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Riassunto Rischio e Comunicazione Cerase, Sintesi del corso di Sociologia Della Comunicazione

Riassunto Rischio e Comunicazione Cerase

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 05/09/2023

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martina-serra-27 🇮🇹

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Scarica Riassunto Rischio e Comunicazione Cerase e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Della Comunicazione solo su Docsity! RIASSUNTO RISCHIO E COMUNICAZIONE, TEORIE, MODELLI, PROBLEMI – CERASE Volume concepito come rassegna critica di alcune tra le più importanti teorie sociologiche sul rischio e sulle loro implicazioni nella messa a punto delle strategie di comunicazione, focalizzandosi su 5 di esse (quelle che hanno avuto maggiore influenza sul dibattito nell’ambito delle scienze sociali sulla comunicazione del rischio): - Società del rischio - Teorie dell'attore razionale - Approcci psicologici a rischio - Teoria culturale - Social amplification of risk Questo libro si propone di trattare i rapporti tra teoria del rischio e modelli di comunicazione, sapendo che comunicare il rischio implica una presa di coscienza della natura ontologicamente ed epistemologicamente incerta dei rischi - Si mettono in discussione le conoscenze, le abitudini consolidate e i wishful thinking che spesso determinano le pratiche dei comunicatori del rischio, traducendosi in comportamenti inefficaci e talvolta controproducenti - Riflessione strutturata sulla nascita e consolidamento del paradigma dei risk studies come campo di ricerca autonomo e multidisciplinare, incentrandosi sul contributo delle scienze sociali al suo sviluppo e sui rapporti con le altre discipline - Si tenta di spiegare storicamente l'aumento della complessità delle diverse prospettive teoriche (prospettiva per cicli), dando conto allo stesso tempo della compresenza di queste ultime, tendono sempre più a proporre intrecci, sovrapposizioni e modelli condivisi, che diventano leggibili solo entro un’approfondita analisi comparativa - Si colma la lacuna nella letteratura italiana sui risk studies. Necessità e urgenza di sviluppare un lessico e una concettuologia comune (ad esempio una definizione di rischio), in grado di permettere una comunicazione effettiva intorno a situazioni di gestione del rischio che trascende i confini disciplinari (nell'ambito del processo dell'Aquila, è risultata evidente questa lacuna, così come nel caso Xylella, o ancor più grave il caso del TAR della Regione Sicilia, che in nome del rischio ha riproposto per via giudiziaria un fantomatico legame tra vaccini e autismo (più volte rigettato dalla scienza) Tutto ciò che facciamo nella nostra vita comporta dei rischi: le nostre decisioni si accompagnano sempre a qualche tipo di rischio; peccato però, che del rischio non se ne conosca l'esatto significato ancora David Garland propone una delle sintesi più complete e al tempo stesso concise delle diverse definizioni di rischio: “il rischio è calcolo. Il rischio è un bene. Il rischio è capitale. Il rischio è una tecnica di governo. Il rischio è obiettivo e scientificamente conoscibile. Il rischio è soggettivo ed è costrutto sociale. Il rischio è un problema, una minaccia, una fonte di insicurezza. Il rischio è un piacere, un brivido, una fonte di guadagno e libertà. Il rischio è il mezzo col quale colonizziamo e controlliamo il futuro. La società del rischio e il nostro mondo tardo moderno che sfugge ad ogni controllo” Dato che, tutte le teorie del rischio forniscono la loro specifica prospettiva alla comprensione del rischio, ma nessuna da sola è in grado di fornire una spiegazione completa, sembra che, se integrate, ognuna di queste teorie possa potenzialmente arricchire la nostra comprensione del carattere multidimensionale del concetto di rischio - Nonostante l'apparente predominio della prospettiva del rischio come scelta razionale, la sua visione monolitica e ristretta, così come la sua capacità predittiva nel tempo, sono state progressivamente messe in discussione - Gli approcci sociologici come quelli condivisi dalla teoria della modernizzazione riflessiva, teoria dei sistemi e Cultural Theory sottolineano come il rischio sia influenzato da fattori come il genere, l'età, la classe, la cultura e l'eticità: sostanzialmente, le persone percepiscono e rispondono ai rischi nel contesto del proprio universo socioculturale che a sua volta è determinato dall'appartenenza ad altri gruppi, dall'adesione a determinati valori e dagli stili di vita adottati Il nostro tempo è dominato da una concezione pluralistica di rischio che sembra essere in grado di rendere giustizia alla complessità e alla multidimensionalità del fenomeno, oltre ad essere in grado di fornirne una spiegazione più ricca e realistica INTRODUZIONE – RISCHIO E COMUNICAZIONE: APPUNTI PER UN’INTRODUZIONE AL DIBATTITO Non esiste una definizione comune del termine “rischio” La letteratura sul tema si è fatta sempre più ricca, ma consenso assai scarso su cosa si intenda effettivamente per rischio = esistono diverse definizioni di rischio che condividono una prospettiva comune: riconoscono la distinzione tra realtà e possibilità = Il rischio è generalmente associato alla possibilità che effetti sfavorevoli possano verificarsi a seguito di un'azione della natura o dell'uomo (le diverse teorie divergono nell'identificazione di cosa renda quegli effetti “avversi” piuttosto che auspicabili) Il rischio è un termine aperto all’interpretazione, e chi ne fa uso tende a definirlo in relazione ad un dato contesto: - Per un imprenditore, un giocatore d'azzardo o per un operatore di borsa il rischio rappresenta la possibilità di perdere o di guadagnare soldi; - Per chi pratica il bungee jumping o per un paracadutista, il concetto riguarda i rischi fisici, piuttosto che finanziari Il rischio, tra le altre cose, viene spesso confuso con termini affini come “pericolo”, “danno” e “azzardo”, che spesso vengono utilizzati come sinonimi sempre più importante cercare strade nuove, in grado di integrare o superare la tradizionale analisi tecnica e scientifica dei rischi con una maggiore attenzione alla percezione del rischio È maturata nel tempo l'idea secondo cui la crescente complessità delle sfide legate alla riduzione dei rischi ambientali, tecnologici e sanitari, richiedesse un approccio sempre più integrato e multidisciplinare, fatto di confronto tra studiosi di diversa estrazione: oggi, il campo di quelli che definiamo risk studies, è il risultato di una progressiva apertura alle scienze umane e sociali (prima negli Stati Uniti e poi in Europa), che si è concretizzata nella nascita di centri di ricerca specializzati, che inizialmente focalizzavano l'attenzione sul nucleare, inquinamento ed effetti catastrofici dei disastri naturali - Complementarietà degli approcci tecnici, scientifici, politologici, psicologici al rischio ha dato vita ad un campo di ricerca che si contraddistingue per la tendenza a integrare più sub-discipline NB: la chiave del successo sta proprio nell'approccio multidisciplinare e nel ruolo centrale attribuito alle scienze umane e sociali - Nel 1981 nasce la più importante rivista del settore: Risk Analysis, an International Journal, e poco più tardi della Society for Risk Analysis (SRA), la più ampia e autorevole associazione al mondo di accademici e professionisti nel campo del risk. Sia la rivista che l'associazione hanno più volte evidenziato la necessità di questo approccio multi e interdisciplinare alle questioni legate al rischio e ai problemi ad esso collegati, sottolineando il bisogno di considerare sia gli aspetti fisici che quelli sociali della vulnerabilità - Negli anni 90 si sono moltiplicati convegni, riviste e iniziative, oltre ad essersi consolidato un nuovo filone di ricerca che, pur mantenendo l'impronta multidisciplinare, si occupa in modo specifico dei rischi legati alla salute, alla corporeità e al benessere che trova sin dal 1999 un punto di riferimento nella rivista Health Risk and Society Per molto tempo la risk analysis ha rappresentato un dominio quasi esclusivo di tecnici, scienziati ed esperti decisori politici per via dei molti problemi ad essa legati - L'analisi e la caratterizzazione dei rischi, così come le scelte politiche che ne conseguivano si fondavano su un'idea di rischio come realtà ontologica, aspetto misurabile della natura, conoscibile attraverso la ragione che si esprimeva nel calcolo dell'utilità marginale, nell'analisi costi benefici e soprattutto nel calcolo delle probabilità. L'insieme di questi approcci “tecnici” o “scientifici” trova un comune fondamento epistemologico nel Paradigma dell'attore razionale (RAP) - La comparsa di nuovi rischi dalle conseguenze sempre meno prevedibili e calcolabili, oltre al declino della fiducia nei confronti della scienza e l'esplodere del conflitto politico, hanno poi portato al superamento di questa concezione I primi esempi di centri di ricerca caratterizzati da un'impostazione multi e interdisciplinare sono ravvisabili nel contesto sociale degli Stati Uniti, nella seconda metà del XX secolo: Disaster Research Center dell’Università del Delaware (1963) (divenuto il più antico e longevo gruppo di ricerca su questi temi) Il campo dei risk studies si è così progressivamente aperto ai contributi di varie discipline nel campo delle scienze umane e sociali. L’obiettivo è quello di indagare i processi percettivi e cognitivi, le strategie mentali che influenzano la valutazione dei rischi e i processi decisionali; si giungerà allo sviluppo del Paradigma psicometrico, un approccio sperimentale che ad oggi è ancora un importante punto di riferimento sia in ambito accademico che per i policy makers NB: Il lavoro delle scienze sociali si è intrecciato sempre più con quello delle scienze umane e comportamentali, fino a divenire uno degli assi portanti di un nuovo approccio interdisciplinare. Uno dei contributi più rilevanti delle scienze sociali (in particolare dell'antropologia) è forse quello di aver verificato la mancanza di parametri universalmente condivisi per selezionare e definire i rischi. È stato sottolineato dalle scienze sociali come i modi di definire il rischio possono dar luogo a conflitti - Le definizioni del “giusto e desiderabile” possono variare sensibilmente da una cultura all'altra , così come i criteri di classificazione e le definizioni di rischio sono iscritti in un più ampio sistema di credenze e di valori appartenenti ad un gruppo. Il lavoro degli scienziati sociali ha consentito di capire meglio i motivi per cui i rappresentanti di diverse discipline scientifiche e il cosiddetto pubblico “profano” tendano a concettualizzare e definire i rischi in modi notevolmente diversi tra loro (in alcuni casi addirittura in conflitto tra loro) Nell'ambito dei risk studies alcuni autori si sono dedicati alla classificazione (operazion complessa ma necessaria) delle teorie del rischio in base ai loro fondamenti epistemologici - Tra gli autori che più attivamente hanno contribuito a questa classificazione delle epistemologie del rischio si possono citare Bradbury, Jasanoff, Renn ecc. Distinzione tra - Approcci realisti, che considerano il rischio come realtà ontologica (le idee di rischio di biologi, epidemiologi e sismologi tendono ad essere leggibili e interpretabili solo nell’ambito del paradigma dell’uomo razionale) - Approcci ostruzionisti o fenomenologici che assumono il rischio come prodotto di processi psicologici, sociali e culturali attraverso cui definiamo e organizziamo la nostra conoscenza del mondo (le scienze umane e sociali sono più inclini a fondare le proprie valutazioni all'interno di una prospettiva costruzionista, chi assume che i significati sociali del rischio siano costruiti e trasformati attraverso l'interazione sociale e che pertanto sono interpretabili solo attraverso lo studio dei processi culturali e comunicativi entro cui i significati sono creati, condivisi e riconosciuti) Renn rilevato come le teorie del rischio possono essere classificate secondo criteri molto diversi tra loro, soffermandosi di volta in volta sul tipo di pericolo, su alcune particolari caratteristiche, sulla conflittualità generata o sul suo significato sociale La distinzione epistemologica più importante resta però quella che oppone le concezioni che considerano il rischio come una realtà oggettiva che esiste nell'ambiente fisico indipendentemente da chi e da come è percepito e rappresentato, a concezioni che assumono il rischio come costrutto socioculturale, cioè, come realtà esperienziale mediata dalla cultura, dalla conoscenza e dagli orientamenti valoriali. La centralità del rischio nella cultura contemporanea Diverse ricerche hanno evidenziato come la frequenza della parola rischio nel discorso dei media e in quello politico sia significativamente aumentata negli anni e tenda ad essere utilizzata in riferimento ad una pluralità di eventi non più riconducibili solo a questioni tecnologiche e ambientali, ma che appartengono ad un più vasto insieme di problemi sociali - Gli eventi “nuovi”, l'innovazione tecnologica, il mutamento sociale, tendono ad essere rappresentati in termini di possibili rischi e valutati come potenziali minacce per l'uomo e per la società. Spesso, questi eventi sono ritenuti capaci di generare catastrofi, danni irreversibili alla salute, all'ambiente e all'integrità dei sistemi sociali, fino a mettere in questione la nostra sopravvivenza - Il rischio oggi è utilizzato come cornice interpretativa in grado di dare forma a qualsiasi manifestazione di incertezza del nostro tempo - Paradossalmente, all'aumento del benessere , dell'aspettativa di vita e delle possibilità di scelta corrisponde anche a un'estensione dei rischi, cresciuti esponenzialmente a seguito degli stessi processi di modernizzazione e diventati sempre più riconoscibili e temuti. Il rischio caratterizza le società tardo moderne e si presenta sempre più inquieto e minaccioso - Nel momento in cui si manifesta concretamente, ogni rischio genera nuovi rischi a cascata (nell'istante stesso in cui si genera un rischio di un incidente nucleare, esso è immediatamente convertito in un nuovo rischio, quello della contaminazione radioattiva, che a sua volta si converte nel rischio di essere costretti all'abbandono della propria abitazione e quindi a sviluppare malattie o a perdere la capacità o la possibilità di lavorare) - Non esiste alcun ambito della nostra esistenza che sia immune a qualche forma di rischio Secondo un autore come Luhmann “Il rischio è la possibilità che determinati eventi o azioni, con un potenziale di pericolosità riconosciuto, possono influenzare negativamente le capacità individuali di perseguire i propri obiettivi, e che ciò non sia imputabile all'incertezza contingente dell'ambiente ma una decisione dell'uomo” - La centralità della decisione è sempre più presente ed è sempre meno praticabile l'idea secondo cui il rischio possa essere ridotto semplicemente alla stima oggettiva delle probabilità che si verifichi un evento indesiderato e dei possibili danni. Grazie alla riflessione sociologica sul tema è possibile constatare come il rischio sia un concetto assai più complesso che necessita di dar conto alle diverse dimensioni: psicologica, culturali, politica ed etica La comunicazione del rischio La comunicazione del rischio non dovrebbe essere intesa come un insieme di pratiche in cerca di una teoria, ma come strumento strategico della Risk Governance, che richiede conoscenze specialistiche, formazione e consapevolezza situazionale - Accade, invece, che le pratiche comunicative o le idee su come dovrebbero essere, si fondino su una serie di assunti impliciti, su intuizioni piuttosto che sui risultati di ricerca consolidati - In realtà, la comunicazione del rischio non avviene nel vuoto