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Riassunto S1 e S2 Tecnologie Meccaniche, Appunti di Tecnologie Meccaniche

Macroargomenti: introduzione alle tecnologie meccaniche, fonderia, asportazione di truciolo, lavorazioni non convenzionali, laser

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 09/03/2023

asia-savoldelli
asia-savoldelli 🇮🇹

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Scarica Riassunto S1 e S2 Tecnologie Meccaniche e più Appunti in PDF di Tecnologie Meccaniche solo su Docsity! (1) LE TECNOLOGIE MECCANICHE Tecnologie di lavorazione meccanica→ costituiscono l’insieme dei processi che permettono la trasformazione di grezzi o di semilavorati in prodotti finiti, divenendo possibile il passaggio dal progetto di una parte alla sua realizzazione fisica. Sono quindi di base per poter “produrre”. Il prodotto deve rispettare i requisiti di progetto in termini di: • Funzionalità, • Forma, • Aspetto estetico. Occorre: • Effettuare scelte progettuali (materiale, finitura ecc.) • Risolvere problemi tecnologici • Scegliere: Processo tecnologico - Macchine utensili - Utensili – Attrezzature Tipologie di processi di produzione Produzioni per Processo (es. carta, acciaio, cemento) o Gli elementi originari che costituiscono il prodotto finale non possono essere facilmente identificati. o Il prodotto non può essere scomposto a ritroso poiché i componenti originari non sono più distinguibili tra loro o hanno cambiato natura Produzioni per Parti o Manifatturiere (es. automobili, elettrodomestici) o Il prodotto finale risulta composto da un numero finito di componenti discreti (parti). o Il processo produttivo è compreso da due fasi: Fase di fabbricazione; Fase di assemblaggio. Variabilità del risultato La presenza di disturbi implica che il risultato finale non sarà mai unico, bensì variabile all’interno di un certo intervallo di possibili soluzioni. Il problema è quello di garantire che le possibili soluzioni ottenibili tramite la trasformazione siano contenute all’interno di un intervallo di tolleranza definito in fase di progettazione (specifiche). Nel caso la variabilità del risultato ottenibile sia superiore alla tolleranza imposta si dovrà: ➢ Migliorare il processo oppure: ➢ Cambiare il processo Scelta del processo di produzione 1. Fattibilità tecnica 2. Fattibilità economica (2) IL PROCESSO DI FONDERIA L’obiettivo è dare al metallo una determinata forma partendo dallo stato liquido. La colata è l’operazione con la quale il metallo liquido viene versato in un’apposita cavità detta forma dove ne assume la forma e si solidifica. Al termine dalla solidificazione esso viene estratto dalla forma (che può essere o meno a perdere, ovvero distrutta) fornendo così un grezzo avente la forma della cavità riempita con il metallo fuso. - Processo: consiste nel preparare una cavità, detta forma, che è il negativo del pezzo che si vuole ottenere, nella quale colare poi il metallo o la lega metallica fusi scelti per la realizzazione del pezzo. Il pezzo che esce dalla forma è detto getto e può essere un grezzo per lavorazioni successive (semilavorato), oppure un pezzo finito Non tutti i materiali sono adatti ad essere impiegati in fonderia, occorre verificarne le proprietà tecnologiche di fusibilità e colabilità. La forma può essere di due tipi: a perdere (forma transitoria) / non a perdere (forma permanente). Durante la solidificazione hanno origine alcuni fenomeni che vanno presi in considerazione per poter correttamente progettare il modello e realizzare la forma: • Ritiro in fase liquida • Cavità di ritiro (nella zona più massiva) • Ritiro in fase solida • Tensioni di ritiro • Formazione di cricche a caldo Oltre a questi fenomeni occorre considerare che il modello deve presentare alcune modifiche di geometria rispetto al pezzo finito per poterne garantire l’estrazione dalla forma e che la forma stessa non si distrugga: • Angoli di sformo o spoglie • Raccordi sugli spigoli ed angoli • Accorgimenti per la realizzazione di fori • Accorgimenti per la realizzazione di sottosquadri Se il pezzo deve essere successivamente lavorato, è necessario prevedere un opportuno sovrametallo. RITIRO - effetti sulle dimensioni: RITIRO - calettamento: operazione che forza un cilindro detto albero all’interno di un foro avente diametro inferiore del cilindro stesso. Per rendere possibile tale operazione il foro viene scaldato per allargarlo, nel raffreddarsi il foro torna alle dimensioni iniziali bloccando così il cilindro. Materozze: Per risolvere questo problema bisogna portarlo fuori dal getto. Per far questo si sposta il baricentro termico (ovvero l’ultima parte che solidifica) all’interno delle materozze. Le materozze sono appendici aggiunte per fornire materiale liquido al pezzo durante la solidificazione e per accogliere la cavità da ritiro. Possono anche essere coibentate o impiegate con polveri con reazione esotermica. Nelle zone più critiche possono essere impiegati i raffreddatori. - DIMENSIONAMENTO DELLE MATEROZZE Il modulo termico (M) di un getto è pari al rapporto tra il volume e le sue superfici di scambio termico: Questo rapporto influenza notevolmente il tempo di solidificazione: M   t  A parità di volume: maggiore è il modulo termico maggiore è il tempo di solidificazione Metodo di Heuvers: metodo dei cerchi inscritti, più il cerchio è grande più M è grande POSIZIONAMENTO: una volta definita la posizione delle materozze si passa al loro dimensionamento partendo dal modulo M1 della geometria elementare adiacente ad essa. DIMENSIONAMENTO DELLA MATEROZZA: impongo che: 𝑴𝒎𝒂𝒕𝒆𝒓𝒐𝒛𝒛𝒂 ≥ 𝟏. 𝟐 ∙ 𝑴𝒇𝒊𝒏𝒂𝒍𝒆 (+20%) A questo punto noto il modulo termico della materozza ne scegliamo la geometria in funzione delle nostre esigenze: a cielo aperto o cieche. Noto il coefficiente di ritiro volumetrico si può calcolare (da tabella o tramite formula analitica) il volume massimo alimentabile da una singola materozza: Elementi caratteristici: • bacino di colata • canale di colata • canale distributore • attacchi di colata • trappole, filtri, pozzetti 1) Sistema pressurizzato Sc / Sd / Sa 2 / 2 / 1 4 / 3 / 2 4 / 8 / 3 → Sc deve essere maggiore di Sa → Il sistema assicura che i differenti canali siano sempre pieni di metallo liquido. 2) Sistema non pressurizzato Sc / Sd / Sa 1 / 2 / 2 1 / 4 / 4 1 / 2 / 4 → Le sezioni aumentano → Il sistema assicura una velocità ridotta ed un moto quasi laminare della vena fluida negli attacchi → Idoneo per leghe che si ossidano facilmente (alluminio, magnesio, titanio) Dimensionamento sezioni caratteristiche Occorre determinare l’area della sezione di strozzatura (sezione minima): Tempo di riempimento Vincoli temporali - Verifiche Il tempo di riempimento (tr) deve essere minore: • del tempo di inizio solidificazione (ts) delle parti sottili del getto (possono ostruire il passaggio del liquido precludendo il corretto riempimento della forma) • del tempo di esposizione massimo (tc) all’irraggiamento da parte della forma (non ancora raggiunta dal materiale liquido). Detto anche tempo critico. Il valore di ts può essere calcolato mediante una di queste formule sperimentali: Velocità della vena fluida In ogni caso la velocità nella sezione di strozzatura deve essere inferiore a 1m/s per evitare turbolenze ed inclusioni. Altezza dal pelo libero • Colata diretta • Colata in piano/sorgente Perdite di carico Sistema pressurizzato: • vengono considerate tutte le perdite di carico dal bacino di colata sino alla sezione degli attacchi • c  0.5 – 0.65 Sistema non pressurizzato: • vengono considerate le perdite di carico dal bacino di colata al piede del canale di colata • c  0.9 Esempi di sistemi di colata FILTRI E TRAPPOLE Fermano le scorie presenti nel bagno. Filtri: sono elementi spugnosi (materiale resistente alle alte temperature, di solito materiale ceramico) Trappole: denti di sega, fermascorie, ad azione centrifuga LA SPINTA METALLOSTATICA Per tutto il tempo in cui la lega si mantiene liquida all’interno della forma, ogni punto delle pareti interne della forma stessa è soggetto da una pressione funzione del peso specifico (g) della lega e della profondità del punto considerato rispetto al pelo libero del liquido (H). - Camera fredda (2) Vantaggi della pressocolata • Complessità delle forme • Cadenze produttive elevate • Alta riproducibilità • Automatizzazione - robotizzazione • Piccole - medie - grandi e grandissime serie DIFETTI di fonderia ➢ Difetto: cavità da ritiro Cause: insufficiente alimentazione da parte delle materozze ➢ Difetto: soffiature Cause: evacuazione dei prodotti gassosi impedita ➢ Difetto: bave di piccolo spessore e dimensioni limitate Cause: giochi negli accoppiamenti, eccessiva temperatura di colata ➢ Difetto: bave di maggiore spessore ed estensione Cause: eccessiva spinta metallostatica ➢ Difetto: distacco di sabbia Cause: erosione su parti non raccordate, scarsa coesione o scarsa permeabilità locale della sabbia ➢ Difetto: fratture a freddo Cause: eccessive tensioni di trazione causate dal ritiro in fase solida ➢ Difetto: cricche Cause: eccessive tensioni di trazione causate dal ritiro in fase solida in parti mal raccordate. ➢ Difetto: riprese Cause: incollaggio di due vene fluide unitesi a temperatura troppo bassa o con superfici ossidate. ➢ Difetto: “buccia d’arancia” Cause: terra mal rigenerata o con agenti inquinanti. ➢ Difetto: pezzo incompleto Cause: prematura solidificazione di uno spessore sottile. (3) DEFORMAZIONE PLASTICA Proprietà meccaniche dei materiali: • Durante i processi di produzione per deformazione plastica il materiale subisce almeno una delle tre modalità di deformazione fondamentali: Al fine di modificare i materiali per ottenere il pezzo finito bisogna applicare delle forze che portino il materiale a deformarsi in maniera definitiva. L’entità della forza da applicare dipende dalle caratteristiche meccaniche del materiale. A tal fine esistono prove meccaniche normate che permettono la stima di tali caratteristiche. Prova di compressione - Si comprime un provino tra due stampi piani - Anche questa prova permette di ottenere il legame sforzo-deformazione del materiale in esame - Fornisce indicazioni migliori per i processi di stampaggio Prova di torsione - Si tratta di torcere un provino - Generalmente i provini sono tubolari a sezione mediana ridotta - È possibile utilizzare anche provini cilindrici - Questo test permette di determinare la relazione tra la tensione di taglio di un materiale e la corrispondente deformazione di taglio stimando il modulo di taglio G In questo caso si ottiene la forma finale del pezzo per mezzo della deformazione plastica ovvero sfruttando il fatto che sopra il limite di snervamento e prima del limite di rottura un materiale si lascia deformare tramite l’azione di forze esterne mantenendo nel tempo la nuova forma acquisita anche dopo la rimozione della forza che ha prodotto la deformazione. La deformazione La deformazione può avvenire: • a caldo, se si vuole sfruttare la riduzione di resistenza interna del materiale con l’aumento della temperatura • a freddo, se si vuole ottenere un prodotto finito (nastri, fogli di alluminio, fili, …) • a tiepido Lavorazioni Lavorazioni a freddo (cold stamping) Il materiale viene lavorato a T ambiente. Durante la deformazione il materiale deformato può scaldarsi leggermente. Vantaggi: Processo preciso (tolleranze ristrette). Innalzamento della resistenza dello stampato. Miglior finitura superficiale. Svantaggi: Elevate pressioni (forza) di formatura. Sono necessari diversi passaggi di preformatura. Durante il processo possono essere necessari trattamenti di ricottura. Scarsa formabilità del materiale. Lavorazioni a tiepido (warm stamping) Il materiale viene scaldato ad una T < T di ricristallizzazione della lega lavorata (980°C per gli acciai; 475°C per gli ottoni). La progettazione degli stampi nello stampaggio a freddo e a tiepido è simile, ma le temperature di lavoro e i lubrificanti sono diversi. Vantaggi: Presenta alcuni vantaggi dello stampaggio a freddo e a caldo. Miglior formabilità del materiale. Pressioni di formatura (forza) più basse. Maggior rapporto di deformazione. Non sono richiesti interventi di ricottura. Svantaggi: Elevati costi degli stampi Gli stampi devono resistere a pressioni e temperature elevate. Lavorazioni a caldo (hot stamping) Il materiale viene scaldato ad una T > T di ricristallizzazione della lega lavorata (980°C ÷ 1200°C per gli acciai, 430°C per l’alluminio, 600°C ÷ 800°C per gli ottoni). Vantaggi: Si possono stampare componenti geometricamente complessi. Buona formabilità del materiale. Basse pressioni (forza) di formatura. Si possono stampare componenti con masse e volumi elevati. Svantaggi: Formazione di scaglie. Scarsa precisione dimensionale. Ricristallizzazione statica e dinamica In una deformazione plastica a caldo la temperatura e lo stato di sollecitazione imposti al metallo sono tali da portare ad una rapida ricristallizzazione durante il processo (ricristallizzazione dinamica) o in tempi successivi molto brevi (ricristallizzazione statica) in modo da evitare l’instaurarsi di uno stato di incrudimento nel metallo. La