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Puskin: La Vita e Opere di un Poeta Nazionale Russo, Sintesi del corso di Letteratura Russa

Storia della letteratura russaBiografia di Autori RussiLiteratura russa moderna

La vita e le opere di Aleksandr Sergeevič Puskin, definito poeta nazionale russo per la sua rappresentazione delle aspirazioni dello spirito russo. la sua infanzia, l'educazione, la carriera e la produzione letteraria, inclusi i suoi versi politici e la sua evoluzione poetica. Viene inoltre discusso l'influenza di figure come Arina Rodionovna, la sua nutrice, e l'ambiente familiare.

Cosa imparerai

  • Che figure influenzarono la vita e la produzione letteraria di Puskin?
  • Come evolse la poesia di Puskin durante la sua carriera?
  • Che cosa lo rese Puskin un poeta nazionale russo?

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 29/01/2022

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4.8

(5)

4 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Puskin: La Vita e Opere di un Poeta Nazionale Russo e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Russa solo su Docsity! Alexandr Sergeevic Puskin Aperto allo spirito di culture nazionali diverse, in particolare dell’Europa. Opera a metà fra la cultura russa e quelle occidentali. Dostoevskij individua in lui la capacità di assimilare acquisizioni straniere e fonderle assieme. Puskin è definito poeta nazionale perché richiama le aspirazioni dello spirito russo. Dopo di lui, essere poeta nazionale vuol dire essere sensibili alle culture del mondo. La lingua di Puskin è priva di effetti stilistici sgargianti e può sembrare semplice a primo impatto. Tuttavia, la limpidezza e la semplicità sono complessità portate alla perfezione. È inoltre capace di reincarnarsi in chi è diverso da lui e le sue opere e la sua personalità artistica sono caratterizzate da dinamismo. La sua opera è in continua evoluzione, non c’è un Puskin unitario, né una concezione ferma della realtà. Questi elementi denotano la sua libertà intellettuale, qualità fondamentale. Puskin era un libero pensatore, cioè era incline a una condotta libertina (anticonvenzionale) e scriveva versi politici in favore della libertà (in un breve periodo della sua giovinezza). Il suo amore per la libertà giunse ad esprimersi nonostante lo scrittore nel corso della sua vita visse più situazioni di dipendenza che di effettiva libertà. Le circostanze esterne della sua vita, che lo portarono a sacrificare la propria vita per difendere l’onore della sua casa (il nido famigliare che si era creato), non condizionarono il suo operato artistico; così come non lo fece la situazione di povertà in cui viveva. Le limitazioni e i divieti a cui era sottoposto, gli davano la forza di consolidare la sua creatività. Il suo pensiero riesce a svilupparsi liberamente nella condizione di prigioniero; dunque, il suo genio rappresenta il più alto valore della cultura russa nella sua coscienza di sé e il simbolo della sua libertà. Ambiente famigliare A.S. Puskin nasce a Mosca il 26 maggio 1799, da una famiglia nobile il cui potere era ormai decaduto e impoverito. Il padre era un maggiore in congedo e funzionario e la madre apparteneva alla stirpe degli Hannibal, creatasi a partire dal nonno di lei, proveniente dall’Etiopia, portato in Russia ed entrato nella cerchia di Pietro il Grande. Puskin era molto fiero della sua provenienza, tanto che scrisse un romanzo sul suo antenato “Il negro di Pietro il Grande” (Arap Petrà Velikogo). I genitori erano negligenti e spensierati, non diedero un’adeguata educazione famigliare e intellettuale ai figli. Puskin cercò per tutta la vita di compensare tale mancanza, aiutato in primis dalla biblioteca del padre, piena di autori francesi del ‘600 e’700, in cui inizierà a formarsi da autodidatta. Il periodo dell’infanzia non ha molta rilevanza per il poeta, tanto da sembrare completamente rimossa dalla sua memoria. Una delle figure più importanti per Puskin era Arina Rodionovna, la “njanja” (mammina), ovvero la sua nutrice; che lo accompagnerà nei momenti difficili della vita (soprattutto durante l’esilio a Michailovskoe) e sarà la figura materna di riferimento al posto della madre. La “Njanja”, diventerà grazie a Puskin, un mito ancora presente all’interno della cultura russa. Apprendistato al liceo di Carskoe Selo (I periodo-Liceale) 1811-1817 La vera famiglia e casa di Puskin divenne il Liceo. Carskoe Selo venne aperto