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Riassunto Puskin di Letteratura Russa 1, Schemi e mappe concettuali di Letteratura Russa

Riassunto di Puskin corso di Letteratura Russa 1 Imposti

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

Caricato il 09/09/2023

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nico-volta 🇮🇹

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Scarica Riassunto Puskin di Letteratura Russa 1 e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Letteratura Russa solo su Docsity! 1 Gabriella Imposti. Appunti sulla letteratura russa: Puškin Prof.ssa Gabriella Imposti a.a. 2020-21 Letteratura russa 1 Narrativa russa (Il testo seguente consiste in appunti di lavoro che non pretendono a compiutezza formale ed esaustività. Vengono messi a disposizione degli studenti del corso di Letteratura russa 1 come traccia e sostegno nel loro lavoro di preparazione dell’esame e non possono sostituirsi alle lezioni tenute in classe dalla docente né alla lettura e allo studio personale dei testi inclusi nel programma. Questo testo è messo a disposizione a titolo gratuito e non ne è permessa la commercializzazione né alcun uso improprio, esso resta comunque di proprietà esclusiva dell’autrice) Aleksandr Sergeevič Puškin (1799-1837) Cenni biografici Nasce a Mosca il 6 giugno 1799 (28 maggio secondo il calendario giuliano) da una famiglia nobiliare di antico lignaggio, ma decaduta economicamente. Il padre Sergej L'vovič Puškin (1767- 1848), era un maggiore in congedo, la madre, Nadežda Osipovna Gannibalova (1775-1836), era la figlia di Osip Abramovič Gannibal (un gentiluomo, a sua volta figlio del generale di origine eritrea. Abram Petrovič Gannibal (Hannibal) (1696-1781) che era stato donato a Pietro I come schiavo e poi aveva servito nell’esercito russo ottenendo un titolo nobiliare e importanti cariche anche ai tempi di Elizaveta Petrovna. Uno dei suoi figli con la seconda moglie , di origine svedese, Osip, ebbe a sua volta una figlia, Nadežda, madre di Puškin. Aleksandr fu sempre molto fiero del bisnonno. Durante l’infanzia venne cresciuto non dai genitori, con i quali mantenne rapporti piuttosto freddi, ma dalla nonna materna, Marija Alekseevna Puškina (che era parente del padre di Aleksandr) e dallo zio materno, Vasilij L’vovič Puškin, un poeta minore dell’inizio dell’Ottocento. Molto importante fu per il piccolo Aleksandr la figura della balia, Arina Rodionovna. Passa l’infanzia a Mosca e nel 1811 viene ammesso al Liceo Imperiale di Carskoe Selo, nei pressi di San Pietroburgo accanto alla residenza estiva imperiale. Il Liceo era stato fondato dall’Imperatore Alessandro I nel 1810 (e inaugurato nel 1811) per educare i rampolli della nobiltà russa secondo modelli pedagogici molto innovativi, Aleksandr strinse qui alcune delle amicizie più importanti della sua vita, anche con alcuni dei futuri decabristi, tra cui Vil’gelm Kjuchel’beker (1797-1846) e Ivan Puščin (1798-1859). Nell’anno scolastico 1843-44 il liceo venne trasferito a Pietroburgo e rinominato come Liceo Imperiale Alessandro. Completati gli studi nel 1817, risiede a San Pietroburgo dove si dedica a una vita all’insegna del piacere e delle sbornie con gli amici, frequentando anche alcuni dei salotti letterari più in vista del tempo. Pur non aderendo alle società segrete del tempo che progettano una rivoluzione nobiliare, intrattiene rapporti molto amichevoli con molti loro esponenti. A causa dei suoi componimenti poetici dell’epoca, che hanno tratti libertari e blasfemi, e delle sue amicizie, comincia ad essere sorvegliato dalla polizia politica. Pubblica nel 1820 il poemetto eroico comico Ruslan i Ljudmila, che aveva circolato manoscritto anche prima, e grazie al quale diventa molto famoso. A causa però di alcuni epigrammi offensivi nei confronti di personalità altolocate dello Stato e della Chiesa e di componimenti blasfemi e licenziosi che circolavano manoscritti, viene esiliato in Bessarabia nel 2 Gabriella Imposti. Appunti sulla letteratura russa: Puškin 1820, scampando, peraltro, su intercessione, sembra, di Karamzin, a un esilio ben più duro in Siberia o sulle isole Solovki. Inizialmente, tuttavia trascorre un periodo di convalescenza in Crimea, dove giunge nell’agosto del 1820. Qui lavora al poema Kavkazkij plennik (Il prigioniero del Caucaso) , compone diverse liriche e concepisce il poemetto Bachčisarajskij fontan (La fontana di Bachčisaraj) e inizia a progettare il “romanzo in versi” Evgenij Onegin. Nel settembre 1820 giunge nella capitale della Bessarabia (Moldavia) Kišinëv (nella traslitterazione russa) e, grazie alla indulgenza dei suoi superiori può dedicarsi alla scrittura e alla frequentazione di circoli massonici vicini al decabrismo. Conclude la stesura del Prigioniero del Caucaso (1822), che gli guadagnerà poi il titolo di “Byron russo”, conclude anche il poemetto La fontana di Bachčisaraj e scrive un poemetto satirico e blasfemo Gavriiljada (Gabrieleide). Nel 1823 inizia a lavorare al primo capitolo dell’Evgenij Onegin, ispirandosi al Don Juan di Byron. Nel luglio 1823 viene trasferito ad Odessa dove prosegue la sua attività letteraria e si inimica il suo superiore, il generale Voroncov, la cui moglie corteggia apertamente. Questo periodo di esilio meridionale coincide anche con il periodo “byroniano” della sua produzione, ma anche con la sua maturazione come poeta che si distacca ben presto dal modello byroniano decostruendolo. Nel 1824 la polizia politica intercetta una sua lettera in cui si definisce “ateo”, questo dà il pretesto per un suo ennesimo trasferimento, questa volta al confino nella sua tenuta di Michajlovskoe nel nord della Russia, nei pressi di Pskov dove arriverà nella tarda estate del 1824 e dove trascorrerà due anni, fino al settembre 1826, sotto stretta sorveglianza. Questa circostanza lo terrà però lontano dai drammatici eventi del dicembre 1825. Dopo l’improvvisa morte nel Sud del paese dell’Imperatore Alessandro I, c’è incertezza su chi debba succedergli. Costantino, il fratello che avrebbe dovuto succedergli aveva precedentemente rinunciato al trono a favore del fratello minore, Nicola, senza però che tale decisione venisse resa pubblica. In questo clima, il 14 dicembre scoppia una insurrezione della Guardia che chiede la Costituzione e Costantino come imperatore. La