ricristallizzazione rimpiazza la struttura cristallina a grani deformati con una nuova serie di grani esenti da tensioni e distorsioni. Parametri che influenzano la resistenza del materiale alla deformazione La temperatura e la velocità di deformazione influenzano la resistenza meccanica Influenza della temperatura→ al crescere della temperatura di un metallo la sua resistenza alla deformazione cala. Inoltre, a temperature superiori alla temperatura di ricristallizzazione, l’influenza della deformazione sulla legge di flusso del materiale non è significativa mentre l’influenza della velocità di deformazione diviene significativamente importante. Influenza della velocità di deformazione→ al di sopra della temperatura di ricristallizzazione, l’influenza della velocità di deformazione è maggiore rispetto all’influenza della deformazione. Al di sotto della temperatura di ricristallizzazione, l’influenza dell’entità della deformazione è maggiore rispetto all’influenza della velocità di deformazione. L’energia trasformata in lavorazione di deformazione del massello è: Maggiore è la massa M dell’incudine, maggiore è la variazione di energia cinetica che si trasforma in lavoro di deformazione del massello. Solitamente: - m = 3000 ÷ 80000 N; - M = (10÷15) m; - Altezza di caduta: 1 ÷ 1.5 m Presse a vite Usano un sistema di guida a ruote di frizione: - per accelerare il gruppo volano-vite-slitta; - per riportare la slitta al punto morto superiore. Possono avere un dispositivo di regolazione e controllo dell’energia disponibile per evitare inutili sollecitazioni della macchina e degli stampi. Presse a vite traslante e a vite rotante Pressa a vite: energia disponibile L’energia teorica (o nominale) disponibile alla mazza vale: - J = momento di inerzia delle masse in rotazione; -  = velocità angolare delle masse in rotazione; - m = massa totale degli organi traslanti; - v = velocità di discesa degli organi traslanti; -  = rendimento del sistema vite-madrevite. Solitamente: •  = 0.65 ÷ 0.85; • v = 600 (grandi presse con diametro di vite 400÷500 mm) ÷ 900 (piccole presse con diametro di vite 100÷150 mm) mm/s Man mano che la mazza scende aumenta l’energia disponibile. - La regolazione dell’energia avviene comandando l’istante di distacco del disco dal volano. Durante la fase di stampaggio, la forza richiesta dalla deformazione si scarica sull’incastellatura e sulla vite. - Non essendo perfettamente rigide subiscono una deformazione elastica. • Una frazione dell’energia disponibile nominale En viene assorbita dalla pressa. • FORZA LIMITE: tutta l’energia disponibile alla mazza si trasforma in lavoro di deformazione della pressa (pezzo infinitamente rigido). Poiché l’incastellatura della pressa si deforma elasticamente, l’energia totale assorbita vale: - F = forza per stampare il pezzo; - L = allungamento della struttura; - R = rigidezza della struttura. L’energia assorbita dalla pressa è tanto maggiore quanto maggiore è la forza di stampaggio. L’energia assorbita dalla pressa è tanto minore quanto maggiore è la rigidezza della pressa. Verifica della realizzazione del pezzo con 1 solo colpo. Si calcola: 1. la forza massima per stampare il pezzo (FMAX); 2. l’energia richiesta per la realizzazione del pezzo (E); Se il punto P definito da queste due coordinate (E, FMAX) è sottostante la curva, il pezzo è realizzabile in un solo colpo, altrimenti bisogna prevedere sbozzati intermedi e realizzare il componente con più colpi. Presse ad eccentrico Si basano sul cinematismo biella manovella realizzato mediante un albero ad eccentrico. L’operazione di deformazione plastica può essere portata a termine se la forza richiesta dal processo è sempre inferiore a quella disponibile nella pressa. Presse ad eccentrico: forza disponibile Con un azionamento tipo biella-manovella, la forza verticale Fh sul piede di biella (forza disponibile) dipende dalla distanza h dal punto morto inferiore: - Mt = momento torcente agente sull’albero di manovella; - e = lunghezza della manovella (eccentricità); -  = angolo di manovella; -  = angolo di biella. La forza cha la mazza può esercitare dipende dall’angolo  di manovella. Tende all’infinito per  tendente a zero! L’energia è fornita da un volano mosso da un motore elettrico. Presse ad eccentrico: limitazioni di utilizzazione Non superare la forza nominale Fn della pressa: - Non si devono sovraccaricare l’incastellatura ed i vari organi; Verificare che il momento torcente sull’albero eccentrico non superi quello massimo ammissibile Mt, MAX: - Non si devono sovraccaricare gli organi sottoposti a torsione; Verificare che l’energia richiesta dall’operazione non sia maggiore di quella disponibile Ed: - Non si deve sovraccaricare il motore. Presse ad eccentrico: curve di prestazione Per eseguire queste verifiche si utilizzano le curve di prestazione. Per non sovraccaricare la pressa si deve avere: - una forza FMAX richiesta minore di quella nominale Fn; • (verifica sovraccarico della struttura); - la forza richiesta istante per istante minore di quella disponibile Fh; • (verifica sovraccarico del motore). Regolazione delle presse ad eccentrico La maggior parte delle presse meccaniche permettono: - una variazione della corsa (agisco sulla lunghezza della manovella); - una registrazione della mazza rispetto al piano di lavoro. La variazione della corsa si realizza interponendo una bussola eccentrica fra l’albero eccentrico e la biella. Presse oleodinamiche Il principio di funzionamento si basa sul movimento di uno o più pistoni idraulici ottenuto mediante olio in pressione. - La forza massima è disponibile in qualsiasi punto della corsa della slitta. - È possibile variare con continuità la velocità della slitta durante la corsa di lavoro. Servopresse L’energia richiesta dall’operazione è rappresentata dall’area sottostante la curva: - c = corsa di deformazione Forza media di stampaggio La determinazione teorica della curva forza/corsa di deformazione è laboriosa, in prima approssimazione si può valutare l’energia come prodotto della forza media Fmed per la corsa di deformazione c. ➢ Nel caso di stampaggio a caldo con formazione di bava, la forza media Fmed può essere valutata come una frazione della forza massima FMAX: LAMINAZIONE Quella più semplice (piana) serve per ridurre una delle tre dimensioni di un corpo a forma di parallelepipedo, in genere lo spessore, trascinando il materiale attraverso due cilindri ad assi paralleli e rotanti in senso opposto. Sagomando in maniera opportuna le luci tra i cilindri, si possono ottenere prodotti di varia sezione. Prodotti della laminazione: prismi di varia forma, lamiere e nastri, tubi, forati, tubi veri e propri, profilati. Rapporto di laminazione → rapporto tra spessore iniziale e finale Condizione di trascinamento Si ha trascinamento quando: Ovvero E quindi: Gabbia di laminazione e cilindri di laminazione PRODUZIONE DEI TUBI Fasi del processo di produzione: colata continua → realizzazione forato → finitura (1) Colata continua: coliamo il metallo in degli elementi con sezione nota, la solidificazione finisce sul rullo orizzontale e si tagliano le billette (2) Produzione forati • Laminatoio Mannesmann o obliquo: cilindri controrotanti, la punta di calibrazione entra nel materiale caldo (già forato) e lo spinge sulle sezioni circolari dei cilindri (è una sorta di laminazione). Il problema di questo metodo è che di solito non si ottengono forati con foro passante, ma c’è un fondello alla fine Schema delle sollecitazioni: il pezzo avanza e ruota • Stiefel (simile al mannesmann ma con geometria dei cilindri diversa) • Laminatoio presso foratore • Pressa a forare (laminazione inversa) (3) Finitura: laminatoi per la finitura: • Passo di pellegrino: il pezzo avanza ruotando e arretra diritto, i rulli lavorano • Continuo LC: rulli successivi sfasati di 90° • Banco a spinta: non si parte da un forato Mannesmann, ma c’è un fondello alla fine del forato. I cilindri non sono motorizzati ma sono folli (funzionano per attrito). Il pignone (ruota dentata) spinge avanti la cremagliera. Il mandrino calibra il diametro interno, la geometria dei rulli quello esterno. Le gabbie hanno tre rulli sfasati con successivi di 60°. • Riduttore stiratore LRS: non c’è il mandrino! Si sfrutta l’effetto riduttore stiratore: cilindri motorizzati (ogni gabbia ha un motore per dargli una diversa velocità) con velocità crescente che esercitano una azione di tiro fra le varie gabbie (stiratura): lo spessore nelle prime gabbie aumenta, ma poi cala. In una gabbia ci sono 3 cilindri sfasati di 120° e di 60° con la gabbia successiva. ESTRUSIONE Consiste nell’obbligare un massello cilindrico posto in un contenitore, a fluire attraverso un foro (realizzato in una matrice) mediante l’azione di una forza assiale. Tranciatura della lamiera Elementi del processo sono la matrice e il punzone, tra i quali ci deve essere un gioco stretto, questo perché avviene una deformazione plastica per mezzo di dislocazioni nei grani (appiattimento) che diventano cricca nello spigolo della matrice e nello spigolo del punzone: la lamiera si rompe (sforzo > sforzo di taglio) quando le due cricche si incontrano, ecco perché il gioco matrice-punzone deve essere molto stretto. Il rapporto zona shear/zona rupture è inversamente proporzionale a: - spessore della lamiera - gioco - resistenza del materiale a trazione Tranciatura fine - Piegatura: il processo di deformazione plastica è limitato in una zona ristretta e serve a produrre le sagome più svariate, senza arrivare a rottura. Il ritorno elastico è molto maggiore rispetto ad altre condizioni, per tenerne conto vado a deformare la lamiera con un angolo maggiore rispetto a quello che voglio ottenere: αeff > α (1), posso compensarlo anche usare un punzone sagomato per creare una zona limitata di sovrasollecitazione (2). - Curvatura o calandratura: il processo di plasticizzazione è esteso a tutta la superficie con cui si vuole costruire un solido di rotazione a parete sottile; la curvatura può essere realizzata mediante calandratura (il macchinario che curva le lamiere si chiama calandra che costruisce un solido di rotazione a parate sottile): tre cilindri, quello superiore ruota e scende verso il basso, i due sottostanti sono in folle. - Imbutitura: si ha quando si vuole costruire un solido di rotazione a parete sottile, costituito in genere da uno “scodellino” cilindrico con fondo piano. Con questo termine si comprendono tutte le lavorazioni di stampaggio (profondo e non) della lamiera: • Stretch-forming: sollecitazioni di trazione lungo le due direzioni; • Deep-drawing: rilevanti sollecitazioni di compressione; (es. pentole) • Miste. I più comuni prodotti di un’operazione di imbutitura sono solidi di rivoluzione a parete sottile. Il materiale di partenza è un disco di lamiera. Stato di sollecitazione e andamento dello spessore (non costante!) Diminuzione di spessore sul fondello dell’imbutito a causa delle sollecitazioni di trazione; Notevole diminuzione di spessore nel tratto DE: - zona di rottura nel caso di lavorazione non correttamente impostata; Diminuzione graduale della riduzione di spessore: - In corrispondenza del materiale proveniente dalla frangia si ha un aumento di spessore (10% circa) Imbutitura diretta e inversa Inversa: nel secondo step giro la lamiera di 180° → ne ricavo una redistribuzione dello stato di sollecitazione → resistenza meccanica maggiore del prodotto finale. Determinazione dei parametri di processo In generale lo studio di un’operazione di imbutitura presuppone il calcolo di: - forma e dimensioni della lamiera di partenza (1) - rapporto di imbutitura e numero di passaggi (2) - dimensionamento del punzone e della matrice - pressione e forza del premilamiera - forza di imbutitura - energia necessaria (1) Forma e dimensioni della lamiera di partenza La lamiera di partenza, nel caso di solidi assialsimmetrici, deve essere un disco di diametro D tale da assicurare la realizzazione del pezzo. Supponendo lo spessore costante: In realtà la variazione di spessore è tale da permettere l’utilizzo di un diametro D leggermente minore (1÷5%). Di solito: fondo + raccordo + parate verticale (2) Rapporto di imbutitura Dove: - D = diametro del disco da imbutire - d = diametro del punzone ➢ max = 2  1.70 per il primo passaggio ➢ max = 1.33  1.25  1.15 per i passaggi successivi (diminuisce) Sistema di riferimento Piano di riferimento: dove appoggio l’utensile Piano di taglio: ⊥ al p. di rif, contiene lo spigolo di taglio (tagliente principale) Piano di lavoro: ⊥ al p. di rif, contiene l’asse di rotazione del pezzo Asse di riferimento: retta parallela all’asse dello stelo e passa nel vertice dell’utensile Angoli caratteristici Angoli del profilo: -  angolo tagliente principale -  ’ angolo tagliente secondario -  angolo dei taglienti: sta tra i 2 taglienti, cioè tra  e  ’ -  angolo inclinazione tagliente principale (rispetto al piano di riferimento) Angoli della sezione normale: - γ angolo di spoglia superiore o inclinazione del petto: tra piano di riferimento e petto -  angolo di spoglia inferiore: tra piano di taglio e fianco -  ’ angolo di spoglia inferiore