Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto saggi a scelta "Come leggere la letteratura", Dispense di Letteratura Inglese

Riassunto di alcuni saggi del libro "Come leggere la letteratura" per l'esame di letteratura inglese con prf. Reggiani o Vallaro. Contiene i riassunti dei saggi dei seguenti autori: Reggiani, Destro e Pesce, De Castris, Finn, Restivo, Pagnini, Marucci, Bachtin (entrambi), Rutelli.

Tipologia: Dispense

2018/2019

In vendita dal 08/12/2021

janis-favetta
janis-favetta 🇮🇹

4.5

(14)

12 documenti

1 / 41

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto saggi a scelta "Come leggere la letteratura" e più Dispense in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! COME LEGGERE LA LETTERATURA Per una scienza della letteratura realistica e integrale a proposito dell’utilità della ricerca. Brevi note introduttive — Enrico Reggiani Per accostarci e analizzare un testo letterario bisogna passare da tre campi: * Storia: legata al contesto e al momento in cui il testo viene creato, che va a infiuire nel testo, un tempo la storia era vista come l’unico aspetto * Teoria: osservare, produrre un modello integrato che tenga conto di più elementi combinandoli ® Scienza: con la dimensione del sapere, di raccogliere dati Non si può rinunciare a nessuno di questi tre aspetti per analizzare la letteratura. L'analisi di un testo deve essere affrontata come una qualunque analisi scientifica, analizzando gli elementi nella loro interezza, evitando di concentrarsi su un unico elemento, ma ponendolo in comunicazione con tutti gli altri, espliciti nel testo e legati al contesto, quindi impliciti. Il modello deve essere realistico, perché non può esserci un modello neutro che non tiene conto della realtà umana e del conteso e integrale, con una visione che tenga conto di tutti gli elementi senza arrivare a scomporli fino a distruggerli (il problema attuale dei temi che analizzano e scompongono estraenti i singoli elementi dal contesto). Per avvicinarsi alla scienza della letteratura bisogna come prima cosa affrontare in modo scientifico analizzando i dati per capire gli elementi. Abbiamo bisogno di un approccio che sia scientifico ma che tenga conto della storia senza ricercare un modello neutro. Bisogna poi passare anche dal lato teorico osservando, costruendo una concezione e un metodo. La teoria della letteratura è possibile, accade ogni volta che qualcuno si basa su un modello e può essere espressa formalmente o praticata. Esempio: Elegy written in a country churchyard (T. Grey) - >Il fatto che Grey ci dica che è un’elegia ci accosta ad un periodo a un contesto che immette il lettore in un certo modello, contrariamente da molte elegie scritte da Wordsworth, per esempio, che non riportano mai il nome elegia, chiedendo al lettore di non inserire il testo nel periodo classico. SEZIONE 1 Introduzione all’antropologia degli scritti protocristiani — Adriana Destro, Mauro Pesce 1. Il testo come prodotto e parte di un processo culturale Il testo è sempre strumento necessario nella ricerca antropologica -— si potrebbe addirittura dire che una teoria antropologica dei testi è un contributo teorico essenziale all’antropologia nella sua totalità. Antropologia: scienza dell’uomo, considerato sia come soggetto o individuo, sia in aggregati, comunità, situazioni. Il nostro studio si concentra su un tipo di antropologia che si preoccupa dei significati che i testi ricevevano nella cultura in cui furono prodotti. Il nostro obiettivo è quello di ricostruire una cultura religiosa antica nella sua diversità rispetto alla cultura del leggente attuale. Per quanto riguarda la diversa natura dei testi, le teorie letterarie prendono per lo più in esame testi di tipo “letterario” in senso stretto: i loro modelli interpretativi trascurano così la natura religiosa e la specificità dei generi dei testi protocristiani. In una prospettiva antropologica va invece tenuto a mente che i livelli profondi del testo sono di carattere culturale e non solo letterario: tra il testo e il contesto culturale esiste un collegamento. Inoltre, l'antropologo vede autore, testo e destinatario come appartenenti ad un processo: il testo è quindi parte e strumento di una performance. L'analisi deve quindi partire dal processo socio-culturale in cui si inseriscono i rapporti tra autore e destinatario che presiedono alla produzione del testo. Il testo è prodotto di un'attività umana e caratterizza un assetto culturale: il testo è un prodotto culturalmente configurato. Della natura del testo fa parte anche il supporto materiale: a differenti supporti corrispondono differenti tipi di testo. * La Scuola di Costanza (XVIII secolo) - creata da due letterati tedeschi: Iser e Jauss che insieme crearono teorie sulla ricezione estetica Jauss: non intendeva l'opera come se contenesse un messaggio, ma riconosceva il lettore come protagonista di un processo attivo e poetico: per cui l'opera vive nell'attenzione e nell'interesse che le tributa il pubblico. Nel caso in cui il pubblico non provi interesse essa cade nel dimenticatoio e muore. Il lettore, attraverso l'immaginazione, poteva immedesimarsi nei testi, adattandoli alle sue esigenze e a quelle della sua comunità. La ricezione è quell'atto mediante il quale un messaggio viene fatto proprio da un destinatario (o “ricevente"), ovvero una persona. Secondo la semiotica, l'atto della ricezione è l'atto fondamentale del processo comunicativo, in quanto una comunicazione senza di essa non può essere definita realizzata. Il testo è poi oggetto creato per una funzione particolare: Iser ha concentrato l’attenzione sull’atto della lettura -. i testi ricevono la loro realtà dal fatto di essere letti. Bachtin fa notare però come la realizzazione del testo non avvenga solo mediante la lettura, ma anche nell’ascolto e nella rappresentazione (solo così il testo consente una comprensione e induce un’azione). La lettura quindi non opera solo la creazione di un significato, ma provoca azioni e modificazioni. La lettura avviene all’interno di una performance e al variare di questa variano i generi e le funzioni dei testi. Iser criticò la teoria del “lettore supposto” di Wolff (l’idea di lettore che l’autore ha in mente) perché non renderebbe conto del fatto che un testo può continuare ad essere letto anche da lettori non supposti dall'autore. Si può dire però che i testi protocristiani suppongono dei lettori: il lettore dell’epoca protocristiana è immerso in una situazione condizionata da un reticolo istituzionale che è ben presente in chi scrive. Il testo è uno strumento di comunicazione con lettori storicamente e culturalmente determinati -. questa comunicazione consiste nella creazione di uno spazio simbolico per l’incontro tra autore e destinatari da lui supposti. Il testo è anche il tentativo di proporre un modello per la costruzione della realtà sociale dei destinatari: l’autore così costringe il destinatario ad entrare in uno spazio in cui ha simbolicamente ricostruito il suo mondo in base alle proprie regole e visioni. Ex. Prima lettera ai Corinzi = Paolo scrive intenzionalmente per una certa comunità, quella di Corinto, che sta vivendo in quel momento delle situazioni particolari. * Il suo lettore supposto corrisponde a una collettività * Obiettivo: provocare dei cambiamenti in lettori scelti Questa è la natura dei testi protocristiani: anche quando gli autori narrano di eventi storici passati rispetto al tempo in cui scrivono, il loro unico scopo è riordinare il mondo socio-religioso a loro contemporaneo -— hanno un PROGETTO RIORDINATORE. Visti e letti da noi, questi testi ci possono anche offrire una visione storico-culturale dell’epoca (testo come testimonianza delle concezioni di chi lo ha scritto): il progetto riordinatore e il risultato di pratica culturale coesistono; ma originariamente non sono stati scritti a scopo culturale, bensì Nei testi protocristiani possiamo parlare di “sistemi religiosi” al plurale perché la loro produzione si situa in un momento di evoluzione e contrasto religioso, sia nell’ebraismo che nella religione greco- romana. Il modo di collocarsi nella società è perciò diverso da testo a testo: * Vangeli: focalizzazione sul rapporto tra Gesù e la società religiosa Palestinese * Atti degli Apostoli: attenzione ai fenomeni politico-religiosi nella cultura mediterranea antica * Lettere di Paolo: contrasti tra Paolo e la chiesa di Gerusalemme viene interpretato come antagonismo tra gruppi appartenenti a sistemi religiosi protocristiani differenti. La predicazione paolina è testimonianza del periodo di separazione delle comunità cristiane dalle sinagoghe, ovvero dal sistema religioso ebraico (dal quale sono nate). Come individua l’antropologia i diversi sistemi religiosi? Cerca di recuperare il mondo religioso percepito dall'autore (e dalla comunità) studiando le componenti del testo, come: gli agenti, le performance e i quadri concettuali che le sostengono. a. Gli agenti culturali. Dialettica fra individui e fra gruppi Il mondo costruito dai testi protocristiani è segnato dalla presenza di formazioni sociali collettive e da singoli soggetti. Negli Atti, l’autore narra la diffusione della parola di Dio descrivendo lo sfondo sociale, la cui caratteristica principale è il rapporto triangolare tra i predicatori della prima chiesa, le comunità ebraiche, e i non ebrei. Questo ci dice che chiesa e comunità ebraiche hanno una cultura di provenienza comune, quella ebraica. Gli Atti quindi presentano una dialettica tra formazioni sociali ampie, come quella tra chiesa e comunità ebraica, concentrandosi anche sul ruolo di singoli agenti culturali (singole persone), come Paolo le cui azioni hanno ripercussioni sull'ambiente cittadino. Questo ci dice che le dialettiche tra soggetti singoli o comunità sono i fondamenti dei “sistemi religiosi” e delle loro evoluzioni. b. Performances Nei sistemi religiosi, l'esempio più importante di performance sono i riti. Esempi: * Vangelo di Giovanni: la sua redazione è scandita da riferimenti a unità spazio-temporali di tipo rituale, in cui si collocano gli avvenimenti più importanti della vita di Gesù. Ricorrendo allo schema del rito, egli segna la svolta decisiva della vicenda gesuana. * Negli Atti degli Apostoli i miracoli e gli esorcismi ridanno la salute o liberano dagli ossessi: qui la performance ha funzione di provocare delle modificazioni nel corpo. c. Concetti e categorie A ogni redazione di testi presiede un sistema concettuale, proprio del redattore, che rimane tuttavia celato nelle strutture profonde del testo. La struttura concettuale affiora in modo diverso nei diversi generi letterari degli scritti protocristiani: * Narrazione: le categorie sono più difficili da rintracciare nella loro funzione sistemica * Testi dottrinali: l’autore può esplicitare più direttamente i suoi schematismi o principi classificatori: ci lasciano vedere la struttura concettuale. Esempi: 1. Prologo di Giovanni: uno dei pochi esempi di narrazione in cui l’autore ci mette fin dal prologo a conoscenza della struttura concettuale del testo, che gli è implicita 2. Lettere di Paolo: ci presentano brani direttamente