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Riassunto Saggi del Libro Per una Didattica della Parola - Didattica dell'Italiano, Sintesi del corso di Lingua Italiana

Riassunto del Saggio di Angela Chiantera, Maria G. Lo Duca (super completo), Raffaella Setti e Roberta Cella (integrato con qualche appunto di linguistica sull'evoluzione della lingua. Il riassunto nel complesso va bene, il saggio di Maria G. Lo Duca è completo in tutte le sue parti; gli altri saggi raccontano in generale le tesi delle autrici. Consiglio comunque di dare una lettura al libro. Io ho studiato questo documento per l'esame di Didattica dell'Italiano al corso di SFP con il prof. Vincenzo Pinello.

Tipologia: Sintesi del corso

2023/2024

In vendita dal 01/07/2024

Sophidda
Sophidda 🇮🇹

4.5

(18)

44 documenti

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Scarica Riassunto Saggi del Libro Per una Didattica della Parola - Didattica dell'Italiano e più Sintesi del corso in PDF di Lingua Italiana solo su Docsity! 1 PER UNA DIDATTICA DELLA PAROLA: Ascoltare, parlare, leggere scrivere nella scuola primaria ANGELA CHIANTERA: Insegnare a insegnare la lingua La proposta didattica di Angela Chiantera, insegnante di italiano (sua lingua materna), si basa sui seguenti verbi: 1) CERCARE Nell’esperienza scolastica, quasi nessun individuo si è mai fermato a riflettere sul rapporto tra singolo individuo e la propria lingua e sul proprio modo di percepirla e di utilizzarla; questo perché nella scuola, la lingua che ognuno di noi usa quotidianamente non viene considerata come qualcosa che caratterizza la nostra individualità, sia perché ci connota come persone, sia perché forma, orienta e arricchisce la nostra esperienza. L’università può e dovrebbe essere un luogo privilegiato di riflessioni linguistiche (usi, capacità, efficacia…), un luogo in cui osservando testi orali e scritti si possa arrivare a definire le regole sottostanti al loro funzionamento. L’aula universitaria deve essere il luogo di ricerca in cui riflettere sulle strutture della lingua. Bisogna dunque acquisire la consapevolezza che il nostro uso della lingua è frutto di scelte e che il nostro agire comunicativo è guidato da noi, dai nostri scopi e desideri, rendendoci dei parlanti/scriventi responsabili. 2) TROVARE E QUINDI (RI)SCOPRIRE Questa consapevolezza parte e si nutre della progressiva scoperta di quante cose sappiamo della lingua senza averlo imparato a scuola. Consapevolezza che si raggiunge con l’attività di riflessione metalinguistica, come: giochi linguistici, osservazione mirata di enunciati o testi, confronto tra parole o frasi, ipotesi su ciò che si dice (o si potrebbe dire) in un certo contesto… sono attività che consentono di parlare in modo diverso dal solito. Nessuno studente, in generale, si stupisce del fatto che vengono lasciati dei “compiti per casa” (come scritture di testi secondo specifiche restrizioni ecc.); ciò li porta a scoprirsi inaspettatamente capaci e dall’altro lato a ragionare in base a regole esplicite. Ciò li porta, inoltre, a comprendere e a riflettere su come ognuno abbia formato una propria competenza comunicativa nel corso della propria vita e su come questa possa essere arricchita. Alcuni anni fa, la Chiantera ha proposto ai suoi studenti universitari delle attività di riflessione metalinguistica, come ad esempio scrivere un’autobiografia linguistica che ricostruisse le tappe principali del percorso che li ha portati a parlare così nel presente (rapporto dialetto-lingua ecc.). attraverso queste attività gli studenti scoprono, valorizzano e mettono in pratica il proprio sapere linguistico (posseduto in quanto parlanti). 