secondario -  angolo di taglio: tra petto e fianco Angoli di registrazione: rispetto al pezzo! -  angolo registrazione tagliente principale -  ’ angolo registrazione tagliente secondario Angolo di spoglia inferiore α Durante la lavorazione l’utensile descrive un’elica di passo pari all’avanzamento (a) e diametro D. La traccia OL è inclinata di un angolo  che riduce l’ampiezza di α. La differenza (α - ) deve essere sempre positiva per evitare lo strisciamento del fianco principale sulla superficie lavorata→ se l’angolo dell’elica  > angolo α si tallona. All’aumentare dell’avanzamento  aumenta. All’aumentare del valore di α: • aumenta l’avanzamento impostabile • diminuisce la sezione resistente dell’utensile che si può rompere Il valore di α va definito tenendo in considerazione: • il materiale da lavorare: per materiali molto tenaci (pressione di taglio alte) si scelgono valori di α bassi. • Il materiale dell’utensile: per materiali poco tenaci si scelgono valori di α bassi. Valori tipici sono: 2° < α < 15° (condizioni α > 0 e α >  ) α non può essere negativo/= 0° se no si va a tallonare ovvero l’utensile sfrega su una superficie lavorata. Angolo di spoglia superiore γ L’angolo di spoglia superiore influisce sul meccanismo di formazione del truciolo, cioè sullo scorrimento del truciolo sul petto. All’aumentare di γ si ha minor: - deformazione del truciolo, scorre meglio - pressione di taglio (sforzo) - forze - potenza assorbita - attrito di scorrimento - temperature di esercizio - resistenza dello spigolo tagliente (negativo) - possibilità di aumentare i parametri di taglio (negativo) Gamma rispetto ad alfa ha un forte impatto sul processo. Materiali in lavorazione poco tenaci consentono angoli γ maggiori. Materiali dell’utensile poco tenaci richiedono elevate sezioni resistenti, quindi γ anche negativo (infatti se il materiale è lavorabile bene è positivo) Valori di γ negativi (lavoro a compressione) determinano un aumento: - della deformazione del truciolo - della pressione specifica - delle forze - della potenza assorbita - della delle temperature - della sezione resistente γ negativi spostano verso l’interno la distanza del cratere di usura e determinano un minore indebolimento dell’utensile. Valori standard sono: -15° < γ < 30° Per utensili in diamante sintetico e ceramici è sempre < 0° Angolo di taglio β Ha influenza sulla robustezza del tagliente dell’utensile. Esiste la seguente relazione che lega α, β e γ: 𝛼 + 𝛽 + 𝛾 = 90°, scelgo 𝛼 e 𝛾, ma non 𝛽 Angolo del tagliente principale  Influenza le componenti della forza di taglio (componente assiale soprattutto, nulla se  = 0).  elevati consentono maggiori durate del tagliente, ma determinano un aumento della forza principale e della forza di repulsione (Fy). Di conseguenza sono consigliati valori di  : •  = 0 / < 0 per pezzi poco rigidi (quindi soggetti a vibrare) o per realizzare spallamenti •  > 0 in condizioni di lavoro normali e con sistemi macchina-pezzo-utensile rigidi. Angolo del tagliente secondario ’ Insieme a  determina l’angolo dei taglienti , di conseguenza influenza la robustezza finale della punta dell’utensile. Il valore di ’ deve essere il maggiore possibile facendo attenzione a non eccedere per evitare lo strisciamento con il pezzo appena lavorato (tallonare). Angolo dei taglienti : influenza robustezza della punta e la finitura superficiale del pezzo. •  angolo di registrazione del tagliente principale • ’ angolo di registrazione del tagliente secondario Insieme all’avanzamento a, al raggio di punta dell’utensile r e all’angolo tra i taglienti  concorrono a determinare la rugosità teorica della superficie lavorata. Angolo di inclinazione del tagliente principale  Può avere valore positivo o negativo. Un angolo positivo genera nell’utensile sollecitazioni di taglio. Valori negativi dell’angolo di inclinazione del tagliente principale: • consentono di ottenere utensili più robusti e variare le sollecitazioni nell’utensile da sforzi di taglio/flessione a sforzi di compressione • causano un aumento di: - deformazione del truciolo - pressione di taglio - forze - potenza assorbita - attrito di scorrimento - temperature di esercizio Influenza di  angolo di inclinazione del tagliente principale e  angolo del tagliente principale sul meccanismo di formazione del truciolo: ➢  positivi allontanano il truciolo dalla superficie lavorata: ➢ : Tipologie di truciolo perdere in produttività, per alcune operazioni di fresatura. Più critica l’applicazione nelle operazioni di foratura e maschiatura. Vantaggi: • riduzione costi dei refrigeranti • riduzione costi di smaltimento oli esausti • prevenzione dell’inquinamento idrico e atmosferico MQL: per queste lavorazioni, le nuove macchine sono dotate di sistemi di lubrificazione a nebbia d’olio, che utilizzano piccole portate di 20 ml/ora di olio vegetale + additivi, questo lubrificante evapora a contatto col pezzo e non inquina l’aria. Il flusso d’aria e di olio è separato in due tubi finché arrivano all’ugello dove vengono spruzzati. Taglio a secco: sarebbe il top, ma gli utensili durano molto poco. È utilizzato solo per materiali sensibili ai salti termici come il diamante policristallino, dove non si può lubrorefrigerare. La lavorazione a secco pone seri problemi termici alla struttura della macchina, dato che il truciolo caldo non viene lavato via velocemente con il fluido lubrorefrigerante. Per questo si stanno adottando soluzioni diverse: • Utilizzo del fluido refrigerante per "lavare" il banco della macchina, in modo da agevolare l’evacuazione dei trucioli. Dal punto di vista ambientale il fluido evapora molto di meno rispetto a quando viene inviato direttamente sulla zona di contatto utensile • Nuove architetture per la macchina, evitando piani orizzontali e “appendendo” le tavole porta pezzo in alto • Aspirazione del truciolo nella zona vicina all’utensile o aspirando aria su un’area più vasta che mantiene in depressione tutta la zona di lavoro, chiusa della macchina. -03- USURA DEGLI UTENSILI Durante la lavorazione l’utensile subisce un’usura. 1) Qualità finale del pezzo: - Mancato rispetto delle tolleranze geometriche - Rugosità superficiale non adeguata - Bave eccessive, non sempre rimovibili - Eccessivi stress residui nel materiale - Eccessivo incrudimento del materiale 2) La durata (vita) dell’utensile da cui dipendono le strategie di sostituzione dell’utensile. È necessario monitorare lo stato di usura di un utensile e definire un limite di usura oltre il quale sostituire l’utensile. Usura dell’utensile Usura→ Perdita o asportazione progressiva di materiale dalla superficie di un corpo. Le cause dell’usura sono di ordine: • meccanico: principalmente legate all’abrasione dovuta allo scorrimento del truciolo sull’utensile; • termico: durante la lavorazione la temperatura si innalza notevolmente; • chimico: con l’aumento di temperatura possono innescarsi meccanismi di ossidazione o diffusione allo stato solido che infragiliscono l’utensile Meccanismi di usura • Abrasione: particelle di elevata durezza • Diffusione: passaggio di atomi tra i materiali del pezzo e dell’utensile • Ossidazione: ossigeno atmosferico forma ossidi facilmente asportabili • Adesione: fenomeno del tagliente di riporto • Scheggiatura: parti dell’utensile si separano dallo stesso per fenomeni di fragilità • Deformazione plastica: dovuta a sollecitazioni meccaniche e termiche (solo negli acciai) • Fatica: dovuta a cicli meccanici e termici Di solito più fenomeni di questi si combinano e portano all’usura. Questi fenomeni si presentano a diverse temperature: prima solo adesione e abrasione (fenomeni meccanici), poi sopra certe T abbiamo altri fenomeni come ossidazione e diffusione (fenomeni chimici) Usura abrasiva L’usura abrasiva: - è causata dallo scorrimento di particelle dure sulle superfici di taglio (petto e fianco) dell’utensile; - le particelle dure possono provenire dalla microstruttura del materiale del pezzo oppure essere frammenti dello spigolo di taglio dell’utensile; - all’aumentare della durezza del materiale dell’utensile questo tipo di usura si riduce (policristallini top, acciai rapidi flop) Secondo il modello analitico Usui la velocità di usura dipende dalla pressione di contatto (𝑷) tra truciolo e utensile, dalla velocità di scorrimento del truciolo sul petto (𝒗) e dalla temperatura che si raggiunge (𝑻), A e B sono 2 costanti: Usura diffusiva L’usura diffusiva (causa un cratere sul petto): - si verifica ad elevate temperature di taglio: temperatura di attivazione - elementi chimici dei materiali dell’utensile e del pezzo diffondono mutuamente fra loro - tipicamente quando si utilizzano utensili in carburo di tungsteno il C, il Co, e il W diffondono dall’utensile nel pezzo; il ferro diffonde dal pezzo nell’utensile→ per evitare ciò interpongo un rivestimento come barriera per evitare l’affinità chimica, che funga da isolante termico e abbia basso coefficiente di attrito Secondo il modello analitico Takeyama-Murata la velocità di usura dipende dalla temperatura: Usura adesiva È dovuta al tagliente di riporto→ aumento la velocità→ aumenta la temperatura→ diminuisce l’adesione Usura utensile: forme di usura La rapidità con cui avviene l’usura (velocità di usura) dipende da molti fattori: - Caratteristiche dell’utensile (geometria e materiale) - Temperatura raggiunta nella zona di lavorazione - Parametri di taglio - Utilizzo di lubrorefrigeranti nella zona di lavorazione - Utilizzo di oli nella zona di lavorazione - Presenza di cicli termici - Affinità chimica tra utensile e materiale in lavorazione - ecc. Durata utensile: le norme Norme che descrivono come predisporre e condurre test per lo studio della durata utensile: • Norma UNI ISO 3685:1993 - Prove di durata degli utensili da tornio con testa singola. • Norma UNI ISO 8688-1:1989 - Prove di durata degli utensili di fresatura - Fresatura frontale. • Norma UNI ISO 8688-2:1989 - Prove di durata degli utensili di fresatura - Fresatura combinata. Norma ISO 3685 Tra tutte le principali forme di usura dell’utensile, quella che si riflette maggiormente sulla qualità di lavorazione è l’usura sul fianco = labbro di usura. Quest’usura influenza: - la precisione dimensionale - la finitura superficiale Si misura con le grandezze: • VB (valore medio) • VBmax • VBn e VBc Sul petto dell’utensile si forma il cratere di usura che determina l’indebolimento dell’utensile stesso aumentando la possibilità di rottura. Questa usura si misura con le grandezze: • KT (profondità massima del cratere) • KM (punto medio del cratere misurato dallo spigolo del tagliente originale) • KB (larghezza del cratere) Prove di durata utensile La procedura può essere sintetizzata come segue: - Si determina che parametro di usura da monitorare (preferibile VB). - Si realizzano lavorazioni di tornitura (o fresatura frontale o fresatura combinata) interrompendo il processo ad intervalli regolari (vanno fissati in fase di progettazione delle prove). - Ad ogni intervallo si misura il valore del parametro di usura selezionato - Si riportano in un grafico (curve di usura) i punti corrispondenti al valore di usura misurato per ogni intervallo di tempo. - Si ripete il procedimento fino a quando l’utensile si rompe o non è più utilizzabile. Curva di usura La curva di usura presenta sempre il medesimo andamento ad S. Tipicamente si possono distinguere 3 regioni: 1. Usura iniziale o primaria: usura rapida dovuta alla modifica della geometria dell’utensile; 2. Usura costante: zona di utilizzo dell’utensile in cui l’utensile ha un comportamento costante perché si è adattato alla lavorazione e l’usura aumenta gradualmente; Andamento della durezza di un acciaio 18-4-1 + 5% Co in funzione della temperatura di rinvenimento: 3. Le stelliti: leghe fuse di cobalto Composizione chimica: Co=38÷58%, Cr=30÷33%, W=10÷20% Caratteristiche: - Durezza a T ambiente pari a quella degli acciai rapidi ma con valori adeguati alle condizioni di taglio anche a T elevate - Chimicamente più stabili rispetto agli acciai rapidi - Buona resistenza all’usura - Maggior rigidezza rispetto agli acciai rapidi - Maggiore fragilità rispetto agli acciai rapidi che non ne consente l’uso in condizioni di taglio interrotto - Disponibili solo in forme relativamente semplici - Costo elevato 4. Carburi metallici sinterizzati Caratteristiche: - Prodotto della metallurgia delle polveri - Durezza a caldo molto elevata velocità di taglio elevate - Elevata conducibilità termica - Basso coefficiente di dilatazione termica - Chimicamente stabili - Tenacità notevolmente inferiore a quella degli acciai - Modulo di Young 2-3 volte più alto rispetto agli acciai rapidi Produzione dei carburi metallici sinterizzati: polvere di cobalto + carburo di tungsteno + altre polveri di carburi → compressione a freddo → pre-sinterizzazione a 1000°C → sinterizzazione a 1500°C. Carburi di tungsteno (WC): - Taglio ghisa o di materiali non ferrosi - Inadeguata resistenza all’usura per craterizzazione nelle lavorazioni su acciaio - Per accrescere la resistenza all’usura per craterizzazione viene mescolato con carburo di titanio (TiC), carburo di tantalio (TaC) e