivi e affettivi (impegno ed energia). Infine ci fa distinguere tra chi sono gli amici e chi i nemici. La cultura organizzativa è simile alle comunità di pratica per i processi di socializzazione alla base. All’interno della stessa organizzazione possono convivere più culture, le subculture spingono a lavorare a stretto contatto con persone simili. Si distinguono le sottoculture di sostegno, le sottoculture che si oppongono; le sottoculture ortogonali rispetto la prima che si affiancano. La studiosa Martin ha identificato 3 paradigmi interpretativi: Integrazione: cultura con un insieme di valori comuni, coerenti e rinforzanti che generano armonia e consenso diffuso.  Differenziazione : cultura abitata da sottoculture e controculture che traggono origine dalla distribuzione di potere e interessi.  Frammentazione : mette in dubbio l’esistenza della cultura concentrandosi sulle ambiguità, incoerenze e disordine. Simbolismo interpretativo, costruttivismo, e implicazioni per lo studio Geertz dice “l’uomo è un animale sospeso e la cultura è una rete di significati intessuti dall’uomo. È una visione costruttivista della realtà, per cui l’ordine sociale deriva da una serie di processi di negoziazione di significati e accordi impliciti. I costruttivisti ritengono che la realtà non sia oggettiva ma oggettivata cosicché essa non è reale, ma lo è nelle sue conseguenze. Gli studiosi realizzano etnografie che interpretano i significati attribuiti dagli attori alla loro vita organizzativa e ciò comporta osservare, descrivere ed interpretare i processi organizzativi fino a scrivere una monografia. Oltre che metodo, è una prospettiva di stampo interpretativo per lo studio delle organizzazioni, che diventa una esplorazione di pratiche e processi multiformi per chi legge. La cultura organizzativa: categorie analitiche e forme espressive (per analizzare “le culture”)  Logos : insieme di credenze per le interpretazioni cognitive del vero/falso ;  Ethos : giudizi di preferenze con valenza perciò che è giusto/sbagliato;  Pathos : modo di percepire e sentire l’esperienza soggettiva Aisthesis: percezione di ciò che è bello e ciò che è brutto  Genus : le regole di comportamento sono differenziate per maschi e femmine (es. abbigliamento e carriera)  Polis : concezioni delle dinamiche di potere e di chi sono gli amici/nemici;  Methodos : sapere che cosa e come fare e cosa non dover fare Le espressioni simboliche sono:  Linguaggio : comunica un tessuto sociale e condiziona i processi di azione (es. etichette, tipicità, proverbi …)  Miti : rappresentano degli antecedenti che giustificano i comportamenti, sospendendo la regola della logica, legittimano idee relative a quei racconti  Storie e Saghe : sono collezioni di aneddoti ed episodi che caratterizzano la quotidianità della vita organizzativa. Le saghe raccontano e raggruppano storie e miti, nascita ed evoluzione con connotazione emotiva ed educativa di un’organizzazione  Riti e C erimonie : attività progettate ed elaborate formalmente, realizzare mediante interazioni sociali e con conseguenze sociali. Insieme di riti danno origine alle cerimonie (riti di passaggio, di esaltazione, di degradazione, di ricomposizione, di integrazione e di rinnovamento) ;  Artefatti : prodotti concreti e tangibili, il setting fisico della vita organizzativa. Quanto più credenze, valori e ideologie sono radicate, tanto più i membri troveranno rispecchiamento nella fisicità dell’organizzazione per confermare e richiamare l’identità. L’approccio estetico si racchiude il: sensazioni e sentimenti degli attori, ricercatore sente, prova e scrive, -cogli aspetti trascurati negli studi organizzativi. Gruppi di lavoro “Il segreto è il team, nessuno ce la fa da solo” dice Zuckerberg; sebbene oggi persista l’immagine di imprenditore come affermazione di un individuo, gran parte delle imprese non nasce da sola. Stiamo assistendo al fenomeno del modello di governance basato sul team imprenditoriale e il successo dell’impresa dipende dalla competenza dei lavoratori.  Area del risultato : garantisce il raggiungimento degli obiettivi, presidiata dal ruolo del conservatore, colui che costruisce mantiene la memoria del gruppo e lo aiuto a procedere senza tornare continuamente al punto di partenza, ed al ruolo del realizzatore, colui che spinge alla concretezza mantenendo il gruppo focalizzato sui tempi e sull'obiettivo;  Area del lavoro : si realizza la coesione, condivisione delle responsabilità e l'assunzione dei rischi, presidiata dal ruolo del metodologo, colui che in maniera logica e ordinata Oriente il problem solving e l'organizzazione del lavoro, e dal ruolo del negoziatore, capace di aumentare il livello di partecipazione e condivisione, favore non l'integrazione dei diversi punti di vista;  Area delle relazioni : dipendono il clima le possibilità di scambio e di espressione da parte dei membri, presidiata dal comunicatore, colui che facilita la comunicazione ascolta tutti, ed al ruolo del facilitatore, colui che coinvolge i membri meno partecipativi, attento alle esigenze di tutti;  Area della qualità : fondamentale affinché il gruppo possa produrre risultati condivisi orientati al miglioramento e all'innovazione, presidiata dal ruolo del creativo, colui che ribalta i soliti schemi di ragionamento del gruppo e propone nuove punti vista, e dell'innovatore, colui che spinge per cambiare in modo strumenti di lavoro per cercare nuove soluzioni ai vecchi problemi. Comunicazione La comunicazione rappresenta una condizione fondamentale per il funzionamento di un gruppo, in quanto garantisce l'aggiornamento, orientale relazioni e alimenta la collaborazione e il conflitto. È definita come un processo interattivo, informativo e trasformativo, grazie al quale si realizzano il dialogo e la struttura di relazioni tra le persone, avviene lo scambio di dati e informazioni, si generano innovazioni e cambiamenti. la comunicazione efficace in un gruppo di lavoro dovrebbe essere finalizzata agli obiettivi, pragmatica e orientata alla raccolta di analisi e dei fatti. Le componenti principali del processo di comunicazione sono:  Confronto e scambio : A livello sia di contenuto sia di relazione;  Ascolto : reso possibile dalla fiducia dalla consapevolezza che gli altri possono essere una risorsa utile per la propria crescita ed al riconoscimento della situazione comune nella quale si sta operando e quindi del valore che la comunicazione di ciascun membro può avere per la soluzione del problema;  Esposizione : orientata a trasmettere elementi significativi generando interesse, curiosità e coinvolgimento;  Feedback : si traduce nel dare o richiedere informazioni di ritorno per verificare la comprensione dei contenuti comunicati. Clima Per clima si intende quell'insieme di elementi, sentimenti, percezione dei membri che descrivono l'atmosfera che si respira nel gruppo. Alcuni indicatori in grado di esprimere il clima di un gruppo di lavoro:  