3) TOGLIERE PER LIBERARE LA LINGUA Gli studenti sono stati educati ad una visione monolitica della lingua (standardizzata e modernizzata) e tendono a rispettare in modo rigido, nello scritto e nel parlato, il modello dato. Negli ultimi decenni però, l’evoluzione linguistica è più consapevole e accelerata perché l’italiano è conosciuto e usato da tutti nei diversi contesti e per i più svariati scopi, e proprio questo porta a modificarlo giorno per giorno rendendolo maggiormente rispondente alle proprie esigenze. Infatti, il panorama linguistico non è più diviso come nel periodo post-unitario (1861) in cui si parlavano tante varietà di italiano regionale e i soldati al fronte parlavano e scrivevano in italiano popolare. Oggi, è più facile insegnare l’italiano perché è la lingua nota e disponibile ma allo stesso tempo è più difficile perché è variegata e differenziata in base a diverse variabili (caratteristica dell’interlocutore, contesto, scopo, mezzo usato). Dunque, i docenti devono possedere autonomia, consapevolezza, responsabilità e efficacia. Dall’insuccesso deriva la consapevolezza di poter rivalutare le proprie scelte linguistiche sull’uso della lingua e riformulare il proprio enunciato, sfruttando le molteplici opzioni che offre la lingua. 4) AGGIUNGERE Dopo aver cercato, scoperto, liberato potenzialità addormentate, è tempo di costruire un nuovo sapere, riflettendo sulle pratiche linguistiche quotidiane (ascoltare, parlare, leggere, scrivere, riflettere sulla lingua). Per costruire un nuovo sapere è importante il confronto con ciò che gli altri hanno già elaborato (teorie, osservazioni e pratiche didattiche). Il passo successivo riguarda mostrare ai bambini che si può essere soggetti attivi della propria lingua, che si può scegliere in che modo esprimersi e quale è l’espressione più efficace per farsi capire. Ciò stimola la loro curiosità, capacità di confronto e riflessione sulla lingua. SAGGIO DI MARIA G. LO DUCA: Una possibile obiezione: i riflettori puntati sul docente Lo Duca e molti altri, ritengono che l’apprendimento vero (e non la semplice memorizzazione di concetti) sia il frutto di un coinvolgimento attivo del soggetto che apprende, il quale investe risorse cognitive importanti su un particolare oggetto di suo interesse. Dunque, assistiamo ad un cambio di prospettiva rispetto al passato in quanto per secoli il discente era visto come un soggetto che apprendeva in maniera passiva le nozioni offerte dal docente; oggi, invece, i riflettori sono puntati sull’allievo grazie a quella che è stata definita “la pedagogia della scoperta”. Tuttavia, questo cambio di prospettiva è stato interpretato da qualcuno in maniera troppo radicale in quanto si pensava che l’acquisizione della lingua avvenisse da sé con il tempo e dunque, al docente veniva affidato il semplice ruolo di osservatore o di facilitatore di processi. A questo modo di pensare, si oppose il neuroscienziato Dahaene, il quale ricordò l’importanza della relazione pedagogica tra l’adulto e il bambino: se il bambino viene lasciato troppo a sé stesso troverà estremamente 2 difficile scoprire da solo le regole che governano un particolare dominio del sapere e imparerà molto poco o addirittura nulla; il docente si deve preoccupare di scegliere con cura gli esempi e le parole che rendono più semplice l’acquisizione di nuova conoscenza da parte del bambino. Il docente, per favorire il processo di apprendimento del bambino, deve utilizzare la metodologia dello SCAFFOLDING (impalcatura), ovvero deve coordinare il lavoro, orientare la ricerca e offrire supporto tecnico durante l’esecuzione del compito; deve predisporre i materiali, organizzare il lavoro di classe e deve pensare opportunamente alle domande senza dare la risposta esatta e senza commentare i tentativi dei bambini con “giusto” o “sbagliato”. Le DOMANDE DEGLI INSEGNANTI hanno una valenza straordinaria (se non sono banali e scontate) e hanno lo scopo di guidare gli studenti ad utilizzare le proprie risorse cognitive per risolvere problemi conoscitivi reali, la cui soluzione è possibile solo attraverso l’adozione del metodo scientifico, che permette di raggiungere un coinvolgimento sempre più autonomo degli studenti nella costruzione