carburo di niobio (NbC) Carburi di titanio (TiC): - Maggiore resistenza all’usura e minore tenacità - Velocità di taglio maggiori nella lavorazione di acciai legati e ghise Il cobalto fa da matrice metallica (legante), mentre il WC è la parte dura. Se cresce la % di Co: - aumenta l’usura perché ho meno parte dura - aumenta la resistenza alla rottura trasversa = tenacità - diminuisce la durezza perché è il legante - diminuisce la resistenza a compressione Tipicamente sono solo gli inserti su uno stelo in acciaio da costruzione, non si realizzerà mai l’intero utensile in carburo di tungsteno (non sarebbe tenace). L’inserto si fissa con: • bloccaggio a staffa→ inserti non forati, con inserti piani permette di interporre fra staffa e inserto una piastrina rompitruciolo • bloccaggio a vite→ semplice, ma l’inserto viene forato, ha poche parti di ricambio, un ingombro ridotto, non ostacola il deflusso del truciolo Gli inserti La costruzione di un utensile da taglio in un solo materiale non consente di soddisfare appieno i principali requisiti di resistenza richiesti (elevata durezza e resistenza all’usura dei taglienti, elevata resistenza agli urti del corpo). Con lo sviluppo degli inserti in carburi metallici sinterizzati è stato possibile costruire utensili di tipo composito per soddisfare le diverse esigenze. Classificazione ISO dei carburi metallici sinterizzati (inserto): il materiale è quello che si va a lavorare, non quello dell’inserto o P: acciai o M: acciai inox o K: ghise o N: alluminio e non ferrosi o S: super leghe resistenti al calore o H: materiali temprati o 01: duro e fragile  50: meno duro e tenace 5. Utensili rivestiti Ottenuti riportando su inserti in carburo metallico o su utensili in HSS uno o più strati di materiale molto duro (2-4 micron) per aumentare la resistenza all’usura alle sollecitazioni termiche, senza ridurne la tenacità. Requisiti di un materiale da ricoprimento: - elevata durezza ad alta temperatura - stabilità chimica rispetto al materiale in lavorazione - bassa conducibilità termica - buon legame con il substrato per evitare scheggiature - porosità molto bassa - basso coefficiente d’attrito col truciolo I rivestimenti possono essere ottenuti applicando due diverse tecniche: 1) Chemical Vapor Deposition (CVD): permette di ottenere su un supporto solido (substrato) un deposito a partire da un precursore, introdotto in forma gassosa, che si decompone sulla superficie del substrato. I gas di trasporto sono ossigeno, argon, idrogeno o azoto, grazie al quale vengono poi allontanati dal sistema anche i prodotti di decomposizione gassosi; ➢ Variante: Plasma-Assisted CVD: ha il plasma al posto del gas 2) Physical Vapor Deposition (PVD): processi di deposizione atomica nei quali il materiale viene fatto evaporare da una sorgente solida o liquida in forma di atomi o molecole tipicamente tramite processi di sputtering atomico (gas: argon). Tale materiale vaporizzato viene trasportato attraverso un ambiente sottovuoto fino al substrato dove si deposita (target) formando un rivestimento. Generalmente il PVD viene utilizzato per creare rivestimenti di poche decine o centinaia di nanometri. Tra i due la miglior copertura per maggior adesione è quella PVD (test per vedere: scratch test) Principali materiali utilizzati per il rivestimento • Nitruro di titanio (TiN): oro→ basso coefficiente di attrito, elevata durezza e resistenza alle alte temperature, buona adesione al substrato, adatto per inserti in metallo duro e in acciaio rapido. • Carburo di Titanio (TiC): grigio→ aumento della resistenza ad usura sul fianco nella lavorazione di materiali abrasivi. • Ossido di alluminio (Al2O3): bianco→ resistenza alle alte temperature, bassa conducibilità termica, elevata resistenza all’usura in grado di ridurre la craterizzazione, difficoltà di adesione al substrato. • Carbonitruro di titanio (TiCN): oro Rivestimenti multistrato Inserti rivestiti a strato doppio e triplo (spessori: 2÷12 µm) per combinare le diverse proprietà di ciascun materiale di rivestimento. Esempi: - substrato + TiN (per acciai rapidi) - substrato + TiC + TiN - substrato + TiC + Al2O3 - substrato + TiC + Al2O3 + TiN Strato interno: deve garantire buona adesione al substrato Strato esterno: deve garantire buona resistenza all’usura e fungere da barriera termica, basso coefficiente di attrito Strato intermedio: deve essere compatibile per la realizzazione di un legame stabile con gli altri strati. Widia: molto duro 6. Materiali ceramici Componente principale: Al2O3 (allumina) con tenore anche superiore al 99%. Altri possibili componenti: TiC e ZrO per incrementare alcune proprietà fisiche e meccaniche come la conducibilità termica, la tenacità e la resistenza agli shock termici. Ceramica bianca • composta quasi esclusivamente da Al2O3; • ottenuta con pressatura delle polveri a freddo e successiva sinterizzazione a T elevate (1600-1800°C) Ceramica nera (CERMET: cer: ceramica, cioè allumina + met: carburi metallici) • composta indicativamente dal 70% di Al2O3 e dal 30% di TiC; • altri CERMET contengono MoC, NbC e TaC; • ottenuta mediante pressatura e sinterizzazione a temperature elevate Caratteristiche: - elevatissima durezza a caldo - ottima resistenza all’usura→ consente di lavorare ad altissime vt - stabilità chimica maggiore degli altri materiali per utensili - elevata fragilità→ provoca un degrado prematuro dell’inserto (scheggiatura) - non idonei alla lavorazione di Al, Ti e rispettive leghe per la marcata affinità chimica - Collegamento al corpo dell’utensile mediante bloccaggio a staffa. Non è possibile realizzare inserti con foro centrale a causa della bassa resistenza a taglio del materiale. Campi di impiego: - lavorazione di semifinitura o finitura di parti in ghisa ed in acciaio adottando valori elevati di vt e bassi di a - lavorazione di acciai dopo TT di indurimento superficiale evitando successive operazioni di rettificatura 7. Materiali ceramici a base di nitruro di silicio Ricadono nella famiglia dei ceramici anche se hanno proprietà meccaniche e tecnologiche che differiscono sostanzialmente da quelli a base di Al2O3. Componente principale: Si3N4 a cui vengono aggiunti Al2O3, TiC e Y2O3 Processo produttivo: sinterizzazione Es.: SiAlON (silicio-allumio-ossigeno-azoto): - conserva elevata durezza a temperature superiori a quelle dei carburi metallici - è più tenace della ceramica a base Al2O3 e presenta migliore resistenza agli shock termici Campi di impiego: lavorazioni su ghise e superleghe a base Ti (non usati per lavorare gli acciai) 8. Nitruro di boro cubico (CBN) Caratteristiche: - elevata durezza (inferiore solo al diamante policristallino) - ottima resistenza all’usura per abrasione - buona stabilità chimica (chimicamente inerte rispetto a Fe e Ni) • VERIFICA 4: occorre assicurare che la finitura superficiale ottenuta sia quella richiesta nelle specifiche di progetto. Forze in tornitura: le componenti della forza La maggior parte delle verifiche dipendono dalla forza di taglio (Ft) che si genera durante il processo. - Ft: componente perpendicolare al petto dell’utensile della risultante, è la componente maggiore→ genera deformazione plastica e quindi il truciolo - Fa: parallela alla direzione di avanzamento→ si oppone all’avanzamento dell’utensile (circa zero) - Fr: perpendicolare alla direzione di avanzamento→ cerca di far arretrare l’utensile e dipende dall’angolo di registrazione (circa zero) Parametri tornitura Dai parametri di lavorazione caratteristici (a, p, vt) è possibile derivare: • spessore di truciolo s [mm] • sezione di truciolo S [mm2] La sezione teorica del truciolo è: 𝑆 = 𝑎 ∙ 𝑝 La forza di taglio in tornitura KS0: pressione specifica di taglio che dipende dal materiale in lavorazione e dalla geometria dell’utensile n: esponente che dipende dal materiale in lavorazione 1/n: dipende dal materiale dell’utensile e del pezzo Verifica 1: potenza necessaria in tornitura Calcoliamo il prodotto scalare: poiché 𝒗𝒓 = 0, si ha inoltre, si ha che 𝒗𝒂 ≪ 𝒗𝒕 e che 𝑭𝒂 < 𝑭t La formula diventa: 𝑃𝑡 = 𝐾𝑠0 ∙ (𝑎 ∙ 𝑝)(1− 1 𝑛 ) ∙ 𝑣𝑡 ➢ La potenza necessaria deve essere inferiore alla potenza del motore per il rendimento del tornio ➢ Se la prima verifica non è soddisfatta o cambio la macchina o diminuisco i 3 parametri di lavorazione Verifica 2: montaggio del pezzo da tornire Mandrino autocentrante con griffe (dispositivi meccanici o oleodinamici che tengono il pezzo ancorato al mandrino) che si aprono e si chiudono contemporaneamente e il pezzo si pone automaticamente al centro per essere tornito. Le griffe possono essere dolci (per non danneggiare il pezzo) o ondulate (maggiore coeff. di attrito). L’autocentrante si può usare solo in tornitura cilindrica. È possibile avere mandrini con griffe indipendenti utili per monitorare un pezzo che non è assialsimmetrico, a cui possono essere aggiunte scanalature che permettono l’installazione di sistemi di bloccaggio. Oppure con brida e menabrida: c’è un mandrino che contiene il pezzo, non c’è la staffa, trasmette il moto di taglio al pezzo e lo trattiene contemporaneamente tramite un incastro a vite. Se un pezzo è lungo e snello posso centrarlo bene quando voglio, ma ad un centro punto se con l’utensile lavoro la parte finale rischio il crearsi di flessioni non volute, per evitare ciò uso le lunette: modificano la flessione dell’elemento nel momento in cui viene sottoposto a delle forze (chiuse: non permettono di lavorare il pezzo in quello spazio; aperte). Verifica 2: flessione del pezzo a. Montaggio su autocentrante a sbalzo Devo bloccare i 5 gradi di libertà e lasciare libera la rotazione sull’asse z. i gradi libertà, infatti, sono in totale 6: 3 traslazionali e 3 rotazionali. Il pezzo si può modellizzare come una trave vincolata da un incastro. Si consiglia quando: 𝐿 𝐷⁄ ≤ 1 dove L è la lunghezza del pezzo e D il diametro, si richiede quindi che sia “tozzo”. Inflessione massima in L o freccia (𝒇𝒎𝒂𝒙): dove: b. Montaggio tra punta e contropunta Il pezzo si può modellizzare come una trave vincolata da due cerniere. Si consiglia quando: 1 < 𝐿 𝐷⁄ ≤ 5 Inflessione massima in L/2 (𝒇𝒎𝒂𝒙): c. Montaggio tra autocentrante e contropunta Il pezzo si può modellizzare come una trave vincolata da un incastro e una cerniera. Si consiglia quando: 𝐿 𝐷⁄ > 5, pezzo particolarmente lungo e snello. Inflessione massima in 0,533∙L (𝒇𝒎𝒂𝒙): Verifica 3: serraggio autocentrante Il movimento è trasmesso grazie all’attrito. Momento=forza x braccio: • Momento trasmissibile (rotazione): 𝑀𝑟 = 𝑧 ∙ 𝜇 ∙ 𝑝 ∙ 𝐴𝑔𝑟𝑖𝑓𝑓𝑎 ∙ 𝐷∗ 2 • Momento di taglio: 𝑀𝑡 = 𝐹𝑡 ∙ 𝐷 2 Dove: z = numero di griffe dell’autocentrante μ = coefficiente di attrito statico p = pressione di contatto griffa-pezzo (minima) ordine dei Mega Pascal A = area di contatto griffa-pezzo D = diametro del pezzo in corrispondenza dell’utensile D* = diametro del pezzo in corrispondenza delle griffe Affinché la lavorazione sia eseguibile, si deve verificare che Mt < Mr Verifica 4: rugosità superficiale (micron) Influenza dell’avanzamento “a” e del raggio di punta “r ” (=collega il 1° e il 2° tagliente): - la rugosità cresce al diminuire del raggio di punta r - la rugosità cresce al crescere dell’avanzamento a Solo nelle operazioni di finitura: - a [mm/giro] - r [mm] - R [μm] (per questo c’è il 1000) Raggio di punta basso e avanzamento alto. Una regola empirica suggerisce di impostare l’avanzamento a non oltre 1/3 del raggio di punta. ➢ Concludendo non sempre abbiamo fatto tutte e 4 le verifiche: per la sgrossatura solo la 1-2-3 e per la finitura la 2-4. La flessione la verifico sempre, il serraggio principalmente nella prima operazione di sgrossatura, la rugosità principalmente dopo la finitura. ➢ Un utensile è tarato per circa 15 min di lavorazione (molto rispetto alla singola lavorazione di qualche sec.) Scelta utensile Utensile monocorpo: - Completamente realizzato nello stesso materiale (acciaio per utensili e rapido) - Si realizzano a partire da barrette a sezione tonda o quadrata Utensile composto (inserto + stelo): con inserto rombico, triangolare, quadrato, cerchio Lo stelo ha tutti gli angoli caratteristici, mentre l’inserto ha il tagliente e avrà anche esse un dorso e un petto Nella scelta dell’utensile occorre: 1. Individuare il tipo di operazione da eseguire 2. Individuare il materiale dell’utensile/inserto in funzione del materiale da lavorare 3. Sulla base di quanto definito nei punti 1 e 2, scegliere l’utensile adeguato: a. Utensile monocorpo (Acciaio, HS o HSS) oppure: b. Inserto in termini di: forma, geometria, dimensioni, raggio di punta, sistema di bloccaggio c. Stelo adatto ad accogliere l’inserto selezionato e con le caratteristiche desiderate: angolo di registrazione, angolo di spoglia superiore e inferiore, sistema di bloccaggio 4. Definire i parametri di taglio Tipologia operazioni (1) Tornitura esterna (piano xz, rotazione z): - Tornitura assiale o longitudinale //z (parassiale) - Sfacciatura //x (parassiale) - Profilatura, lavora a interpolazione di assi (=non lavora su un solo asse) - Troncatura //x (parassiale) - Cave //z o //x (parassiale) Rugosità media aritmetica Scelta stelo: sistema di bloccaggio Sistemi di bloccaggio: • a leva: adatto a lavorazioni esterne e alesature di grandi diametri • a staffa e cuneo: cuneo che spinge l’inserto contro un perno • a staffa: utilizzato se l’utensile non ha il foro • a vite La scelta viene fatta tramite catalogo. Tra le soluzioni disponibili scegliamo preferenzialmente: la più semplice, quella «classica» e la più economica. Per terminare la scelta corretta del codice dello stelo, bisogna verificare che le dimensioni del gambo dello stelo siano adeguate al fissaggio nella torretta porta utensile. Scelta stelo: codifica 1° campo: sistema di bloccaggio 2°campo: forma e angolo inserto. Deve coincidere con il 1° campo del codice dell’inserto 3° campo: tipo di cartuccia (termine pratico per l’angolo di registrazione χ). 