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Riassunto R. Mellace, Il racconto della musica europea. Da Bach a Debussy, Carocci, Sintesi del corso di Storia Della Musica Moderna E Contemporanea

Riassunto libro R. Mellace, Il racconto della musica europea. Da Bach a Debussy, Carocci («Quality paperbacks» 560), 2019.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 08/11/2021

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Scarica Riassunto R. Mellace, Il racconto della musica europea. Da Bach a Debussy, Carocci e più Sintesi del corso in PDF di Storia Della Musica Moderna E Contemporanea solo su Docsity! Storia della musica IL SETTECENTO 1720-1780 Negli anni Venti del Settecento si fa strada la generazione nuova, con autori più giovani, nati intorno al 1700; Porpora è diciamo il capostipite di questa nuova generazione, è della classe del 1686. Questa nuova generazione che sta prendendo il sopravvento si tende verso una semplificazione, contrapponendosi all’artii chiari e razionali, per una comunicazione meno concettuale e più diretta. ciosità dell’arte barocca: sostituire l'horror vacui delle decorazioni con linee più A Napoli abbiamo come esponente Pergolesi, seguito da Jommelli, Piccini, Paisiello, e Cimarosa. Sul piano compositivo il nuovo stile comporta il primato dell’omofonia (=Il fatto che due o più parole o locuzioni diverse abbiano suono uguale) sul contrappunto, della melodia sull’accompagnamento, con una prevalenza delle tonalità maggiori. Il linguaggio musicale attraversa un periodo molto lungo: che va dal 1720 al 1780. Come epoca intermediaria tra barocco e classicismo, non assume un vero e proprio nome, infatti assume una varietà di definizioni: stile galante, Preclassicismo, o età dell'illuminismo. > Giovanni Battista Pergolesi Il luogo in cui il nuovo stile si sviluppa di più è quello della musica da chiesa, da sempre divisa tra stile antico e gusto moderno. Lo stile antico resta, nonostante l'affermarsi dell’estetica galante, coltivata dagli autori napoletani, come Giovanni Battista Draghi, detto Pergolesi, che lavorò sia su musica per la chiesa che su musica per il teatro. Nella dozzina di pezzi da chiesa composti in un'esistenza brevissima, Pergolesi da voce a un’esperienza individuale soggettiva di sentimento religioso, offrendo una rilettura affettuosa del sacro orientata a una partecipazione emotiva più diretta. Il nuovo stile fa leva sul fascino della voce solistica, tra lirismo e agilità, con il sostegno di una scrittura strumentale trasparente e brillante. Opere come “Lo frate 'nnamorato” e “La serva padrona” (intermezzo) ebbero un successo continentale. Nomi in vista in questo periodo sono anche: Porpora, Hasse, Jommelli, Galuppi. > Questo mutamento musicale porta ad un guadagno del sentimento soggettivo in due ambiti diversi: nell'espressione del mondo interiore dell’artista e nel gusto del pubblico. Nel Settecento non solo si scrive musica, ma si scrive molto anche sulla musica, essendo un elemento essenziale nell’accompagnare l’attività pratica. Le persone che scrivono sulla musica sono principalmente i philosophes francesi, che vantano collaborazioni con musicisti, quando non sono compositori in proprio come Rousseau, il quale scrisse le “Dictionnaire de musique”. Nella visione roussoviana la musica è primigenio “linguaggio del cuore” che custodisce ed esprime l'autenticità dell’origine dell’uomo dalla Natura, al di qua della corruzione della società. > Unarete di città La vita musicale nel Settecento si espanse in una vera e propria rete di città, diverse per entità e rango, capitali di Stati più o meno estesi e numerosi in Italia e in Germania. Capitali come Parigi, Londra, a cui seguono Napoli, Amsterdam, Lisbona, Madrid, Roma e Venezia. In Italia, spiccano i centri dei regni: Napoli, Torino e Roma. Ducati come Milano, Firenze, Parma o Modena. E Repubbliche come Genova e Venezia. Ma assai vivace è anche la concorrenza in luoghi privi d’un ruolo politico primario come Bologna, Padova, Palermo e Verona. Tutti questi diversi centri si caratterizzano per specificità importanti. Venezia e Napoli conservano per tutto il secolo un ruolo propulsivo di ricerca, produzione e irradiazione e vantano una ricchissima offerta teatrale, un'imponente produzione di musica da chiesa, guidata a Venezia dalla Basilica Ducale di San Marco; più diffusa tra cappelle e chiese cittadine a Napoli. Di particolare rilievo in entrambe le città, le istituzioni formative: - quattro ospedali veneziani, solo per studenti femminili, le cui allieve, “figlie di coro0 ”in buona parte orfane, veniva offerta, senza ambizioni professionalizzanti, un’istruzione musicale di prim'ordine, con un maestro di coro. L'esibizione delle figlie, nascoste dietro la grata nelle celebrazioni della Settimana Santa e in altre feste rappresentava un appuntamento obbligato per chiunque fosse di passaggio a Venezia. - Di altro carattere erano fatti i quattro conservatori napoletani, esclusivamente maschili, affollati da 80 a 200 allievi ciascuno, offrivano un’eccellente formazione professionale cui ciascuno era avviato come strumentista, cantante o compositore. > ci insegnarono personaggi illustri come Porpora, Leo, Feo, Durante. - Milano e Torino si distinguono per un’importante ricerca nella musica strumentale - Bologna spicca per l'Accademia filarmonica, che ha anche Verona sebbene meno prestigiosa - Firenze sotto Pietro Leopoldo diventa un centro fondamentale per la musica strumentale. - Parma è molto dinamica, infatti propone al Teatro Ducale progetti innovativi di Goldoni e altri. - Produttiva è anche Padova, che promuove una lunga serie di oratori > Questa rete di città i teatri d’opera rappresentano un sistema capillare: nel 1785 ce ne sono in molte città, che, anche se non di primo piano, vantano più di una sala. Ne possiedono persino i centri minori, che tuttavia non offrono stagioni regolari e stabili. | teatri italiani sono gestiti da un comitato di aristocratici o da un impresario, in un turbinoso avvicendarsi di gestioni spesso fallimentari, quasi quanto è notevole il rinnovamento dell'edilizia teatrale. IN EUROPA | centri più importanti sono Vienna, Parigi, Berlino, Dresda, Stoccarda, Monaco, Amburgo, Londra, Lisbona e Madrid. IL VIAGGIO ITALIANO Per la formazione e l’attività dei musicisti era fondamentale viaggiare, così da approfondire e sviluppare, generi, gusti e stili. In un’epoca in cui gli spostamenti, scomodi e lenti avvengono ancora in carrozza. Famoso era // Grand Tour, compiuto dall’aristocrazia Oltralpe, e da qualche borghese per sperimentare di persona l’arte e la civiltà italiana. Dall'Italia e sull’Italia scrissero Brosses, Goethe, Rousseau e spicca CHARLES BURNEY, musicografo inglese che pubblicò due volumi sui viaggi compiuti in Italia, Francia, Austria, Germania e Boemia. Tali viaggi permisero di entrare a contatto con istituzioni e musicisti, sperimentarne le qualità, reclutarle per le proprie esigenze Oltralpe, e acquistare musica manoscritta da riportare in patria. Vi sono poi musicisti, che forti già di una solida formazione acquisita in patria, per i quali il viaggio in Italia, a contatto con maestri, istituzioni e teatri di primo piano, rappresenta un’occasione di perfezionamento professionale. Musicisti che fecero il viaggio in Italia furono per esempio: - Handel, che va a Roma, ma anche a Napoli, a Venezia e Firenze - Hasse che va soprattutto a Napoli - Johann Christian Bach, che va sia a Milano che a Napoli Figura chiave di questo periodo è Giovanni Battista Sammartini, autore di musica sacra, operista e fondatore di un’Accademia filarmonica, promotore d’una scrittura sofisticata che congiunga chiarezza all'architettura tonale. In anni recenti è stato possibile conoscere e ampliare il gruppo di autori in area lombarda: Antonio Brioschi, Chelleri, Lampugnani, Zingarelli, Rolla etc. Autori dell’estero. A Milano soggiornarono autori come l’austriaco HOLZBAUER, il tedesco CANNABICH, che familiarizzarono con uno stile che avrebbero esportato nella Corte di Mannheim, dove giunse anche Giovanni Battista Sammartini, uno dei più famosi sperimentatori del genere. Come genere non si limitò a prendere radici solo a Milano e Mannheim, ma anche a Parigi, dove sono attivi autori autoctoni come Francois Martin e Gossec, che pubblicano entrambi raccolte di sinfonie. A Londra, abbiamo Johann Christian Bach, che propone le proprie sinfonie nei concerti organizzati con Abel; la produzione di Bach, che aveva risieduto a Milano, a stretto contatto con Sammartini porta ad una sua produzione di numerose sinfonie per archi e per fiati. A Vienna, c’è il boemo Johann Baptist Vanhal, che si dedicò assiduamente al genere, prima e dopo un soggiorno italiano. Alluvionale è l’approvvigionamento delle sinfonie d'opera, ugualmente seria e buffa. IL TEATRO MUSICALE Generi: 1. Serio + Metastasio 2. Comico è intermezzi 3. Francese 4. Tedesco - SERIO METASTASIO. Il melodramma del Settecento fu caratterizzato dall’avvento di un uomo, neppure musicista ma letterato: Metastasio. Da Napoli, egli riesce a conquistare negli anni Venti le piazze cruciali di Roma e Venezia, mobilitando in concorrenza i musicisti di punta della nuova generazione di formazione napoletana: Vinci, Porpora, Hasse e Leo, che nell’ultimo triennio italiano di Metastasio, si spartirono tra Roma e Venezia le intonazioni di Semiramide riconosciuta e Artaserse. Egli rinnovò il melodramma, trasformandolo in una dimensione di pura fantasia, dove parole e musica vengono fusi armonicamente. | suoi soggetti sono di tradizione mitologica e movimentati da una continua oscillazione tra lucidità razionale e sentimento. Metastasio utilizza tutte le risorse della tradizione teatrale per dare valore a quelle motivazioni psicologiche che spesso prendono posto dell’azione. | suoi eroi si muovono in una dimensione volutamente irreale e trovano la loro massima espressione nelle ariette conclusive delle scene. Metastasio si trasferisce alla Corte imperiale di Vienna come poeta cesareo: e da lì rappresenterà il riferimento per eccellenza dei librettisti e compositori dell'intero continente. La maggior parte delle opere del Settecento sono metastasiane, spesso si usava rintonare lo stesso libretto, adattato alle circostanze del momento; i 26 testi del canone metastasiano costituirono una palestra per le quattro generazioni dei compositori come Handel a Cimarosa. Le versioni diverse: Hasse scrisse ben 15 proprie intonazioni metastasiane, come il Siroe. Fece altrettanto Jommelli, che mise mano per quattro volte al Demofoonte, per tre alla Didone. Il risultato è che buona parte dei titoli si cantano per decine di nuove intonazioni, mentre per titoli come Artaserse si superò le ottantina versioni. Uno dei testi più felici in quanto pastorale, l’Olimpiade, impegnarono artisti come Caldara, Vivaldi, Pergolesi, Leo, Galuppi, Lampugnani, Cherubini, Cimarosa e altri. Sul piano musicale il melodramma metastasiano va a svilupparsi con il virtuosismo vocale. Non a caso, negli anni Venti, le scuole di canto istruiscono i propri allievi in primis le voci acute, cioè principalmente donne o castrati (Faustina e il Farinelli sono due esempi emblematici di quegli anni), a esercitarsi con tecniche come la “messa di voce”, cioè far crescere una nota passando insensibilmente dal piano al forte e viceversa senza perdere fiato. La tecnica di canto influenzò in modo determinante quella compositiva, che spinse all’estremo le pretese vocali, specialmente in arie spettacolari. La librettistica del Settecento Il melodramma resta vitale per tutto il secolo. Intorno agli anni '30, l'opera buffa napoletana apre a una comicità vivace, nutrita di una spensierata sperimentazione linguistica: l'intermezzo de La serva padrona (1733) di Giovan Battista Pergolesi (1710-1735), con libretto di Gennaro Antonio Federico, diviene a Parigi addirittura il motivo di una complicata discussione, la cosiddetta querelle des bouffons, 1752, in cui gli illuministi si schierano a favore dei "buffoni", ovvero del teatro musicale italiano. Una vera riforma avverrà solo a metà secolo. Metastasio, infatti, esaltando il librettista dava totale libertà al compositore. Occorreva un'integrazione più netta. Quando il musicista tedesco Christoph W. Gluck (1714-1787) e il librettista italiano Ranieri de' Calzabigi si mettono a lavorare in stretto accordo (così che la scrittura del libretto è direttamente legata alla composizione musicale, favorendo uno schema drammatico più ordinato e classico), la riforma è finalmente ottenuta: Orfeo ed Euridice (1762) e Alceste (1767) ne sono le grandi riprove. La maturazione avverrà però più tardi con il lavoro di Mozart e di Lorenzo Da Ponte. Lorenzo da Ponte (1749-1838) ebbe una vita travagliata, morì a New York in fuga dai suoi creditori. Scrisse per Mozart i libretti di tre opere decisive nella storia della musica, Le nozze di Figaro (1786), Il dissoluto punito ossia il Don Giovanni (1787) e Così fan tutte ossia la scuola degli amanti (1790). Questi libretti sono meccanismi perfetti di vitalità creatrice, capace però di distruggere spavaldamente tutti i valori culturali (e politici) che il melodramma aveva per decenni custoditi. Dappertutto si sente il brivido della catastrofe imminente: ma anche la bellezza di un vuoto nuovo, di un'armonia fra testo e musica mai sentiti, modernissimi, e ancora sorprendenti per noi, per un pubblico di due secoli dopo. FRANCIA > tragèdie lyrique Genere di opera teatrale francese, iniziato da Lulli. Il genere ebbe una propria tradizione fino a Rameau e caratteri autonomi rispetto alla contemporanea opera italiana. Elementi specifici della tragedie lyrique furono l'esigenza di aggirare l’implacabile meccanismo di recitativi e arie, in vigore da tanti decenni, a vantaggio di una maggiore spettacolarità, perseguita attraverso la rielaborazione dell’aria in un organismo più complesso; una particolare attenzione alla declamazione aderente alla lingua francese, la notevole presenza corale, l'inserimento di episodi ballettistici. L'operazione rivoluzionatrice avvenne nel 1761 quando si radunarono attorno al sovraintendente degli spettacoli, il conte genovese Giacomo Durazzo, tre artisti: 1. Il letterato Calzabigi 2. Il compositore Gluck 3. Il coreografo Gasparo Angiolini Cui vennero accumunati da una visione moderna dello spettacolo teatrale e convinti della necessità d'una sinergia tra le diverse componenti: il ballo e l’azione teatrale. Ballo pantomimo: nel quale cioè l’azione è descritta e accompagnata da una musica dal preciso valore semantico, forte del proprio fascino preverbale, come: Ex. Orfeo ed Euridice Alceste > nei quali si modificano drasticamente gli equilibri tra il canto solistico e gli apporti collettivi del coro e del ballo, che conferiscono allo spettacolo un ritmo coreutico del tutto estraneo al melodramma tradizionale. La conferma del ruolo decisivo della tragedie lyrique come correttivo al melodramma, si vede anche nell’adozione sistematica di soggetti mitologici caratterizzati dalla presenza del sovrannaturale: viene dall'ultima fase della carriera di Gluck, che a Parigi rielaborerà in francese per l’Opèra sia l’Orfeo che l’Alceste, e comporrà ex novo ben tre lavori, direttamente in formato francese. In Italia la riforma gluckiana ebbe nell'immediato un seguito assai modesto. - COMICO Espulse dal corpo del melodramma, le scene buffe presero a vivere di vita autonoma, trasformandosi piano piano in singoli atti, agite dai personaggi comici del dramma. Diventano organismi autonomi, destinati agli intervalli tra gli atti d'un melodramma, ma anche d’un dramma in prosa, e chiamati pertanto “intermezzi”. Spesso erano interpretati da una coppia di buffi: una voce femminile e quasi sempre un basso lui. Di norma il titolo degli intermezzi corrisponde al nome della coppia. Sviluppano un'azione di necessità breve e compatta, da consumarsi in due o tre intermezzi. Se due sono gli intermezzi, essi si collocheranno tra il 1 e 2 atto e tra 2 e 3 atto; se tre, l’ultimo si collocherà all’interno del 3 atto, immediatamente prima della scena finale, alla vigilia dello scioglimento, per dare l’effetto suspance. Ciascun intermezzo propone un'alternanza di arie e recitativi per le due parti, oltre ad una cavatina monostrofica di presentazione di un personaggio, ed è coronato da un duetto. Di norma, la relazione tra i personaggi è di carattere comico, che si conclude con un happy end anche se a volte altamente improbabile. Spesso si tratta di una giovane furba e un ingenuo attempato, come in La furba e lo sciocco, di Sarro. In realtà ci sono anche una grande varietà di soggetti, che attingono dalla letteratura alta, come Don Chisciotte di Cervantes. Gli interpreti specializzati negli intermezzi, formano spesso coppie fisse, la cui carriera si protrae a lungo, e vantano un talento attoriale superiore ai colleghi dell’opera seria. La mancanza di solisti costosissimi (castrati o prime donne), di scenografiche impegnative e costumi sfarzosi- l’ambiente è quasi sempre irrilevante: spesso non è precisata nei succinti libretti- configura gli intermezzi come un sistema diverso da quello del dramma per musica > è assai più economico e pertanto disponibile ad una diffusione capillare. Il genere è attestato a Venezia, con la raccolta Nuovi intermedi. Pariati scrive il testo del Pimpinone, intonato subito da Albinoni. Negli anni Venti e Trenta risale la stagione gloriosa nella Napoli austriaca, avviata da Sarro e Vinci e culminate in Hasse e Pergolesi, con una decina di titoli, tra cui la Serva padrona del 1733. Quest'ultima, innescherà la popolarità degli intermezzi a Parigi. Prende piede l’idea di realizzare uno spettacolo comico che faccia serata: una commedia per musica dall’articolazione in tre atti analoga al dramma serio. LA PRIMA OPERA COMICA è LA CILLA, libretto di Tullio, musica di Faggioli, Napoli 1707. Fra le tradizioni municipali, particolarmente vivace è la commedeja pe’ mmuseca napoletana, che integra registri linguistici disparati, dal napoletano all'italiano e culmina negli anni Venti e Trenta, in contemporanea con gli intermezzi, nei lavori di Vinci, Hasse, Leo. Il passaggio dal formato maggiore implica naturalmente un cast numeroso, che spazia tutta la gamma dei registri vocali e offre, nel conteso un'ambientazione realistica, uno spaccato caricaturale della società, rappresentata