del loro sapere. In particolare, le domande dell’insegnante devono tener conto: - Del bagaglio già posseduto dai bambini, affinché ne diventano consapevoli; - Dell’età e del livello scolastico dell’allievo, da cui dipende la sua maturità linguistica; - Devono essere attentamente preparate dall’insegnante, cioè precedute dallo studio della materia grammaticale coinvolta oppure possono scaturire occasionalmente da un errore. In ogni caso, devono essere immediatamente comprensibili e sulle quali si possono costruire dei buoni esempi; - Ci deve essere un’atmosfera di classe serena e rilassata, non punitiva ma cognitivamente impegnata altrimenti anche la domanda più intelligente può cadere nel vuoto. La classe può essere coinvolta interamente o suddivisa in coppie o gruppi attivando così forme di collaborazione o di competizione; in quest’ultimo caso, la ricerca della soluzione sarà il frutto di un percorso collettivo a cui si arriverà gradualmente con l’aiuto di tutti, attraverso la discussione e il confronto delle idee; - Bisogna fare una domanda alla volta o anche più domande insieme (solo nel caso in cui queste trattino dello stesso tema grammaticale), lasciando in ogni caso al bambino il cosiddetto “tempo di attesa” che il docente deve sempre calcolare e che sarà diverso in base alla domanda stessa. - Dalle domande dell’insegnante possono scaturire delle contro domande da parte dell’allievo, le quali potranno essere sorvolate se ritenute troppo difficili, spiegando ai bambini che la questione è troppo complessa per essere affrontata oppure, se è il caso, dichiarare la nostra necessità di andare a cercare le risposta esatta a quella domanda. In questo modo, ci trasformeremo da maestri in ricercatori, applicando i suggerimenti delle Indicazioni Nazionali, ovvero favorire l’esplorazione e la scoperta, al fine di promuovere il gusto per la ricerca di nuove conoscenze. Le domande dell’insegnante secondo Lo Duca Si distinguono in: 1. Domande di ORDINE INFERIORE: sollecitano la memoria dell’allievo o che verificano l’avvenuta comprensione di concetti in modo tale da poterli applicare a nuovi domini. Queste sono poste dalla stragrande maggioranza di docenti durante le attività di classe. Domande di ORDINE SUPERIORE: che attivano operazioni di analisi e confronto o che sollecitano valutazioni personali e formulazione di ipotesi. Domande ESPLORATIVE: sono quelle domande che vengono poste dopo aver scelto un tema grammaticale al fine di procedere all’investigazione didattica. Per i bambini più piccoli, le domande esplorative si utilizzano per indagare se la loro competenza implicita su un certo fenomeno sia già pronta per essere portata alla luce e diventare oggetto di riflessione collettiva; per i più grandi, invece, mirano a capire se un certo tema grammaticale, magari affrontato nel percorso scolastico precedente, è ricordato dagli allievi e/o se è stato capito. È una sorta di brainstorming grammaticale, indispensabile quando un docente incontra una classe nuova. - Ad esempio, una domanda che potrebbe verificare se i bambini hanno capito la diversa funzione degli articoli determinativi e indeterminativi può essere: che differenza c’è tra “una maestra” e “la maestra”? (“una” è articolo indeterminativo; “la” è articolo determinativo). In questo caso, non è importante che i bambini conoscano la denominazione (determinativo o indeterminativo) ma è importante che comprendano che il sintagma indefinito richiama una qualunque entità, cioè una maestra fra le tante, sconosciuta al destinatario; e che il sintagma definito segnala, invece, che il referente è la maestra, una maestra conosciuta sia dal parlante che dal destinatario. Domande che sollecitano l’OSSERVAZIONE E IL CONFRONTO: dopo aver scelto il problema conoscitivo da proporre alla classe, vengono proposte dal docente queste domande che puntano a spostare l’attenzione su un singolo
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