95° va bene per tutto, 75° sgrossatura. 4° campo: angolo di spoglia inferiore. Deve coincidere con il 2° campo del codice dell’inserto 5° campo: se dx/sx/neutro 6°/7° campo: 2 coppie di numeri che mi dicono le dimensioni larghezza “a” e profondità “b” 8° campo: lettera corrispondente alla lunghezza l dello stelo 9° campo: dimensione dell’inserto che può alloggiare. Deve corrispondere al 5° campo del codice dell’utensile Definizione parametri di taglio (4) I parametri di taglio (a, p, vt) vengono scelti in base a quanto scritto da catalogo. -09- Il processo di fresatura L’utensile ruota e il pezzo trasla. Moti relativi: • fresatura frontale: la fresa è appoggiata sul pezzo e asporta materiale lungo tutto il suo raggio. Qui è importante il raggio della fresa. • fresatura periferica: la fresa lavora di fianco e asporta materiale lungo il suo perimetro del suo raggio. Qui è molto importante il raggio di punta. • fresatura assiale o combinata: la fresa non si muove soltanto nelle direzioni x e y, ma possiede il moto di taglio e si muove anche (solo) in z (es. realizzazione di cave) Il moto di taglio è posseduto dell’utensile (fresa). La testa della fresa è multi-tagliente. Ogni sistema utensile di una fresa è denominato dente. Selezione utensile e parametri di taglio in una lavorazione di tornitura Scelta utensile Occorre definire: - Tipo e dimensione dell’utensile - Angoli dei taglienti - Materiale della fresa/dell’inserto - Forma della fresa/dell’inserto - Geometria della fresa/dell’inserto - Dimensioni della fresa/dell’inserto - Raggio di punta/smusso - Sistema di bloccaggio dell’inserto Scelta parametri di taglio 1. Profondità di passata assiale ap e radiale ae: ae non è altro che la larghezza della fresatura 2. Velocità di avanzamento: 𝑎𝑛 = 𝑧𝑛 ∙ 𝑎𝑧 - an: avanzamento fresa in un giro - zn: n° denti fresa - az: avanzamento al dente al giro 3. Velocità di taglio, velocità periferica della fresa Quindi i parametri di taglio da definire in fresatura sono: 1. Velocità di taglio 𝑣𝑐 (m/min) 2. Avanzamento al dente al giro 𝑓𝑧 (mm/giro dente) 3. Profondità di taglio 𝑎𝑝 e 𝑎𝑒 (mm) da cui si calcolano: • Numero di giri della fresa n (giri/min) • Avanzamento al giro 𝑓 = 𝑓𝑧 ∙ 𝑍 • Velocità di avanzamento 𝑣𝑎 (mm/min) Verifiche nella lavorazione di fresatura La maggior parte di queste verifiche dipende dalla forza di taglio (Ft) che si genera durante il processo. Verifica 1: la macchina utensile deve essere in grado di fornire la potenza richiesta Verifica 2: occorre assicurare che la finitura superficiale sia quella richiesta Verifica 1: Fresatura periferica - Forze e Potenze di taglio Sθ: spessore istantaneo truciolo Sm: spessore medio truciolo L = ae p=ap Φ: angolo uscita dei denti Poiché la sezione del truciolo non è costante, risulta non costante anche il valore della pressione di taglio. Anche per questa ci si riferisce ad un valore medio ksm. Quindi: Questa va bene se abbiamo una fresa dove più denti lavorano in contemporanea, se invece lavora un dente alla volta si ha: zc: n° denti in presa z: n° denti fresa Potenza: Verifica 1: Fresatura frontale - Forze e Potenze di taglio B=B1+B2=ae Anche in questo caso poiché la sezione del truciolo non è costante, risulta non costante anche il valore della pressione di taglio. Anche per questa ci si riferisce ad un valore medio ksm. Il valore di ksm però questa volta non è funzione dello spessore medio del truciolo, bensì dello spessore medio effettivo som: Potenza: con 𝑧𝑐 = 𝜑2−𝜑1 2𝜋 ∙ 𝑧 Verifica 2: rugosità teorica Sono presenti 2 taglienti opposti e un nocciolo centrale che non taglia, ma si “incunea” nel materiale e lo spinge verso i taglienti. - D diametro - w spessore dello spigolo centrale - c lunghezza del nucleo - b larghezza dei bordini di guida - g scarico delle superfici laterali -  angolo fra i taglienti (120°) -  angolo di inclinazione dell’elica (60°/30°) - H passo dell’elica -  angolo dello spigolo centrale (120°): importante per far incuneare la punta nel materiale - ρ angolo di inclinazione laterale Il grado di tolleranza ottenibile è verso il 9/10 La velocità del punto centrale è nulla = senza lo spigolo centrale la punta non può essere usata Selezione utensile e parametri di taglio Scelta parametri di taglio Parametri di taglio in foratura: 1. avanzamento “a” o “f”: 𝑎𝑧 = 𝑓𝑧 = 𝑎 2 2. velocità di taglio (numero di giri del mandrino): 𝑣𝑡 = 𝜋∙𝐷∙𝑛 1000 [ 𝑚 𝑚𝑖𝑛 ] 3. profondità di passata: 𝐷 2 La scelta dei parametri di taglio dipende da: - materiale in lavorazione - utensile - rugosità desiderata - macchina utensile - liquido lubrorefrigerante, ecc. Verifiche in foratura La maggior parte di queste verifiche dipende dalla forza di taglio (Ft) che si genera durante il processo. VERIFICA 1: la macchina utensile deve essere in grado di fornire la potenza richiesta Verifica 1: forze di taglio – potenza di taglio Fy: forze di attrito C: coppia di taglio (distanza forza-centro=D/4, distanza forza-forza=D/2) Ks: pressione specifica di taglio S: spessore medio del truciolo 𝑆 = 𝑎𝑧 ∙ 𝑝 = 𝑓 2 ∙ 𝐷 2 = 𝑓𝐷 2 La coppia è essenziale (e non la forza) per il calcolo della potenza. La potenza assorbita dalla foratura è data da: Ricordiamo che: [rad/s] Scelta utensile Nella scelta dell’utensile occorre: (1) Definire il tipo di operazione da eseguire (2) Definire il materiale da lavorare (3) Scegliere l’utensile adeguato (4) Scegliere l’inserto da utilizzare (se richiesto) (5) Definire i parametri di taglio (1) Operazioni possibili Su una foratrice/fresatrice è possibile realizzare: • Foratura o Standard o Di grandi dimensioni (sistemi a carotare) o Profonde: - Punta a cannone - Punta a elica - Punte a inserti: Sistema a un tubo/Sistema Ejector • Maschiatura • Alesatura (2) Definizione materiale Bisogna distinguere tra: • Punte senza inserti: - Acciaio rapido HS o super rapido HSS - Carburo di tungsteno - Rivestimenti CVD o PVD • Punti con inserti: permettono di lavorare più materiali rispetto a quelle senza inserti: - Acciaio (P) - Acciaio inossidabile (M) - Ghisa (K) - Alluminio (N) - Leghe resistenti al calore ed a base di titanio (S) - Materiali temprati (H) (3),(4) Scelta utensile e inserto La tipologia della punte va scelta da catalogo/manuale. Foratura standard Lavorazione di fori con rapporto diametro/profondità < 5. Caratteristiche del foro ottenuto: • Buona rettilineità (=circolarità mantenuta costante in tutto il foro) • Buone tolleranze dimensionali • Buona rugosità • Qualità: IT9 Problemi: - Evacuazione del truciolo - Lubro-refrigerazione Utensili→ Punta elicoidale *: - Standard - Adduzione interna lubrorefrigerante - Ad inserti (*) Le punte elicoidali sono: - Riaffilabili - Facili da realizzare - Molto diffuse - L/D < 5 - Materiale: HSS o metallo duro (WC) - Qualità: IT9 (bassa) - Rugosità: Ra ≥ 1,8 μm - Adduzione lubrorefrigerante: esterna/ interna (solo su WC) Le punte con inserti: - Elevata produttività - Monoinserto (a cuspide) o Multinserto: 1 centrale / 1 o più esterni (in base alla dimensione del foro) - L/D < 10 - Materiale: metallo duro (WC) - Qualità: IT9 - Rugosità: Ra ≥ 1,8 μm - Adduzione lubrorefrigerante: esterna o interna (interna migliore perché riesce a seguire bene il foro) Fori di grandi dimensioni Si usa il sistema a carotare o tazza. Una fresa realizza una cava passante generando un foro. Applicato su spessori ridotti (lamiere ad alto spessore). Fori profondi Lavorazione di fori con rapporto profondità/diametro elevato Tipicamente 5 < L/D < 100 Caratteristiche del foro ottenuto: • Elevata rettilineità • Ottime tolleranze dimensionali • Bassa rugosità Problemi: - Evacuazione del truciolo - Lubro-refrigerazione Utensili: a) Punte a cannone (L/D < 50) b) Punte geometria elicoidale (L/D < 20) c) Sistemi a tubo singolo d) Sistema Ejector a) Punta a cannone - Geometria a tagliente singolo - Adduzione interna del lubrorefrigerante - Sistema di evacuazione truciolo tramite scanalatura esterna rettilinea Rettifica senza centri Tendenzialmente è una rettifica in tondo: si ottengono superfici cilindriche esterne con o senza spallamenti e superfici esterne di forma. Il pezzo anziché essere montato tra le punte o su autocentrante è semplicemente sostenuto e movimentato rispettivamente due mole (non c’è nulla che tiene il pezzo): una mola operatrice M che possiede il moto di taglio e mola conduttrice C in folle. Rettificatura ruote dentate (solo video) L’utensile: la MOLA Utensile multi-tagliente a geometria non definita costituito da un elevato numero di grani abrasivi distribuiti uniformemente in una sostanza legante. La forma e la disposizione casuali dei grani danno luogo ad angolo di spoglia frontale ampiamente variabili (spesso negativi). Forme delle mole: Dimensione delle mole: - Rettifica esterna: massimo diametro consentito dalla macchina - Rettifica interna (fori): diametro pari a circa 2/3 del foro da rettificare Caratteristiche delle mole: • taglienti: (1) abrasivo (materiale) (2) grana (dimensione) • supporto taglienti (legante o impasto): (3) agglomerante (4) durezza (5) struttura • sistema di fissaggio al mandrino e sicurezza (6) (1) Abrasivi - Naturali: diamante; silice; ossido di alluminio (corindone) → solo sulla sup. esterna della mola (dato il costo) - Artificiali, a base di: ossido di alluminio; carburo di silicio; nitruro di boro cubico (CBN) Le principali proprietà dell’abrasivo sono: • Durezza: resistenza alla penetrazione • Friabilità: l’attitudine di un grano a rompersi, generando nuovi spigoli taglienti, per effetto di azioni impulsive quali l’impatto col pezzo in lavorazione. Un’elevata friabilità: ➢ implica maggior consumo dell’abrasivo ➢ favorisce l’azione di taglio ➢ tende a ridurre l’energia assorbita La friabilità cresce con la durezza. La friabilità dell’abrasivo concorre con la durezza dell’impasto a determinare la maggiore o minor tendenza della mola all’auto-ravvivatura. Abrasivi • Alundum: acciaio e ghisa malleabile. • Carburundum: ghise grigie, ottone, leghe leggere Superabrasivi • Diamante: affilatura di utensili in carburi sinterizzanti. • Nitruro di boro cubico: acciai con durezza superiore a 50 HRC o leghe resistenti alle alte temperature A differenza degli abrasivi, diffusi uniformemente nell’impasto, i superabrasivi sono presenti nello strato superficiale della mola, spesso con agglomerante metallico sinterizzato. (2) Abrasivi e Grana • Grana fine e finissima (farina): finitura di calibri, strumenti di misura, cilindri per laminazione a freddo; • Grana media: per la maggior parte delle lavorazioni meccaniche; • Grana grossa (chicco di granoturco): per lavorazioni grossolane (sbavatura, molatura di cordoni di saldatura, troncatura). All’aumentare della dimensione dei grani: - aumenta la profondità di passata - peggiora la finitura superficiale del pezzo lavorato Di solito si usano: - grane fini per materiali duri - grane grosse per materiali teneri (3) Agglomerante Ceramico (detto vetrificato): a base di caolino (roccia costituita da un minerale silicatico delle argille) e argilla. - friabilità controllata - ottima tenuta del profilo della mola - ottima rigidità e conseguente precisione dimensionale - elevata fragilità - inattaccabilità da parte di fluidi lubrorefrigeranti - basso costo Al silicato: a base di sodio e ossidi metallici Metallico: a base di leghe varie, soprattutto bronzo Resinoide: a base di resine sintetiche Elastico: a base di gomma, caratteristiche: - elevata resistenza meccanica della mola - immunità all’intasamento superficiale - maggiore resistenza agli urti - maggiore velocità di taglio della mola - problema dell’invecchiamento (4) Agglomerante e Durezza La durezza dell’agglomerante è la resistenza all’asportazione dell’abrasivo. Mole tenere: - consentono una produttività - assorbono minor potenza - riscaldano meno il pezzo - interventi di ravvivatura meno frequenti - consumo specifico elevato (usura) - utilizzate quando la superficie di contatto mola-pezzo è grande Mole dure: - preferite nelle lavorazioni di forma - mantengono inalterati profili anche complessi Porosità È la volumetria dei vani tra un grano e l’altro non riempiti dal legante. Definita dall’agglomerante. Ai vani della mola si richiede: - la capacità di alloggiare parte truciolo prodotto durante l’arco d’azione in modo da evitarne lo sfregamento contro la superficie in lavorazione - di consentire una refrigerazione della zona di taglio (tanto più necessaria quanto più piccolo è