dottrinali, risulta in modo evidente come le categorie classificatorie esercitino una funzione di riordino e di progettazione culturale Il contesto nel testo (per una conoscenza storica dello specifico letterario) — Arcangelo Leone De Castris La domanda sul come aggiornare l'insegnamento della letteratura oggi è una domanda profondamente contraddittoria: a chi chiediamo “che fare”? e in funzione di quale orizzonte di rinnovamento? Quello che è in crisi è un rapporto molto più complesso di quello che possa risolvere l'aggiornamento tecnico: ciò che è in crisi è proprio questo orizzonte complessivo del rapporto professionale, che sta nella qualità del sapere, del processo formativo, nella funzionalità dei suoi strumenti. Secondo l’autore si può dire che tutti i mali della scuola siano legati ad una visione tendenzialmente quantitativa del suo sviluppo, incapace di mettere in discussione radicalmente la sua antica forma, e cioè di riformarla organicamente, perché incapace di investire la cultura della scuola e la sua organizzazione come oggetto di analisi e di trasformazione. Tutti i mali della scuola sono legati alla scarsa visibilità della sua crisi, in cui l'elemento più profondo e ignorato è proprio l'intreccio tra sviluppo sociale e qualità dell'asse culturale. La crisi è anche in noi, in quanto direttamente coinvolti nello sviluppo sociale che ha rotto gli argini della vecchia scuola e in quanto gestori istituzionali di un sistema formativo che non può rispondere positivamente ad una domanda di formazione che implica funzioni diverse e contenuti diversi. La pratica conoscitiva ha bisogno di riqualificazione. Ciò riguarda anche la critica letteraria: la nostra ansia di concretezza e di sperimentazione spesso si placa nell’accettazione e nella riproduzione di metodologie critico-letterarie che partono da una definizione astratta e assoluta della letteratura e quindi dalla qualità non sperimentale della critica. Si tratta del problema di un aggiornamento culturale che non trasforma ma riproduce. Sfida: fondare il discorso scientifico su una base aperta e problematica, dinamica e sperimentale, dove le forme della sua crescita e liberazione siano determinabili entro l'orizzonte delle sue tensioni e della sua processualità e non dalla sovrapposizione dogmatica di forme già date, universalità precostituite e inverificabili. Questa sfida comporta che anche il problema della critica letteraria si ponga come problema dell’elaborazione di una risposta a una domanda che è radicata nella realtà del presente, e in particolare al centro della scuola di massa. È una domanda di conoscenze del presente, delle sue contraddizioni e delle sue forme di dipendenza dal passato. Quindi, per rinnovare l'insegnamento di massa è necessario rovesciare il concetto di insegnamento come trasmissione pura di contenuti, come un qualcosa che cresce solo attraverso le aggiunte, con una visione quantitativa dello sviluppo. Bisogna mettere in discussione la critica letteraria e l'insegnamento della letteratura, a partire dalla sua identità e funzione. La nostra ansia di concretezza e di sperimentazione viene spesso placata dall’accettazione e dalla riproduzione di metodologie critico-letterarie che partono da una definizione astratta e assoluta della letteratura, da una qualità NON sperimentabile della critica. Sono concetti immutabili e immodificabili. Bisogna, invece, elaborare una risposta che sia radicata nella realtà del presente, nelle sue contraddizioni e nelle sue forme di dipendenza dal passato. È fondamentale che i discenti non concepiscano la letteratura come divisa dallo sviluppo storico, che non apprendano informazioni teoriche senza essere capaci di fare collegamenti tra letteratura e storia. È necessario lavorare affinché si richieda di conoscere i testi in quanto opere, come modalità di una produzione intellettuale ricca di senso, costituita da elementi e funzioni differenziati di contesti sociali e istituzionali in cui ogni esperienza linguistica implica un complesso di condizioni che l'hanno resa funzionale. Ci si pone il problema delle risposte ad alcune domande (“Che significa questo testo?” o “qual è il modo di letterarietà che lo forma?”) che sono ormai standardizzate e frutto di una predeterminazione comune, che le considera come categorie già date e quindi un testo poetico, ad esempio, presenta alcune caratteristiche solo perché caratteri peculiari della poeticità. Allo stesso modo, nel momento in cui ci si approccia ad un testo (soprattutto nel contesto scolastico) si dimentica di storicizzare il singolo testo, prendendo il pensiero di alcuni autori come fosse puro pensare, come se le loro poetiche individuali fossero davvero assolute, senza interrogarci sul tempo, sul luogo, sulle condizioni e le spinte del loro pensare. La critica letteraria, quindi, diventa selezione e proposizione di modelli: modelli di una tradizione da riprodurre senza conoscerne la storicità reale. La spinta sociale che attraversa la cultura e il movimento intellettuale negli anni Sessanta segna una modificazione nella teoria e nella pratica dei vari settori del sapere, sollecitando nuove esperienze didattiche e nuove modalità scientifiche di ricerca. | vecchi modelli non vengono totalmente perduti, ma disordinati. La critica si rinnova, si arricchisce in più direzioni, dilata il campo conoscitivo degli oggetti e si fa esperta di aspetti e problemi che aprono dimensioni nuove al bisogno di conoscenza. La tecnica non serve più a conoscere l’oggetto reale (l’opera e i suoi significati), ma a misurame il grado di riferibilità a un modello predisposto. L'oggetto è, già in partenza, decapitato della sua storicità. Il concetto di storicità, invece, risulta fondamentale nel momento in cui si guarda ad un testo, così come è fondamentale la strumentalità della lingua in quanto condizione storica reale: agisce nella formazione di un testo. Un testo significa perché è il testo di un contesto, lo è nella sua struttura più intima, più individuale, più ricca di elaborazione e di iniziativa ideologica (creatività). Come non si è mai prodotto un testo fuori da un contesto, così non è comprensibile un testo al di fuori dei rapporti di contestualità segnati nella sua forma. Ovvero non può esserci un testo la cui forma sia riferibile alla pura e inesistente formalità. Il significato del testo sta nel rapporto profondo e costitutivo con un contesto, un rapporto aperto all’analisi, non determinabile da un modello costante e assoluto (non può che astrarre una sola chiave interpretativa). Non nasce una forma di comunicazione senza un bisogno, senza una spinta, un’urgenza materiale e ideale, senza la decisione di un fare e la scelta di un comporre una immagine della realtà. Anche la scelta del linguaggio e della retorica della letteratura nasce da un'operazione di ordine complessivo, da un movimento che parte da una determinata condizione (legata al contesto). Tutto questo significa che il contesto di un’opera sta nel testo come una relazione costitutiva di significato, una garanzia strutturale della sua forma: un testo è incomprensibile al di fuori del suo contesto, sia nel significato che nella forma. All’assioma secondo il quale “l’arte conosce il mondo e ci fa conoscere il mondo” potrebbe opporre la constatazione che un’opera letteraria ci fa conoscere una determinata e specifica realtà vissuta e mediata dal suo produttore. Non cercheremo, quindi, nulla di eterno in un’opera, nulla di trascendente e valevole per l’avvenire del mondo; il testo è decodificabile solo attraverso la conoscenza storica degli elementi e dei modi della sua combinazione. Bisogna considerare il testo come un oggetto specifico, la cui specificità è conoscibile nella conoscenza della sua contestualità, del suo modo di distinguersi concreto e del suo concreto rapportarsi ad essa. Qualsiasi opera significa una esperienza, un complesso di esperienze che non si può ridurre ad una dimensione astratta: significa il rapporto con una tradizione retorica di generi e di strutture, un tessuto di idee, esperienze, passione e scelte morali, bisogni, complessi e sogni. Con queste affermazioni non si vuole negare la storicità nè produrre il suo rovesciamento, al contrario si vuole dare più importanza alla storia in sé, cosa che non accade con la formalizzazione delle categorie. L'uso di questo diverso metodo non presuppone la negazione delle categorie usate fino a questo momento, bensì una critica che non presenti in sé una forma contraddittoria. sembra spiegare bene la successione dei periodi nella storia della cultura, la loro durata e relativa coerenza e stabilità. Inoltre, è dotato di una mobilità intrinseca: i limiti di ogni codice producono il suo superamento e una nuova fase culturale. L’insufficienza di ogni codice è evidenziata da Lotman nelle carenze proprie del suo periodo di dominanza. * codice medievale = Garantisce referenzialità (ciò che concerne il destinatario o referente del segno) e coesione sociale; ha una funzione simbolica, e avvalora il singolo come non inferiore ma equivalente al tutto a cui rimanda. Tuttavia, disconosce le qualità concrete e specifiche dell'individuo, sacrificate al suo senso simbolico, e impone la stasi della ripetizione, il vincolo delle origini, l'imitazione degli exempla, negando il nuovo (exempla, simbologia cristiana, la strutturazione gerarchica della chiesa...) * codice rinascimentale = riconosce le qualità dell'individuo che però è considerato parte di un insieme ad esso sacrificabile. Attento agli effetti pragmatici, questo codice perde le garanzie di referenzialità. Il principio di effettività domina fino a rendere irrilevante la funzione sostitutiva del segno. * codice illuminista = apardigmatico e asintagmatico, nega il principio simbolico e quello sintagmatico, portando alla desemiotizzazione. In assoluto priverebbe il senso del mondo e cesserebbe di produrre cultura, ma evitando di assolutizzarsi si trattiene nei limiti di una critica dei due codici precedenti, creando i segni della distruzione dei segni. * Codice romantico = recupera la perdita semantica provocata dal codice illuminista, e restituisce senso ai codici simbolico e sintagmatico, che si combinano tra loro con nuovi effetti. Il codice semantico-sintagmatico è quello che conferisce maggior senso all’azione umana e che più costruisce la cultura. Esso recupera il principio sintagmatico (dispiegarsi dialettico della storia) e quello simbolico (importanza del singolo rispetto all’universale). Ma anche questo codice, apparentemente perfetto, pecca: nega l’esistenza di ciò che non può spiegare (violenza dell’universale sul particolare). In generale, l'approccio di Lotman può portarci a studiare la storia, le culture e la letteratura senza doverle dividere in blocchi e capire meglio le influenze delle diverse epoche. L'importanza della desemiotizzazione Il codice illuminista affiora sempre nelle fasi critiche, quando uno degli altri codici rende palesi i propri limiti. La desemiotizzazione illuminista ha in questo senso una funzione correttiva: ha il ruolo di mediare le fasi di destituzione di un codice dominante, oltre che di caratterizzare il periodo del ‘700. La desemiotizzazione è infatti presente in tutte le fasi dei codici: nel medioevo desemiotizza il simbolismo portando alla sperimentazione della sintagmatica rinascimentale. Nel romanticismo, invece, vediamo che porta a fenomeni di “creolizzazione” = dove i due codici (romantico e illuminista) si combinano creando ibridi culturali e linguistici. Il codice Illuminista Le implicazioni teoriche del codice illuminista sono le più ampie e le più vicine alle nostre problematiche contemporanee. Parlando dell'Illuminismo, Lotman evita di menzionare il concetto di ragione. Del codice illuminista Lotman anziché sottolineare la ragione, marca l’intrinseca paradossalità, in due tratti peculiari che lo distinguono: 1. Il ruolo di critica degli altri codici, potente strumento di innovazione ma anche virtuale tensione al silenzio e all’autoannientamento 2. Il ruolo di distanziamento dalla storicità del reale inerente alla sua natura. l’Illuminismo considera reale lo stato naturale e falsa la dimensione storica alla cui desemiotizzazione si vota. 10 Ma al tempo stesso non riesce a raggiungere tale stato verso cui tende. La sola condizione che l'individuo possa esperire, quella storica, è infatti considerata irreale, mentre realtà e valore sono attribuite a una condizione inaccessibile e ipotetica. La falsità delle parole è parallelamente contrapposta all'essenza delle cose, che è inesprimibile ed estranea al sociale in cui si vive. La realtà diventa inattingibile, i concetti di reale e di segno problematici. 