nel 1811 da Alessandro I, con lo scopo di formare giovani nobili destinati a cariche governative e/o amministrative. Tuttavia, il liceo forniva una formazione prettamente umanistica, mescolata a nozioni di scienze politiche; perciò, i fini della istruzione rimanevano indeterminati. Gli alunni godevano di una certa libertà, e venivano trattati con grande dignità. Il poeta idealizzerà per tutta la vita questo periodo della sua vita. Nel liceo regnavano interessi letterari, venivano pubblicati giornali manoscritti e molti studenti scrivevano versi. Nel periodo liceale, Puskin si rivela poeta prolifico e già maturo. L'opera dell’allora liceale colpisce per la compiutezza e la perfezione di ogni produzione letteraria. Prevale l’influenza della poesia leggera francese. Nel periodo del liceo iniziò a formarsi il progetto di “Ruslan i Ludmila” e il talento di Puskin cominciò ad essere noto nei salotti letterari. Puskin terminò il liceo nel 1817. Gli alunni potevano decidere tra servizio militare e servizio civile e lui puntava ad entrare nell’alto reggimento degli ussari, che per lui vivevano in condizione di assoluta libertà intellettuale. Fu tuttavia ostacolato dal padre per questioni economiche, e dovette accettare il ruolo di funzionario di basso grado, che permetteva di iniziare una carriera alla quale Puskin non era minimamente interessato, e che forniva un misero stipendio. Periodo pietroburghese 1817-1820 Da giovane, ispirava ad affermarsi in società, ma aveva una condotta non troppo consona a un giovane con modeste frequentazioni e modesti mezzi: divenne così uno scapestrato. La scapestratezza a Pietroburgo era permessa solo agli ufficiali della guardia. Gli atteggiamenti del giovane Puskin, come il non prestare servizio erano sintomo di opposizione politica. Nel periodo pietroburghese Puskin accolse influenze da più direzioni, e unì nella sua opera la libertà ludica (letture di carattere, spensierate) e un severo eroismo. È inoltre seguace della dottrina della ricerca della perfezione, l’ascetismo e della convinzione che la felicità individuale debba essere rifiutata per favorire la libertà della patria. L'innovazione poetica è evidente quando, in versi di carattere politico, Puskin si allontana dai canoni settecenteschi della poesia alta, per abbracciare generi minori, unendo intonazioni intime con l’emotività. L'opera più importante del periodo è il poemetto Ruslan i Ludmila, terminato nel 1820. È caratterizzato dal contrasto tra brani diversi sia nel genere che nello stile (es. Toni eroici con lirica alta, ecc.). La critica non riusciva a trovare il punto di vista dell’autore e sentiva che l’ironia eliminava la morale. Questo poemetto inaugura l’arte puskiniana, ovvero il poema come unione di elementi differenti, che si evolverà fino alla forma perfetta dell’Evgenij Onegin. Periodo dell’esilio meridionale 1820-1824 I versi politici di Puskin circolavano sempre più ampiamente, tanto da esasperare lo zar stesso che si definiva ferito e irritato dalla condotta di libero pensiero di un ex allievo di Carskoe Selo. Gli fu minacciata la Siberia ma grazie alle sue conoscenze, riesce ad ottenere una condanna più lieve, ovvero l’esilio nelle regioni meridionali come addetto alla cancelleria dell’amministratore delle provincie. L'amministratore era liberale e filantropo e ammirava Puskin, lo protesse e non lo caricò con compiti di servizio. Intanto nel sud cresceva la Società meridionale, protagonista della rivolta decabrista del 1825. Il periodo meridionale fu di massimo radicalismo e il più unitario nella condotta di vita e nell’arte. Poesia seria (no ironia o giocosità delle idee artistiche), influenzata da quella Byroniana, che Puskin conosceva già dal 1820. Appena giunto al sud, il poeta si era ammalato in maniera seria. La famiglia Raevskij lo portò con sé in un viaggio nel Caucaso e Crimea, luoghi che lui non aveva mai visto. Scrisse un’elegia che manderà al fratello, dove raccontò il romantico viaggio e la romantica famiglia. Le liriche create da questa poesia diventano immagini autobiografiche. L'eroe romantico è un fuggiasco, sempre in cammino; la patria che si lascia alle spalle era diventata un carcere, e ogni legame era spezzato. [Per liberarsi in seguito dello psicologismo romantico tipico dell’influenza byroniana, Puskin inizierà ad inseguire un ideale di nudità assoluta dello stile e della narrazione]. All'apparenza, Puskin sembrava un giovane spensierato, ma