rivolta viene repressa e i capi arrestati e processati. Nel gennaio 1826 vengono giustiziati cinque tra i rappresentanti più di spicco del movimento di opposizione Kondratij Ryleev, Pavel Pestel’, Petr Kachovskij, Sergej Murav’ëv-Apostolov, altri 120 circa vengono mandati in Siberia, tra di loro Kjuchel’beker, e altri a combattere nel Caucaso. Da allora il movimento venne definito dalla storiografia come decabrista o decembrista, da dekabr’, dicembre, il mese della insurrezione. A Michajlovskoe Puškin continua a scrivere altri capitoli dell’Evgenij Onegin, liriche, componimenti di vario tipo e poemetti e completa la tragedia Boris Godunov, che verrà però pubblicata solo nel 1831. Nel settembre 1826 viene richiamato a San Pietroburgo e ricevuto dall’Imperatore Nicola I, che gli permette di rientrare nella capitale dal confino e dichiara che sarà il suo “primo censore”. Tuttavia, la sorveglianza della polizia su Puskin non si attenuerà e continuerà anche quando nel 1833, dopo il matrimonio, verrà ammesso a corte con il rango, piuttosto basso e umiliante per un uomo già adulto di “kamer-junker”, ovvero Kammerjunker. Nel 1829 scrive il poema storico-narrativo Poltava sull’epoca di Pietro I. Nonostante il poema sia stato molto apprezzato da altri poeti, amici di Puškin, come Žukovskij, non ha successo e viene accolto con freddezza dal pubblico e dalla critica. Nel dicembre 1828 comincia a pensare al matrimonio e incontra la giovane sedicenne moscovita Natal’ja Gončarova alla quale fa la proposta di matrimonio nel l’aprile del 1829, ma riceve un rifiuto dalla madre della fanciulla. Si reca perciò nel Caucaso al confine con la Turchia da cui deriverà lo scritto Viaggio ad Arzrum, rientrato a Mosca, nell’estate del 1830 la sua proposta di matrimonio venne infine accolta. Recatosi nella tenuta del padre di Boldino, nella regione di Nižnij- Novgorod, vi resta in quarantena per tre mesi nell’autunno per una epidemia di colera. Sarà questo il celebre “autunno di Boldino”, durante il quale scriverà moltissimo e comporrà opere di grande perfezione e bellezza, sia in prosa che poesia. Scrive Povesti pokojnogo Ivana Petroviča Belkina, (I racconti del defunto Ivan Petrovič Belkin), porta a termine l’Evgenij Onegin, scrive le Malen’kie tragedii (Piccole tragedie: Mozart e Salieri; Il cavaliere avaro; Il convitato di pietra; Il festino ai 5 Gabriella Imposti. Appunti sulla letteratura russa: Puškin L’editore chiarisce alcune circostanze: che non è dato ricostruire molto della biografia del defunto autore, a parte quello che ci comunica nella sua lettera, anch’essa qui pubblicata, un vicino, proprietario del villaggio dal nome eloquente di Nenaradovo (vedi nota sotto). I dati biografici che troviamo qui esposti non corrispondono però con quelli forniti nella storia del villaggio Gorjuchino, secondo il vicino infatti Belkin sarebbe nato nel 1798, mentre nella Storia viene indicato il 1801. Presta servizio dal 1815 al 1823 quando alla morte dei genitori fa ritorno nel suo villaggio. La sua gestione della proprietà non soddisfa il vicino che cerca di dargli qualche insegnamento accolto distrattamente: Belkin è così assorto nelle sue passioni letterarie che non sa gestire i suoi beni e si lascia gabbare dai contadini. Il defunto ha lasciato una quantità di manoscritti che in parte sono stati ritrovati e conservati dal vicino e in parte sono serviti per vari usi domestici, come sigillare le porte a vetri e le finestre della casa per l’inverno. Sono state impiegate in particolare “le pagine della prima parte di un romanzo ch’egli non aveva finito”. Il vicino si affretta a comunicare che i racconti del defunto erano “nella maggior parte veritieri e da lui uditi da diverse persone”. I nomi dei personaggi sono però inventati e “le denominazioni dei villaggi e dei paesi sono prese dai dintorni”, ciò è dovuto non a cattiva intenzione “ma a scarsa immaginazione”. L’aspirante letterato è dunque il contrario del ritratto “romantico” del poeta, è un uomo qualunque, un “Carneade” che si distingue a stento dalla folla, cui di solito viene contrapposto il poeta “vate” romantico. Ivan Petrovič si è ammalato nell’autunno del 1828 per una infreddatura (malattia letteraria molto frequente, cfr. anche Turgenev nel racconto Punin e Baburin, il cui protagonista muore di raffreddore preso nell’entusiasmo della notizia della liberazine dei servi della gleba) ed è morto “nonostante gli sforzi … del medico distrettuale… particolarmente abile a curare malattie croniche come calli e simili.” (pp. 76-77) Quindi Belkin muore a trent’anni, età significativa, colma di richiami biblici e letterari. Il suo ritratto fisico che il vicino si affretta coscienziosamente a fornire è abbastanza insignificante: “di media statura, occhi grigi, capelli castano chiaro, naso dritto, viso bianco e magrolino”7; quindi anche per la fisiognomica Belkin è insignificante, il contrario dell’eroe romantico (cfr. invece la descrizione di Pečorin in Un eroe del nostro tempo). Questa dunque la “cornice” con due narratori esterni: l’editore e il vicino. Sigнificativa la circostanza che Puškin abbia pubblicato per la prima volta la raccolta senza indicare la propria paternità, ma rendendola nota per vie indirette, come forma di pubblicità; si veda ad esempio la lettera all’amico Pletnëv dell’agosto 1831 dove dice: “Sussurra il mio nome a Smirdin il libraio- editore in modo che lo sussurri a sua volta ai compratori” SS, V, p. 797-98 (solo nel 1834 la raccolta recherà la dicitura: “Povesti, izdannye Aleksandrom Puškinym”. Interessante anche osservare le epigrafi, che qui come in La figlia del capitano svolgono un ruolo di commento al testo. L’epigrafe iniziale che precede la nota da parte dell’editore è tratta dal Minorenne di Fonvizin «La signora Prostakova “Eh, batjuška, fin dall’infanzia lui aveva interesse per le storie.” Skotinin: “Mitrofan ha preso da me”» Seguono i racconti, ciascuno con un’epigrafe significativa. Vystrel (Lo sparo; Il/un colpo di pistola) In Vystrel, l’epigrafe è tratta dal poema narrativo “Bal” di Baratynskij “Ci sparammo”«Streljalis’ my» e, da Una sera al bivacco di Marlinskij, “Giurai di sparargli secondo le regole del duello (il colo è mia disposizione)”8, l’oggetto è ovviamente il duello. Il tema del duello percorre tutta la narrativa romantica, è centrale anche in Puškin e purtroppo non solo nella sua opera letteraria. Lo troviamo anche in Lermontov. Faceva parte dell’“etichetta” dell’epoca. Il racconto è diviso in due parti ed ha diversi narratori. Il narratore di primo grado è un militare di stanza in una località di provincia, che “relaziona” il racconto del misterioso Silvio, il protagonista del racconto, qui l’unico non militare in quella località. È interessante l’uso di nomi 7 Anche Dostoevskij darà tratti insignificanti al protagonista del Sosia, e del resto anche Gogol’ al suo Čičikov. 