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RIASSUNTO: Roger Cousinet- M. Tomarchio- Catania, CUECM, 1996, Sintesi del corso di Pedagogia

1)prima formazione 2)Dallo sperimentalismo alla pedagogia 3) La pedagogia sperimentale 4) "Un metodo di lavoro libero" 5) Formare l’educatore nuovo 6)Dall’interesse alla motivazione 7) Il metodo in azione: attività, apprendimento, conoscenze 8) L’insegnamento della storia

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021
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Scarica RIASSUNTO: Roger Cousinet- M. Tomarchio- Catania, CUECM, 1996 e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! Cousinet La prima formazione: tra filosofia e psicologia Un sapere funzionale : La psicologia pedagogica nasce in Francia nel XIX e Rousseau è considerato il suo fondatore. Ma è soltanto nel corso del secolo che si va via via sviluppando una pedagogia scientifica che giunge al suo culmine solo sul finire del secolo. Intorno alla prima metà del XX secolo prende vita, in Francia, il movimento dell’Educazione nuova, che segna un decisivo punto di incontro di nuove idee. Ed è proprio in questo contesto che agisce Cousinet, ispettore scolastico, ricercatore e studioso. Nonostante la legge Ferry degli anni ’80 del XIX secolo prevedesse la gratuità e l’obbligatorietà dell’istruzione, così come la laicizzazione, sussistevano ancora, durante il XX secolo, gli assetti tradizionali e la Chiesa continuava a essere predominante nell’istruzione. E intanto si faceva sempre più evidente il dibattito sulla libertà di coscienza e sull’autodeterminazione, che non poteva che avere dei risvolti anche nel campo dell’insegnamento. Davanti a tutto ciò, Cousinet sperimenta e cerca di trovare nuove soluzioni, attingendo anche dalle influenze straniere. Ma non è il solo: anche Freinet, suo contemporaneo, è orientato verso una “Scuola del popolo”, una scuola che insegnasse un sapere funzionale al lavoro, distaccandosi, così, dalla corrente di pensiero positivista. Infatti, se con il Positivismo, sociologia e psicologia guadagnano il ruolo di scienze autonome che dovevano rappresentare un supporto per la pedagogia, adesso queste due discipline non si accontentano più del semplice osservare, come, invece, proponeva il Positivismo, ma vogliono agire. Agli albori del ‘900 si assiste, così, allo svilupparsi di una “controcultura pedagogica”, un movimento non solo critico-distruttivo, ma anche orientato alla ricostruzione di una pedagogia più funzionale. L’incontro con Lalande: Cousinet nasce nel 1881 e studia presso la Sorbona da allievo di Ribot, Binet e Durkheim. Dopo aver svolto l’attività di maestro elementare, nel 1907 pubblica il suo primo studio di psicologia infantile e nel 1909 diviene ispettore scolastico. Interrotta durante il primo conflitto mondiale, la sua attività viene ripresa con la fondazione del movimento <<La nuova educazione>>. Nel 1911 lo troviamo ad insegnare presso la cattedra di Pedagogia Pratica alla Sorbona e solo nel 1946 fonderò il movimento de <<La nuova scuola francese>>, che svolgerà un ruolo fondamentale per la diffusione delle nuove idee. Egli morirà nel 1973. I suoi maestri ispiratori sono, anzitutto, Rousseau, Balzac e Tolsoi, autori di letteratura classica. Ma, per quanto riguarda le influenze filosofiche, va certamente ricordato Lalande, suo insegnante. Sulla scia del monismo spenceriano, Lalande rappresenta una delle voci contro il Positivismo e sostenendo che la funzione della ragione è naturalmente di tipo identificativo e normativo. Egli, inoltre, sostiene che la verità è raggiungibile attraverso l’eliminazione dei diversi punti di vista, per giungere, poi, a uno unico. Non si sa fino a che punto Cousinet sia stato influenzato da Lalande, ma una cosa è certa: egli riprende alcune delle questioni fondamentali a cui si era interessato il maestro come, ad esempio, quella della comunicazione interpersonale e quella della chiarezza del linguaggio, così come quella sulla funzione normativa della ragione. Tolstoi e Rousseau: Egli è profondamente influenzato dalle idee di Tolstoi e Rousseau, i due maggiori esponenti dell’Educazione