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Riassunto Regie teatrali, Sintesi del corso di Storia del Teatro e dello Spettacolo

Riassunto del libro Regie Teatrali di Mara Fazio

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

In vendita dal 19/04/2022

LoredanaLimone
LoredanaLimone 🇮🇹

3 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto Regie teatrali e più Sintesi del corso in PDF di Storia del Teatro e dello Spettacolo solo su Docsity! REGIE TEATRALI MARA FAZIO 1. LA MESSINSCENA PRIMA DEL REGISTA La regia (mise en scene) come pratica artistica riconosciuta, il regista come protagonista responsabile dello spettacolo si affermano in Europa intorno al 1870. Fu un processo lento. Primi sintomi quando il testo letterario, la parola e la declamazione perdono la loro centralità assoluta e crescono di importanza l’attività rappresentativa, la dimensione scenica, viva dell’arte teatrale. Il teatro diventa evento immediato. Già esisteva la figura del régisseur, una specie di direttore di scena. Il metteur en scène compare nel corso dell’Ottocento quando lo spettacolo è ormai un’industria, ci sono nuovi strumenti e serve un coordinatore interno. Régisseur  metteur en scène: nasce la regia. È una conseguenza della battaglia romantica per la centralità dell’individuo e l’eliminazione dell’unità di tempo e azione; è un processo continuo e logico, realizzato anche grazie all’approvazione del pubblico. Alla fine del ‘500 si formano compagne di attori professionisti ed entrano in uso il sistema del repertorio e dei ruoli, un sistema molto individualistico e antitetico al sistema fondato sull’armonia degli elementi. Nel ‘600-‘700 all’attore era richiesta la specializzazione e ognuno si esercitava per conto proprio, poco prima della rappresentazione si provava insieme con l’aiuto di un attore-direttore (era il capocomico che spesso ≡ primattore o autore) che amalgamasse il tutto. L’unica mise en scène era la recitazione (il pubblico era ammesso sulla scena). In Francia i generi vengono suddivisi, la spettacolarità e la scenografia diventano una prerogativa dell’opéra, vengono banditi dal teatro di prosa. ‘700 abbiamo la presenza dell’autore alle prove. Dalla II metà del ‘700 esiste il règisseur, un attore anziano ed esperto, responsabile dello spettacolo (“direttore di scena”) che lavorava soprattutto nei grandi teatri pubblici. Un esempio è Moliere. La pratica delle prove si riduceva a pochi giorni prima della messa in scena.  Voltaire fu un protoregista, un direttore teatrale ante litteram, che si interessa non solo del testo, ma anche della sua rappresentazione; le sue tragedie contengono didascalie dettagliate e dirigeva le prove. Dopo aver visto la realtà teatrale inglese viene colpito dall’importanza data allo sguardo, al movimento, alle figure secondarie e dal fatto che gli attori occupavano interamente la scena (fa eliminare il pubblico anche in Francia nel 1759).  Beaumarchais , la sua scrittura stimolò la pratica del metteur en scène, presta attenzione alla rappresentazione e a tutti i suoi aspetti.  Goethe fu direttore del Teatro della Corte di Weimar, in Sassonia. Nel 1803 scrive Regole per gli attori. Fu a suo modo un regista ante litteram dato che nel suo teatro tutto dipendeva da lui: curava le prove ricercando armonia tra le varie parti, un lavoro d’insieme (Zusammenspiel) e cercò di reintrodurre l’abitudine di recitare in versi alessandrini. Fortemente influenzato dalle proprie idee estetiche. Voleva trasferire sulla scena immagini visive in continuo movimento. Scena e regia: cornice e quadro, “ l’attore deve sempre cercare di formare un quadro […] così interpreterà le parti in senso pittorico”. La rappresentazione aveva un carattere della festa. Chiamò a sé Schiller come aiutante e consigliere per creare una drammaturgia idealistica e alta. Con Egemont Goethe intensificò l’attenzione alla scena. Nel 1798 venne inaugurata la nuova sede del Teatro di Weimar con il Wallenstein Lager di Schiller e si tenta per la prima volta di realizzare l’impressione di masse in movimento. Il recitare in versi e l’impressione dle movimento furono il fulcro de I Piccolomini.  