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Riassunto romanzo la Celestina, Schemi e mappe concettuali di Letteratura Spagnola

Riassunto dettagliato del romanzo la Celestina per esame di Letteratura spagnola I Unisa Anno 2022/2023

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

In vendita dal 14/11/2023

MariagaiaCaiazza
MariagaiaCaiazza 🇮🇹

8 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto romanzo la Celestina e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Letteratura Spagnola solo su Docsity! EL LAZARILLO Introduzione+edizioni Nella metà del XVI secolo prende vita una produzione il cui stile e la cui forma risultano essere una rivoluzione nell’abito letterario di quell’epoca: ai romanzi cavallereschi e a quelli sentimentali si aggiunge un nuovo tipo di romanzo, che venne definito “idealismo narrativo” e che dunque mirava a raffigurare delle vicende frutto della realtà quotidiana e del riflesso della vita di un protagonista esempio dell’ascesa sociale ma parte di un rango completamente emarginato e basso di cui non si parlava. Inizia ad esser presa in considerazione l’ideologia e dunque la rappresentazione attraverso azioni concrete e comportamenti di ideali di cui non si sapeva molto e riconducibili alla condizione di vita. Nel Lazarillo risulta ci siano diversi elementi parte di produzioni leggermente precedenti quali: l’asino d’oro, il Baldo e le produzioni di Luciano di Simosato (preso come modello anche per le produzioni rinascimentali); ciò non toglie che in ogni caso venga attribuita a questo romanzo una grande novità e dunque un notevole distacco con la tradizione letteraria. Vengono narrate le vicende di un giovane protagonista, Lázaro, nato da un mugnaio ladro ed una lavandaia, concubina di un moro. A narrare la storia, una vera e propria finzione in prosa, é lo stesso personaggio ormai adulto: da ciò derivano due grandi novità: la definizione di “Pícaro”, data da Guadix per far riferimento ad un uomo vile, di basso ceto e dall’aspetto di uomo di poco onore e un’aspra critica nei confronti di questo “parlar di sé”, espressa in primo luogo da Dante nel Convivio, tecnica utilizzata anche da Boezio e Sant’Agostino con fare giustificazionista. L’intento di Lazáro era probabilmente, in parte, giustificarsi in merito ad una voce che correva tra i cittadini e che faceva riferimento al fatto che quest’ultimo fosse parte di un ménage à trois con sua moglie e l’arciprestre di San Salvador. Non a caso la vicenda viene trascritta sotto forma epistolare, dunque da inviare ad un destinatario che all’interno della produzione prende il nome di “Vossignoria” e che mantiene il più celato anonimato: da alcuni elementi testuali si ipotizza che quest’ultimo fosse amico dell’arciprestre nonché padrone di sua moglie, che dunque gli prestava servizio. Viene presentato un susseguirsi di avventure inanellate che fanno parte della vita del protagonista, che dunque parte dal principio per arrivare al cosiddetto “caso”. Sia “vossignoria” che questo “caso” emergono all’inizio e alla fine delle vicende, dunque emerge una certa circolarità. Grande caratteristica altrettanto diversa dalla tradizione é data dal fatto che ci sia un ordine cronologico ben preciso che riguarda la narrazione delle vicende e che attribuisce una grande capacità all’autore Lázaro adulto di saper parlare di sé in modo appropriato ed assumendo la visione del ragazzino che era. Caratteristiche portanti sono infatti il fatto che quest’ultimo scelga cosa raccontare e come farlo: ciò designa la presenza di una certa obiettività da parte sua ma che in ogni caso comporta che tutto ciò che il lettore immagini sia dettato dalla sua propria interpretazione. Per caso si intende dunque la sua questione personale in merito al ménage, per vossignoria il destinatario di quelle pistola privata che però il narratore, in un secondo momento, afferma di voler far arrivare ad un pubblico più ampio, modificando l’impostazione delle cose e quindi trasformandola in pubblica, probabilmente per la ricerca di Honra (gloria). La forma epistolare possiamo dunque definirla come una sorta di obbedienza rispetto alla richiesta che il protagonista aveva ricevuto dal suo ricevente. La forma epistolare in questo caso deriva da diversi altri autori e filosofi famosi quali Petrarca, Platone, Lapo di Castiglione e Villalobos: tale forma é ovviamente applicata a contesti diversi ma in ogni caso risulta esser presente in diverse