e non si sviluppa in un contesto storico e depoliticizzato. La comunicazione del rischio chiama in causa il modo di pensare la relazione tra il mittente e destinatario, tra “saperi esperti” e “pubblico profano”; il tipo di contenuti che possono o devono essere trasmessi, veicolati o condivisi; il tipo di effetti desiderabili e indesiderati che la perdita di punti di riferimento, che la teoria sociale tradizionale tendeva a dare ormai per consolidati Questo approccio è in netto contrasto con l'idea di Luhmann, che sostiene una concezione della società come sistema autoreferenziale interconnesso attraverso la comunicazione è tendenzialmente orientato all'equilibrio Beck L’analisi di Beck si focalizza su un periodo più recente proponendo una visione diversa e più articolata del mutamento, individuando il rischio come elemento di rottura rispetto alle letture tradizionali e come contenuto specifico dell'attuale fase di modernizzazione, in cui la produzione della ricchezza va di pari passo con la produzione di nuovi rischi - A differenza di quanto avveniva in passato, secondo l'autore, ciò che oggi più accomuna l'esperienza umana nelle società capitalistiche avanzate voi non è più l'appartenenza di classe, genere, ceto o condizioni professionale, quanto l'essere esposti a qualche tipo di rischio con una differenza però: se nelle società preindustriali, in cui il mondo era minacciato da pericoli naturali come inondazioni, terremoti o pestilenze, che venivano attribuiti a “forze esterne” come la volontà divina o la volontà di madre natura; i rischi dell'era contemporanea sono frutto e conseguenza delle decisioni dell'uomo, sono il prodotto dell'industrializzazione e pertanto sono destinati ad aggravarsi in conseguenza del suo stesso progresso - Beck parla di “crisi della modernità lineare” ovvero crisi di quel modello di modernizzazione che ha accompagnato la nascita al consolidamento della società industriale, e che oggi attraversa una fase di dissolvimento dovuta al disincanto nei confronti delle stesse premesse. Una crisi che è in grado di minare i fondamenti epistemologici della società moderna, quali la fiducia nella scienza e nella razionalità, il mito del progresso, il concetto di classe e le istituzioni che da esso sono scaturite - Secondo l'autore negli ultimi decenni del XX secolo, gli sviluppi della tecnologia, la globalizzazione dell'economia, oltre all'inedita possibilità di autodistruzione dell'ambiente e del genere umano (conseguenza di un eccessivo improprio sfruttamento delle risorse naturali ed energetiche o del ricorso agli armamenti nucleari) hanno profondamente modificato la natura e l'impatto del rischio. Gli effetti “rischiosi”, cioè di questi cambiamenti non sono solo sempre meno identificabile e prevedibili, massimo moltiplicano finendo per riguardare strati sempre più ampi della popolazione mondiale Nel volume “La società del rischio” il pensiero di Beck è strutturato attorno a 5 tesi fondamentali La prima riguarda il rapporto tra rischio e conoscenza: l'invisibilità e irreversibilità che caratterizzano in maniera crescente i rischi, l'ampiezza dei loro effetti collaterali e l'impossibilità di controllarli, hanno contribuito in maniera decisiva a ridimensionare il monopolio del sapere scientifico sul rischio. Secondo l'autore, gli scienziati, i mass media e i risk manager, hanno un'enorme potere per stabilire i modi in cui le definizioni del rischio sono prodotte e plasmate, favorendo una drammatizzazione o minimizzazione del rischio in base alle conoscenze e ai sapete disponibili. Essendo aumentate le fonti di rischio, si sono moltiplicate anche le possibilità di esservi esposti oltre ad essere accresciute le difficoltà di protezione da questi rischi perché molti di essi hanno assunto un carattere marcatamente transnazionale e possono essere in grado di colpire anche coloro che li hanno prodotti = aumentando i rischi, aumenta anche la domanda di protezione - Rispetto a Luhmann, Beck non ritiene che il rischio sia frutto di un qualsiasi decisione, ma delle decisioni prese da parte di entità politiche ed economiche organizzate piuttosto che dai cittadini. Di conseguenza, è compito e responsabilità del processo politico stesso, riconoscere il rischio e il suo potenziale catastrofico, analizzarne le cause ed individuare soluzioni che ne rendono possibile la gestione - Beck parla di crisi della “modernità industriale” contraddistinta da modelli di vita collettivi, piena occupazione, Stato nazione e Stato sociale, rimozioni e sfruttamento della natura. Si assiste al passaggio alla “seconda modernità”, caratterizzata invece da crisi ecologiche, diminuzione del lavoro salariato, individualizzazione, globalizzazione e rivoluzione dei ruoli tra uomo e donna. In questa fase si tende ad esaminare criticamente le conseguenze delle proprie decisioni e di quelle altrui NB: Nell'opera di Beck della società del rischio, una tra le tesi più importanti riguarda il modo in cui l'accresciuta centralità del rischio tende a provocare l'erosione degli stili di vita tradizionali e l'assunzione di nuove responsabilità da parte degli individui - L'aumento della rilevanza dei rischi si traduce in ridimensionamento della fiducia istituzionalizzata, soprattutto di quella nei confronti della scienza e della politica e negli ancoraggi offerti dalla tradizione - La necessità di evitare catastrofi si traduce nell'aumento della riflessività dell'individuo, che trovandosi nella situazione di dover far scelte rischiose, e praticamente obbligato a valutarne autonomamente le conseguenze di ogni decisione - Si porta avanti una strutturale ridefinizione del sapere e della cultura, che erodono alla radice il nucleo di certezze che avevano caratterizzato la precedente fase della modernizzazione e che riguardano ogni aspetto della vita sociale, in primo luogo la fiducia nelle conquiste del progresso scientifico - Un assunto fondamentale delle teorie della società del rischio è il fallimento del progetto moderno: la rapidità del mutamento sociale sarebbe stata tale da dissolvere molte delle vecchie tradizioni e dei miti che governavano molteplici aspetti della vita sociale, aprendo la strada ad un crescente sentimento di indeterminatezza e di incertezza = il passaggio dalla prima alla seconda modernità porta con sé un netto mutamento dei valori e degli obiettivi che la società dovrebbe garantire - Sembrano essere sempre meno prevedibili le conseguenze delle fonti di rischio: qualsiasi attività umana, dall'industria pesante all'uso delle più banali tecnologie, fino all'alimentazione, sono visti come potenziali fonti di rischio, i cui effetti a lungo termine appaiono totalmente imprevedibili anche da parte della scienza, ma che avranno, nonostante tutto, un impatto sulla vita degli individui - Beck auspica un possibile superamento della fase attuale che condurrà i cittadini a tornare a fidarsi della scienza che, divenuta critica, sappiamo per renderci più consapevoli dei rischi che corriamo. Non bisogna dimenticare però, che la scienza, variabile fondamentale nel processo di riflessivizzazione, è divenuta al tempo stesso necessaria ma sempre meno sufficiente perché da sola non è più in grado di imporre le proprie definizioni di verità - Per l’autore, le radici dei conflitti che caratterizzano l’attuale società del rischio possono essere individuate proprio nell’ascesa dei movimenti sociali tra gli anni 60 e 70: l’aumento del benessere e dell’istruzione avrebbe favorito la nascita di un nuovo linguaggio dei diritti, spesso in aperta critica nei confronti delle tecnologie del rischio come le armi nucleari. Alcune delle trasformazioni sociali rappresentano la premessa di quei processi di individualizzazione che condurranno poi all’affermazione della società del rischio Il superamento della politica attuale, monopolizzata da tecnocrati e caratterizzata da una gestione autoritaria dei rischi, è affidato al ruolo della scienza critica, in grado di indirizzare la società verso una gestione dei rischi riversa e più equa - L'esempio di scienza critica suggerito da Beck è quello della biologia, chi è stata la prima disciplina scientifica capace di dare l'allarme sugli effetti distruttivi dell'industrializzazione sugli ecosistemi e sulle conseguenze di questo disequilibrio dell'uomo stesso. Una scienza che sia demonopolizzata, autonoma dalla tecnocrazia e responsabile è la chiave per ridurre la distanza tra esperti e profani che ha caratterizzato tutta la prima fase della modernizzazione industriale (la società del rischio si caratterizza per la nostra dipendenza dalle conoscenze di “sistemi esperti”, ponendo l'accento sull'importanza politica delle fonti di legittimazione del sapere - Bisogna ricordare che nella società del rischio globale, i costi dei rischi non si distribuiscono egualmente tra tutti: spesso sono più alti quelli affrontati dai più poveri e dai cosiddetti paesi in via di sviluppo Beck è stata una figura particolarmente carismatica nel dibattito sociologico, E la sua popolarità si deve soprattutto all’aver individuato l'emergere di rischi ambientali e tecnologici come minacce di portata globale ormai eccedenti qualsiasi possibilità di controllo, e di aver compreso la capacità di questi ultimi di innescare processi di secolarizzazione del sapere scientifico e dunque una generalizzata critica a quelle pretese di verità razionale che avevano a lungo rappresentato i fondamenti epistemologici della modernità lineare - L'autore ci mostra un aspetto inedito e nuovo della contemporaneità utilizzando conoscenze già note. Egli è il merito di aver intuito per primo che il rischio non rappresenta una categoria residuale per comprendere i processi di modernizzazione e l'organizzazione della conoscenza in una società sempre più globalizzata e cosmopolita; inoltre ha letteralmente portato il tema del rischio al centro del dibattito sociologico contemporaneo estendendo la portata delle riflessioni su questo tema ben oltre il ristretto ambito degli studi specialistici su ambiente, scienza e società. Infine, ha favorito una riflessione sull'allargamento della semantica del rischio a un insieme di fenomeni molto più ampi e differenziati come la salute, la corporeità, l'economia, la devianza e il terrorismo Giddens La posizione di Giddens appare molto diversa da quella di Beck: per Giddens, la tematica del rischio rappresenta solamente una tra le diverse dimensioni caratterizzanti il processo di modernizzazione che costituisce il principale oggetto di riflessione del sociologo - L’interesse per il rischio viene contestualizzato in relazione al più ampio tema della detradizionalizzazione delle società contemporanee - Sia Giddens che Beck ritengono che il processo di modernizzazione possa affrancare gli individui dai meccanismi di controllo sociale tipici della modernità, consentendo maggiore libertà. Il declino della Chiesa, dei rapporti di vicinato e delle classi sociali ci rende più liberi di decidere, ma allo stesso tempo più dipendenti dal mercato e più soli di fronte alle scelte imposte dalla vita quotidiana - La conseguenza del mutamento, della perdita di certezze e di fiducia nella scienza e nelle istituzioni è indicata da Giddens nel processo di riflessivizzazione: le pratiche sociali vengono costantemente espressioni di processi di interazione molto differenziati tra loro. Non si può immaginare che l'autoconsapevolezza dell'individuo nella società del rischio non sia influenzata dalle origini sociali e culturali, che non solo determinano le contraddizioni che esso deve affrontare ma anche il repertorio delle opzioni a cui esso può far riferimento nel tentativo di risolverle - Le teorie della modernizzazione riflessiva e della società del rischio tendono a spostare l’accento sul coinvolgimento dell’opinione pubblica nella definizione dei limiti conoscitivi della scienza e della tecnologia e sulla responsabilizzazione riflessiva. Un coinvolgimento che potrebbe essere un antidoto naturale al rischio, il cui “potenziale catastrofico” non è sempre conoscibile a priori. La comunicazione e i media possono alimentare, in merito, un eccesso di aspettative e di fiducia nei confronti dei “saperi esperti” (scienziati, tecnici e decisori pubblici), cui viene richiesto sempre più insistentemente di fornire risposte certe e in grado di placare le ansie del pubblico - Davanti all’ipotesi di dover gestire un potenziale disastro, il comunicatore è posto innanzi a un dilemma irrisolvibile: qualsiasi strategia comunicativa rischia di essere giudicata a posteriori eccessivamente allarmistica o al contrario troppo rassicurante. Se si comunica in modo pessimistico, si rischia di generare una risposta sociale inadeguata, che può generare apatia passività di alcuni e il panico in altri; se invece, si privilegia l’ottimismo, enfatizzando i pur necessari elementi di rassicurazione e la stanza di segnali di pericolo imminente si incorre nella possibilità di essere giudicati a posteriori come superficiali, bugiardi e cospiratori Il rischio nella prospettiva della governamentalità Il concetto di governamentalità è costituito da due parole: “governare” e “mentalità” Alla più ampia concezione di potere e dominio proposta da Michel Foucault: Definizione: “Allo stesso tempo interno ed esterno allo stato, dato che una tattica di governo che rende possibile la continua definizione dice che rientra nelle competenze dello Stato o meno, ciò che è pubblico e ciò che è privato, e così via: pertanto lo stato può essere compreso attraverso la sua sopravvivenza e i suoi limiti, sulla base della tattica generale della governamentalità” (Foucault) - La varietà dei modi attraverso cui il potere esercitato, costituisce uno dei punti chiave della teoria foucaultiana: il ruolo dell'autorità istituzionale (legge) o della costrizione fisica (carcere) sono considerati complementari e non alternativi: sono costruite socialmente e culturalmente e nelle società neo-liberali assumono una crescente rilevanza L'analisi governamentale del rischio individua quattro dimensioni chiave - Conoscenza - Potere - Soggettività - Modi del governo In particolare, considera i rapporti tra conoscenza e potere come non neutrali ne imparziali, ma che si definiscono in funzione di precise necessità storiche. L'ipotesi di Foucault, ripresa negli studi sul rischio, e che nelle democrazie liberali stiano emergendo nuove forme di gestione del potere e del conflitto, non necessariamente imposti dall'alto attraverso la coercizione e la repressione, ma attraverso Un'incessante produzione di conoscenza autoriflessiva, volta a sollecitare nuovi atteggiamenti, stili di vita e modi di pensare e di agire - I primi ad elaborare questo approccio sono allievi di Foucault che tra la seconda metà degli anni 80 e la prima degli anni 90 pubblicano due volumi: il volume di Francois Ewald, che descrive la nascita e l’evoluzione del welfare state e delle assicurazioni sociali; il volume di Grahm Burchell, Colin Gordon e Peter Miller, in cui il rischio inizia ad essere definito più compiutamente come “tecnologia di governo” Il potere governamentale si legittima attraverso la necessità di conoscere e governare la ricchezza, la salute e persino la felicità della popolazione. Esso esprime un’ossessione per il controllo tipica della modernità, che si trasforma in inedite e più sottili forme di sorveglianza – solo apparentemente non coercitive o repressive – e sulla pretesa necessità di ridurre al minimo le conseguenze a cui le popolazioni e gli individui possono interfacciarsi quando esposti al rischio - Nella prospettiva governamentale l’interesse principale non sono le istituzioni in sé, quanto piuttosto le pratiche di governo e le forme di conoscenza e razionalità che le rendono possibili: pratiche che servono a governare il comportamento degli individui e delle collettività, - Questa prospettiva non implica una