Guilbert de Pixérécourt in Francia propone nei teatri popolari i suoi mèlodrame anni 30-40 dell’800, una specie di romanzo in azione, spettacolare (colpi di scena, esagerazioni, effetti speciali, tematiche forti) e con uno scarso approfondimento psicologico, diretto alle masse illetterate. Dà visibilità a ciò che prima veniva raccontato del récit e intuisce l’importanza dell’effetto e dell’aspetto visivo, la scenografia (≠ tragedia), che lui stesso curava insieme agli effetti scenici, il movimento degli attori, la parte musicale, i costumi etc. Il testo era ricco di dettagliate didascalie che davano anche indicazioni psicologiche. Complicava all’infinito le situazioni per attrarre lo spettatore. Inoltre, dedicava una ventina di giorni alle prove che erano tanti all’epoca. Aveva tutte le caratteristiche utili a un regista. Comprese l’importanza della disciplina in ambito teatrale. Aveva chiara l’importanza di unità che è alla base della mise en scene. Il termine mise en scène appare per la prima volta nel 1821 in una critica di un suo dramma relazionato con il teatro popolare. La messinscena era d’altra parte criticata dal teatro più colto, come la Comèdie Francaise, nata per diffondere il teatro classico. Si afferma prima nei teatri popolari, dove contava il parere del pubblico. Negli anni ‘20, grazie anche alla nuova estetica romantica, il barone Taylor, primo administrateur general a comprendere che per salvare il teatro dal suo tracollo, bisognava invece accogliere anche nel teatro alto l’azione e l’effetto spettacolare: il prototipo fu l’allestimento di Léonidas di Pichat nel 1825 in cui curò personalmente la mise en scène.  Hugo e Dumas dal 1830 sognavano un proprio teatro in cui curare la mise en scène. 4. STANISLAVSKIJ DAL “GABBIANO” DI CECHOV AL “SISTEMA” Nel 1898 Stanislavskij fonda con Nemirovič-Dančenko il Teatro d’arte di Mosca, con cui ha l’obiettivo comune di definire, intendere e formulare nuove leggi per il teatro, di incidere sul mestiere prima ancora dell’aspetto estetico; ha già esperienza e ben chiaro il ruolo del metteur en scéne (la sua prima regia è del 1891), anche se non è ancora un gran regista, lo diventerà grazie al contatto con Cechov. Dal 1877 al 1887 fu attore e coordinatore degli spettacoli del circolo Alekseev e per i dieci anni successivi nella Società d’arte e di letteratura da lui fondata. Attraverso Cechov sviluppa un’idea di regia come arte di narrare, illustrare la vita degli uomini. 17 dicembre 1898 va in scena Il gabbiano con il quale si conclude la prima stagione teatrale, dramma che rappresentava le vicende di una famiglia in una casa e nel giardino adiacente, anima lo spazio in ogni dettaglio. Mette a punto la regia come arte scenica sinfonica: il regista è ora un direttore d’orchestra. ≠ Meininger metteva al centro l’ambiente, Stanislavskij si concentra sulla recitazione e sugli attori. Stende un dettagliato quaderno di regia in cui a sinistra è riportato il testo di Cechov, mentre a destra vi è una didascalia (lunga 10 volte tanto) che contiene le sue suggestioni/ indicazioni riguardo: spazio, importanza degli oggetti e della loro manipolazione da parte dei protagonisti, spostamenti degli attori, gesti, intonazione di voce, pause, e, ≠ Antonie, vi sono le sfumature psicologiche e gli stati d’animo dei personaggi. All’epoca gli attori russi erano soliti recitare tipo i tenori, declamando il testo senza viverlo ed erano perciò incapaci di portare sulla scena relazioni reciproche. Stanislavskij per quel che riguarda la componente recitativa, su esempio di Cechov e dei Meininger, crea una trama visiva in perenne movimento, somigliante più al vissuto quotidiano e non al teatro convenzionale e magniloquente: - rende visibile l’anti eroismo senza mai sottolineare le parole del testo, ma utilizzando diverse intonazioni per mostrare tutto ciò che si nasconde tra le righe e dietro le parole. - Gli attori esprimono sentimenti e compiono gesti volutamente slegati dalle battute, parole e gesti si annullano. - C’è una variazione continua delle emozioni. - La recitazione diventa realista. - Atmosfera e stati d’animo sono le parole chiave della rappresentazione. - Si concentra anche sulla partitura sonora: i suoni/rumori servivano per scandire il tempo e a dare idea di ciò che si svolgeva al di fuori della stanza. Utilizza questo metodo anche per gli atri capolavori drammatici di Cechov messi in scena al Teatro d’Arte: Zio Vanja, Tre sorelle, Il giardino dei ciliegi. Nel 1904 con la morte di Cechov, ha inizio una seconda fase in cui Stanislavskij non scrive più quaderni di regia, vuole che sia l’attore a diventare creatore di immagini. Vuole sviluppare la creatività nel lavoro sull’attore e perciò nel 1906 nasce il “sistema”, Stanislavskij diventa un regista pedagogo, che crea un metodo per aiutare l’attore ad arrivare a credere nella verità della scena con la stessa sincerità con cui crede nella verità della vita. L’attore deve essere attore d’arte e non di mestiere, deve provare psicologicamente e fisicamente quello che prova il suo personaggio, ignorare il pubblico, essere concentrato su sé stesso, deve, partendo dall’anima, generare un vero sentimento e un’immagine vera. È un lavoro interiore. Il suo metodo è il seguente: a) Imparare ad avere dominio di sé: imparare a controllare la tensione muscolare e a non distrarsi. b) Concentrandosi, deve assorbire il pensiero e le emozioni del personaggio