vicende presedenti. É nel 1538 che viene definita “epistola ociosa” in quanto in superficie comica: ciononostante si tratta di una narrazione che verte a far comprendere aspetti ben più importanti e comprensibili solo in seconda battuta; si tratta di un connubio tra REALISMO E COMICITÀ. Il voler spiegare il caso richiede la presenza dell’inanellamento delle vicende così come le vicende richiedono la presenza di un caso specifico a cui esser ricondotte: dipendono l’uno dall’altro. La presenza di questo individualismo rinascimentale, delle forme utilizzate e dello scopo fa sì che El Lazarillo venga considerato un esempio per ciò che saranno successivamente i romanzi moderni. Esso é considerato un Bildung’s roman in quanto parabola d’evoluzione del protagonista, che attraverso le proprie forze riesce ad attuare un’ascesa sociale: non a caso vi è la corrispondenza tra infanzia/ adolescenza/ giovinezza e scoperta/ conquista/ assestamento. Oltre alla presenza di formule narrative rivoluzionarie vi è anche quella di parallelismi romanzeschi, novità che fanno però capo ad una base folclorica. Viene trattato il tema della Nobilitate, analizzato precedentemente da grandi uomini letterari quali Dante e Cervantes ed in questo caso emergono due concetti in particolare: “medrar”, dunque avanzare attuando un’ascesa sociale costruendosi nel corso della prima esistenza per emergere, e “virtù”. Vengono completamente distrutti i valori e le virtù che ogni individuo avrebbe dovuto conquistare in quanto in questo caso si fa riferimento a ciò che è giusto o sbagliato in base alla situazione in cui ci si trova, e dunque all’interno della seguente vicenda la virtù sta nel riuscire a sopravvivere alle avversità della vita e a riuscire a migliorare la propria posizione. Attraverso la crescita sociale ed individuale del protagonista, il pubblico di lettori é portato a non poter esprimere giudizio sulle esperienze vissute dal protagonista e dunque si quanto da egli messo in atto poiché parte della sua evoluzione e dunque non criticabile. Viene messo in crisi il concetto di virtù e valori in favore di quello di vantaggio e di lotta per la sopravvivenza. Alla salvezza dell’anima viene sovrapposta quella fisica. Lázaro trascorre parte della sua vita al servizio di diversi padroni, tre dei quali risultano essere fondamentali per la sua crescita personale e per il passaggio da bambino ad adulto. Il promo padrone, El viejo ciego, é il primo a fargli comprendere che la prima cosa fondamentale per sopravvivere sia diffidare da chiunque: ciò gli viene dimostrato con la prima esperienza, quando credendo alle sue parole diventa vittima di uno scherzo. É da quel momento che comprende di dover abbandonare la ingenuità, evento da cui dunque inizia la sua evoluzione. Quanto appreso durante la sua prima esperienza in veste di servo lo dimostra attraverso la sua settima ed ultima esperienza, che lo vede farsi beffe del ciego vendicandosi per il trattamento ricevuto. La prima e l’ultima esperienza risultano esser, per questo, le più importanti (circolarità). Viene esaltata l’importanza della diffidenza che prescinde l’età e che difatti fa riferimento e al ciego e a Lázaro, rappresentanti rispettivamente di furbizia e maturità e di ingenuità e gioventù. Con la seconda esperienza al sevizio del chierico di Maqueda emerge una degradazione religiosa data dalla cupidigia e l’ingordigia del prete; in quest’ottica elementi profani assumono una simbologia sacra come il pane o l’atto del ricevere, in questo caso riconducibile al corpo di Cristo. Il prete rappresenta una sorte di antitesi del ciego in quanto dotato di una buona vista ma non astuto; vi sono inoltre simbologie sacre che emergono velatamente all’interno di questa parte del romanzo: il casso che si apre viene visto come un avversario vinto in duello, immagine riconducibile all’apertura del costato di Cristo. É presente dunque un dualismo di sacro e profano e l’attribuzione di sacralità ad elementi laici. Un calderaio viene definito Angelo in quanto emerge il concetto di salvezza. Angelo:salvezza dell’animo, calderaio:salvezza del corpo. In seguito all’esperienza con il sacerdote inizia una nuova esperienza per Lázaro data dalla presenza di uno scudiero che incontra per caso un giorno: questo appare come un Hidalgo, dunque di rango elevato ma, conoscendolo pian piano, emerge che quanto da egli raccontato in merito ai suoi possedimenti sia fittizio e che dunque faccia