2. Desemiotizzazione illuminista e razionalità romantica Lotman sottolinea due aspetti del codice illuminista: la desemiotizzazione e l’opposizione naturale/sociale che traduce in atto (effetto di ribaltamento rispetto ai due codici precedenti). A differenza del codice medievale, l’illuminismo partiva dall'idea che fossero dotate di maggior valore le cose reali che non possono essere usate come segni (pane, acqua, vita, amore). A differenza invece del codice sintagmatico l’Illuminismo partiva dall'idea che la massima realtà fosse posseduta da ciò che non è parte: non dalla frazione ma dal tutto. L’iluminismo si basa su questa opposizione tra naturale e innaturale. * Naturale e vero = l’uomo primitivo; senza linguaggio; senza società; solo. * Innaturale e falso = la civiltà; il linguaggio (i segni) che sono la causa della civiltà e dei rapporti sociali Gli unici portatori della verità sono i bambini, i selvaggi e gli animali, esseri fuori dalla società. Esiste solo ciò che rappresenta se stesso: perciò vere sono le realtà immediate. Il mondo delle cose è reale, il mondo dei segni, dei rapporti sociali è falso. Il mondo sociale e il suo linguaggio sono falsi e menzogneri. Si può pensare qui a opere come “I viaggi di Gulliver” o “Robinson Crusoe” (differenza tra lui e Venerdì). La felicità dell'individuo diviene prioritaria e il popolo sociale è pensato come agglomerato di individui ognuno uguale all’io singolo. Tratti salienti del codice illuminista: 1. Desemiotizzazione che porta alla vera natura dell’uomo. La natura che l’uomo ha perso con la creazione di un linguaggio (sistema di segni) che gli ha aperto la possibilità di creare una realtà sociale e rapporti falsi con altri uomini. 2. Il primato della naturalità: è intimamente connesso alla desemiotizzazione prima ancora che alla ragione. Il riferimento alla natura è il tema centrale di questo codice e il suo nucleo genetico. Il concetto di Natura La natura attraversa tutta la filosofia Illuminista: * Diderot: opposizione naturale/innaturale; identificazione di natura e libertà; il progetto di rifondazione politica trova la sua legittimazione nell'esecuzione del codice della natura. * Locke: anche perlui lo stato di natura ha valore giuridico * Kant: già in natura si dà uno stato giuridico provvisorio, un diritto naturale che non cessa nella società civile, perché da esso procede il diritto privato. È nella datità naturale dell'individuo che la massima soggettiva deve divenire legge universale. Saggio Risposta alla domanda: che cos'è l’Illuminismo? Kant dice che l’illuminismo equivale al raggiungimento della “maggiore età”, opposta a quella che lui chiama “minorità” (incapacità di servirsi della propria intelligenza). Equivale al raggiungimento dell’emancipazione da parte di un soggetto, che smette di farsi “comandare” da qualcun altro e inizia a pensare con la propria testa, facendo valere le sue idee, soprattutto andando contro le idee religiose. Questo è ciò che caratterizzerà la Rivoluzione Francese. In questo senso la ragione c’è, esiste, ma in quanto ragione del 11 soggetto singolo e della sua emancipazione naturale. La natura dell’uomo = tendenza al libero pensiero. In questo senso il concetto di ragione viene ridefinito entro il codice illuminista e diventa anche sinonimo di Libertà. La ragione: * Nella concezione medievale corrispondeva all'ordine della gerarchia sociale (specchio di una concezione teologica dell’aldilà). La ragione era vincolata alla volontà divina (Divina Commedia), essa perciò svolgeva la sua funzione in un particolare ordine del mondo. * Nella concezione rinascimentale la ragione era adeguamento al fine che orientava i mezzi (Machiavelli), principio di efficacia. Solamente con l’illuminismo la ragione diventa autonoma, libera dall’aldilà e dalle questioni storiche e diventa occasione di emancipazione (come dice Kant) e non di razionalità come spesso si pensa. È con lo sguardo sintagmatico del ‘500-600 che la ragione si fa sistema, vincolando il soggetto all'idea e ai suoi sviluppi storici. Con l’Idealismo (Hegel, Schelling, Fichte) si attua un rovesciamento delle premesse kantiane. * Idealisti = l'essere è il pensiero e la realtà esiste perché riflesso del soggetto. Ciò che definisce l’uomo sono i sentimenti e non più la ragione; si ritorna alla collettività a scapito del singolo * Kant = intelletto determina gli oggetti e la realtà Prodotto di una desemiotizzazione del sociale la naturalità illuminista può smarrirsi nell’indefinibilità del mondo e quindi nell’assurdo. Il ritomo della desemiotizzazione a superamento della dominanza romantica predilige il versante assurdo, in particolare nel ‘900 con Beckett e Kafka. Ritroveremo la desemiotizzazione illuminista dopo il Romanticismo, con le opere “assurde” di Beckett, Kafka ecc. che hanno portato a una frammentazione e assurdità semantica. In questo caso si parla di radicalizzazione del codice illuminista, in cui si esaurisce ed elimina il codice romantico. Il passaggio dell’illuminismo al romanticismo viene definito da Lotman come una “riconciliazione con la realtà” dopo la frammentazione e assurdizzazione del mondo Illuminista. Con il romanticismo nasce l’idea del mondo come successione di fatti reali che conferiva a tutti gli avvenimenti un duplice senso: semantico, in quanto rapporto tra le manifestazioni fisiche della vita e il loro senso occulto, e sintagmatico, in quanto rapporto tra esse e la totalità storica. Non si assiste a un semplice recupero dei due codici precedenti, ma a una semantizzazione totalizzante: se il simbolismo medievale considerava il mondo come parola, il simbolismo romantico conferisce al mondo i tratti del linguaggio, e insieme mantiene il suo discorso nella dimensione storica - forte recupero di senso, ma è qui reale solo ciò che è incluso nello sviluppo dell'idea. Nel romanticismo l’universale controlla l’individuale e giustifica il particolare (mentre nell’iluminismo era il contrario). Il collettivo e lo storico dominano. La ragione diventa razionalità entro il programma dell'idea. Molto spesso il romanticismo e l’illuminismo s'intrecciano e abbiamo il fenomeno della “creolizzazione”. L'eroe ottocentesco, per esempio, combina una solitudine illuminista con ideali romantici (Jacopo Ortis) 3. La fine della dominanza Dal Medioevo agli inizi del ‘900 si è avuta un’evidente polarizzazione per codici dominanti, tuttavia oggi non appare evidente la dominanza di un codice: si può infatti ipotizzare l’estinguersi del modello della dominanza. Oggi sembra aprirsi una prospettiva di combinazioni di codici senza dominante storica: la pluralità della cultura sembra essere entrata in una nuova fase, caratterizzata da una maggiore autoconsapevolezza e autoregolazione, da flessibilità e apertura all'innovazione. 12 Dio e il dinamismo teologico Per questo l’universo non è nato perfetto e la concezione di Dio è quella di entità imperfetta che va perfezionandosi; opposta al dio perfetto e trascendente, che si può conoscere solo mediante la razionalità. Dio si può conoscere tramite la natura stessa, tramite i sensi ed è avvertibile dinamicamente nelle sue varie manifestazioni. Il dinamismo teologico porta ad attività - che in Inghilterra rispondevano ad una imponente crisi del clero e di tutte le istituzioni ecclesiastiche. Esse trasferivano il sacrale della chiesa e delle sue leggi all’intimo dell’uomo e alle sue virtù intuitive (personalizzazione della fede). Il neo-misticismo sosteneva che si deve soggettivamente sentire ciò che altrimenti non può essere né conosciuto né provato. Antonima: “uniformismo” (illuminista) e “diversificazione” (romantica) * Uniformismo: la razionalità è uguale in tutti gli uomini e l'universalità del consenso è il segno della Verità. Gli illuministi consideravano Vero tutto ciò che si presentava immutabile nella storia (forma di paradigmatizzazione della storia). Esempio delle religioni: i punti fermi delle religioni dovevano tutti combaciare; quelli che non combaciavano venivano eliminati. La Natura era un equivalente della razionalità; la conformità alla Natura equivaleva essere razionali e contrari alla diversità fra gli uomini. Questo principio porta al “cosmopolitismo” (opposto al successivo “nazionalismo”) e al concetto del valore di ciò che è conforme a tutti gli uomini come valido; mentre invece il romanticismo prendeva in considerazione ciò che è singolo, unico, soggettivo. * Diversificazione: sottolineava il valore della singola persona e non dell’unità. Incoraggiavano il culto della personalità soprattutto dei geni, nel pieno rispetto delle loro originai, naturali tendenze. Al cosmopolitismo si oppose il nazionalismo. Antonimia: il concetto di “primitivo” Entrambe le culture ne parlano positivamente ma: * Illuminismo: primitivo come essenziale base di razionalità che Dio ha posto nel fondo di tutti gli uomini; più evidente negli uomini antichi perché meno offuscati dalle falsità delle culture. * Romanticismo: privilegio del primitivo è il suo essere sentimentale, spontaneo, intuitivo, immaginativo e quindi il suo essere più vicino alla forza originaria della creazione (contadini, umili, fanciulli). 