fino a provarle interiormente, in modo da viverlo e non semplicemente riprodurlo. Teoria dei cerchi dell’attenzione. c) Processo che avviene per gradi. Arriva a capire che grazie alla concentrazione creativa l’attore riesce a risentire inconsciamente un’emozione analoga già provata precedentemente e farla rivivere nel suo personaggio (cfr. Proust) Stanislavskij la chiama “emozione affettiva” conservata dalla memoria affettiva o emotiva. La memoria diventa un vero e proprio strumento, un archivio da cui accedere. Ma il lavoro di introspezione psicologica richiedeva troppo tempo, perciò cercherà di invertire il procedimento partendo dalle azioni fisiche. Distingue tre tipi d’attore: 1. Quello che di mestiere fa uso dei cliché e dei modelli stereotipati di recitazione. 2. L’attore rappresentativo che approfondisce il personaggio durante le prove, ma in scena si limita a riprodurre il lavoro fatto. 3. L’attore che agisce come se per lui tutto ciò che accade sulla scena stesse capitando per la prima volta. Nel 1912 fonda il Primo Studio, un laboratorio teatrale che mostrava i risultati del suo metodo. Lo affida a Sulerzickij. 1916 Secondo Studio. 1918 Terzo Studio, più tardi diventerà Teatro Vachtangov, e sperimenta il suo metodo con i cantanti lirici del Bolsoj. Dal settembre del 1922 all’agosto del 1924 S, si reca in tournée in Europa e negli USA, riscuotendo un clamoroso successo. L’America rimane ferma allo Stanislavskij degli esordi, lui va avanti. Dopo il 1930 ha inizio la terza fase, Stanislavskij mette a punto un nuovo metodo per la costruzione del personaggio, il metodo delle azioni fisiche che ha lo stesso obbiettivo del primo e non lo stravolge; è una tecnica fisica per l’induzione dei sentimenti. L’attore deve farsi un disegno generale del ruolo, individuare le circostanze e scomporre questo disegno, interrogando sé stesso su cosa farebbe lui, attore, se si trovasse in circostanze analoghe a quelle del personaggio; solo attraverso l’azione si raggiungerà la reviviscenza. Ora l’attore deve trovare il sottotesto, il vissuto che sta al di là della parola. Nel sistema è importante l’interazione tra fisico e psichico. Negli stati uniti e nel cinema americano si diffondono le sue idee, mentre in URSS viene identificato come maestro del realismo socialista. Testi che scrive: “La mia vita nell’arte”, “Il lavoro dell’attore su sé stesso”, “il lavoro dell’attore sul personaggio”. 5. APPIA E IL “TRISTANO E ISOTTA” DI WAGNER Appia ha dato il suo contributo alla definizione della regia moderna attraverso la riflessione sul Wort-Ton-Drama di Wagner, l’autore che secondo lui meglio aveva estratto dalla musica la sua espressività. Era affascinato dalle innovazioni del teatro di Bayruth e dalla rappresentazione wagneriana del Parsifal: Stupito dall’orchestra nascosta, la platea ad anfiteatro e il buio in sala durante la rappresentazione; Non lo convincono invece le scene, i costumi e l’uso della luce. Prende coscienza del fatto che i problemi e gli equivoci dipendevano da un’irrisolta realizzazione scenica. Decide di riformare la messinscena a partire dal dramma wagneriano. Come si realizzavano le rappresentazioni wagneriane normalmente: - la scena mirava a creare l’illusione della realtà. - si utilizzavano abbondantemente le invenzioni della meccanica moderna (es: impiego di vapore e nuvole mobili). - cambio di scena a vista per non interrompere la continuità poetica dell’opera e l’unità temporale - i cantanti wagneriani (opposti ai cantanti all’italiana) recitavano in maniera realistica. Il problema principale delle opere di Wagner era il contrasto tra la dimensione metafisica della musica, che trasportava gli spettatori in un mondo ultraterreno con la sua impalpabilità, e quella realistica della recitazione: distorsione tra il sonoro e il visuale. Gli elementi fenomenici predominavano su quelli espressivi. Sul piano visivo e gestuale Wagner rimane prigioniero del realismo illusionista del suo tempo. Dal 1888 Appia decide di dedicare la sua vita alla riforma della messinscena e va a lavorare come volontario in diversi teatri (es: Dresda, Vienna) per poter studiare sul campo. Tra il 1890-1900 produce una vastissima opera teorica e disegna scene per Anello del Nibelungo, L’oro del Reno, La Valchiria, Sigfrido, Il crepuscolo degli Dei, studia l’allestimento di Tristano e Isotta e scrive la musica e la messinscena. Come Craig evidenzia il rapporto tra regisseur e metteur en scene, in polemica con l’eccessiva libertà dell’attore. Con lo studio della messinscena di Tristano e Isotta, cerca di risolvere la distorsione tra visuale e sonoro. L’azione drammatica è un’azione interiore in cui è tematica la lotta tra interiorità ed esteriorità. Il regista deve restituire la visione che hanno gli eroi del dramma, per i quali il