8 «Ja pokljalsja zastrelit’ ego po pravu dueli (za nim ostalsja ešče moj vystrel)». 6 Gabriella Imposti. Appunti sulla letteratura russa: Puškin italiani, che troviamo anche nel racconto di Pogorel’skij Pogubnye sledstvija; secondo Mersereau e Lednicki si tratta di un impostore psicologico che vuol far credere di aver subito un torto gravissimo, ma in effetti è ossessionato dal suo avversario e dall’idea di distruggerlo9. Silvio ha tutte le caratteristiche tipiche dell’eroe romantico “byroniano”, tetro, cupo, sarcastico, dal misterioso destino, abilissimo a sparare, si esercita ogni giorno crivellando la sua stanza di colpi, tuttavia tiene la sua casa e la sua mensa sempre aperta, con abbondante consumo di champagne. È appassionato della lettura: nella sua stanza ci sono molti libri, che dà in prestito senza preoccuparsi di chiederlo indietro, ma egli stesso non restituisce mai i libri presi in prestito. Una ricca collezione di pistole costituisce il suo unico lusso. È evidente il carattere maniacale del personaggio che lo ricollega al Salieri della “piccola tragedia” Mozart i Salieri scritta nello stesso periodo a Boldino Mersereau p. 129. Silvio, come Salieri, non sopporta il carattere brillante, spensierato e geniale senza sforzo del suo avversario. C’è un incidente al gioco e un giovane ufficiale nuovo al villaggio ha un diverbio con Silvio, tutti lo danno per spacciato pensando inevitabile un duello, che però non si verifica. Questo episodio viene interpretato dal narratore di primo grado come “mancanza di ardore” e perciò imperdonabile. Tuttavia Silvio riceve una missiva e decide di partire improvvisamente dopo aver dato un ultimo convito, alla fine del quale si trattiene con il nostro narratore e gli narra il motivo della sua partenza, e cioè un duello con un giovane ufficiale in una guarnigione causato da un diverbio verificatosi durante un ballo. Il giovane ufficiale, che è dotato di una fortuna sfacciata, va al duello con indifferenza, mangiando delle ciliegie (un episodio autobiografico, Puškin stesso a Kišinëv nel giugno del 1822 affrontò in modo analogo un duello con un ufficiale dal nome Zubov, egli si presentò mangiando delle ciliegie, e dopo che Zubov ebbe sparato senza colpire il bersaglio si allontanò senza sparare, ma anche senza fare pace). Così Silvio decide di non sparare ma di serbare il colpo per un’altra circostanza, quando l’ufficiale abbia più cara la vita. Tutti questi anni Silvio è vissuto nell’attesa della vendetta, ed è giunta l’ora, il suo nemico sta per sposarsi. “Vedremo se accoglierà con tanta indifferenza la morte prima delle sue nozze, come un giorno l’aspettava mangiando le ciliegie!”. La prima parte si chiude con la partenza di Silvio. La seconda parte riprende il racconto dopo cinque anni, durante i quali il nostro narratore di primo grado ha lasciato il servizio militare e si è ritirato a vivere in campagna. A mitigare la noia della campagna giunge un ricco vicino, che il nostro va a visitare. Il conte lo accoglie affabilmente, ma un particolare attira l’attenzione del visitatore, un quadro con un paesaggio svizzero forato da due pallottole piantate una nell’altra. Il discorso porta il narratore a menzionare la sua conoscenza con Silvio. Il conte e sua moglie accolgono la notizia con turbamento, è infatti il conte il misterioso avversario di Silvio, il narratore di primo grado se ne era fatto un’idea sbagliata sulla base del racconto di Silvio ed è stupito nel trovare una persona così affabile e aperta. Il conte completa il racconto dal suo punto di vista riferendo l’epilogo del suo duello con Silvio, che come promesso va a trovarlo ed esige soddisfazione alla vigilia delle sue nozze. Il conte spara per primo, ma sbaglia mira, proprio quando Silvio si appresta a sparare a sua volta, entra la fidanzata allarmata dagli spari, Silvio rinuncia a sparare all’avversario perché è soddisfatto di averlo visto così scosso e umiliato, ma nell’uscire senza neanche prendere la mira spara e colpisce di nuovo nello steso punto il quadro colpito dal conte per sbaglio. In realtà Silvio si sbaglia, perché il conte non proverà alcun senso di umiliazione e continuerà a vivere felicemente con la sua sposa, mentre l’episodio sarà per lui come un brutto sogno, di cui però resta prova tangibile nel quadro. Benché il racconto inglobi le atmosfere e le situazioni tipiche dei racconti tipicamente romantici e il protagonista ricordi il tipico eroe romantico (di Byron, l’Eckbert di Tieck, il Monaco Nero di Scott), il mistero e la suspance del racconto non sono altro che il frutto dell’ingenuità del narratore che presta fede al racconto di Silvio. Il misterioso Silvio sembra sia perito, in modo byroniano come il suo modello, durante l’insurrezione greca di Ypsilanti (1783-1828) e sia stato ucciso in battaglia sotto le mura di Skuliany (17-6-1821) dove una forza preponderante di cavalleria turca annientò 700 insorti greci, un finale tragico anche nella sua inutilità, adatto alla figura di Silvio.10 Il racconto è 9 Mersereau, J., Russian Romantic Fiction, Ann Arbor, Ardis, 1983, p. 131. 