1 romantici vedono di buon occhio la rivoluzione, perché sinonimo di dinamismo e cambiamento: lottavano per la libertà, i diritti dell’uomo e per la liberazione da ogni forma di costrizione culturale. La rivoluzione è espressione della forza originaria che sottende il dinamismo del creato. Antonimia: concezione della storia * Visione statica (illuminista): postulava l’immutabilità delle cose, salvo piccole variazioni * Visione dinamica e progressista (romantica) Mentre Voltaire studiava il passato dalla prospettiva del presente, comparandolo con il presente (come se l'uomo fosse stato sempre lo stesso); Herder e Goethe dichiaravano che l’uomo è condizionato dalle culture, tutte diverse e irripetibili. |I romantici videro nelle vicende culturali ancora una volta la forza vitale del creato e addirittura produssero una teologia della storia. Herder scriveva: “Il Dio che cerco nella storia deve essere lo stesso Dio che cerco nella Natura”. Linguistica Il principio vitalistico trovava il suo appoggio nella nuova linguistica, nell’ambito della quale, tra la fine del ‘700 e il primo ‘800 si distinguevano nuovi fatti importanti: 15 * Scoperta della parentela storica del Sanscrito (lingua classica dell’India) con il latino, il greco e lingue germaniche * Conseguente intensificazione di lavori comparatistici, storici (primo ‘800) * Riformulazione del concetto dell'origine delle lingue non più statico ma evolutivo * Affermazione dell’inseparabilità del linguaggio dal pensiero e dall'ambiente (Herder e Humboldt) Questa concezione diacronica del linguaggio fruttò l’idea fondamentale che il rapporto nome/cosa si risolve nella fusione di soggetto/oggetto. Antonimia: concezione dell’arte * Illuminismo: il principio della razionalità naturale investe anche l'estetica neoclassica; l’arte come espressione della razionalità umana (condivisa da tutti e già conosciuta). L'artista è il portavoce della ragione, e si appella alla ragione dei suoi simili. L'arte esprime in belle forme ciò che già sta scritto nel fondo di tutti gli uomini, ciò che tutti già sanno. L'arte deve imitare la Natura non nei suoi aspetti occasionali, ma in quello che nella natura si scopre come immutabile ed eterno (concetto di general nature). Anche il criterio di valutazione si fondava sul consensus gentium, dunque sullo stesso principio della razionalità naturale e sulle invarianti delle culture. Conseguenza in letteratura fu l’uso di un linguaggio prosastico abbellito dai metri e dalle figure retoriche. * Romanticismo: la concezione dell’arte viene omologata con quella del creato organicisticamente concepito. L’arte imita sì la Natura, ma in quanto essa offre di manifestazioni particolari, ovvero imita il flusso creativo, la crescita e lo sviluppo della natura; il suo rapporto con il creato in continua evoluzione. Questa imitazione passa attraverso i sensi e coglie l’imo del creato e al tempo stesso attinge all'essenza dell'essere. A questo si rifà la concezione fantastica e la neo-mistica: modellare la natura a livello intimo e personale. Il poeta non esprime ciò che tutti sanno, ma si fa portatore di Verità che gli altri uomini non possono conoscere, diventando un visionario (il vero artista). Inoltre, userà gli ausili linguistici come mezzi per capire i misteri della Natura e dell'Uomo, ovvero interi e non più esterni (ornamentali). Uso dei “simboli” (associazioni private, ambigue costruite al di fuori dei comuni sistemi referenziali) come opposti alle “allegorie” (associazioni pubbliche e univoche, fondata su codici ermeneutici e socialmente vulgati). Antonimia: campo delle scienze Ai modelli newtoniani del primo 700 si contrappone dalla metà del secolo in poi una nuova scienza: la biologia, che si affermerà come attività egemone in pieno ‘800. La biologia, scienza delle creature viventi, prende il posto della fisiologia, dedicata allo studio e alle funzioni del corpo umano, soprattutto per funzioni mediche. La biologia, invece, descriveva e spiegava la struttura di tutte le creature, dei loro processi vitali e della loro produzione. Gli studi iniziano intomo al 1780.L’impostazione della biologia è diacronica spiegava come avvengono i fenomeni storicamente: trasformazione nel tempo delle piante e degli animali. Il suo principio si fece sentire sulla teoria della cellula originaria, sull'evoluzione, sulle concezioni della natura e su quelle dei rapporti interni ed esterni delle società umane. Vedendo la diacronia come serie di connessioni causali, tale scienza si poneva agli antipodi della teoria statica della creazione del mondo nella quale si postulava l’immutabilità delle cose. In tutti i settori della scienza, storia e linguaggio — diacronia e il concetto “organicista” Una simile concezione del mondo animato doveva comportare una riflessione su come dovesse intendersi la forza che sottende il creato e anima le creature viventi. Domanda: “che cos'è la vita?” — due risposte: 16 1. Vitalismo panteistico: suggerita in gran parte dai filosofi della natura in Germania nei primi decenni dell’800 e professata dai fisiologi inglesi. Identificava la forza della vita con il divino; un disegno e un destino caratterizzano l'evoluzione delle creature. La natura risultava in tal modo teologicamente e teleologicamente orientata. 2. Sviluppo dominato da cause occasionali e materiali: risposta data dagli scienziati materialisti intorno agli anni 50. Teoria materialista e prevalente oggi. I romantici inglesi vissero nel pieno clima del vitalismo panteistico e vi si ispirarono per i loro versi (anche se non tutti erano d’accordo). Accolsero soprattutto l’idea dell’analogismo tra il fatto creativo dell’artista e la creatività del mondo e a questo si può legare la loro continua tendenza all'infinito (una vitalità creatrice senza fine, senza limiti). È un dato di fatto che nessuna epoca ha mai noverato tante opere incompiute quante ce ne furono nell'epoca romantica. Omologie nei livelli di riferimento È possibile ravvisare unità e coerenza nei vari livelli della cultura romantica? Non necessariamente i complessi culturali sono strutturabili su tutti i livelli, particolarmente quando per complesso culturale s'intenda non solo l'insieme dei sistemi egemoni, appartenenti alle classi superiori, o all’élite intellettuale, ma si vogliano includere i sistemi subaltemi (es. il complesso di credenze e convinzioni del mondo contadino o del proletariato). Ma è vero che i livelli del complesso egemone sono molto spesso strettamente collegati e compatti e soprattutto per un fenomeno di trasferimento di modelli da un livello a un altro livello. Il che formalmente si rileva applicando ai vari piani di un complesso il principio dell’omologia che rileva equivalenze morfologiche. Esistono quindi diversi complessi culturali che possiamo analizzare dal punto di vista dell’omologia. Per cogliere le omologie è necessario scendere dalla superficie delle cose nel profondo delle strutture. Un esempio: Wordsworth nella Preface alle Lyrical Ballads teorizzò una rivoluzione stilistico-letteraria dichiarando di opporsi alle regole neoclassiche, all’uso del linguaggio letterario prevalente nella lirica settecentesca in favore di un eloquio spontaneo, passionale, realistico (vicino alla lingua dei contadini e delle classi medio-borghesi). In questo manifesto letterario non è difficile riconoscere il trasferimento del modello della rivoluzione politico-sociale appena avvenuta in Francia. Karl Marx suggerì che la struttura economica improntava di sé tutte le altre strutture; mentre Jacques Barzum parlò del fenomeno romantico come di rivoluzione biologica. La complessità sistematica non è la visione del mondo: ma quest'ultima viene ricavata dal soggetto all’interno della complessità culturale con processi di omologazione. Le omologie che si possono incontrare in un complesso culturale specifico (come per esempio il romanticismo) formano dei paradigmi che costituiscono il complesso specifico. I livelli che compongono la complessità culturale del Romanticismo inglese mostrano un fascio di omologie che si strutturano su un grande paradigma, quello del divenire, che si connette al paradigma minore della rivoluzione. Sulla base di questi si formano le “visioni del mondo”; chiaramente questo si riferisce solo ad una particolare fascia della complessità culturale (fascia che va dal Settecento agli anni 30 dell'Ottocento). La cultura alta, intellettuale ed elitaria è quella che risulta massimamente responsabile della maturazione di quei fenomeni culturali che hanno stretto rapporto con la letteratura e le arti. Gli intellettuali di quest'epoca si muovevano dentro il dinamismo della nuova cultura. I sistemi culturali del secolo precedente erano comunque presenti negli scrittori e portarono, assieme alle nuove istanze della cultura, alla creazione di ibridi (non in senso negativo): 17 Possiamo concludere quindi che l’epoca vittoriana non è quella unicamente sintagmatica che ci ha presentato la letteratura storiografica fino ad oggi. È una letteratura dotata di incertezza, ambivalenza, che sfugge ai dettami di un’estetica precisa. Esiste, come corrispettivo del “lettore comune” vittoriano, lo “scrittore comune” vittoriano? Gli scrittori si dividevano in uomini conformisti e integrati nella società che riflettono e confermano i codici sintagmatici, altri che modificano tali codici radicalizzandoli o temperandoli con codici illuministi, e altri ancora che oppongono i codici dominanti recuperando codici semantici e perfino simbolici. A volte questi codici differenti possono anche ibridizzarsi in un autore o in un singolo testo. Si presenta, tra gli autori, un motivo ricorrente: si tratta del Doppelgaenger come forma di dissociazione patologica dell'autore e del personaggio (in Dickens The mystery of Edwin Drood o nelle maschere di Wilde o nel Dr Jekyll e Mr Hyde); perfino Dio viene definito “ambivalente”: inflessibile e misericordioso, punitivo e amorevole. L'età del common sense è anche quella che, dopo il teatro elisabettiano, ha indagato più acutamente gli stati morbosi e demenziali. Tutta questa età letteraria può essere letta nel segno della schizofrenia. Il paradigma vittoriano Il paradigma più generale dell'incertezza dell’età è quello espresso nel conflitto tra Relativismo e Assolutismo dogmatico. * Il relativismo è una posizione filosofica evoluzionistica (Darwin) che nega l'esistenza di verità assolute, o mette criticamente in discussione la possibilità di giungere a una loro definizione assoluta e definitiva. Chi è relativista sostiene in sostanza che una verità assoluta non esiste, oppure, anche se esiste, non è conoscibile o esprimibile o, in alternativa, è conoscibile o esprimibile soltanto parzialmente (appunto, relativamente). * Dogmatismo: Ogni posizione filosofica che, partendo da principi sui quali non si ammette dubbio,ricava da questi un sistema di verità, indipendentemente dai fatti e dalle esperienze. Il relativismo venne considerato da Pater come determinante il pensiero moderno, in contrasto con il culto dell'eterno e dell’immutabile tipico del pensiero antico. Ricorrente è in questo senso l’immagine del prisma, della realtà sfaccettata: Pater usa l’aggettivo “many-sided” per indicare un movimento complesso e dalle molte facce (come quello a lui contemporaneo e che ritrova anche nel Rinascimento). | vittoriani tendevano a una rifrazione della realtà in altre venute prima di loro. La loro era una realtà cangiante, mutevole e quindi poco unitaria, che rispecchiava le epoche precedenti. Difatti molti scrittori dicono di aver ripreso dalle epoche passate. Molte opere dell’epoca sono ibride: si parla di pragmatismo del reale unito a concetti dogmatici (come Tennyson). Sempre Pater parla della ricerca di una stasi, di un punto fisso che vada contro il flusso diacronico delle filosofie imperanti all’epoca. Cerca, insieme a Hopkins, suo allievo, di trovare dei punti fermi come dimostra nella sua opera “Imaginary Portraits”. Pater parla anche di un errore ottico che fa sì che ogni periodo passato sia visto da un critico come ideale e migliore di quello presente (anche se non era Così). Il problema importante del vittorianesimo è la sua chiusura in mezzo a due periodi diversi (romanticismo e decadentismo/ estetismo) e la sua caratteristica di ibrido, dovuta alle differenti (come abbiamo visto) prese di posizione degli scrittori Un altro esempio di indeterminazione estetica del vittorianesimo è rappresentato dalle trasgressioni e contaminazioni del canone prevalente del realismo. Lo scrittore vittoriano è un maestro dell’arte combinatoria e fa convivere il momento realistico con quello del romance sia in senso diacronico, sia nel senso di una convivenza dei due momenti nella stessa opera. Condrad dirà: “c'è una curiosa duplicità nei 20 vittoriani: si vantano del loro realismo, e la loro arte è accurata; eppure si riservano il diritto di tornare al romance e alle sue consolazioni quando il reale diventa troppo perturbante”. Un'altra risposta al perturbante è l’antirealismo presente in alcuni testi della fiction vittoriana come in Wuthering Heights di Emily Bronte o nei romanzi di Conrad, in cui il racconto è esposto attraverso il filtro di un narratore vicario. Il relativismo poetico e narrativo è una presa d’atto dei limiti letterari e conoscitivi del realismo. SEZIONE 3 La parola nella vita e nella poesia. Introduzione ai problemi di una poetica sociologica — Michail Bachtin Il metodo sociologico e il rapporto con l'arte La scienza dell'arte contemporanea si sofferma su una concezione sbagliata dell'arte. Vede il “nucleo artistico" di una qualsiasi opera (letteraria ecc.) come un mondo estraneo e diverso da quello sociologico. Secondo questa concezione, la forma artistica avrebbe una sua natura autonoma e un suo complesso di leggi solamente artistiche e non sociologiche e risultato di questa concezione sarebbe la scissione tra forma e contenuto, tra teoria e storia. La poetica teorica: complesso di problemi riguardanti la forma artistica Il professore Sakulin spiega chiaramente come funziona questa concezione errata del metodo sociologico: Distingue nella letteratura due aspetti: 1. Immanente (nucleo immanente) - analisi immanente 2. Causale (azione causale della società) - analisi sociologica Il nucleo artistico della letteratura si considera immanente perché ha una sua struttura e un suo complesso di leggi ed è in grado di svilupparsi autonomamente “secondo natura”, nel processo evolutivo, però, la letteratura subisce l'azione causale dell'ambiente sociale (considerato come extra-artistico). In questo modo è evidente che il metodo sociologico sarà applicabile nell'ambito artistico solo esteriormente. Il metodo sociologico potrebbe esaminare con successo solo la relazione causale esistente tra letteratura e ambiente sociale extra-artistico che la circonda. Perciò l'analisi immanente (non sociologica) dell'essenza della letteratura e del su intemo e autonomo complesso di leggi dovrebbe precedere l'analisi sociologica. In questo modo la scienza contemporanea studia solamente il rapporto che l'arte ha con la storia e la società, ma non la sua struttura "immanente" più profonda (quella che la caratterizza) ... Lo studio di questa struttura viene lasciato ad altri metodi come quello psicologico o estetico. * L'arte viene trattata come se per natura fosse non sociologica dalla maggior parte degli studiosi occidentali, che considera la scienza dell'arte come una scienza di tipo particolare. L'arte quindi diventa sociale nel momento in cui entra in contatto con il "mondo", e per questo motivo è soggetta al complesso delle leggi sociologiche generali, dal quale complesso, tuttavia, non potremo mai ricavare l'essenza estetica dell’arte, che è indipendente dalla sociologia. La sociologia non potrà mai arrivare all' essenza estetica dell'arte; lo studio della sua essenza sarà lasciato alla scienza dell'arte (intesa come scienza indipendente) e alla poetica teorica. L'ideologia (concetto marxista) 21 Questa concezione dell'essenza dell’arte contrasta radicalmente con le basi del marxismo. È stato possibile studiare l'ideologia, al contrario dell'essenza dell’arte, grazie al metodo sociologico marxista. Tutti i prodotti dell'attività ideologica si sviluppano all'intero della società umana; i caratteri sociali non si aggiungono ad essi dall'esterno, ma lo caratterizzano interiormente. Le formazioni ideologiche sono, intrinsecamente, immanentemente sociologiche. Così la sociologia diventa l'essenza immanente anche delle forme politiche o giuridiche, per esempio. Immanentemente sociale è anche l’arte: l'ambiente sociale extra-artistico, agendo su di essa dall'esterno, trova in essa una mediata risonanza interna. L'estetico (come il giuridico ecc.) è soltanto un aspetto del sociale e in questo modo possiamo affermare che esiste una sociologia dell'arte. L'analisi sociologica può essere impiegata nella teoria dell’arte, e in particolare nella poetica, solo se ci si allontana da due concezioni errate dell'arte stessa: 1. Feticizzazione dell'opera-oggetto artistico = lo studioso si concentra solo sulla materia, sull'opera d'arte stessa, senza tenere conto del creatore e dei possibili fruitori. L'opera d’arte viene analizzata come se l’arte si esaurisse completamente in essa. La forma (materiale) diventa l'oggetto principale della ricerca estetica. 2. Limitazione dello studio alla psiche dell'autore o del fruitore = limitazione dell'arte nelle emozioni che suscita o nell'autore, o nel fruitore (a volte in entrambi), che vengono analizzate come se esaurissero l’arte. La psiche individuale diventa l'oggetto principale dello studio. Se si resta nell’ambito dell'aspetto oggettuale dell’arte, è impossibile stabilire quali siano i limiti del materiale e quali suoi aspetti abbiano un significato artistico. Il materiale di per sé si fonde con l'ambiente extra-artistico che lo circonda e ha una quantità infinita di aspetti e attributi artistici: fisici, chimici e linguistici. Non si potrà mai trovare il significato estetico del materiale. Altrettanto disperato appare il tentativo della seconda teoria di trovare l’estetico nella psiche individuale del creatore o del fruitore. Il loro difetto comune è che tentano di trovare il generale nel particolare, ciò significa spacciare una parte per una totalità. L'"artistico” invece non si trova né nell'oggetto, nella psiche del creatore o del fruitore presa isolatamente: esso si trova in tutti e tre gli elementi: opera, fruitore, creatore. L'artistico rappresenta una forma particolare di relazione tra creatore e fruitore; che viene fissata nell'opera artistica = interazione artistica. Ci sono diversi tipi di interazione artistica, ma questa ha una sua forma particolare, non è riducibile ad altri tipi di interazione comunicativa: ideologica, politica, giuridica ecc. Se l'interazione politica crea le istituzioni e le forme giuridiche, quella estetica organizza solo l'opera d'arte. Il compito della poetica sociologica è capire questa particolare forma di interazione sociale che si realizza e si consolida nel materiale dell'opera d'arte. L'opera d'arte considerata fuori da questo processo di interazione, quindi indipendente da essa, è solo un oggetto fisico oppure un esercizio linguistico; diventa artistica solo nel processo di interazione tra creatore e fruitore. Tutto ciò che nel materiale dell’opera d’arte non può entrare a far parte dell'interazione tra creatore e fruitore e che non può divenime “medium”, non può assumere un significato artistico. Tratto caratteristico dell'interazione estetica è il fatto che essa si realizza pienamente nella creazione dell’opera d’arte e nella sua costante riproduzione creativa da parte del fruitore, e non necessita di altre oggettivazioni. Questa particolare forma di interazione (estetica) non è isolata: partecipa al fluire sociale ed è in comunicazione con le altre forme di comunicazione. HI La parola nella quotidianità 22 eroe della composizione verbale. L’'intonazione stabilisce una relazione viva con l’oggetto dell’enunciazione, si rivolge a esso apostrofandolo, così che l'ascoltatore viene in un certo senso chiamato a fare da testimone o da alleato. Come si attua questa comunicazione? * Metafora intonazionale = l'intonazione suona in modo che la parola sembri rimproverare un essere vivente: abbiamo una personificazione dell'inverno. È relativa solo alla pura intonazione. * Metafora semantica = è diversa da quella intonazionale perché non si basa solo sull'intonazione, ma sfrutta le potenzialità che racchiude l'intonazione di una parola come "bene" esplicitandole. In questo caso in una frase come: "guarda questo inverno ostinato, non vuole arrendersi..." (sempre personificato). Tutto questo nella metafora intonazionale è racchiuso nell'intonazione di una singola parola. Da questi esempi possiamo notare come una sola intonazione nella nostra quotidianità possa veicolare molti più significati rispetto alle parole stesse, è molto più metaforica. Una stretta parentela lega la metafora espressa dall’intonazione con la metafora espressa dal gesto, inteso in un'accezione amplia, che comprende anche la mimica facciale. Il gesto e l'intonazione hanno molto in comune: hanno entrambi bisogno dell'appoggio corale degli astanti. D'altro canto, il gesto, come l'intonazione, allarga la situazione e introduce un terzo partecipante, l'eroe. Per esempio, nel gesto l'eroe (ovvero questo terzo elemento inanimato o personificato) si rivela quando si tira un pugno all'aria, si guarda minacciosamente lo spazio vuoto, si sorride a un pensiero o al sole ecc... Il gesto e l'intonazione vanno di pari passo ed esprimono le stesse cose in maniera differente (uno usa la voce, l'altro i gesti) e sono per loro stessa tendenza attivi e oggettivi. Attivi perché implicano una relazione viva nei confronti del mondo esterno e dell'ambiente circostante, nei confronti di amici, nemici o alleati: non sono passivi. Con l'intonazione e con il gesto, l'individuo umano assume una posizione sodale attiva nei confronti di determinati valori; e questa posizione è condizionata dalle basi stesse della sua oggettiva realtà sociale. L'intonazione si orienta in due direzioni: 1. verso l'ascoltatore, in quanto alleato o testimone 2. verso l'oggetto dell’enunciazione, considerato come vivo e attivo partecipante (eroe) Questo duplice orientamento sociale determina e dà un senso a tutti gli aspetti dell’intonazione. Ogni parola è espressione e prodotto dell'interazione sociale di tre componenti: 1. Il parlante (autore) 2. L'ascoltatore (lettore) 3. Colui o ciò di cui si parla (eroe) È importante dunque considerare la parola come un evento sociale e non come astrazione (come spesso viene definita), perché la parola esista dev'essere inserita in un contesto reale, ovvero è in simbiosi con il tessuto extra verbale (la vita). Non è quindi da intendere come separata dalla vita; non è vero che quest'ultima influisce esteriormente sulla parola, perché ne fa parte. È chiaro che questa stessa “anima sociale” della parola la rende anche artisticamente significativa. 