viveva una vita intellettuale da uomo maturo. Leggeva di filosofia, massoneria, geografia politica e rifletteva su problemi come la guerra, la libertà e il regicidio. Nel sud, infatti era un uomo dalle attitudini intellettuali profonde e ampie. Nonostante fosse molto vicino ai sentimenti politici delle organizzazioni decabriste e pur essendo amico di molti membri, non fu mai accettato in esse, per la sua forte mancanza di univocità (non aveva un pensiero unilaterale, era più libero, con una personalità multiforme). Nella primavera del 1823, viene trasferito ad Odessa. Inizialmente ne era contento, in quanto la città era centro culturale con un teatro, l’opera, giornali stranieri, una grande biblioteca, ecc. Ma l’anno ad Odessa non fu allegro per il poeta, fu un periodo di crisi che aprì una nuova fase della sua vita. La crisi è espressa dalla lacerazione e la complessità del pensiero dell’autore e dalla meditazione sull’uomo e la storia. Simbolo della nuova fase esistenziale alla fine del periodo meridionale è l’inizio del romanzo in versi Evgenij Onegin, il romanzo più importante dell’800 russo. Faticò molto per la sua stesura, impiegò infatti 7 anni, 4 mesi e 12 giorni per completarlo (1824 -1830 a Boldino). Il romanzo veniva pubblicato periodicamente, perciò i lettori ne conoscevano il contenuto man mano che i capitoli uscivano. Solo nel 1833 l’opera fu stampata per intero. Il fatto che il romanzo fosse pubblicato durante la composizione stessa fece sì che l’idea originale fu leggermente diversa. Sebbene alcune parti del romanzo si formarono spontaneamente, Puskin prese come modello per la sua idea compositiva ciò che succedeva all’esterno. la successiva prosa russa dell’800. In quest’opera, è l’autore che si fa portatore di un punto di vista esterno rispetto al narratore vero e proprio, Ivan Petrovič Belkin, figura complessa e polimorfa. La più alta espressione dell’opera puskiniana degli anni ‘30 dell’800 è Piccole Tragedie, in cui si vede l’essenza del realismo di Puskin fondato sul principio per cui i caratteri vengono determinati dall’ambiente e dall’epoca; si vede così la rappresentazione dei conflitti storici tra i caratteri di uomini di diverse epoche. Ogni uomo può identificarsi col suo tempo dissolvendosi in esso o esaltare contro di esso la libertà. La libertà è vista come la legge della vita, qualunque dissolvimento nella impersonalità è fossilizzazione e morte. Ritorno a Mosca e ultimo periodo della vita. 1831-1837 Dopo tre mesi, riesce a tornare a Mosca e sposarsi (febbraio del 1831) con N. N. Gancarova. Nell’ultimo periodo della sua vita, Puskin stava perdendo pubblico, ma non perse il sentimento del tempo e dei processi letterari. Aveva infatti un atteggiamento protettivo e amichevole nei confronti della nuova generazione di letterati, come ad esempio verso Gogol’, al quale fece dono del soggetto di mërtvye dusy (Anime morte) e dell’aneddoto che avrebbe ispirato il racconto di Revizor (L’ispettore generale). Il desiderio di sposarsi era nato in lui già da fine anni ‘20. Per lui uno dei simboli più importanti è la casa, lo spazio a lui proprio, della vita famigliare e lo spazio chiuso e difeso nel quale si attua il suo ideale di indipendenza. È la vetusta casetta sulla cui soglia giace il cadavere di Evgenij nel Mednyj Vsadnik (Cavaliere di Bronzo). La fisionomia del “nido famigliare” è resa nell’eredità letteraria composta dalle lettere tra il poeta e la moglie, scritte in uno stile nuovo e autentico. Se al tempo la corrispondenza di quel tipo era in francese, Puskin e la moglie usavano il russo popolare. È visibile, perciò, la ricerca di semplicità e verità legata alla parlata popolare che riguarda un modello di vita personale. L'ideale di famiglia e della casa richiedeva una vita unita e bucolica, ma Puskin gradiva anche vedere la moglie primeggiare tra le dame nei balli di corte di Pietroburgo. Natalja rispondeva di più all’ideale di donna mondana, sebbene avesse soddisfatto le aspettative del marito con ben 4 figli. Nei balli brillava e attirava l’attenzione persino dello stesso zar. Puskin dovette accettare l’incarico di Kamer Junker, gentiluomo di camera, inadatto alla sua età e umiliante per la sua coscienza di sé, che lo legava alla corte. Nelle opere dell’ultimo periodo vi è un conflitto di ordine storico, che consiste nell’unione di tre forze: quella della rivolta popolare, quella del potere e il manifestarsi di una personalità indipendente ed