visione deterministica dei processi sociali, né un’infinita capacità di condizionamento dello Stato sulla realtà sociale: seppur questo abbia un ruolo chiave nella struttura di relazioni di potere, la sua azione è fortemente condizionata da una molteplicità di istituzioni, gruppi sociali e interconnessioni - Secondo questa prospettiva, la società contemporanea è profondamente permeata dall’idea di rischio e dall’imperativo morale di ridurne le conseguenze “mettendosi al sicuro”: evitare i rischi diventa, non solo questione di conoscenze, ma un dovere morale NB: Le definizioni di rischio consentono all’individuo di governare riflessivamente il comportamento dei soggetti rispetto ad attività ritenute pericolose, quali le “cattive abitudini” alimentari, il gioco d’azzardo, la guida in automobile, il fumo, il consumo di alcol. Il discorso sul rischio definisce le condotte socialmente accettabili per l’individuo: esso non si avvale solamente di messaggi veicolati attraverso le campagne di comunicazione sociale, ma è disseminato nei contenuti mediali, nei documenti di programmazione sanitaria, nelle linee guida delle agenzie ambientali, ma anche nei discorsi di senso comune, traducendosi in un costante tentativo di mitigazione delle eventuali conseguenze - Nella prospettiva della governamentalità, il rischio è concettualizzato esclusivamente in termini di costruzione sociale. Ci si discosta dalla teoria culturalista di Douglas, che considera separatamente le conseguenze fisiche del rischio – considerate come fatto oggettivo – e la sua percezione, che è piuttosto socialmente costruita - Ewald dice: “Niente è di per sé un rischio, non esiste alcun rischio nella realtà. Ma d’altro canto tutto può essere un rischio: tutto dipende da come si analizza il pericolo, da come si considera l’evento” Questo approccio presenta delle convergenze con l’approccio della società del rischio e la teoria della modernizzazione riflessiva in quanto entrambe assumono il rischio come dimensione chiave della modernizzazione oltre a condividere l’idea secondo lui l’individualizzazione della responsabilità dei rischi rappresenti il risultato di trasformazioni strutturali che interessano le società tardo-moderne, un’epoca in cui la valutazione e gestione del rischio si configurano come tecnologie di governo. Le istituzioni sociali vedono riconoscersi un ruolo importante nel definire le situazioni di rischio, permettendo di esercitare una sorta di controllo a distanza sugli atteggiamenti e sulle scelte degli individui Questo approccio è stato utilizzato per condurre ricerche sulle regole che riguardano la gestione sociale e medica del corpo delle gestanti e dei comportamenti “a rischio” in relazione alla salute del nascituro - Mc Dermott e Lupton studiano il discorso sull’obesità infantile utilizzando l’analisi dei programmi nutrizionali delle scuole, i documenti governativi e le campagne mediali di educazione sanitaria, osservando come gli imperativi sulla salute, della forma fisica e l’enfasi sulla responsabilità individuale abbiano da un lato creato delle pedagogie del disgusto contro l’Altro “malato” e “obeso”, e dall’altro favorito l’instaurarsi di una disciplina prevendita del corpo, in grado di garantire una sorveglianza preventiva e sistemica non solo nei confronti di persone tradizionalmente definite a “rischio” come i fumatori, ma anche dei bambini obesi e di quelli fisicamente poco attivi - Schinckel e Van Houdt studiano il discorso politico sull’immigrazione e la costruzione dell’identità nazionale nei Paesi Bassi, osservando come l’integrazione sia spesso vincolata a forme di assimilazione culturale degli immigrati, e all’emergere di forme di neo-liberalismo che moralizzano le scelte del soggetto, anche in relazione alla loro partecipazione alla comunità Un elemento ricorrente nelle critiche all’approccio alla governamentalità è che sembra accreditare una specie di funzionalismo calato dall’alto. Si critica spesso la pretesa forza totalizzante dei discorsi e il conformismo sotteso a questa prospettiva, che tende a tradursi in un’eccessiva focalizzazione sui discori e sulle strategie di governo, piuttosto che al modo in cui le persone si confrontano concretamente con essi nella vita quotidiana Luhmann Il lavoro di Luhmann pur condividendo una prospettiva prevalentemente macro sociologica, si discosta dagli approcci trattati finora, perché tende a privilegiare la dimensione dell'integrazione sociale a quella del conflitto e del potere. L'opera di Luhmann ruota attorno all'idea della società come sistema sociale iper complesso, autopoietico, interconnesso e capace di autoriprodursi attraverso e per mezzo della comunicazione. Di conseguenza, il sistema deve operare una continua operazione di riduzione della complessità per rendere almeno parzialmente governabile l'ambiente - Sembra che, di fronte ad un ambiente divenuto sempre più complesso, l'unica risposta possibile sia la differenziazione sociale, che ahimé contribuisce ad aumentare la complessità dell'ambiente stesso. Si assiste al dilagare dell’incertezza come conseguenza dell'aumento della complessità nei sistemi sociali e la tendenza di quest'ultima a tradursi in rischio L'autore ha contribuito ad approfondire molti dei temi della riflessione su quella che Beck aveva definito come “società del rischio”, contestualizzandoli entro una prospettiva teorica in aperto contrasto con quella proposta da Beck, Giddens e dagli altri foucaultiani - Il più importante elemento di connessione tra le due scuole di pensiero riguarda probabilmente il riconoscimento della centralità del rischio come “caratteristica strutturale” dei sistemi sociali complessi, e dell'incertezza come conseguenza della complessità stessa. Inoltre, l'autore condivide accentuare il bisogno di analizzare le cause soggiacenti ai rischi, dei modi in cui vengono percepiti, la fiducia o meno nei confronti delle istituzioni deputate alla gestione del rischio voi e la credibilità delle informazioni relative ai pericoli e ai danni NB: secondo Sofsky, che detiene una posizione vicina a quella di Giddens e Bauman, negli ultimi decenni si è affermata l'illusione della sicurezza assoluta, di una società a rischio zero, in forza del quale tutto diventa rischioso. Secondo l'autore se da un lato ci esponiamo senza problemi a rischi prodotti da noi stessi (fumo, droga, alcol), dall'altro lato ci spaventiamo principalmente per i rischi indotti dagli altri (inquinamento, sicurezza alimentare, criminalità) CAPITOLO 2 – GLI APPROCCI TECNICO-SCIENTIFICI AL RISCHIO: IL PARADIGMA DELL’ATTORE RAZIONALE Il concetto di rischio secondo diversi autori appare come un'idea radicalmente moderna, in quanto tenta di porre sotto il dominio della razionalità ciò che in precedenza appariva incerto e imprevedibile - La concezione moderna del rischio si rifà all'idea di conoscibilità e misurabilità della natura: la possibilità di osservare, comprendere e misurare il rischio lo renderebbe relativamente più prevedibile. Il rischio viene eletto come entità osservabile, associata a probabilità, perdite e costi quantificabili, in cui ogni problema è tendenzialmente traducibile in numeri che consentono di valutare e soppesare oggettivamente ciascuna scelta e consentendo di prendere “la decisione migliore” - La caratteristica comune agli approcci razionalistici è quella di fondarsi sull'idea basilare di una realtà “naturale” ontologicamente data, che si rende accessibile alla coscienza umana attraverso la ragione in particolare attraverso il calcolo delle probabilità NB: Durante il medioevo, le attività e la sopravvivenza umana erano costantemente minacciate da un vasto insieme di eventi imprevedibili nelle cause e catastrofici nelle conseguenze: carestie, epidemie, siccità o inondazioni, guerre erano spesso attribuite alla volontà divina, al fato e dunque imprevedibili e incontrollabili. Con il Rinascimento, il rapporto tra società e rischio inizia a ridefinirsi, in conseguenza all’affermarsi di una concezione “attiva” dell’uomo come costruttore del proprio destino A partire dal XVII e XVIII secolo grazie allo sviluppo delle prime nozioni di calcolo probabilistico, alla nascita delle moderne banche e delle prime forme di copertura assicurativa, inizia ad affermarsi l’idea che almeno in parte la rischiosità di alcune attività umane possa essere sottratta all’imprevedibilità del fato - Inizialmente, l'idea della calcolabilità del rischio è stata applicata soprattutto agli eventi naturali , mentre a partire dal XVII secolo l'idea di rischio inizia ad estendersi ad attività conseguenti le scelte e le decisioni degli uomini. Lo sviluppo della nascente industria insieme all'evoluzione dei trasporti marittimi rendevano necessarie forme di assicurazione sui capitali impiegati. La ripartizione del rischio consentiva di distribuire il danno eventuale tra più soggetti (prudential insurance secondo Green, che Lo differenzia dal rischio come “gambling”, evidenziando come lo sviluppo delle assicurazioni abbia esercitato una forte influenza sul progresso degli approcci probabilistici) - Girolamo Cardano ha permesso il perfezionamento delle tecniche di calcolo probabilistico, permettendo, sin dagli inizi del XVII secolo, che la calcolabilità dei rischi voi divenisse una necessità pratica “imposta” dai processi di industrializzazione e modernizzazione NB: La possibilità di ridurre i margini di incertezza legati alle decisioni umane inizia a divenire un'idea fissa della modernità che si traduce nella sconfinata fiducia nella scienza e nella razionalità che caratterizza il progresso: viene introdotta una visione pragmatica del rischio che privato del fatalismo dell'era pre- rinascimentale, puoi per la prima volta l'idea della razionalità quale mezzo per controllare l'incertezza della natura, individuando nel calcolo delle probabilità lo strumento per eccellenza per realizzare questo controllo = questa visione, non solo risultava funzionale alle emergenti necessità del processo di industrializzazione, ma risulta essere ancora dominante nelle società contemporanee Paradigma dell’attore razionale Le teorie del rischio che si collocano all'interno di questo paradigma presuppongono l'idea dell'essere umano come agente dotato di intenzionalità, orientato al raggiungimento dei propri obiettivi è in grado di scegliere e determinare i propri corsi di azione finalizzandoli al raggiungimento dei propri obiettivi. Tutto ciò presuppone una visione atomizzata della razionalità, in cui tutto può essere ridotto alle scelte dei singoli individui - Bisogna considerare però la molteplicità dei punti di vista, in seno alle diverse discipline e paradigmi, che rende difficile se non impraticabile, l'idea di un'unica forma di razionalità in grado di presidiare le scelte e le politiche per la riduzione dei rischi Il principale fondamento epistemologico dell’approccio dell’attore razionale è l'assunzione del rischio come fenomeno fisico oggettivo, cioè come proprietà dell'ambiente fisico indipendente dall'osservatore e dal modo in cui esso viene percepito e rappresentato - Questa concezione che per lungo tempo ha dominato gli studi sul rischio, è convenzionalmente riassunta nella formula che quantifica “il rischio come prodotto della probabilità di un evento avverso moltiplicata per il danno conseguente”. Il rischio finisce per configurarsi come un costo calcolabile e accettabile del progresso, vuoi un prodotto dell'industrializzazione; ma è proprio questo rapporto tra calcolabilità e imponderabilità porre un problema: il concetto di rischio riassume il tentativo di quantificare e gestire l'incertezza insita nel futuro. Quando parliamo di rischio non ci riferiamo ad un evento già accaduto o che sta accadendo, ma ha qualcosa che potrebbe accadere. Ma le categorie usate per la previsione e il calcolo di un possibile evento negativo non possono essere comprese se non in relazione ad uno specifico contesto sociale, culturale e storico NB: Non solo nel corso del tempo è cambiato il modo di quantificare le probabilità negative di un evento, ma anche il tipo di situazioni sociali la cui parola “rischio” si associa Approccio ingegneristico di Mary Douglas Per molto tempo l'approccio teorico dominante hai problemi del rischio è stato quello che Mary Douglas ha definito come approccio ingegneristico, un concetto che in realtà fa riferimento ad un più ampio insieme di discipline, accomunate dall'idea che il pubblico consista in un aggregato di individui che valutano, decidono e agiscono “razionalmente” come gli ingegneri, stimando con cura le probabilità avverse, i costi e i benefici prima di prendere qualsiasi decisione - Questo approccio risulta essere oggi dominante in alcuni particolari campi, continuando ad influenzare il dibattito delle strategie di Risk Governance - Questo approccio tecnico-scientifico si caratterizza per l'idea che il rischio sia un'entità oggettiva, misurabile è calcolabile e che può essere controllata e gestita solo adottando atteggiamenti e comportamenti ispirati alla razionalità = il rischio viene definito come il prodotto delle probabilità di un evento avverso moltiplicato per le sue conseguenze negative Secondo Marinelli questo approccio ha a lungo caratterizzato le politiche in materia di risk management, Ehi andandosi sull'idea che solo la scienza le competenze degli esperti abbiano “diritto di cittadinanza” nel dibattito sul rischio e sulle politiche di riduzione di quest’ultimo. Questo approccio si fonda su tre assunzioni principali: - Il pubblico è formato da individui atomizzati che possono e dovrebbero comportarsi come ingegneri nel valutare i rischi - Il rischio è un costrutto concettuale di tipo probabilistico che può essere calcolato come funzioni della frequenza attesa o dell'occorrenza di determinati eventi indesiderati - La valutazione del rischio consiste nel calcolo dei costi e dei benefici che derivano dall'esposizione al rischio stesso NB: Questo approccio implica, dunque, l'idea che la valutazione del rischio debba essere un prodotto “neutrale” della scienza, che esclude le questioni legate ad un'ipotetica influenza di fattori etici e sociali Distinzione tra esperti e profani Una visione del rischio tale introduce una fondamentale distinzione tra esperti e profani: i primi hanno maggiore competenza “tecnica" rispetta i secondi = distribuzione asimmetrica del potere decisionale introducendo una gerarchia sociale - Pretesa superiorità del sapere scientifico rispetto alle conoscenze e alle preoccupazioni dei profani = visione autoritaria che nega la possibilità di un coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni riguardanti il rischio in quanto troppo emotivi, irrazionali e incompetenti (ignoranti) per poter compiere scelte in autonomia e persino in potenziale contrasto con la concezione dell’ one best way proposta dagli esperti NB: La tendenza ad escludere e sottovalutare gli aspetti sociali, culturali e psicologici di questo approccio, ha inevitabilmente portato all'impossibilità, da parte dei tecnici di capire per quali motivi gli atteggiamenti verso il rischio da parte delle persone deviasse così vistosamente dalla perfetta razionalità dei loro calcoli: tutte le questioni che si riferiscono a ipotetiche risposte psicologiche, sociali e culturali a rischio vengono definite come conflittuali, come ostacoli indesiderati ho perdite di tempo - “Di fronte alle tensioni degli anni del dopoguerra, solo i teorici più ingenui potevano pretendere che tutti i problemi potessero essere risolti attraverso l'applicazione razionale del calcolo differenziale e delle leggi della pprobabilità con preferenze ben ordinate” (Bernstein, 1998) Crisi del paradigma dell’attore razionale Il paradigma dell'attore razionale sembra essere entrato in una profonda crisi. L'avvento della società del rischio ammesso e radicalmente in questione la stessa idea di calcolabilità