Sostegno : descrive la fiducia di poter ricevere aiuto concreto, ottenere informazioni e risorse necessarie per lo svolgimento del compito;  Calore : riferito alla qualità delle relazioni al grado di vicinanza tra i membri;  Riconoscimento dei ruoli : relativo al livello di riconoscimento e accettazione delle differenze individuali, e alla convinzione comune che si può contare sul contributo di tutti;  Apertura e feedback : si riferiscono alla possibilità di esprimere nel gruppo le proprie idee. Sviluppo Quando un gruppo si costituisce non esiste ancora la competenza gruppale, ma esistono i sistemi di competenza dei singoli membri che vengono utilizzati dal gruppo. Per quanto riguarda le competenze del gruppo, si tratta di un sistema che è più della somma dei sistemi di competenza dei membri che lo costituiscono. Tale sistema comprende, come per gli individui, conoscenze, capacità e qualità del gruppo di lavoro. Le conoscenze rappresentano il sapere che possiede o deve acquisire per lavorare efficacemente (fa riferimento a contenuti specialistici, dinamiche e funzionamento del gruppo stesso); le capacità più importanti di un gruppo di lavoro sono quella strategica, che permette lo sviluppo del gruppo come sistema, quella innovativa, che gli permette di progredire e arricchire il sistema stesso, quella informativa, che sostiene gli scambi all'interno del gruppo e verso l'esterno, e quella operativa, che governa l'esecutività. Le qualità del gruppo di lavoro possono essere raggruppate in:  Qualità di sistema : insieme di attitudini che permettono al gruppo di vivere e svilupparsi come unità differenziata;  Qualità relazionale : interne ed esterne, che comprendo le modalità di relazione rispettivamente tra i membri e con l'ambiente esterno;  Qualità di azione : si riferiscono alle modalità di lavoro. Leadership Le variabili possono essere distinte tra variabili di struttura (obiettivo, metodo e ruoli) e variabili di processo (clima, comunicazione e sviluppo). La leadership rappresenta la variabile di snodo tra questi due insiemi di fattori, alla funzione di garantire la sopravvivenza e la crescita del gruppo stesso, ed è in grado di supportare aspetti sia strutturali che processuali. Possono esserci molteplici ruoli di leadership ricoperti dai diversi membri: leader funzionali si distinguono da leader istituzionali. Tra le molte teorie che si occupano di leadership, nei gruppi di lavoro ritroviamo principalmente la leadership di servizio, che permette di considerare il leader e il gruppo come indistinguibili all'interno del processo relazionale e delle scelte operative - esso lavora con e non per il gruppo, non si sostituisce ad esso e coinvolge le capacità di tutti . Il ciclo di vita di un gruppo Qualunque tipo di gruppo passa attraverso un ciclo di vita o di sviluppo che si articola in specifiche fasi; Tuckman Crea uno dei modelli che raccoglie il maggior consenso. 1. Forming : formazione del gruppo e incontro dei membri, viene definita l’ice break, le interazioni in funzione dello scambio di informazioni, conoscenza reciproca. Si inizia a prendere visione dell’obiettivo, la fiducia è bassa; 2. Storming : emergono differenze personali, è un periodo di prova in cui i componenti del gruppo si studiano per vedere chi emerge; 3. Norming : si è pronti a definire ruoli più adatti. Le persone sono disposte a esprimere le proprie opinioni e inizia a costruirsi la fiducia reciproca; 4. Performing : si passa la maggior parte della vita, è caratterizzata da cooperazione e supporto reciproco, le divergenze vengono valorizzate, affrontate e risolte costruttivamente, la comunicazione è aperta ed efficace, ciascuna si impegna per il raggiungimento degli obiettivi comuni; 5. Adjourning : lavoro concluso. Il processo può ripetersi ciclicamente, o in gruppi possono anche entrare in uno stato di decadenza:  De-norming : standard di comportamento vengono meno con il procedere del progetto;  De-storming : senso di insoddisfazione;  De-forming : gruppo di lavoro di disgrega. DINAMICHE DI GRUPPO Le dinamiche di gruppo soffrono di diffusione di responsabilità. Si parla di duplice fatica:  Fatica legata al fare: il fare genera un carico cognitivo ed emotivo;  Fatica legata alla relazione con gli altri: comunicare, ascoltare, esprimere le proprie idee, ma anche sentirsi osservati, valutati, rimproverati, incolpati etc… Le dinamiche di gruppo sono risposte involontarie alla presenza del malessere derivante dal fatto di lavorare con gli altri. Le situazioni di gruppo possono inibire la motivazione e rendersi attivi. La diffusione di responsabilità si verifica passando da una prestazione individuale a una di gruppo, in cui nel secondo caso si avverte una minore responsabilità personale rispetto al raggiungimento dell'obiettivo. Ci sono delle varianti: pigrizia sociale, parassitismo, corsa libera, stare a guardare e disimpegno morale.  Social loafting: ogni componente del gruppo pensa che ciascuno altro si impegnerà meno di quanto potrebbe, anche gli sarà dunque proprio al limitare il proprio impegno fin dagli esordi del gruppo di lavoro;  Sucker effect: un membro del gruppo approfitta della situazione;  Free riding: il soggetto si sceglie non solo di disimpegnarsi ma anche di uscire dal gruppo, fiducioso che difficilmente qualcuno se ne accorgerà;  Bystanding: l'individuo non interviene in una situazione in cui potrebbe dare il proprio contributo;  Moral disengagement: l'individuo prende attivamente parte da azioni che contrastano i propri valori etici. Caprara elenca:  giustificazione morale, si legittimano e nobilitano comportamenti di fatto deprecabili;  etichettamento eufemistico, maquillage verbale che serve a prendere le distanze dagli effetti delle proprie azioni e ad attenuare le reazioni negative che potrebbero suscitare;  spostamento delle responsabilità, si reclama l'impunità attribuendo ciò che si è fatto alla presenza di ordini o richieste per venuti dall'alto;  sottovalutazione e distorsione delle conseguenze, si minimizzano o negano i risultati negativi prodotti con il proprio comportamento. RICERCHE APPLICATE AL GRUPPO Fattori di efficacia nei gruppi Sudstrom e colleghi hanno definito due criteri di efficacia del gruppo di lavoro:  performance  raggiungimento del risultato atteso che soddisfa la richiesta di un cliente interno o esterno all'organizzazione;  vitalità  soddisfazione dei membri e del loro desiderio di continuare a lavorare insieme. Composizione del gruppo Truxillo e colleghi identificano:  Dimensioni del gruppo : e difficile individuare il numero ideale di componenti nel gruppo, con l'aumentare delle dimensioni del gruppo diventa difficile coordinare motivare i membri verso il raggiungimento di un obiettivo comune e aumenta il rischio del social loafing;  Team tenure : per quanto tempo i membri hanno fatto parte di nostra sto gruppo e hanno lavorato insieme. È stato dimostrato che una elevata team tenure influenza positivamente l'efficacia del gruppo mentre frequenti entrate e uscite dei suoi componenti lo possono indebolire; Ppersonalità di gruppo: i singoli individui definiscono la composizione del gruppo influenzano l'efficacia;  Diversità del gruppo : le differenze all'interno del gruppo possono riguardare vari elementi tra cui genere, età, etnia e precedenti esperienze. Fattori di processo Si identificano  Competenze e team working : un elevato livello di competenze di team working tra i membri del gruppo ne aumenta l'efficacia. 