lo spessore del sovrametallo asportato) All’aumentare della porosità della mola: ➢ migliora la finitura superficiale ➢ il materiale in lavorazione può essere più duttile (5) Struttura La porosità della mola è valutata in termini di struttura. a) Aperta = porosità alta b) Chiusa = bassa porosità (6) Sistema di fissaggio e sicurezza Fissaggio - dispositivo portamola - flangia e controflangia - gambo filettato annegato nel corpo della mola Sicurezza - velocità massima consentita - equilibratura (statica e dinamica): tramite dispositivi automatici a CN per l’equilibrio statico e dinamico del gruppo mandrino-mola a bordo macchina Autoravvivatura e Ravvivatura Nel corso della rettifica vengono progressivamente eliminati i grani usurati attraverso la rottura controllata dei legami che vincolano i grani. In tal modo grani nuovi con spigolo vivi vengono scoperti (autoravvivatura) e la mola torna ad operare correttamente. Se ciò non avviene la mola tende a lisciarsi e impastarsi per l’accumulo di trucioli sulla fascia attiva. La mola cessa di tagliare correttamente e dà luogo a sforzi e surriscaldamenti anomali, dannosi per il pezzo lavorato. Il rimedio è costituito dalla ravvivatura: nelle lavorazioni programmate si ricorre periodicamente alla diamantatura per ripristinare accuratamente la forma della fascia attiva (tornitura di precisione). Parametri di taglio in rettificatura • Velocità di taglio: coincidente con la velocità periferica della mola La scelta è funzione: del tipo di operazione e del materiale in lavorazione La scelta è vincolata: dalla velocità angolare massima indicata sulla mola dal costruttore Potenza Z: tasso di asportazione volumetrico [cm3/min] s: spessore della mola in contatto con il pezzo [cm] k: coefficiente dipendente dal tipo di operazione (2) Costo di produzione (𝐜𝐩): da minimizzare Dove: - 𝑐0 costi fissi - 𝑐0 ′ costi fissi comprensivi di tempi fissi - 𝑐𝑚 costo orario macchina - 𝑐𝑢𝑡 costo utensile (solitamente di un tagliente) (3) Costo utensile (𝑐𝑢𝑡) Dove: - 𝑐𝑖𝑛𝑠𝑒𝑟𝑡𝑜 costo dell’inserto/placchetta - 𝑁𝑡 numero taglienti di un inserto - 𝑐𝑠𝑡𝑒𝑙𝑜 costo dello stelo dell’utensile (lo stelo dura molto) - 𝑁𝑐 numero di cambio tagliente sopportabili da uno stelo oltre il quale questo è da considerarsi ammortizzato (generalmente molto elevato) Abbiamo definito due funzioni: • Tempo di produzione (𝑡𝑝) • Costo di produzione (𝑐𝑝) Ricordiamo che il tasso di asportazione é: 𝑍 = 𝑆 ∙ 𝑣𝑡 Sostituendo: Le due funzioni obiettivo hanno una forma comune del tipo: con 𝛼 = 𝑉 𝑆 Ottimizzazione Ricordiamo la relazione di Taylor: 𝑣𝑡 = 𝐶 𝑇𝑛 Sostituiamo questa relazione nella formula generale: Quindi per trovare il minimo uguagliamo a zero la derivata prima di 𝑭: Da cui si ottiene: Sostituendo nella soluzione le funzioni  relative alle due differenti funzioni obiettivo individuate: si ricavano le soluzione corrispondenti. Ottimizzazione del tempo di produzione: Ottimizzazione del costo di produzione: La condizione di ottimo è strutturalmente equivalente sia per tp che per Cp. Confrontando le soluzioni ottimali si osserva che: Ovvero: 𝑻𝒐𝒕𝒕𝒊𝒎𝒊𝒛𝒛𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒕𝒆𝒎𝒑𝒐 𝒅𝒊 𝒑𝒓𝒐𝒅𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 < 𝑻𝒐𝒕𝒕𝒊𝒎𝒊𝒛𝒛𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒄𝒐𝒔𝒕𝒐 𝒅𝒊 𝒑𝒓𝒐𝒅𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 (4) Tasso di profitto (𝑷𝒓) - 𝑅: ricavi - 𝐶𝑝: costo di produzione - 𝑡𝑝: tempo di produzione Ipotizziamo che i ricavi siano costanti: Ottimizzare il tasso di profitto significa individuare la condizione per la quale 𝑃𝑟 risulta massimo: Per massimizzare Pr è necessario massimizzare tg α e, quindi, α: ➢ La condizione di taglio che massimizza Pr è intermedia rispetto alle condizioni di taglio che minimizzano Cp e tp !! Ottimizzazione in funzione dell’avanzamento È possibile ottimizzare analogamente il costo in funzione dell’avanzamento a. Quello che si ottiene è riportato in figura. Di fatto non esiste un minimo dei minimi. Il costo cala man mano l’avanzamento aumenta, cosa che però è limitata da: • Tolleranze richieste • Finitura richiesta • Potenza della macchina Considerazioni finali Questo approccio è basato sul fatto che l’utensile si comporti sempre nello stesso modo (approccio deterministico). Nella realtà industriale i parametri di taglio sono quindi scelti nel seguente modo: • Profondità di passata: - fissata generalmente dal valore di sovrametallo lasciato sul pezzo grezzo; questo deve essere diviso tra sgrossatura e finitura • Avanzamento: - deve essere il più grande possibile compatibilmente con le limitazioni di rugosità, forza (inflessione del pezzo), potenza, ecc. • Velocità di taglio: - deve essere scelta, fissati a e p, in base ai criteri di massima produttività o minimo costo prima visti -13- INTRODUZIONE ALLE LAVORAZIONI NON CONVENZIONALI Sono tutte le lavorazioni in cui l’asportazione del materiale non avviene secondo la maniera convenzionale di contatto pezzo-utensile. Cause: aumento delle conoscenze fisiche/chimiche dei materiali, nascita di nuovi materiali, difficilmente lavorabili con le tecniche tradizionali, studio e miglioramento della conoscenza di fenomeni fisici, accresciuta importanza strategica di determinati parametri di lavorazione (removal rate). Vennero introdotti: materiali ceramici; fibre sintetiche; leghe di titanio, di alluminio, di silicio; superleghe; materie plastiche, resine. Caratterizzati da: migliori caratteristiche meccaniche, chimiche e termiche e scarsa lavorabilità con le tecniche tradizionali (elevata usura degli utensili). Non Convenzionali vs Convenzionali - Deposizione elettrolitica - Pulitura elettrochimica (elettropolishing) - Finitura superficiale (smoothing) - Elettroerosione a tuffo (EDM) - Elettroerosione a filo (EDM) Electro Chemical Machining (ECM) è energia elettrica!! Processo di lavorazione basato sull’asportazione di materiale mediante dissoluzione chimica (elettrolitica) di un pezzo polarizzato anodicamente. Principio di funzionamento simile all’elettrolisi, processo chimico che si instaura tra due conduttori immersi in una soluzione liquida quando vengono attraversati da una corrente elettrica. Anodo: polarizzato + = pezzo Catodo: polarizzato - = utensile In base alla reazione chimica si possono sviluppare al catodo gas tossici o infiammabili (cloro e idrogeno), è dunque necessario isolare la zona di lavoro introducendo sistemi di captazione di gas al catodo. Nell’ECM l’utensile è il catodo (-), mentre il pezzo da lavorare è l’anodo (+). Tra i due elementi: • è applicata una certa differenza di potenziale ∆V (10V) • è interposto un elettrolita (liquido conduttore) • vi è una certa distanza ∆h detta gap o traferro da mantenere costante se no si riscalda, evapora il liquido e va in cortocircuito Processo elettrolitico Due elettrodi sottoposti ad una differenza di potenziale, immersi in un elettrolita, sono soggetti a reazioni chimiche di ossido–riduzione con passaggio di corrente. Supponendo che l’anodo sia di ferro le reazioni che si generano sono le seguenti: Quindi a seguito della tensione applicata l’anodo si consuma e assume la forma del catodo, al catodo si genera idrogeno, mentre l’idrossido di ferro (II e III) precipita nell’elettrolita. Il catodo=utensile non perde ioni→ non c’è usura utensile. NB: se all’anodo ho formazione di cloro, significa che ho in atto un’ulteriore reazione che, utilizzando parte della corrente fornita, rende la lavorazione meno efficace Leggi di Faraday 2 leggi che descrivono l’elettrolisi: • 1° legge di Faraday: la massa che si libera agli elettrodi di una cella elettrolitica è direttamente proporzionale alla quantità di carica elettrica che la attraversa. La massa persa è proporzionale al numero di elettroni scambiati, quindi alla carica elettrica 𝒒. La quantità di corrente che attraversa un circuito si calcola: 𝑞 = 𝐼 ∙ ∆𝑡 • 2° legge di Faraday: in una cella elettrolitica al passaggio di 96485 Coulomb di carica elettrica (carica trasportata da una mole di elettroni detta costante di Faraday), agli elettrodi si scarica una quantità di sostanza pari alla sua massa equivalente Leggi di Faraday: Material Removal Rate MRR MRR inversamente proporzionale alla densità, dipende dalla composizione chimica del metallo L’asportazione del materiale dipende da caratteristiche chimiche: - Peso atomico relativo o massa molare (𝑨) - Valenza (𝒁) - Costante di Faraday (𝑭) - Corrente (𝑰): MRR direttamente proporzionale a I - Tempo di applicazione della corrente (∆𝒕) [mm3/min] Mentre non dipende da caratteristiche meccaniche come: durezza del materiale, modulo di Young, ecc. NB: posso lavorare materiali e leghe difficilmente lavorabili. Alti valori di corrente possono essere gestiti attraverso: • l’elettrolita (conduttività e resistenza elettrica) • la distanza tra gli elettrodi Un grosso limite viene dal fatto che per densità di corrente superiori a 150 A/cm2: - l’elettrolita si scalda eccessivamente con conseguente crollo delle sue prestazioni (resistenza elettrica) - L’intensità di corrente aumenta ulteriormente portando ad un peggioramento della lavorazione - In condizioni limite l’elettrolita potrebbe arrivare ad ebollizione e dare origine ad un cortocircuito Intensità di corrente L’ebollizione dell’elettrolita genera sacche di vapore che provocano il corto circuito tra anodo e catodo. Tale condizione è da evitare perché - se si ha una scarica elettrica: si ottiene un’elevata energia in un punto e si danneggiano sia l’utensile sia il pezzo (craterizzazione) - l’utensile (catodo) danneggiato non possiede più il profilo desiderato rendendone impossibile la riproduzione sull’anodo - il materiale perso dal catodo generalmente si ritrova sul pezzo sotto forma di inclusione Quindi risulta di fondamentale importanza valutare a priori la densità di corrente, che deve rimanere tra i 50 e 150 A/cm2 Legge di Ohm, densità di corrente, gap La resistenza elettrica dell’elettrolita può essere stimata applicando la legge di Ohm: 𝒉 = distanza tra anodo e catodo 𝑺 = sezione trasversale (area su cui si affacciano anodo e catodo) 𝝆 = resistività o resistenza elettrica specifica Il reciproco di 𝝆 è la conduttanza (𝒌𝒆). La densità media di corrente si può ricavare dalla seguente espressione: Il valore di 𝒌𝒆 risulta basso ed è necessario mantenere bassa la tensione (10÷20V) per consentire un adeguato bilancio di energia (𝐼=700A). Si ricava per il gap (𝒉) quando 𝐽=50A/cm2 un valore di 0,4mm. Tale valore deve essere mantenuto costante dall’avanzamento del catodo verso l’anodo (v  1,2mm/min – da 0.5 mm/min a 15 mm/min - funzione del volume di materiale asportato). Osserviamo che se il catodo avanza: - troppo velocemente si rischia il corto circuito - troppo lentamente aumenta eccessivamente il gap con conseguente diminuzione del tasso di asportazione e aumento del tempo di lavorazione Quindi è necessario bilanciare correttamente l’avanzamento del catodo al fine di ottimizzare il tasso di asportazione. Per avere un buona qualità di lavorazione bisogna evitare l’insorgere di corto circuiti: - evitare l’accumulo di scorie nell’elettrolita - evitare il riscaldamento dell’elettrolita stesso - evitare la formazione di gas Per questo l’elettrolita viene pompato in pressione nell’interstizio tra catodo e anodo, permettendo: - la rimozione delle scorie e dei gas che si depositano nell’elettrolita - il raffreddamento dell’elettrolita Come funziona Il catodo viene fatto avanzare verso l’anodo con una certa velocità di avanzamento. Inizialmente la distanza minima è uguale al gap che si vuole mantenere a regime. A regime il gap è costante tra tutte le superfici. Bisogna porre attenzione alle zone del catodo a forte curvatura (punte), dato che in queste zone si ha una concentrazione di cariche e il maggiore rischio che si inneschino scintille. Non si ottengono spigoli vivi. Vantaggi ECM • il tasso di asportazione non dipende dalla durezza dell’anodo • il pezzo riproduce la forma dell’utensile (possibili difetti sono: punte arrotondate, i fori si presentano ad imbuto – tapering) • i pezzi possono riprodurre forme qualsiasi (riproducibili sul catodo) • non c’è usura dell’utensile (catodo) Parametri di processo L’elettrolita è fondamentale anche per la finitura superficiale. Caratteristiche: - elettrolita al cloruro di sodio lascia superfici corrose e punteggiate - Pitting (crateri): causato dalla generazione di bolle di ossigeno che rompono localmente la pellicola di ossido che si forma sull’anodo - aumentando la densità di corrente migliora la finitura superficiale - aumentando la pressione di pompaggio dell’elettrolita migliora la finitura superficiale Si ottengono generalmente rugosità dell’ordine di 1 𝜇m L’elettrolita è fondamentale per la geometria dei fori: NaCl (cloruro di sodio): lavora bene a basse densità di corrente, ha MRR basso, il foro viene a imbuto→ tale problema è risolvibile anche utilizzando un elettrodo isolato sui fianchi NaNO3 (nitrato di sodio): lavora bene ad alte densità di corrente, il processo però non è efficiente Un altro problema in foratura è il pompaggio dell’elettrolita, per risolvere questo problema si utilizzano elettrodi cavi, in cui