Nuova. Per quanto riguarda le idee, egli riprende il principio della scuola, quello secondo cui “la libertà non è più una metafora”. Infatti, la scuola ha il compito di riconoscere e salvaguardare l’individualità di ogni bambino. Cousinet riconosce anche come Tolstoi abbia anticipato, nel sostenere l’obbligatorietà dell’istruzione, la legge Ferry del 1882, evidenziando come lo scrittore fosse un profondo conoscitore delle dinamiche dei sistemi europei del suo tempo. Fondamentale è anche il considerare la formazione come un prodotto del libero rapporto tra diversi individui e delle influenze della vita. Cousinet mette in stretto rapporto il pensiero di Tolstoi e quello di Rousseau, sostenendo che Tolstoi non ha fatto altro che sviluppare le idee di Rousseau. Gli anni 1902 e 1903 sono decisivi per la sua formazione. Si prepara, infatti, al concorso per ispettore ma non smette di insegnare in qualità di maestro elementare. Inoltre, si iscrive al corso di educazione morale di Durkheim. Nel 1904 diventa membro della Scuola libera per lo studio della psicologia infantile e si interessa agli studi di Binet e Simon inerenti le ricerche sull’intelligenza e, in particolare, la classificazione dei bambini con particolari difficoltà scolastiche dovute, appunto, alla fatica intellettuale. Da questi studi egli riprende il rigore scientifico, mettendolo in relazione ai tradizionali studi dei su citati Tolstoi e Rousseau, sviluppando gradualmente l’idea secondo cui l’apprendimento non sia solo strettamente legato alla scuola e secondo cui l’educatore debba assumere un atteggiamento diverso dall’indifferenza nei confronti dei fanciulli. In conclusione, egli definisce il compito della nuova educazione: considerare i bisogni del fanciullo e fornirgli i mezzi che gli permettano di soddisfarli. La società Binet : Per Cousinet, la società Binet rappresenta l’opportunità di osservare e, al contempo, di affinare le basi metodologiche del nuovo metodo. Ormai, la società conta poche persone, forse a causa del rigore di Binet, che sosteneva che le opinioni personali, all’interno del gruppo, non avevano alcuna importanza. Binet, infatti, sosteneva che la pedagogia fosse impregnata di pregiudizi e che, perciò, fosse necessario passare alla sperimentazione. Nel 1950 Cousinet pubblica “L’educazione nuova” con l’intenzione di dare una sistematizzazione alle idee innovative del movimento, sostenendo come la psicologia intervenga nella pedagogia sperimentale e nella psicologia infantile, attraverso cui la scienza riesce ad entrare nel mondo pedagogico. Così come, tempo prima, aveva sostenuto Rousseau, adesso il bambino non è più considerato un uomo in miniatura ma, al contrario, viene visto come un essere che ha un proprio modo di pensare. Tuttavia, Cousinet sottolinea anche i lati negativi del nuovo approccio. Infatti, la statistica non fa altro che considerare il tutto dal solo punto di vista quantitativo, trascurando quello qualitativo. Inoltre, Cousinet sostiene che la pedagogia non può essere fondata sulla psicologia in quanto, nella sua staticità, condurrebbe lo studioso a considerare il bambino escludendo la sua caratteristica tipica: lo sviluppo. Inoltre, spingerebbe a predeterminare arbitrariamente il bambino con ciò che deve essere, escludendo le molteplici possibilità. La psicologia è utile, ma solo se utilizzata muovendo da una prospettiva prettamente pedagogica. Spinto dagli interessi rivolti all’ambito psicologico, entra a far parte del gruppo della redazione della rivista Educateur Moderne, dove pubblica il suo primo articolo sull’ortografia, sostenendo come il dettato sia controproducente e riferendosi in maniera positiva agli studi sulla lettura e a quelli della percezione infantile, tema questo trattato anche nell’articolo pubblicato nella rivista Revue Philosofique. In sostanza, si sostiene qui la tesi secondo cui il bambino non riconosce nella realtà né somiglianze, né differenze, ma percepisce un mondo di indistinzione. Soltanto la vita diretta e la conoscenza delle regole lo aiuterà a percepire il mondo nella sua diversità. La solidarietà infantile: “La solidarietà infantile” è