1. orientare il team verso il problem solving; 2. organizzare gestire le attività e le prestazioni del team; Gruppi transculturali Tali esperienza sviluppo individuale di più elevate aperture mentali e capacità di generare approcci diversi al problem solving, ossia di osservare le situazioni da diverse prospettive. Inoltre, le esperienze multiculturali aumentano la creatività del gruppo. ciò che lo rende possibile la motivazione da parte dei membri di riconoscere utilizzare il valore aggiunto, in termini di risorse informazioni disponibili che la diversità culturale suscita. La Leadership Dalla metà del ‘900 si vuole accedere alla realtà mutevole per nuove richieste e nuove risorse, e si afferma l’idea che la leadership sia l’azione di avere seguito e conseguito i risultati. Centrale è la relazione coi followers e le sfumature etiche di integrità, fiducia e giustizia. Non va confuso con il management: esso è una relazione di autorità finalizzata a produrre e vendere beni o servizi come esito si un’attività coordinata; la leadership è una relazione di influenza tesa a realizzare cambiamenti. I PRIMI STUDI: LE TEORIE DEL “GRANDE UOMO” L’approccio del grande uomo si concentra sui leader capaci di raggiungere elevata popolarità per i loro tratti, motivazioni e abilità. Sono considerati leader naturali per lealtà, socialità, iniziativa, persistenza, autostima, prontezza, adattabilità, estroversione, mascolinità, dominanza, conservatorismo. Vanno rese compatibili la personalità del leader e dei followers; l’efficacia dei tratti nella relazione con la situazione specifica. L’approccio basato sul comportamento Lo stile di leadership influenza il comportamento del gruppo, il clima affettivo e dei compiti. L’esperimento di Lewin consisteva nel dare istruzioni per impersonare una leadership autocratica, democratica o lassaiz- faire. I punti focali erano:  centralità e potere attraverso controllo e coercizione;  delegare l’autorità attraverso la partecipazione di tutti e la conoscenza. Likert mise a punto un questionario “Survey of Organization” identificando due stili di leadership (centrato sul lavoro e centrato sulla persona) con diverse sfumature di atteggiamento: autoritario minaccioso, autoritario benevolente, consultativo, partecipativo. Stodgill mise a punto il “Leader Behavior Description Questionnaire” dal quale emersero due dimensioni principali: il comportamento di realizzazione e il comportamento di sostegno. Dall’intreccio di queste due sono emersi 4 stili di leadership che vanno da leader molto orientati alla realizzazione del compito e poco attenti alle persone, a leader molto attenti alle persone e meno orientati ai compiti. Questo modello ha evidenziato relazioni significative tra il comportamento di realizzazione e la prestazione/tra il comportamento di sostegno e la soddisfazione lavorativa. Dagli stili di leadership all’approccio istituzionale (anni ’50-’60) Lo schema della leadership di Tannenbaum & Schemidt prevede un continuum di stili di decisione del capo in relazione alle due dimensioni opposte di “uso dell’autorità” e “discrezionalità concessa ai subordinati”. Quindi ad un estremo vi è una leadership centrata sul capo e all’altro una leadership centrata sui subordinati. Il secondo può raggiungere più obiettivi (motivare i collaboratori, sviluppare lavoro di gruppo, ecc.), ma bisogna stare attenti agli elementi situazionali che possono orientare nella scelta: manager, collaboratori, situazione  numerose variabili in gioco rendono complessa la modulazione di stile. La griglia manageriale di Blake & Mouton segnala forte legame tra leadership e cambiamento che favorisce la selezione dello stile d’azione più adeguato anche per un futuro. Oscilla fra le due dimensioni di interesse per la produzione e interesse per le persone. Questi “interessi” sono misurati attraverso un questionario che identifica:  Leader debole : limita i suoi sforzi al minimo indispensabile, ha punteggi bassi;  Leader manipolatore: interessato alla produzione, tratta in modo strumentale;  Leader amichevole : interessato alla relazione a molta atmosfera amichevole, poco alla produzione;  Leader moderato : interesse intermedio per prestazione soddisfacente e buon clima;  Leader della squadra : prestazione migliore e ottimo clima interessato ad entrambi Ogni stile è ideale in base all’intersezione della griglia. Il modello di contingenza di Fiedler ritiene che lo stile di leadership fosse stabile e solo in parte modulabile distinguendo due tendenze: motivazione del compito e motivazione alle relazioni (realizzazione obiettivi – costruire e mantenere relazioni). Fiedler mise a punto un questionario LPC: Least Preferred Coworker per determinare i due stili motivazionali, che devono poi essere valutati in base alle caratteristiche della situazione:  Relazione tra leader e follower : è la dimensione più importante: cooperazione, fiducia, rispetto, accettazione;  S truttura del compito : compiti semplici da comprendere, do routine, con maggiore influenza del leader;  P otere della posizione : assegnare compiti, riconoscere e punire + influenza. Bisogna, inoltre, determinare quanto sia favorevole da 1 (molto) a 8 (poco) la situazione: quando lo stile non corrisponde alla situazione il leader può modificare il compito o il potere di posizione. La critica è stata mossa proprio per l’invariabilità dello stile. Hersey & Blanchard propongono un modelli per valutare la variabile della maturità dei collaboratori nell’affrontare il compito assegnato, su un continuum da bassa ad alta, secondo cui il leader può scegliere lo stile più adeguato tra:  Prescrivere (basso livello): istruzioni e tempi dettagliati, decisione interamente al leader che deve istruire i collaboratori e non relazionarsi;  Vendere (livello medio-basso): specifiche istruzioni e sostegno. è importante la relazione. il leader prende le decisioni finali ma si consulta con i collaboratori;  Coinvolgere (livello medio-alto): poco tempo alle indicazioni, concentrandosi sull’obiettivo finale e dedicare energie all’incoraggiamento. Le decisioni coinvolgono collaboratori, approvazione da tutti + fiducia;  Delegare (alto livello): fornire info richieste dai collaboratori, lasciare decidere a loro. Nel corso del tempo l’abilità e la scienza dei collaboratori possono crescere e, dunque, si modifica la maturità e conseguentemente anche lo stile di leadership modulando lo