nella sua stratificazione, attraverso una varietà di atteggiamenti, dall’ironia , alla parodia del repertorio serio. AUTORI DEL SETTECENTO 1. Leonardo Leo 2. Pietro Metastasio 3. Johann Hasse 4. |figli di Bach 5. Christoph Gluck 6. Niccolò Jommelli 7. Giovanni Paisiello 8. Antonio Salieri LEONARDO LEO - Prima generazione dello stile galante - È ilpiù alto esempio della cosiddetta “scuola napoletana”. - Nasce in una provincia pugliese, che frutteranno anche artisti come Sarro, Piccini e Paisiello - Siforma come allievo esterno del conservatorio della Pietà dei Turchini diretto da Fago. - Lavorò come organista soprannumerario (a titolo garantito), nella Cappella vicereale e poi reale; poi diventò provicemaestro, poi vicemaestro e poi maestro - La mortelo colse all'improvviso il giorno del suo 50esimo compleanno - Morti Pergolesi e Vinci, mentre altrove si trovavano Porpora, Hasse, Leo assunse una delle posizioni principali nella vita musicale della città. - La carriera teatrale di Leo domina naturalmente (ovvio no ma puttana bagascia) il dramma per musica: Leo intona libretti da Stampiglia e Zeno, ma soprattutto molto Metastasio. - Nella vasta e articolata produzione di Leo, numerose sono le cantate e le serenate. -. L’apporto più significativo di Leo alla musica chiesastica si colloca sotto il segno dello stile antico, di cui fu tra gli esponenti più raffinati, capace di impiegare il contrappunto di tradizione palestriana come veicolo d'una sensibilità modernissima. - Considerato con Durante da una tradizione storiografica antica uno dei capiscuola della civiltà musicale napoletana, campione indiscusso dello stile galante, precursore di tratti già classici, dotato d'un invidiabile dono melodico. - Scrive l’Alidoro > stile severo della dialettica tra due soggetti contrappuntistici. PIETRO METASTASIO Profilo da letterato Ha un'influenza decisiva nella vita musicale; un’influenza pervasiva, per nulla circoscritta alla scena del teatro musicale, ma operante sul pensiero e sul gusto di un’epoca intera. Melodramma metastasiano Formazione di Metastasio, classe 1698, scoperto nella Roma di inizio secolo ancora adolescente come geniale improvvisatore. Lasciata Roma nel 1719, appena ventenne il poeta s'impone nel vivacissimo ambiente musicale della Napoli austriaca, intrattiene stretti rapporti con compositori e interpreti e inaugura la carriera di poeta di teatro con un quartetto di serenate. - Il romano Pietro Metastasio (1698-1782), pseudonimo grecizzante di Pietro Trapassi, è il massimo esponente della tradizione italiana arcade e classicheggiante. La sua prima raccolta di Poesie è del 1717 e comprende la tragedia Giustino, scritta a quattordici anni. Scrive poi alcuni testi teatrali destinati alla musica come l'Endimione (1720) e Gli Orti Esperidi (1721). Del 1724 è il suo primo melodramma, Didone abbandonata (1724), che ebbe un successo eccezionale. A Roma, mise in scena diversi melodrammi, tra cui Catone in Utica (1728), Semiramide riconosciuta (1729), Alessandro nell'Indie (1729), Artaserse (1730). - Nel1730 venne chiamato a Vienna con il titolo di "poeta cesareo" e presso la corte asburgica rimase tutta la vita. Tra il 1730 e il 1740 scrisse le sue opere migliori: i melodrammi Demetrio (1731); Adriano in Siria (1732); Olimpiade e Demofoonte (1733); La clemenza di Tito (1734), musicata da Mozart; Achille in Sciro (1736); Ciro riconosciuto (1736); Attilio Regolo (1740); inoltre le feste teatrali L'asilo d'amore (1732) e Le cinesi (1735), l'azione sacra Betulia liberata (1734) e la canzonetta (musicata dallo stesso poeta) La libertà (1733). Dopo questo decennio d'intensa attività, la produzione andò rallentando, sia per la crisi attraversata dalla corte viennese dopo la guerra di successione austriaca, sia per un progressivo inaridirsi della sua vena poetica, testimoniato anche da una certa ripetitività che caratterizza i lavori successivi, come i melodrammi Antigone (1743), Ipermestra (1744), Il re pastore (1751), L'eroe cinese (1752), Nitteti (1756), Romolo e Ersilia (1765) e Ruggiero (1771) e la festa teatrale L'isola disabitata (1752), oltre alla famosa canzonetta La partenza (1746). Tutte le opere di Metastasio suscitarono l'interesse di numerosi compositori europei (si pensi che l'Artaserse ebbe più di cento versioni musicali). Dopo la metà del secolo il poeta, ormai vecchio, si chiuse progressivamente in se stesso, dedicandosi ai doveri della vita di corte e alla riflessione sulle ragioni del proprio lavoro, che si concretizzarono in due opere di notevole lucidità: La Poetica di Orazio tradotta e commentata (1745) e l'Estratto dell'Arte poetica di Aristotele e considerazioni sulla medesima (1773). L'edizione completa dei suoi drammi fu stampata nel 1780-82. JOHANN ADOLF HASSE - Rappresenta uno dei maggiori influenti della musica italiana del 1700. - Fu un compositore tedesco. Nacque nel 1699 sul Mare del Nord, vicino ad Amburgo. - Dagiovane fece il tenore ad Amburgo, e grazie alla bellezza della voce riuscì a trasferirsi a Braunschweig. - Sitrasferì a Napoli per studiare con Porpora e successivamente con Scarlatti. - Come firma adottò fin dall'inizio l'epiteto “Sassone”; usato generalmente per indicare i musicisti tedeschi in Italia - Dopo Napoli, andò a Venezia, dove, oltre a sposarsi con la soprano Faustina Bordoni, compì il suo debutto veneziano con /’Artaserse interpretato da Farinelli. L’Artaserse rappresentò il suo primo incontro con il teatro metastasiano, di cui intonò tutti i drammi salvo il Temistocle. - Nel 1730sitrasferì nella corte di Dresda. - Nel 1773 decise di trasferirsi definitivamente a Venezia, dove vi morirà 10 anni più tardi. - L'ambito della musica sacra fu una costante nella carriera di Hasse, autore di salmi, mottetti solistici, inni, messe tra cui Requiem. - Per un decennio fu incaricato di celebrare, con una serie di tre drammi e altrettante feste teatrali, le importanti occasioni della politica della Corte imperiale. - Fra le sue moltissime opere (ca. 60), che comprendono tutti i libretti metastasiani, alcuni dei quali musicati addirittura più di una volta, emergono Artaserse (1730), Didone abbandonata (1742), Piramo e Tisbe (1768), Ruggiero ovvero l'Eroica gratitudine (1771). | FIGLI DI BACH - Johann Sebastian Bach si sposò due volte, e dall'unione di questi due matrimoni nacquero la bellezza di 20 figli. - Complessivamente, tre dei suoi figli divennero tra i più significanti musicisti del Settecento, in quanto, proseguirono l'interesse del padre nella musica vocale e strumentale. - Scomparsi tutti negli anni Ottanta, i tre compositori appartengono a generazioni diverse: 1. 1figli della prima moglie Barbara, WILHELM FRIEDMANN e CARL PHILIPP EMANUEL, nacquero a Weimar 2. Mentre JOHANN CHRISTIAN, nacque a Lipsia dall'unione del secondo matrimonio con Anna Magdalena - Aiprimidue figli, il padre assicurò un'accurata formazione musicale, mentre il più piccolo, non ancora 15enne alla morte del padre, compì un percorso eccentrico rispetto all’antica tradizione famigliare. - Wilhelm Friedemann, primogenito maschio, ebbe la carica da organista. Nonostante l’indubbio talento per la musica, gli non riuscì mai ad integrarsi con nessun ambiente. Il baricentro del catalogo di Wilhelm, escluse le cantate da chiesa, sono soprattutto le musiche strumentali da camera per l'orchestra e per tastiera. - Carl Philipp Emanuel, di carattere ben più felice del fratello, coltivò gli studi universitari di giurisprudenza presso Lipsia e poi a Francoforte. Si trasferì a Berlino come clavicembalista al servizio del principe ereditario. Sottopagato, ed estraneo ai gusti italianizzati del sovrano, non mancò di una produzione importante con una messe impressionante di lavori strumentali di vario formato, tra cui una 40antina di concerti per clavicembalo. Gli venne poi assimilata la nomina di successore di Telemann. Pubblicò sei raccolte di sonate per tastiera. - Johann Christian Bach, di oltre vent'anni più piccolo rispetto ai fratelli. Si formò tra Lipsia e Berlino col padre e con il fratellastro Emanuel. Nel 1756 passò a Bologna per studiare con padre Martini e quindi, convertitosi al cattolicesimo (1760), divenne organista del duomo di Milano. Fece rappresentare sue opere a Torino, Milano e Napoli, conobbe Traetta, Jommelli, Sacchini e nel 1762 si stabilì a Londra, dove fu nominato direttore del King's Theatre e nel 1764 fondò con l'amico C. F. Abel la prima società concertistica in abbonamento, i Bach-Abel Concerts. Sposò la celebre cantante Cecilia Grassi (1774), fu ancora in continente conoscendo Cannabich e Mozart, che lo stimò grandemente, e soggiornando per qualche tempo a Parigi dove si rappresentarono sue opere. Tornato a Londra vi morì in miseria, lasciando debiti che furono saldati dalla regina d'Inghilterra. Considerato, fino alla rinascita degli interessi per il suo grande padre, come il maggiore esponente della famiglia, Johann Christian seppe farsi apprezzare soprattutto per la raffinatezza galante delle sue composizioni, sia teatrali sia strumentali. Profondo conoscitore dell'opera napoletana, ne assimilò la caratteristica melodiosità, curando però maggiormente l'armonizzazione del canto e sviluppando strumentazioni di indubbia originalità. L'eleganza delle sue composizioni sinfoniche contribuì in maniera determinante alla definizione del classicismo viennese e influì profondamente sulle successive esperienze mozartiane. Fra le sue composizioni: 12 lavori teatrali, fra cui Catone in Utica (1758), Alessandro nelle Indie(1762), Amadis de Gaule (1779); un oratorio e ca. 70 composizioni sacre; 49 sinfonie, 24 sinfonie concertanti, 18 ouvertures, 36 concerti per clavicembalo e orchestra; 9 quintetti, 29 quartetti, sonate per strumenti e clavicembalo e altra musica da camera; 24 sonate per clavicembalo o pianoforte. LO STILE CLASSICO 1770-1820 I favolosi anni Sessanta - Il decennio emerge verso la fine della Guerra dei sette anni: dal 1756-63. È il primo conflitto di dimensioni mondiali che solo apparentemente lasciò inalterati gli assetti politici e le strutture economiche. Nello specifico in ambito musicale ci saranno sviluppi in cui si maturerà una sensibilità da cui nascerà quello che si è preso ad indicare come stile classico. Muta innanzitutto il panorama del teatro musicale, in cui si articolano spettacoli più leggeri. A Parigi esplode il fenomeno dell’opèra-comique. CLASSICISMI À tale stile fu associato a nomi e cognomi precisi, a tre autori, due dei quali all’epoca ancora viventi: Haydn, Mozart e Beethoven. Lo sviluppo lineare del basso continuo viene sostituito da formule d'accompagnamento essenziali e discrete. La composizione è concepita con una serietà d'intenti e una progettualità su vasta scala ignote alla generazione di Bach. Per "stile classico" s'intende, nella storia della musica, la maniera di comporre musica, soprattutto strumentale, fiorita tra la seconda metà del Settecento e i primi decenni dell'Ottocento nei paesi di lingua tedesca, e particolarmente a Vienna, e i cui maggiori esponenti sono Franz Josef Haydn, Wolfgang Amadeus Mozart e Ludwig van Beethoven. CLASSICISMO VIENNESE Il trifoglio viennese À composto da Haydn, Mozart e Beethoven. Il trifoglio viennese, così chiamato, mette a punto una particolare tecnica di elaborazione motivica, per cui il minimo segmento ritmico-melodico viene a costituire un tassello d'un disegno complesso e visionario, da svilupparsi coerentemente dalla prima all'ultima battuta del movimento. Esemplare è il caso del | tempo della Quinta Sinfonia di Beethoven, in il celebre inciso d'apertura è formato da quattro note, le prime tre delle quali identiche, costituisce il materiale fondamentale dell'intero movimento, riducibile a quell’unico, minuscolo, inciso d’avvio. Operando in modo spregiudicato su diversi parametri, la costruzione fraseologica, subirà un incremento nella complessità della scrittura, tanto nel dettaglio quanto nel disegno complessivo di ciascun movimento e dell'intera composizione, non obbedisce ad un vero e proprio virtuosismo concettuale, ma si rivela veicolo prezioso di un pensiero drammatico, d'una concezione di musica come AZIONE SONORA, efficace benchè priva di parola e di scena. À si forma così una musica strumentale con un profondo senso della simmetria, mutato dallo stile galante “Adagio ma non troppo”, Bach. Al Classicismo viennese occorrerà riferire un'ulteriore rivoluzione, di entità non minore e dalle conseguenze altrettanto vaste: la consacrazione della musica strumentale come il linguaggio musicale per eccellenza. » Forma Sonata La forma sonata è la tecnica emblematica dell’epoca. Fu grazie alla forma sonata che lo stile classico si mise nelle condizioni di realizzare un discorso musicale che ripristinasse la complessità e la monumentalità della musica barocca. Grazie alla forma sonata il compositore è in grado di assicurare a una singola pagina musicale un grado significativo di differenziazione interna conseguito tramite una contrapposizione tra atteggiamenti contrastanti che ne accresce varietà, dinamismo, rendendone il decorso meno prevedibile. La sonata è nata in ambito strumentale, si diffonde in ogni genere da camera e sinfonico. Le sonate si fondano su un meccanismo a un tempo semplice e sofisticato. Principio fondamentale è il contrasto tra aree tonali, si stabilisce una prima area tonale, corrispondente alla tonalità d'impianto, in cui viene esposto quello che per semplificare viene spesso indicato come “primo tema” che non esaurisce l’identità del pezzo, ma entra in rapporto dialettico con un secondo polo. Una sezione transitoria conduce infatti alla seconda area tonale, chiamata in termini non sempre calzanti “secondo tema”. Si effettua una migrazione verso un’area tonale diversa. LA DIALETTICA FONDAMENTALE è TRA TONALITà DIVERSE. La transizione può avvenire a una tonalità vicina, e meno frequentemente lontana. La seconda parte consiste nel movimento “ritorno a casa”; nelle forme più articolate e complete, questa seconda parte, può avviarsi con una sezione chiamata “sviluppo”: sezione imprevedibile, che sottopone il materiale proposto nell’’esposizione” a una serie di artifici che lo manipolano, deformano e trasformano, evidenziando la natura di processo della forma sonata e ritardando il più possibile la sezione conclusiva. Nel caso NON frequente di una forma sonata senza sviluppo, la parte seconda attaccherà direttamente la “ripresa”, che ripropone innanzitutto, letteralmente o in forma variata, il materiale tematico della prima area tonale nella sua tonalità originaria. Il materiale esposto nell’area tonale alternativa, invece di riproporsi in quest'ultima tonalità si ripresenterà a sorpresa nella tonalità d'impianto della composizione. Anche il MINUETTO può avvalersi della forma sonata: bipartito, proporrà nella prima parte la prima area tonale, nella seconda area tonale dell'esposizione, l'eventuale sviluppo e ripresa. Il movimento conclusivo è spesso concepito nell’efficace forma ambivalente del rondò-sonata, che sovrappone la ricorrenza d'un tema principale di norma di carattere giocoso a un’organizzazione sonatistica più libera e divagante, che il ritorno sistematico del tema principale riconduce all'ordine. > La forma sonata può più volte ricorrere all’interno diuna medesima composizione. Facendo ciò, c'è un notevole aumento di durata. » IL TEMPO LENTO. È spesso concepito come una forma sonata senza sviluppo, semplificata ma pur sempre organizzata attorno a un bipolarismo armonico. RICORDA: - La Sonata è per strumento singolo o duo - La Sinfonia è per orchestra LA MUSICA DA CAMERA Suonavano volentieri musica da camera anche i musicisti professionisti e i borghesi, questi ultimi mossi anche dall’ambizione di imitare usi aristocratici. Non irrilevanti sono le raccolte di quartetti custodite dalle biblioteche dei monasteri benedettini e permostratensi, dei conventi francescani e delle parrocchie cittadine nelle terre dell'impero in Svizzera e nella Serenissima. Il caratteristico del repertorio cameristico va mutando dalla progressiva scomparsa del basso continuo. La nuova denominazione dei pezzi, infatti, NON registrerà più il numero di parti previste, bensì prescrive ora puntualmente il numero esatto di strumenti coinvolti. La linea del basso, non più fondamento, elemento generatore della composizione muta ora radicalmente di funzione. Libera dalla schiavitù del basso continuo, ora la linea di basso può ormai partecipare in termini paritari allo sviluppo dialogico della composizione, e contare dunque come gli altri strumenti. Combinazioni strumentali soliti usati: Pianoforte, violoncello e violino. A tal proposito, Haydn vi dedicherà una quarantina di lavori, mentre Beethoven onorerà i tre strumenti del ruolo di solisti nel suo Triplo concerto del 1804. Anche il quartetto d’archi (2 violini, viola e violoncello), sono molto usati in quanto possiedono una un’omogeneità timbrica. Il quartetto assume anche un ruolo di dialogo tra i compositori: Mozart dedicò nel 1785 a Haydn una raccolta. Il formato cameristico, destinato a un gruppo ristretto di esecutori, dilagò in ogni direzione, interessando anche strumenti a fiato. - HAUSMISK, diventa molto popolare sia in ambito domestico, che in occasione di feste, banchetti, cerimonie e nei palazzi come all'aperto; il complesso di fiati ebbe la sua consacrazione nel 1782, quando l’imperatore Giuseppe Il fondò a Vienna l’imperial-regia Harmonie. AUTORI DELLA PRIMA PARTE AUTORI DELLA SECONDA DELLO STILE CLASSICO: PARTE DELLO STILE CLASSICO: dopo l’intermezzo 1. Joseph Haydn rivoluzionario 2. Wolfgang Amadè Mozart 1. Beethoven 2. Luigi Cherubini 3. Gaspare Spontini JOSEPH HAYDN - Autore a cavallo tra due civiltà della storia della musica europea: formazione galante, ma al contempo artefice principale del pensiero musicale identificato come stile classico. Compositore austriaco (Rohrau 1732-Vienna 1809). Di umile famiglia, iniziò assai presto gli studi musicali e dal 1740 all’età di 8 anni andò a Vienna alla scuola del coro di S. Stefano a Vienna. Assai utile alla sua formazione fu la conoscenza dei maggiori musicisti operanti nel mondo viennese e in particolare la collaborazione con N. Porpora, che lo chiamò al proprio servizio. Nel 1759 ottenne un primo impiego stabile al servizio del conte F. M. Morzin, come compositore e direttore di una piccola orchestra