10 Guerra in Grecia, atteggiamento ufficiale nei suoi confronti, ma anche risonanze byroniane. Puškin aveva seguito 7 Gabriella Imposti. Appunti sulla letteratura russa: Puškin “un interessante esempio di come una storia può essere organizzata per ottenere il massimo grado di mistificazione, suspance e caratterizzazione” Mersereau p. 129. Viene data una visione del personaggio centrale, Silvio, da diversi punti di vista che man mano completano il suo ritratto, smentendo anche alcune aspettative iniziali. Troveremo la stessa tecnica nel romanzo di Lermontov Un eroe del nostro tempo, dove Pečorin viene presentato da diversi punti di vista, da parte del vecchio Maksim Maksymič, del viaggiatore e dal proprio. La struttura del racconto è rigidamente simmetrica, la vicenda viene presentata dai due punti di vista di entrambi i contendenti, fa da tramite il nostro narratore di primo grado che peraltro muta condizione da militare a piccolo proprietario terriero di provincia. L’incontro con il conte smentisce l’immagine negativa che il narratore se ne era fatta, si tratta al contrario di una persona cordiale e sincera, appassionata della vita, in netto contrasto con la tetraggine e la maniacalità di Silvio che ha sprecato gran parte della sua vita nella vana ricerca della vendetta. Tra le due parti del racconto e i due piani narrativi c’è un intervallo di tempo di cinque anni. Metel’ Il secondo racconto, Metel’, riprende un tema caro a Puškin quello della tempesta di neve come metafora del caos degli elementi e anche della rivolta popolare (lo ritroviamo anche nella Figlia del capitano). Anche qui significativa l’epigrafe tratta dalla ballata di Žukovskij Svetlana, a sua volta una rielaborazione della Lenore di Bürger «Koni mčatsja po bugram, / topčut sneg glubokij… / Vot v storonke božij chram /Videl odinokij. // Vdrug metelica krugom, / Sneg valit klokami; / černyj vran, svistja krylom, / V’etsja nad sanjami; / Veščij ston glasit pečal’!/ Koni toroplivy/ čutko smotrjat v temnu dal’, / Vozdymaja gryvy….».11 Il richiamo alla ballata con tutti i suoi accessori di mistero, atmosfera lugubre, tragicità è sintomatico: lo spunto della tempesta di neve è ripreso anch’esso dalla ballata di Žukovskij e citato esplicitamente nell’epigrafe. Tuttavia la vicenda si risolverà poi positivamente, tradendo così l’aspettativa del lettore. Compare qui un toponimo che abbiamo trovato nell’introduzione, Nenaradovo, il villaggio del vicino del defunto Belkin12. Il narratore è extradiegetico, esterno all’azione. Il modello è quello del romanzo sentimentale, non a caso il “curatore” ci informa che Belkin ha udito il racconto dalla “fanciulla K.I.T.”: due innamorati il cui amore è contrastato decidono di fuggire per sposarsi in segreto e vincere così la resistenza delle loro famiglie. Tuttavia si alza la tormenta e il giovane si smarrisce, mentre la sorte della fanciulla resta avvolta in un velo di mistero fino alla rivelazione finale. Le vicende dello smarrimento del giovane nella tormenta hanno un che di fiabesco e angoscioso che si adatta anche al genere di riferimento della ballata. Quando finalmente il giovane giunge alla chiesa, in grande ritardo “quale notizia lo attendeva!”, e qui il narratore improvvisamente sposta l’obiettivo sul villaggio di Nenaradovo senza dare ulteriori spiegazioni e lasciando il lettore nell’incertezza e nella curiosità. Mar’ja Gavrilovna è tornata a casa e nessuno si è accorto di nulla, cade poi malata, nel delirio rivela il suo amore per Vladimir che però alla notizia che i genitori della sua amata acconsentono alle nozze reagisce in modo strano fuggendo e arruolandosi nell’esercito e restando ferito a Borodino nota dunque la collocazione storico- con attenzione la insurrezione greca del 1821 e si accingeva a scrivere un poema sull’etera, ritorna al soggetto con il racconto lungo Kirdžali, scritto nel 1834, dedicata al personaggio che aveva partecipato all’insurrezione greca e al quale aveva già dedicato un brano poetico “Činovnik i poet” (Il funzionario e il poeta) nel 1823. Puškin dava un giudizio non proprio positivo di Ypsilanti, a proposito del quale in Kiržali, un bozzetto storico pubblicato nel 1834 scriveva: “Alekssandr Ypsilanti era un uomo coraggioso, tuttavia non aveva le qualità necessarie al ruolo che si era assunto con tanto ardore e con così poca cautela. Non sapeva tenere a bada le persone che gli toccava guidare.”(“Aleksandr Ipsilanti byl lično chrabr, no ne imel svojstv, nužnych dlja roli, za kotoruju vzjalsja tak gorjačo i tak neostorožno. On ne umel sladit’ s ljud’mi, kotorym prinužden byl predvoditel’stvovat’.”) SS, V, pp. 331-32. 11 “I cavalli corrono per le colline e calpestano la neve profonda. Ecco laggiù si vede solitaria una chiesa. Improvvisamente si mette a soffiare la tormenta, la neve cade ad ampi fiocchi, il nero corvo agitando le ali, si libra sulla slitta. Il gemito profetico annuncia sciagura! I cavalli frettolosi scrutano l’oscura lontananza.rizzando le criniere”. 12 Ne- =negazione; radovat’= essere causa di allegria, gioia; naradovat’sja= rallegrarsi assai, a sufficienza; si usa nelle locuzioni negative: “ne naradujus’, ne mogu naradovat’sja na synka moego. Sam sebe nikto ne naraduetsja.” Non posso essere più contento di così guardando mio figlio: Nessuno può essere più contento di se stesso Dal’. 10 Gabriella Imposti. Appunti sulla letteratura russa: Puškin da una donna e Vyrin si scava da solo la tomba; anche nell’episodio in cui il vecchio getta via i soldi che Minskij gli ha dato (la stessa scena la troviamo nella povera Liza) per pentirsene subito dopo, senza però ritrovarli, cogliamo una nota di ironia. Il narratore e lo stesso Samson parlano, come del resto Karamzin, di Dunja come della “povera” Dunja; la coppia madre figlia del romanzo di Karamzin è sostituita da quella padre-figlia, che vivono un idillio povero ma rispettabile, distrutto dall’intrusione di un estraneo, che cela una pelle di lupo sotto le spoglie di agnello; è il vecchio stesso che inconsapevolmente spinge Dunja a fuggire con Minskij. Ma Dunja si salva, al contrario delle aspettative di tutti. Baryšnja-krestjanka L’ultima storia è evidentemente una parodia del tipico romanzo sentimentale di ambientazione bucolica, ricordiamo che è stato “narrato” a Belkin da una signorina. È tutto giocato sulla tematica del travestimento e di ruoli di maniera. Il “bel tenebroso” (Aleksej Berestov) che si atteggia a tale per ammaliare le fanciulle della buona società di provincia, ma che non esita a dimostrarsi gioioso e scherzoso con le contadinotte che palpeggia senza tante cerimonie. La giovane signorina (Liza Muromskaja) che si traveste da contadinella rientrando in un ruolo di “pastorella” di maniera da porcellana settecentesca e che riesce a conquistare il giovane nobile, il quale a sua volta si immagina già scenari drammatici (ovviamente secondo il modello karamziniano, ma anche quello scottiano). Tutto ciò sullo sfondo classico, di shakespeariana memoria, del conflitto tra le