spostamento dal compito alle relazioni, dal direttivo al democratico. MODELLI SITUAZIONALI Il modello “path-goal” e la teoria “leader-member exchange” House, autore della teoria path-goal, individua alcuni moderatori situazionali della leadership orientata al compito e alla persona e di come egli possa influenzare la prestazione e la soddisfazione dei collaboratori. È considerato il diretto responsabile e deve innalzare la motivazione attraverso la chiarezza e i riconoscimenti di valore, concentrandosi sull’influenzare le percezioni degli obiettivi da perseguire e il percorso. I fattori situazionali sono due: i collaboratori (essere guidati o meno; il loro locus of control; le abilità), il contesto (struttura del compito, la sua ripetitività, il gruppo di lavoro). Deve quindi individuare lo stile più adeguato tra:  Direttivo : quando il locus of control è esterno e si richiede una leadership autoritaria per bassa abilità e maturità se il compito è complicato e ambiguo;  Di sostegno : locus of control interno ed esperti. Il compito è semplice e l’autorità è bassa ma deve supportare e considerare;  Partecipativo : collaboratori vanno coinvolti, sono abili e hanno locus of control interno. Il compito è complesso ma si decide insieme;  Realizzativo : leadership autocratica per collaboratori con locus of control interno e abilità elevata. Anche con un compito semplice il leader è direttivo e di sostegno, con elevata autorità. È complicato individuare quando uno stile non è idoneo, ma è propositivo per indicare precise linee per il leader che deve motivare. La LMX ha origini dagli studi sulla relazione diadica unica verticale tra leader e collaboratori, e il grado di delegazione o assegnazione dei ruoli, in principali relazioni di scambio in-group exchange (reciprocità e condivisione) e out-group-exchange (leader controlla ed è formale). Ma la LMX si concentra sulle determinanti gli scambi e i suoi effetti sulla prestazione lavorativa, soddisfazione, turnover, commitment, cittadinanza. Relazioni LMX di elevata qualità, fanno in modo che i collaboratori ricompensino il leader con Vanno da un livello macro ad uno micro su un continuum (organizzativo di gruppo individuale). LE RESISTENZE AL CAMBIAMENTO Non sempre il cambiamento è accettato e sostenuto da tutti, ma vanno messi in conto gli effetti che produce e non sottovalutare le dimensioni soggettive, emotive e relazionali. Il cambiamento è desiderabile se è un'opportunità di sviluppo o può essere visto come elemento di rifiuto e negazione e determinare la diminuzione della soddisfazione lavorativa e del committment. Ci deve essere alla base lavorativa una vera volontà di farsi coinvolgere nel processo e impegnarsi in esso, stimolando il comportamento proattivo. Sono da diagnosticare e gestire le resistenze e le emozioni (negative) associate ad esso, come frustrazione, rabbia, timore e ansia. È questa la strategia vincente, poiché lasciare il conosciuto per lo sconosciuto è un'esperienza faticosa che comporta l'adozione di nuovi comportamenti, valori, norme e stile di vita. Sono da considerare le componenti soggettive e di contesto e da individuare le resistenze di cambiamento sulla componente cognitiva, affettiva e comportamentale. Le resistenze individuali  Incertezza e insicurezza per il nuovo : si percepisce una minaccia per il futuro. Sono classificabili in psicologiche (minaccia alla propria identità occupazionale) ed economiche (si teme riduzione dello stipendio, retrocessioni ecc...). Inducono ad un comportamento regressivo che fa rifugiare nel passato fonte di sicurezza maggiore.  Selezione percettiva delle informazioni : si percepisce la minaccia delle opinioni, degli schemi consolidati e utilizzati abitualmente.  Abitudini : le situazioni poco prevedibili in grado di mettere in discussione le routine, gli schemi mentali individuali e i comportamenti consolidati.  Personalità : alcuni individui sono più predisposti di altri a resistere al cambiamento. Le resistenze di gruppo  Le dinamiche legate al potere e ai conflitti: si percepisce una occasione utile solo a conferire maggiore potere ad alcuni a discapito di altri, favorendo opposizione e ostruzionismo;  La struttura e la cultura organizzativa : una struttura burocratica e centralizzata dalla rigida suddivisione dei ruoli e delle procedure, è più resistente al cambiamento rispetto alle strutture decentralizzate e flessibili. Anche i valori e le norme vengono minacciate nella loro conservazione dalle nuove chiavi di lettura e di interpretazione. In conclusione, individuare l'origine delle resistenze individuali e collettive è importante così come informare i dipendenti sui possibili vantaggi, contenere gli svantaggi e i rischi percepiti, dare rilievo alla comunicazione e alle informazioni chiare e corrette. Questo aiuta i dipendenti a ridurre l'ansia e l'incertezza per tutto ciò che è nuovo e apre al cambiamento, sostiene le azioni con ripercussioni positive sugli stessi. LA RICERCA-AZIONE PER LO SVILUPPO ORGANIZZATIVO La gestione del cambiamento (Organizational Development – OD) sottolinea la possibilità di utilizzare il tempo come risorsa; la lettura dell'organizzazione come cultura; l'utilizzo della scienza comportamentale applicata e della ricerca-azione. Le definizioni  RA è un modo di intervenire all'interno del contesto organizzativo, con un intento trasformativo: è il modo attraverso cui si arriva a una visione condivisa delle questioni su cui si fa ricerca, si capiscono gli interessi di qualcuno verso le domande conoscitive e applicative formulate dal consulente per suscitare curiosità;  RA è un modo di conoscere nella relazione e attraverso la relazione: la conoscenza è una fonte di energia che affondi nell'azione pratica e sulla riflessione nella comunità di ricerca per garantire una condizione di alta qualità. Coinvolgere gli attori, però può far accrescere il rischio di vedere la RA come un compito o un'imposizione;  RA è una filosofia, un modo di essere e di vivere che interpreta e vive la partecipazione come testimonianza e come metodologia: serve a rendere il posto in cui si lavora come il migliore per vivere, sensibilizzando gli attori in una ricerca che sia con, per e attraverso le persone. E' una scienza delle persone che ricerca nella vita di tutti i giorni;  RA è un processo di cambiamento: changing, è ciò che accade nella presa di decisione;  RA è anche una metodologia di ricerca prevalentemente qualitativa: si basa sull'azione riflessiva e di cooperazione per una co-costruzione di una comune visione che possa trasformare la comunità di ricerca in gruppo consapevole delle ambiguità e imprevedibilità. Il setting può facilitare la nascita e la crescita dei rapporti produttivi per la sperimentazione operativa di nuovi corsi d'azione e arricchimento dei quadri di riferimento. Le prospettive che hanno descritto, teorizzato e praticato la RA: 1. la RA classica sperimentale di Lewin; 2. l'Action Science di Shon; 3. le diverse pratiche RA partecipative (Co-operative Inquiry, Actione Inquiry, Partecipatory, Appreciative Inquiry, Community AR); 4. la RA postmoderna decostruttivista di Barry Le pratiche 1. Lo “scienziato” detta la direzione del cambiamento auspicato e promuove il coinvolgimento attivo degli attori nella realtà sociale; 2. Ha l'obiettivo di accedere induttivamente alla cultura dei partecipanti della ricerca, operando nel loro contesto naturale, utilizzando una metodologia qualitativa, l'etnografia e l'osservazione partecipante. Il ricercatore ha una posizione neutrale e positivista in una ricerca per le persone e con le persone. 