parte di una nobiltà decaduta il cui sgretolamento era iniziato con l’ascesa al trono dei re Cattolici: la sua priorità sarebbe stata prospera se si fosse trovato in un luogo diverso rispetto a quello in cui si trovava così come la sua colombaia sarebbe stata fittizia se non si fosse trovata nello stato in cui era. Emerge allora che non vi sia status che cada di fronte al bisogno primario e che quindi, in un brevissimo tempo ci si possa trovare ad avere le stesse necessità: l’Hidalgo, così come Lázaro, aveva bisogno di nutrirsi e dissetarsi; le loro necessità erano le stesse pur facendo parte di due mondi diversi . Vi è allora una grande contrapposizione tra il concetto di Honra, Caudad e Pícaro; per spiegare ciò viene attuata una dettagliata descrizione degli spazi in cui vive lo scudiero attribuendo alla casa l’aggettivo di “incantata”, e non per il fatto che fosse ricca e nobile così come si potrebbe pensare in primo luogo ma perché sembrava esser stata vittima di un maleficio. La comprensione di ciò che realmente é é data dal fatto che il protagonista afferma che, vedendo un funerale passare ed una donna chiedersi dove sarebbe andato a finire il proprio amato, quest’ultimo avesse pensato arrivasse nella sua attuale casa. Questo poiché quell’attaccamento alle proprie origini aveva portato l’hidalgo ad un meccanismo di autodistruzione che dunque aveva detto si che potesse essere una biscia e non dei topi a causare ciò (a Lázaro, per l’ansia di esser scoperto, in quanto credeva che la sua fosse una parabola discendente e che dunque se avesse lasciato il sacerdote sarebbe andata ulteriormente peggio, veniva la “terzana continua”, ovvero una febbre che si presentava ogni due giorni). Il sacerdote allora, di notte iniziò ad esser vigile per catturare questa biscia, così che il lavoro veniva compiuto di giorni dal ragazzino: per paura di esser scoperto, decise di non temer più la chiave della stanza in cui vi era il cassone sotto il fieno ma in bocca, e ciononostante riusciva a dormire tranquillamente. Una notte, però, la sua bocca si aprì leggermente e dunque si iniziò a produrre una sorta di fischio che venne visto dal sacerdote come il sibilo della tanto ricercata biscia, così che, avvicinandosi sempre più, diede una forte bastonata a Lázaro, il quale perse i sensi e si ruppe la testa. La chiave venne fuori e il sacerdote dunque scoprì che egli era artefice di quei “furti”. Passati tre giorni, il ragazzino prese coscienza e realizzò l’accaduto; dopo essersi rimesso in sesto, il sacerdote, dopo sei mesi di permanenza al suo servizio, decise di metterlo alla porta (da questo momento sei più tuo che mio). (Riferimento a Manrique per la poca durata dei piaceri, alla sconfitta di Francesco I da parte di Carlo V, i due mangiavano solo quando moriva qualcuno si banchetti, dunque egli sperava che ogni giorno ne morisse uno. In sei mesi ne morirono 20). CAPITOLO III Lázaro si trovò nuovamente a vagabondare senza un padrone e, con le poche forze che gli erano rimaste, riuscì ad arrivare a Toledo e a chiedere l’elemosina. Si imbatté in uno scudiero, che dall’apparenza sembrava un nobile ricco e ben curato, il quale gli propose di diventare suo servo. Arrivati nella sua dimora, il protagonista scorse un contrasto tra ciò che egli sembrava è la situazione in cui viveva (grande contrapposizione tra apparenza, di fondamentale importanza per il padrone, e realtà: la casa difatti viene descritta come oscura, lugubre e vecchia). Arrivata ora di pranzare, vedendo che il padrone non prendesse iniziativa per nutristi, Lázaro tirò fuori quel po’ di cibo che era riuscito a ricavare con l’elemosina e non appena tirato fuori, lo scudiero ne attinse una parte. Lázaro man mano comprese che in realtà fosse più che povero, elemento bizzarro se presa in considerazione la sua apparenza, e che dunque la sua situazione fosse, come previsto, peggiorata, dato il fatto che mentre prima semplicemente soffriva la fame e cercava di sopravvivere come meglio poteva, ora addirittura doveva sfamare anche il suo padrone. Lo scudiero, di tutto punto, la mattina si alzava ed usciva cercando qua e là persone che, vedendo la sua apparenza, potessero offrirgli da mangiare mentre Lázaro cercava di porta in porta, qualcuno che gli facesse l’elemosina. Un giorno però venne stabilito che gli elemosinieri dovessero lasciare il paese e dunque, da allora, il padrone ed il servo passarono diversi giorni digiunando. Lázaro non