del rischio che ha la base dell'approccio ingegneristico: l'accresciuta consapevolezza dei limiti del calcolo probabilistico ha reso sempre meno praticabili i vecchi meccanismi di valutazione e gestione dell'incertezza e del pericolo - Da parte del pubblico si registra una tendenza al progressivo ridimensionamento della fiducia nei confronti degli approcci strettamente quantitativi a rischio - Da qualche tempo si tende a rilevare inoltre come alcune forme di rischio siano legate ad un forte aumento del grado di incertezza delle conoscenze scientifiche e degli stessi sistemi organizzativi E ad una più forte consapevolezza che le decisioni riguardanti il rischio hanno una valenza intrinsecamente politica e sono inevitabilmente legato a sistemi di valore Viene confutata l'età del rischio come in realtà ontologica e ciò comporta la sua relativizzazione : il rischio diventa un insieme di modi diversi per dare ordine all'interminabile del reale I limiti dell'approccio probabilistico iniziano a manifestarsi a partire dagli anni 60 quando la concezione “scientista” è intimamente autoritaria degli approcci al rischio allora dominanti, unita al manifestarsi delle conseguenze catastrofiche di alcune decisioni umane, giustificate in nome del progresso scientifico e tecnologico, hanno finito per modificare profondamente la nozione di accettabilità del rischio e con essa il rapporto tra società e rischi - La maggior parte degli autori colloca la nascita dei risk studies proprio tra la fine degli anni 60 e gli inizi degli anni 70 quando il conflitto politico e culturale alimentato dall'emergere dei rischi tecnologici ambientali inizia a radicalizzarsi Approccio lineare alla comunicazione La concezione del rischio come realtà ontologica comporta l'idea che la comunicazione debba essere intesa principalmente come trasferimento lineare di conoscenze scientifiche e di dati statistici attendibili da un'emittente “esperto” ad un pubblico di “profani” - Gli emittenti sono solitamente scienziati o autorità pubbliche, mentre la massa di riceventi passivi per definizione non è altrettanto qualificata quanto gli emittenti - Questo approccio ha una valenza prevalentemente persuasiva (se non manipolativa) il suo obiettivo principale è quello di incoraggiare i profani ad accettare le decisioni politiche e le tecnologie che implicano l'esposizione ad un rischio - Per molti anni la comunicazione del rischio si è fondata su un anacronistico modello stimolo- risposta: voi secondo questa visione iper semplificata del processo comunicativo, il significato di una data informazione è definito a priori dall'emittente è trasferito ad un insieme di destinatari capaci di interpretare il messaggio “correttamente”, senza alcuna interferenza da parte dell'individuo e del contesto. Nel momento in cui il messaggio non è compreso e accettato, il problema riguarda solamente il destinatario, poiché significa che non detiene le competenze necessarie o perché ha un atteggiamento irrazionale nei confronti del messaggio - Krippendorf definisce ironicamente questo approccio come “containermodell”. L'emittente viene considerato come detentore di conoscenze superiori per cui i messaggi, il linguaggio e le immagini sono visti come e semplici contenitori di informazioni che ne preservano il significato e che possono essere semplicemente trasferiti da un porto all'altro come container. In questo modo, l'emittente può prevedere e controllare il flusso di informazioni, il linguaggio in cui esse sono codificate e le possibili interpretazioni del destinatario modello I modelli lineari della comunicazione del rischio (fonte – messaggio – destinatario), intesi come strumento per influenzare le percezioni o il comportamento del pubblico di fronte ad un rischio, appaiono strettamente legati ad una concezione trasmissiva del processo comunicativo e all'idea (tipica della cultura della prima metà del 900) che i messaggi possano essere considerati come stimoli in grado di provocare nel destinatario determinate risposte, cioè i comportamenti desiderati da parte dell'emittente - Viene riconosciuta l'influenza su questo approccio lineare del modello matematico dell'informazione proposto da Shannon e Weaver alla fine degli anni 40: la ripetizione delle informazioni sarebbe cioè sufficiente a garantire che il destinatario comprenda correttamente i suggerimenti dell'emittente, facendoli pro. Questo modello è stato per molto tempo raccomandato ai risk manager è difeso come strumento indispensabile per combattere le resistenze del pubblico all'insediamento di attività rischiose NB: Questa visione della comunicazione del rischio si fonda son preteso monopolio del sapere scientifico nella definizione e nella gestione dei rischi e sembra essere scaturita dagli stessi esperti. Il pubblico non può far altro che accettare le indicazioni degli esperti o delle autorità preposte, impiegando l'idea che l'emittente sappia quali sono le effettive conoscenze dei destinatari, ciò che devono sapere e imparare, cosa vogliono sentirsi dire e infine il modo in cui interpreteranno i messaggi Due modelli distinti: modello deficitario e modello DAD (decidi – annuncia – difendi) Modello deficitario: Questo approccio comunicativo rappresenta un'interessante rielaborazione del modello classico nella comunicazione pubblica della scienza che, proprio a partire dalla contestata idea di comunicazione come processo gerarchico, unidirezionale e deterministico, schematizza in maniera semplificata ma efficace le relazioni tra esperti, media e opinione pubblica - Si tratta di un modello lineare e top down in cui il processo comunicativo è concettualizzato come mero trasferimento di informazioni dall'emittente verso il destinatario: l'evento rischioso e studiato e interpretato dagli scienziati e dagli esperti che grazie alle loro competenze possono elaborare messaggi sintetici ma scientificamente corretti da veicolare al pubblico direttamente o attraverso i canali della divulgazione scientifica (riviste specializzate, trasmissioni televisive, blog scientifici) o attraverso altri canali - Questo approccio sottolinea due aspetti: la pretesa disinformazione dei cittadini e il sensazionalismo/distorsioni dei media, la cui conseguenza è che sia i cittadini che i policymakers siano ostaggio di paure irrazionali che in taluni casi renderebbero problematica la loro partecipazione ai processi decisionali. Peccato che si tratti in larga parte di luoghi comuni, poiché molte ricerche mostrano che i cittadini non siano affatto disinformati - È un modello che ancora oggi esercita una grande influenza sui professionisti del rischio - Questo modello presuppone la necessità di usare la comunicazione per colmare il gap di conoscenze che separa gli scienziati gli esperti dal pubblico profano Questo approccio riconosce la , ma sottolinea il timore degli scienziati per i problemi insiti nelle evitabili “traduzioni” da parte dei media delle informazioni scientifiche e gli effetti di amplificazione e distorsioni che ne derivano - Viene evidenziata la possibilità di banalizzazione dei messaggi come conseguenza degli stili narrativi scelti da parte dei giornalisti nel loro inevitabile lavoro di semplificazione e narrativizzazione dei testi: non a caso la mediazione giornalistica individuata come lente deformante, in grado di alterare la corretta percezione del rischio da parte del pubblico I destinatari non sempre considerano credibili le conoscenze veicolate dagli scienziati e dagli esperti: i messaggi non sono accettati passivamente e la credibilità delle fonti dipende da quante e come vengono percepite NB: Questo approccio si focalizza prevalentemente sulla “quantità” di informazione veicolata ai destinatari, senza tenere conto delle loro differenze psicologiche e attitudini individuali (la percezione soggettiva del rischio ha rilevanti implicazioni di natura culturale, etica e politica che non possono essere ridotte ai soli aspetti cognitivi del deficit di informazioni). Il pubblico che riceve il messaggio è messo in condizioni di reagire razionalmente al rischio, valutando positivamente il messaggio e prendendo la decisione migliore che ovviamente corrisponde a quella suggerita da parte degli esperti. Questo processo può essere ostacolato da fonti di distorsione (tipicamente i media) che interpretano scorrettamente il messaggio scientifico e dalla stessa ignoranza irrazionalità del pubblico che può respingere il messaggio. Nel caso in cui il pubblico dovesse reagire negativamente, si reitera il messaggio in maniera ridondante fino all'ottenimento degli effetti voluti Modello DAD: Questo approccio è strettamente connesso al modello deficitario da cui si distingue principalmente per la fonte di legittimazione dell'emittente. È stato per molto tempo uno dei modelli più utilizzati nella comunicazione del rischio, secondo voi principale obiettivo della comunicazione sarebbe quello di “far digerire” anche coercitivamente, le valutazioni e le iniziative stabilite da parte degli esperti alle popolazioni esposte ad un certo tipo di rischi - Anche questo approccio si fonda sulla forte asimmetria di potere tra decisori e pubblico - Nel modello deficitario la fonte di legittimazione delle scelte è il sapere scientifico “esperto”, pubblicamente riconosciuto come tale; nel modello DAD, la fonte di legittimazione è l'autorità medesima - Questo modello assume come requisito principale la passività normativa del destinatario nella ricezione dei messaggi: Il modello può essere rappresentato come un semplice trasferimento di informazioni (o meglio di comandi) dall'emittente al ricevente e non è previsto un canale di feedback né possibilità di negoziazione, di mediazione da parte del pubblico ho partecipazione ai La teoria del prospetto con in discussioni le teorie utilizzati per decenni da tecnici, esperti e politici: teorie dell'utilità che tendevano a dare per scontato che di fronte a una situazione di rischio i profani tendano a preoccuparsi per cose insignificanti, rifiutando irrazionalmente l'idea che i rischi possano costituire anche un'opportunità Le euristiche del rischio Esse costituiscono dei meccanismi che selezionano, analizzano ed elaborano in modo intuitivo e sommario le informazioni contestualmente disponibili sul rischio, focalizzando l'attenzione su alcuni aspetti piuttosto che altri o suggerendo inferenze causali tra eventi in corso, consentendo in modo efficace il quadro cognitivo al fine di fornire valutazioni immediatamente fruibili sul da farsi - Le euristiche del rischio agiscono in modo inconsapevole ed involontario, utilizzando risorse psicologiche di natura molto diversa da quelle usate a supporto del ragionamento razionale, anche se spesso possono ingannarci, inducendoci a prendere decisioni sbagliate e favorendo distorsioni interpretative se non veri e propri errori di valutazione - la ricerca sulle euristiche del rischio si è concentrata soprattutto sul modo in cui le emozioni, i sentimenti, le sensazioni, esperire in relazione a certi tipi di rischi, sono in grado di influenzare la percezione del rischio e le decisioni che ne conseguono Kahnemann e Tversky Individuano tre distinti tipi di euristiche in grado di influenzare o, meglio, distorcere le valutazioni probabilistiche relative ad eventi incerti - Rappresentatività: un certo oggetto all'interno di una ampia classe di oggetti in base alle proprie caratteristiche - Disponibilità: il giudizio sulla probabilità di un certo evento è influenzato dalla possibilità di ricordare, conoscere casi simili - Adattamento e ancoraggio: le persone stimano la probabilità di un evento partendo da un valore iniziale noto Il nostro modo di percepire il rischio appare determinato da due forze apparentemente opposte, due distinti tipi di razionalità che tuttavia nella pratica si rivelano reciproche e complementari: il rischio come esercizio razionale (risk ad analysis), che implica la logica, il ragionamento, il ricorso alla conoscenza scientifica per valutare e decidere il rischio come sentimento (risk ad feeling), che si riferisce invece all'immediatezza delle reazioni basate sull'esperienza e sulle intuizioni, che sono in grado di salvarci la vita e numerosissime situazioni (ad esempio, Ciò queste reazioni intuitive ed immediate ci consentono di attivare immediatamente la scelta di attaccare o fuggire di fronte ad un'opportunità o ad un pericolo Euristiche della scelta frugale (Gingerenzer) Questo autore ha rielaborato le riflessioni di Herbert Simon intorno al concetto di razionalità limitata ed ha indagato le euristiche della scelta frugale, cioè quei processi mentali basati sull’intuizione e sull'istinto che, consentendoci di elaborare in modo efficiente piccolissimi quantità di informazioni, ci aiutano a prendere decisioni migliori in modo semplice veloce ed efficace. L’autore sottolinea la necessità di rispondere con soluzioni semplici a problemi complessi oltre alla necessità di non cadere nelle trappole delle false certezze Euristiche della disponibilità Nel valutare la probabilità o la frequenza di un certo evento rischioso tendiamo a far riferimento a strategie cognitive che elaborano l'idea di probabilità nei termini di numerosità e familiarità ed attingono agli esempi che siamo in grado di ricordare immediatamente per avere un'esperienza diretta, per averne parlato con amici e conoscenti attraverso i canali dell'informazione e della comunicazione - Le euristiche della disponibilità non si riferiscono ad eventi che avvengono effettivamente ma ciò che di quegli eventi le persone sono in grado di ricordare o meno. Per alcuni tipi di rischio, dalla probabilità estremamente bassa ma dall'impatto alto (come gli incidenti aerei e le pandemie) il giudizio di probabilità si fonda soprattutto dall'ampiezza e dalla qualità della copertura mediale - Le euristiche della probabilità e della rappresentatività rappresentano un caso particolare delle euristiche della disponibilità che riguarda le differenze riguardo ad eventuali rapporti tra singoli eventi e categorie più ampie: è uno dei motivi che possono spiegare ad esempio il fatto che membri di determinati gruppi etnici, frequentemente associati dai media al crimine, vengano percepiti come naturalmente inclini alla criminalità, giustificando così un atteggiamento sospetto ed ostile nei loro riguardi Le euristiche dell’affetto In condizioni di particolare stress, quando l'incombere di un rischio che si preannuncia come serio o grave limita il tempo e la possibilità di ragionare razionalmente o di ricordare informazioni rilevanti, le persone tendono a percepire e decidere facendo affidamento non solo a processi cognitivi ma anche alle forti emozioni associate alla fonte di pericolo: effetto denominato euristica dell'affetto - I risultati delle ricerche psicometriche hanno evidenziato che la percezione del rischio, nei riguardi di attività, tecnologie ed eventi in grado di provocare terrore (come ad esempio il cancro), si è influenzata dalla correlazione tra percezione dei rischi e percezione dei benefici, per cui se una fonte di rischio è associata ad un beneficio, il rischio tende ad essere percepito come meno grave - Altri studi hanno mostrato come l'euristica dell'affetto e in grado di influenzare sia le valutazioni sulle accettabilità dei rischi legati alla manipolazione genetica che la fiducia nelle autorità e nelle istituzioni di ricerca coinvolte 2) Approccio psicometrico: Si sviluppa qualche anno dopo la Prospect Theory grazie al contributo del gruppo di ricerca (Oregon Decision Research Group) coordinato da figure come Slovic, Lichtenstein, Fischhoff, che focalizza la propria attenzione sulla netta discrepanza tra valutazioni sui rischi espresse dagli esperti e quelle espresse dai profani - Per migliorare il dialogo tra le due parti, ridurre il gap ed aumentare il consenso intorno agli aspetti più controversi