due famiglie. I due proprietari sono agli antipodi, anglomane e innovatore l’uno, conservatore e arcaista, quasi xenofobo l’altro; scialacquatore il primo e parsimonioso il secondo. Le due linee narrative corrono parallele, da una parte l’intrecciarsi del rapporto tra i due giovani che diventa via via più intenso, e il ripetersi del “travestimento” da parte di Betsy (Liza /Akulina nel travestimento) per non farsi riconoscere dal suo innamorato venuto a trovare la sua famiglia dopo essersi rappacificato con essa, dall’altra, appunto, la vicenda di come i due vicini, grazie ad un banale incidente di caccia, giungono a rappacificarsi e persino a stringere amicizia. Insomma i cliché vengono alla fine tutti smantellati, e dalla fitta rete di travestimenti emerge la verità. E ovviamente il lieto fine. Ad una lettura attenta, e anche in considerazione del fatto che allo stesso tempo Puškin stava scrivendo il ciclo delle “piccole tragedie”, risulta chiaro come questo racconto sia intessuto di motivi shakespeariani e in particolare si richiami al modello del Romeo e Giulietta con la situazione: 1. delle famiglie (i padri) nemici, 2. dei figli innamorati, 3. del matrimonio forzoso. Altro motivo tipicamente teatrale è quello del travestimento, non solo di Liza /Akulina ma anche del giovane Berestov, il quale all’inizio del racconto, alla pari di Romeo, si atteggia a malinconico e innamorato di una dama misteriosa. L’azione del racconto si svolge dunque secondo le leggi della drammaturgia, ma mentre la tragedia shakespeariana si svolge prevalentemente di notte, sottolineandone così il carattere tragico, la commedia di Puškin si svolge all’alba e dall’ambiente urbano si trasferisce in quello rurale-idilliaco del boschetto (rošča) che peraltro è colmo di risonanze pastorali e rococò cfr.Petrunina, Proza Puškina, pp. 137-141]. Il legame con Shakespeare si impone in questo caso come più diretto rispetto a quello con La fanciulla di Lammermoor di Scott anche Vinogradov (Stil’ Puškina, p. 459) sottolinea la parodia del tema tipicamente scottiano dell’inimicizia tra famiglie. È come se Puškin recuperasse l’intimo legame tra teatro e novella, testimoniato anche dal fatto che Shakespeare stesso attingeva il materiale per le sue opere teatrali da novelle italiane, cosa che del resto Puškin stesso osserva in una sua nota sul dramma popolare. Puškin comunicò a Pletnëv di aver scritto 5 racconti e nell’aprile 1831 li legge a Mosca a Pogodin. Inizialmente li pubblicò anonimi (fine ottobre 1831), con la precisazione “editi da A.P.”, Puškin fece però in modo che circolasse la voce che era lui il vero autore delle storie, che vennero poi pubblicate sotto il suo nome nel 1834. Secondo N. Petrunina, non si tratta solo di “parodie” di generi narrativi allora diffusi e di moda, ma di un “particolare procedimento della sua poetica” (p. 145), i personaggi di Vystrel, Metel’, 11 Gabriella Imposti. Appunti sulla letteratura russa: Puškin Baryšnja il conte, Burmin, Aleksej Berestov, ma anche Mar’ja Gavrilovna (Metel’) escono dal cliché letterario che li ha generati, crescono, cambiano natura: il conte apprende l’importanza della vita proprio quando Silvio va da lui, appena sposato e lo minaccia di ucciderlo di fronte alla giovane sposa; Burmin che ha accettato per scherzo di sposare una sconosciuta comprende di aver distrutto non solo la propria vita, ma anche quella di un altro, Aleksej, da potenziale Erast (protagonista maschile della Povera Liza) impara ad amare sinceramente e a rispettare la “contadinella” che un tempo avrebbe palpeggiato senza cerimonie15. Guardiamo ora la struttura della raccolta, la sequenza dei racconti, i loro titoli, gli argomenti, i generi a cui fanno riferimento, i narratori. Vystrel ha narratori in prima persona di I e II grado, è costruito in due parti; il titolo si riferisce ad un evento, e si richiama al genere dell’aneddoto militare. Anche il secondo racconto ha un titolo che si riferisce ad un evento: Metel’, ma il genere di riferimento è il racconto fantastico- sentimentale/ballato (il narratore originale è una signorina sentimentale), il narratore è extradiegetico e onnisciente, segue i suoi protagonisti su piani temporali e spaziali diversi, scegliendo di abbandonarne uno a metà percorso, per recuperarlo dopo aver abbandonato l’altro. Come dire, due storie parallele che a un certo punto divergono e si allontanano. Inoltre sono protagonisti una fanciulla e un giovane; la fanciulla sembra svolgere il ruolo secondario, ma è poi il suo destino ad essere seguito fino in fondo con successo. I protagonisti delle prime due storie inoltre sono appartenenti alla classe nobiliare, anche se di grado diverso. Le due storie centrali della raccolta recano invece un titolo che fa riferimento a due professioni: il fabbricante di bare e il mastro delle poste; due professioni: di cui solo una, quella di mastro di posta, si trova al grado più basso della tabella dei ranghi e fanno riferimento a due individui appartenenti al “popolo” ovvero alla piccola “borghesia”; occupano la parte centrale della raccolta, tra due “ali” i cui protagonisti sono appartenenti alla classe nobiliare, ma sono anche seguiti da un racconto il cui titolo fa riferimento anch’esso ad un individuo, ma non nella sua determinazione “professionale”, bensì nella sua ambigua collocazione sociale: “signorina-contadina”, riassumento anche nel titolo la tematica del travestimento, dello scambio delle parti e inoltre concludendo la carrellata con una protagonista femminile. Se osserviamo infatti il “ritmo” dei racconti dal punto di vista dei protagonisti, noteremo che nel primo si tratta di protagonisti esclusivamente maschili (la moglie del barone ha funzione di mera circostanza), nel secondo abbiamo una coppia, con l’aggiunta di un ulteriore personaggio maschile, peraltro chiave; protagonista del terzo racconto è esclusivamente il bilioso fabbricante di bare, le figlie sono anch’esse una mera circostanza; invece nel Mastro delle poste il ruolo di comprimario è condiviso in parte dalla figlia (corrispondente al femminile del figliol prodigo, ma che al contrario di questi non ha la possibilità del ritorno e del perdono); nell’ultimo racconto è decisamente la signorina-contadina a far muovere e manovrare tutta l’azione, mentre il personaggio maschile è ‘accessorio’, il