3. In tutte vi è la dimensione partecipativa e un forte orientamento democratico per un mondo più efficace, efficiente e salutista per gli attori. Il ricercatore osserva in una maniera distaccata diventando facilitatore per favorire l'auto-sviluppo e l'autocontrollo partendo dagli emarginati, e promuovere forme alternative di organizzazione. 4. Sono i discorsi a costruire la nostra iper realtà e quindi vanno revisionati la conoscenza la verità e la realtà sui valori di tolleranza e polifonicità. La forma discorsiva deve aiutare i membri a comprendere come sono giunti a determinate forme di pensiero che orientano oppure limitano il corso d'azione. In conclusione, ci deve essere reale alleanza tra concretezza sul campo e sforzo conoscitivo, e la verifica del valore della RA nel determinare il cambiamento sociale. Leggere e gestire il conflitto nelle organizzazioni Oggi, più che il timore di essere controllati, si ha paura di essere inadeguati, soli ed esclusi da situazioni e contesti. Il management organizzativo appare preso alla sprovvista da nuove sfide. Si sperimenta una situazione di incontro/confronto/scontro che risulterà conciliabile o meno e sostenibile o meno. La conflittualità ha una connotazione negativa in quanto si rifà alle condizioni di guerra e dominio. In letteratura reperiamo più contributi in campo di conflitto interpersonale e sociale e monti meno in ambito si conflitto organizzativo. Infatti, Sheperd paragona questa tematica alla schizofrenia per la ridotta esplorazione delle molteplici facce del fenomeno. Spigolature minime sul conflitto Il primo spaccato proposto riporta un conflitto interno e soggettivo nato dalla ridefinizione dell’identità lavorativa per una proposta di responsabilità più ampia. È una transazione inevitabile. Il soggetto sperimenta una negoziazione tra esigenze istituzionali/organizzative e il proprio bilancio professionale. Si rompono i precedenti equilibri. Quanto una turbolenza può essere sana e quanto patologica? Si misura in termini di funzionalità/elaborazione/costruttività vs disfunzionalità/reazione/distruttività. Qui si richiede una capacità generativa propria della maturità adulta. Il secondo spaccato rivela una forma disagevole di irrazionalità che assume una forza di distruttività nei confronti di rapporti consolidati. Questo è il lato oscuro delle organizzazioni, una zona d’ombra per la quale non si riescono ad inferire le cause. Il singolo pensa spesso il proprio desiderio come superiore a tutto. A questa perversione si può ovviare tramite una razionalità burocratica, cioè svalutare e ridicolizzare quello che porta disordine. Le persone adottano modalità attrattive (si sfruttano i complici servili), oppure modalità repulsive (si stigmatizzano gli avversari). L’intelligenza sociale si contrappone allo stupore. Ci si ripiega su: adattamento apatico, dipendenza, riconoscimento a tutti i costi. C’è una costante tentazione di forme di rimozione, disinvestimento e svalutazione della riflessività. Ci sono costi di transizione imprescindibili nella dimensione del conflitto: un investimento simbolico ed emotivo e un dispiegarsi di regole, procedure e rituali. In questo scenario si stagliano i processi i identificazione ed individuazione che confermano o meno le aspettative sull’identità personale e sociale. La dialettica situata e concreta avvalla i processi di reciproco riconoscimento. Il conflitto è , pertanto, una variabile imprescindibile da attraversare. ORIGINE E SVILUPPO STORICO DELLA CONCEZIONE DI CONFLITTO Etimologicamente, la parola “conflitto” indica un incontro/scontro tra due entità differenti che interagiscono tra di loro. Alle origini del pensiero filosofico si fa riferimento alla questione politica. Eraclito: il conflitto è il motore delle cose. In ciò che discorda sta l’armonia più bella.  Anassimandro : la lotta degli elementi è un momento negativo e di ingiustizia;  Platone, Aristotele e Rousseau : lo Stato è armonia, il conflitto è patologia;  Hegel : il conflitto è un principio metafisico. Tutte le cose possono definirsi solo in relazione a ciò che essa non è;  Simmel : gli esseri umani hanno al contempo due tendenze: associativa (volta alla socializzazione) e dissociativa (volta all’individualismo). Qui il conflitto è un riconoscimento reciproco delle parti e non una minaccia sociale;  Lewin : il conflitto una struttura fondamentale che regola il gioco delle forze psichiche presenti nel campo psicologico dell’individuo;  Luhmann : il conflitto è un indicatore di una disfunzione sociale. Ci sono due comunicazioni che si contraddicono tra di loro. Il rischio non è il conflitto in sé, bensì le aspettative che persistono;  Pierce : il conflitto lavora nella coordinazione di significati diversi. In sintesi, si assume una visione interdisciplinare che individua 4 aree concettuali:  Antropologico-filosofica : pluralità di desideri è causa di conflitto (Hobbes), l’uomo vuole la concordia, la natura vuole la discordia (Kant), schema del servo-padrone (Hegel), logica dello scambio (Mauss);  Sociopolitica : il conflitto turba l’equilibrio sociale (funzionalismo), il conflitto ha funzione adattiva (neo-funzionalismo), il conflitto è un elemento intrinseco e necessario (post- funzionalismo);  Psicoanalitica : il conflitto nasce da istanze pulsionali contrarie;  Psicosociologica : il conflitto è una manifestazione di potenzialità per l’espressione della soggettività. È vivente, fluttuante e continua a svilupparsi. Le concezioni di conflitto in abito organizzativo si intrecciano a quelle interpersonali e sociali. Nell’ottica funzionalista dello scientific management taylorista-fordista il conflitto era visto come una deviazione nociva. Progettare regole, procedure e strutture era proprio atto, infatti, a preservare l’ordine. Affine è il paradigma dello Human Relations che è volto alla costruzione di una rete di relazioni sociali tramite cooperazione e sostegno. Il paradigma interazionista (anni ’50) considera il conflitto come un aspetto ineludibile. È un fenomeno da gestire per trarre massimo beneficio per l’organizzazione, le conseguenze non sono sempre negative, ci si deve porre domande sulle situazioni in cui non emerge conflittualità. Il paradigma culturale (anni’90) vede il conflitto una condizione