umana. In Capitanskaja Docka il potere e la rivolta popolare nel loro scontro sono spietati, ma nel momento in cui arriva un uomo con aspirazioni individuali, egli fa sì che nelle due parti riaffiorino l’umanità e la clemenza. Pugačëv è dissolto nella massa della rivolta che non solo comanda ma da cui è dipendente, e si rivolge a Grinëv nella sua individualità. Assume l’aspetto del bandito dall’animo gentile pronto a togliersi il cappotto per donarlo. Il potere invece si presenta come Caterina II nel giardino di Carskoe Selo davanti a Masa Mironova, con il volto di una donna matura e scorrevole piuttosto che con severità. Il destino del giovane Grinëv (condannato giustamente dal punto di vista della legalità, per aver aiutato il capo dei rivoluzionari) è nelle mani della sovrana, che viene supplicata da Masa, che non chiede giustizia ma clemenza. Oltre alla rivolta di Pugačëv, l’interesse di Puskin volgeva anche verso il regno di Pietro il Grande. Nel 1833 durante il secondo autunno a Boldino, infatti, scrisse il poema Mednyj Vsadnik (Il cavaliere di Bronzo). La figura di Pietro il Grande era costantemente nella meditazione e nell’opera del poeta, ed è mutevole come la sua concezione della storia. Già in Poltava, Pietro è rappresentato come l’incarnazione della storia. In Mednyj Vsadnik, questa rappresentazione è arricchita da una nuova espressione simbolica. La Storia si presenta con il volto di Pietro sulla foce della Neva e innalza la nuova capitale. Alla forza di Pietro come Storia, però, si contrappone la potenza degli elementi della natura con l’inondazione. Il giovane funzionario Evgenij, terzo protagonista del poema, appare indifeso di fronte alle forze che distruggono la sua casa, le sue speranze di una piccola e semplice felicità assieme alla ragazza che avrebbe voluto sposare, e la sua stessa vita. Gli Elementi della natura e la storia si fondono e si materializzano nella statua di Pietro il Grande, che sembra perseguitarlo. Nel poema, la figura di Pietro è complessa, ritorna in più forme: colui che risolleva la Russia dal caos, colui che si oppone all’inondazione, l’idolo raggelato al quale Evgenij rivolge il proprio rimprovero, la figura del galoppante cavaliere di bronzo e infine di nuovo la calma e il sonno eterno. Nel racconto Pikovaja dama (La dama di picche) viene creato un quadro, non legato a materiali storici, delle forze che agiscono nella vita umana. Attraverso il modello del gioco d’azzardo delle carte, viene introdotta una spiegazione complessa del Caso. Questo non viene considerato da Puskin un momento distruttore delle leggi storiche e manifestazione del caos, ma appare irrazionale all’uomo che non può comprenderne l’essenza. È la manifestazione di forze occulte della vita in varie situazioni: storiche, economiche, psicologiche o mistiche. L’eroe vede sé stesso come un uomo trionfante, ma si rivela essere un giocattolo nelle mani delle forze esterne e infine una loro vittima. Hermann, volendo ricorrere a una profezia di una vecchia baronessa, si reca nella sua mansione, spaventandola a morte. Lei gli si presenterà in sogno, rivelandogli le tre carte con le quali avrebbe vinto, a patto che fossero giocate in giorni diversi e che dopo aver vinto non avrebbe mai più giocato. Le prime due carte su cui scommise lo portarono a raddoppiare la vincita, mentre il terzo giorno al posto dell’asso scopre la dama di picche, che gli porterà una visione della vecchia donna morta. Questo fatto susciterà in Hermann sconvolgimento tale da farlo impazzire e farlo finire rinchiuso in un ospedale psichiatrico. Il lavoro creativo di Puskin negli ultimi anni della sua vita raggiunse la più alta intensità, fu in continua evoluzione fino agli ultimi giorni della sua vita e sarebbe continuata se non fosse stato per la sua morte nel gennaio del 1837 per una ferita ricevuta in duello. Nei giorni successivi alla sua morte, fu chiaro che il poeta era diventato l’orgoglio della Russia, e grazie a lui la letteratura era diventata importante per tutta la nazione. In migliaia portarono un ultimo saluto al poeta nel luogo della sua ultima abitazione. Temendo agitazioni e disordini, il governo diede l’ordine di portare in segreto la salma del poeta in un monastero non lontano da MIchajlovskoe, Svjatogorsk. Dopo la sua morte in uno dei giornali di San Pietroburgo comparve l’annuncio: << Il sole della nostra poesia è tramontato>>.
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