il titolo di uno degli articoli pubblicati da Cousinet nella rivista Revue Philosofique, in cui viene esaltata la socialità come uno degli elementi fondamentali per lo sviluppo e la formazione del bambino. È da questo momento in poi che egli comincerà ad utilizzare uno stile incisivo, intriso di ironia spietata nei confronti dei comportamenti degli insegnanti del suo tempo. Egli, infatti, crede che alcune forme di socialità deviata siano il frutto di un non corretto insegnamento presso le scuole, causato dall’atteggiamento del maestro teso ad ostacolare il naturale sviluppo del bambino. In questa situazione, quindi, la solidarietà dei bambini è orientata al consolidamento dell’avversità nei confronti dell’insegnante e si accompagna ad un progressivo formarsi di una moralità perversa che, anziché creare un gruppo, crea una folla creata di individui senza personalità. La rivista l’Educatore Moderno entra in crisi e subisce un passaggio di direzione che promuove degli interventi d’oltreoceano, come quelli dei pragmatisti americani. È così che Cousinet entra in contatto con questa nuova filosofia. Negli stessi anni, egli, in altri articoli, si porrà un ulteriore problema, ossia quello di fare lezione attraverso le cose, di fare lezione di idee. Egli conclude dicendo che l’unico insegnamento deve essere quello filosofico. Nel 1910, durante una riunione ordinaria del gruppo della Società Binet, egli propone l’argomento della filosofia dell’educazione, promuovendo come oggetto di studio la pedagogia del self-government, una pedagogia che permetta un’esperienza di libero controllo tesa a una libera interazione dell’uomo con l’ambiente che fonderà i valori. Gli studi di Cousinet saranno interrotti dall’inizio della Prima Guerra Mondiale, durante la quale rimarrà ferito. Soltanto nel 1917 egli potrà riprendere i suoi studi presso Arcis. Capitolo terzo. - La pedagogia sperimentale Alla ricerca del metodo : La mobilitazione per la Prima Guerra Mondiale spingono Cousinet ad abbandonare momentaneamente i propri studi e definitivamente la direzione della rivista l’Educatore Moderno, che cesserà d’esistere. Una volta finita la guerra, egli si impegna a stilare un lungo resoconto circa la pedagogia sperimentale, racchiuso in 13 articoli pubblicati presso una nuova rivista: la Scuola e la Vita. Cousinet ha, adesso, un occhio più critico, come si può notare dalle considerazioni più obiettive sull’operato di Binet e del suo gruppo; è, adesso, più teso a una osservazione metodica e alla sperimentazione, segue il criterio della misura, che punta a conoscere il bambino da un punto di vista anche quantitativo. Egli individua una nuova strada che la pedagogia deve percorrere, quella fondata sul metodo di lavoro libero. In passato, leggendo “La psicologia del fanciullo normale ed anormale con speciale riguardo all’educazione” aveva notato come qui fosse sottolineata l’importanza della curiosità nel bambino, qualità che deve necessariamente essere incoraggiata e salvaguardata. Allo stesso modo, leggendo Cook, aveva notato che egli aveva sostenuto che i bambini potessero autogovernarsi nelle attività scolastiche, così come si autogovernavano nelle attività ludiche collettive. Ma gli insegnanti non osservano abbastanza i bambini e sono convinti di dover continuare a insegnare, anziché procedere con il metodo del self- government. Tuttavia, nel 1919, una giovane insegnante decide, di sua sponte, di applicare il metodo e con successo, come Cousinet dirà in una conferenza tenutasi nel 1920, durante la quale, per la prima volta, parlare del metodo del self-government come “proprio metodo”. Il lavoro storico : Il metodo di lavoro libero trova facile applicazione nello studio della storia, definito dallo stesso Cousinet come “lavoro storico”. Come sostiene in molti dei suoi articoli pubblicati nella rivista La scuola e la Vita, vanno rivisti i vecchi programmi scolastici, in quanto la storia deve essere considerata come un’evoluzione nel tempo, perché solo così i bambini riescono a comprenderla. La storia va studiata in relazione alla moda, ai mezzi di trasporto, alle abitazioni, al commercio e ognuna di