mondo è un’allucinazione, ciò per Appia si realizza riducendo il materiale figurativo e sostituendolo con un uso espressivo della luce, capace di creare un’atmosfera astratta. i. atto: abolisce ogni elemento descrittivo e riduce al massimo ogni illustrazione figurativa. Per fuggire dalla realtà Isotta si rifugia nella penombra della sua tenda, che rappresenta il suo mondo interiore, la luce en plein air corrisponde al mondo esteriore. La tenda è simbolo della separazione tra lo spettacolo della vita esteriore e l’espressione del suo mondo interiore. Le diverse componenti del Gesamtkunstwerk concorrono all’unità d’intenzione. ii. Atto: secondo il suo progetto quando si alzava il sipario il pubblico non doveva vedere altro che una grande fiaccola brillare al centro del palcoscenico: Isotta spegneva la fiaccola causando il buio totale e la luce che segna l’arrivo del re Marke appare sul fondo della scena, il mondo materiale riaffiora. Lo spettatore diviene parte attiva. iii. Atto: anche qui la luce, come nel secondo atto, sta ad indicare il mondo materiale e corrotto. Tristano è diviso tra una sensazione di luce che l’inquieta e lo fa soffrire e una sensazione di tenebre che gli sfugge e che lui vorrebbe ritrovare. Per Appia nella rappresentazione tutte le componenti rappresentative che collaboravano alla messinscena (la luce, la recitazione, il movimento egli attori, i costumi ecc.) devono agire in maniera unitaria condividendo la stessa intenzione delle parole e della musica. La scena, ad esempio, non doveva apparire come un oggetto isolato, la scena diventa praticabile. Le idee di Appia erano troppo avanzate per l’epoca e i suoi pioneristici progetti di messinscene furono criticati e respinti. Con il tempo, l’espressione del corpo umano plastico e mobile dell’attore divenne per Appia più importante, anche rispetto alla musica, aveva intuito che bisognava trovare una specie di ginnastica musicale che servisse da intermediario tra espressione musicale ed espressione gestuale, in modo da trasformare il corpo dell’attore in mezzo espressivo. Trova la concretizzazione della sua idea nella ginnastica ritmica di Dalcroze, che conosce nel 1906 e che ispirò gli “spazi ritmici” di Appia (disegni di scene tridimensionali ideali) e la sua terza opera teorica “L’opera d’arte vivente”. La sua fama, infatti, è soprattutto legata alla teoria: “la messa in scena del dramma Wagneriano”, “la musica e la messa in scena”, “l’opera d’arte vivente” in cui propone una scomposizione ulteriore del linguaggio teatrale. Il ritmo diviene fattore fondamentale per il coinvolgimento del pubblico. Con la ginnastica ritmica cerca di ritrovare il punto d’incontro tra corpo e spirito. Espressione di questo incontro furono gli allestimenti di Orfeo ed Euridice, l’annuncio fatto a Maria. 1923 viene invitato al Teatro alla Scala per rappresentare l’opera wagneriana, prima volta. Utilizza il progetto del 1899. L’impianto teatrale della Scala consentiva però possibilità realizzative alquanto inferiori. La prima ebbe luogo il 20 dicembre, rimasero stupiti dalla centralità della luce a discapito della pittura. Fu replicato 5 volte, ma fu un insuccesso. La maggior parte delle sue idee si imposero dopo la sua morte, il suo fu il modello più seguito negli allestimenti wagneriani. Studiando Wagner ha portato alla luce innovazioni e problematiche generali: - Riduzione del materiale figurativo per sostituirlo con l’uso espressivo della luce. - La rivalutazione del corpo umano come strumento espressivo. - L’uso di una scenografia praticabile. 6. CRAIG E IL DIDONE E ENEA DI PURCELL Craig era figlio d’arte (Ellen Terry) tanto che nasce cresce sulle tavole del palcoscenico e per 9 anni fece l'attore acquistando una naturale consuetudine con la pratica e tutti i problemi reali della scena. Nel 1897 scade il suo contratto con il Lyceum di Londra e lascia definitivamente la carriera dell'attore per tornare tre anni dopo come scenografo e regista. Come Appia i suoi studi partono da un'opera musicale e non da un testo letterario, la sua prima messa in scena come regista e Didone ed Enea di Purcell (Purcell Operatic Society), fu rappresento il, 17, 18 e 19 maggio 1900. È significativo che abbia scelto un'opera del 600 anziché un grand opéra. Era una composizione basata su una struttura convenzionale, ciò che contava non era l'intrigo che ha detta di Craig era fiacco, non erano le parole, inutili, ma era la musica, la quale era ampiamente sufficiente e parlava da sola. Decise di rendere il più possibile teatrale. Disponeva di una sala da concerto dotata di una scena semicircolare un gran podio costituito da una piattaforma aggettante e altre piattaforme complementari che sollevavano il fondo. Trasformò la sala in un - palcoscenico teatrale, più largo che profondo, senza