strutturale. L’organizzazione non subisce la minaccia del conflitto, ma è una situazione la cui condizione naturale è il conflitto dinamico. Quindi il conflitto è un’occasione da valorizzare. Di recente, è stato formulato il paradigma della complessità, che si snoda sul ruolo centrale del conflitto. Non ha solo valenza distruttiva, bensì costruttiva e di promozione di energia. Tra le molteplici teorie, individuiamo elementi comuni:  Percezione del conflitto  gioca la soggettività;  Dimensione relazionale  tra due o più agenti;  Minaccia per il sé  le visioni del mondo altrui sono minacciose;  Densità emotiva  l’ostacolo ha un’inevitabile risonanza emotiva. conflitto possono portare verso il compromesso e la concessione oppure verso l’impossibilità di una prospettiva di reciprocità e il perpetuarsi di irrazionalità. Le emozioni nella vita organizzativa La centralità delle risonanze emotive è spesso stata data per scontata da coloro i quali lavorano nelle organizzazioni. Si parte dai diversi significati di “emozione” e si prendono in considerazione due diversi approcci: psicodinamico e costruttivista. LE PAROLE DELLA PSICOLOGIA: AFFETTO, EMOZIONE, SENTIMENTO E UMORE James pone un interrogativo: “siamo felici e di conseguenza sorridiamo o è vera la relazione inversa?” e sostiene che i cambiamenti fisici stimolano i sentimenti. Si distinguono diversi termini:  Affetto : è di ampia portata; include le emozioni.  Emozione : stato affettivo intenso e di breve durata derivato da una causa, che si esprime in relazione a persone o qualcosa. Hanno carattere dinamico (fase iniziale, evoluzione, attenuazione). Sono di natura incerta e possono intrecciarsi tra loro.  Sentimento : secondo Fineman è l’elemento più soggettivo di ciò che si prova, autentico e intimo. Nella prospettiva costruttivista si distinguono dalle emozioni, cioè da ciò che noi mostriamo. Nella prospettiva psicodinamica non si opera alcuna distinzione invece.  Umore : stato affettivo meno intenso, ma più duraturo rispetto alle emozioni. Le emozioni non si esprimono in entità discrete o polarizzate, ma in trame (emotional texture). Hanno carattere dinamico e mutevole. Le emozioni nelle organizzazioni A Chicago nascono gli studi coordinati da Mayo sulla “logica dei sentimenti”. Nel 1930 si parla di “stato morale dei lavoratori”; nel ’50-’60: si stagliano due direzioni. La prima di matrice cognitivista, dà rilievo alle attitudini. Le attività influenzano la motivazione e, quindi, i risultati. La seconda di matrice psicodinamica, in cui le persone rivivono le loro angosce primarie nei contesti organizzativi. Nel 1985: cresce l’interesse per i sentimenti e le emozioni. 2001: “Emotion”, rivista internazionale dell’APA. Le organizzazioni come arene emotive Fineman afferma che la marginalità dell’interesse per le emozioni fino agli anni ’80 è da attribuire alla concezione della cultura occidentale che ritiene le emozioni un disturbo per l’efficienza dell’organizzazione. Weber, in accordo con questa posizione, ritiene che l’organizzazione assuma massima efficienza solo se deumanizzata: “sine ira ac studio ” è il paradigma da seguire per evitare le interferenze dei sentimenti. È una visione riduzionista, centrata sulla burocrazia organizzativa. Dagli anni ’80 si è sviluppato questo tema. Le emozioni sono arene emotive: si rappresentano a favore di un pubblico. L’esibizione delle emozioni è l’emotional display: i soggetti emozionati costruiscono l’organizzazione e gli attori compiono azioni modellate e negoziate. Gli individui portano con sé gli echi dei sentimenti vissuti altrove. Nei luoghi di lavoro avvengono processi di downsizing che provocano ferite profonde. La vita emotiva colora quella organizzativa: non è un semplice sottoprodotto. L’APPROCCIO PSICODINAMICO Le emozioni sono viste in una prospettiva plastica e dinamica, in movimento. Infatti emozione e motivazione hanno la stessa radice etimologica. Il riferimento d’obbligo è alle ricerche di Jacques, che riprende le teorie della Klein, e ha fondato il paradigma delle difese contro l’ansia . Gli individui costituiscono le organizzazioni per ripararsi da due tipi di ansia:  Ansie paranoidi (le forme più primitive, paura di essere annientati);  Ansie depressive (timore per la perdita di un oggetto desiderato e amato). Hirschhorn ha elaborato il concetto di sistema dei normali danni psicologici che descrive l’insieme di offese che gli attori subiscono quando collaborano e si utilizzano a vicenda. Il disincantamento dal mondo a cui aspira Weber è difficile da mettere in atto. Per fronteggiare l’ansia si utilizzano difese di introiezione e proiezione. Jaques parla di altri due tipi di difese: gli operai usano la scissione in dirigenti buoni e cattivi, e questi usano l’ideazione (per negare gli aspetti negativi degli operai e, di riflesso, proteggere se stessi dalle loro parti cattive). Menzies ha condotto uno studio sulle infermiere londinesi esposte a diretto contatto con sofferenza e malattia. I meccanismi difensivi sono:  elevata specializzazione (assegnare a ciascuna infermiera un ridotto numero di compiti. Meno tempo da dedicare al singolo = meno ansia);  spersonalizzazione dei pazienti (identificati con i numeri dei letti o il tipo di malattia);  riduzione delle decisioni da prendere (con una lista dei compiti da eseguire. Da una parte le azioni sono definite dettagliatamente, dall’altra il compito è svuotato di significato e relegato a mero rituale);  mancanza di chiarezza nella distribuzione delle responsabilità formali (non c’è definizione dei ruoli);  politica gestionale a favore del distacco professionale (non far trasparire personalità, distacco psicologico dai malati per evitare l’esperienza diretta dell’ansia Si trattava, tuttavia, di un lenimento illusorio perché successivamente si esperiva burnout, stress, clima pesante e turnover. Come notiamo, l’organizzazione offre meccanismi di difesa dalle angosce primarie, ma in realtà genera altrettanta ansia; essa provoca, quindi, un effetto controintuitivo, diventa essa stessa fonte di ansia. Freud concepisce le emozioni in termini dinamici: possono trasformarsi sia in altre emozioni che in forme d’ansia. L’ansia è concepita sia come stato psicologico da cui difendersi, sia come segnale che avvisa l?io di un pericolo che fa scattare i meccanismi di difesa di rimozione e repressione. Baum ha indagato le possibili cause di ansia per i soggetti all’interno delle organizzazioni. Nella burocrazia si ricorre alla gerarchia, che concentra il potere nelle mani di pochi e definisce in modo ambiguo le responsabilità. Responsabilità ambigue  spazio psicologico vuoto  si colma con le fantasie (rappresentazioni per mancanza di dati). Baum abbraccia l’impostazione freudiana secondo cui sono le fantasie a generare le emozioni, e non viceversa. Una cattiva organizzazione genera sentimenti di biasimo, vittimismo e meccanismi di difesa di capro espiatorio. Le immagini del proprio