queste storie deve essere suddivisa in periodi, ognuno dei quali deve essere correlato con gli altri in sincronia. Egli, inoltre, propone di allargare l’insegnamento della storia internazionale, muovendo un’aperta polemica contro il vecchio programma di storia che si basava esclusivamente sulla storia nazionale e che ovviamente aveva la funzione di accrescere, nell’animo dei fanciulli, patriottismo e nazionalismo. A detta di Cousinet, la storia non deve studiare eventi del passato, in quanto la <<verità storica>> legata a essi è compromessa dalla preconcetta idea del presente. Si devono, invece, proporre al bambino delle attività di lavoro storico che gli permettano di richiamare l’azione trasformatrice del tempo sugli oggetti che sono in grado di richiamare alla memoria eventi passati. Tuttavia, si riscontrano ancora dei limiti in Cousinet come, ad esempio, il suo essere ancora troppo ancorato al Positivismo per la sua idea di considerare gli oggetti come fonte, insieme, di scienza e conoscenza, dimenticandosi che le cose sono prodotte dagli uomini e dalla loro intenzionalità e non da una azione anonima. Inoltre l’apprendimento, essendo legato alla spontanea curiosità del bambino, che si sviluppa non sotto la volontà dell’educatore, risulta così essere sporadico e dispersivo. La Novuelle Èducation Nel 1920 il Rettore si accorge che l’ispettore Cousinet ha compiuto solo 60 delle 180 ispezioni previste. Questo perché egli aveva dedicato più tempo a quelle scuole in cui si tentava l’innovazione. In questo periodo nasce l’idea della fondazione di una organizzazione che promuova il diffondersi della sperimentazione pedagogica: la Nuova Educazione. Nel 1921 egli pone la candidatura a ispettore generale, motivando la richiesta con la sua esperienza in campo pedagogico. Ed è proprio nello stesso anno che il movimento comincia a sbocciare, intorno alla rivista Educazione, su cui Cousinet pubblica degli articoli per “arruolare” nuovi membri. Nasce, così, all’interno della rivista, una rubrica stabile che permetta a quanti vogliano far conoscere le proprie esperienze compiute attraverso un metodo che non intaccasse la libertà dei bambini. Dalle nuove voci, Cousinet trae spunto per una più ampia attività di ricerca e organizza un’esposizione di disegni dei bambini. Inoltre, sempre nello stesso periodo, pubblica una piccola rivista, l’Uccello Blu, sui vengono pubblicati testi scritti dai bambini. Il movimento tiene la sua prima conferenza, durante la quale Cousinet compara criticamente il proprio metodo con gli altri metodi del periodo, nel tentativo di un riconoscimento e di una legittimazione ufficiali. Durante il congresso, su richiesta dell’ispettore d’Accademia, un’ispettrice di una scuola di Versailles conduce in diretta l’esperimento del metodo di Cousinet, che riesce con successo. Alla fine del congresso, Cousinet afferma che l’obiettivo da ragg/iungere non è tanto il risultato che i bambini otterranno con i loro sforzi, ma lo sforzo stesso. A differenza della prima, la seconda conferenza si apre in maniera insolita: con una visita guidata alla mostra dei lavori dei bambini. Si vanno, intanto, definendosi le caratteristiche della Nuova Educazione: internazionalità e apertura verso l’insegnamento tecnico e professionale. Il 1923 sarà, per Cousinet, un anno molto difficile: egli dovrà, infatti, scontrarsi con le gerarchie scolastiche. Inoltre, egli sarà dimesso dalla carica di ispettore e sarà costretto ad abbandonare la sperimentazione del metodo e ad abbandonare Parigi. Cousinet sarà mominato a Sedan, rifiuterà l’incarico ma, alla fine, sarà costretto ad accettare. Capitolo quarto. - Un metodo di lavoro libero Individuo e socio : A Sedan, lontano dai membri della Nuova Educazione, conduce per circa vent’anni i suoi esperimenti del metodo di lavoro libero per gruppi. Egli sostiene che la libertà dell’individuo è possibile solo all’interno della società. Infatti, in presenza dell’altro, che ha delle proprie reazioni, il bambino incontra delle difficoltà dovute sia al bisogno di socializzazione, sia di preservare la propria individualità. Sembrano, così, immature le tesi del giovane