celletti e senza quinte limitato ai lati da due teli sospese perpendicolarmente dello stesso colore del fondale. - Spazio scenico praticabile animato dal movimento. - Utilizzo luce elettrica. Costruì un ponte luci che rischiarava il palcoscenico dall’alto. - Uso simbolico della luce e del colore Gli interpreti erano volutamente dei dilettanti. Solo il tenore e il primo ruolo femminile erano dei professionisti. Scelta dovuta alla mancanza di mezzi economici, ma anche per la sua avversione allo star system. Due novità: Tre mesi di prove per tre repliche: idea del teatro come pratica artistica, non commerciale; cura preordinata e dettagliata per ogni aspetto dello spettacolo. Le sue note di regia rivelano una conoscenza artigianale, concreta del mestiere teatrale. Da sua madre ereditò precisione e professionalità applicandole a uno stile teatrale del tutto opposto a quello del grande attore. Insegue una totale inesattezza di dettagli nonostante porti precisione nel metodo e nella chiarezza delle intenzioni. Più che il libretto si ispirava direttamente alla musica traducendo ogni scena dell'opera in un quadro. Fece grande uso del contrasto e del chiaroscuro., quest’attenzione all’elemento visivo deriva dalla sua formazione pittorica. Era influenzato dal movimento simbolista rifacendosi a Turner, a Whistler e agli scopritori dell’arte giapponese, da qui l'insistenza sulla linea obliqua e l'uso simbolico della luce. Intendiamo il suo metodo di lavoro dai suoi appunti di mise en scène: - Non segnava i movimenti e le sue indicazioni di regia sul libretto ma sullo spartito accanto alle note. - lo spettacolo si rivolgeva alla sensibilità dello spettatore non alla sua memoria o alle sue conoscenze; perciò, i quaderni sono privi di indicazioni psicologiche. Erano uno strumento visivo. - Indicazioni sui tempi e sui ritmi scenici che riguardavano interpreti e aspetti tecnici. La scena era un lungo traliccio intrecciato di fiori e piante rampicanti su tutta la larghezza della scena punto al centro il trono della regina il fondale era una stoffa tra il blu e il viola dai contorni invisibili. Nel 1901 fu replicato al Coronet Theatre di Londra con qualche ritocco, Disse di aver dato il via a una rivoluzione nella rappresentazione del dramma poetico; Il tono della tragedia era sostenuto dall'inizio alla fine con grande padronanza, nel colore come nella musica. L'arte dello scenografo trionfava nella scena finale. Per arrivare a una simile perfezione d'arte drammatica è necessario che il regista sia un'artista. Questa regia prelude all'idea di regista come creatore assoluto, bisognava fare del regista un'artista. Il ruolo dell'attore viene ridimensionato a favore dell'equivalenza armonica tra le varie componenti dello spettacolo. Il tratto più evidente era una grande semplificazione del linguaggio espressivo: la scena non doveva più raccontare ma suggerire i significati. Dalla prosa e dal naturalismo si passava alla poesia e al simbolismo. Le condizioni reali della scena inglese lo deludono: nel 1904 va a Berlino dove conosce Isadora Duncan e nello stesso anno collabora con Otto Brahm con cui però non va a buon fine. Avevano una concezione teatrale troppo diversa, Nel 1902 fondò una propria compagnia allestendo anche autori contemporanei come Maeterlinck, andando in cerca di una nuova espressività. Nel 1905: convinse Stanislavskij ad aprire come succursale del Teatro d’Arte un teatro-studio, il Primo Studio, dove: − fece i primi esperimenti con quello che chiamava “teatro convenzionale”: antirealismo, figuratività pittorica, statica tessitura gestuale, assorbimento dell’attore nel quadro scenico. − sperimenta un nuovo metodo di lavoro registico: lasciava gli attori liberi di provare e dopo armonizzava il tutto, il lavoro teatrale è un lavoro collettivo. Voleva essere un coordinatore non un despota. − sperimenta un nuovo metodo recitativo: gli attori dovevano scandire le parole senza vibrazioni vocali, freddamente unendo il tutto a una recitazione plastica. “le parole non dicono tutto. La verità dei rapporti tra gli esseri è determinata dai gesti, dalle pose, dagli sguardi e dai silenzi.” per lui il compito del regista non è quello di illustrare un'opera letteraria ma di sentire nel ritmo interiore e saperlo restituire attraverso la plasticità corporea e non le parole. La sua ricerca di un ritmo di insieme a elemento costante in diverse fasi sperimentali: 1) Teatro simbolista: - Stilizzazione (no dettagli), gruppi di macchie e di colori si accostavano a musica e ad effetti luminosi usati al posto della scenografia. Spazio scenico diventa un’esile striscia. - Recitazione allusiva e imprecisa, gli attori erano contenuti, impassibili, come figure dipinte sui panelli. Appiattisce l’attore su due dimensioni. - emanava un