si spiegava quale fosse la verità dietro la sua apparenza da hidalgo, un giorno però gli spiegò la sua situazione redditizia (vi è un excursus sul suo passato): affermava di avere un terreno edificabile che se si fosse trovato in un luogo diverso sarebbe stato redditizio ed una colombaia che se non si fosse trovata nelle condizioni in cui era avrebbe altrettanto dato gran guadagno. In poche parole, lo scudiero, non apparteneva che ad una nobiltà decaduta, cosa che faceva sì che a separare lui e Lázaro ci fosse solo un titolo e questo grande attaccamento alla “honra”. Viene presentato un episodio con grande significato simbolico: Lázaro si era incamminato per comprare del pane, del vino e della carne (era una giornata fortunata), tuttavia durante il tragitto si imbatté in un funerale. La moglie di quest’uomo si chiedeva dove l’avrebbero portato e rispondendosi da sola affermava che sarebbe andato nella “casa lugubre ed oscura”. Lázaro, sentendo quelle parole, si spaventò estremamente poiché credeva che quella casa lugubre ed oscura facesse riferimento alla sua, dunque tornò a casa e raccontò l’accaduto al suo padrone, che rise di gusto. Si tratta di un esempio di ciò di cui parlava il narratore all’inizio e dunque del fatto che una situazione, se vista in superficie può provocare riso, ma se analizzata risulta avere un gran peso. In questo caso la lugubre casa fa riferimento alla tomba, e ciò é dovuto probabilmente al fatto che lo scudiero fosse così legato a quel titolo al punto da non riuscire a distaccarsi per migliorare la propria esistenza, andando dunque incontro ad un meccanismo di auto- distruzione: le pareti della sua abitazione in quest’ottica, sembrano esser la sua tomba. É qui che si contrappongono la horna e la caudad ai bisogni di prima necessità. Avanzando nella narrazione, ad un certo punto bussano alla porta un uomo ed una donna, che rispettivamente chiedevano l’affitto della casa e del letto: lo scudiero affermò che sarebbe andato a cambiare le monete che aveva per dividerle tra i due, invitandoli a passare quella sera; nel frattempo Lázaro venne accolto dalle sue vicine e dormì lì. Passò sera ed arrivò mattina, i due tornarono entrambe le volte ma dello scudiero non vi era traccia, dunque decisero di portar con sé un bargello e uno scrivàno e di chiedere informazioni a Lázaro. Inizialmente, non ricavando nulla da egli, affermarono di volerlo arrestare ma successivamente, dopo avergli fornito tutte le informazioni di cui era a conoscenza lo lasciarono andare. Dello scudiero, intanto, non ci fu traccia. Questa terza avventura si concluse in modo alquanto bizzarro in quanto, questa volta, non fu il padrone a sbarazzarsi di lui ma il contrario. Circolarità che prevedeva una stranezza all’inizio, inerente fatto che fosse Lázaro a doverlo mantenere e in conclusione, con lo scudiero che scappa da lui. CAPITOLO IV Lázaro fu mandato dalle sue vicine al servizio di un frate mercedario che era solito darsi ai piaceri mondani e dunque intessere relazioni con giovani e prostitute. Appare infatti una metafora inerente al fatto che consumò le sue prime scarpe in brevissimo tempo (simbolo che stesse percorrendo cattive strade). Per questo ed altri diversi motivi lo abbandonò (vi è probabilmente un’allusione sessuale). CAPITOLO V Lázaro si imbatté in un nuovo padrone, un venditore di indulgenze, che andava di paese in paese professando questa fede e predicando affinché tutti acquistassero queste bolle per trarne beneficio. Di tanto in tanto faceva conoscenza dei diversi sacerdoti che vi erano affinché apparisse il più cordiale e colto possibile portando loro piccole cose di poco valore (come mele, lattuga, arance). La narrazione di una vicenda che verteva sulla rappresentazione dell’inganno con cui vendeva queste bolle agli abitanti, inizia quando viene citato un paese di Toledo, in cui i due arrivarono e dove il padrone conobbe un bargello, con cui aveva stabilito una collaborazione che avrebbe portato frutti anche a quest’ultimo. Un giorno però in una locanda scoppiò un acceso litigio che portò l’uomo a dire che egli fosse un falso venditore di indulgenze e che lo facesse solo per trarne profitto. Tali parole vennero utilizzate anche durante la messa del giorno successivo durante la quale fece irruzione nuovamente il bargello che affermò la falsità di quella bolle che non avrebbero dato loro l’indulgenza ma che venivano utilizzate vendute affinché il sacerdote potesse