della gestione dei rischi, è stata individuata la comunicazione del rischio come strumento cruciale per questo fine L'approccio psicometrico si fonda su alcuni assunti fondamentali: - Il rischio è postulato come concetto soggettivo piuttosto che come entità oggettiva - Le definizioni del rischio devono tener conto sia degli aspetti fisici, tecnici ed economici legati alle fonti di pericolo (aspetti cognitivi), che dei meccanismi psicologici e sociali che le trasformano e rendono riconoscibili in quanto rischi - L'opinione del pubblico dei profani è considerata come rilevante oggetto di interesse - L'analisi della struttura cognitiva delle percezioni e dei giudizi sui rischi si affida a procedure statistiche e in particolare a tecniche di analisi multivariata La metodologia di questo approccio prevede tipicamente quattro fasi di ricerca: - Questionari contenenti una lista di eventi tecnologie o pratiche rischiose - Sviluppo di scale psicometriche con caratteristiche del rischio ritenute rilevanti per la percezione e la risposta - Sottoposizione del questionario chiedendo di valutare ognuno dei rischi utilizzando scale psicometriche - Tecniche ed analisi multivariata Le ricerche sulla percezione del rischio si sono dunque iniziate a concentrare sull'identificazione dei fattori che apparivano maggiormente in grado di influenzare la percezione soggettiva dei rischi, concentrandosi inizialmente sulla probabilità attribuita a certi eventi rischiosi e sulle caratteristiche qualitative che influiscono maggiormente sulla gravità percepita dei rischi stessi - Queste ricerche volevano indagare quali fossero i rischi maggiormente temuti, sì e a quali condizioni la paura fosse coerente con la pericolosità effettiva dei rischi e quali fossero le caratteristiche che potevano spiegare meglio tutto questo I risultati delle ricerche hanno individuato alcune caratteristiche chiave per spiegare la percezione del rischio e influenzare le decisioni: - La familiarità - La controllabilità - La volontarietà dell'esposizione - Il potenziale catastrofico - L'immediatezza del pericolo - Il livello di conoscenza Secondo Slovic, la percezione del rischio e le valutazioni circa la sua accettabilità dipendono da tre fattori principali: - Livello di terrore (dred) che esso è in grado di incutere (l'idea di terrore appare legata alla mancanza di controllo e al potenziale catastrofico) Nell'ambito dei risk studies, le critiche nei confronti del paradigma psicometrico sono state numerose e secondo alcuni non sempre sufficientemente fondate - Sembra che questo approccio tenda a generalizzare i dati empirici prodotti e a trascurare, se non addirittura negare, l'importanza dei fattori socioculturali del rischio, delle caratteristiche demografiche e di genere nei processi percettivi - Nelle situazioni sperimentali è possibile solo scattare istantanee sulle valutazioni del rischio, escludendo l'influenza esercitata dal contesto sociale - Altre critiche vertono sull'eccesso di estrazione e frammentazione del comportamento umano e sul desiderio di ricostruire quest'ultimo nei termini di leggi universali, ignorando l'importanza delle differenze tra individui. Ciò che condurrebbe all'astrazione del pubblico come aggregato di individui atomizzati, senza legami sociali e privi di qualsiasi autonomia culturale e l'eccesso di fiducia riposta nella ricerca sperimentale - La percezione è vista come unico tramite tra realtà del rischio e la sua immagine mentale e questo processo esclude sostanzialmente l'ipotetica mediazione della cultura, cioè il modo in cui le credenze, i valori e le appartenenze strutturano la nostra visione del mondo CAPITOLO 4 – LA CULTURAL THEORY: GLI STUDI SUL RISCHIO TRA ANTROPOLOGIA E SOCIOLOGIA La teoria culturale del rischio o CT proposta da Mary Douglas (e in seguito sviluppata da Aaron WIldavsky) supera il rigido determinismo degli approcci statistico-ingegneristici considerando l’importanza della cultura (o meglio, delle culture) nella mediazione del rischio - Questo approccio non nega la realtà ontologica dei pericoli, non nega la possibilità (in alcuni casi) di determinarne la probabilità, ma considera il modo in cui essi vengono trasformate in rischi all'interno delle diverse culture alla luce della diversità e della specificità di norme, valori e concezioni di responsabilità che ogni cultura esprime - Questa prospettiva si è iniziata ad affermare agli inizi degli anni 80, condividendo con l'approccio di Beck e gli altri teorici della Società del Rischio il rifiuto del monismo interpretativo tipico della prospettiva ingegneristica, che si caratterizza per la marcata attenzione agli aspetti sociali, culturali e storici in cui le diverse concezioni di rischio di sviluppano e si affermano - Questa prospettiva sottolinea l'importanza del contesto sociale, culturale e storico - La Cultural Theory rappresenta un punto di rottura rispetto ai paradigmi fondati sull'idea dell'individuo come agente razionale o sul criterio della massimizzazione dell'utilità marginale a criticare le universalizzante pretese di verità tipiche degli approcci razionalistici - Il contributo specifico dell'antropologia è quello di porre l'accento sull'importanza della cultura come insieme di norme, idee, pareri che sono condivisi a livello di gruppo di appartenenza Un elemento fondamentale proposto da Douglas e il concetto di accettabilità del rischio che non può essere considerata soltanto in base alla probabilità o al danno conseguente. Il modo attraverso cui gli individui valutano un dato pericolo o una minaccia, e i motivi in base ai quali li riconoscono come tali appaiono profondamente influenzati dal contesto socioculturale di riferimento: la cultura definisce cosa temere, quanto debba essere temuto e come agire di conseguenza - La necessità non è quella di stabilire soglie di sicurezza universalmente accettabili, come implicitamente suggeriscono i sostenitori degli approcci razionalistici, quanto riflettere sulle norme e i valori che definiscono l'appropriatezza delle scelte che gli individui NB: Ogni gruppo sociale tende a sviluppare e istituzionalizzare forme di preoccupazione nei confronti di specifici pericoli: malattie, guerre, stregoneria, ira degli dei, criminalità ho rischi ambientali = le società e i gruppi sociali tendono a non preoccuparsi allo stesso modo di fronte a tutti questi pericoli: ciò che per alcuni può essere considerato oggetto di autentico terrore, per altri risulta essere totalmente irrilevante - Il rischio plasma le istituzioni e queste a loro volta plasmano le definizioni di rischio - L’autrice constata che le società cosiddette primitive e quelle tecnologicamente più avanzate condivido nell'arca parte lo stesso tipo di risorse culturali necessari per gestire e contenere i pericoli All'interno della teoria culturale il problema dell'alterità e dei modi in cui essa è rappresentata come minaccia, assumi una particolare rilevanza: attraverso il concetto di rischio, l'altro è costruito come presenza contaminante, che deve essere soggetta a forme di controllo o di allontanamento, sia fisico che simbolico Richiamo a Durkheim Sembra che la teoria culturale posso iscriversi nell'ambito delle teorie neo-durkheimiane, esprimendo VW cioè un'idea al tempo stesso strutturalista e funzionalista: la conoscenza, il linguaggio, i valori che ispirano le scelte, non sono dati una volta per tutte, ma sono un'invenzione collettiva, un insieme diversificato di “rappresentazioni sociali" che possono caratterizzare un'intera società o alcuni specifici gruppi al suo interno - Secondo l'autrice per comprendere a fondo una certa società è necessario lo sviluppo di una teoria sociale della conoscenza in quanto fonte inesauribile di significati: la differenza tra sporco e pulito, tra commestibile e non commestibile, tra puro e impuro rappresentano i prodotti di determinate strutture sociali, la finalità e assicurare la loro sopravvivenza (finalità uguale per tutte le culture) = un certo tipo di minacce e di pericoli viene codificata all'interno della cultura attraverso l'apprendimento sociale - È dunque importante porre l'accento sul rapporto tra rischi e sistemi di credenze - Il rischio è visto anche come una tecnica di coercizione, capace di garantire la continuità delle istituzioni sociali e delle gerarchie NB: guardando a rischio come costrutto collettivo e all'idea che i modi in cui esso viene percepito e in cui esso viene considerato accettabile siano costruzioni sociali, ne consegue che anche la selezione dei rischi e le relative risposte sociali possono differire in maniera sostanziale in base alla specifica cultura d'appartenenza - Il modo in cui percepiamo il pericolo non è spiegato in termini di percezioni e strategie cognitive del singolo individuo, ma da atteggiamenti costruiti e mediati delle singole culture (Vedere screen fatti, aggiungere cose sulla CT e Mary Douglas) La Teoria Culturale pone enfasi al rapporto tra rischi e conflitti: il rischio viene concettualizzato come inesauribile fonte di conflitto sociale che reclama sanzioni simboliche nei confronti di coloro che vengono additati come responsabili e colpevoli - Imputare rischi alla decisione umana comporta che un insieme sempre più ampio di problemi sociali, quali ad esempio l'abuso di alcol, la criminalità, il terrorismo e l'immigrazione tendano ad essere definiti e trattati come minaccia la sicurezza, legittimando una serie di interventi (anche di natura politica) che hanno una forza coattiva nei confronti degli individui e dei gruppi sociali definiti come responsabili = il rischio non è mai eticamente e politicamente neutrale e la paura per il pericolo tende a rafforzare incoraggiare, soprattutto in situazioni di stress e disagio sociale, l'imputazione delle responsabilità a carico degli altri, definiti come capri espiatori per giustificare discriminazioni, atteggiamenti di xenofobia e persecuzioni di ogni tipo Secondo l'autrice, l'accresciuta rilevanza del concetto di rischio nelle società industrializzate, che si manifesta con la crescente paura per le conseguenze dei rischi tecnologici, rende necessaria una riflessione su come il rischio si sia declinato in diversi contesti storici e culturali perché non sempre il rischio è stato connotato negativamente, in termini di pericolo - Il concetto di rischio presenta alcune significative analogie con quello di tabù e di peccato e del loro uso come spiegazione causale per ciò che è andato per il verso sbagliato NB: Il merito principale riconosciuto alla Cultural Theory è quello di aver ampliato i campi di indagine pertinenti al tema del rischio: costituendo quest'ultimo un costrutto socio culturale, permette di relativizzare il punto di vista dei tecnici e degli esperti oltre a permettere di spostare l'accento dai problemi legati alla gestione del rischio, verso i processi di costruzione di significato attraverso cui i rischi vengono definiti come elementi culturalmente significativi - Il rischio non è più un concetto specialistico è circoscrivibile alla sola questione ambientale, qual è l'impatto delle tecnologie, ma ricomprende anche altri ambiti riferibili alla costruzione dei problemi sociali come l'abuso di alcol, il terrorismo e l’immigrazione, che vengono sempre più trattati e definiti in termini di rischio, Sulla base del fatto che le loro conseguenze indesiderate siano definite come esiti di scelte e responsabilità dei decisori pubblici - La Cultural Theory ha inoltre contribuito a ridurre le distanze tra analisi quantitativa e analisi qualitativa dei rischi - La medicalizzazione e la moralizzazione della gravidanza rappresentano un ambito di analisi quasi elettivo per la CT. Nelle società occidentali, l'attesa di un neonato che, apparentemente risulta essere una condizione fisiologica e naturale, si è trasformata nel tempo in un insieme di rischi la cui responsabilità ricade interamente sulla gestante, che si affida alle cure mediche e degli esperti per amplificazione o mitigazione del segnale stesso. Ne consegue la necessità per un comunicatore del rischio di ragionare sulle strategie di comunicazione da adottare facendo riferimento alle norme e ai valori della collettività a cui sono diretti i messaggi - Douglas ha il merito di aver realizzato le culture del rischio e ridimensionato le pretese di universalità della cultura dei tecnici e degli esperti, valorizzando il contesto culturale di riferimento = se non si affronta il nodo delle basi socio culturali soggiacenti alla selezione delle attività considerate rischiose in un dato contesto, qualsiasi strategia volta a informare e sensibilizzare sui rischi incorre nella possibilità che queste azioni risultino inefficaci se non addirittura controproducenti - Nonostante il riconoscimento della centralità dei media, il lavoro dell’autrice riporta scarsa attenzione al ruolo dei media nella costruzione simbolica dei conflitti attorno ai rischi L'approccio della CT alla comunicazione del rischio si può sintetizzare in tre punti chiave - L'idea del rischio come costruzione sociale e l'enfasi passa sulla cultura come inevitabile e insostituibile elemento di mediazione - Ogni gruppo tende a sviluppare autonomamente le proprie concezioni del rischio e valutare i rischi in coerenza con le proprie concezioni della natura, della responsabilità e dell'equità - A ciascun gruppo sociale può corrispondere vuoi una particolare cultura del rischio Il processo di comunicazione può essere immaginato come uno scambio simbolico, in cui la “realtà culturale” dell'evento rischioso è il risultato della mediazione culturale che si realizza all'interno di ciascun gruppo sociale - La combinazione delle diverse alternative concorre a definire la decisione politica sui rischi - Il ruolo del comunicatore consiste dunque nell'analisi contestuale delle culture del rischio e nella messa a punto di strumenti e di strategie ad hoc, tenendo a mente che secondo questo approccio non è possibile aspettarsi un mutamento radicale ed immediato delle credenze e nei comportamenti (le culture del rischio tendono ad una certa stabilità) Esempio dell'attuazione della CT nella campagna di comunicazione realizzata nel 2007 dal Drug and Alcohol Service for London Questa campagna è stata portata avanti per scoraggiare l'abuso di alcol (binge drinking) da parte delle giovanissime. Sia l'immagine che il claim (“se bevi come un uomo finirai per assomigliargli”) ribaltano completamente sia le immagini seduttive tipiche dell'advertising che l'immaginario del “mondo adulto” sul consumo delle bevande alcoliche - La scelta comunicativa punta sull'insieme di norme che definiscono il “comportarsi da ragazza”, dei nuovi modelli di femminilità “ribelle”, che incorporano i rituali del bere come i maschi. Per questo, il messaggio “se bevi come un uomo finirai per assomigliargli” appare piuttosto chiaro, perché in evidente conflitto con il desiderio di essere seducenti e il bisogno di approvazione - il rischio viene definito nella prospettiva culturale delle destinatarie del messaggio come pericolo di perdere la propria bellezza e femminilità prima ancora di un estratto problema di salute che potrebbe manifestarsi in un remoto futuro: nel manifesto si parla prima di rughe, di perdita dei capelli e di obesità piuttosto che di cancro al seno, menopausa anticipata e perdita della memoria La CT rappresenta uno strumento euristico importante per comprendere fenomeni culturalmente complessi, come la pressante riluttanza di alcuni genitori e somministrare ai propri figli vaccini contro malattie infantili quale il morbillo, rosolia e orecchioni - Molte indagini epidemiologiche hanno evidenziato un nesso tra le convinzioni religiose, i tassi di vaccinazione e l'incidenza di queste malattie e della poliomielite. Sembra emergere che le persone protestanti tendano a rifiutare l'immunizzazione: in una cultura letteralmente