clima di presagi di sogni, la totale rinuncia a riferimenti concreti, il senso dell'ineffabile e delle parole velate. > Maeterlinck e il cinema muto. Nel 1906 l’attrice russa Vera Kommisarzevskaja chiamò alla regia Mejerchol’d per l’Hedda Gabler di Ibsen: decise di ignorare le didascalie depurando il testo di ogni elemento concreto, rinuncia a rappresentare nei dettagli il ricco ambiente borghese, che sostituisce con una scena impressionista, attori con mimica economica subordinati alla sua concezione pittorica. Tutto ciò viene amplificato in Nora, chiedeva agli attori di recitare a voce bassa, quasi cantando e di muoversi congesti articolati con ritmo monotono tendendo all'immobilità. Ma presto la concezione teatrale di Mejerchol’d risultò incompatibile con quella di Vera: “Ha voluto ridurre tutto alla superficie piana e all’immobilità […] Aveva trasformato il nostro teatro in un laboratorio di regia”. Lo spettacolo che più caratterizza questa fase è La baracca dei saltimbanchi di Aleksander Blok, un testo simbolista con un’ambientazione mistico-esoterica, ma anche ironica con protagoniste alcune maschere della commedia dell’arte.  capì che la stilizzazione impoveriva la pienezza della vita mostrando in un unico aspetto. 2) Teatro teatrale (trad. classiche, popolari e arcaiche): - subentra la marionetta del baraccone. - riscopre il proscenio (vicinanza con il pubblico). - ritorna alle 3 dimensioni= maschere, clownerie, travestimenti, trucchi, sottolinea l’allusività del gioco. ‘Dottor Dappertutto’. Lo spettacolo che meglio rappresenta questa fase fu il Don Giovanni di Molière del 1910, al teatro Alexandrinskij di San Pietroburgo, dove vi rimase per 11 stagioni: si concentrò sullo stile, sulla teatralità del tempo di Molière, ricreandola; un procedimento che la regia del 900 avrebbe spesso ereditato da lu. - La sala resta illuminata per tutto lo spettacolo. - viene eliminato il sipario. - la buca del suggeritore venne sostituita da due piccole nicchie con due suggeritori in parrucca e costumi d’epoca ci prendevano posto. - aggiunge dei negretti in funzione di servi di scena. collaborò con lo scenografo Golovin. Si dedica anche allo Studio-scuola di via Borodinskaja. - Si concentra sulla mimica, sul virtuosismo acrobatico degli attori, lasciando in secondo piano le parole. - Gli allievi venivano esercitati al senso del ritmo, del tempo, all’equilibrio, all’improvvisazione. L’attore doveva fondersi con un sottofondo musicale continuo. Insegna il valore delle pause, che ricorda di dover saper calcorlare il tempo come nella poesia. - Velocità e futurismo. Contemporaneamente nei cabaret e nei teatri privati sperimenta giochi scenici dinamici, l’irrealismo e la frattura della scatola scenica. Allo Scoppio della Rivoluzione proclama l’Ottobre teatrale e s’impegna per riorganizzare i teatri russi, che per decreto vengono nazionalizzati. Dal 1920 al 21 è a capo del TEO (sezione teatrale del commissariato dell’istruzione). Per un decennio sperimenta e inizia a lavorare solo con giovani allievi che lo seguivano alle sue ricerche e rinuncia alla carriera d’attore per dedicarsi completamente alla regia. Vuole formare una nuova generazione d’attori Novembre 1918 aveva messo in scena Mistero buffo di Majakovskij, che come lui aveva aderito immediatamente e incondizionatamente alla rivoluzione. La pièce identificava il diluvio con la Rivoluzione “che ha lavato la faccia della terra”, che vede contrapposte il fiume del mistero proletario e il buffo della borghesia. Il luogo scenico dello spettacolo era il globo terrestre, sulla quale si innestavano gli umani scampati ai flutti: 7 coppie di Puri/borghesi, e 7 coppie di Impuri/proletari; questi ultimi costruivano un’arca (costituita da un insieme di cubi), con la quale raggiungevano il paradiso proletario. Il ritmo era rapido e la satira era esagerata; lo spettacolo non piacque ai politici sovietici. “baraccone da fiera futurista”. 1923 mette in scena il Magnifico Cornuto di Crommelyneck. Si libera della scenografia standard e gli attori recitarono sullo sfondo di mattoni nudi del teatro, sopra una leggera costruzione stilizzata; indossavano un’uniforme da lavoro alla quale si aggiungevano accessori identificativi e recitavano seguendo la tecnica della biomeccanica= trasposizione ginnica dei dati psichici. Voleva portare la messinscena ha un grado di assurdità comica facendone un esercizio per gli attori e per rivelare la capacità acrobatica dei suoi giovani allievi. Con lo stile volutamente non realista e dal tono infantile aggirava il contenuto erotico del testo. L’impatto sul pubblico fu grande. L’impianto scenico fu affidato a Popova che realizzò una struttura praticabile a più piani e sul fondo un grande cerchio con le lettere che compongono il nome dell’autore. L’espressività