a LukaveÈ, in Boemia. Allo scioglimento di questa (1761), Haydn fu immediatamente assunto come vicemaestro di cappella dal principe P. A. Esterhzy, cui nel 1762 succedette il fratello Nicolaus “il Magnifico”, celebre mecenate molto appassionato di musica, che dopo alcuni anni tenne nei confronti del compositore un atteggiamento di protezione e amicizia, aperto e tollerante. Haydn, soprattutto dopo la morte del precedente maestro di cappella G. J. Werner (1701-1766), fu responsabile di L'anno successivo intraprese il primo grande viaggio europeo che lo condusse attraverso la Germania, l'Olanda e il Belgio alla volta di Parigi, dove il fanciullo prodigio suscitò il curioso interesse del mondo musicale e compose la prima pagina sacra, il Kyrie K. 33. Da Parigi Mozart e il padre si diressero a Londra e da qui, attraverso l'Olanda, la Francia e la Svizzera, tornarono nel 1766 a Salisburgo, dove Mozart si dedicò sistematicamente alla composizione, portando su un piano di consapevolezza i molteplici influssi e le stimolanti esperienze compiute durante il lungo viaggio. La tappa londinese 1764-65. Fu una tappa di formazione, in cui Mozart entrò in contatto con Johann Christian Bach, il figlio più giovane di Bach; scrive arie d'opera perdute e sinfonie. Nel 1768, Mozart affrontò a Vienna le prime prove drammatiche, componendo l'opera buffa La finta semplice e il Singspiel intitolato Bastien und Bastienne. Tornato a Salisburgo, nel 1769 venne nominato maestro dei concerti presso la corte arcivescovile. I viaggi in Italia Verso i 14 anni inizia il primo viaggio in Italia in compagnia del padre, destinato ad avere un'importanza fondamentale nello sviluppo della sua personalità estetica. Verona (dove Mozart venne nominato maestro di cappella onorario dell'Accademia Filarmonica), Mantova (dove inaugurò con un concerto il Teatro Scientifico), Milano (dove sotto l'influenza di Sammartini abbozzò il primo quartetto per archi), Bologna (dove conobbe Padre Martini che gli impartì lezioni di contrappunto), Firenze (dove conobbe Nardinie Campioni), Roma (dove fu insignito dell'Ordine dello Speron d'Oro dal papa e dove trascrisse dopo una sola audizione il Miserere di G. Allegri), Napoli (dove entrò in contatto diretto con la gloriosa tradizione dell'opera buffa) furono le principali tappe dell'importante viaggio. Venne esposto a esperienze musicali d’ogni genere. Tornato a Milano per l'esecuzione del Mitridate, re di Ponto (1770), commissionatogli dal governatore austriaco conte Firmian, intraprese l'anno successivo il viaggio di ritorno a Salisburgo. Altri due viaggi in Italia fece nello stesso 1771 (anno nel quale compose per Milano la serenata Ascanio in Alba, su testo di G. Parini, seguita l'anno successivo dal dramma per musica Lucio Silla, su testo di G. de Gamerra) e nel 1773. Nonostante i proficui risultati di ordine culturale, sul piano pratico entrambi i viaggi si rivelarono un fallimento, perché Mozart non riuscì a trovare, come cercava, una sistemazione presso una corte italiana. Da Salisburgo a Vienna. Tornato a Salisburgo, i rapporti con il nuovo vescovo Hyeronimus Colloredo, restio a concedere a Mozart ulteriori permessi ad abbandonare la città, vennero facendosi sempre più tesi. Mozart sentiva, d'altra parte, sempre più opprimente il peso di un ufficio che lo costringeva in una città di provincia e che gli limitava le possibilità di nuove e formative esperienze, così come di più proficui rapporti di lavoro. In cerca di una nuova sistemazione, più confacente alla sua personalità, partì per Parigi nel 1777, ma la città lo accolse freddamente. Alla delusione sul piano professionale si aggiunse la tragica perdita della madre, che lo aveva seguito in Francia. Rientrato a Salisburgo, Mozart riprese di malavoglia, nel 1779, il servizio come organista presso il duomo e la corte. Dopo la trionfale esecuzione di /domeneo, re di Creta a Monaco di Baviera (1781), un ennesimo scontro con il vescovo Colloredo, che aveva usato nei suoi confronti un atteggiamento sprezzante e umiliante, indusse Mozart a rinunciare a licenziarsi e a trasferirsi a Vienna, dove visse dando lezioni private e concerti e praticando come libero artista la professione di compositore: decisione che doveva rivelarsi alla lunga fatale al musicista, che fu da quel momento angosciato dall'assillo delle preoccupazioni economiche e da una situazione pratica destinata a farsi sempre più precaria, ma che allo stesso tempo rappresentava un rivoluzionario proclama di indipendenza ideale dell'artista dalla classe detentrice del potere (esempio che fu seguito coraggiosamente da Beethoven e che divenne una norma con la prima generazione degli artisti romantici). Mozart sposò Costanza Weber, dalla quale ebbe cinque figli. A contatto con il fiorente ambiente culturale di Vienna, Mozart acquistò una sempre maggior consapevolezza sul piano culturale e politico (significativa la sua iscrizione alla massoneria nel 1784) e su quello estetico. Nacquero i grandi capolavori della maturità: accanto alle maggiori opere sinfoniche, cameristiche e religiose, le grandi prove drammatiche quali Le nozze di Figaro (1786), Don Giovanni (eseguito per la prima volta a Praga nel 1787) e Così fan tutte(1790), tutte su libretto di Lorenzo Da Ponte. Nel 1787 Mozart aveva ottenuto la nomina di compositore di corte (Kaiserlicher Kammermusikus) con un modesto stipendio. Dopo la morte di Giuseppe Il chiese invano il posto di secondo maestro di cappella presso la corte viennese. Mentre le sue condizioni di salute peggioravano sino a diventare negli ultimi mesi precarie, Mozart componeva nell'ultimo anno di vita gli estremi capolavori: Il flauto magico, La clemenza di Tito e il Requiem, una pagina rimasta incompiuta e che il compositore affrontò, nella certezza della fine imminente, come un'altissima meditazione sulla morte. | suoi funerali, modestissimi, furono seguiti solo da pochi intimi: la sua salma venne sepolta nella fossa comune del cimitero di St. Marx. La critica e le composizioni. L'importanza di Mozart è tale che è difficile dare della sua opera compositiva, comprendente tutte le forme e tutti i generi musicali dell'epoca, un giudizio capace di renderne pienamente il significato e il valore, anche perché l'influenza che essa ha avuto sul concreto atteggiarsi del gusto musicale negli ultimi due secoli non è inferiore alla risonanza che il mito di Mozart ha avuto da Goethe in poi nella cultura moderna. Mozart fu anzitutto un grande sintetizzatore delle esperienze della musica settecentesca europea, che contribuì in maniera decisiva a indirizzare, sottraendola alle remore di una concezione edonistica e artigianale, per la via che sarà seguita da Beethoven e dai romantici: quella del moderno soggettivismo critico. Con Mozart l'aggraziata scrittura rococò si trasforma nell'armoniosa e vigorosa temperie dello stile del classicismo viennese, mantenendo tuttavia, anche nell'uso delle strutture più complesse e nei momenti di più rilevata intensità espressiva, un tono di ingenuo incanto e di soave spontaneità quale nessun artista conobbe prima di lui e nessuno riuscì più a ripetere. Fu la naturale misura di una nuova classicità, nella quale Goethe celebrò la rinascita dello spirito della più pura arte ellenica, anche se essa era ben lontana dalla fanciullesca inconsapevolezza che la critica romantica volle attribuirle, ma si fondava al contrario su precise e tutt'altro che equivoche scelte estetiche e ideologiche, pronte, semmai, a denunciare la bruciante realtà delle contraddizioni su cui poggiavano, in molte pagine nelle quali la musica di Mozart è solcata da ombre profonde, da vertiginose inquietudini di stampo decisamente preromantico: dalle ultime sonate e fantasie per pianoforte, al Concerto in re minore per pianoforte e orchestra K. 466, alla Musica funebre massonica K. 477, al Quintetto per archi in sol minore K. 516, alla Sinfonia in sol minore K. 550, al Don Giovanni, al Requiem in re minore K. 626. Anche se le ricerche sulla figura e l'opera di Mozart datano dall'Ottocento (con i fondamentali lavori bibliografici di Kòchel e la monumentale biografia critica di O. Jahn, destinata a servire di base a tutti gli studi successivi, di H. Abert, di Th. de Wyzewa e G. de St. Foix, di A. Einstein), un compiuto processo di comprensione storica fu per lungo tempo paradossalmente impedito dallo strabiliante e in qualche modo superumano livello qualitativo dell'intera produzione mozartiana, ignara di stanchezze o di cadute di tono in tutti i generi musicali. Così nel campo sinfonico, comprendente 52 sinfonie (tra le quali eccellono le sinfonie in sol minore K. 183, in si bemolle K. 319, in re maggiore K. 385 “Haffner”, in do maggiore K. 425 “Linz”, in re maggiore K. 504 “Praga”, in mi bemolle K. 543, in sol minore K. 550 e in do maggiore K. 551 “Jupiter”) e i concerti, di cui 7 per violino, 24 per pianoforte (tra cui emergono pagine memorabili, quali i concerti in mi bemolle K. 449, in re minore K. 466, in do maggiore K. 467, in do minore K. 491 e in si bemolle K. 595); su tutti i rimanenti (per flauto, flauto e arpa, fagotto, corno) s'impone il sublime Concerto in la maggiore per clarinetto K. 622; a una cinquantina ammontano i brani orchestrali quali serenate, divertimenti, cassazioni, danze, tra cui la palma della popolarità spetta a Eine kleine Nachtmusik(Piccola serenata notturna) in sol K. 525 e alla Serenata notturna in re maggiore K. 239. Un momento fondamentale dell'esperienza compositiva mozartiana è rappresentato dalla musica da camera, comprendente 23 quartetti per archi, 9 quintetti (di cui uno con corno e uno con clarinetto), quartetti con pianoforte, trii per archi e per altre formazioni; inoltre 46 sonate per violino e pianoforte e un imponente complesso di composizioni per pianoforte solo (18 sonate, fantasie e altri brani) che segnano la definitiva consacrazione dello strumento al ruolo di protagonista mantenuto con Beethoven e con i romantici. La musica sacra, che comprende 19 messe tra le quali famose la Messa in do K. 317 dell“Incoronazione”; la Missa solemnis K. 337; la grandiosa Messa in do minore, incompiuta, K. 427 e una serie di composizioni liturgiche per un totale di 60 composizioni, annovera capolavori assoluti quali l'Ave verum corpus K. 618 e l'incompiuto Requiem; sono da segnalare inoltre numerosi drammi sacri e oratori, tra cui La Betulia liberata(1771), su testo di Metastasio. Alla musica vocale profana appartengono, oltre ai 40 Lieder per canto e pianoforte, cantate, arie, pezzi d'insieme, canoni. Infine, oltre a quelle già citate, si ricordano le opere teatrali: // sogno di Scipione (1772), La finta giardiniera (1775), Il re pastore (1775), Zaide (1779-80), L'oca del Cairo(1783), Der Schauspieldirektor (1786). L’eloquenza del suono strumentale. Sin dall'infanzia la musica strumentale rappresenta per Mozart un impegno continuativo. Alla genesi della musica strumentale mozartiana presiedono soprattutto occasioni estemporanee: l'eccezione più cospicua è la produzione di Konzertmeister per la corte di Salisburgo: destinata a intrattenere il principe arcivescovo e i suoi ospiti, che comprende accanto a sinfonie e concerti, una grande quantità di generi. Il teatro come metafora del mondo. Dall'età di 11 anni a tre mesi dalla morte Mozart mise mano a più di venti composizioni drammatiche. Sperimentato assiduamente nei viaggi per l'Europa, il teatro musicale divenne un'autentica passione. Situazioni, personaggi, condotta drammatica costituiscono una vera scuola dei sentimenti, uno specchio in cui osservare la tumultuosa complessità degli affetti. Nella produzione teatrale morzartiana si potranno individuare quattro periodi: 1. Gli esordi 1767-68 2. Le commissioni italiane 1770-72 3. Il declino salispburghese 1771-79 4. E il declino viennese 1781-91 Prescindendo dal dramma classico latino, il teatro di Mozart parla solo due lingue: l'italiano e il tedesco. In compenso affronta molti generi, piccoli, grandi, comici, seri ect. - Opera seria. È la prima tipologia di opera che affronta Mozart - Opera buffa infatti arriverà dopo, con una potente infatuazione per il genere alimentata da Paisiello, Cimarosa, Salieri, Sarti etc. Il soldalizio del genere drammatico di Da Ponte è inaugurato dal progetto audace delle Nozze di Figaro, adattamento di una recente commedia di Beaumarchais, seguito dal Contemporaneo e lettore di I. Kant, W. Goethe e F. Schiller, incarna la nuova figura del compositore moderno: con lui l'espressione dell'interiorità dell'artista e delle sue dolorose vicende esistenziali viene in primo piano. Con il suo lavoro, inoltre, la nuova coscienza storica e morale che aderisce ai grandi ideali di libertà e giustizia emersi dalla Rivoluzione francese investe la creazione musicale. L'infanzia di B. fu triste e disagiata: il padre, il cui unico scopo era di sfruttare le disposizioni musicali del ragazzo per esibirlo in pubblico quale "fanciullo prodigio", gli imponeva rudemente lunghe ore di esercizio sul cembalo e sul violino. L'istruzione generale si limitò a qualche anno di elementare. L'ultimo anno del Settecento costituisce per B. l'avvio della carriera. Passo fondamentale è il trasferimento definitivo a Vienna nel 1792. nella capitale imperiale B. s'inserisce nell'alveo dei Classicismo di Mozart e Haydn. Si fa conoscere come virtuoso del pianoforte e si inserisce nel tessuto aristocratico. Stile eroico; al termine del biennio 1800-1801, B. prende coscienza d'una svolta del suo percorso creativo. Ormai trentenne padroneggia pienamente e con maestria molti strumenti musicali e molti generi, ma cerca l'esigenza di sviluppare una cifra stilistica più matura e consapevole. PERIODO CENTRALE. 1802-1814 Segnata da una profonda crisi esistenziale, in cui cercò una via nuova. Da un lato abbiamo uno straordinario approfondimento del linguaggio musicale, ovvero la capacità di saper organizzare un discorso musicale vasto e articolato sfruttando fino in fondo le potenzialità d'un materiale sonoro minimo. È nuova la qualità del linguaggio, uno stile eroico, capace di trasmettere all'umanità il simbolo musicale di una grandezza fuori dal comune. Il nuovo orientamento stilistico si manifesta innanzitutto in una serie di lavori pianistici. L'orizzonte dello stile eroico è però il sinfonismo e il suo destinatario naturale: l'orchestra. Il genere viene fondato da B. nella sua accezione di ouverture da concerto, pagina sinfonica autonoma. Concepita come introduzione per un lavoro teatrale in prosa di norma corredato da musiche di scena. L'ideale di libertà, rimane carissimo a B. e trova realizzazione compiuta nel Fidelio: in una Spagna remota e tenebrosa Leonore si traveste da uomo pur di salvare il marito dal carcere dove questi è ingiustamente recluso. Grazie al coraggio della donna e alla manifestazione di una benefica istanza superiore, l'amore coniugale trionferà sulle forze oscure dell'oppressione politica. La vicenda è organizzata nell'alternanza di un canto e parlato, attraverso una varietà di forme: cinque numeri solistici, uno dei quali con coro, tra popolareschi couplet e grandi arie melodrammatiche. Altre vie. Molta produzione di questo periodo in realtà svia dallo stile eroico per imboccare altri percorsi: con un lirismo meditativo, con una distensione del discorso che pare sfuggire a quel meccanismo implacabile di ferrea necessità che domina lo stile eroico. In queste opere l'urgenza si placa a vantaggio di delizie melodiche che, più compresse nei lavori della corrente principale, vengono qui a occupare il centro della scena. Il lavoro più eminente è la Sesta Sinfonia, Pastorale. Nel 1804 B. metterà mano a quello che presenterà come una “sinfonia concertante”. Vi è poi la produzione beethoveniana “minore”, in parte salottiera e dal fascino irresistibile, rappresentata dalla figura della Bagatella “per Elisa”, pagina d'album in forma rondò composta probabilmente per Therese Malfatti, corteggiata con determinazione ma invano. Tale produzione minore da voce al registro comico-popolaresco di B.. Oltre il Classicismo. Al 50entesimo compleanno, il sinfonismo rigoroso portato spesso ai livelli più estremi, il tono eroico, passano a un altro linguaggio musicale, ad un approccio nella lettura della realtà che non rinnega il percorso compiuto, ma si configura come un'indagine in altre direzioni, prevalentemente tramite strumenti formali diversi. L'ultima dozzina d'anni di produzione 1815, 1827 pare superare l'estremo limite del Classicismo verso una direzione tutta sua: un rispetto alla dialettica drammatica del sonatismo, con le sue aree tonali contrapposte, alla forma come processo volto inesorabilmente a un unico fine. Tra il 1822 e il 1824 B. è impegnato in un lavoro che, a differenza di quelli citati finora, non si erge isolato, ma rappresenta il precipitato di sollecitazioni provenienti da lontano e costituisce il coronamento di un'intera serie, anzi della serie più ambiziosa. La Nona Sinfonia, vide la luce nel concerto monstre, com'era uso all'epoca, del 7 maggio 1824 al Teatro di Porta Carinzia, che segna il ritorno ufficiale di B. nella scena pubblica. Monumentale nelle dimensioni, dalla concezione rigorosamente organica, la Nona, presenta tanto caratteristiche associabili alla scrittura beethoveniana più tipica, quasi 160 battute, del Molto adagio e cantabile. La sorpresa sconcertante deriva però dalle scelte irrituali che coinvolgono il Finale, vertice di sperimentalismo formale, con le sue 900 battute. Dimensione cameristica. Sonate per violoncello, con accompagnamento per pianoforte. Sperimentazione ciclica che sarebbe ritornata. LUIGI CHERUBINI Compositore italiano (Firenze 1760-Parigi 1842). Allievo di G. Sarti a Bologna e a Milano, si avviò con discreto successo alla carriera teatrale. Nel 1784 si trasferì a Londra e quattro anni dopo si stabilì a Parigi, dove collaborò con Viotti (che gestiva un teatro di opera comica italiana) e divenne nel 1795 insegnante di composizione al Conservatorio. Gli anni seguenti non furono molto fortunati: mancarono al musicista grandi successi, dopo quello riportato da Les deux journées (1800; Le due giornate o il Portatore d'acqua), e pesarono i rapporti non buoni con Napoleone. Con la Restaurazione vennero onori e riconoscimenti e, nel 1822, l'elezione a direttore del Conservatorio. Negli ultimi anni si formò l'immagine accademica e pedantesca che dovette condizionare la fortuna del compositore, che fu ammirato da Beethoven, Weber, Schubert,Schumann, ecc. In campo teatrale Cherubini rivelò una severa personalità drammatica, con intense e concitate costruzioni sinfoniche di una tensione che anticipava soluzioni romantiche. La posizione di Cherubini è personale e isolata e si colloca tra l'eredità di Gluck e l'opera francese, toccando esiti di primo piano inDémophon (1788), Lodoiska (1791), Elisa ou Le voyage aux glaciers du Mont Saint- Bernard (1794), Médée(1797; Medea) e nella citata Les deux journées, uno dei migliori esempi della sua gentile vena comica. L'ultima fase creativa è caratterizzata dall'intensificarsi della produzione sacra. Il Credo a 8 voci e organo (1806), le Messe solenni in fa maggiore (1808), in re minore (1811), in do maggiore (1816), in la maggiore (1825, per l'incoronazione di Carlo X), i due Requiem in do minore (1816) e in re minore (1836) e altri lavori seguiti all'assunzione di Cherubini a maestro di cappella reale nel 1816 costituiscono una premessa imprescindibile per le messe sinfoniche ottocentesche. Da ricordare infine la produzione strumentale, che comprende tra l'altro 6 quartetti e la Sinfonia in re maggiore (1815). GASPARE SPONTINI Studiò dapprima con N. Bonanni, poi al conservatorio napoletano della Pietà dei Turchini con N. Sala e G. Tritto. Lasciato il conservatorio, passò a Roma (1795), dove fece rappresentare con esito fortunato una farsa musicale, / puntigli delle donne. Nel 1797 faceva seguire una seconda farsa, L'eroismo ridicolo, ossia La finta filosofa, e nel 1798 una commedia, /! finto pittore. Nel1798 presentava poi a Firenze la sua prima opera seria, Teseo riconosciuto, e due farse, L'isola disabitata e Chi più guarda non vede. Nel 1799, tornato a Napoli, assunse la direzione della cappella reale in sostituzione di D. Cimarosa e seguì la corte a Palermo. Nel 1803 si trasferì a Parigi, dove entrò in relazione con F.