dominata dall'idea di predestinazione, i vaccini vengono visti come ogni inaccettabile interferenza nei confronti della divina provvidenza. Anche nei contesti socio culturali più secolarizzati non mancano i dilemmi e i conflitti attorno alle vaccinazioni che però si ripropongono in altri termini, ad esempio in relazione al preteso e non dimostrato nesso di causalità tra vaccini ed autismo. L'indagine ha mostrato come genitori, medici ed epidemiologi facessero riferimento a concezioni del rischio e molte diverse tra di loro, rendendo necessarie forme di comunicazione in grado di superare questo tipo di barriere - La perdita di autorità da parte dell'assenza nel corso del tempo ha prodotto lo scetticismo nei suoi confronti, creando il presupposto culturale per la riluttanza delle famiglie a vaccinare i propri figli il ritorno dell'epidemia di morbillo e rosolia Limiti della Cultural Theory Secondo alcuni l'eccessiva rigidità della teoria la renderebbe difficilmente utilizzabile, innanzitutto perché il fenomeno del cultural bias non si manifesta sempre, né in modo uniforme e prevedibile; in secondo luogo perché l'identità culturale degli individui non è mai totalmente riconducibile alla cultura di appartenenza: questi ultimi possono far riferimento a una pluralità di norme, valori e credenze; le colture del rischio non sono statiche di immutabili così come gli orientamenti delle persone rispetto a un dato rischio possono cambiare radicalmente con il tempo e l'esperienza - Tra i limiti della teoria culturale va segnalata la sua staticità: essa non può fornire indicazioni previsionali su come le cose possano essere dette entro un particolare contesto culturale - Uno degli aspetti più contestati a Mary Douglas è l'atteggiamento “conservatore” nei confronti dei movimenti ambientalisti e dei gruppi di interesse “liberal”. Miriam Lee Kaprow critica un particolare astio nei confronti di questi gruppi, presentando le industrie inquinanti come vittime. Gli autori sono accusati di banalizzare e sottovalutare la realtà fisica di alcuni tipi di rischio, trascurando ad esempio il fatto che inquinanti come il piombo o la formaldeide danneggiano realmente il sistema nervoso Sia l'approccio euristico che quello psicometrico implicano l'idea che i contenuti della comunicazione del rischio debbano essere prevalentemente incentrati sull'educazione e sull'informazione anche se non è del tutto chiaro fino a che punto è come l'aumento di conoscenza possa modificare la percezione del rischio e la fiducia negli esperti CAPITOLO 5 – LA SOCIAL AMPLIFICATION OF RISK (SARF) Il Modello dell’amplificazione sociale del rischio (SARF) è stato elaborato da un gruppo interdisciplinare di studiosi, prevalentemente geografi e psicologi, riunitisi alla fine degli anni 80 presso la Clark University di Worcester (Massachusetts) attorno alla figura di Roger Kasperson e della moglie Jeannette, provandosi di superare almeno in parte alcune delle contraddizioni e dei limiti delle teorie precedenti. Al gruppo iniziale si aggiunsero diverse personalità accademiche come Slovic, Pidgeon e Ortwin Renn - il Modello della Social Amplification of Risk, nonostante la notevole popolarità internazionale, appare ancora poco trattato nella saggistica italiana - Modello che si sviluppa negli anni 80, segnati da una crescente inquietudine della società nei confronti dei rischi, anni della catastrofe di Chernobyl). In quel periodo iniziava a tracciarsi sempre più la necessità di mettere a punto un approccio interdisciplinare di fronte al sostanziale fallimento degli approcci teorici riferibili al paradigma dell'attore razionale evidenziato che ciò che gli esseri umani percepiscono come rischio è influenzato non solo da fattori psicologici qualitativi ma anche dai valori, dagli atteggiamenti, dall'influenza sociale e dell'identità culturale = gli individui non agiscono isolatamente, ma in quanto membri di un certo tipo di unità sociale più ampia che definisce le percezioni e le interpretazioni del rischio più coerenti al sistema di valori e alle conoscenze preesistenti - La sua impronta interdisciplinare nasceva dal riconoscimento che il campo degli studi sul rischio già trent'anni fa fosse un mosaico formato da molte scuole e prospettive diverse. Un modello caratterizzato dall'insoddisfazione per la rigidità e la scarsa attenzione riservata nei confronti dei fattori contestuali del modello della percezione del rischio - L’obiettivo della SARF è quello di mettere a disposizione degli studiosi un più ampio insieme di strumenti per individuare, classificare e ordinare i fenomeni individuali e sociali rilevanti usati da individui, gruppi ed istituzioni per definire, comprendere e agire nei confronti dei rischi = si parla metaforicamente di un ombrello sotto il quale, al fianco degli approcci probabilistici, economici ed attuariali, trova uno spazio anche i contributi di matrice psicologica sulla percezione del rischio e sulle risposte comportamentali, oltre ai contributi delle diverse teorie socio culturali = integrazione delle conoscenze e miglioramento della comprensione dei fenomeni osservati - La caratteristica più specifica di questo approccio è l'apertura alla complessità dei processi sociali che danno luogo a fenomeni di amplificazione e la molteplicità delle dimensioni analitiche - Questo modello sull'idea secondo cui la natura del rischio è ambivalente: il rischio è in parte reale e in parte costruito socialmente NB: è necessario comprendere e spiegare in modo approfondito i motivi per cui certi tipi di eventi rischiosi, sebbene valutati dagli esperti come poco rilevanti, diventino estremamente significativi per la società, mentre al contrario altri tipi di eventi, considerati gravi dagli esperti, destino non solo scarsa preoccupazione ma anche a scarsa attenzione da parte dei medici del pubblico tecnici o probabilistici da un'emittente esperta ad una platea di destinatari profani, né tantomeno nell'individuare genericamente i media (o meglio la loro pretesa capacità di distorsione) come cause uniche in grado di spiegare l'aumento delle preoccupazioni del pubblico. Ciò impone di guardare alla comunicazione in senso molto più ampio, allargando il campo di analisi a qualsiasi messaggio veicolato da qualsiasi fonte attraverso qualsiasi canale, addirittura anche i messaggi veicolati involontariamente L'ambiente, la salute, il crimine, il terrorismo, la guerra in qualsiasi altra fonte di incertezza, che abbia a che fare con la sicurezza, l'incolumità e il pericolo, non solo rientrano nella concettualizzazione dei rischi proposta dalla SARF, ma rappresentano quasi per definizione i temi di forte interesse da parte dei media mainstream (televisione, radio, giornali) Punti di contatto tra la SARF e altre teorie - La SARF riscopre rilevanti analogie con la “Communication Research”, e in particolare con quelle teorie che studiano i processi attraverso cui una minaccia (presunta o reale) si enfatizzata dai media fino a produrre conseguenze sociali reali (ad esempio le teorie del panico morale). Entrambi gli approcci postulano che per molti aspetti della vita la nostra conoscenza della realtà non derivi dall'esperienza diretta di un evento o di un fatto quanto da conoscenze di seconda mano, provenienti in larga misura dai mass media e filtrate da individui identità sociali riconosciuti come stazioni di amplificazione. Un altro punto di contatto tra i due campi di ricerca e la concettualizzazione “ampia” e a lungo termine degli effetti, che non guarda solo alle reazioni immediate o di breve periodo (proteste), ma anche ad effetti secondari di lungo termine (sfiducia e rifiuto nei confronti della scienza e della tecnologia o verso le istituzioni) - Si riscoprono punti di contatto anche con la Teoria dei media hypes (bolle mediatiche), che studia i processi di amplificazione e rinforzo delle notizie su eventi legati a rischi reali o ipotetici evidenziati dai media come possibili minacce alla salute o all'incolumità dei cittadini NB: Si cerca di capire come alcuni tipi di eventi, percepiti come potenzialmente rischiosi, possano dar luogo a un repentino e temporaneo aumento dell'attenzione da parte dei media ed innescare imprevedibili catene di eventi, con conseguenze non solo sulle organizzazioni e sugli attori istituzionali deputati al controllo del rischio ma anche sugli altri sistemi sociali - Sebbene l’approccio SARF nasca nel contesto degli studi sui rischi naturali e tecnologici, la sua flessibilità consente di estendere l'analisi anche a rischi di altra natura come il crimine e per capire come mai eventi violenti tendano a generare particolari processi di amplificazione da parte dei media (forse da mettere all’inizio, nella descrizione dell’approccio) I media digitali non rappresentano semplicemente un canale tra tutti gli altri ma un mondo ancora poco esplorato, che deve essere letto sia nei termini di un'opportunità ma anche nei termini di una possibile fonte di problemi - Internet e i social media producono importanti implicazioni sul processo di valutazione, comunicazione e gestione del rischio, oltre ad essere una risorsa importante in grado di abbreviare la distanza tra esperti e profani e per implementare nuovi modelli di mitigazione del rischio in contesti culturalmente e spazialmente distanti tra loro. Allo stesso tempo, rappresentano un canale in grado di innescare processi di diffusione incontrollata di rumors e bufale Distinzione tra messaggio e rumore All'interno del flusso continuo e sovrabbondante di informazioni che caratterizza le società complesse, per il pubblico è diventato sempre più difficile distinguere il primo dal secondo, rendendo praticamente impossibile prevedere né quali messaggi avranno effetto, né il tipo di effetti che si produrranno sul destinatario finale - La SARF assume come potenzialmente rilevanti tutti i messaggi indipendentemente dalla fonte, dal destinatario e da tutti i possibili canali e direzioni in cui messaggi sono veicolati, adattando una visione allargata della comunicazione: un'idea nuova che identifica la comunicazione del rischio come la via principale dell'applicazione sociale Il tema della fiducia Questo tema assume un'importanza centrale nell'elaborazione teorica proposta dalla SARF, soprattutto in termini di credibilità e possibilità di confidare nelle istituzioni. La capacità di costruire, rafforzare o ripristinare la fiducia del pubblico e degli stakeholders nei confronti delle istituzioni, risulta essere l'obiettivo primario della comunicazione del rischio - Spesso la fiducia individuata come strumento per la riduzione “sistemica” della complessità e rappresenta una risorsa cruciale nel processo di elaborazione dell'incertezza connessa al rischio; è molto più facile perderla che costruirla: la fiducia rappresenta un'importante fattore sia di amplificazione che di attenuazione, ad esempio, quando è necessario ripristinare la fiducia del pubblico, l'emergere di percezione di inadeguatezza, in competenza e responsabilità rappresenta un potente fattore di amplificazione del rischio - Un altro importante fattore di amplificazione e lo stigma, legato al tema della fiducia, cioè le etichettamento di persone, gruppi, organizzazioni e/o tecnologie, che vengono socialmente identificate e caratterizzate come naturalmente pericolose e cattive: l'energia nucleare, gli OGM, alcune biotecnologie tendono ad essere immediatamente durevolmente associata a concetti come pericolo, tossicità, morte e disastro Critiche alla SARF Steve Rayner, pur riconoscendo a Kasperson e i suoi collaboratori il merito di aver compreso il carattere socialmente costruito dai rischi è tentato di ricomporre la frammentazione dei diversi paradigmi sul rischio, mette in luce i limiti della metafora dell'amplificazione: essa è ritenuta insufficiente per connettere efficacemente concetti di ipotesi e inoltre sembra suggerire quasi l'idea che gli attori sociali si muovano passivamente in un quadro in cui non c'è molto spazio per le scelte individuali. Pur riconoscendo i limiti dei modelli comunicativi lineari, la SARF, inoltre, sembra non specificare quale sia una plausibile alternativa - Altri critici, come Arie Rip, accusano la SARF di utilizzare una terminologia di effetto che, se da un lato appare ricca di affascinanti metafore, dall'altro propone un apparato concettuale vago e contraddittorio, poco utile ad identificare e studiare i problemi - Altri autori, hanno individuato, al di là delle grandi ambizioni e della collocazione marcatamente interdisciplinare della SARF, una scarsa capacità previsionale, riuscendo a dirci cosa succede ma senza spiegarci il perché - Viene messa in discussione anche l'idea del sistema di media come scatola nera che veicola in modo indifferenziato le informazioni sul rischio: è una semplificazione poco realistica La SARF tenderebbe ad essere superata da altri approcci di studio più attenti ai processi di interpretazione del pubblico e al ruolo interpretato dai diversi attori sociali nella costruzione dei messaggi mediali Contributi della SARF Dal 1988 ad oggi, i contributi teorici ed empirici riferibili alla SARF si sono accumulati stratificati fornendo un enorme repertorio di dati e casi di studio, oltre a variabili identificate come teoricamente rilevanti per comprendere la dinamica dei rischi e delle loro conseguenze - La SARF offre un articolato dispositivo di monitoraggio, un insieme di strumenti per l'elaborazione di policy, che a posteriori permette la selezione delle dimensioni d'analisi effettivamente rilevanti ai fini dell'amplificazione/mitigazione dei rischi e la loro valutazione da parte degli analisti del rischio e da decisori politici - La SARF evidenzia una serie di punti chiave per delineare i futuri sviluppi della comunicazione del rischio: innanzitutto il riconoscimento della sua natura altamente specializzata, che si fonda sui risultati di un'ampia letteratura di ricerca sugli aspetti psicologici e sociali del rischio; il secondo punto chiave è l'attenzione ai contesti sociali e culturali in cui avvengono gli scambi comunicativi e il ruolo nella determinazione degli effetti di amplificazione; infine lo sguardo sistemico è aperto alla complessità delle interazioni tra le varie stazioni di amplificazione alla molteplicità dei canali che le interconnettono e i feedback tra diversi livelli Nello studio dei fenomeni di amplificazione vanno considerati il ruolo e la portata della comunicazione del rischio, che va intesa come un processo socialmente, culturalmente e geograficamente situato. Le strategie di comunicazione si riferiscono a situazioni ed eventi chiaramente circoscritti dal punto di vista geografico e devono considerare il modo in cui le decisioni sui rischi impattino sulla popolazione e sulle istituzioni, che al tempo stesso sono artefici del rischio e ne subiscono le conseguenze Alcune ricerche si sono focalizzate sul ruolo di Internet nei processi di amplificazione del rischio Internet molto spesso viene utilizzato come canale per veicolare informazioni e far conoscere le proprie istanze, in grado di generare una crescente attenzione anche da parte di media Stream su un determinato argomento Le epidemie di origine zoonotica costituiscono un'importante banco di prova per testare empiricamente la validità delle teorie della SARF e per comprendere meglio il carattere intrinsecamente normativo del suo uso da parte delle autorità pubbliche: l'idea che un certo tipo di rischio produca delle reazioni esagerate da parte del pubblico implica un giudizio di valore modellato sulle idee e sulle attese delle autorità - Le ricerche evidenziano come anche le persone comuni facciano riferimento a qualche idea sull'applicazione del rischio, utilizzando cliché e stereotipi tipici del discorso delle autorità sui risk claimer, definiti di volta in volta come allarmisti, pronti a dare forza allarmi o