25 Un’enunciazione concreta nasce, vive e muore nel processo dell'interazione sociale dei partecipanti all'enunciazione stessa. Ciò che si intende come comprensione e valutazione di un’enunciazione abbraccia sempre, insieme alla parola, anche la situazione extraverbale della vita. La vita, in tal modo, non influisce sull’enunciazione dall'esterno: la penetra da dentro. In tutto questo l'intonazione si situa al confine tra la vita e la parte verbale dell'enunciato: essa trasmette l'energia contenuta nella situazione della vita nella parola, conferendo a tutto ciò che è linguisticamente stabile una dinamicità storica viva e un’unicità irripetibile. L'enunciazione è il prodotto, in forma materiale, dell'interazione sociale esistente tra il parlante, l'ascoltatore e l'eroe. Vv Enunciazione verbale artistica (opera d’arte compiuta) ed enunciazione verbale quotidiana: Così come quella quotidiana, anche l'espressione artistica ha un valore sociale: veicola le ideologie di una certa società, ossia le valutazioni sociali. A differenza dell'enunciazione quotidiana, però, l'arte (letteratura) non può basarsi su oggetti che le stanno immediatamente vicini, senza fare accenno ad essi nella parte verbale dell’enunciazione. La forma artistica è espressione diretta di tutte le valutazioni sociali non espresse, quindi l'arte vive all'interno della società, ma molto di ciò che nella vita restava fuori dai limiti dell'enunciazione deve essere in questo caso espresso verbalmente. Da un punto di vista pragmatico-oggettivo nell'opera poetica nulla deve restare inespresso. Nonostante ciò anche l’opera poetica è strettamente intrecciata con il contesto non espresso dalla vita: nella letteratura le valutazioni sottintese hanno un ruolo di particolare importanza. Si può dire che l’opera poetica sia un possente condensatore delle valutazioni sociali non espresse: ciascuna sua parola ne è impregnata. Proprio queste valutazioni sociali organizzano la forma artistica in quanto loro espressione diretta. L'autore o artista sceglierà le parole più adatte per la sua opera a partire dalle valutazioni, dal contesto della vita in cui esse si sono formate e si sono impregnate di valutazioni (quindi dalla loro rilevanza sociale e non da un dizionario). Inoltre, la valutazione ha ruolo attivo anche per ciò che riguarda l'oggetto dell’enunciazione, ossia l'eroe. L'ascoltatore e l'eroe sono partecipanti fissi dell'evento della creazione, il quale non cessa neanche un attimo di essere un evento della loro interazione comunicativa. Cos'è la forma artistica? Si tende a pensare la forma artistica come mera forma del materiale; ma se si pensa così, si finisce con l'ignorame il contenuto. Così intesa, la forma perde il suo carattere di valutazione attiva e l'arte si trasforma in qualcosa che non comunica niente, che non ha nessun effetto se non stimolare sensazioni piacevoli ma passive nel fruitore. È vero che la forma si realizza con l'aiuto del materiale e viene fissata in esso, ma il suo significato fuoriesce dai limiti del materiale: Il significato e il senso della forma non sono collegati con il materiale, ma con il suo contenuto. * Ex: la forma di una statua non è la forma del marmo (quindi non è collegata con il materiale marmo), ma è la forma di un "corpo umano" = in questo modo eroicizza l'uomo raffigurato o lo umilia (se è una caricatura), ossia esprime una determinata valutazione di ciò che è raffigurato. Quindi la forma esprime una relazione attiva con ciò che è raffigurato, l'oggetto dell'enunciazione (l'eroe). L'estetica psicologista chiama tutto ciò “momento emozionale” della forma. Servendosi 26 della forma artistica il creatore assume una posizione attiva riguardo al contenuto: la forma deve dare una valutazione convincente del contenuto. La forma è: * valutazione ideologica (sottintesi della società) rispetto al contenuto * Realizzazione tecnica della valutazione rispetto al materiale La valutazione ideologica espressa dalla forma non deve passare nel contenuto assumendo l'aspetto di una sentenza o di un giudizio, ma deve restare nel ritmo, nell'ordine di svolgimento dell'evento, per esempio; deve realizzarsi utilizzando esclusivamente i mezzi formali del materiale. Al tempo stesso la forma artistica, pur non passando nel materiale, deve rimanere in rapporto con esso per veicolare un significato artistico. La definizione generale di stile e distinzione fondamentale tra stile alto e stile basso mettono in evidenza proprio questa natura attivamente valutativa della forma artistica. La struttura della forma è infatti gerarchica: crea in un contenuto che abbia una forma artistica un sistema di relazioni gerarchiche. Ciascun suo elemento innalza al massimo grado, oppure abbassa o eguaglia ciò a cui si riferisce. La scelta dell'eroe e dell'evento determina il grado generale di altezza della formae la possibilità che vengano impiegati particolari procedimenti formali: tale esigenza di adeguatezza dello stile mira all’adeguatezza gerarchica e valutativa della forma e del contenuto (devono essere degni l’uno dell’altro). VI L'analisi sociologica deve necessariamente partire dalla componente puramente verbale di un’opera, tuttavia non deve chiudersi entro i suoi confini. In questo modo definisce l'arte poetica come un fenomeno sociale. Quindi mentre l’analisi linguistica vede solamente concetti astratti (fonologia, morfologia ecc.), l’analisi sociologica mette in luce le relazioni tra le persone. La parola è uno scheletro che si riveste di carne viva soltanto nel processo della percezione creativa e di conseguenza soltanto nel processo di una viva interazione sociale. L'autore, l'eroe e il lettore sono: * gli elementi costitutivi fondamentali dell'opera d'arte, alla cui percezione partecipano * i partecipanti all'evento artistico Forze vive che determinano la forma e lo stile e che possono essere chiaramente percepite da un osservatore competente * | partecipanti all'evento artistico vivono all'intero dell'arte, non al di fuori. Per questo motivo è inutile studiare l'opera d'arte estermamente (con biografie degli autori, critiche ecc.). Quello che vogliamo fare è studiarne la struttura interna (di cui i 3 partecipanti fanno parte). Il lettore che prendiamo in considerazione per l’analisi non è il lettore estemo, ossia il pubblico reale, ma quello interno: colui al quale l'autore si rivolge (quello che l'autore immagina) e che determina la struttura interna dell'opera. Perché un evento artistico avvenga, ci devono essere delle interrelazioni tra gli elementi costitutivi dell’opera d’arte, ovvero tra eroe, lettore e autore. Elementi del contenuto che determinano la forma dell’enunciazione artistica: 1. posto occupato nella scala dei valori dall'evento raffigurato e dal suo portatore, l'eroe, considerato in stretta correlazione con la posizione gerarchica del creatore e con quella dell'osservatore 27 Cronotopo (letteralmente “tempospazio”): interconnessione dei rapporti temporali e spaziali, dei quali la letteratura si è impadronita artisticamente. In fisica è lo spazio a quattro dimensioni (le tre coordinate spaziali più il tempo) che si immagina nella teoria della relatività con l'intento di mettere in luce il legame tra le misure spaziali e temporali. In questo termine è espressa l’inscindibilità di spazio e tempo (fusione dei connotati spaziali e temporali in un tutto dotato di senso e concretezza). Il tempo di fa qui denso e compatto, diventa visibile artisticamente; lo spazio si immette nel movimento del tempo, dell'intreccio, della storia. | connotati del tempo si manifestano nello spazio, al quale il tempo dà senso e misura. Intreccio: vicende che costituiscono la trama o l'argomento di un’opera. Tempo: principio guida del cronotopo Il cronotopo nella letteratura ha un essenziale significato di genere: il genere letterario e le sue varietà sono determinati dal cronotopo. Noi vogliamo studiare come s'intrecciano tempo e spazio nel romanzo (ossia il suo cronotopo). 1. Il romanzo greco I romanzi greci seguivano 3 tipi di cronotopi romanzeschi (modi di padronanza artistica di tempo e spazio) che sotto molti aspetti hanno determinato lo sviluppo del romanzo di avventure fino alla metà del XVIII secolo. 1. Il romanzo d’avventure e di prove (comprende tutto il romanzo greco, costituitosi nel secolo IlI- VI d.C.) Es: Leucippe e Clitofonte di Achille Tazio, le etiopiche di Eliodoro. Gli intrecci di questi romanzi rivelano una grandissima affinità e si compongono degli stessi elementi (motivi); quello che muta è la quantità di questi elementi, la loro incidenza nel tuto dell’intreccio, il loro modo di combinarsi. Quali sono i momenti d’intreccio di questi romanzi? Solitamente l’incontro dei due innamorati e la reciproca e istantanea passione, invincibile come il fato; il loro matrimonio incontra ostacoli (e qui si apre tutto l'intreccio) = genitori, travestimenti, aiuti, morti presunte, prigionia, cattura ecc. ma tutti finiscono con un lieto fine: il matrimonio. L’intreccio solitamente si svolge in diversi paesi e varie aree geografiche. Nel romanzo si danno descrizioni di questi luoghi e delle loro popolazioni; inoltre sono introdotti ragionamenti su vari temi religiosi, filosofici, politici e scientifici. Grande incidenza hanno i discorsi dei personaggi costruiti secondo leregole della tarda retorica. Per la sua composizione il romanzo greco tende quindi a una certa enciclopedicità, che è propria di questo genere letterario. Nessuno dei momenti del romanzo che abbiamo elencato è nuovo: il romanzo greco è un insieme di tanti singoli generi letterari antichi. Es: i motivi amorosi si trovavano nella poesia ellenistica d'amore; i naufragi, le tempeste, i rapimenti erano tipici nei racconti epici antichi; l’agnizione nella tragedia; i motivi descrittivi nel romanzo geografico antico e nelle opere storiografiche; i ragionamenti e i discorsi nei generi retorici. Il romanzo ha usato e rifuso nella propria struttura quasi tutti i generi della letteratura antica. Nel trovarsi tutti insieme in un unico genere artistico e in un cronotopo nuovo, tutti questi generi letterari acquistano un nuovo carattere e nuove funzioni perché sono riunificati in una nuova specifica unità romanzesca, il cui momento costitutivo è il tempo romanzesco d'avventura. 