l’elettrolita può essere pompato dall’interno o risucchiato dall’esterno. Questa soluzione permette inoltre di ridurre la conicità in foratura quando il cloruro di sodio viene utilizzato come elettrolita. Applicazioni ECM Deburring→ Finitura di superfici grezze Foratura→ Fori con sezioni complesse non circolari. Si instaurano fenomeni di overcut che devono essere limitati (pompaggio elettrolita dall’esterno all’interno, isolante sull’esterno dell’elettrodo, scelta di particolari elettrodi) Full-form shaping→ L’elettrodo è sagomato come il pezzo da ottenere (es. palette compressori e turbine) Deposizione elettrolitica→ Si depongono ioni dell’anodo sul catodo (cromatura), spessori di ordine di 𝜇𝑚/ 100 𝜇m Pulitura elettrochimica (elettropolishing)→ Consiste nell’asportazione di piccole quantità di materiale dall’anodo. Caratterizzata da tassi di asportazione ridotti e densità di corrente dell’ordine di 10-1 A/cm2 Finitura superficiale (smoothing)→ Anche in questo caso si asporta materiale dall’anodo con tassi di asportazione nettamente superiori alla pulitura Pulitura→ Incrostazioni marine sui piloni delle piattaforme petrolifere -15- Electrical Discharge Machining (EDM) energia termica!! Processo di lavorazione basato sull’asportazione di materiale dovuta a scariche elettriche che si instaurano tra utensile e pezzo. Fondamentale è controllare l’energia (deve essere costante = tensione*corrente) e la frequenza delle scintille (nell’ECM le scintille non ci dovevano essere se no facevano un cratere su anodo e catodo). Inizialmente venivano applicati archi voltaici in bassa frequenza (scariche stazionarie), un sistema meccanico allontanava gli elettrodi non appena la scintilla scattava. I fratelli Lazarenko capirono che per lavorare i nuovi materiali con questa tecnica era necessario: - ridurre l’energia per scarica; In funzione del valore di traferro gli andamenti di tensione e corrente possono assumere forme differenti, si possono così avere differenti situazioni: - scarica di scintille: la dimensione del traferro è ottimale; - impulso a vuoto: la dimensione del traferro è eccessiva e la scintilla non scocca; - impulso in corto circuito: la dimensione del traferro è troppo piccola, generalmente c’è contatto tra anodo e catodo; - scarica non corretta: la dimensione del traferro è troppo piccola. Meccanismo di asportazione del materiale Ci sono 3 fasi del processo di asportazione del materiale: 1. Fase di costruzione: qui si realizzano tutte le reazioni che portano alla formazione del canale di scarica, caratterizzata da una forte variazione sia della tensione sia della corrente di scarica. Dopo la perforazione del dielettrico si ha un effetto pellicolare che provoca un flusso di elettroni prevalentemente sulla superficie esterna del canale 2. Fase di scarica: è caratterizzata da tensione e corrente di scarica costanti nel tempo. La corrente a causa del fenomeno della reostrizione si concentra sulla sezione più piccola possibile, aumenta così la densità di corrente con conseguente fusione o vaporizzazione di parte del materiale che porta ad un aumento costante del canale di plasma e della bolla di gas generata dal dielettrico 3. Fase di scomposizione: la corrente va a zero. Si ha un ulteriore effetto pellicolare. Bolla di gas e plasma cessano di esistere, quindi il materiale vaporizzato viene espulso ed evacuato dal dielettrico che deve ripristinare velocemente le proprie caratteristiche Reazioni di asportazione del materiale: generalmente il materiale asportato solidifica nuovamente sotto forma di piccole sfere, mentre sulla superficie del pezzo e dell’utensile si possono osservare piccoli crateri, a supporto della teoria esposta (asportazione di natura termica). Il dielettrico (determina l’efficienza del processo) Serve per: • raffreddare gli elettrodi • asportare le scorie prodotte dall’erosione • concentrare la scarica elettrica in un tunnel ristretto per aumentare i valori di densità di corrente L’ultima funzione è quella critica, un’adeguata concentrazione del fascio, infatti, genera elevate energie per unità di superficie e quindi un elevato removal rate. Il dielettrico deve mantenere le proprie caratteristiche di isolante finché viene raggiunta la tensione di scarica (elevata) e ripristinarle nel momento in cui la scarica cessa, non deve quindi presentare fenomeni di ionizzazione. Il dielettrico influenza molti parametri dell’EDM, fra cui: - energia della scarica - intervallo tra due scariche - valore del gap I fluidi più comunemente impiegati sono miscele di idrocarburi: paraffina, olio leggero da trasformatori, acqua deionizzata (microlavorazioni e taglio a filo) La corrente non inverte la polarità→ positivo per l’usura utensile Oltre alle caratteristiche già citate devono: - avere un calore specifico che garantisca una buona azione refrigerante - avere una bassa viscosità per facilitarne il pompaggio tra gli interstizi del gap - elevato valore di flash point, temperatura a cui i vapori si incendiano; - basso peso specifico, per favorire il deposito delle scorie; - elevata trasparenza; - basso costo; - resistenza all’ossidazione; - minima emissione di odori. L’utilizzo di acqua distillata dà ottimi risultati qualitativi, anche se sorgono problemi di corrosione quando si lavorano acciai, migliorie con aggiunta di additivi inibitori che però ne aumentano la conducibilità. Uno dei dielettrici maggiormente utilizzato nel EDM a tuffo è il kerosene. Importante la pulizia del dielettrico con impianti di filtraggio/centrifugazione o impianti di deionizzazione (quando si usa acqua). Materiali per utensili I materiali utilizzati per realizzare l’utensile devono avere le seguenti caratteristiche: - buona conducibilità termica - economicità e lavorabilità con metodi tradizionali - elevato punto di fusione (per diminuire il consumo) I materiali più utilizzati sono la grafite e il rame. Le grafiti speciali ad alta densità presentano le seguenti caratteristiche: → finitura acciaio - temperatura di sublimazione superiore ai 3000°C - usura contenuta nelle lavorazione di acciai - elevati removal rate Il rame presenta le seguenti caratteristiche: → sgrossatura e finitura rame ecc. - elevato removal rate - utensile stabile durante lo scintillio e bassa usura (prossima alla grafite) - miglior finitura superficiale → A differenza del rame, quando si usano elettrodi in grafite, un incremento del picco di corrente corrisponde a una diminuzione dell’usura dell’elettrodo → La polarità se positiva o negativa fa cambiare l’usura L’alluminio ha caratteristiche simili al rame ma con un’usura superiore nella lavorazione dell’acciaio. Altri materiali: rame-boro, argento, tungsteno, rame-tungsteno. Parametri di processo Con generatori di impulsi statici abbiamo i seguenti parametri di processo: 1) 𝒕𝒆: durata di scarica 2) 𝒕𝒅: tempo di ritardo di accensione 3) 𝒕𝒊: durata dell’impulso di tensione, è la somma dei tempi precedenti: 4) 𝒕𝟎: tempo di pausa (il dielettrico si riprende dallo shock) 5) 𝒕𝒑: durata del periodo, è la somma della durata dell’impulso di tensione e del tempo di pausa: 6) 𝒇𝒑: frequenza di impulso, è il reciproco del periodo (non è la frequenza delle scintille!!): 7) 𝝉: tasso di pulsazione, analiticamente è il rapporto tra la durata dell’impulso di tensione e la durata del periodo (deve essere compreso tra 0,1-0,9: più è basso, più il dielettrico ha tempo per rigenerarsi): È necessario osservare che le condizioni del traferro variano da zona a zona, è bene quindi considerare anche i seguenti parametri di lavorazione: 8) 𝒇𝒆: frequenza di scarica 9) 𝝀: rapporto delle frequenze, è il rapporto tra la frequenza di scarica e la frequenza di impulso: Può essere considerato come indice di qualità del processo: più è alto più il processo è efficiente (𝝀>1; se 𝝀=0 non ho scariche) 10) ûi: tensione a vuoto (non c’è corrente) 11) ue: tensione di scarica o tensione media di scarica (15-30V) 12) ie: corrente di scarica o corrente media di scarica 13) U: tensione di lavoro (valore medio aritmetico della tensione in corrispondenza del percorso della scarica durante la lavorazione) 14) I: corrente di lavoro (valore medio aritmetico della tensione in corrispondenza del percorso della scarica durante la lavorazione) → U e I definiscono gap (regolazione) 15) We: energia di scarica, è data dal seguente integrale: Dall’energia di scarica si possono desumere i seguenti parametri di asportazione: 16) VWe: asportazione per ogni scarica 17) VTe: usura per ogni scarica 18) VW: tasso di asportazione: 𝑉𝑊 = 𝑉𝑤𝑒 ∙ 𝑛° 𝑑𝑖 𝑠𝑐𝑎𝑟𝑖𝑐ℎ𝑒 19) VT: tasso di usura per ogni scarica 20) 𝝑: usura relativa, è data dal rapporto tra tasso di usura e tasso di erosione: NB: Sgrossatura: alta energia We Finitura: alta frequenza di scarica fe Durata della scarica te eccessive diminuisco l’efficienza (canali ampi e quindi spreco energia su una zona più ampia) Influenza dei parametri tecnologici • Tasso di asportazione e usura relativa in funzione dell’energia di scarica Si ricorda che l’energia di scarica è data dalla seguente legge: quindi è possibile agire principalmente su due parametri distinti, ovvero: - 𝑖𝑒: aumentando la corrente aumentano Vw e 𝝑 - 𝑡𝑒: aumentando la durata aumenta Vw fino all’ottimo e diminuisce 𝝑, aumenta con ie All’aumentare della corrente di scarica usura relativa e tasso di asportazione aumentano di pari passo, finché dopo una certa durata dell’impulso il tasso di asportazione arriva a un massimo e poi incomincia a scendere, di conseguenza anche l’usura relativa (che dipende dal tasso di asportazione) Metallurgia degli strati inferiori Dato il carattere prevalentemente termico dell’erosione, l’alterazione termica degli strati inferiori del materiale è influenzata prevalentemente dall’energia di scarica e dal materiale che si sta lavorando. È possibile individuare 3 zone metallografiche distinte: 1) zona di rifusione: caratterizzata dal cambiamento della composizione chimica a causa di rimescolamento 2) zona di diffusione o alterazione termica: zona in cui sono avvenute le trasformazioni di fase a temperature al di sotto del punto di fusione 3) struttura base Ampiezza zone di rifusione (bR) e di diffusione (bU) in funzione dell’energia di scarica L’influenza della durata della scarica è nettamente inferiore rispetto ad un aumento della corrente di scarica Microdurezza in funzione della distanza dalla superficie Più è duro il materiale e meno resiste alla corrosione Rugosità La rugosità superficiale dipende: - linearmente dall’energia di scarica (𝑊𝑒) - dal punto di fusione del metallo da lavorare - per alcuni materiali dal tipo di generatore di corrente impiegato Rugosità e tasso di asportazione in funzione della tensione nominale o di lavoro Tra 25 e 30 ho l’ottimo del tasso di asportazione, ma se guardo la rugosità non è ottima; quindi, devo raggiungere il minimo della rugosità in funzione dell’ottimo del tasso di asportazione. Applicazioni EDM • elettroerosione a tuffo (improntatura e foratura anche fori con sezione non circolare) • taglio per elettroerosione (a filo/a foglio) • rettifica per elettroerosione (EDG) Elettroerosione a tuffo: improntatura per elettroerosione Nell’improntatura un elettrodo di forma definita viene improntato su un pezzo. Il movimento di avanzamento lungo l’asse Z è posseduto dall’elettrodo-utensile, movimenti lungo le altre direzioni (X e Y) sono dati al pezzo tramite dispositivi di automazione. Per stampi di grandi dimensioni. Si hanno due tecniche: 1. elettroerosione planetaria: tecnica di lavorazione con movimento relativo fra pezzo ed elettrodo utensile, ottenuta attraverso la combinazione di movimento verticale (asse Z), eccentrico (E) e orbitale (O). 