capo ricalcano le figure di autorità incontrate nei primi anni di vita, e questo rimanda a sentimenti di delusione, sospetto, rivalsa. Così, provano verso di lui la stessa ostilità vissuta nei confronti dei genitori. L’approccio costruttivista Le emozioni sono apprese nei contesti sociali e organizzativi, e il loro significato dipende dalle interazioni discorsive degli attori. L’enfasi è posta sul contesto sociale e culturale. L’esibizione delle emozioni (emotional display) è parte integrante del processo di costruzione dei significati. Il lessico, i racconti, le espressioni verbali sono pregne di significati sociali. Le emozioni non sono solo qualcosa che si prova, ma anche qualcosa che si impara a mostrare, esibire ed esprimere in relazione sia alle circostanze sia all’interesse personale. Tuttavia, nelle organizzazioni si richiede un imperituro lavoro di facciata: non si può esprimere autenticamente ciò che si prova. Gli oggetti della teoria e della pratica empirica sono:  Fatica o lavoro emotivo (emotion work )  sforzo psicologico degli individui per gestire la discrepanza tra i sentimenti sinceri e le emozioni che si possono lecitamente mostrare;  Lavoro emozionale (emotional labour)  un determinato ruolo che si ricopre richiede un determinato sentimento. Si altera lo stato emotivo per rispondere alle prescrizioni previste;  C opione emozionale (emotional script )  getta luce sull’ipocrisia emotiva, recitare la parte su un palcoscenico;  Spazio emotivo (emotional zones )  alcune aree emotive sfuggono al controllo. Setting organizzativi: pubblico e privato (back stage e front stage). Quando la tensione tra emotion work ed emotional labour diventa insostenibile, e non ci sono più risorse per sostenere la maschera della finzione, c’è il rischio di burnout, stress lavorativo e alessitimia come risultato della dissonanza emotiva. Conclusioni In merito all’origine delle emozioni risponde meglio la visione psicodinamica, a dispetto della costruttivista. Entrambi gli approcci operano la distinzione tra carattere pubblico (manifesto ed esibito) e dimensione soggettiva (privata ed intima). Le emozioni:  Audit/controllo e valutazione dell’efficacia , da effettuare in modo continuativo, per consentire eventuali correzioni e un’adeguata pianificazione delle campagne successive. Analisi preliminare di contesto/ambiente: la ricerca di marketing sociale Il primo passo per la costruzione di una campagna di marketing sociale è la descrizione della funzione del progetto, dell’ambiente culturale su cui si innesta e della direzione che s vuole seguire. Bisogna quindi individuare punti di debolezza, punti di forza, opportunità e minacce dell’ambiente di riferimento. Questa fase è definita SWOTanalysis e serve proprio per definire gli obiettivi specifici del progetto e scegliere gli utenti target conoscendone desideri, abitudini, credenze e intenzioni. La ricerca di marketing è quindi finalizzata a:  Determinare gli obiettivi dell’azione di marketing  Identificare eventuali barriere e benefici collegati alla promozione del comportamento desiderato  Identificare la concorrenza, quindi chi promuove il comportamento alternativo  Definire un piano per il monitoraggio e la valutazione dei risultati delle azioni di marketing La “buona ricerca” deve essere condotta in combinazione di metodi, avvalendosi di procedure e tecniche riferibili a diverse categorie teoretiche e operative. Alcune metodiche di indagine:  Focus group : sono uno strumento di frequente utilizzo. Consistono in discussioni di gruppo moderate da uno o due ricercatori in cui si trattano i temi di maggior interesse per il progetto. È auspicabile l’uso di focus group per ogni segmento di mercato.  Le interviste ai testimoni privilegiati : utili per ottenere informazioni sugli utenti target e discutere di eventuali strategie da eseguire. Di solito si utilizzano interviste semistrutturate.  Le survey : sono indagini quantitative su larga scala svolte attraverso questionario per identificare aspetti sintetici della popolazione target;  Esperimento : serve per testare l’efficacia di una parte del progetto e identificare relazioni causa- effetto tra le variabili considerate;  L’osservazione : è una tecnica molto utile anche se molto costosa e di scarsa strutturazione. Può essere utilizzata per scoprire eventuali barriere al comportamento atteso;  Le tecniche implicite : sono procedure svolte al computer che utilizzano la velocità o l’accuratezza delle risposte dei partecipanti a compiti di identificazione o categorizzazione per ottenere una misura dell’intensità dell’associazione semantica tra concetti e quindi una stima dell’atteggiamento implicito. I costrutti impliciti spiegano una parte del comportamento del consumatore che non po’ essere compresa attraverso le sole tecniche esplicite (questionari);  La ricerca etnografica : serve per capire davvero gli utenti designati immergendosi nel loro ambiente naturale. Molto frequenti sono anche i colloqui e i diari. Questo tipo di indagine è piuttosto impegnativo, sia per i ricercatori sia per i partecipanti. Sviluppo di una campagna di marketing sociale È guidato da due obiettivi: cosa e come promuovere. Il prodotto di una campagna di marketing sociale è un comportamento (smettere di fumare) potendo includere anche la creazione, distribuzione e/o promozione di un bene fisico o un servizio. Il prezzo del marketing sociale, rappresenta il costo che l’utente target deve sopportare per ottenere i benefit derivati dall’adozione del comportamento desiderato valutando quindi gli incentivi e i disincentivi. Il placamento in prospettiva sociale diventa la facilità e comodità di accesso al cambiamento proposto. La promozione è l’elemento del marketing mix che si trasforma meno da una prospettiva commerciale una sociale. Si tratta, in questo caso, di scegliere i canali e i contenuti di comunicazione più adeguati. LA PROGETTAZIONE DEL PRODOTTO SOCIALE. Esistono tre livelli da definire in fase di progettazione  Il core product, riguarda i vantaggi che l’utenza desidera o si aspetta di avere in cambio dell’adozione del comportamento promosso nella campagna. Implica la scelta dei vantaggi che andranno promossi e sui quali dovrà centrare la campagna di marketing sociale, considerando i benefici e i costi del comportamento in competizione;  L’actual product, è il comportamento stesso, l’oggetto della comunicazione. È necessario per ottenere i benefici del core product, ma deve essere visto come uno strumento promosso per raggiungere specifici benefici. Fanno parte del prodotto reale anche sponsor e slogan adottati per promuovere l’oggetto della campagna;  L’augmented product, è l’insieme di tutti i beni tangibili e dei servizi che accompagnano il prodotto vero. Sono determinanti al successo di una campagna di marketing sociale. Tramite questi si possono rimuovere eventuali barriere all’adozione del comportamento desiderato oppure sostenere l’adozione