saltare sul carro dei vincitori e così via. In queste situazioni, l'efficacia della comunicazione del rischio dipende fortemente dalla fiducia pregressa nei confronti delle autorità (strumento essenziale per la medicazione del rischio stesso) - Il livello di analisi si è gradualmente spostato dall'individuo (livello micro) alle comunità, ai conflitti locali, alle organizzazioni e a specifici movimenti dell'opinione (livello meso) fino a comprendere l'impatto del rischio sull'intera società e sulla sua stessa produzione culturale (livello macro) - La comunicazione del rischio ha progressivamente incluso nel suo campo di analisi nuove conoscenze disciplinari: psicologia, scienze sociali, scienze politiche, neuroscienze, geografia, linguistica e diritto contribuendo in questo modo a caratterizzare questo campo di ricerca per la sua interdisciplinarietà Questi aspetti hanno una grande rilevanza sia per la pianificazione strategica della comunicazione del rischio che nella formazione dei funzionari: sottovalutare la loro rilevanza tende facilmente a tradursi in scelte inadeguate o controproducenti - La necessità di inquadrare correttamente i problemi e adottare un determinato approccio teorico piuttosto che un altro, rende necessaria una valutazione consapevole o, meglio, autoriflessiva delle finalità e dei possibili effetti indesiderati della comunicazione Secondo Fischhooff il primo obiettivo della comunicazione del rischio (intesa come scambio di informazioni tra vari soggetti, inclusi i decisori, gli esperti, i cittadini esposti) è quello di produrre decisioni informate, aiutando i decisori (politici, tecnici, singoli cittadini) a prendere le migliori decisioni possibili. La comunicazione del rischio dovrebbe conciliare la consapevolezza dei limiti cognitivi e temporali che caratterizzano la decisione, l'esigenza di rappresentare adeguatamente l'incertezza, la necessità di porre il problema decisionale in modo semplice e ben formulato con alternative di scelta e possibili conseguenze definite in modo chiaro tenendo sempre ben presente la libertà dell'individuo il diritto di scegliere su questioni che lo riguardano in prima persona - Tutto ciò comporta una precisa assunzione di responsabilità da parte degli scienziati e degli esperti deputati alla valutazione del rischio: “il compito degli esperti non è solo fornire conoscenze generiche e lasciare che le persone gli diano un senso; il loro compito e fornire i migliori consigli possibili in modo che essi siano significativi, permettendo di prendere decisioni razionalmente” - Ciò presuppone implicitamente l'esistenza di un contratto sociale che impegna le parti a rispettarsi, cooperare, consentire all'altro di esprimere i propri bisogni delle proprie necessità, riconoscendo a ciascuno il diritto di essere ascoltato e poter ricevere informazioni di cui ho bisogno sui rischi Come è cambiato nel corso del tempo il ruolo della scienza nella comunicazione del rischio Il ruolo il prestigio sociale della scienza si sono nel corso del tempo ridimensionati per far spazio a un crescente sentimento di scetticismo e di diffidenza (se non addirittura ostilità) nei confronti di quest'ultima = cambiamento nei rapporti tra rischio e società: tema di ricerca che ha fortemente caratterizzato gli studi sociologici sul rischio - I comunicatori del rischio sono chiamati a mediare non solo tra punti di vista diversi sul rischio, ma su visioni del mondo conflittuali al punto tale da sembrare apparentemente inconciliabili tra di loro: una sfida che si radicalizza con l'arrivo e il consolidamento di Internet e in particolare di social media, all'interno del mediascape. Le immagini del mondo create e veicolate da e attraverso i media e la loro capacità di creare repertori interconnessi di immagini, narrative descrivono una visione globalizzata del mondo. I media digitali, affiancandosi alla stampa, al cinema, alla pubblicità, contribuiscono a definire la realtà sociale: Muller-Mahn ed Everts hanno sottolineato come la disponibilità di queste immagini renda effettivamente visibile e comprensibile il carattere globale e gli impatti locali dei “nuovi” rischi analizzati da Beck Concetto di riskscapes Questo concetto fa riferimento al modo in cui certi rischi possono attualizzarsi entro particolari territori geografici. Inoltre, si riferisce anche al modo in cui questi territori a rischio diventano notizie, poi discorsi e infine occasioni di consumo mediale fino ad acquisire importanza per gruppi sempre più ampi, dando luogo ad una serie di impatti Negli ultimi 10 o 15 anni, la diffusione sociale delle tecnologie digitali ha profondamente cambiato il modo di rappresentare sia i rischi che le catastrofi oltre al modo di relazionarsi con essi - Eventi come gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 A New York, lo tsunami di Sumatra del 2004, l'uragano Katrina, le epidemie di influenza aviaria e suina e il terremoto di Sendai/Tohoku, sono stati costruiti utilizzando le testimonianze digitali dei cittadini e dei sopravvissuti: l'inedita disponibilità e capacità di questo tipo di immagini e la possibilità di un loro uso strumentale rappresentano una delle sfide della comunicazione del rischio nel prossimo futuro - Le potenzialità e le vulnerabilità di Internet, e in particolare dei social media costituiscono oggi un elemento con il quale la comunicazione del rischio deve necessariamente misurarsi e che da qualche tempo stanno trasformando il modo in cui i comunicatori si approcciano e interagiscono con i rischi e le crisi - Si tratta di una trasformazione in grado di incidere profondamente sugli stessi paradigmi della comunicazione del rischio, rendendo sempre meno praticabile le strategie comunicative basate sui modelli lineari; inoltre, il venir meno dell’idea di un pubblico come massa di individui atomizzati, sottesa ai modelli trasmissivi e verticali rappresenta da qualche decennio, l’oggetto della riflessione nell’ambito sociologico dei media e della cultura L’aumento della quantità, della disponibilità e dell’accessibilità delle informazioni può tradursi nella tendenziale distruzione della gerarchia delle competenze, favorendo l’adozione di un modello policentrico, globale di discussione, che dovrebbe generalizzare e globalizzare lo scetticismo nei confronti della scienza - Le distorsioni introdotte dall’utilizzo dei motori di ricerca, la mole di informazioni false, non verificate ed obsolete, l’assenza di controlli di qualità sui contenuti possono influenzare la percezione “culturale” del rischio - Attraverso Internet , individui e gruppi relativamente privi di potere possono far ascoltare la propria voce, offrendo nuove opportunità per implementare strategie di comunicazione del rischio, più democratiche ed inclusive Il ruolo delle reti interpersonali/sociali (informali o tecnologicamente mediate) è stato riconsiderato ed è destinato ad avere un crescente interesse, trovando terreno fertile nell’avvento della cosiddetta networked society, la quale postula l’idea di una radicale trasformazione della struttura sociale che, da insieme di gruppi relativamente integrati (vicinato, scuola, organizzazioni volontarie e professionali) tenderebbe a riconfigurarsi come sistema aperto, fondato su relazioni che connettono tra loro individui e gruppi - Una simile trasformazione sembra essere stata realizzata su larga scala anche grazie alla disponibilità delle tecnologie digitali, che hanno messo a disposizione degli individui un insieme di piattaforme e reti tecnologiche, aprendo la via a nuove forme di socialità Deborah Lupton ricorda come la mole di ricerche sul ruolo dei media tradizionali pone in rilievo la necessità di ampliare la riflessione scientifica sul modo in cui i media digitali intervengono nei processi di costruzione del rischio, ad esempio, come fonti di informazione sulla salute NB: Bisogna considerare però, anche un aspetto problematico come quello relativo alla disseminazione intenzionale e strategicamente orientata di false informazioni (misinformation) volte a manipolare il pubblico e che producono effetti potenzialmente gravi - Pur riconoscendo l'efficacia dei social media come strumento per migliorare la comprensione e supportare l'azione nel corso delle emergenze, continui ad emergere un loro lato oscuro, legato alla disseminazione di notizie false e sempre più indistinguibili da quelle prodotte da fonti accreditate - Veil, Buehner e Palenchar hanno evidenziano come la disinformazione non possa più considerarsi come un'eventualità, ma che sia ormai divenuta una costante nella gestione della comunicazione durante o immediatamente dopo una crisi. Altri autori, invece, fanno riferimento alla scarsità delle ricerche sul ruolo delle voci (rumors) nella produzione e nella diffusione di contro narrative e del loro impatto sulla percezione del rischio. Il problema dei rumors si riscontra sia nell'ambito della salute che nell'ambito dei rischi naturali Internet e i social media sono destinati a divenire il principale scenario dei conflitti sul rischio , in grado di radicalizzare la lotta epistemica sulle fonti e la valenza politica del sapere. Gli autori che hanno tematizzato la società del rischio hanno più volte rilevato come la quantità delle decisioni politiche sia prima di tutto legata alla legittimazione delle fonti di conoscenza - Molte delle più rilevanti controversie sui rischi possono essere lette come lotta epistemica tra i diversi risk calaimers sulla scena, che competono per affermare la propria visione del rischio e che cercano, dunque, di universalizzare la propria visione, ciascuno facendo riferimento a particolari pretese di verità DA RIPOSIZIONARE DA QUI IN POI Diversi autori hanno indicato la teoria habermasiana dell'agire comunicativo come alternativa ai modelli trasmissivi della comunicazione del rischio e come fondamento irrinunciabile per le teorie della decisione partecipata - Questa teoria pone attenzione alla qualità dei processi deliberativi e si fonda sulla fiducia e l'ascolto reciproco Habermas propone 5 condizioni della razionalità comunicativa, che nella realtà appaiono difficili se non impossibili da individuare (poi le situazioni reali sono molto spesso diverse da quelle idealmente prospettate dall’autore) L. 150/2000, negli anni la sua applicazione non sembra aver portato alla definizione di profili professionali ben definiti - L'assenza di una vera e propria cultura della comunicazione e della prevenzione ostacola la creazione di profili professionali definiti e legati a specifici percorsi formativi, nonostante lo sforzo di alcune università nel mettere a punto un'offerta formativa adeguata - L'eccesso di frammentazione e la mancanza di profili chiaramente definiti dal punto di vista della formazione possono comportare gravi problemi: innanzitutto la moltiplicazione e la personalizzazione incontrollata dei messaggi e degli stili comunicativi tra diverse amministrazioni, che possono avere conseguenze sull'omogeneità e sulla coerenza dei messaggi, dunque, sulla credibilità del singolo emittente Le culture del risk management e di conseguenza quelle della comunicazione del rischio, si pongono in una relazione dialettica con le diverse culture che caratterizzano in senso più ampio il contesto organizzativo e dunque con i valori e i sistemi di credenze che lo caratterizzano, influenzando l'articolazione di piani e strategie - La comunicazione del rischio rischia costantemente di perdere la sua autonomia e specificità per essere riassorbita e reinterpretata all'interno di una cultura organizzativa sostanzialmente estranea alle sue peculiari finalità e alle specifiche competenze che essa richiede È necessaria una valutazione sugli elementi di convergenza e diversità rispetto ai contenuti delle “etichette” che definiscono oggi gli ambiti della comunicazione nel panorama italiano: da questo punto di vista gli ambiti maggiormente pertinenti sono quelli della comunicazione pubblica, comunicazione scientifica e comunicazione sociale (la comunicazione del rischio non può sovrapporsi completamente a un solo ambito comunicativo tra questi) - La comunicazione pubblica si rivolge ai cittadini per finalità socialmente rilevanti, consentendo di dialogare con lo stato e di far ascoltare le proprie richieste. E la comunicazione istituzionale e una particolare articolazione della comunicazione pubblica, che ha l'obiettivo di produrre veicolare informazioni ed immagini sulle attività, sulle funzioni e sulla produzione normativa delle istituzioni pubbliche. La comunicazione del rischio condivide con la comunicazione pubblica ed istituzionale la finalità di agevolare i processi democratici e le decisioni su temi di pubblico interesse = La decisione politica non rappresenta né l'unica né la principale finalità della comunicazione del rischio: la funzione più importante e produrre un pubblico informato, in grado di prendere autonomamente decisioni - Per quanto riguarda la comunicazione sociale, la comunicazione del rischio condivide con essa la nozione di pubblica utilità e l'attribuzione di funzioni di tipo educativo, volte cioè informare e produrre un mutamento nella percezione, nell'interpretazione e nel comportamento sociale. La comunicazione del rischio si nel più generale ambito della comunicazione di pubblica utilità, dovuta al fatto che essa svolge un'importante funzione di servizio pubblico, volta a coinvolgere il cittadino entro un modello di amministrazione condivisa - Per quanto riguarda la comunicazione scientifica, le interazioni tra la comunicazione del rischio e quest'ultima, non riguardano solamente le funzioni e gli obiettivi in comune ma anche il contenuto dei messaggi: sembra scontato che la comunicazione del rischio debba veicolare contenuti scientificamente fondati e validi, tenendo presente il carattere incerto e problematico che caratterizza per definizione le conoscenze sul rischio. Mentre gli scopi e le funzioni attribuite alla comunicazione del rischio sono relativamente circoscritti, gli obiettivi, le funzioni e le pratiche sociali della comunicazione scientifica, sono diventati assai più diversificati, implicando canali, linguaggi e pubblici differenti e perseguendo obiettivi distinti e talvolta in conflitto tra loro Uno degli aspetti più complessi della comunicazione del rischio riguarda il diverso modo di percepire o, meglio, costruire i rischi da parte degli scienziati e delle persone comuni - La differenza dei linguaggi utilizzati da scienziati e profani rappresenta uno dei più ricorrenti motivi di incomprensione, che spesso porta ad un vero e proprio conflitto: banale dirlo, ma sarebbe necessario l'utilizzo di linguaggi in grado di consentire la comprensione reciproca Dal punto di vista comunicativo, le funzioni e le regole del linguaggio naturale e quelle del linguaggio scientifico sono molto diverse tra di loro - Il primo utilizzato dai parlanti di una certa comunità e può cambiare nel corso del tempo - Il secondo, pur fondandosi sostanzialmente sul linguaggio naturale, si applica ad oggetti astratti e si avvale di convenzioni esplicite per definire il contenuto di particolari parole o simboli I diversi pubblici forniscono interpretazioni diverse di un concetto, di una parola oddio un dato, vb rispetto a quelle immaginate dal tecnico, dall'esperto Italo scienziato: non esiste una sola interpretazione giusta, ma una pluralità di interpretazioni diverse, mediate dalle particolari condizioni in cui il messaggio è recepito dell'elaborato = concezione del rischio come costruzione sociale piuttosto che come proprietà ontologica dell'ambiente - Ad esempio, nella pratica clinica parole come “sicuro”; “efficace”, “tollerabile” non esprimono dati di fatto ma un'interpretazione soggettiva da parte dell'epidemiologo, dell'analista o del medico che esegue la diagnosi: questa interpretazione potrebbe non coincidere con quella