-J. Fétis, con gli Érard, col conte di Rémusat, il quale lo avvicinò a Napoleone e a Giuseppina. Nel 1804 ottenne un grande successo con una rielaborazione in tre atti della vecchia Finta filosofa. Incoraggiato dal parere dei critici, si diede a comporre opere francesi: la prima, una comica, La petite maison (1804), fu un insuccesso; la seconda, il dramma Milton, fu poco dopo applaudita all'Opéra comique. Dal 1803 al 1806, S. si diede alla composizione del suo capolavoro, La vestale, tragedia lirica in tre atti, testo di V.-J.-E. de Jouy. Opposizioni di ogni genere fecero ritardare la rappresentazione di quest'opera fino al 1807, quando per volontà dell'imperatrice La vestale fu rappresentata all'Opéra, ed ottenne un meritato e duraturo successo. Alla Vestale seguì, per commissione di Napoleone, il Fernand Cortez ou La conquéte du Mexique, tragedia lirica in tre atti su testo di Jouy e di J.-É Esménard, anch'essa trionfalmente accolta nella prima versione (1809) e nella rielaborazione (1817). S., già compositore di camera dell'imperatrice, nel 1810 assumeva la direzione dell'antica "Opera italiana" che, unita ‘amministrativamente alla "Comédie", aveva preso il nome di Teatro dell'Imperatrice, e vi faceva rappresentare, tra l'altro, il Don Giovanni di Mozart per la prima volta nella sua forma originaria. Alla caduta dell'Impero ottenne il titolo di compositore drammatico del re e una pensione. Nel 1817 ebbe un certo successo un suo rifacimento delle Danaidi di A. Salieri, e fu concessa a S. la cittadinanza francese. Si dedicò quindi alla composizione di un'opera di grande impegno, Olympie, tragedia lirica in tre atti di J. Dieulafoy e Ch. Brifaut, che fu rappresentata all'Opéra il 22 dic. 1819, con esito positivo benché inferiore ai trionfi della Vestale e del Cortez. Nel 1819 Federico Guglielmo III di Prussia chiamò a Berlino S., che nel 1820 assunse la direzione della musica di corte e del teatro reale, un incarico che, nonostante le ostilità dell'ambiente, riuscì a mantenere per 22 anni. La sua attività berlinese consistette anche nella composizione di alcuni lavori teatrali: Lalla Rookh (1821), musica di scena per il poema di Th. Moore; Nuramhal,oder/">oder das Rosenfest von Kaschmir (1822), opera in due atti su testo di K. H. Herklotz;A/cidor (1825), su soggetto fantastico tratto da un vecchio libretto di M.-A.-J. Rochon de Chabannes, e finalmente l'ultima sua opera e l'ultimo capolavoro, Agnes von Hohenstaufen, tre atti su soggetto medievale tedesco, con testo di E. Raupach, rappresentata nel 1829 e rielaborata nel 1835. Nonostante l'accostamento, visibile in quest'opera, allo stile germanico, le ostilità dell'ambiente berlinese si fecero sempre più accanite, e dopo un viaggio in Italia e in Francia nel 1842 S. lasciò definitivamente Berlino, pur conservando, per la riconoscenza del re di Prussia, titoli ed emolumenti. In patria ritornò definitivamente nel 1850. Il posto che S. occupa nella storia del teatro musicale è di primissimo ordine: con i suoi capolavori del periodo francese, durante il quale trovò ambiente e materia poetica consoni al suo spirito, S. è il vero rappresentante musicale di quel momento di esaltazione eroica che collegava i ricordi dell'antica Roma alle imprese di Napoleone Bonaparte. = Arnold Schoenberg e la sua scuola Schoenberg fece capo ad un gruppo di allievi che la storiografia ha preso a chiamare Seconda scuola viennese, istituendo un parallelo con il Classicismo di Haydn, Mozart e Beethoven. Di Schoenberg e dei suoi allievi principali, Berg e Webern, soltanto d'una decina di anni più giovani di lui; solo rispetto ai lavori composti al di qua dell’annuncio pubblico da parte di Schoenberg della nuova tecnica dodecafonica nel 1923. Gli esordi di Schoenberg avvengono in seno al disceplato con Zemlinsky. La qualità rivoluzionaria della sua musica tocca il rapporto spregiudicato con la tradizione intrattenuto in prima persona dal compositore e trasmesso agli allievi in un processo didattico innovativo. =» La Germania Il panorama della musica tedesca è fortemente condizionato dall’eredità di Wagner. A10 anni esatti dalla morte di Wagner vede la luce il suo lavoro principale, ancora oggi presente nei cartelloni di tutto il mondo e tra i primi cinque titoli più rappresentanti in Germania: l’opera fiabesca di Hansel e Gretel, sviluppat a partire da un ciclo di 4 lieder. = Richard Strauss Musicista tedesco (Monaco di Baviera 1864 - Garmisch-Partenkirchen 1949). Compositore e direttore d'orchestra, ha rivestito un ruolo assai rilevante nella storia della musica tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento. La sua vasta produzione abbraccia diversi ambiti musicali, passando dal poema sinfonico al teatro strumentale. VITA. Figlio d'un valente cornista della cappella di corte di Monaco, fu prestissimo iniziato agli studî musicali sotto la guida dei maestri A. Tombo (pianoforte) e Benno Walter (violino). A dieci anni aveva già composto numerosi pezzi. Già ammiratore di Wagner, in tale tendenza fu incoraggiato dal suo primo maestro di composizione F. W. Meyer, avvicinato nel 1875. La Serenata, composta da S. nel 1881, fu apprezzata H. von Biilow che la fece eseguire a Meissinger, chiamando poi S. nel 1886 ad assisterlo nella direzione di quel teatro di corte. Qui S. conobbe A. Ritter, fervente ammiratore di Wagner e di Liszt, la cui influenza fu decisiva per lui, confermando definitivamente il suo indirizzo estetico, come si vede già nel primo dei poemi sinfonici: Aus Italien op. 16 (1886). Nello stesso 1886 S. fu nominato secondo direttore all'Opera di Monaco e vi rimase tre anni, perfezionandosi nella direzione d'orchestra pur senza tralasciare la composizione. Nel 1889 passò al teatro di Weimar, ove diresse tutte le opere di Gluck, di Mozart e di Wagner e terminò la composizione del poema sinfonico Tod und Verklirung, e la prima opera teatrale, Guntram(di stile wagneriano), su libretto proprio. Tornato nel 1894 all'Opera di Monaco, succedette nel 1896 a H. Levi quale primo direttore d'orchestra. Dal 1898 al 1919 fu direttore all'Opera di Berlino; dal 1919 al 1924 all'Opera di Vienna e contemporaneamente fu prof. di composizione all'Accademia di belle arti di Berlino (posto che, assunto nel 1917, lasciò nel 1920 a F. Busoni) svolgendo un'intensa attività internazionale come direttore d'orchestra. Dal 1933 al 1935 fu presidente della Reichsmusikkammer. Trascorse gli ultimi anni di vita nella sua villa di Garmisch e l'atteggiamento accomodante da lui tenuto durante il periodo nazista gli procurò, dopo la sconfitta tedesca, dei provvedimenti punitivi. D'altra parte, il gusto musicale del secondo dopoguerra si era notevolmente staccato dall'influenza straussiana, per esplorare nuovi itinerarî estetici e contenutistici. OPERE. Al 1876 appartiene la composizione segnata come op. 1, Festmarsch per orchestra. Seguirono un Quartetto in la op. 2 e la Serenata op. 7 per fiati (1881). Tra i lavori realizzati durante il periodo in cui era secondo direttore all'Opera di Monaco, spiccano la Sonata op. 18 per violino e pianoforte, numerosi Lieder (tra i quali alcuni dei più celebri) e i poemi sinfonici Macbeth (1888) e Don Juan (1889). La sua attività di compositore, dal Guntram in poi, s'intensificò e allargò, sviluppando la sua maggior forza nel poema sinfonico da una parte, nell'opera teatrale dall'altra. Di tale produzione si ricordano i poemi sinfonici Till Eulenspiegel (1895), Also sprach Zarathustra (7896), Don Quixote (1897), Ein Heldenleben(/898), la Sinfonia domestica (1903), i balletti Josephslegende (Parigi, 1914) e Schlagobers( Vienna, 1924), e le opere Salome (1 atto di O. Wilde, Dresda, 1905), Elektra (1 atto di H. von Hoffmannsthal, Dresda 1909), Der Rosenkavalier (3 atti di H. von Hofmannsthal, Dresda 1911), Le Bourgeois gentilhomme (Stoccarda, 1912), dal quale fu poi rielaborato quale opera autonoma l'intermezzo Ariadne auf Naxos (Vienna, 1917), Die Frau ohne Schatte( Vienna, 1919), Intermezzo (Dresda, 192 4), Arabella (Dresda, 1933), Die schweigende Frau(Dresda, 1935), Capriccio (Monaco di Baviera, 1942), e infine, tra le composizioni orchestrali, Metamorphosen per 23 archi solisti (1945). LETZTE LIEDER. per soprano e orchestra (1949). Tali lavori manifestano, quale più quale meno decisamente, le caratteristiche dell'evoluzione estetica compiuta da S.: in un primo periodo il compositore si giova ancora delle basi formali lisztiane (Aus Italien) e del Wort-Ton-Dramawagneriano (Guntram). Ma già prima del Guntram egli ha saputo superare il "già noto" nel poema sinfonico (Don Juan e Tod und Verklirung), che all'ardimento della tecnica e alla crescente personalità dell'ispirazione aggiungono una concezione poetica, descrittiva, programmatica ben più vasta di quella di Liszt. Fondamentale tra le risorse proprie del giovane S. è il virtuosismo orchestrale, che non farà, in seguito, che affinarsi e potenziarsi sempre più. Questo periodo si svolge infatti dal Don Juan e da Tod und Verklirung fino alla Sinfonia domestica e alla Alpensinfonie (1915) per quanto concerne la musica strumentale, e fino a Elektra per il teatro, caratterizzandosi per un generale orientamento verso la grandiosità e l'imponenza dei mezzi e degli effetti, come si vede specialmente in Zarathustrae Heldenleben da una parte, in Salome ed Elektra dall'altra. A proposito di queste opere va notato come il wagneriano Wort-Ton-Drama si sia virtualmente ridotto a Ton-Drama: come cioè l'elemento "parola" sia soggiogato dall'elemento sinfonico, dal discorso orchestrale (di cui il canto non è che una proiezione) che tutto dice e tutto analizza e sintetizza. A questo periodo di "titanismo" segue un periodo di rinnovato gusto della semplicità e del cesello: quasi un "ritorno a Mozart", come fu detto allora. S. aveva del resto dato prova anche nelle sue musiche anteriori di possedere questo gusto e di saperlo appagare (Till Eulenspiegel). 7! Bourgeois gentilhomme e soprattutto il suo ex intermezzo Ariadne sono le prime realizzazioni di questo nuovo orientamento, il quale continua (anche se con parentesi "titaniche"), con Intermezzo e Arabella, sino alle Metamorphosen. = Ars gallica Nel 1871 viene fondata col motto esplicito di Ars gallica la Sociètè Nationale de Musique, che si prefigge come scopo primario la proposta di musica francese: Debussy, Mendelssohn, Schumann e Schubert. Capeggiato da Saint- Saens (compositore, pianista ect.). Nel 1886 assurse alla guida della Sociètè Nationale de Musique la figura discreta e appartata di Cèsar Frank, quasi l'incarnazione dell’anti-wagner, estraneo alle luci della ribalta nelle sue vesti dimesse di organista in chiese parigine e professore di organo e improvvisazione organistica al Conservatorio. Saint-Saens, figura chiave nell’aggiornamento del panorama musicale, vero dominus della vita musicale parigina della Belle E ‘poche fu il suo allievo Gabriel Faurè. Di una generazione più giovane di Franck, dopo un percorso accidentato tra incarichi di organista a Parigi e pellegrinaggi wagneriani a Colonia, Monaco, Bayreuth, dagli anni ’90 s ‘insediò stabilmente al cuore delle istituzioni musicali francesi, da cui irradiò la sua influenza per un trentennio. Nel 1892 diventa ispettore nazionale dell’insegnamento musicale, nel 1896 titolare del grande organo della chiesa parigina della Madeleine e successore di Massenet alla cattedra di composizione, contrappunto e fuga al Conservatorio, critico musicale del Figarò, presidente della Sociètè Musicale Indèpendante, nata da una fronda di quella Sociètè Nationale de Musique che pure Faurè aveva contribuito a fondare quarant'anni prima. = Claude Debussy e Maurice Ravel = Unlaboratorio sulla Senna = Stravinskij Musicista russo naturalizzato statunitense (Oranienbaum 1882 - New York 1971). Compositore tra i più importanti del Novecento, ha rivoluzionato l'orchestrazione tradizionale e reinventato il balletto moderno con l'uso di stili compositivi e linguaggi musicali diversi, lasciando una profonda impronta nei compositori a lui contemporanei e in quelli successivi, a partire già dai primi lavori (L'oiseau de feu, Petruska e Le sacre du printemps). Vita e opere. Figlio di Fédor, fu avviato presto agli studî musicali, che completò soltanto verso i venticinque anni sotto la guida di N. A. Rimskij Korsakov. Quando nel 1908 Rimskij Korsakov morì, S. aveva già composto varia musica, tra cui lo scherzo sinfonico Feu d'artifice: musica generalmente memore delle stilistiche di Wagner, Debussy, Dukas e dei Russi da Musorgskij a Rimskij. Decisivo per l'avvenire di S. fu l'incontro con S. P. Djagilev, che, intuito il valore del musicista, gli commissionò il balletto L'oiseau de feu (da una leggenda popolare russa), lavoro rappresentato con grande successo a Parigi nel 1910. L'interessamento suscitato diventò accesa ammirazione dopo la rappresentazione del balletto Petruska (Parigi, 1911). Seguì il balletto Le sacre du printemps, la cui partitura segna una data fondamentale nella storia della musica contemporanea; il lavoro andò in scena a Parigi nel 1913 e provocò nel pubblico reazioni di violenza inaudita nella storia del teatro. Da allora in poi la vita di S. coincise con lo sviluppo della sua attività creatrice: abbandonata definitivamente la Russia, egli visse in Svizzera e per molti anni in Francia, componendo attivamente e dirigendo o suonando sue pagine. Nel 1914 fece rappresentare all'Opéra di Parigi Le rossignol, opera in tre atti iniziata nel 1908, poi rielaborata nel secondo e terzo atto come poema sinfonico (1917), eseguita anche come balletto (1920). Nello stesso anno iniziò la composizione di un altro balletto, Les noces, scene coreografiche russe per soli, coro, quattro pianoforti e percussioni; il lavoro fu compiuto più tardi, nel 1923, e fu rappresentato al Théditre de la Gaîté-Lyrique di Parigi. Sempre nel 1917 compose Le renard, balletto burlesco in un atto con parti cantate, su testo dello stesso S. (versione francese di C.-F. Ramuz), tratto da racconti popolari russi, rappresentato a Parigi nel 1922; nel 1918l'Histoire du soldat, azione mimata con voce recitante e sette strumenti, su testo di C.-F. Ramuz. Seguirono: il balletto cantato Pulcinella, su musiche di Pergolesi rielaborate da S. per le scene parigine (1920); l'opera comica Mavra (rappr. 