2. tecnica a più canali: utilizzata quando si devono lavorare superfici molto estese (stampi per lamiere di grosse dimensioni). Tale situazione rende necessario aumentare il tasso di asportazione senza peggiorare la finitura superficiale. Non è quindi possibile aumentare eccessivamente la corrente o la durata della scarica, ma bisogna aumentare il numero di scariche per unità di superficie. È possibile ottenere tale effetto attraverso il lavoro contemporaneo di più canali. L’aumento del tasso di asportazione non è lineare col numero di canali. Generalmente si usano 4 canali. Elettroerosione a tuffo: Produzione di stampi - Campo dove l’EDM trova la maggior applicazione - EDM orientabili - Possibilità di eseguire fori di diametro differente con il medesimo utensile - Sgrossatura e finitura con lo stesso utensile - Risparmi dovuti alla possibilità di distribuire l’usura dell’utensile su tutta la superficie - Migliore accuratezza - Flusso del dielettrico favorito anche dal moto dell’elettrodo Elettroerosione a tuffo: Foratura - Elettrodi cavi favoriscono il flusso del dielettrico - Nel caso di elettrodo pieno è necessario preprodurre il foro per favorire la presenza del dielettrico - Inevitabile la presenza di overcut (utilizzo quindi un utensile più piccolo) - Feed rate 0,1mm/min per diametri 0,1÷0.5mm - Effetto ad imbuto meno marcato che nell’ECM - Problema tipico: affusolarsi della punta dell’elettrodo (foro a pallottola) Elettroerosione a filo - Usata nel taglio - Facilmente gestibile con CN - Catodo: filo di rame o ottone arrotolato su spolette e svolto continuamente con una velocità di circa 3m/min - Usura del filo importante solo per evitarne la rottura - Dielettrico: acqua deionizzata con eventuali additivi - Flusso del dielettrico costante in quanto la geometria della traccia di taglio rimane costante - Correnti basse 2÷3A - Raggi bassi con fili di tungsteno e molibdeno (φ=50μm) - Fili in rame ricoperti di zinco aumentano la velocità di taglio Nel caso di taglio tramite elettroerosione il parametro di rendimento che si prende in considerazione è il tasso di taglio (Vw) dato dalla seguente relazione analitica: 𝑣 = velocità di avanzamento del pezzo ℎ = altezza del pezzo Nel valutare la precisione della geometria del taglio, bisogna considerare i seguenti parametri geometrici: • 𝑠𝑚: traccia media del taglio, data dalla media tra traccia nella parte superiore e nella parte inferiore del pezzo, meglio avere tracce piccole, analiticamente: 𝑠𝑚 = (𝑠𝑜 + 𝑠𝑢) /2 • tan 𝛼/2: conicità della traccia tan 𝛼/2 = (𝑠𝑜 – 𝑠𝑢)/2ℎ (alfa è l’angolo tra le 2 tracce) • 𝑏: bombatura Il filo deve possedere le seguenti caratteristiche: - adeguata resistenza a trazione e tenacità all’intaglio - elevata conduttività elettrica - capacità di livellare adeguatamente la superficie lavorata - In alcune applicazioni il filo viene rivestito Influenza dei parametri tecnologici Tasso di taglio in funzione della frequenza di scarica Pompa a olio collegata a valvola a cassetto che sposta il flusso a dx e sx. il cilindro oleodinamico si sposterà a dx e sx di conseguenza spingendo l’acqua. L’accumulatore permette di mantenere e regolare l’acqua in pressione. - Pressione: è possibile risalire alla pressione dell’acqua da quella dell’olio dalla seguente equazione di equilibrio (principio del torchio idraulico) Si può così calcolare la pressione dell’acqua in funzione di quella dell’olio (Aolio> Aacqua): Così facendo è possibile regolare la pressione di uscita del getto agendo sulla pressione dell’olio. Vantaggi • Limitata usura dell’utensile (ugello) • Non si hanno alterazioni termiche e strutturali del materiale in fase di lavorazione • Taglio pulito e ridotta dispersione di particelle (fondamentale per lavorazioni di materiali pericolosi) Svantaggi • Non si possono lavorare materiali metallici • Elevato costo impianto • Elevata rumorosità • Necessità di trattamenti specifici dell’acqua di scarico Parametri di processo - Superfici di taglio: caratteristica di tutte le tecniche di taglio mediante un getto (fiamma, laser, plasma) sono le superfici di taglio che non sempre presentano superfici piane. Lungo il fianco tagliato si notano 3 principali zone: 1. quella superiore che presenta bassa rugosità (superficie pressoché piana e a bassa rugosità) 2. zona mediana dove le creste si accentuano e si dispongono parallele alla direzione del getto 3. zona di uscita del getto dove le creste si estendono in direzione perpendicolare al getto Applicazioni Largamente utilizzato per il taglio di materiali duttili (compensato, kevlar, poliestere, grafite, cartone ecc) Lavorazioni a getto idroabrasivo: Abrasive Water Jet Machining AWJM Lavorazione prevede un getto d’acqua con immerse particelle di materiale abrasivo: unisce le tecnologie di asportazione a getto d’acqua e di asportazione a getto di abrasivo. I meccanismi di asportazione del materiale sono di 2 tipi: in superficie e per la maggior parte del taglio abbiamo la prevalenza dell’effetto abrasivo; mentre in profondità avremo quella dell’acqua (nei materiali non metallici). Con questa tecnologia si possono ottenere vt elevate e si possono tagliare spessori di materiale fino a 200 mm (più lento del laser, ma con più spessore). Anche qui non c’è alterazione metallografica del metallo. Rapporto di intensificazione L’impianto La differenza la fa la tramoggia. Il collegamento con l’acqua e l’abrasivo si fa solo alla fine in corrispondenza dell’ugello. La strumentazione Gli elementi impiantistici di maggior interesse sono: - sistema di alimentazione dell’abrasivo - ugello L’ingresso della polvere nell’ugello avviene radialmente, mentre l’acqua in pressione procede assialmente. Grazie alla velocità e alla geometria dell’ugello l’acqua nel suo passaggio crea una depressione tale da risucchiare la polvere abrasiva. Tale metodologia non garantisce un afflusso di abrasivo costante. Si preferisce generalmente un’immissione della polvere assiale. Per ridurre i problemi di rumorosità ed emissione di nebulizzati, si può eseguire la lavorazione in acqua, si ha però una riduzione di efficienza pari al 20÷30%. Parametri di processo Alcuni valori comuni dei parametri di lavorazione prevedono una percentuale di abrasivo (ossido di alluminio od olivina) pari a circa in 30% in massa del getto. La dimensione delle particelle è di 0.2÷0.5 mm, con una portata di polvere pari a 0.5 Kg/min e di 11 l/min per l’acqua. I costi di impianto e di manutenzione sono influenzati dal costo della polvere fino ad un valore del 50%. Un parametro fondamentale in fase di lavorazione è la distanza tra ugello e pezzo (taglio fino ➔ 12 mm, pulitura ➔ 80 mm). - Pressione Il legame tra pressione e profondità di taglio risulta pressoché lineare. Dal diagramma si evidenzia l’esistenza di un valore minimo sotto al quale non si ottiene il taglio. - Velocità di avanzamento La profondità di taglio diminuisce all’aumentare della velocità di avanzamento dell’ugello. Questo perché a parità di tempo l’energia del getto viene distribuita su una superficie più vasta. - Portata della polvere L’efficienza di taglio risulta essere influenzata anche dalla portata di polvere abrasiva. Esiste un valore ottimale a seconda delle condizioni lavorative come mostrato in figura. Se la portata è bassa si ha un calo di efficienza laddove l’azione dell’abrasivo risulta predominante. Se la portata è alta si ha una richiesta di maggiore energia per accelerare la polvere. - Distanza ugello/pezzo Come si può notare all’aumentare della distanza diminuisce la profondità di taglio. Esiste comunque una distanza minima perché altrimenti l’abrasivo ritorna indietro. - Superfici Caratteristica di tutte le tecniche di taglio mediante un getto (fiamma, laser, plasma) sono le superfici di taglio che non sempre presentano piani paralleli. Lungo il fianco tagliato si notano 3 principali zone: 1. quella superiore che presenta bassa rugosità 2. zona mediana dove le creste si accentuano 3. zona di uscita del getto dove le creste si estendono in direzione perpendicolare al getto Aspetti teorici L’allargamento del diametro di uscita dell’ugello, dovuto all’usura, determina condizioni di taglio variabili (taglio più largo e di peggiore qualità). Esiste un diametro ottimale dell’ugello. Il parametro che permette un controllo agevole dell’operazione è la pressione del getto: in tal modo è possibile ottenere tagli uniformi nonostante la mutevoli dimensioni dell’orifizio. Applicazioni La lavorazione a getto d’acqua abrasivo permette di lavorare materiali anche molto duri come i ceramici e i metalli. È efficace per il taglio di materiali compositi e fibre di carbonio. Permette di ottenere tagli precisi e particolarmente accurati. -16- LASER (energia termica) “Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation”: Amplificazione di luce mediante emissione stimolata di radiazione. Definizione: dispositivo utilizzato per l’ottenimento di onde elettromagnetiche della stessa natura delle onde luminose, delle onde radio e dei raggi X, ma aventi caratteristiche non presenti in nessun’altra radiazione naturale o generata dall’uomo. L’energia generata è energia luminosa cioè energia elettromagnetica (fotoni). Caratteristiche Taglio LASER: velocità e potenza di taglio Aumento la velocità e diminuisce lo spessore di taglio Aumento la potenza e aumenta lo spessore di taglio Tre meccanismi fondamentali: 1) per fusione 2) per vaporizzazione 3) per degradazione chimica 1) Taglio per fusione Molto diffuso nel taglio di metalli. Utilizzato soprattutto per il taglio di spessori elevati. Il fascio trasferisce una quantità di energia che porta il materiale a fusione. Il materiale fuso viene soffiato via dal gas di supporto. Due modalità: taglio con ossigeno o taglio con gas inerte. Caratterizzato da una quantità di materiale vaporizzato minima. Le superfici tagliate risultano ossidate, vanno rimosse. Il solco di taglio presenta striature, dovute alla dinamica di fusione del materiale e geometria conica. VANTAGGI: Taglio di spessori elevati – Elevata produttività SVANTAGGI: Il solco di taglio risulta ossidato sui bordi – Scarsa qualità superficiale 2) Taglio per vaporizzazione Utilizzato per tagli di precisione su lamiere di piccolo spessore. Il laser porta il materiale da tagliare alla temperatura di vaporizzazione con una minima produzione di materiale fuso. Il taglio è assistito da un gas inerte (argon, azoto). VANTAGGI: Ottima qualità della superficie di taglio (non occorre espellere il materiale fuso) SVANTAGGI: Elevata potenza per portare a vaporizzazione il materiale 3) Taglio per degradazione chimica Il taglio avviene mediante una reazione chimica indotta dall’energia termica del fascio che rompe i legami chimici che costituiscono i ponti tra le molecole del materiale. Si utilizza un gas inerte di assistenza. È un processo lento. Vantaggi del taglio laser Convenienza economica: riduzione dei tempi di lavorazione (elevato grado di automazione), aumento della qualità della produzione, assenza di usura dell’utensile Convenienza tecnologica: taglio preciso, pulito e silenzioso, Materiali duri, ZTA molto ridotta, Profili complessi, Assenza di sollecitazione meccanica del pezzo, Flessibile. Altezza del fuoco nel taglio laser L’altezza del fuoco h è la distanza tra il fuoco e la superficie del pezzo: - h < 0 (sotto la superficie) per tagli con gas inerti e taglio per vaporizzazione - h = 0 taglio assistito con ossigeno Durante il taglio l’altezza del fuoco deve rimanere costante (grz ai sensori). Problemi e soluzioni taglio laser • Spigoli: Gli spigoli subiscono un surriscaldamento dovuto alla riduzione di velocità necessaria per modificare la traiettoria. Questo comporta un arrotondamento degli spigoli che non risultano essere vivi. Soluzioni: – Traiettoria ad anello – Modulazione della potenza del fascio laser nei cambi di traiettoria • Punto d’attacco: Prima di iniziare a muoversi lungo la traiettoria del taglio, il laser deve forare la lamiera. Il foro (detto punto di attacco) ha una dimensione maggiore della traccia (larghezza) di taglio. Se l’attacco viene fatto sulla traccia di taglio, avremo un difetto sulla superficie del pezzo tagliato. Soluzione: Sposta il punto d’attacco al di fuori del pezzo da ottenere • Bava: La bava si può formare lungo lo spigolo inferiore del taglio ottenuto nel taglio per fusione. Questo è causato dalla solidificazione del materiale fuso che non è ben evacuato. Se il taglio è assistito con O2 la bava è costituita fa ossidi fragili. Se il taglio è assistito con gas inerte la bava è materiale fuso solidificato molto duro. Soluzione: Aumentare la pressione del gas di supporto • Zona termicamente alterata: La parte di materiale prossima alla superficie di taglio subisce un’alterazione microstrutturale a causa delle elevate temperature. Tale zona è funzione del campo termico e dei parametri di processo e della. Soluzione: Aumentare la velocità di taglio compatibilmente con la profondità di passata SALDATURA LASER Ci sono 2 tecniche: 1) Saldatura per conduzione: La sorgente di calore viene mantenuta alla superficie del pezzo. Serve per la giunzione di lamiere di piccolo spessore. È una tecnica non molto efficiente e lascia una zona termicamente alterata di dimensioni piuttosto ampie. 2) Saldatura di profonda penetrazione: La sorgente di calore è spostata dalla superficie all’interno del materiale; sorgente di calore penetra in profondità nel mezzo e crea una zona con un cuore di vapore surriscaldato (Keyhole) circondato da una zona di materiale fuso, anch’esso surriscaldato. Un fascio ad alta intensità può produrre un effetto keyhole in pochi millisecondi, per poi mantenerlo in equilibrio dinamico, mentre si sposta si forma la saldatura. I cordoni saldati presentano le seguenti caratteristiche: - Zona fusa: una porzione del materiale risulta essere fuso e risolidificato - Zona Termicamente Alterata: uno strato di materiale presenta un’alterazione metallografica dovuta all’elevata temperatura raggiunta - Materiale base Vantaggi - Alta velocità di saldatura - Automazione a distanza: remote welding - Saldature in posizioni di difficile accessibilità - Buona riproducibilità - Bassi rapporti termici - zona fusa e ZTA estremamente ridotta - ridotti valori di deformazioni totali - sistemi d’afferraggio meno severi Saldabilità di giunti eterogenei Difetti di saldatura - Cricche – Cause: composizione chimica del materiale – Cicli termici - Porosità o contaminazione materiale – Gas di supporto intrappolato - Difetti geometrici – Accoppiamento superfici non adeguato
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