Cousinet riportate nel saggio “La solidarietà infantile”, in cui si considerava come deviata un particolare tipo di socialità. L’individuo si trova nella tensione di essere, contemporaneamente, socio e individuo, tensione che si risolverà soltanto quando i due sviluppi saranno condizionati l’uno dall’altro, così che l’individuo apporterà un contributo alla società che, in risposta, lo ripagherà con un rafforzamento della sua individualità. Tutto ciò potrà avvenire non prima degli 8-9 anni, dato che prima si verificheranno dei tentativi maldestri di socialità che si capovolgeranno in atteggiamenti di asocialità e aggressività, fruttuosi ai fini di uno sviluppo che possa definirsi normale. Come si può chiaramente notare, il fulcro dei suoi studi resta l’individuo sociale. Questo perché Cousinet ha sempre una ma*g*giore coscienza della stretta connessione tra sviluppo dell’individuo e società. A Sedan, egli si interessa, in particolar modo, dei bambini delle famiglie immigrate e nota, paradossalmente, come questi apprendano con maggiore velocità rispetto agli altri infanti. Ciò appare strano, dato che i bambini immigrati giungevano spesso in classe senza saper parlare una parola in lingua francese. Questo suo interesse lo spinge a superare la sperimentazione del self-government per approdare a un nuovo metodo: quello dell’autoeducazione. Infatti, questi bambini non ricevevano degli insegnamenti particolari ma, ciononostante, risultavano avere dei rendimenti superiori rispetto agli altri. Era chiaro, quindi, che ciò fosse dovuto a degli elementi interni piuttosto che esterni. Molti insegnanti non accettano le nuove idee di Cousinet. Tuttavia, un’educatrice di intraprendere la sperimentazione. Inoltre, l’ispettore di Accademia e il Rettore, mandati dal Ministro per sorvegliare Cousinet, lo incoraggiano, al contrario, alla sperimentazione. Un progetto di scuola sperimentale Durante una assemblea della Nuova Educazione, egli afferma che una scuola ideale dovrebbe garantire l’organizzazione scolastica, in modo da sviluppare il senso di responsabilità, e insegnare storia, geografia, scienze e arte e quest’ultima avrà la funzione di sviluppare l’immaginazione nel bambino. L’occasione di mettere in pratica il progetto viene offerta a Cousinet dalla Odier, un membro della Nuova Educazione che, nel 1924, stata per aprire una scuola alla periferia di Parigi. Il progetto, tra le altre cose, prevedeva che i bambini dei due sessi fossero messi nella stessa classe: un’idea rivoluzionaria per l’epoca! La scuola è articolata in due sezioni: una per i bambini più piccoli, di età compresa tra i 4 e i 12 anni, e una per i bambini più grandi, di età compresa tra i 12 e i 13 anni. Per la prima sezione erano previste delle attività che permettessero lo sviluppo sensoriale, sulla scia del metodo Montessori; per la seconda sezione erano previste delle attività domestiche, compiti di natura scientifica e attività volte a garantire il perfezionamento della lingua. Gli insegnanti dovevano semplicemente osservare il naturale svolgersi delle attività infantili. È proprio questa mancanza di direttività che, probabilmente, spinge la Odier ad abbandonare il progetto. occhio attento, senza però capire bene le ragioni e individuandone le cause nei mass-media come, d’altronde, gran parte dei pedagogisti del tempo. Ha inizio la terza età della pedagogia, di cui però Cousinet non vedrà che l’inizio a causa della sua morta giunta all’età di 92 nel 1973. Capitolo sesto. - Dall’interesse alla motivazione Socializzare l’individualità: Non si può analizzare l’iter di Cousinet isolando le varie tematiche di cui si è occupato. Tuttavia, si possono riscontrare due costanti che hanno caratterizzato interamente la sua ricerca: -Sapere come apprendimento naturale, veicolato dal lavoro e caratterizzato dallo slancio teso alla ricerca personale. In tale prospettiva, l’uomo è costruttore del suo sapere e non si possono più scindere sfera cognitiva e apprendistato pratico-operativo. Ciò è riscontrabile sia nel suo metodo di lavoro libero per gruppi, sia nella sua didattica della storia. -La società è intesa come uno strumento