1922); l'opera- oratorio Oedipus rex (su testo di J. Cocteau derivato da Sofocle e tradotto in latino da J. Daniélou), diretta dall'autore nel 1927; il balletto Apollon Musagète (1928); il balletto Le baiser de la fée (7928); il melodramma Perséphone per recitante, tenore, coro e orchestra (testo di A. Gide, 1934); il balletto Jeu de cartes (1937). Tra le composizioni sinfoniche, sinfonico-corali e da camera nascevano intanto: i 3 pezzi (1914) e il Concertino (1920) per quartetto, il Ragtime per undici strumenti (1918), le Symphonies per fiati in memoria di Debussy (1920), l'Ottetto per fiati (1923), il Concerto (1924) e il Capriccio (1929) per pianoforte e orchestra, la Symphonie des psaumes per coro e orchestra (1930), il Concerto in re magg. per violino e orchestra (71937), il Duo concertante per violino e pianoforte (1932), il Concerto per due pianoforti (1935). Nel 1938 si trasferì negli USA, dove prese la cittadinanza americana. Fra i lavori da lui scritti in America figurano: il Concerto detto di Dumbarton Oaks (1938), la Sinfonia in do maggiore(7940), le Danses concertantes (7947-42), la Sonata per due pianoforti (7943-44), l'Ebony Concerto per orchestra jazz (1945), la Sinfonia in tre movimenti (7945), i! Concerto per archi(7946), il balletto Orpheus (1947), la Messa (1951), l'opera The rake's progress (su testo di W. H. Auden e C. Kallman, rappresentata al teatro La Fenice di Venezia nel 1951), la Cantata(1952), il Settimino (1953), i Three songs from William Shakespeare (1953), In memoriam Dylan Thomas per tenore, quartetto d'archi e quattro tromboni (1954), il Canticum sacrum ad honorem sancti Marci nominis (71955), il balletto Agon (1957), i Threni per soli, coro e orchestra (1958), la ballata sacra per baritono, recitante e orchestra da camera Abraham and Isaac (1962-63), Elegy for John Fitzgerald Kennedy, per baritono e 3 clavicembali (1964). Nelle Chroniques de ma vie (1935) S. scrive di aver sempre preferito risolvere i problemi che gli si presentavano nella creazione facendo assegnamento solo sulle proprie forze, senza ricorrere a procedimenti già usati e provati, fosse pure da lui stesso. L'esame delle sue opere ci conferma che egli ha realmente seguito tale criterio, sempre cercando nuovi modi: tuttavia, in una sommaria classificazione dell'opera stravinskiana si possono distinguere tre grandi periodi chiamati rispettivamente russo, neoclassico e seriale. Nel primo periodo, che comprende lavori quali L'oiseau de feu, Petruèka, Le sacre du printemps, la musica aderisce a un programma, a un soggetto, a un testo, mentre nel secondo periodo, che va all'incirca dal balletto Pulcinella all'opera The rake's progress, si manifesta la tendenza verso una musica "oggettiva", classicheggiante, astratta. Fra questi due periodi si collocano opere che per certi tratti apparterrebbero al primo, per altri al secondo; in ogni caso, le ripartizioni vanno intese con discrezione e non va dimenticata l'evidenza, già frequente in lavori come Le sacre du printemps, di un'aspirazione alla "oggettività", che caratterizza i lavori della seconda maniera. Già in quell'opera la musica, lungi dall'essere un riflesso dell'azione scenica, è essa stessa il centro dinamico da cui ogni azione si sviluppa. Contemporaneamente a tale processo di liberazione dallo psicologismo, dall'interferenza di elementi letterarî o altro, si afferma una volontà di concentrazione e di semplificazione, che conduce dall'orgia coloristica di Petruska e del Sacre alla semplicità dell'orchestra d'archi di un'opera come Apollon Musagète, orchestra però in cui il compositore sfrutta al massimo le possibilità di varia combinazione e le peculiarità solistiche dei varî strumenti. Mentre nelle opere del primo conoscenza del teatro di Wagner. Puccini, che forse aveva già visto Rienzi e Lohengrin a Milano nel 1884 e nel 1888, certamente assistette a Parsifal e ai Maestri cantori di Norimbergaa Bayreuth nel 1888, insieme con Fontana. L’anno dopo tornò a Bayreuth, dove riascoltò Parsifal e forse conobbe il Tristano: in più, Ricordi l’aveva incaricato di effettuare cospicui tagli per la progettata ‘prima’ italiana dei Maestri cantori. Il lavoro alla versione italiana di quest'opera lasciò una netta impronta su Manon Lescaut: ne risultò un melodramma non soltanto migliore dei due precedenti, ma anche profondamente diverso, di fatto il primo che presenti ben riconoscibili certi tratti caratteristici del linguaggio musicale pucciniano. Eppure l’approntamento del libretto suscitò difficoltà enormi. Praga si disgustò ben presto del lavoro, seccato per le mille modifiche pretese dal musicista; Ricordi in persona mise mano alle cospicue modifiche della struttura drammatica, e con lui Ruggero Leoncavallo, l’amico di Puccini proprio allora indaffarato nella composizione della sua prima opera di successo, Pagliacci; soprattutto intervenne un autore del tutto nuovo, Luigi Illica, impegnato in parallelo nella stesura di altri libretti, ma tutto sommato anch'egli un neofita nel genere melodrammatico. Questo ginepraio di coautori comportò infine un compromesso tra tanti partner litigiosi: per decenni, i libretti a stampa e gli spartiti di Manon Lescaut pubblicati da Ricordi uscirono senza alcun nome di librettista (donde i frequenti errori di attribuzione che fino a oggi affliggono la letteratura critica e le locandine teatrali). Manon Lescaut fu creata al teatro Regio di Torino il 1° febbraio 1893, con buon successo di pubblico e di critica. Ma lì per lì nessun altro teatro la volle riprendere. Puccini dovette seriamente chiedersi se la carriera dell’operista facesse al caso suo, e rimise mano a partiture giovanili come la Messa e il Capriccio sinfonico per poterle riproporre in sala da concerto. Ma d'improvviso Manon Lescaut divenne un successo commerciale: nel giro di un anno l’opera fu data non soltanto nei principali teatri italiani, ma anche a Buenos Aires, Rio de Janeiro, Amburgo, Budapest e Londra, dove George Bernard Shaw, in un’ampia recensione su The World, celebrò Puccini come la più grande promessa per il futuro dell’opera italiana. Già nell'estate del 1891 Puccini aveva affittato un appartamento a Torre del Lago, sulle sponde del lago di Massaciuccoli, a pochi chilometri da Lucca. In questa località prese dimora stabile, e ci risiedette fino a poco prima di morire. Per la prima volta poté trascorrere gran parte del tempo accanto alla propria (sempre ancora illegale) famigliola, al riparo da rampogne morali e religiose; e grazie al successo internazionale di Manon Lescautfu considerato un uomo importante. Il marchese Carlo Ginori, proprietario del lago e di vasti appezzamenti all’intorno, gli concesse di andarvi liberamente a caccia: era lo hobby preferito del musicista, il quale poté altresì acquistarsi la sua prima bicicletta; altre ne comprò dipoi, finché nel 1901 Puccini fu uno dei primi italiani a permettersi il lusso di un’automobile privata. Immediatamente dopo la ‘prima’ di Manon Lescaut Puccini e Illica si misero al lavoro sull’opera successiva, La bohème, basata sulle Scènes de la vie de bohème di Henry Murger, il feuilleton (1845-49, poi mutato in commedia nel 1849 e in romanzo nel 1851) incentrato sulla vita scapigliata, deliziosa e terribile di un gruppo di giovani artisti parigini squattrinati. Come secondo collaboratore letterario fu mobilitato da subito Giacosa: fu l’avvio del team di librettisti a cui si devono le tre opere più popolari di Puccini. Ma non mancarono le difficoltà: Leoncavallo, amico della prim’ora, dichiarò pubblicamente che stava già componendo un'opera dello stessissimo contenuto, e che Puccini gli voleva soffiare il soggetto. In effetti, sebbene la vicenda non sia mai stata chiarita fino in fondo, c’è qualche indizio che Leoncavallo sarebbe dovuto essere il librettista della Bohème di Puccini e che ne avesse già steso un brogliaccio, ma poi Puccini gli avrebbe preferito Illica e Giacosa (La bohème di Leoncavallo andò in scena alla Fenice di Venezia nel 1897). Lo stesso Puccini titubava. A libretto ormai ampiamente abbozzato, buttati giù i primi schizzi della musica, nell'estate del 1894 andò in Sicilia a incontrare Giovanni Verga: con il famoso letterato esaminò il progetto di un'opera tratta dalla novella La lupa. Verga era l’autore di Cavalleria rusticana, la novella su cui si basa l'omonimo atto unico di Mascagni (1890), che trionfava allora nei teatri del mondo intero. Può darsi che Puccini, sempre ancora incerto circa il proprio stile personale nonostante il successo di Manon Lescaut, accarezzasse l’idea di ricollegarsi al filone verista, allora in auge. Ma al ritorno il lavoro sulla Bohème riprese speditamente: in una lettera del 13 luglio 1894 Puccini comunicò a Ricordi di avere accantonato per il momento La lupa e di essersi messo alla composizione dell’opera programmata. Al solito però i guai con il libretto non erano finiti. Come già per Manon Lescaut (e poi per Madama Butterfly), Puccini pretese il taglio di un intero quadro già scritto (il terzo, con la scena dello sfratto e del ballo in cortile), in barba alle proteste dei due librettisti. La composizione dell’opera giunse infine in porto nel dicembre del 1895, solo sei settimane prima del varo, che ebbe luogo il 1° febbraio 1896 di nuovo a Torino sotto la bacchetta del giovane Arturo Toscanini, che da allora Puccini considerò il miglior direttore delle proprie opere, se non addirittura l’unico davvero all'altezza. La bohème ebbe immediato successo di pubblico, non di critica. Si manifestò qui una divaricazione che caratterizzò poi, e in una certa misura caratterizza tuttora, la fortuna di Puccini. Ancor oggi, e non è un caso, questa è l’opera più spesso rappresentata di Puccini. La partitura esibisce un’inaudita scioltezza nell’articolazione, unita a un'estrema rifinitura nei dettagli. Un tale effetto di semplicità presuppone un immane sforzo compositivo. Il che spiega l’immensa pena che Puccini si diede per ciascuna delle sue opere: la lunga ricerca di un soggetto adatto; i mesi o gli anni di lavorio sul testo verbale insieme con i librettisti; infine, nell’arco di anni, la stesura della composizione musicale, spesso destinata a subire incisive modifiche dopo la ‘prima’. Nel giro di un anno La bohème venne ripresa in due dozzine di teatri italiani, e l’anno dopo in quasi altrettanti teatri stranieri. A molti allestimenti assisté Puccini stesso, per assicurare un sufficiente livello all’esecuzione: non solo nei maggiori teatri del Regno, ma anche a Manchester, Berlino, Vienna e Parigi. L'esito economico fece definitivamente di Puccini un uomo ricco. Abbandonò le case in affitto e poté costruirsi una villa propria a Torre del Lago, indi un’altra villa a Chiatri, in collina, per la villeggiatura estiva. Le due costruzioni furono entrambe completate nell’anno 1900, poco dopo il varo (Roma, 14 gennaio) dell’opera seguente, Tosca, tratta dal dramma di Sardou, secondo un progetto covato da anni e poi sempre procrastinato. Anch'’essa trionfò immediatamente nei massimi teatri d'Italia, d'Europa e delle due Americhe. Morto Verdi, ai primi del 1901, Puccini era ormai indiscutibilmente il compositore più acclamato d'Italia. Nel febbraio del 1900 Puccini avviò con una certa Corinna una travolgente relazione amorosa che, durata più di tre anni, fu avvertita, non solo in famiglia ma anche tra gli amici e i collaboratori, come una grave minaccia umana e artistica. C'è voluto più di un secolo per accertare l’identità della ragazza: al momento dell’incontro con il musicista quarantunenne la torinese Anna Maria Coriasco, sarta, figlia di un panettiere, aveva 18 anni e una fama non irreprensibile. Assillato dai parenti e dagli amici, che durante la lunga degenza seguita a un grave incidente automobilistico del febbraio 1903 lo spronavano viepiù insistentemente a legalizzare il quasi ventennale rapporto con Elvira, Puccini si risolse infine a interrompere la relazione con la giovane. Il matrimonio, reso possibile dal decesso del primo marito di Elvira nello stesso 1903, fu infine celebrato il 3 gennaio 1904. La separazione da Corinna non avvenne senza violenti scontri; furono ingaggiati degli investigatori privati, e probabilmente il musicista pagò l’amante in cambio della restituzione delle proprie lettere d'amore. Poco dopo, il 17 febbraio 1904, la Scala diede la nuova opera di Puccini, Madama Butterfly. Il lavoro su di essa era iniziato a metà del 1900, quando il compositore vide a Londra il dramma omonimo che David Belasco, drammaturgo statunitense in auge nei teatri di boulevard, aveva tratto da un racconto di John Luther Long. Ad affascinare Puccini non fu soltanto lo struggente dramma umano della giovane giapponese sedotta e abbandonata da un ufficiale statunitense senza scrupoli, bensì anche l'ambientazione esotica, di gran moda in quel momento in Europa. Si decise dunque presto ad affrontame la composizione, ma ancora una volta l'elaborazione del libretto, di nuovo con Illica e Giacosa, richiese un tempo infinito. La ‘prima’ si risolse in uno dei più famigerati ‘fiaschi’ teatrali, probabilmente scatenato da una claque organizzata dal concorrente di Ricordi, Sonzogno. La sera stessa Ricordi, Puccini e i librettisti ritirarono l’opera, gli autori ci lavorarono su, e con la seconda première, poco più di tre mesi dopo a Brescia, riscossero un successo travolgente, che dura tuttora. Gli anni seguenti furono assorbiti in impegni di varia natura: ulteriori importanti ritocchi a Madama Butterfly, fino alla versione (provvisoriamente) definitiva del 1907; lunghi soggiorni all’estero (nel 1905 in Argentina, nel 1906 a Parigi, nel 1907 e 1910 negli Stati Uniti, nel 1908 in Egitto, e ogni anno a Londra); e la lunga ricerca di nuovi soggetti operistici, da Victor Hugo a Maksim Gor'kij, da Alphonse Daudet a Oscar Wilde, da Lev Tolstoj a Gabriele D'Annunzio. I ripetuti tentativi di collaborazione con quest’ultimo, tutti abortiti (l’ultimo nel 1912-13), confermarono la fondamentale estraneità di Puccini alle poetiche decadenti. Nell’anno dei primi allestimenti della Butterfly Puccini fece la conoscenza, a Londra, di Sybil Seligman, che divenne poi la sua amica e consigliera più fidata: figlia d'un facoltoso imprenditore ebreo, sposata con un banchiere londinese, allieva di canto di Paolo Tosti, ch'era amico di Puccini, sull'arco degli anni la Seligman suggerì al musicista vari soggetti letterari adatti al teatro d'opera, ma nessuno fu accolto. Dopo molte esitazioni nel 1907 Puccini si decise per un altro dramma di Belasco, The girl of the golden West; il libretto fu steso da una nuova accoppiata di autori, Carlo Zangarini e Guelfo Civinini. La fanciulla del West fu creata il 10 dicembre 1910 al Metropolitan di New York. Durante il lavoro all’opera nuova Puccini si trovò ad affrontare la più grave di tutte le sue crisi personali. Ai primi del 1909 Doria Manfredi, domestica in casa Puccini, si suicidò dopo che Elvira l’ebbe pubblicamente accusata di intrattenere una relazione con il marito. Puccini patì pesantemente per lo scandalo, nel quale peraltro non ebbe (a quanto pare) colpe dirette. Si separò dapprima dalla moglie, ma si adoperò per tutelarla dalle pesanti conseguenze penali del suo gesto: in primo grado fu infatti condannata al carcere per calunnia (e dunque indirettamente incolpata di aver provocato la morte di Doria), ma Puccini convinse i parenti della giovane a ritirare la querela, non senza corrispondere loro un ingente indennizzo. I coniugi si riconciliarono in capo a pochi mesi, senza che tuttavia il loro rapporto si ristabilisse mai più del tutto. Fatto sta che Puccini dovette sentirsi a modo suo giustificato nell’intrecciare, di lì a poco, una nuova liaison, con la baronessa tedesca Josephine von Stengel, di quasi trent’anni più giovane. A più riprese incontrò la donna, maritata a un ufficiale bavarese dal quale aveva avuto due figlie, a Monaco di Baviera; con lei andò in incognito ai Festspiele di Bayreuth e fece vari viaggi, clandestinamente. Nel 1913 Josephine divorziò dal marito, nell’idea, probabilmente instillatale dallo stesso Puccini, di poterlo sposare; dopo l’entrata in guerra dell’Italia (1915) si stabilì con le figlie a Lugano, per poter incontrare Puccini in territorio neutrale. I frequenti viaggi di costui in Svizzera indussero i servizi segreti militari italiani a sorvegliarlo per sospetto spionaggio; ed Elvira lo venne a sapere. Subito dopo la fine del conflitto Puccini interruppe infine, per ragioni ignote, questa che fu, salvo il matrimonio, la più lunga di tutte le sue relazioni amorose. In questo periodo videro la luce due nuove opere. Subito dopo la ‘prima’ della Fanciulla del West era ripresa la consueta ricerca del soggetto adatto, e alcuni progetti furono accarezzati a lungo per poi venir rifiutati. Solo ai primi del 1913 Puccini decise di comporre l’atto unico La Houppelande di Didier Gold, dato a Parigi l’anno prima. In tal modo ripescò l’intendimento, già affiorato nel 1904, di concepire una serata articolata in più atti unici. All’epoca il progetto prevedeva tre racconti di Gor'kij, ma Giulio Ricordi si era recisamente opposto. L'editore, amico paterno del musicista e suo massimo consulente artistico, era morto il 6 giugno 1912, e non sarà un caso che subito dopo Puccini abbia rispolverato la sua vecchia idea. L'incarico del libretto della nuova opera, Il tabarro, dopo altri tentativi venne affidato di nuovo a un autore alle prime armi nel genere operistico, Giuseppe Adami. Ci vollero ancora vari anni prima che si trovassero gli altri due soggetti e si completasse il cosiddetto Trittico, varato al Metropolitan il 14 dicembre 1918. I libretti di Giovacchino Forzano per Suor Angelica e Gianni Schicchi sono i soli che nella produzione di Puccini non si rifacciano a una fonte letteraria in piena regola (anche se beninteso il personaggio di Schicchi è preso dalla Divina commedia, Inferno XXX, 32). Ancor prima di ultimare il Trittico, Puccini scrisse un’altra opera, su richiesta di due editori e imprenditori teatrali viennesi, Siegmund Eibenschiitz ed Emil Berté, che gli commissionarono un’operetta offrendogli un onorario cospicuo. Dopo lunghe discussioni sulla forma da dare al libretto e sulla distribuzione dei diritti, a metà del 1914 Puccini si accinse a comporre La rondine. Basato su un abbozzo di uno dei principali librettisti di Franz Lehdr, Alfred Maria Willner, il libretto fu steso di nuovo da Adami, non senza rilevanti modifiche. Poiché Tito Ricordi, figlio e successore di Giulio alla testa della casa editrice, dissentiva sia dalla scelta del soggetto sia dalla spartizione dei diritti, per la prima e unica volta Puccini cedette l’opera a un editore diverso, ossia al concorrente Sonzogno. Impreviste difficoltà sorsero con la dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria- Ungheria nel maggio del 1915: i committenti viennesi dell’opera erano ormai diventati dei nemici. Puccini e Sonzogno dovettero lungamente negoziare perché costoro acconsentissero a crearla fuori dall'Austria: la ‘prima’ ebbe infine luogo il 27 marzo 1917 a contro di lui, e nel ‘64 gli viene nuovamente negato il Prix de Rome. In questo periodo lavora, oltre che a musiche da camera, sinfoniche e chiesastiche, anche ad opere teatrali, che non saranno però eseguite che alcuni anni dopo la composizione, né avranno del resto durevole favore: La Princesse jaune e Le timbre d'argent. Migliore la sorte delle altre musiche, tra le quali una cantata Les noces de Prométhée riporta il premio nel concorso indetto nel 1867 in occasione dell'esposizione universale di Parigi. La sua notorietà di compositore e di pianista va diffondendosi anche oltre i confini di Francia, grazie alla stima da lui meritatasi presso maestri come F. Liszt, A. Rubinstein e perfino presso Wagner. Un passo decisivo verso posizioni più propizie alla fortuna della propria carriera artistica è compiuto dal S.-S. nel 1871 col partecipare alla fondazione di quella Société nationale de musique che da allora costituirà il centro più importante della nuova vita musicale francese, sostenendo le opere non solo del S.-S. ma di tutti i sinfonisti allora osteggiati come astrusi novatori, e riuscendo a migliorare notevolmente il gusto musicale del pubblico. Più difficile la conquista dei teatri parigini: le prime opere non giunsero ad esecuzione se non dopo molti anni, mentre il capolavoro drammatico del S.