quadro è comunque assai complesso, con la vicenda parallela del litigio e pace tra i due padri. Vystrel: titolo evento; due narratori I persona + narratori secondo grado; protagonisti Maschio+maschio; nobili; modello: aneddoto militare: 2 piani temporali. Metel’; evento/fenomeno naturale; narratore extradiegetico; due protagonisti Maschio + femmina + maschio che sostituisce il primo; nobili: modello novella sentimentale-fantastica (agnizione finale) Due vicende seguite parallelamente; salto temporale. Grobovščik; narratore extradiegetico; protagonista: Maschio; non nobile; artigiano: modello novella fantastica alla Hoffmann (con smentita finale del carattere fantastico della novella); una sola vicenda; piano temporale e spaziale compressi (una notte) Stancionnyj smotritel’; narratore intradiegetico che riferisce anche la narrazione di uno dei personaggi; protagonisti Maschio+Femmina (ruolo secondario); tre “atti”, tre piani temporali 15 Cfr. Vacuro, V.E., Povesti Belkina, Schmid, W., Intertextualität und Komposition in Puškins Novellen, “Poetika. Zeitschrift fur Sprach- und Literaturwissenschaft”, Amsterdam, 1981, bd. 13. Makogonenko, G.P., Tvorčestvo A.S. Puškina v 1830-e gody, L. 1974. 12 Gabriella Imposti. Appunti sulla letteratura russa: Puškin (alcuni anni): il prima della tragedia, il dopo e l’epilogo; movimento: dalla pace alla distruzione (ma solo per il vecchio, la fanciulla invece, al contraro delle aspettative, ha un destino felice) Baryšnja-Krestjanka narratore extradiegetico e onnisciente; commedia sentimentale e degli errori; tematica del doppio e del travestimento; protagonista Femmina + Maschio (ruolo secondario) + 2 maschi, ruoli secondari. Piano spaziale unico, temporale (alcuni giorni); azione riconciliazione finale, smentita delle aspettative di tutti. Nella sequenza dei racconti si avverte distintamente un certo ritmo narrativo, che tende all’armonia complessiva. Come dei movimenti in una sinfonia (concerto): drammatico; agitato; tetro; drammatico; scherzoso. Interessante anche considerare la combinazione dei titoli, dei narratorie delle modalità narrative, nonché dei diversi generi di racconto parodiati. Pikovaja dama (La donna di picche) Uno dei racconti più famosi della letteratura mondiale (secondo il critico A.L. Slonimskij)16e l’ultimo racconto compiuto di Puškin. Scritto durante l’autunno 1833 a Boldino, pubblicato nel 1834, sulla rivista “Biblioteka dlja čtenija” (t. II, kn. 3). Secondo il racconto di un amico di Puškin, P.V. Naščokin, Puškin glielo lesse e gli raccontò di aver tratto la trama da un fatto vero: la vecchia contessa sarebbe stata in realtà Natal’ja Petrovna Golicyna, madre del governatore generale di Mosca, che aveva vissuto a Parigi negli anni Settanta del Settecento. Il nipote di lei, Golicyn avrebbe raccontato a Puškin di aver una volta perso a carte e di essere andato a chiederle un prestito. La contessa non glielo diede, ma gli diede tre carte che le erano state rivelate a Parigi da Saint Germain. Golycin aveva provato le carte ed aveva vinto. Naščokin osservò che la contessa assomigliava poco alla Golicyna, e che invece ricordava di più una sua lontana e vecchia parente Natal’ja K. Zagrjazkaja, Puškin gli rispose che era vero. Il racconto fu recepito sullo sfondo del racconto fantastico-sovrannaturale – ad esempio Dostoevskij in una lettera ad un amico scrive che si tratta dell’ “apice dell’arte fantastica”17 – e lo è tuttora, anche se Puškin rielabora questo modello con le consuete ironia e analisi psicologica Mersereau, p. 221, come testimoniano l’epigrafe sul gioco e l’epilogo in cui il destino dei personaggi ancora una volta smentisce il cliché romantico- sentimentalista. Puškin gioca inoltre con le convenzioni del racconto fantastico e del racconto di società. Anche qui le epigrafi dei 6 capitoletti hanno la funzione di commentare il testo: cap. I, epigrafe appartiene a Puškin stesso, se ne parla in una lettera del poeta a Vjazemskij del 1 settembre 1828; II, (“A quanto pare preferite le cameriere!” “Che vuol farci, signora? Sono più fresche…” Davydov scrive a Puškin di aver narrato lui, a Puškin, l’aneddoto e si complimenta con la sua “memoria diabolica”; III si tratta di un motto di spirito in francese: “Angelo mio, mi scrivete lettere di quattro pagine più velocemente di quanto ci impieghi io a leggerle.” Il capitolo è infatti incentrato sulla corrispondenza tra Germann e Liza, Germann inizialmente le copia da un romanzo tedesco; cfr. la funzione delle lettere in Evgenij Onegin, ma anche nel romanzo epistolare settecentesco; scena di Germann e della vecchia; IV sempre in francese, come tratta dalla corrispondenza: “homme sans moeurs et sans religion!” Qui Liza aspetta inutilmente Germann dopo il ballo e ricorda le parole di Tomskij, sul carattere “napoleonico” di Germann; poi il giovane arriva, la spiegazione e la fuga di Germann; 16 A.L. Slonimskij, O kompozicii “Pikovoj damy” (Sulla composizione della Donna di Picche) in “ Puškinist”, IV, Pietrogrado, 1922. 17 Lettera a Ju. Abaz del 15 giugno 1880. 15 Gabriella Imposti. Appunti sulla letteratura russa: Puškin andavano per la maggiore proprio negli anni in cui si svolge la vicenda narrata. Cap I dalla commedia di Knjažnin Il millantatore (1786); II dalle raccolte di Čulkov Sobranie russkich pesen (Raccolta di canti russi) parte III (1770-1774); IV dalla commedia di Knjažnin Gli originali (1793); V, VI, VII dalla raccolta di Čulkov; IX dalla poesia di Cheraskov Razluka (Separazione); X dal poema Rossijada (Poema della Russia) di Cheraskov (1779) canto XI; XI epigrafe attribuita a Sumarokov, ma composta da Puškin in imitazione alle “Pritči” (fiabe) sumarokoviane. XII rifacimento di una canzone popolare trascritta da Puškin a Michajlovskoe, XIII composto da Puškin nello stile di Knjažnin. Noteremo l’epigrafe iniziale che apre tutto il romanzo e che dà la “chiave” di lettura a tutto il romanzo, si tratta di un proverbio: «Береги честь с молоду» (Conserva l’onore sin dalla giovinezza). Il problema centrale per il nostro protagonista è infatti il conflitto tra la lealtà verso i propri cari e verso la propria patria, si può dire che Puškin riprende lo spunto di Izador i Anjuta (di Pogorel’skij) e ne sfrutta a fondo le possibilità. Tutta la vicenda di Grinëv e i suoi errori sono in effetti il frutto di questo conflitto, che agli occhi estranei può apparire come tradimento. 