per la creazione della propria identità, in quanto la spinta verso la socializzazione è un bisogno primario per l’uomo. Infatti, è proprio in rapporto alla diversità che il bambino può autocostruirsi il proprio sé naturalmente se, ovviamente, l’adulto non si intrufola in tale attività. Cousinet individua nell’età compresa tra i 12 e i 14 anni quella che definisce “età di grazia sociale”, ma egli sostiene anche che già durante l’infanzia, dopo una vita strettamente individuale, al bambino è chiara la difficoltà di considerarsi, allo stesso tempo, socio e individuo. Inoltre, alla socializzazione si accompagna la scomparsa dell’imitazione. Il giuoco come apprendistato sociale : L’apprendimento sociale avviene gradualmente. Inizialmente, in età compresa tra i 3 e i 5 anni, si assiste a un primo maldestro tentativo di socializzazione. Infatti, in questa fase dello sviluppo, i bambini sono molto aggressivi tra loro e ognuno di loro desidera possedere ciò che l’altro ha già. Questo non tanto perché il bambino desidera l’oggetto in sé e per sé, ma perché vuole ottenere l’insieme costituito dal bambino più l’oggetto con cui gioca, ossia si vuole identificare. La sua attività, quindi, non è asociale ma è un esercizio di presocializzazione. I bambini aggressivi, in realtà, non vogliono che attirare su di sé l’attenzione del gruppo e, così facendo, si impegnano in una sorta di tirocinio sociale. Il canale privilegiato diventa il gioco, attraverso cui il bambino può rapportarsi agli altri prima visti come oggetto, poi come pseudo-persona, fino ad arrivare a considerarli come delle vere e proprie persone. Questo sviluppo si accompagna a quello del gioco, dapprima parallelo, poi imitativo. Nel gioco imitativo, il bambino non ricopre un vero e proprio ruolo ma serve a mettere in atto il gioco (“fa numero”). Soltanto successivamente appariranno i veri e propri sociali, basati su veri e propri ruoli e regole, attraverso cui il bambino potrà dimostrare il proprio valore. Vengono scelti i capi e si specificano, a poco a poco, i criteri utilizzati nella scelta dei compagni di gioco: dapprima di tipo affettivo, poi legati all’abilità del bambino. Dapprima, ognuno dei capi cerca di accaparrarsi i bambini più abili; poi, nasce in loro l’idea di eguaglianza. Così, entrando nell’adolescenza, i bambini sono pienamente socializzati e sono consci del rapporto tra individuale e sociale e del fatto che il gruppo è tanto più vivo quanto più l’individuo coopera e del fatto che l’individuo beneficia tanto più del gruppo quanto più egli si adatterà alle regole che ha accettato. Si nota, quindi, come il gioco sia di particolare importanza per lo sviluppo della socializzazione e della personalità del bambino. Dall’interesse alla motivazione Il bambino ha la necessità di vivere in un ambiente che gli fornisca la possibilità di soddisfare i propri bisogni. Innanzitutto, è vero che il bambino si forma nel suo “ambiente naturale”, ossia il luogo in cui vive, ma ottiene anche da altri “luoghi” figurativi (il gioco, la lettura) degli elementi che gli permetteranno lo sviluppo. Non esistono oggetti interessanti ma oggetti che rispondono ai suoi interessi, ai suoi bisogni. Alla maniera di Rousseau, ritorna la tematica che insiste sulla natura e sulla libertà. Infatti, allontanarsi da questi due elementi significa anche allontanarsi dall’idea di un’educazione intesa come conquista personale e crescita autonoma. Non vi può essere progresso per l’uomo se non in armonia con la sua natura di essere libero in base alla quale egli obbedisce alla regole di dover soddisfare i propri bisogni, che potrebbero anche non essere riconosciuti in quanto tali se distratto dalle influenze dell’adulto. A livello terminologico, il concetto di interesse sembra comunque essere preferito e sostituito a quello di bisogno. Il vero educatore, quindi, è quello che è in grado di interpretare propriamente questi interessi. A tal proposito, Freinet aveva sostenuto che il limite della pedagogia tradizionale fondata sull’interesse era sempre stato quello di osservare il solo comportamento esteriore del bambino. Così, i due pedagogisti francesi sono