del comportamento nel lungo periodo. Possono infine permettere di trasformare la motivazione individuale in comportamenti reali. La gestione dei costi di adozione del comportamento sociale (prezzo) Possono essere monetari e non monetari. Quelli monetari di solito sono associati ai beni e/o servizi tangibili che fanno parte della categoria augmented product. Quelli non monetari sono il tempo, lo sforzo e l’energia necessari per l’adozione del comportamento desiderato. Sono connessi anche gli eventuali rischi o disagi psicologici o fisici. Kotler e Lee spiegano che incentivi di tipo monetario e psicologico agiscono su due fronti: il comportamento atteso e i comportamenti alternativi. Per i comportamenti attesi bisogna utilizzare gli incentivi per aumentare o migliorare l’appetibilità del core product e per diminuire i costi monetari e psicologici legati al comportamento atteso, mentre per i comportamenti alternativi bisognerebbe aumentare i costi monetari e psicologici dei comportamenti alternativi riducendo cioè i benefici monetari e psicologici di tali comportamenti. Tuttavia queste strategie sono di difficile attuazione. In tema di aumento e riduzione dei costi monetari, si osserva che il ricorso a essi è prassi frequente nel marketing tradizionale e che i consumatori più informati prestano molta attenzione alle strategie alla base di saldi, sconti e ribassi praticati dai commercianti. Nel campo del marketing sociale, ridurre o azzerare i prezzi dell’augmented product è strategia molto comune e serve per aumentare i benefici psicologici percepiti. Vengono adottate delle strategie anche per ridurre il costo psicologico e/o fisico connesso al comportamento atteso. Gemunden suggerisce 4 modalità per ridurre il rischio percepito di incontrare perdite durante l’adozione del comportamento desiderato.  Rischio psicologico: bisogna sviluppare prodotti sociali che elargiscano ricompense psicologiche;  Rischio di natura sociale o fisica: la campagna deve essere sponsorizzata da enti riconosciuti per l’impegno sociale o per competenza medica;  Rischio di un servizio e bene tangibile: offrire la possibilità di provare il bene/servizio stesso. L’accessibilità del prodotto (placement o distribuzione) Definisce il luogo in cui gli utenti designati adotteranno il comportamento desiderato o dove utilizzeranno o acquisteranno eventuali augmented product a esso collegati. L’obiettivo è rendere facili i comportamenti promossi e difficili quelli alternativi. L’efficacia delle campagne di marketing sociale è spesso limitata dalla difficoltà incontrata dagli utenti nel raggiungere fisicamente il luogo in cui usufruire degli augmented product o dove il comportamento desiderato si può realizzare. Kotler e Lee hanno recentemente sviluppato una serie di strategie per la distribuzione del prodotto sociale.  Avvicinare la location : ad esempio avvicinare gli utenti alla donazione di sangue attraverso laboratori medici mobili nei quali sia possibile svolgere analisi e operazioni necessarie alla donazione;  Estendere l’orario : per esempio delle linee telefoniche. Questo permette di avere più tempo per mettere in atto il comportamento desiderato o usufruire dei prodotti/servizi;  Essere presenti al momento della decisone : può essere utile predisporre dei controlli e ricordare sistematicamente i benefici riconducibili all’actual product;  Rendere la location più attraente : per esempio i percorsi per le biciclette ben interconnessi tra loro e separati dal traffico automobilistico intenso;  Superar e le barriere psicologiche legate alla distribuzione : come ad esempio la timidezza e la vergogna, poiché aderire ad una campagna di marketing sociale significa ammettere di aver avuto in passato comportamenti socialmente indesiderabili. Bisogna quindi prima impostare un contatto impersonale, anonimo e riservato (alcolisti anonimi);  Essere più accessibili della concorrenza : ad esempio uno dei fattori che hanno guidato il successo delle iniziative di car pooling è stato la possibilità di usare corsie e parcheggi riservati;  Rendere il comportamento concorrente più difficile : ad esempio nello stato di Washington è stato vietato il fumo nel raggio di 5 metri dall’ingresso dei locali pubblici diminuendo cosi la percentuale della popolazione che fumava;  Essere presenti dove gli eventuali target fanno compere o si ritrovano : per esempio campagne di sensibilizzazione sul fumo potrebbero essere collocate nei centri di aggregazione giovanile (bar). Integrarsi con i canali di distribuzione esistenti. Per esempio per attività educative che riguardano i giovani è particolarmente opportuno coordinarsi con i canali di distribuzione educativa più efficaci e quindi scuola e famiglia. La promozione del prodotto sociale Le azioni di promozione sono comunicazioni persuasive finalizzate a motivare l’utenza designata all’azione. Bisogna quindi tenere in considerazione gli aspetti tipici della comunicazione persuasiva ovvero la fonte, il contenuto del messaggio e i canali di distribuzione. Le fonti possono essere diverse e complementari, lo sponsor è utilizzato per fornire credibilità e può essere sia un’organizzazione no profit sia un ente a scopo di lucro. Una variante della sponsorship è costituita dalle organizzazioni che appoggiano l’iniziativa, chiamate endorsement. La loro presenza è testimoniata in modo informale attraverso il loro nome o il logo. Un’altra fonte sono i partner, coinvolti fin dalle prime fasi e il loro ruolo non è spiccatamente comunicativo. Poi ci sono i testimonial che conferiscono al comportamento promosso prestigio, carisma, potere e fascino. Per costruire il contenuto del messaggio bisogna definire dettagliatamente alcune attese nei confronti degli utenti designati e quindi  Che cosa devono fare : il comportamento deve essere ben definito in “sotto- comportamenti” facilmente realizzabili;  Che cosa devono sapere : è utile diffondere dati statistici relativi al comportamento promosso;  In cosa devono credere : il cambiamento delle credenze, quindi ciò in cui gli utenti target devono credere, si attua abbassando le barriere all’adozione del comportamento desiderato ed eventuali credenze erronee che favoriscono il comportamento alternativo. La strategia creativa necessaria alla scelta dei vari elementi di comunicazione dovrebbe seguire alcune regole di base:  Bisogna perseguire l’incisività del messaggio, rendendolo chiaro e semplice;  Bisogna focalizzarsi sui benefici collegati al comportamento desiderato;  È necessario centrare il messaggio attorno a quanto l’utente target “ci può guadagnare”;  Bisogna considerare che i messaggi basati sull’elicitazione della paura sono efficaci soprattutto per persone che in precedenza non la percepivano e se nel messaggio la messa in atto del comportamento auspicato è chiara e praticabile. Il messaggio deve essere facile da ricordare. Il controllo
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