14 capitoli (più quello omesso, che spesso viene inserito nel cap. XIII). Ciascun capitolo ha un titolo che ne chiarisce bene l’oggetto (I. Il sergente della guardia; II La guida; III La fortezza; IV Il duello; V Amore; VI La rivolta di Pugačëv; VII L’assalto; VIII L’ospite non invitato; IX Separazione; X L’assedio; XI Il villaggio ribelle; XII L’orfana; XIII L’arresto; XIV Il processo/ giudizio). Nel complesso possiamo osservare un alternarsi di momenti “privati”, che riguardano la storia con la “s” minuscola: la vita di Grinëv bambino-ragazzino, la sua permanenza nella fortezza del capitano Mironov (I, III, IV), con altri relativi alla storia con la “S” maiuscola. La rivolta, l’assalto, l’assedio. Ci sono poi capitoli, come ad es. i capitoli II “la guida” e XIV “il giudizio”, che mescolano elementi realistici ad altri più “favolistici”: l’incontro con Pugačëv e con Caterina II. Due incontri con la Storia, con i due antagonisti di questa rivolta così cruciale per la storia russa. Quando scrive al censore, P. Korsakov, nell’ottobre 1836, Puškin specifica che “Il nome della fanciulla Mironova è inventato. Il mio romanzo è basato su una leggenda che ho udito secondo cui un ufficiale che era passato, tradendo il suo dovere, tra le file dei seguaci di Pugačëv fu graziato dall’imperatrice per la supplica del vecchio padre che le si era gettato ai piedi. Il mio romanzo, come può ben vedere, si allontana molto dalla verità.”21 Si è molto discusso dell’influenza di Walter Scott sul romanzo di Puškin, alcuni, come Bazzarelli, negano che si tratti di un vero e proprio romanzo storico, certo è che non si può prescindere da questo punto di riferimento. La mescolanza di personaggi storici (Pugačëv, Caterina) e di invenzione (Grinëv, Maša, Mironov, ecc.) rientra nella tradizione scottiana, come pure la vicenda dei due innamorati separati e del servo fedele. Tuttavia Puškin non riflette la passione scottiana e di altri romanzieri “storici” per descrizioni e dettagli (pseudo)storici oleografici. Pur collocandosi all’interno dello schema del “romanzo storico”, è un’opera unica per l’epoca, si tratta soprattutto di uno studio psicologico nel quale circostanze ambientali e di colore contano poco. Al contrario di quanto avrebbero fatto un Marlinskij o un Lažečnikov, Puškin taglia corto e non si sofferma tanto neanche sugli eventi storici, per i quali rimanda ad una trattazione specifica (la sua Storia), rinuncia addirittura alla ghiotta occasione per descrivere gli ambienti sontuosi del Palazzo d’Inverno rappresentata dall’incontro tra Maša e Caterina II. Lo stile è laconico e soffuso di ironia, per la piccola nobiltà terriera di provincia che descrive all’inizio e l’”istruzione” del giovane Grinëv e la sua prima avventura di gioco appena uscito dal rifugio della casa paterna; ironia, ma anche elegia nella descrizione della famiglia del capitano Mironov22. I personaggi minori sono interessanti e rappresentati in modo vivace e convincente, ad esempio la figura un po’ da “zdora” della moglie del capitano, Vasilisa Egorovna Mironova, è lei in realtà a governare la fortezza, luogo peraltro assai poco militaresco, con i suoi vecchi veterani acciaccati e le reclute incapaci di distinguere la 21 Lettera del 25 ottobre 1836, SS X, pp. 408-9. “Имя девицы Мироновой вымышлено. Роман мой основан на предании, некогда слышанном мною, будто бы один из офицеров, изменивших своему долгу и перешедших в шайки пугачевские, был помилован императрицей по просьбе престарелого отца, кинувшегося ей в ноги. Роман, как изволите видеть, ушел далеко от истины.” 22 Un caso di “nome parlante” a tutti gli effetti! Mir=pace, che cognome per un capitano dell’esercito! 16 Gabriella Imposti. Appunti sulla letteratura russa: Puškin destra dalla sinistra. Per quanto riguarda Mironov, si tratta di un “malen’kij čelovek” (piccolo uomo), alla stregua del Maksim Maksimyč lermontoviano. Savel’ič, il servo parsimonioso e burbero, i cui interventi inopportuni rischiano di causare disastri, come nella scena del duello, che osa persino esigere da Pugačëv un compenso per gli oggetti sottratti a Grinëv, ma grazie al quale del resto Pugačëv riconosce Grinëv, perché quando il giovane gli aveva donato il pellicciotto (peraltro troppo stretto per il bandito) il servo aveva protestato a lungo. Molti sono i modelli letterari del vecchio servo che potrebbero essere elencati, non ultima la coppia di Don Chisciotte e Sancho Panza. Maša invece non viene ritratta in modo dettagliato, è bella, semplice e sensata, adatta insomma al semplice Grinëv; viene scelta per dar il titolo al romanzo, forse in osservanza, ma anche per parodiare ironicamente una lunga tradizione di titoli del genere nella narrativa sentimentalista e romantica (cfr. Bednaja Liza, Natal’ja bojarskaja doč’, Marfa posadnica, ecc.). Serve anche per sviare l’attenzione occhiuta del censore dal vero protagonista del romanzo, Pugačëv che Puškin cerca di spiegare, ma non di scusare, anzi non ne nasconde la crudeltà, come nell’episodio in cui la vecchia moglie del capitano viene uccisa e il suo cadavere lasciato in strada. Le diverse apparizioni di Pugačëv sotto diverse spoglie e sembianze, da impostore qual era, segnano i punti salienti della storia. Cap. II, è la guida, il contadino ubriacone, forse fuggitivo dalla prigione – Savel’ič è incline a pensarlo – che aiuta Grinëv a trovare rifugio dalla tormenta (cfr. il tema della tormenta, come simbolo della violenza degli elementi naturali ma anche degli istinti umani più bassi). “Improvvisamente vidi qualcosa di nero. ‘Ehi, cocchiere’, gridai’che roba è quella macchia nera laggiù?’ Il postiglione rivolse lo sguardo nella direzione indicata ‘Dio lo sa, signore’, disse […] ‘Dev’essere un lupo, o un uomo.’ Ordinai di dirigerci verso l’oggetto sconosciuto, che prese subito a venirci incontro. Tempo due minuti e ci trovammo a fianco di un uomo. […] a un tratto il viandante salì con decisione a cassetta e disse al postiglione: ‘Prendi a destra.Grazie a Dio le case non sono lontane. […] il vento ha girato, adesso viene da ì, e senti, c’è odore di fumo, vuol dire che il villaggio è vicino.”23 Alla domanda di Grinëv su perché ci si debba muovere, il viandante risponde di aver sentito odore di fumo e che ciò significa che c’è un villaggio nelle vicinanze, dimostrando così la propria natura ferina, da lupo, che riesce a sopravvivere nella steppa innevata. “Il suo acume e il suo sottile intuito mi stupirono molto.”24 Poi Grinëv sogna di tornare a casa e che la madre agitata gli dice che il padre è morente, ma entrato in casa egli vede il contadino sconosciuto: “Al posto d mio padre è steso sul letto un contadino con la barba nera, che mi guarda allegro. […] Allora i contadino è saltato su dal letto, ha tirato fuori un’ascia da dietro la schiena e ha cominciato a menare fendenti a destra e manca.Volevo fuggire, ma non potevo… La camera si era riempita di cadaveri; inciampavo nei corpi e scivolavo sule pozze di sangue… Il tremendo contadino mi chiamava affettuosamente, dicendo: ‘Non temere, vieni a prendere a mia benedizione…’”25 23 A.S. Puškin, La figlia del capitano, trad. it. Mario Caramitti, Roma, La biblioteca della Repubblica, 2004, pp. 210-211. «Вдруг увидел я что–то черное. –Эй, ямщик!– закричал я, –смотрим что там такое чернеется?– Ямщик стал всматриваться. –А бог знает, барин … должно быть, или волк, или человек. Я приказал ехать на незнакомый предмет, который тотчас и стал подвигаться нам навстречу. Через две минуты мы поравнялись с человеком. … вдруг дорожный сел проворно на облучок и сказал ямщику: –Ну, слава богу, жило недалеко; сворачивай вправо да поезжай–» 24 P. 211. «Сметливость его и тонкость чутья меня изумили» SS, V, p. 374 25 P. 212 «Вместо отца моего вижу в постеле лежит мужик с черной бородою, весело на меня поглядывая. … Тогда мужик вскочил с постели, выхватил топор из–за спины и стал махать во все стороны. Я хотел бежать… и не мог; комната наполнилась мертвыми телами; я спотыкался о тела и сколзил в кровавых лужах… Страшный мужик ласково меня кликал, говоря: –Не бойсь, подойди под мое благословение…» SS, V, p. 376 17 Gabriella Imposti. Appunti sulla letteratura russa: Puškin Nel sogno-visione26 la natura di impostore e la ferocia dello sconosciuto sono preannunciate esplicitamente, come del resto anche l’ambiguità dell’atteggiamento di Pugačëv nei confronti di Grinëv. Un risvolto interessante è anche il fatto che Pugačëv prenda il posto del padre: in effetti il giovane sarà dilaniato da sentimenti contaddittori nei confronti di Pugačëv, e il suo comportamento ambiguo verrà giudicato duramente dal padre e dalla patria… Il senso di ambiguità e turbamento suscitato dal sogno viene rafforzato dallo strano comportamente del padrone della locanda e dello sconosciuto che parlano un linguaggio enigmatico (dei malfattori), evidentemente per non farsi capire dagli altri. La descrizione della “guida” viene data solo ora, dopo che l’abbiamo vista in azione: “Guardai nel soppalco sopra la stufa e vidi una barba nera e due occhi scintillanti. […] Il suo aspetto mi impressionò. Aveva circa quaranta anni. Nella sua barba nera cominciavano a farsi largo fili inargentati. Gli occhi erano grandi, vivi e irrequieti. Il suo volto aveva un’espressione piuttosto gradevole, ma maliziosa. La sommità dellatesta era rasata e indossava uno sdrucito gabbano e pantaloni a sbuffo alla tartara.”27 Segue l’episodio del dono del pellicciotto di lepre, troppo piccolo, ma gradito dal “vagabondo”, dopo una vivace disputa con Savel’ič che non vuole dargli soldi e neanche il pellicciotto e chiama “razbojnik” (bandito ) lo sconosciuto, cogliendone, con il suo buon senso popolano, la vera natura. Il “vagabondo” accompagna Grinëv al suo carro e ringraziandolo gli promette eterna riconoscenza, come si vedrà, sarà fedele alla sua promessa. Cap. VI si parla della rivolta di Pugačëv e del diffondersi delle dicerie sul suo conto, dell’allarme crescente, del pericolo incombente. Cap. VII la “fortezza” di Mironov viene presa e appare Pugačëv in persona. (Confronta la descrizione dell’aspetto di Pugačëv in questo capitolo e cfr. con quella del cap. II) “Pugačëv era seduto in poltrona sul terrazzino d’ingresso della casa del comandante. Indossava un bel caftano cosacco sul quale erano cuciti dei galloni. ‘alto cappelo di zibellino con le nappe d’oro era calcato fin sopra gli occhi fiammegianti. Il suo voltomi sembrò in qualche modo familiare. Lo attorniavano i comandanti cosacchi. […] Pugačëv guardò minocciasamente il vecchio [comandante], e gli disse: ‘Come hai osato opporti altuo zar?’ Ilcomandante […] raccolse le ultime forze e rispose con voce ferma: ‘Tu non sei il mio zar, sei un bandito e un impostore, vedi un po’!’ Pugačëv aggrottò cupo le ciglia e fece un segnale con un fazzoletto bianco. Alcuni cosacchi afferrarono il vecchio capitano e lo trascinarono alla forca.”28 Segue la scena dell’uccisione del comandante e dei veterani, viene la volta di Grinëv: “Guardavo impavido Pugačëv, preparandomi a ripetere le parole dei miei nobili compagni.[…] A un tratto sentii un grido: ‘Aspettate, maledetti, aspettate!’ […] Savel’ič era steso ai piedi di Pugačëv: ‘Padre caro’, disse il mio povero precettore, ‘cosa te ne viene dala morte del figlio di un gran signore? Salvalo, e shoi genitori ti pagheranno un riscatto; e se vuoi dare un esempio e mettere paura, impicca pure me, che sono vecchio!’ Pugačëv fece un segnale, e subito mi slegarono.”29 26 cfr. sogno in Pikovaja dama in Boris Godunov e tutto il discorso sul sogno nella letteratura russa. 27 Pp. 214-15 «Я взгянул на полати и увидел черную бороду и две сверкающие глаза. … Наружность его показалась мне замечательна: он был лет сорока, росту среднего, худощав и широкоплеч. В черной бороде его показывалась проседь; живые большие глаза так и бегали. Лицо его имело выражение довольно приятное, но плутовское. Волоса были обстрижены в кружок; на нем был оборванный армяк и татарские шаровары.» SS, V, pp. 377-78 28 P. 277 «Пугачев сидел в креслях на крылчце комендантского дома. На нем был красный казацкий кафтан, обшитый галунами. Высокая соболья шапка с золотыми кистями была надвинута на его сверкающие глаза. Лицо его показалось мне знакомо. Казацкие старшины окружали его … Пугачев грозно взглянул на старика коменданта и сказал ему : – Как ты смел противиться мне, своему государю? Комендант … собрал последние силы и отвечал твердым голосом: –Ты мне не государь, ты вор и самозванец, слышь ты!– Пугачев мрачно нахмурился и махнул белым платком.»
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