concordi nel sostenere che è la motivazione a fornire qualità all’azione didattica ed educativa. Ma, mentre Freinet attribuisce alla motivazione il senso che l’individuo dà alla propria azione, Cousinet con questo concetto si riferisce alla risposta biologica ai bisogni dell’individuo. I bisogni : Ponendosi nettamente in critica con la tradizione pedagogica del suo tempo, Cousinet elenca in successione i bisogni. Il primo insieme dei bisogni è rappresentato dal bisogno di crescere, bisogno di sicurezza e bisogno di libertà. Seguono, poi il bisogno di fiducia in sé, bisogno di socializzazione, bisogno di apprendimento. Il bisogno di crescere distingue il ragazzo dall’adulto e lo spinge ad agire; il bisogno di sicurezza riguarda il bisogno di garantirgli che la sua crescita avverrà in libertà. Infatti, sicurezza e libertà si condizionano a vicenda. Parlando di libertà, egli fa costante riferimento a Rousseau giunge persino a escludere dall’ambiente didattico il ruolo dei mass-media. La teoria dei bisogni di Cousinet si esprime in campo didattico, ponendo particolare rilevanza al bisogno di socializzazione, che ha effetti positivi sia in campo intellettuale che in campo morale. Ma il bisogno di socializzazione riguarda, com’è ovvio, l’aspetto pratico della vita, mentre la scuola non fa altro che ridurre tutto a mera teoria, vincolando, attraverso norme e regole, la libertà dell’attività infantile. Cousinet dedica ampio spazio al problema autonomia eteronomia. Uno dei suoi critici, Broccolini, rileva in ciò un equivoco: Cousinet afferma che il bambino debba sempre essere libero ma, allo stesso tempo, afferma che l’educatore debba mantenere la propria autorità, il principale elemento di eteronomia. Insomma, alla maniera di Rousseau. Per Cousinet, Rousseau è un rivoluzionario perché fa dipendere la morale non da chissà quali forze interne del ragazzo, bensì da ciò che lo circonda. Il bambino deve riconoscersi nel valore della legge morale e questa, quindi non va imposta ma percepita come un obiettivo comune del maestro e del bambino. Il maestro deve mantenere la propria autorità in quanto rappresenta la legittimità della legge morale. Quindi, l’educatore attira su di sé l’attenzione dei propri allievi sull’esemplarità che la sua figura rappresenta, pur accettando che “l’educazione non è affar suo ma del suo ragazzo”. Il suo compito è “igienico”, ossia deve predisporre l’ambiente in modo tale da permettere al ragazzo di soddisfare i propri bisogni. Egli deve essere discreto e deve accontentarsi di osservare l’attività dell’allievo. I tratti caratteristici dell’educatore ideale sono amare l’infanzia, ma non con la speranza di trasformare i bambini in adulti prima del tempo. Non deve amare la loro debolezza e non deve far trasparire alcun sentimento di compassione misto a compiacimento per il proprio potere trasformatore perché, così facendo, l’educatore amerebbe i bambini perché può sottometterli. Il maestro dovrebbe, per prima cosa, “saper vivere col dissimile”. Un’altra caratteristica è, inoltre, la capacità di riconoscere i limiti per il proprio sapere. Il maestro deve essere capace di interpretare le domande del bambino, in modo tale da rispondergli in maniera adeguata e orientarlo verso l’auto riconoscimento. Capitolo settimo. - Il metodo in azione: attività, apprendimento, conoscenze. Preparare l’ambiente Il metodo di Cousinet non può essere un metodo strettamente considerato. Esso, infatti, non riguarda l’insegnante ma è uno strumento di cui si serve l’alunno per imparare a lavorare e, in tal modo, insegnamento e apprendimento sembrano identificarsi. Anche Freinet critica il concetto di metodo strettamente inteso, preferendo piuttosto parlare di tecniche non valide in assoluto ma riferite a un particolare contesto. Perché, nel momento in cui l’insegnante pone io suo sapere come unico e universale, comincia a ostacolare l’apprendimento libero dell’infante. Invece, è compito del ragazzo ricercare gli strumenti e compito dell’insegnante è quello di predisporre l’ambiente al fine di agevolare tale ricerca. Larga importanza nel progetto del Cousinet è, inoltre, ricoperta dalla