arricchirsi; questo fece anche riferimento al fatto che l’avesse inviato ad unirsi a lui in questo affare. A quel punto il sacerdote si rivolese a Dio ed in contemplazione gli chiese di farlo sprofondare se avesse detto una bugia ed in caso contrario di punire quell’uomo. Effettivamente questo perse il senno ed iniziò a perder coscienza reagendo come se fosse indiavolato. Il sacerdote invitò l’intera comunità a pregare affinché tornasse in sé, gli si avvicinò porgendogli sul capo una delle sue bolle che avrebbero dovuto dare indulgenza ed effettivamente l’uomo si riprese, gli chiese perdono ed affermò che quando detto fosse frutto del male. Da quel giorno in qualsiasi luogo e senza neanche il bisogno di una predica, vennero vendute migliaia di bolle; il primo a credere che quando accaduto fosse vero fu Lázaro, che tuttavia venne a conoscenza presto della verità viste le risate collaborative tra il sacerdote e il bargello: era stato architettato tutto affinché ci si legasse a quest’idea che le bolle dessero effettivamente indulgenza e salvezza. Lázaro passò al suo servizio quattro mesi, patendo in ogni caso diverse pene. CAPITOLO VI Vi è un breve excursus sul settimo padrone che ebbe Lázaro, un pittore che decorava degli strumenti utilizzati per decorare le abitazioni ed afferma che egli gli preparasse i colori e che anche in quel caso soffrì mille pene, dunque non si sofferma particolarmente su tale esperienza. La narrazione procede e viene raccontata l’avventura al fianco di un cappellano, padrone fondamentale per lui che rappresentò il primo punto di crescita, dunque l’inizio della sua ascesa sociale. Quest’ultimo gli diede un asino, quattro giare ed un frustino e lo mandava a vendere l’acqua per il paese: guadagnava bene, divideva in settimana il suo guadagni con lui è quello del sabato era interamente suo. Fu così che riuscì a metter da parte una buona somma di danaro attraverso cui migliorare il suo aspetto ed iniziare a condurre una vita migliore. Trascorsi quattro anni e riuscito a superare il primo gradino di ascesa, decise di abbandonare quel padrone con l’annesso lavoro e di procedere la sua scalata. CAPITOLO VII Viene narrata l’avventura di Lázaro con l’ultimo padrone, un bargello che aiutava nelle sue cause di giustizia e che durò però per poco in quanto pericolosa (una notte vennero seguiti da dei delinquenti da cui solo Lázaro riuscì a scappare). In base a quanto racimolato in quel periodo iniziò a costruire la sua posizione e ad acquisire l’indipendenza di cui gode per il resto della sua vita: diventa un banditore di grande importanza per il paese ed acquisisce grande rispettabilità; sposa una donna presentatagli da Vossignoria, amico dell’arciprestre de San Salvador dunque sua serva ed interseca una grande amicizia con il sacerdote, al punto da celebrare ogni evento e festività con quest’ultimo. Emerge ancora una volta la circolarità del romanzo: riappare il “caso”, citato dunque nel primo e nell’ultimo capitolo, che consisteva nel fatto che diverse malelingue affermavano ci fosse un ménage à trois tra il sacerdote e i due amati; tali dicerie erano state messe a tacere in primo luogo dal sacerdote stesso e successivamente da Lázaro, che affermava che sua moglie pur essendo stata incinta, precedentemente, di tre uomini, gli avesse giurato fedeltà e che ci fosse il massimo rispetto tra i due, accompagnato da tanto amore, così che non ci sarebbe stato nulla che avesse potuto fargli cambiare idea e che dunque nessuno dovesse esprimere giudizi sbagliati sulla questione. Il romanzo si chiude con l’affermazione di Lázaro che fa riferimento al fatto che fosse nel pieno della prosperità ed avesse grande fortuna: anche in questo caso emerge la circolarità del romanzo, che si apre rappresentando un Lázaro profondamente povero e si chiude descrivendolo come rispettabile e di ottimo rango sociale. I due elementi cardine del romanzo risultano quindi essere: -MEDRAR, dunque costruirsi pian piano attuando l’ascesa sociale (futuro concetto del Self made man) -HONRA, che può esser acquisita con il tempo e che se presente per rango, non rappresenta una differenza in quanto nulla può differenziare due individui che pur appartenendo, per famiglia, a diversi status, sono accomunati dal dover soddisfare bisogni primari quali la fame. É per tali motivi che El Lazarillo viene considerato il modello di ciò che sarà il romanzo moderno.
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