dinamica dei corpi venne esaltata grazia ai principi della biomeccanica. La Biomeccanica porta avanti l’idea più articolata dell’attore come corpo di scena. Si sposa con i suoi ideali costruttivistici: il costruttivismo esige dall’artista che egli diventi anche un ingegnere. La recitazione è presentata come un processo di costruzione. Potrebbe essere letta come un tentativo di risposta Craig secondo il quale l’uomo doveva divenire marionetta, non esserlo. Majerchol’d trasse ispirazione sia dal teatro orientale, per la sua formalizzazione, che dalla commedia dell’arte per quanto riguarda la tipizzazione. Principi della Biomeccanica: 1. Il corpo è la macchina, l’attore è il meccanico. Il corpo come mezzo d’espressione. La grammatica della macchina dell’attore è il movimento. Il movimento della Biomeccanica si basa su due principi: - La scomposizione e ricomposizione. Deve essere scomposto in segmenti: l’otaz>lo slancio. - Il rapporto con lo spazio. L’attore e lo spazio sono entità estremamente interrelate: la posizione del nostro corpo nello spazio influisce su tutto ciò che chiamiamo emozione. 2. La reattività, la capacità di ridurre al minimo l’intervallo tra intenzione ed esecuzione 3. La musicalità, l’attore lavora sul ritmo, lo stesso movimento è ritmo. 4. L’acrobatica, intesa come sapienza della gestione del corpo. Tutto questo serve alla costruzione del personaggio dall’esterno. 3) Teatro del grottesco: - Mette fine all’analisi, il suo metodo è ora la sintesi, ricrea la pienezza della vita. Il capolavoro di questa fase è il Revisore di Gogol, andato in scena nel dicembre del 1926 nel Teatro Mejerchol’d. utilizza tutte le ricerche precedenti, “tutti i suoi spettacoli portarono al revisore” Picon-Vallin. Trama: Chlestakov, funzionario di San Pietroburgo, capita in un albergo di una piccola città e viene scambiato dal Governatore per l’ispettore generale in incognito, lo riempie di attenzioni. C. sta al gioco, ma alla fine, il suo vecchio servitore, fa recapitare al Governatore una lettera che svela l’inganno casuale. Nel momento finale del banchetto, un gendarme viene ad annunciare l’arrivo di un vero revisore e i personaggi si fissano in una scena di sbigottimento che è uno dei capolavori della drammaturgia mondiale. In piedi su delle piccole pedane stavano raggruppate delle figure nelle pose descritte da Gogol: sembravano uomini veri ma erano delle bambole di cera. I 5 atti diventano 15 episodi, mettendo così il fulcro dell’attenzione sull’azione teatrale. Utilizza uno stile scenico che giocava per acute contrapposizioni e costringeva lo spettatore a sdoppiarsi contemplando la scena, a slittare continuamente da un piano all'altro del tutto inatteso. il testo era molto noto ai russi e Mejerchol’d ne aveva fatto una sintesi completa. resi il testo di bruciante attualità parlando della Russia Di Nicola I rivelando con spietato sarcasmo il senso simbolico dei temi sociali. La scena aveva come fondale una parete semicircolare con 15 porte a due battenti di lucido compensato rosso a imitazione del mogano di moda all'epoca di Nicola I. Grazie a due pannelli simmetrici veniva ridotta alla profondità della scena concentrando l'azione sul proscenio. l'azione era compatta, claustrofobica, concentrata nei limiti di un piccolo spazio equivalente all'inquadratura filmica. Uno spazio scenico che richiedeva un’agilità eccezionale e una coscienza dei propri movimenti estrema. Quest'opera fu una scuola di auto restrizione per gli attori. Gli oggetti e i mobili sulla scena servivano da supporto per l'attore e insieme avere una funzione simbolica: erano compatti ingombranti formando un'atmosfera di angustia. Prestò estrema attenzione alle mani che andavano organizzate, non potevano esserci movimenti casuali. I suoi attori avevano un modo di recitare sinfonico, diverso dall'egocentrismo narcisistico dell'attore ottocentesco: “Bisogna regolare tutto non solo l'attore che agisce ma anche quello che recepisce. Bisogna recitare come in un'orchestra. La messinscena era organizzata secondo un principio musicale: “ogni personaggio ha il suo tema personale alla maniera di un leitmotiv wagneriano. […] i personaggi principali e secondari eseguono magnificamente complicata la precisione sulla trama musicale.”La scena finale era estremamente potente: il palcoscenico era vuoto e dietro le porte era in corso un banchetto. Tutte le porte si spalancavano simultaneamente e mostravano dei manichini di cera, “la scena muta concepita da Gogol era così materializzata fino alle estreme conseguenze, aveva tradotto il grottesco drammatico in grottesco scenico”. Inventa un nuovo linguaggio visivo. Lo spettacolo ebbe una risonanza senza precedenti, Pasternak disse che era la prima e unica volta della sua vita in cui era stato veramente a