fornita da un altro collega, né con quella del paziente Concetto di probabilità e incertezza Il concetto di probabilità, nell'ambito della comunicazione del rischio, è uno dei temi più discussi, che oltre a rappresentare uno dei cardini della valutazione gestione dei rischi è diventato un tema chiave anche nel dibattito e nella manualistica settoriale - Reynolds e Seeger includono questo concetto nella loro definizione di comunicazione del rischio (“i messaggi relativi al rischio riguardano le probabilità di un certo danno e i relativi metodi per ridurlo”) - Nel linguaggio scientifico il concetto di probabilità ha un significato molto preciso e si associa a una serie di altri concetti come quelli di frequenza, campione, distribuzione, probabilità condizionale - Nel linguaggio naturale il concetto di probabilità tende invece ad essere utilizzato in modo quasi interscambiabile o in associazione con quelli di possibilità, plausibilità e credibilità Nell'ambito delle previsioni del tempo, un'affermazione apparentemente chiara come oggi, la probabilità che piova e del 30% non significa necessariamente aggiungere un'informazione in più a quella della frase oggi potrebbe piovere: piovere: questa semplice informazione statistica non solo può apparire ingannevole ma può dare luogo a interpretazioni significativamente diverse tra gli abitanti di città diverse, evidenziando la necessità di adattare i messaggi al modo di comprendere i concetti probabilistici da parte del pubblico e dall’altro la raccomandazione agli esperti e ai tecnici di non dare per scontato che i numeri costituiscano sempre un’informazione aggiuntiva in grado di rendere più “precisa” e credibile una previsione - La capacità di spiegare correttamente la probabilità è fondamentale per i dread risks, eventi catastrofici caratterizzati da una bassa probabilità e dall’elevato numero di vittime. In questo caso, sebbene il calcolo probabilistico non possa prevedere atti deliberati come gli attacchi terroristici dell’11 settembre, può certo aiutare a comprendere e ridurre alcuni possibili effetti collaterali, come ad esempio l’aumento del numero di incidenti stradali mortali, “causato” dall’ansia e dall’avversione a volare in aereo Il concetto di incertezza è caratterizzato da analoghi problemi. Dal punto di vista delle scienze sociali non appare utile far riferimento alle vecchie definizioni proposte da economisti come Keynes e Knight che distinguevano l’incertezza dal rischio per l’impossibilità di assegnare un valore di probabilità alla previsione - L’incertezza del sapere scientifico rappresenta un aspetto intrinseco e ineliminabile del rischio. Renn ha sottolineato come “se il futuro fosse predeterminato o indipendente dalle attività umane condotte nel presente, il termine rischio non avrebbe più senso” - Se da un lato L'incertezza aumenta la consapevolezza dei limiti della conoscenza, dall'altro non accenna a diminuire la domanda sociale di certezza rivolta agli scienziati e decisori politici. Tuttavia, sebbene l'incertezza sia un aspetto sempre più centrale della scienza, gli scienziati tendono a considerarla come un elemento particolarmente problematico nei rapporti con il pubblico, che spesso si traduce in atteggiamenti di esitazione, scarsa disponibilità o palese riluttanza a parlarne - La tendenza a sottostimare o negare l'incertezza si ritrova molto spesso in situazioni di rischio molto diverse tra loro. Le ricerche sulla percezione del rischio evidenziano come l'incertezza passa da fuoco a sentimenti di ansia, preoccupazione e frustrazione e rabbia - Alcuni autori sottolineano come la riluttanza a parlare in condizioni di incertezza possa essere interpretata come un atteggiamento ambiguo o evasivo in grado di alimentare atteggiamenti di sospetti nei confronti di scienziati e autorità NB: La valutazione dei rischi dovrebbe sempre misurarsi con i limiti della conoscenza scientifica ed il carattere incerto e provvisorio dei risultati. Per far sì che la probabilità di un certo evento negativo possa essere stimata con sufficiente precisione, oltre alla Definizione dei vari scenari è necessario che un dato evento si ripeta Con una certa frequenza che il numero di osservazioni consenta di valutare prognosticamente l'andamento del fenomeno - Dato che l'incertezza scientifica è una dimensione caratterizzante dei rischi che il diritto del pubblico ad essere tempestivamente informato è riconosciuto, l'incertezza non può essere considerata come un motivo sufficientemente valido per ritardare o negare le informazioni - La grande disponibilità di dati meteorologici provenienti dai satelliti e il continuo miglioramento delle tecnologie utilizzate hanno consentito un netto miglioramento delle capacità previsionali e una migliore capacità di gestire eventi estremi come uragani o cicloni; Purtroppo, però, anche la previsione più accurata implica la possibilità che i fenomeni evolvano in modo sostanzialmente differente da quanto previsto. (Ad esempio, nel caso dell'uragano Katrina, le analisi sull'innalzamento anomalo del livello delle acque marine sospinte dalla tempesta avevano ampiamente sottovalutato la variabilità delle stime e quindi i livelli massimi teoricamente possibili, con risultati catastrofici sulla successiva gestione dell'emergenza) Paton fa osservare come l'incertezza sia sottesa a tutte le decisioni che devono essere prese per fronteggiare i rischi ambientali: in situazioni di pericolo, la fiducia diventa una risorsa cruciale per gestire l'incertezza e la complessità dell'ambiente e delle scelte che è necessario prendere. Per costruire e La vastità del dibattito scientifico su questi temi, la fioritura di riviste e di convegni, il consolidamento di alcuni principi fondamentali, il loro recepimento anche nella letteratura manualistica Stanno favorendo una migliore integrazione tra teoria e ricerca e pratica - Affinché la comunicazione possa concretamente funzionare è necessario anzitutto che l'emittente conosca le caratteristiche del proprio interlocutore basandosi su fatti dimostrati piuttosto che su intuizioni e credenze di senso comune = Fischhoff Ricorda che lo scopo della comunicazione del rischio è di aiutare il pubblico a fare le scelte migliori e sottolinea il dovere di evitare affermazioni sulle presunte percezioni del rischio da parte del pubblico o sui suoi bisogni informativi, in mancanza di rigorosi dati empirici su ciò che il pubblico effettivamente sa e crede - Dato che gli errori nella comunicazione del rischio possono avere conseguenze negative, anche gravi, sulla salute e sull'incolumità delle persone Mellon hai insistito molto sull'importanza di un pretesto, dei messaggi (al pari della somministrazione di farmaci testati) - Un messaggio chiaramente comprensibile, ben strutturato, riduce le potenziali conseguenze negative in termini di salute, perdite economiche e conflitti dovuti a messaggi mal concepiti, approssimativi e sciatti che di certo non potrebbero aiutare il pubblico a prendere autonomamente decisioni informate La comunicazione del rischio assolve due importanti funzioni di riduzione dell'incertezza, sia riguardo agli aspetti tecnici della valutazione che alla complessità delle risorse sociali - La sua capacità di costruire fiducia nella doppia accezione di trust and confidence permette da un lato al pubblico di valutare meglio la situazione rischiosa, l'incertezza della valutazione scientifica, così come la sincerità e l'integrità di tecnici e decisori; dall'altro consente a questi ultimi di ridurre l'incertezza sociale, facendo luce sui processi psicologici, culturali e comunicativi attraverso quelle rappresentazioni del rischio sono costruite e consolidate, sull'effettiva necessità cognitive dei motivi di individui e gruppi e sui processi di mobilitazione e decisione politiche attivati dall'emergere dei rischi all'interno delle diverse organizzazioni possono convivere culture e approcci alla comunicazione molto diversi tra loro che combinandosi alla differente disponibilità di risorse possono sia favorire sia ostacolare l'implementazione dei principi pratiche e procedure per un'efficace gestione della comunicazione del risk - la necessità di rendere più uniformi omogenei comportamenti delle organizzazioni apportato molte organizzazioni da agenzie nazionali di internazionali di risk management o di disaster relief a dotarsi di specifici strumenti a supporto delle attività di comunicazione del rischio: questi strumenti dovrebbero consentire una più efficace mitigazione dei rischi e sono formalmente quattro: la formazione, i protocolli, le linee guida e le best practices che definiscono e fissano principi e criteri di carattere generali assunti come essenziali o fondamentali per governare le attività di comunicazione del risk. Le principali finalità di questi strumenti sono ridurre l'incertezza legata alla comunicazione, fornire ai funzionari indicazioni criteri e linee di condotta Condividi, stabilire principi e corsi d'azione coerenti con le evidenze empiriche ed evidenziarlo limitare i corsi d'azione arbitrari contraddittorio controproducenti Il protocollo indica un complesso rigidamente codificato di regole enunciazioni e delle conseguenti operazioni che definisce normativamente i comportamenti da tenere, identifica i ruoli, le responsabilità e le procedure adottare le linee guida sono un complesso di regole, enunciazioni riassunti di carattere generale che derivano dalla ricerca empirica e che sono enunciati in modo tendenzialmente meno rigido e in positivo dei protocolli. La loro finalità è supportare la decisione fornendo indicazioni di massima su criteri cui è stata devi confermarsi e sono spesso curati ho sviluppate da aspetti accademici o professionisti qualificati tenendo conto delle specificità del contesto le best practice tendono ad identificare, selezionare e generalizzare condotte che in situazioni concrete sono state già sperimentate con successo e che possono offrire suggerimenti e indicazioni pratiche che consentano ai professionisti di affrontare al meglio situazioni simili nel futuro Bisogna tenere a mente della necessità di un costante processo di ampliamento: non si può mai dare per scontato alla loro validità e la loro efficacia la necessità di formare adeguatamente i funzionari incaricati di gestire le attività di comunicazione del rischio è un fattore cruciale per agire consapevolmente tenendo conto dell'accresciuta rilevanza sociale e della crescente complessità teorica e tecnica - la formazione rappresenta un aspetto fondamentale per l'analisi del rischio e per numerose agenzie e istituzioni i programmi di formazione in comunicazione del rischio costituiscono da decenni una parte integrante dei curricula dei funzionari La valutazione della comunicazione del rischio Valutare la comunicazione del rischio è una variazione indispensabile che deve essere effettuata in corso d'opera o posteriori e serve a verificare la coerenza tra obiettivi e risultati, tra strategia ed effetti reali, tra risorse impiegate e benefici conseguiti - tra i compiti della valutazione c'è sicuramente quello di esplicitare i motivi che spiegano come e perché un certo programma di comunicazione dovrebbe funzionare - la valutazione serve a migliorare la conoscenza del problema, ad individuare gli errori commessi e i vincoli organizzativi, culturali ed economici che hanno contribuito a determinarli - secondo Fischhoff, se per costruire una strategia comunicativa o elaborare un messaggio si potesse disporre di un robusto set di principi validi e testati epicamente, la valutazione sarebbe praticamente sarebbe inutile. A distanza di anni e a fronte di ricerche, libri e articoli, si può forse sostenere che la moglie di prove empiriche sia quantomeno sufficiente per affermare la validità di alcuni di questi principi, molti dei quali canonizzati da all'omogeneità e dal consenso con i quali sono stati recepiti. Tuttavia, non c'è un consenso assoluto e totale, in primis perché nel corso del tempo le funzioni e le sfide della comunicazione del rischio sono cambiate, così come sono cambiati i quadri normativi, istituzionali e sociali entro le quali essa si colloca = l'eventuale consenso assoluto farebbe sì che su quella materia non ci sia più nulla da dire Da diverso tempo sia la letteratura di ricerca che le linee guida offrono dei criteri validi ben testati su come compiere la valutazione e su cosa debba essere valutato - lo scopo della valutazione non è solo quello di stabilire se le azioni di comunicazione messe in atto siano efficaci o meno: essa dovrebbe soprattutto capire come, perché e a quali condizioni possa esserlo. Inoltre, dovrebbe verificare la pertinenza e la congruenza tra mezzi e fini, evidenziare gli errori le criticità, consentendo di apprendere e migliorare le azioni future - La valutazione può avere naturalmente anche scopi strumentali: voi se le cose sono andate bene, serve a dimostrare l'impegno profuso e a convincere il management a continuare a finanziare le attività; se le cose sono andate male, le informazioni possono identificare la natura del problema e le misure necessarie per evitarle in futuro Kasperson e Palmlund evidenziano come la valutazione, e dunque la scelta degli indicatori da utilizzare e degli obiettivi da perseguire siano fortemente influenzati, oltre che dalle specifiche strategie adottate, anche dai valori e dei paradigmi impliciti e del valutatore - ad esempio, assumendo l'ottica del trasferimento di conoscenze, valutare la comunicazione del rischio significa soprattutto verificare l'efficienza del processo di trasferimento e la funzionalità dell'emittente, del messaggio, del canale e destinatario, con il fine di limitare il più possibile la perdita di informazione; se si assume come riferimento il paradigma psicometrico, valutare la comunicazione significa capire in che modo le persone semplifichino e personalizzano i messaggi, sì e in che modo questi possono aver modificato la loro percezione dei rischi; se si considera il rischio come l'esito delle interazioni tra le sorgenti di pericoli e le diverse visioni del mondo codificate nelle varie culture, la valutazione del rischio dovrà considerare i motivi per cui alcuni tipi di rischio vengano considerati gravi e altri no bisogna sempre ricordare che la comunicazione del rischio non è sospesa nel vuoto sociale e valoriale e pertanto non può prescindere dal contesto socio politico e legale entro cui essa opera: la decisione di adottare un particolare modello piuttosto che un altro esprime sempre delle particolari concezioni identiche dell'emittente, del destinatario e del processo di comunicazione sensibilità e capacità necessarie per comunicare il rischio da parte del personale, l'incapacità di comprendere i valori e le preoccupazioni delle parti interessate o l'impossibilità di contestualizzarle rispetto a temi e questioni sociali, economiche e politiche più ampie - La valutazione è in grado di creare nuove conoscenze che potranno essere incorporate a loro volta nei contenuti della formazione, nelle linee guida, nei protocolli nelle raccolte di best practices, reindirizzando la pianificazione strategica di azioni Che a loro volta saranno oggetto di successive valutazioni = processo autoriflessivo di costruzione e miglioramento dei saperi che potrebbe continuare all'infinito ma che in realtà è limitata dal tempo, dalle risorse economiche dalle decisioni politiche L'età relativamente giovane di questa disciplina, il suo carattere marcatamente interdisciplinare e la necessità di individuare i principi scientificamente condivisi da riadattare alle specifiche realtà culturali e territoriali rende necessario un costante rafforzamento del legame tra teoria e pratica, anche alla luce del continuo mutamento degli atteggiamenti socio culturali nei confronti del rischio
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