- S., Samson et Dalila (su libretto di F. Lemaire), rifiutato a Parigi, era rappresentato a Weimar sotto la direzione di F. Liszt (per interessamento del quale l'opera era stata portata a compimento) nel 1877. Erano stati intanto composti molti lavori non teatrali, tra i quali i poemi sinfonici Le rouet d'Omphale, Phaéton, Danse macabre, La jeunesse d'Hercule, i primi quattro concerti per pianoforte, il primo concerto per violino e il primo per violoncello, oltre varie pagine da camera, da chiesa, ecc. S.-S. è già da allora tra i più celebri maestri francesi. Inviti ed onori gli vengono dall'Inghilterra, dalla Germania, dall'Austria, dalla Russia, e questi paesi egli visita in giri di concerti, presentando - ovunque con grande plauso - le sue migliori composizioni. Nell'81 entra all'Institut de France, e vede finalmente aprirsi per le sue opere le porte dei teatri di Parigi. Ai quali egli darà una serie di lavori di ogni genere, dall'opera seria, concepita secondo la tradizione del Grand-Opéra, alla comica, dal balletto alla "scène dramatique" (genere coltivato quasi unicamente dal S.-S.), i quali, accolti tutti con rispetto, alcuni (Henry VIII, del 1883) con viva ammirazione, non sapranno però raggiungere la solida fortuna del Samson, mentre il cammino del sinfonista, ancora ascendente, raggiungerà la sua maggiore altezza nella II Sinfonia in do minore, del 1886. L'attività del compositore, unita a quella dell'interprete (il S.-S. amava prender parte, come solista specialmente ma anche come direttore, alle esecuzioni delle proprie opere), continua così e si svolge assai feconda per molti anni ancora. Di salute non molto forte, il maestro deve però cercare ormai sempre più spesso climi più miti, e tomare nelle terre del Sud, specialmente in Africa. Così negli ultimi anni continuano ad apparire nuove composizioni, specie da camera: quartetti, sonate, ecc., sempre chiare e disinvolte, ma quasi mai si ripresenta il vecchio concertista. Carico di anni e di onori, egli termina in Africa i suoi giorni, durante uno dei suoi abituali periodi di cura. L'arte del S.-S. è stata variamente giudicata nel mondo dei musicisti. Dapprima osteggiata, specialmente in Francia, come espressione d'una mentalità povera di caratteri nazionali, tutta cerebralmente intesa a costruzioni sinfoniche di modello germanico, quest'arte non ebbe che ad attendere un certo miglioramento della cultura musicale dell'ambiente parigino (mercé l'opera della Societé nationale) per vedersi rapidamente alzata a esponente della più alta e più ricca coscienza sinfonica del suo popolo. Tedeschi, Inglesi, Italiani conobbero - tra i sinfonisti di Francia - quasi soltanto l'autore della Danse macabre e della III Sinfonia, mentre il Samson prendeva posto nei repertorî subito dopo il Faust, la Carmen e la Mignon. Ma eran già mature - a questo punto - le condizioni che permettevano l'emersione, quasi si potrebbe dire "la scoperta", della ben più profonda, più solida, più originale figura sinfonica di C. Franck, seguita da una schiera di giovani devoti e agguerriti. Di fronte al quartetto di C. Franck tutta la musica da camera del S.-S. fu giudicata vuota di pensiero e d'interiori ragioni affettive e non molto ricca di interesse architettonico; le grandi composizioni corali-orchestrali non ressero il confronto con le Béatitudes, per ragioni analoghe. Rimanevano cosi non molte pagine: Samson et Dalila, la IN Sinfonia, qualche concerto, ed anche queste non si salvarono dall'accusa di accademica frigidezza. Lo stesso Samsoncominciava del resto a retrocedere, nei teatri, di fronte alle opere - molto più vicine alla sensibilità del pubblico - dell'allievo di A. Thomas: J. Massenet. Da questa parte si trovava l'opera del S.-S. troppo profonda e di natura troppo religiosa per il teatro: si tendeva a respingerla nell'Oratorio. Non si può dire che negli ultimi tempi tale posizione del S.-S. nel mondo dei musicisti e dei pubblici sia molto mutata. Né l'impressionismo d'anteguerra né le varie reazioni antiromantiche dei nostri giorni hanno infatti consentito un ripensamento di tale poetica e di tale prassi. È però possibile, già oggi, notare nell'opera di S.- S. alcuni caratteri generali abbastanza positivi: la naturalezza del discorso musicale (che sembra emulare - e che forse realmente lo può, se si prescinda dal valore umano dei concetti manifestati - quella d'un Mozart); naturalezza che giustifica la prodigiosa fecondità mostrando la musica come lo stesso linguaggio del S.-S. Il che spiega anche la mirabile chiarezza e proprietà di questo discorso, la cui sintassi può agire, pur scevra da ogni esibizionismo, in perfetta sufficienza struttiva. Il compositore si esaurisce spesso in questo suo eloquio, e dà ora nel comune, ora nell'accademico. Ma non mancano nella sua vasta produzione anche pagine in cui il giuoco di questo lucidissimo intelletto con le entità sonore da esso chiamate e poste in rapporto finisce per attrarre anche noi nei suoi concentrici cerchi. E nella III Sinfonia da quei cerchi si vien creando un mondo in cui l'intelletto si supera in tragica pienezza umana. Arte che si può non amare - come è difficile amare quella, pur di tanto superiore ma psicologicamente vicina, di un J.- Ph. Rameau - ma non sempre negare. La delicata fioritura di melodie e di risonanze che si leva intorno a Dalila, l'austera, cupa grandiosità - se non grandezza - dell'architettura della III Sinfonia, l'energica, lucente volontà dei concerti ben possono documentare - meglio che le rapite estasi del grande Franck di Liegi - le qualità positive tipiche dello spirito musicale della Francia ottocentesca. Composizioni: L'elenco completo s'estende a 169 Opere numerate e a una quarantina fuor di numerazione. Tra le principali vanno ricordate: 15 opere teatrali e 7 tra scènes dramatiques, balletti e musiche di scena; 13 fra cantate e oratorî, 3 sinfonie (di 5 composte, 2 sono ripudiate) quattro poemi sinfonici, 5 concerti per pianoforte, 2 per violino e 2 per violoncello, pezzi sinfonici in varie forme: dall'Ouverture alla Rapsodia, dalla Romanza alla Suite, al Capriccio di genere; la Fantasia per 10 strumenti, Le carnaval des animaux (è in questo lavoro, il quadro Le cygne, reso celebre anche per l'interpretazione mimica della danzatrice Anna Pavlova), un Settimino, un Quintetto, due Quartetti, due Trii, molte sonate (di cui le ultime per strumenti a fiato e pianoforte); le Variazioni su di un tema di Beethoven per 2 pianoforti; messe, mottetti, liriche, ecc. Scrisse inoltre saggi di critica musicale (notevole Harmonie et Mélodie, Parigi 1885), di scienze astronomiche, memorie autobiografiche, poesie, commedie ecc. " Leòs Janàcek Musicista di origine ceca (Hukvaldy, Moravia, 1854 - Ostrava1928). Studiò a Praga, Lipsia, Vienna. Fu prof. di composizione e direttore del conservatorio di Brno. Compose molte opere teatrali tra cui: Sarka (1887); Jenufa (o La figliastra, 1904), che è ritenuta la migliore; Destino (1906); I viaggi del signor Broutek (71920); Két'a Kabanova (1921); La volpe astuta (7924); L'affare Makropulos (71926); Da una casa di morti(post., 1930, ispirata a Dostoevskij). Inoltre fu autore di musica corale, orchestrale, da camera. Nella sua produzione, stilisticamente influenzata dagli impressionisti francesi, è fatto largo e geniale uso di elementi etnici moravi. Celebri, tra i pezzi sinfonici, Taras Bulba(1918) e la Sinfonietta (1926). In lui, già vecchio, si riconobbe la giovane avanguardia musicale del suo paese. = Hugo Wolf Un compositore non operista s ‘identifica senza residui in un unico genere musicale. È quello che accadde ad Hugo, voce tra le più emblematiche dell’irrompere della modernità in musica e il Lied. Musicista (Windischgrétz, Stiria, 1860 - Vienna 1903). Studiò con il padre, musicista dilettante, e al conservatorio di Vienna (1875- 77). Fu critico musicale del Wiener Salonblatt (1884-87), rivista per la quale scrisse entusiastiche recensioni a Wagner, Bruckner, Mahler, stroncando ferocemente Brahms e Dvortdk. Dedicatosi completamente alla composizione a partire dal 1887, nel 1892 iniziò a soffrire di disturbi mentali e dopo un periodo di stasi creativa scrisse l'opera Der Corregidor (tratto dalla novella di P. A. de Alarcon El sombrero de tres/">tres picos), rappr. a Mannheim nel 1896 con esito favorevole. Iniziò quindi a comporre una seconda opera, Manuel Venegas, rimasta incompiuta a causa dell'aggravarsi della malattia mentale, che doveva condurlo a tentare il suicidio nel 1898, episodio cui seguì l'internamento in manicomio. L'arte di W. trionfò soprattutto nei Lieder(ne compose circa 300), su testi di Mòrike, Eichendorff, Goethe, Michelangelo e varî spagnoli. Il Lied di W. è caratterizzato da notevole raffinatezza nella scelta dei testi e da una scrittura pianistica di grande originalità e complessità armonica. W. compose anche pagine corali (tra cui i 6 Geistliche Lieder, 1887; la cantata Christnacht, 1886-89), sinfoniche (Penthesilaea, 1883-85; Italienische Serenade, /892) e da camera. = Gustav Mahler Compositore e direttore d'orchestra austriaco (Kalistè, Boemia, 1860 - Vienna 1911). Sensibile interprete di un mondo in crisi e prossimo alla oluzione, M. portò il linguaggio romantico a uno sviluppo estremo, aprendo la strada alla musica del Novecento. Artista dalla personalità problematica, come direttore d'orchestra raggiunse in vita una fama straordinaria, per il suo stile interpretativo nel quale introdusse criteri innovativi nell'orchestrazione, ma anche nella messa in scena e nella regia operistica. La valutazione della sua produzione come compositore fu invece spesso ostacolata da pregiudizi e incomprensioni, tanto che il suo apporto al rinnovamento del linguaggio musicale fu riconosciuto solo dopo il secondo conflitto mondiale. M. compose dieci sinfonie (di cui l'ultima incompiuta), caratterizzate da una ricerca timbrica e strumentale particolarmente innovativa e da una dilatazione fino a dimensioni insolite del numero dei movimenti, della loro durata e dell'organico impiegato; compose inoltre numerosissimi Lieder. VITAAllievo di J. Epstein, R. Fuchs e F. Krenn a Vienna, ove si diplomò nel 1878, iniziò nel 1880a soli 20 anni l'attività direttoriale passando con crescente successo nei maggiori centri musicali europei; fu dapprima direttore del Hoftheater di Kassel, quindi nel 1886 a Praga, procedendo contemporaneamente nella sua attività di compositore che, iniziata con Das klagende Lied, proseguì con un primo ciclo di Lieder, i Lieder eines fahrenden Gesellen (1884) e la prima sinfonia Titan (1884-88). Chiamato a Lipsia per dirigervi un ciclo di opere wagneriane, entrò in piena rivalità con A. Nikisch; passò poi a Budapest (1888-91), quindi ad Amburgo, ove strinse amichevoli rapporti con H. von Biilow, di cui divenne successore nel 1893, avendo tra l'altro tra i primi discepoli Bruno Walter. Nel 1897, nominato direttore artistico del teatro dell'Opera Imperiale di Vienna, destò unanimi ed entusiastici consensi per le memorabili esecuzioni di opere sia del repertorio classico sia di nuovi compositori come Strauss, Wolf e Puccini. È di questi anni il periodo più fecondo della sua attività produttiva: nascono infatti la Quarta, la Quinta, la Sesta, la Settima e l'Ottava sinfonia, oltre a numerosi Lieder. Lasciata Vienna nel 1907, visse gli ultimi anni tra l'Austria e gli Stati Uniti, alternando l'attività di compositore a quella direttoriale, che gli procurò riconoscimenti negli ambienti musicali di tutto il mondo. Opere. Artista dalla personalità problematica, M., che ottenne unanimi consensi per la sua attività di direttore, non vide invece subito riconosciuta la sua opera di compositore, la cui valutazione fu ostacolata da pregiudizi e incomprensioni d'ogni genere. A lungo considerato inattuale, la sua posizione storica andò poi gradualmente chiarendosi nell'ambito della tradizione del sinfonismo tedesco e l'importanza della sua opera cominciò a delinearsi dopo il secondo conflitto mondiale, venendo riconosciuto il suo apporto al rinnovamento del linguaggio musicale. Da allora il giudizio su M. è passato dal riconoscimento dei valori più genuini della sua concezione musicale a un'esaltazione talora eccessiva, restando aperto il problema di una definitiva chiarificazione del vero significato della sua opera, rappresentata da un patrimonio di composizioni ragguardevole, sia per la mole delle singole composizioni sovente caratterizzate da un grandioso dispiego dei mezzi espressivi, sia per gli indiscutibili valori poetici presenti in molte delle sue pagine più ispirate. Restano infatti 10 sinfonie (l'ultima, incompiuta, è stata ricostruita dal musicologo Deryck Cooke), cicli di liriche vocali-strumentali (Kindertotenlieder, Das klagende Lied, Das Lied von der Erde, Riickert Lieder, Des Knaben Wunderhorn, oltre ai già citati Lieder eines fahrenden Gesellen) e pagine minori. Nelle composizioni sinfoniche (ispirate a un oscuro pessimismo, ove, in un drammatico oscillare di sentimenti, la visione ironica e amara dell'esistenza viene a tratti contrapposta a un sommesso e intimo lirismo, che tende a sciogliersi in un malinconico canto di speranza) si rispecchiano i caratteri più eloquenti e sofferti dell'esasperata personalità romantica di M.; in esse peraltro, più che l'originalità o il gusto della tematica, accusate di sentimentalismo e banalità dei temi (accuse che trovarono uno strenuo oppositore in A. Schònberg), si fa ammirare la felicità espressiva e la novità della scrittura orchestrale, caratterizzata non soltanto dall'introduzione di nuovi impasti timbrici, ma della prassi musicale ottocentesca la forma della sonata e della sinfonia, che svelano un linguaggio enigmatico, indipendenti e che non devono legarsi ad alcuna vicenda o ad alcun personaggio, ma permangono nel loro mondo puramente poetico. Altra conseguenza della riflessione schopenhaueriana è l’individuazione d'un ambito proprio della musica, più difficilmente accessibile alle altre arti: ilvasto regno dell’irrazionale. Aggirando il filtro della ragione, la musica vi attinge direttamente, con una capacità di penetrazione dei recessi insondabili della psiche. Per quanto organizzata nella fraseologia di studiate simmetrie, è nella sostanza irrazionale la natura della melodia. Irrazionale è spesso anche l'oggetto della musica romantica: innanzitutto l'ampia casistica della psiche umana, l’intero repertorio delle passioni, indagato con intensità e spregiudicatezza. La produzione pianistica, liederistica, il teatro d'opera assolvono tutti a questo compito fondamentale: lo scandaglio approfondito delle passioni umane, del cuore umano, dei legami di sangue, della gelosia. Il contrasto stridente tra atteggiamenti contrapposti può prendere, in termini meno melodrammatici, anche lavia, sottile e inquietante, dell’ironia. L’ironia romantica, rappresenta uno strumento conoscitivo della realtà che porta alla liquidazione di ogni illusione. Il riso amaro di questa consapevolezza, che la musica mai aveva espresso con tanta sottigliezza e tragicità. Musica e poesia. Il nesso musica-poesia rappresenta la chiave di volta del Romanticismo musicale, da considerarsi in un fascio complesso di rapporti e significati. Il compositore si è acquisito il ruolo del poeta. Dichten “poetare” e componieren “comporre”, sono entrambi sinonimi per il Beethoven che descrisse il proprio lavoro come un dichten e poi esercitata come componierem. ® Tondichtung “poema sonoro”, o “poema sinfonico”, è il nome attribuito al nuovo, cruciale genere strumentale inventato nel cuore del secolo; laddove è Dichtung, la “poesia”, il sostantivo principale, rispetto al quale Ton, “suono”, rappresenta una mera specificazione. È una composizione in un unico tempo associata a un programma di norma letterario. Protesa verso l’espressione di un contenuto emotivo significativo, la musica romantica assume coscientemente il compito di dar voce a quell’insanabile lacerazione interiore individuata dai primi teorici del movimento come carattere distintivo dell’uomo moderno. Lo teorizzò Schlegel nel suo influente Corso di letteratura drammatica , in cui contrappose alla “poesia del possesso” degli antichi, ancorata al presente, quella dei moderni, poesia di desiderio, tra presente e futuro, nessuno dei quali disponibile a una fruizione certa e serena, bensì fonte di inquietudine costitutiva. La musica, lingua primigenia e prerazionale dell'essere umano, si candida a diventare la più autentica di questo idio, in una gamma espressiva che spazia dal canto spiegato alle molte sfumature della malinconia, al quale costruisce un monumento buona parte dell’opera di Brahms. ® La Liederistica, è un altro terreno privilegiato nella musica romantica. Sviluppatosi a metà del Settecento, gratificato dai contributi di Haydn ma soprattutto da Mozart e Beethoven, il canto da camera in lingua tedesca, interpretato di norma da una sola voce con accompagnamento del pianoforte, con il Romanticismo balza improvvisamente al centro della scena compositiva. Una serie di circostanze individuano il Lied come genere romantico per eccellenza: - L’organico ridotto alla coppia vocale-strumentale minima - L’intimo rapporto tra musica e poesia - La possibilità di sonorizzare testi rappresentativi di un’identità culturale e nazionale profondamente sentita Il lied rappresenta l’espressione diretta, quasi priva di meditazioni, del soggetto e delle sue istanze, col vantaggio, rispetto alla letteratura per pianoforte solo, d'uno stimolante cimento con la parola poetica. L'autore di lieder si confronta con una varietà di voci di diverso registro: i grandi autori della tradizione tedesca, Goethe, Schiller, Heine. C'è anche il tentativo di sonorizzare i testi letterari, per provare a restituire un'immagine poetica del mondo. Il compositore coltiva l'ambizione di far poesia però in proprio, tradurre direttamente la realtà in suono senza il sostegno della parola. Poesia senza parole, insomma: fine paradossale e ambizioso coltivato dalla musica strumentale. In questi termini, con il titolo di Lieder Ohne Worte, in italiano “romance senza parole”, si presenta infatti certa produzione pianistica romantica, a cominciare dalle otto raccolte così intitolate di Mendelssohn: composti tra il 1829 e il 1845, questi 48 poemi strumentali, radunati in gruppi di sei, si sostituiscono alla voce umana nell’espressione immediata e coinvolgente del mondo interiore dell’artista, declinata nella formula più prevedibile e schiettamente romantica della melodia spiegata che si libra su un accompagnamento regolare. Al contrario, i “Sogni d'amore” /osztiani sono lieder camuffati, in quanto sono composizioni per pianoforte concepiti per la voce. Musica e società. = L’artista marginale nella società Il ruolo dell'artista si fa più marginale col progressivo venir meno della musica sul piano istituzionale come strumento di prestigio dinastico e su quello privato come disciplina imprescindibile nell’educazione nobiliare. La qualità declina anche sul piano ecclesiastico. A questa crisi nel rapporto col potere e le istituzioni andrà ricondotta la condizione di profondo disagio vissuta dall’artista. All’opera d'arte, frutto secondo una nuova estetica di pura ispirazione individuale, viene così a mancare un interlocutore diretto. » Generi: Musizieren, il Concerto, Musica da Chiesa, Lied, Musica Sacra Per il compositore restano aperte diverse strade, variamente praticate. Prescindendo dal teatro d'opera, che presenta un proprio sistema produttivo specifico, aggiornamento di un'industria dello spettacolo della storia ormai plurisecolare, è possibile proporsi a due diverse platee. Da un lato l’ambito esclusivo dei salotti, nei quali il Musizieren, è pratica privata, preziosa con ascolto perfetto. All’estremo opposto si colloca la grande sala, evoluzione del concerto pubblico settecentesco. Celebrato da un solista con o senza orchestra, o da una compagnia cameristica, il concerto diventa così il rito per eccellenza della società borghese , al contempo status sociale e culto di una tradizione. Si rifondano così complessi orchestrali, che diventano una nuova istituzione borghese ottocentesca. Quest'ultima si afferma nella seconda metà del secolo anche in Italia, col proliferare di Società del quartetto, a cominciare dalla prima, quella milanese, cofondata nel 1864 da Arrigo Boito e Tito Ricordi, al fine di “incoraggiare e diffondere il culto della buona musica con pubblici e privati concerti, particolarmente nel genere del Quartetto e della Sinfonia”. Altissimo è il consumo musicale domestico presso la borghesia ottocentesca, testimoniato dalla vera e propria esplosione, favorita dai progressi tecnologici della stampa, dell’editoria destinata a tale funzione: danze e pezzi cameristici per pianoforte, musica da camera di media difficoltà, trascrizioni, parafrasi. Fuori dalle mura domestiche notevolissima è l’attività di ambiziose orchestre di dilettanti, le “filarmoniche ”, come quella in cui Verdi mosse i primi passi a Busseto. Fiorente è la pratica del canto corale, che affondano le radici in una tradizione risalente al medioevo. La pratica del Lied corale, investito nei paesi di lingua tedesca, si riflettè nell’ambito della musica da chiesa, riformulata, con slittamento graduale ma decisivo, nei termini di “musica sacra”. I soggetti religiosi rimangono un riferimento per i compositori. La destinazione di tali lavori è di norma la sala da concerto, perciò non si può parlare appieno di musica da chiesa. Uscita dalla chiesa, la musica sacra romantica si propone come rito laico ma non meno significativo tanto per i destinatari quanto per gli autori: la musica sacra è investita di una pathos soggettivo autentico, che si muove tra due poli: da un lato il recupero dello stile antico palestriniano (=lingua latina, polifonia esclusivamente vocale, espressione contenuta), sullo sfondo di un quadro teorico precocemente elaborato da Friedrich Thibaut nel tranello “La purezza della musica”, e declinato nella prassi del movimento ceciliano. = Concetto di Nazione, Musica portatrice di ideali Con la musica romantica si fa caro il concetto di nazione/popolo. Tramontato il cosmopolitismo settecentesco, la musica si scopre tra le espressioni più efficaci di quelle caratteristiche che rendono unico un luogo geografico. Storia e natura di un territorio si riflettono nel canto e nella danza popolari, col loro corredo di inflessioni melodiche, peculiarità armoniche e ritmiche che li distinguono dalla musica d’arte. Ex, “Le Danze Ungheresi ”, di Brahms, o “Le Polacche” di Chopin. L'adozione di temi tratti dalla storia patria o dalla cultura nazionale come soggetto di opere e balletti inspessisce la valenza sociale, politica (=Verdi) e portatrice di ideali della musica romantica. = Gusto dell’esotico Si sviluppa parallelamente il gusto per l’esotico, per ciò che risulta lontano dalla realtà del tempo. Virtuosi. I limiti tecnici di strumenti a voce umana non rappresentano un elemento accessorio, ma sono un elemento caratterizzante della musica romantica. Raggiungere e superare il limite, è tendenza della musica romantica, come si è ben visto con Bach e Beethoven. Romantica è infatti la tensione incoercibile a forzare il limite, quel desiderio di varcare il limite che prende il nome di “Streben”. L'impegno del termine “demoniaco” per descrivere esecuzioni prodigiose, che sembrano attingere a esperienze al di là dell'umano per coefficiente di difficoltà tecnica e insieme fascinazione esercitata, non è casuale. L'’incarnazione tipica del virtuosismo strumentale romantico è Niccolò Paganini, violinista genovese che inaugurò la propria carriera folgorante con un concerto al Teatro della Scala il 29 Ottobre 1813. Il virtuosismo strumentale è diffuso in due ambiti differenti: da un lato la dimensione del concerto pubblico, tiro collettivo, dall'altro l'ambito riservato ai salotti, cui è destinata un ‘importante produzione cameristica. In entrambe le situazioni il virtuosismo ha ampio campo. Il virtuosismo romantico non conosce infatti solo la via del gesto atletico sbalorditivo come quelli di Liszt, ma agirà anche in una dimensione più rilassata, con cose NON meno impegnative ma meno appariscenti. Strettamente collegato al virtuosismo strumentale, quasi l’altra faccia della stessa medaglia, è il virtuosismo vocale. Il belcanto italiano esige un ’abilità spericolata, ampiamente condivisa dall'opera francese e tedesca. Il TOPOS melodrammatico della scena di FOLLIA, luogo in cui si approfondiscono i recessi più segreti e intimi della psiche, il virtuosismo conferisce intensità drammatica alla situazione, trasmettendo al pubblico la tensione, il brivido. L'evoluzione del linguaggio. La rivoluzione romantica incise anche sui principali parametri della scrittura (melodia, armonia, timbro), così sulle forme, sulla mappa, sulla gerarchia dei generi. La melodia, depositaria del suo messaggio del pezzo, della sua “tinta” diceva Verdi, caratteristica, si accampa in tutta evidenzia. La memorabilità dell'elemento melodico è la base strategiche di intere composizioni. Il carattere appassionato del melos romantico cela in realtà una logica costruttiva ferrea e proprio per questo puntualmente efficace. In campo sinfonico, e strumentale in genere, si attinge a tecniche di elaborazione motivica ed elaborazione a INTARSIO, di ascendenza classica, da cui si sviluppa una concezione di melodia sofisticata, che non si limita a un’unica voce ma si estende a una molteplicità di parti della compagnie orchestrale, coinvolgendo altezze e timbri diversi. Rispetto alla melodica classica la sintassi è organizzata per frasi più articolate. Una tale concezione è alla base della teoria della melodia infinita di Wagner. Nell'’estetica musicale romantica un ruolo ancor più significativo è attributo alla dimensione verticale della musica, ovvero all’armonia, la cui considerazione altissima si tradusse in sviluppi decisivi. <<La musica si offre come trasposizione sonora di un inarrestabile flusso di passioni>>, cit. Wagner. Il paesaggio sonoro romantico è segnato in profondità da una non meno rilevante rivoluzione timbrica che conosce soprattutto due direzioni: l'ampliamento delle risorse strumentali e l’amalgama di timbri. > l'orchestra si appropria di nuovi strumenti, e fa trasparire quelli che prima erano lasciati all ‘ombra. I progressi dei fiati, di fatto, si svilupparono a Parigi con una meccanica che potenziò gli strumenti settecenteschi. Per quanto debitore verso i procedimenti del sonatismo classico, il Romanticismo persegue anche una propria, specifica concezione della forma: la forma della sonata, perde la sua centralità prevista da Beethoven. Alle caratteristiche della forma sonata il compositore romantico contrappone due tendenze diverse. Da un lato la predilezione per il pezzo breve, soprattutto pianistico, che acquista all improvviso un’imprevista dignità estetica. Di breve durata, spesso in forma ternaria A-B-A. Per un altro verso, la ricerca romantica si orienta verso la FORMA CICLICA, che organizza il tempo tramite il ritorno di un motivo fondamentale, dell'idea chiave. Parallelamente subisce una metamorfosi la MACROFORMA, che prova ad abbandonare la scansione per tempi rigorosamente separati. Si fa strada contestualmente una corrente Rapsodica, che rispetto alla scansione ordinata e regolare del pensiero sonatistico si organizza attorno al decorso, imprevedibile per definizione, d’un pensiero poetico. ambito ceco. Glinka viaggiò molto, andò a Milano, a Roma, ritornò in Russia, Vienna e a lungo soggiornò a Berlino. Ebbe un'esperienza diretta con l’opera italiana, ma padroneggiò il più aggiornato idioma musicale romantico, come dimostrano i lavori cameristici e soprattutto l'importante, elegante produzione pianistica. L'eredità di Glinka venne prontamente fatta propria da un tessuto culturale molto ricettivo. Dargomyzskij, coetaneo di Wagner e Verdi, rientrato in Russia, mise lo studio del canto popolare e la sperimentazione nella prosodia della lingua russa. Dargomyzskij, lavorò negli ultimi anni a stretto contatto con un gruppo di compositori più giovani, in uno scambio fecondo da cui nacque l'elaborazione di un pensiero attraverso la verità della parola poetica. Stasov battezzò “il club dei poderosi”. Alla guida di questo circolo coagultosi attorno a Dargomyzskij, tramite riunioni pressochè settimanali a cui poi subentrò Balakirev, l’unico musicista di formazione e professione, pianista e compositore prolifico, soprattutto per il proprio strumento. Se Balakirev non si dedicò all'opera, questa rappresentò, con le sue formidabili potenzialità di rappresentazione delle istanze di lingua, storia e cultura della patria, un impegno primario per gli altri Cinque. Musorgskij, rappresenta anche la parabola creativa, scrive un romanzo che racconta dell’affascinante vita sregolata e geniale, costantemente minacciata dall’alcol e sempre pronta a concepire e interpretare nuovi progetti degli amici e di Balakirev innanzitutto. = La Scandinavia La storia musicale dei paesi scandinavi risente fortemente dell’influsso italiano e ancor più di quello tedesco. Il contesto internazionale, e segnatamente il rapporto con la Germania, costituisce il tratto distintivo dello svedese Berwald, anch'egli discendente d'una famiglia di musicisti tedeschi, violinisti come Gade, attivo a Stoccolma. In Norvegia, gravitante allora nell'orbita culturale danese, Edvard Grieg coniuga al più alto livello aspirazione artistica e carattere internazionale. Nato a Bergen, e formatosi ad Amburgo, si iscrisse al Conservatorio di Lipsia, dove matura una conoscenza del repertorio tedesco, insieme alla percezione della propria estraneità a quella cultura. Fu a Copenaghen che a metà degli anni Sessanta, Grieg individuò la propria strada nella causa del nazionalismo scandinavo. La composizione di romanze da camera occupò per oltre quarant'anni Grieg, che pubblicò 22 raccolte. Le altre voci che accompagnarono Grieg è quella del pianoforte e della liederistica. Vite parallele. - Hector Berlioz - Felix Mendelssohn-Bartholdy - Fryderyk Franciszek Chopin - Robert Schumann - PetrIl’ic Cajkovskij HECTOR BERLIOZ. Musicista francese (Còte-St.-André 1803 - Parigi 1869). Iniziati gli studî di medicina a Parigi, li abbandonò quasi subito per dedicarsi alla musica; il suo è il tipico esempio di intreccio fra musica e letteratura. Nel 1826 entrò al conservatorio quale alunno regolare. Nel 1829 compose le Otto scene del Faust, la Sinfonia fantastica. Nel 1830 ottenne il Prix de Rome, che non gli diede grandi soddisfazioni: egli non intende né ama Roma, né la musica italiana del tempo, a Roma conosce Mendelssohn; non gusta se non il contatto coi contadini e il paesaggio, che veramente lo esalta e che ritornerà in pagine di Harold e del Cellini. A Parigi, dove rientrò nel 1832, ritrovò un'antica amante, l'attrice H. Smithson, che l'anno dopo sposò. Mediocri i risultati dei primi concerti da lui organizzati; migliori, anche finanziariamente, quelli dell'attività critico-musicale da lui svolta per l'Europe littéraire, la Gazette musicale, il Journal des Débats. Nel 1836 fu incaricato dal ministro dell'Interno di scrivere un Requiem, e la gigantesca opera berlioziana fu composta in soli 3 mesi. Autori importanti per lui furono Shakespeare ma soprattutto Virgilio. Virgilio ispirò il progetto più ambizioso, Les Troyens, uno dei lavori più monumentali dell’intera storia dell’opera. Realizzato tra il 1856 e il 1858 ma visto dall’autore solo nella versione abbreviata nel 1863. Concepita in due parti distinte ma connesse, ispirate al II e al IV libro dell’Eneide, l’opera costruisce attraverso non meno di 52 numeri musicali un affresco di drammi collettivi e tragedie individuali, ricorrendo al sublime del soprannaturale come l’incanto. Il suo è un approccio innovativo al teatro musicale. FELIX MENDELSSOHN-BARTHOLDY. Compositore e direttore d'orchestra tedesco (Amburgo 1809 - Lipsia 1847). Figlio del banchiere Abramo (convertito al protestantesimo), visse dapprima a Berlino, dal 1811, poi (con frequentissimi viaggi in Francia, Germania, Italia, Gran Bretagna, ecc >? Eccezionale esperienza formativa.) dal 1835 a Lipsia, direttore del Gewandhaus e del Conservatorio da lui fondato, dove conosce Schumann e Chopin. Fecondissimo e spesso notevole compositore, fin da giovanissimo, scrisse circa 121 opere musicali e molte altre non numerate. Tra le principali, si ricordano le musiche di scena per il Sogno d'una notte di mezza estate, Atalia, Antigone, Edipo a Colono; le ouvertures La grotta di Fingal, op. 26, La bella Melusina, op. 32, ouverture detta delle Trombe, op. 101; 5 sinfonie (I, op. 11, II, con voci: Lobgesang, op. 53; III, Scozzese, op. 56; IV, Italiana, op. 90; V, detta della Riforma, op. 107); 2concerti per pianoforte, op. 25 e 40, e 1 per violino, celeberrimo, op. 64; 2 oratorî, Paulus, op. 36, ed Elias, op. 70; 1 ottetto, quintetti, quartetti, trii, 1 sestetto e molte altre pagine da camera; Rondò capriccioso, Romanze senza parole, Variazioni, ecc. per pianoforte solo. FRYDERYK FRANCISZEK CHOPIN. Musicista (Zelazowa Wola, presso Varsavia, 1810 - Parigi 1849). Figlio di un insegnante francese (di Nancy), Nicolas Ch., e della polacca Justina Krzyzanowska. Precocissimo pianista (allievo di A. Zivny) e compositore (allievo di J. Elssner), iniziò per tempo la pubblica attività di concertista. Dopo qualche soggiorno in patria e fuori (Vienna), si stabilì dal 1831 a Parigi. Rapida fu la sua ascesa alla gloria di pianista e di compositore che non ebbe eclissi nonostante le traversie economiche e le infermità. Dolcezze e angosce d'amore (nelle relazioni con Costanza Gladkowska, Marja Wodzinska e Aurora Dudevanti, cioè George Sand), e rimpianti della patria lontana, allora oppressa dai Russi, impressero nella sua vita e nella sua arte i segni più costanti e più profondi. Il mondo musicale, allorché l'arte di Ch. cominciò a imporsi, era ormai orientato verso il romanticismo; Ch. fu uno dei maggiori creatori della nuova vita musicale. La sua arte, pur delineandosi in forme di classica euritmia, di assoluta solidità costruttiva, si libera completamente da ogni influenza scolastica, volgendosi a manifestare anche nella musica pianistica - fino allora alquanto vincolata dalle tradizioni tecniche del clavicembalo - il nuovo senso romantico, e a valorizzare il colore armonico. F. Liszt, J. Brahms, lo stesso C. Debussy, non sono immaginabili ove si dimentichi la precedenza chopiniana. L'opera di Ch. è quasi tutta destinata al pianoforte e infatti i suoi caratteri richiedono, per la propria emersione, il timbro e le particolari risorse del pianoforte. Con Ch. si rinnovano, di questo strumento, e la tecnica e la scrittura, con i larghi arpeggi, le melodie a larghi intervalli, l'improvviso passare da un'ottava all'altra, il dilagare di tutti i disegni sonori della composizione lungo tutta la tastiera. E, d'altro lato, questi modi stilistici strumentali sono nel tempo stesso modi di composizione: dalla melodia, che in Ch. s'abbellisce di volute, d'arabeschi, si nutre di gradazioni cromatiche, di sottili alterazioni, di larghi intervalli, al ritmo: quel ritmo a vaste ondulazioni (si pensi al "rubato"), che più che dalla battuta è spiegato dal respiro stesso della frase melodica, e che difficilmente sarebbe realizzabile se non nel regno del pianoforte solo; all'armonia infine, che anche più degli altri elementi chiamava tale strumento: Ch. seppe infatti creare un mondo armonico incantato e sognante. I suoi accordi non si riproducono, ma variano per infinite sfumature, le modulazioni giungono di sorpresa e conducono la melodia attraverso tonalità lontane, sprigionando una atmosfera di meraviglia, d'imprevisto: un'armonia che, per vivere, come essa vive, fuori di qualsiasi consequenzialità contrappuntistica, ha bisogno d'essere concentrata nei limiti d'un solo strumento. Le forme preferite da Ch. sono quelle che gli consentono maggiore libertà di movimento: forme, comunque, riconducibili agli schemi della Canzone o della Canzone in Rondò. Le differenze tra Preludi, Notturni, Scherzi, Ballate, Improvvis i, ecc. sono, più che di schema, di carattere, e così si dica anche delle varie danze: Walzer, Mazurke, Polacche, di cui è costellata l'opera di lui. Le Sonate sono rare: le tre per pianoforte solo e i due Concerti per pianoforte e orchestra mostrano del resto (nonostante le loro fulgide bellezze) la legittimità della preferenza chopiniana per le forme libere e per la composizione breve. Se è comune il caso di musicisti che hanno scritto prevalentemente per il proprio strumento, e per sé stessi come interpreti, una simile concentrazione esclusiva è paragonabile a questi livelli di pensiero compositivo forse soltanto, in condizioni difficilmente comparabili, a Corelli. D'altra parte, il caso di Chopin non fa che confermare l’assoluta centralità del pianoforte, il caso di Chopin non fa che confermare l'assoluta centralità del pianoforte quale voce più autentica del Romanticismo musicale, strumento autosufficiente, in grado di dar vita a un microcosmo sonoro compiuto e soddisfare le esigenze espressive complesse d'un artista sofisticato. ROBERT SCHUMANN. Compositore tedesco (Zwickau, Sassonia, 1810 - Endenich, Bonn, 1856). Tra i massimi esponenti del romanticismo musicale tedesco, la sua produzione è improntata ad esprimere una poetica lontana da suggestioni meramente "estetiche" e ispirate da un profondo senso di adesione al carattere etico della poesia. Tale ispirazione si evidenzia in modo particolare nell'opera liederistica e in quella per pianoforte, ma trova un vigoroso mezzo di espressione anche nell'ambito della produzione sinfonica. L'opera musicale di S. è stata raccolta in edizione integrale (31 volumi divisi in 14 serie, 1879-93) presso Breitkopf und Hiirtel di Lipsia a cura della moglie Clara; i suoi scritti critici sono riuniti in Gesammelte Schriften iiber Musik und Musiker (4 voll., 1854). Schumann fu interessato pressochè a tutti i generi del suo tempo, non dovrà nascondere un dato che l’accomuna all’amatissimo Chopin: la centralità del pianoforte. Anni importanti: 1834. Maturazione d'un atteggiamento militante, in cui da inizio al sodalizio artistico della citata Lega di Davide. 