teatro. rimase sui cartelloni per 12 anni finché il teatro non venne chiuso nel 1938. fu la perfetta realizzazione della concezione musicale che aveva del teatro; La musica vi era presente come realtà, come esempio e come metafora. Restringendosi in funzione del tempo e dello spazio all'interno della composizione generale dello spettacolo, l'attore sacrificava sé stesso all'unità di insieme. la coscienza del tempo dava agli attori l'energia ogni prova e in ogni replica nei confronti del proprio ruolo. La cimice (1929), il bagno (1930) di Majakovskij È una versione molto politicizzata della signora delle camelie (1936). Nel 1936 nel corso della conferenza dei registi fu accusato di formalismo cosmopolite e due anni dopo fu chiuso per decreto il suo teatro. L'unico disposto ad aiutarlo fu Stanis, che gli offrì di lavorare come regista d'opera ma nel ‘39 venne arrestato e ucciso con un colpo di pistola il 2 febbraio 1940. Oggi è considerato il più grande regista e 900, non fu autore di un'invenzione ma di tutte le invenzioni possibili. Era convinto che fosse meglio tradire che imbalsamare, ed era certo che la vitalità fosse racchiusa nei contrasti dell'intreccio degli opposti. Sapeva come Craig che sulla scena era necessario conoscere e saper fare tutto. 9. PISCATOR E OPLA NOI VIVIAMO DI TOLLER Per molto tempo il suo ruolo è stato circoscritto a quello di teorico del “ teatro politico”, libro pubblicato nel 1930 che gli aveva già scritto un anno prima per difendersi dall'accusa di formalismo che circolava in quegli anni. Oggi ci interessa per l'aspetto tecnologico e multimediale e che il mezzo del suo teatro. avendo intuito il rapporto diretto che intercorreva tra massa e cultura delle immagini ha individuato una nuova forma di teatro multimediale che continua a funzionare per la società di massa di oggi. Capì che serviva un linguaggio artistico basato su una concezione - più accelerata del tempo. - più ampia dello spazio. - sulla centralità del movimento. - sulla percezione metropolitana della simultaneità. Utilizzò il film per rinnovare la scena, dando vita a una nuova drammaturgia. è stato il primo a usare il cinema nel teatro in modo creativo, tramite il film documentario ha allargato lo spazio ristretto della scatola scenica tramite la tecnica del collage e del montaggio. La rappresentazione teatrale non aveva più un andamento naturalistico, ma ritmico e rapido. Ha valorizzato le possibilità della regia. A Berlino tra il 1918 e il fa due esperienze fondamentali: 1. conosce gli inventori del fotomontaggio Grosz e Heartfield insieme ai quali prende parte alle serate del Dada berlinese. 2. si iscrive al partito comunista. L'intreccio di queste due componenti sarà il tratto peculiare della sua proposta scenica. 1919-1921 dà vita al Proletarische Theater Dichiarando il suo intento di accantonare l'arte e l'estetica e di mettere il teatro al servizio della propaganda politica, facendo uno strumento della lotta di classe, ma l'organo del partito attacca la sua attività. In Germania inizia a dilagare l'americanismo e la Volksbühne Gli affida la regia di Fahnen (bandiere) di Alfons Paquet: Fare della lotta degli operai di Chicago il simbolo delle lotte degli operai in generale con evidente allusione all'attualità e trasforma la messinscena in un reportage su un pezzo di vita reale. Con un procedimento che fa pensare a Benjamin, sostituiva la loro autenticità, dei personaggi, con la riproducibilità tecnica. La reazione fu sostanzialmente negativa “forse non è americano ma certamente non è artistico”. Il 7 novembre 1924 in occasione delle elezioni del reichstag andò in scena Revue Roter Rummel, Aveva messo in scena una rivista vere e proprie. Invece dell'unità di azione, varie scene legate da un tema comune ovvero la vecchia società borghese deve morire. Il testo era composto sulla tecnica del collage e la sua struttura aperta permetteva di inserirvi nuovi elementi nel corso delle prove favorendo l'improvvisazione. Nel luglio 1925 al Grosses Schauspielhaus mise in scena Trotz alledem Una rivista storica sulla storia del movimento operaio incentrata sugli anni che andava dallo scoppio della guerra all'assassinio dei capi del movimento spartachista. era un montaggio di sketch teatrali, discorsi autentici, articoli di giornali virgole manifesti, immagini filmate e proiezioni fotografie. La musica seguiva un frastuono infernale e si intrecciava alla scenografia. Il passaggio dal film alla scena aveva una grande presa sul pubblico. Nel 1927 dispose di un suo teatro, il Piscator-Buhne, Ma non avendo i soldi per costruire il teatro totale che Gropius aveva progettato per lui (un teatro per 200 persone e un uso multiplo dello spazio in grado di attirare lo spettatore nel
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