30 Abbiamo i termini del movimento d’intreccio che sono: il punto iniziale dell'intreccio (l’incontro dei due innamorati) e il punto finale (il matrimonio). Questi punti hanno un significato biografico cioè caratterizzano la vita personale dei protagonisti. Tutto ciò che sta in mezzo, ovvero l'intreccio, costituisce il romanzo. Tutto ciò che avviene tra questi due avvenimenti è uno iato extratemporale tra due momenti del tempo biografico, in quanto tutta l’azione del romanzo resta fuori dal tempo biografico perché non ha mutato nulla nella vita dei protagonisti, non ha portato nulla in essa (si sarebbero sposati anche se non fosse accaduto nulla dopo il loro incontro e innamoramento). La frattura che si crea tra questi due termini biografici (le vite dei protagonisti) viene definita Extratemporale, questo perché non abbiamo nessun tipo di riferimento temporale reale nella vicenda: alla fine i due innamorati non subiscono cambiamenti né a livello dei loro sentimenti, né a livello fisico non invecchiano, il tempo non cambia mai durante l'intreccio — il tempo biografico dei protagonisti non cambia. Se dovesse cambiare e quindi ci dovesse essere un cambiamento dei sentimenti (che possono rafforzarsi o meno), oppure dell'età dei personaggi (diventassero adulti), allora questo sarebbe un romanzo europeo (es. del Candido di Voltaire). La caratteristica del romanzo greco sta in questa frattura spaziotemporale; non lascia nessuna traccia nella vita (biografia) dei protagonisti. Tutti gli avvenimenti del romanzo che colmano questo iato costituiscono una mera digressione dal corso normale della vita. « Il tempo nel corso del romanzo non è calcolato (non ha una durata biologica elementare), si parla generalmente di ore, giorni, anni misurati tecnicamente solo nell’ambito di ogni singola avventura...; il tempo d'avventura del romanzo greco è privo di ogni ciclicità naturale e quotidiana che vi immetta un ordine temporale e indici umani di misura. « Non abbiamo una localizzazione storica del tempo di avventura: manca qualsiasi connotato di tempo storico, qualsiasi traccia dell’epoca. Il tempo d’avventura del romanzo greco è una frattura extratemporale sorta tra due momenti di vita reale. Come si struttura il tempo d'avventura Tutti i momenti dell’infinito tempo di avventura sono caratterizzati da una forza: il caso. Tutto questo tempo è composto da: 1. simultaneità fortuita 2. Asincronie fortuite Il tempo del caso è un tempo in cui le forze sovrannaturali interferiscono nella vita umana: maghi, divinità, demoni (il monaco), ribaldi romanzeschi (tramite agguati, appostamenti ecc...) Come interferiscono? Utilizzando segmenti temporali come: a un tratto e proprio allora. Possiamo definirli anche come momenti di avventura, rompono il corso normale degli eventi, introducendo qualcosa di nuovo. Queste novità sono tutte causa del destino, degli dei. il tempo d’avventura è costituito da tutte queste forze sovraumane che agiscono sul destino degli uomini che, per riflesso, agiscono anche loro. Però l'agire umano diventa un agire passivo, perché il cambio degli eventi è stato dato dal caso, dal destino, dal fato, dalla divina provvidenza... Sono la fortuna e gli dèi che stabiliscono il destino degli uomini (e quindi il loro agire). Come lo fanno? Tramite presagi, auspici, leggende, predizioni, presentimenti, sogni profetici... 31 Grazie a questi segmenti temporali, la vicenda extratemporale narrata assume un carattere senza fine: non essendo relazionata con il tempo reale le vicende potrebbero protrarsi all’infinito. Tutti i momenti dell'infinito tempo d’avventura sono regolati da un’unica forza: il caso. È al caso che appartiene tutta l'iniziativa nel tempo d’avventura: l’uomo puramente d’avventura è l’uomo del caso, a cui non appartiene iniziativa. Dovunque compaia il tempo d’avventura l’iniziativa del romanzo passa al caso, che regola la simultaneità e l’asincronia degli eventi. Insieme con il caso entrano inevitabilmente nel romanzo varie forme di predizione, e in particolare sogni profetici e presentimenti. Bisogna precisare però che qui si tratta della specifica casualità d’iniziativa, non della casualità in generale, che ha luogo anche nella vita. Gli elementi costitutivi dell'intreccio: il motivo dell'incontro In ogni incontro il cronotopo è fondamentale: ovvero dev’esserci una determinazione temporale (stesso tempo) e una spaziale (stesso luogo): due persone che si vedono e comunicano. Anche nel motivo negativo (“non si incontrarono”) si conserva la cronotopicità, ma un membro del cronotopo è dato con segno negativo (stesso luogo, tempo diverso o viceversa). * Isolatamente il motivo dell'incontro è impossibile: entra sempre come elemento costitutivo nella composizione dell’intreccio e nell'unità dell’intera opera. * Nelle varie opere il motivo dell'incontro riceve varie sfumature concrete, comprese quelle assiologico-emozionali (può essere desiderato o meno, gioioso o triste ecc). * Esso può assumere un significato semimetaforico o puramente metaforico o può diventare simbolo ® Spesso il cronotopo dell'incontro svolge funzioni compositive: serve da nodo, a volte da culmine o persino da scioglimento finale dell'intreccio Stretto legame dell'incontro con motivi come l'abbandono, la fuga, la perdita, il matrimonio, che sono affini a quello dell'incontro per l’unità delle determinazioni spazio-temporali. Motivo dell'incontro è strettamente legato al motivo dell’agnizione — non agnizione (caratteristica della tragedia antica) Agnizione = Riconoscimento. Nel teatro classico sono i personaggi che riconoscono la loro identità perduta risolvendo l'intreccio in questo caso l’incontro svolge la funzione di scioglimento dell'intreccio (corrisponde al finale della storia, così come con il matrimonio). L'incontro non è essenziale solo nella letteratura, ma anche in altri campi della cultura e nella nostra vita quotidiana e sociale: rituali religiosi, vita sociale, vita statale, incontri quotidiani delle persone... In quale spazio si realizza il tempo d’avventura dei romanzi greci? Al tempo greco d’avventura è necessaria un’estensività spaziale astratta. Affinché l'avventura possa realizzarsi c'è bisogno di uno spazio. Si può misurare con lontananza e vicinanza. La simultaneità e fortuita e l’asincronia fortuita dei fenomeni sono legate indissolubilmente allo spazio. Quando abbiamo un momento fortuito all’intemo della narrazione (che sia legato al fato ecc.) quest’ultimo è sempre relazionato con un movimento all’interno di uno spazio. Esempi: * quando Clitofonte sta per uccidersi, l’arrivo immediato e fortuito dei suoi amici permette la sua salvezza. Ma prima di arrivare a lui e fermarlo devono raggiungerlo, diminuendo quindi la lontananza spaziale. 32 Il tema centrale di tutto è l’amore tra i due protagonisti e le prove a cui è sottoposto; tutti gli altri elementi ricevono un significato nel romanzo grazie al loro rapporto con questo tema centrale. Esempio: la guerra riceve un suo significato solamente sul piano dell'amore tra i due protagonisti, che s'incontrano a causa della guerra. Tutti gli eventi politico-sociali sono importanti solo in relazione con l’amore. In tal modo l’unità retorico-pubblica dell'immagine dell’uomo si trova in contraddizione con il suo contenuto puramente privato. L’unificazione di tutto ciò che c'è di eterogeneo noi troviamo nel romanzo greco è ottenuto solo a prezzo di una estrema astrattezza e schematicità e di uno spogliamento di tutto ciò che è concreto e locale. Il cronotopo del romanzo greco è statico e astratto: non si ha potenzialità di divenire, crescita o mutamento. L’azione raffigurata non ha alcuna conseguenza: nulla nel mondo è distrutto, rifatto, mutato o ricreato. È confermata solo l'identità di tutto ciò che c'era all’inizio. Gerard genette: strutture temporali e narrative — Romana Rutelli Genette (1930-2018): critico letterario e saggista francese, esponente dello strutturalismo. Uno dei massimi esponenti della Narratologia. Il racconto è una sequenza doppiamente temporale: vi è il tempo della cosa raccontata e il tempo del racconto. Sussiste una dualità tra il tempo dello pseudo-referente e il tempo della narrazione relativa. Questa dualità si manifesta attraverso molteplici sfasamenti fra il tempo del racconto (il discorso su cui si articolano intreccio e fabula) e il tempo della storia (gli eventi, cronologicamente inerenti la fabula). Fabula e intreccio: La fabula rappresenta ciò che viene narrato, dunque gli avvenimenti narrati nel loro ordine cronologico e secondo un rapporto consequenziale di cause ed effetti. La fabula si basa su tre elementi fondamentali: l'esordio, quindi la situazione che dà avvio alla storia, le vicissitudini che costituiscono l'argomento della storia, e infine la conclusione, in cui si giunge a una nuova situazione di equilibrio. L'intreccio, invece, è il modo in cui la storia viene narrata, dunque la successione degli eventi non deve rispondere per forza né a un ordine logico di successione consequenziale, né a un ordine cronologico. Questo è possibile grazie a determinate tecniche di rappresentazione narrativa: l’analessi, o flashback, che consiste nel fare un vero e proprio “salto indietro” nella narrazione e raccontare ciò che è accaduto precedentemente, la prolessi, o flash-forward, che consiste nell’anticipare eventi futuri, e infine il montaggio alternato che consiste nell’alternare due scene che si svolgono contemporaneamente. All’intemo di questi sfasamenti temporali Genette distingue tre diversi ambiti di relazioni: ordine, durata e frequenza. 1. Ordine Indica il rapporto tra fabula (l'ordine cronologico degli eventi) e intreccio (la disposizione degli eventi nel racconto). Quando un elemento della fabula (ciò che viene narrato) non segue, nell’intreccio, la disposizione cronologica della fabula stessa si ha il fenomeno della anacronia — quindi l'anacronia è presente solamente nell’intreccio, che non segue l'ordine cronologico degli eventi della fabula. L’anacronia può essere attuata sia dal narratore che da un personaggio, e costituisce una delle risorse fondamentali della finzione letteraria. Genette individua diversi elementi: 35 * ampiezza dell’anacronia: la durata della storia che ricopre (nel Tom Jones di Fielding quando Tom rivende il cavallo, non espressamente ci fa sapere che gli ci saranno volute poche ore per andare al mercato, venderlo e portare il ricavato alla famiglia del guardiacaccia) * portata dell’anacronia: la sua distanza temporale dal momento del racconto interrotto (quando si parla del cavallino nel racconto, sappiamo che Tom ce l’ha da sei mesi) Acronia: è un’anacronia, ma senza alcun riferimento temporale; possono essere riflessioni generiche dei personaggi o dell’autore. Anacronia complessa: consistenti in prolessi di secondo grado, di analessi su prolessi e di prolessi su analessi Ci sono due tipi fondamentali di anacronia: * Analessi (flashback) * Prolessi (flashforward). Analessi Nel caso dell’analessi si ha uno spostamento della narrazione dall’asse temporale del presente a un altro asse temporale (in questo caso del passato). L’opposto avviene nel caso della prolessi. Appartengono a questa categoria riferimenti, evocazioni e narrazioni di eventi anteriori al punto della storia in cui ci si trova. Esempi: * da Tom Jones: lui e Allworthy stanno parlando, quando Allworthy ricorda a Tom del cavallino che gli aveva regalato anni prima... * Frankenstein = esempio di racconto che inizia in medias res (come l’iliade). Nei racconti in medias res tipicamente il racconto si svolge attraverso un’anacronia (in questo caso con il nome specifico di analessi) che ha una ampiezza e una portata di larga scala tutta la narrazione si svolge come se fosse un grosso flashback. Mary Shelley utilizza anche la tecnica degli “incastri narrativi”: ciò che Walton racconta alla sorella racchiude i racconti degli altri personaggi... * Dr Jekyl e Mr Hyde: altro esempio simile a Frankenstein, in cui le numerose analessi trasformano il racconto in tante “scatole cinesi”: questo significa che nell’intreccio è caratterizzato da lacune per la comprensione del mistero di Jekyll, che verrà svelato solo alla fine (analessi completiva) * Analessi esterna: è quella che tratta un evento anteriore all’inizio del racconto * Analessi intema: più frequente; è quella che tratta un evento posteriore al punto d’inizio del racconto. Es: “dono del cavallo “a Tom Jones e successiva “vendita del cavallo”) * Analessi miste: quando hanno un’ampiezza che include eventi anteriori e posteriori all’inizio del racconto * Analessi eterodiegetiche: si tratta delle digressioni; ovvero quando le analessi si basano su una linea di storia diversa da quella principale. Per esempio, il racconto della vita di un personaggio che non ha importanza ai fini della storia principale. 