1840. Nozze contrastatissime con Clara, figlia di Wieck: esito fausto, reso possibile dalla sentenza d'un tribunale, d’una vicenda protrattasi per un lustro. Quell'anno Schumann ritrova, dopo le remote prove giovanili, la strada del Lied: una produzione torrenziale, oltre 120 titoli in un solo anno dal prodigioso stato di grazia e di pienezza sentimentale “ho tanta musica in me che potrei cantare l’intera giornata”. PETR IL’IC CAJKOVSKIJ. Russia del secondo Ottocento. Compositore geniale e versatile, tra le sue opere più celebri spiccano Eugenio Oneghin(1879) e La Dama di picche (1890). Assai importante è la produzione che dedicò al balletto, di cui È è considerato, sotto l'aspetto musicale, uno dei padri. I suoi capolavori (Il lago dei cigni, 1876; La bella addormentata nel bosco, 1890; Schiaccianoci, 1892), tengono presenti le esigenze coreografiche e ritmiche della rappresentazione, imponendo e suggerendo agli interpreti nuove e ardite soluzioni. Studiò con A. Rubinstein, e si diplomò a San Pietroburgo nel 1865. Fu professore al conservatorio di Mosca. Compì numerosi giri artistici, quale compositore e direttore, in Francia, Germania, Italia e in altri paesi. Tra le sue musiche emergono specialmente le opere Eugenio Oneghin (1879) e La Dama di picche (1890); i balletti Il lago dei cigni (1876), La bella addormentata nel bosco (1890), Schiaccianoci (1892); la musica per La fanciulla di neve(/873); la IV, la Ve la VI (Patetica) tra le sei sinfonie; i concerti per violino op. 35 (1877) e per pianoforte (specie il II, op. 75; 1893). Fu musicista di schietta e generosa natura, non molto disciplinata spiritualmente e piuttosto incline a certa sentimentale eloquenza (soprattutto melodica), oltremodo comunicativa anche per la frequente amplificazione oratoria. Rispetto ai musicisti nazionalisti russi del Gruppo dei Cinque, egli fu il principale esponente della tendenza "occidentalizzante”, anche se i caratteri nazionali sono tutt'altro che assenti nella sua produzione. I suoi lavori sono tuttora popolarissimi: egli è l'autore russo più eseguito in patria, mentre la sua Sinfonia patetica ed anche le Sinfonie IV e V e i Concerti per violino e orchestra e per pianoforte e orchestra sono fra i brani del repertorio sinfonico più frequentemente eseguiti nelle sale da concerto d'Europa e d'America. I suoi balletti sono considerati come pezzi classici del genere e le sue opere teatrali sono state oggetto di rinnovata attenzione da parte della critica internazionale. - L’opera italiana. Gioachino Rossini Compositore italiano (Pesaro 1792-Passy, Parigi, 1868), figlio di un suonatore di corno, Giuseppe Antonio, e della cantante Anna Guidarini, ebbe carriera relativamente breve (1810-29). Rappresenta uno spartiacque nella storia dell’opera italiana; con Rossini terminano alcuni elementi chiave come l’uso protagonista di castrati. Dal 1802 ricevette a Lugo l'insegnamento di G. Malerbi, studiò Haydn e Mozart e compose le Sei Sonate a quattro (1804). Nel 1806 scrisse la prima opera (Demetrio e Polibio, rappresentata nel 1812) ed entrò nel liceo musicale di Bologna, completandovi gli studi (anche di canto) con padre Mattei. Nel 1810, l'opera La cambiale di matrimonio, data al San Moisè di Venezia, fu il primo di una serie di successi che lo imposero sulle scene italiane fino al 1823. Le opere comiche L'equivoco stravagante (1811), La scala di seta (1812), La pietra del paragone (1812) e Il signor Bruschino (1813) sono tra le partiture più rappresentative della prima produzione rossiniana, in cui l'eredità della tradizione della scuola napoletana e, in particolare, di Paisiello si sposa felicemente con l'esperienza formale dei classici viennesi. Il 1813 segnò per Rossini il momento dell'acquisizione della maturità artistica. Nacquero, infatti, due capolavori: Tancredi (=interpretato alla prima veneziana da un contralto donna= ruolo di primo uomo al registro femminile)e L'italiana in Algeri, cui seguì quel grande crescendo qualitativo che va da Il turco in Italia (1814), a Il barbiere di Siviglia (1816), a La gazza ladra e alla Cenerentola (1817), che sono opere buffe. Queste opere costituiscono la conclusione e insieme il momento più alto della storia dell'opera buffa (a parte la precedente e diversa esperienza di Mozart): allargate le strutture settecentesche sino a far loro assumere dimensioni imponenti, l'opera si fissa in due atti (il primo più ampio e complesso, sia formalmente, imiti della satira di sia concettualmente; il secondo liberatorio); i temi vengono approfonditi e sciolti dai costume propria degli autori precedenti, in un'analisi sferzante dell'uomo e della sua dimensione storica; la musica, i personaggi, le scene assumono dimensioni universali. > Perno del sistema di elaborazione è il meccanismo formidabile, applicabile letteralmente a qualsiasi struttura, dall'aria solistica al concertato di fine atto, un meccanismo tripartito: 1. Cantabile (nei Finali: Largo concertato) Tempo di mezzo 3. Cabaletta (nei Finali: Stretta) Il meccanismo soddisfa una duplice varietà musicale e drammatica: introdotto da una scena monologica o dialogica, il meccanismo ora descritto è avviato nei concertati da un Tempo d'attacco cinetico che mette in moto il pezzo con uno stile di canto poco connotato, su un accompagnamento orchestrale tematicamente e ritmicamente incisivo. La situazione è argomentata dal momento lirico dell’Adagio 0 Cantabile, luogo di libera espansione del sentimento o dello stupore più attonito. Al successivo Tempo di mezzo spetta il compito di fornire la motivazione drammatica del cambio di vista dell'umore dei personaggi, che giustifichi il passaggio al registro espressivo. Le sezioni dispari, sono condotte da uno stile parlante; le sezioni pari, seguono la Lyric form. Negli stessi anni, la produzione seria, dopo Tancredi, si arricchì con Elisabetta regina d'Inghilterra (=la cui prima donna, Isabella Colbran, sposerà)(1815), Otello (1816), Armida (1817), Mosè in Egitto (1818), Ricciardo e Zoraide (1818), Ermione (1819), La donna del lago (1819), Maometto II (1820) e Zelmira (1822), opere in cui è sostanzialmente mantenuta la fedeltà agli schemi settecenteschi, pur nella dilatazione delle forme e nelle controllate aperture romantiche. Con Semiramide (1823), dove la perfezione formale giunge al massimo grado, Rossini concluse il periodo cosiddetto “italiano” (non privo di burrascose prime, come quella del Barbiere), che lo aveva visto lungamente impegnato con l'impresario Barbaja a Napoli e durante il quale aveva sposato (1822) il celebre soprano Isabella Colbran. Dopo una permanenza a Vienna (1822) e a Londra (1823-24), si stabilì a Parigi, dove rimase fino alla morte. Accogliendo prudentemente certi postulati romantici, in un ulteriore approfondimento drammatico e in grandi aperture verso le forme teatrali francesi (ma pur sempre radicato in tradizioni di stampo italiano), Rossini dette alle scene parigine una serie di opere a volte originali a volte tratte da precedenti lavori italiani ampiamente rimaneggiati: Le siège de Corinthe (1826, da Maometto II), Moise et Pharaon (1827, da Mosè in Egitto), Le comte Ory (1828; Il conte Ory), prima opera interamente francese, e, da ultimo, Guillaume Tell (1829), grand-opéra in quattro atti, sorta di sintesi estrema del mondo fantastico rossiniano. Dopo il Guglielmo Tell, pur acclamato e ancora giovane, prese la decisione di abbandonare il teatro, cosciente di non poter accettare integralmente i nuovi orientamenti estetici. Rotti i rapporti con la Colbran, alla morte di lei (1845) sposò Olimpie Pélissier, cui era legato dal 1832. Frattanto, superata una malattia nervosa, aveva già iniziato quell'attività creativa semiclandestina che rivelerà alla fine staordinari valori, come risulta dai quattordici fascicoli dei Péchés de vieillesse, pezzi vari da camera in cui convivono reminiscenze del passato, ironici adeguamenti al presente, inquietanti aperture verso il futuro. Da queste esperienze “private”, ma sostanzialmente legate ai più vivi fermenti contemporanei, nasceranno gli ultimi due grandi lavori: lo Stabat Mater (1841) e quella Petite messe solennelle (composta nel 1863, ma ipa alcune soluzioni estetiche mo, anti orchestrata nel 1867), vero capolavoro che, scavalcando il romanti e formali proprie del Novecento. _ Il teatro rossiniano > belcanto, perno del teatro serio quanto buffo. È di matrice settecentesca, ma patrimonio artistico dell’opera italiana. Scrittura virtuosistica, ornamentazione della melodia, approfondimento del registro intermedio. Autore di trentanove opere teatrali, delle musiche di scena per l'Edipo a Colono (nella traduzione di G. Giusti), di ventitré cantate e di altra musica vocale-strumentale sacra e profana, di pezzi da camera e per pianoforte (tra cui i celebri Album pour les enfants adolescents e Album des enfants dégourdis), Rossini rappresenta, al di là delle deformazioni che ne sono state fatte nel sec. XIX, l'ultimo vertice e la sintesi delle esperienze operistiche settecentesche e il loro superamento in una direzione tanto più originale quanto più laterale e indipendente rispetto al filone principale del Romanticismo europeo. È indubbio che l'ambito nel quale più profondamente incise sul piano del gusto l'esperienza rossiniana fu quello dell'opera comica; anche se la sua lezione non risultò in pratica suscettibile di sviluppi ulteriori e segnò, di fatto, la fine del genere. Il teatro comico rossiniano si presenta infatti anzitutto come modulazione ironica della struttura operistica buffa settecentesca, che viene privata di ogni adeguazione realistica per essere proposta in una dimensione volutamente convenzionale e paradossale. L'elemento oggettivante e straniante, rispetto all'azione e al libretto, è rappresentato dalla musica, che conferisce all'opera comica rossiniana il caratteristico ritmo incalzante (tale da travolgere i personaggi e da far esplodere come fuochi d'artificio le situazioni sceniche) e insieme esatto e geometrico, nonché la tonalità secca e agra, al limite del cinismo e della crudeltà: non a caso gli sviluppi estremi del teatro comico rossiniano (Le comte Ory) sembrano stabilire un naturale punto di aggancio con l'operetta francese. In un contesto neoclassico, anche più clamoroso sul piano dei risultati stilistici ed espressivi nonché ricco di momenti di folgorante bellezza formale, si collocano le opere serie di Rossini, che costituiscono un'esperienza di straordinario rinnovamento del teatro drammatico e che trovano nel Guglielmo Tell la realizzazione più alta ma anche più isolata e atipica. In quest'opera si ha la fusione irripetibile del clima grandioso ed estroverso del grand- opéra, grondante umori romantici, della purezza tutta italiana del segno vocale e del dionisiaco vitalismo ritmico delle precedenti esperienze buffe. I romantici L’opera italiana conosce nell’epoca romantica una fioritura rigogliosa, data da un'affermazione internazionale. Nei teatri l’attività è organizzata in stagioni, ciascuna caratterizzata da pochi allestimenti, da due a quattro, per i quali si potranno prevedere, in caso di successo, anche molte repliche. Alla Scala sono tre: Carnevale/Quaresima da dicembre a marzo, dal lunedì dell’Angelo a fine giugno, da metà agosto a fine novembre. Le sorti dei teatri d'opera sono affidati alle sorti artistiche e manageriali degli IMPRESARI, che spaziano dalle partiture, al vestiario, all'affitto di materiali da scena etc. Spiccano figure leggendarie come Domenico Barbaia e Alessandro Lanari. I compositori della nuova generazione vogliono dai librettisti soggetti innovativi, aperti al grandioso, in cui la passione si fa dominante, talora annunciato dall impeto della sinfonia; in questa ricerca di soggetti innovativi, la strada si incrocia con il dramma romantico in prosa, proveniente dalla Francia, cui l’opera italiana attingerà per tutto il secolo. Se il melodramma, cioè la tragedia, resta di gran lunga preponderante, non manca la frequentazione dei generi inferiori sul piano gerarchico. La situazione iniziò a mutare con l'Unità, dove gli editori assumono il controllo dei cartelloni dei teatri, il cui pubblico si è ampliato verso la fascia più bassa della popolazione. Giuseppe Verdi Verdi è emblematico perché testimonia l’irrevocabile mutamento del gusto proprio su un terreno. La popolarità di Verdi si costruì per gradi nel corso dei due decenni. Compositore italiano (Roncole di Busseto, Parma, 1813-Milano 1901). La sua prima formazione ebbe luogo a Roncole e a Busseto, grazie alla protezione di Antonio Barezzi che lo affidò a Ferdinando Provesi, e proseguì a Milano con V. Lavigna. Nel 1836 divenne maestro di musica di Busseto e sposò allora Margherita Barezzi (m. 1840), figlia del suo protettore. Nel 1839 Verdi si trasferì a Milano, dove riuscì a far rappresentare alla Scala la sua prima opera, Oberto, conte di San Bonifacio, con un successo che gli valse la commissione dell'opera buffa Un giorno di regno (Milano 1840). L'esito deludente lo indusse a un periodo di riflessione, che si concluse con la composizione del Nabucco e con il suo trionfale successo alla Scala nel 1842. Da allora in pochi anni Verdi si affermò come la figura dominante del teatro lirico italiano. La sua produzione, che va dall'Oberto al Falstaff (1893), abbraccia più di cinquant'anni e in questo ampio arco cronologico, che vede profonde trasformazioni nella situazione della storia e della cultura italiana, delinea una evoluzione straordinariamente ricca e complessa, rivela una capacità di rinnovamento, una disponibilità ad accogliere diversi stimoli e a farli propri, che ammettono pochi confronti. Nella prima fase dell'opera verdiana si è soliti scorgere la voce delle istanze rivoluzionarie del Risorgimento italiano; più precisamente si ravvisa in lui una novità di accento in cui si è riconosciuta per la prima volta, nell'opera italiana, la voce del “quarto stato”. Gli evidenti influssi donizettiani (e nel caso del Nabucco in modo particolare rossiniani, del Rossini delle grandi opere corali, come il Mosè) non impediscono l'emergere di una concezione drammatico-musicale che mira a una violenta, immediata intensità, che afferma l'urgenza di un'incalzante tensione drammatica. Dopo I Lombardi alla prima crociata (Milano 1843) ed Ernani (Venezia 1844), la prima opera scritta con la collaborazione di F_M. Piave, in cui si definiscono alcuni caratteri tipici dell'eroe popolare del primo Verdi anticipando aspetti caratteristici del Trovatore, segue una produzione intensa e febbrile al fine di arrivare al definitivo consolidamento del proprio successo, accettando ogni occasione, in condizioni non sempre favorevoli. Furono anni decisivi per la formazione della drammaturgia del Verdi maturo: fin da ora il compositore definisce un proprio discorso, elementare nell'individuazione dei personaggi, spesso schematico, non alieno da rozzezze (per esempio in certi caratteri bandistici della strumentazione), tutto teso a una vocalità di vigorosa e incisiva immediatezza; un discorso in ogni caso di innegabile originalità e coerenza interna. I due Foscari (Roma 1844), Giovanna d'Arco (Milano 1845), Alzira (Napoli 1845), Attila(Venezia 1846), I Masnadieri (Londra 1847), Il Corsaro (Trieste 1848), La Battaglia di Legnano (Roma 1849) sono il frutto di tali anni. Un discorso a sé richiede Macbeth( Firenze 1847), opera assai più complessa, in cui la fantasia verdiana, stimolata dal testo shakespeariano, giunge a esiti di eccezionale rilievo già nella prima versione del lavoro, in seguito rivisto e in parte modificato per Parigi (1865). Dopo Luisa Miller (Napoli 1849) e Stiffelio (Trieste 1850), opere di grande interesse, soprattutto la seconda, ma in un certo senso di “transizione”, nacquero Rigoletto (Venezia 1851), Il Trovatore (Roma 1853) e La Traviata (Venezia 1853), i tre grandi capolavori che segnano una svolta nella drammaturgia verdiana. L'approfondimento psicologico delle figure dei protagonisti assume ben altro rilievo e originalità e il linguaggio musicale verdiano si rivela ormai compiutamente capace di ricreare mobilissime e complesse situazioni drammatiche, anche articolando formalmente la scena secondo schemi, quando è opportuno, anticonvenzionali. Gli anni immediatamente precedenti a questi tre celebri lavori segnano una svolta anche nella biografia di Verdi: l'agiatezza conquistata insieme con il successo gli consentì di acquistare la villa di Sant'Agata (nel 1848) dove stabilì la propria residenza. Gli fu compagna Giuseppina Strepponi, che Verdi sposò poi nel 1859. Dopo La Traviata l'attività del compositore subì un rallentamento, cui corrispose una ricerca sempre più ampia e meditata. Un importante arricchimento doveva rappresentare la prima esperienza francese di Verdi, il suo primo rapporto con il grand-opéra, quando per Parigi scrisse i Vespri siciliani (1855). E nel 1857 il Simon Boccanegra, sul
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