socialità, che non è un fine ma uno strumento d’apprendimento. Fin dall’età prescolare, il bambino tende spontaneamente ad aggregarsi agli altri durante l’attività e il maestro, invece, nel corso del lavoro scolastico, non fa che ostacolarlo ponendo la regola del lavoro individuale. E ciò è sbagliato perché è a partire dai 9 anni d’età che il bambino si rende conto di essere parte integrante di un gruppo e coglie l’importanza della funzione del linguaggio di espressione di pensieri individuali. Quindi il bambino possiede i mezzi che gli consentiranno uno sviluppo. L’apprendimento come libera ricerca : L’intervento dell’insegnante ha l’obiettivo di invogliare il bambino a voler sapere e ad acquisire i mezzi per poterlo fare. In questo caso, con “potere” si esprime non un semplice agire, ma un vero e proprio controllo sulla realtà circostante. L’apprendimento è l’elemento principale di ogni sua considerazione sulla cultura, anzi è esso stesso cultura. Ma non si può considerare apprendimento una qualsiasi nuova acquisizione di abilità. Ad esempio, non si può dire che un bambino impari a camminare in quanto il camminare nasce da un bisogno naturale e l’apprendimento di tale abilità è insito nella sua stessa natura di essere umano. Si può strettamente parlare di apprendimento quando l’individuo sente il bisogno di un qualcosa ma non possiede i mezzi per poter soddisfare tale bisogno. Cousinet sostiene fermamente che l’educazione è nata con la specie umana e la vera natura dell’apprendimento è una continua ricerca personale attraverso cui l’individuo possa scoprire le sue qualità attraverso tale attività di costruzione e autocostruzione. Si racconta che, intorno agli anni Trenta, Cousinet abbia intrapreso con il figlio Pietro un itinerario formativo. Il bambino non va a scuola prima degli 8-9 anni e fino a quel momento non fa che rimanere in casa, dotata di un giardino. Qui ha a disposizione la vista del mare, le piante, la musica, i libri e molti altri stimoli di tale tipologia che istigano la sua curiosità. Pietro impara a leggere da solo associando dapprima le immagini alle parole. Questa è la prova vivente del fatto che il bambino è in grado, da solo, di apprendere per effetto della propria curiosità personale e in tale direzione è importante notare non ciò che il bambino ha ottenuto ma, piuttosto, ciò che bambino ha fatto attraverso il suo sforzo. Primi tentativi Anche se il metodo di Cousinet non viene applicato prima del 1920, l’idea si era già fatta strada nella sua mente a partire da anni precedenti, come dimostrato dagli argomenti trattati nel testo “ La solidarietà infantile” del 1908. Nonostante la prima applicazione del metodo sia considerata quella avvenuta nella scuola di Sedan, questa si fa, invece, risalire al 1919, anno in cui un’insegnante lo applica. Comunque, se da una parte alcuni credono che il metodo di Cousinet sia troppo rigido e dogmatico, altri, come Freinet, credono che non si possa parlare di un vero e proprio metodo. In ogni caso, è solo a partire dagli anni ’40 che il metodo viene applicato con successo sia alle scuole medie che alle scuole superiori, fino a quando nel 1946 non sarà fondata la scuola “La Source”. Cousinet parla di “metodo di lavoro” per riferirsi a qualsiasi processo di apprendimento e crede che ogni spiegazione del maestro sia pedagogicamente infondata, dal momento che si basa sull’assioma secondo cui qualcuno che sa deve spiegare qualcosa a chi non sa. E ciò è assurdo, dato che chi già sa non può mettersi nei panni di chi non sa. Quindi, l’unico procedimento valido per l’insegnamento può essere considerato l’apprendimento per imitazione. In questo caso, il maestro deve svolgere l’attività davanti all’allievo, eseguendolo lentamente e spiegando come farlo; poi, lo fa eseguire ai ragazzi, vietandogli di proseguire con le fasi successive se le precedenti non sono state svolte correttamente e spiegando loro la ragione di ogni movimento. L’imitazione va distinta l’emulazione, in quanto quest’ultima produce la tendenza ad identificarsi nell’altro. Uno dei temi principali trattati da
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