36 * Analessi omodiegetiche: sono quelle che si trovano sulla stessa linea del racconto principale e aiutano a portare avanti la storia per esempio nel Monaco, Don Raymond parla della sua storia e dicosa gli è accaduto, ma questo ci è utile ai fini della narrazione (per comprenderla). * Analessi completiva: analessi che colmano le lacune del racconto principale (come la lettera in Dr Jekyll); questo è anche un caso di analessi completa. * Analessi completa: analessi che arriva a ricongiungersi cronologicamente con il punto del racconto principale che le ha fatto posto Prolessi Anticipazione di eventi posteriori al punto del racconto in cui si è arrivati: fiashforward. Esempio canonico di prolessi: narrazione di eventi con cui la fabula si concluderà, e che nell’intreccio viene anteposta agli eventi che costituiscono il racconto stesso - es Frankenstein: iniziando dalla fine anticipa già la sua conclusione. * Prolessi inteme: riguardano eventi anteriori alla fine del racconto * Prolessi esterne: riguardano eventi posteriori alla fine del racconto (come le postille di alcuni romanzi che danno informazioni aggiuntive sui personaggi, anche a racconto terminato). * Prolessi omodiegetiche: concemono eventi attinenti al racconto principale * Prolessi eterodiegetiche: non concemono eventi attinenti al racconto principale * Ripetitive: quando anticipano un evento che verrà raccontato per esteso più avanti. In Tom Jones la maggior parte delle prolessi sono di questo tipo: si trovano a fine capitolo, oppure sono i titoli stessi dei capitoli (hanno funzione di preannuncio) 2. Durata È il rapporto tra la durata della storia (gli avvenimenti) e la durata della sua narrazione (lunghezza del testo). Un esempio di questa durata degli avvenimenti la troviamo in Fielding (Tom Jones): egli menziona esplicitamente nei titoli dei vari “libri” che compongono il romanzo la durata degli avvenimenti che racchiudono. Libro IV. Contente il tempo di un anno/ Libro VI. Contenente due settimane ecc. È chiaro che il rapporto tra durata della storia e della narrazione non è assoluto, ma relativo: diversi autori hanno narrato episodi di 5 anni in 3 righe; oppure di 300 pagine per narrare 24 mesi, oppure 50 pagine per narrare 5 anni... Esempi di variabilità del rapporto * Nei vari libri di Tom Jones, la durata del tempo degli avvenimenti narrati varia: nel libro III descrive 5 anni, mentre nel libro IX solamente 12 ore. Considerazioni di Fielding sulla “durata”. Già nel 1749 anticipa la nozione di Barthes (1915) nel III libro di Tom Jones. Cosa dice? Riassume il concetto di “racconto strutturato” basato su funzioni consequenziali formulato da Barthes nel XVIII secolo. Qual è la caratteristica del racconto strutturato? Fielding dice che lascia alcune lacune della storia, che l’autore non si cura di riempire perché inessenziali e non consequenziali a un qualche evento precedente. Fielding preferisce scrivere “una storia e non una vita”. Queste lacune vengono chiamate da Genette “ellissi” -. elisione di un segmento diacronico della fabula. La durata può avere gradazioni differenti: dall’ellissi (veloci) alla stasi della pausa descrittiva o delle intrusioni d’autore (lente). L’ellissi è l’elisione di una parte del racconto, 37 3. Discorso riferito = quello in cui il narratore finge di dare la parola al personaggio. “Dissi a mia madre: è assolutamente necessario...” o “Pensai: è indispensabile per me...”. È la forma più imitativa e mimetica del reale narrativo. Quella che Platone considerava impura. Ottenne prestigio nell'antichità ed è la forma fondamentale del dialogo nel romanzo. 4. Discorso indiretto libero = ha per caratteristica la mancanza del verbo dichiarativo (dissi, pensò...) Questo, secondo Genette, provoca una voluta confusione tra discorso pronunciato e interiore del personaggio, e tra discorso del narratore e discorso del personaggio. Il narratore lascia trasparire molto i pensieri del personaggio: la ‘forma espressiva’ è del narratore, ma i ‘contenuti’ sono del personaggio. Il discorso indiretto libero si avvale di frasi interrogative, all'imperfetto o al condizionale. Esempi: ... ma allora perché la signora l'aveva cercata in albergo quella sera? Michela non era andata all'appuntamento? ... lo sapeva bene che un giorno sarebbe diventata moglie di ... Il monologo interiore = è quella forma in cui, secondo Genette, la distanza tra informazione e lettore è minima. Conosciuto anche come Stream of Consciousness. In esso i pensieri del personaggio fluiscono liberamente, senza apparente mediazione da parte della voce del narratore (Virginia Woolf, James Joyce). Questo per quanto riguarda la distanza, cioè la distanza tra informazione e la sua comprensione da parte del lettore. 7. Prospettiva (0 modo) Prospettiva diversa a seconda dei tre tipi di racconto: 1. Con narratore onnisciente: (Promessi Sposi) il narratore è provvisto di una conoscenza totale circa la materia che narra. Racconto a focalizzazione zero: il narratore non si focalizza su nessuno dei personaggi; conoscenza totale della vicenda 2. Narratore con le stesse conoscenze dei personaggi: Racconto a focalizzazione interna: affidata a un personaggio interno alla storia. Si dice ‘fissa’ quando il personaggio è anche narratore (Gulliver); si dice ‘variabile’ se passa da un personaggio all’altro (The monk); si dice ‘multipla’ nei romanzi dove lo stesso episodio può essere evocato varie volte a seconda del punto di vista del personaggio che riflette o scrive (romanzi epistolari) 3. Narratore meno informato del personaggio: Racconto a focalizzazione esterna: il protagonista non lascia mai trasparire i propri pensieri o sentimenti. La focalizzazione delle diverse prospettive è variabile e in un romanzo si troveranno in maniera molto più sfumata. La focalizzazione interna, per esempio, si realizza completamente solo nello stream of consciousness. Non sempre l’informazione del narratore coincide con l’interpretazione del lettore. 8. Voce Narrazione e Narratore È l’ambito dei rapporti tra l'io dell’enunciato (il testo in se stesso) e l’io dell’enunciazione (momento della scrittura). Così come si deve tenere separato chi vede da chi parla (punti di vista dal narratore), allo stesso modo Genette dice che bisogna distinguere tra autore e narratore. Spesso queste due figure non coincidono. Il narratore è un’astrazione del racconto, non è la persona che sta scrivendo (anche se ci può aggiungere delle considerazioni personali). La situazione narrativa di un racconto di finzione non può quindi mai ricondursi a una situazione di scrittura. Genette considera le relazioni fra il narratore e la storia da lui raccontata e osserva che la narrazione può essere: ulteriore, anteriore, simultanea, intercalata 40 1. Intercalata = è il più complesso, perché storia e narrazione possono mescolarsi: tipica del romanzo epistolare e della diaristica. La narrazione è intercalata a momenti dell’azione della storia. Es di Pamela quando scrive le lettere che vengono intercettate, l’intercettazione scatena una serie di conseguenze. Il diario e la corrispondenza evidenziano un “collegamento diretto”. 2. Simultanea: presente contemporaneo all’azione (simile a quella intercalata). Coincidenza rigorosa tra narrazione e storia. Es quando qualcuno che scrive una lettera o un diario deve interrompere la scrittura a causa di un evento che viene riferito (Pride and Prejudice, Dracula) 3. Ulteriore: usa il tempo passato e lascia indeterminata la distanza temporale fra narrazione e storia; la più usata nei romanzi dell’800, il tempo della scrittura non viene menzionato: quest’ultima assume l'apparenza di un atto istantaneo, privo di dimensione temporale 4. Anteriore: proietta il racconto in un futuro più o meno surreale, fantascienza Anche le elazioni tra narratore e narratario (destinatario della narrazione) riguardano il tema “voce”: Narrazione intradiegetica il narratario può identificarsi anche con un personaggio, la narrazione si svolge all’interno della storia, tra un personaggio e un altro = es di Ulisse che narra le sue avventure ai Feaci; Sherazade che racconta le mille e una notte al sultano. Questi sono tipologie di “racconto nel racconto”. Solitamente sia il narratore che il narratario sono intradiegetici, esempio di Frankenstein che narra a Walton. Narrazione extradiegetica il narratario è il lettore. Narratore e narratario entrambi extradoegetici: il narratore che parla al narratario-lettore. Fa parte del rapporto narratore-narratario anche la metalessi narrativa, una sorta di frontiera mobile fra due mondi: quello dove si racconta e quello che si racconta. Si tratta del passaggio da uno dei due universi all’altro. Es: “Mentre sofia intraprende il suo viaggio, torniamo a Tom che...” Passaggio dal mondo raccontato (il che cosa) al mondo del narratore (quando e come si sta raccontando). Sterne va oltre e riesce ad immettere il mondo extratestuale del rapporto tra narrazione e lettore entro l'universo narrativo coinvolgendo e sollecitando l'intervento del lettore. 9. Persona Genette dice che non esiste una sostanziale differenza tra romanzo scritto in prima o in terza persona, in quanto se il narratore-personaggio dice “io”, anche il narratore- autore può dirlo in qualunque momento voglia farlo. Racconto omodiegetico -. romanzo scritto in prima persona. In questo caso ci sono due possibili varietà in rapporto alla maggiore o minore importanza e pso del narratore-personaggio: * Narratore-protagonista (Gulliver) in termini quantitativi: la presenza di Gulliver non è quantitativamente uguale a quella di Walton in frankenstein. Racconto autodiegetico. * Narratore-osservatore/testimone sono Walton o Lockwood (cime tempestose) Racconto eterodiegetico - Romanzo scritto in terza persona. | narratori esterni possono essere assenti dal racconto a diversi gradi: * Omero e Jane austen sono assenti in egual misura * Fielding e Jane austen: hanno una gradazione di assenza diversa nei romanzi in 3 persona. 41
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved