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Economia Morale Classi Popolari Inglesi Settecento: Analisi E. Thompson Rivolte Alimentari, Dispense di Storia Moderna

In questo testo, e. Thompson invita a prudenza nell'uso indiscriminato dei termini 'mob' e 'riot', espandendo la cautela al termine 'rivolta'. Thompson esplora i tumulti alimentari in inghilterra durante il settecento, mostrando come le proteste popolari erano influenzate dalla concezione popolare dell'economia morale, che definiva la legittimità o meno dei modi di esercitare il commercio. Il conflitto tra campagna e città, il problema del pane e la nuova economia politica, il tribunale del pane e il controllo del mercato, la difesa del consumatore e la protesta contro le vendite su campione.

Tipologia: Dispense

2020/2021

Caricato il 20/12/2023

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Scarica Economia Morale Classi Popolari Inglesi Settecento: Analisi E. Thompson Rivolte Alimentari e più Dispense in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! ECONOMIA MORALE DELLE CLASSI POPOLARI INGLESI NEL SECOLO XVIII E.THOMPSON I. In questi ultimi anni George Rudè e altri storici ci hanno messo in guardia contro un uso indiscriminato del termine mob (folla in tumulto) in questo saggio è mia intenzione estendere questo invito alla prudenza al termine riot (rivolta), in modo particolare per quanto riguarda i tumulti alimentari nell'Inghilterra del secolo XVIII. Questa parola semplice e sconveniente rischia di nascondere una concezione spasmodica della storia popolare. Secondo questa concezione si può considerare la gente comune come un soggetto storico prima della Rivoluzione francese perché prima di allora essa si impone nel quadro storico occasionalmente e in modo convulso. Si tratta di intrusioni indotte, non consapevoli né autonome, di semplici risposte a stimoli economici: ecco perché è sufficiente citare un cattivo raccolto o una flessione economica, affinché ogni esigenza di spiegazione storia sia soddisfatta. Purtroppo anche fra quei pochi storici inglesi che hanno allargato la nostra conoscenza di queste azioni popolari, alcuni hanno dato credito a questa interpretazione spasmodica, riflettendo solo in modo approssimativo sul materiale che essi stessi hanno portato alla luce. Le ribellioni in definitiva sarebbero delle “ribellioni di pancia”, secondo la logica elementarietà- istintività-fame. Ma sarebbe tutto troppo semplicistico; secondo questa concezione un evento improvviso e incontrollato ne provoca: il risultato è il saccheggio. Rostow (concezione spasmodica) propose il suo sommario grafico della tensione sociale per la prima volta nel 1948: in base alla sua ipotesi sarebbe sufficiente confrontare l'indice di dissocupazione con quello del costo della vita per individuare l'andamento delle rivolte sociali. L'obiezione è che un grafico di questi genere, se usato in modo imprudente, rischia di chiudere l'analisi proprio dove essa comincia a diventare realmente interessante. Si è troppe volte avuto una visione riduttiva dell'uomo economico. Alla concezione spasmodica, si contrappone quella di Thompson: egli individua in tutte le azioni di piazza del secolo XVIII l'individuazione delle nozioni di legittimità: con nozione di legittimità intendiamo il comportamento degli uomini e delle donne della folla che era guidato dalla comune convinzione di difendere diritti e costumi tradizionali e dalla convinzione di godere della più ampia approvazione della comunità. Talora questa approvazione era sanzionata da alcune concessioni da parte delle autorità, ma più spesso il consenso era evidente da annullare ogni motivo di paura o deferenza. Nell'inghilterra del XVIII secolo i moti per il pane costituiscono una forma di azione popolare diretta, strutturata, avente obiettivi precisi. È sicuramente vero che i disordini siano stati innescati dall'aumento dei prezzi, dagli abusi compiuti dai potenti, dalla fame, ma tutte queste rimostranze agivano all'interno della concezione popolare che definiva la legittimità o meno dei modi di esercitare il commercio, che nel loro insieme costituivano “l'economia morale” del povero. Un'offesa contro questi principi morali era l'incentivo abituale per un'azione immediata. L'economia morale non si imponeva solo nei momenti di agitazione, ma influenzava direttamente il governo e il pensiero settecentesco; inoltre presupponeva una precisa concezione del benessere comune sostenuta con passione. II. Il conflitto tra campagna e città si manifestava sul problema del presso del pane e quello tra tradizionalismo e nuova economica politica era incentrato sulle Leggi del grano. Nel XVIII secolo la classe lavoratrice inglese entrava più prontamente in azione contro il carovita. Il periodo d'oro d'espansione agricola coincise con una coscienza del consumatore particolarmente esasperata, sempre negli stessi anni l'agricoltura inglese vide nuovi livelli di perfezione costellati da tumulti e rivolte popolari. Questo settore dell'economia capitalistica in espansione si reggeva su un mercato eccitabile, che rischiava di rompersi in qualsiasi momento. Le fortune di quelle forti classi capitalistiche dipendevano dalla vendita di cereali, carne, lana. Nel secolo XVIII i lavoratori non vivevano solo di pane, ma molto di essi vivevano essenzialmente di questo. Si può ipotizzare che dal 1790 almeno due terzi della popolazione si alimentasse di frumento. Il modello di consumo rifletteva i relativi gradi di povertà e le caratteristiche agricole delle varie zone. Durante il secolo andò crescendo il consumo di pane rispetto alle altre varietà integrali più scure; si trattava in parte di una questione di prestigio sociale. Per i fornai e i mugnai era conveniente vendere pane bianco e farina raffinata perchè con questi prodotti, essi avevano maggiori possibilità di profitto. Lo scopo del Tribunale del pane era quello di impedire che il pane dei poveri costituisse una fonte privilegiata per i fornai, a questi ultimi conveniva produrre quantità minime di pane comune e quel poco, cattivo. Nelle città era forte il sospetto che il pane nero nascondesse più facilmente additivi nocivi. Con la fine del secolo si può riscontrare una forte presenza di motivi di rango dovunque si osservasse il prevalere del pane bianco di fronte alla minaccia di una miscela maggiore. È probabile che i lavoratori abituati al pane bianco stentassero realmente a lavorare se costretti a passare a miscugli più sgradevoli. Quei pochi lavoratori che adottarono il pane di mistura si ritrovarono fiacchi, febbricitanti e incapaci di lavorare con sufficiente energia. Nel dicembre 1800 il governo promulgò il “Poison act”, che obbligava mugnai e fornai a produrre solo e soltanto pane integrale, la reazione delle persone fu immediata → conseguenza fu l'abrogazione del decreto in meno di due mesi. Come passavano questi cereali alle case dei lavoratori? Bisogna prima di tutto delineare il modello paternalistico del processo produttivo e della compra vendita. Il modello paternalistico viveva sia nel corpo della legge statuaria sia nel costume, sia nel diritto consuetudinario. I commercianti erano vincolati da parecchie restrizioni, iscritte nelle vecchie leggi codificate durante il regno di Edoardo IV. Dal controllo del mercato si passa a quella della difesa del consumatore: i mugnai e fornai venivano considerati persone al servizio delle comunità, che lavoravano non per il profitto, ma in cambio di un'equa ricompensa, che poteva essere calcolata secondo le ordinanze del tribunale del pane, per mezzo delle quali sia il prezzo che il peso della pagnotta venivano stabiliti in base al prezzo corrente del frumento. (in sintesi la vendita del pane a campione non era aperta a tutti). Molti agricoltori erano giunti al punto di evitare il mercato e di trattare sulle porte delle loro case con grossisti e altri; altri agricoltori si recavano ancora al mercato, ma vi si portavano un solo carico, altri ancora svolgevano i loro affari con piccole quantità di frumento nascoste nella borsa o fazzoletto, detto campione. Molti piccoli agricoltori seguitarono a portare il grano al mercato e il vecchio modello rimase nella mente delle persone come fonte di risentimento verso le nuove procedure di compra vendita, che vennero ripetutamente contestate. Con l'avanzare del secolo le proteste non cessano, anche se tendono a spostarsi verso le regioni settentrionali e occidentali; durante la carestia del 1756 il consiglio della corona pubblicò un decreto che ordinava a tutti gli agricoltori, sotto pena di gravi sanzioni, di portare il frumento al mercato pubblico e di non venderlo su campione nelle loro fattorie. La funzione dei mercati pubblici si ridusse a proporzioni insignificanti e le proteste contro le vendite su campione si fecero sentire sempre più spesso. Abbiamo messo in evidenza l'affermarsi sulla vendita su campione per mettere in rilievo lo spessore e la peculiarità dei dettagli, la diversità tra le consuetudini locali e il modo in cui poteva svilupparsi il risentimento popolare al mutare delle vecchie pratiche di lavoro. In linea generale si può dire che i paternalisti erano consapevoli del mutamento in atto, anche se in caso di emergenza ritornavano sempre a questo modello. Il modello paternalista, oltre ad avere un'esistenza ideale, era presente nella realtà: cadeva nell'oblio in anni di cattivo raccolto e di prezzi contenuti per poi tornare in vita non appena i prezzi salivano e i poveri diventavano turbolenti. Nota bene: Il paternalismo in senso generale indica l'atteggiamento bonario e benefico di una persona d'autorità che però chiede in cambio, spesso implicitamente, il consenso intorno alla sua persona. Inteso nel suo significato storico, è una forma di governo in cui tutti i provvedimenti in favore della popolazione vengono affidati alla comprensione e alla buona volontà del sovrano nei confronti dello stesso popolo. Parte quindi dal presupposto che il sovrano sia in buona fede ed interessato al bene pubblico. III. Poche vittorie intellettuali sono state più schiaccianti di quella dei fautori della nuova economia politica nella questione della regolamentazione del commercio interno del grano. Per comodità si zona, distrussero i macchinari, tagliarono i sacchi e si portavano via il grano e la farina. In realtà ciò che colpisce di queste azioni è la loro compostezza e non il disordine; non c'è dubbio che esse riscuotessero un consenso popolare straordinario. Infatti è radicata la convinzione che nei periodi di carestia i prezzi debbono essere regolati e che lo speculatore si metteva fuori dalla società da solo. Inoltre nei casi in cui le merci furono prese senza pagare o in cui furono commessi atti di violenza, conviene esaminare se si verificò qualche particolare circostanza aggravante. Quando venivano assaliti i mulini e danneggiati i macchinari, si trattava spesso del seguito dato a un avvertimento di vecchia data, oppure un gesto punitivo per una qualche malversione motoria. In realtà per mettere in discussione la concezione unidimensionale e spasmodica dei tumulti alimentari, basta evidenziare questo motivo ricorrente dell'intimidazione popolare, il fatto cioè che uomini e donne vicini all'inedia assalissero i mulini e i granai non per rubare il cibo, ma per punire i proprietari: molto spesso il grano e la farina venivano sparsi lungo le strade e le siepi. Di fronte a comportamenti simili le autorità reagivano con sdegno e stupore insieme e ritenevano che essi fossero indicativi dell'indole frenetica e perturbata degli individui. Ma i poveri erano veramente così sciocchi? I poveri avevano i loro canali di informazione: lavoravano nei granai e i mulini e spesso conoscevano i fatti del luogo molto meglio della piccola nobiltà e in molti casi si diressero senza esitazioni verso i magazzini segreti di rango. Se le voci spesso ingrandivano le cose, esse avevano pur sempre una piccola base di fatto. I poveri sapevano che l'unico modo di far cedere i ricchi era quello di costringerli con la forza. VI. Molto spesso erano le donne a dare il via ai tumulti. In molti casi si verifica sempre lo stesso scenario: le donne colpiscono un commerciante impopolare con le patate o astutamente combinano insieme alla collera la consapevolezza di una qualche maggiore impunità rispetto agli uomini nelle rappresaglie. Esse venivano descritte come più inclini alla rivolta, meno paurose della legge, meno punite, in realtà esse erano le più coinvolte nella contrattazione individuale al mercato, attente ai prezzi e quanto mai abiti a scoprire se il commerciante ne stesse approfittando. È probabile che fossero le donne a far precipitare le agitazioni spontanee; talvolta affissi dei manifesto alle porte delle chiese o delle taverne. Le azioni spontanee su piccola scala potevano svilupparsi in un'atmosfera di urla e di imprecazioni alla porta delle botteghe oppure potevano nascere perchè veniva intercettato un carro di grano o farina che attraversava la città. Si trattava di situazioni che si potevano trasformare in un'occasione di contrattazione: il proprietario delle merci sapeva benissimo che se non avesse accettato di sua volontà il prezzo della folla, rischiava di perdere l'intera partita. Nelle agitazioni su vasta scala, una volta formato un nucleo di persone, il resto della massa veniva radunato al suono dei corni e dei tamburi. Il punto decisivo era la formazione del nucleo traente. La composizione occupazionale della folla non ci dà grosse sorprese. Sembra che i mestieri tipici dei ceti inferiori delle zone in rivolta fossero ben rappresentati. Inerzia dei braccianti inglesi in confronto a quelli francesi. Molti coltivatori di cereali seguitarono per tradizione a vendere a un prezzo ridotto il grano ai loro braccianti; ma questo riguardava solo i braccianti fissi ingaggiati per un anno e limitatamente a certi distretti. Altrove i braccianti agricoli parteciparono alle sommosse. In realtà non si può dire che i tumulti richiedessero un alto grado di organizzazione. Essi esigevano il consenso e l'appoggio della comunità e un modello di azione trasmesso con i suoi propri obiettivi e le sue regole. E la persistenza di questa stessa forma di azione a quale successo poteva andare incontro? VII. Probabilmente nel breve periodo i tumulti e la politica di imposizione dei prezzi furono perdenti. Talvolta succedeva che gli agricoltori rimanessero talmente spaventati da rifiutarsi per parecchie settimane di portare i loro prodotti al mercato. E impedire così la circolazione del grano all'interno della nazione significava aggravare la penuria in altre regioni. Sembra che il tumulto a volte si sia risolto in una caduta del prezzi, altre volte al contrario e in alcuni casi non si notano grandi differenze nel movimento di prezzi tra zone soggette e non ai tumulti. Si potrebbe fare un'analogia con la guerra. I benefici reali immediati della guerra sono raramente significativi, sia per il vincitore che per il vinto, mentre i benedici che derivano dalla minaccia della guerra possono essere considerevoli. Se il mercato era la scena del conflitto di classe, la minaccia della rivolta influiva sull'intera situazione di mercato non solo nelle annate di crescita, ma anche in quelle di minor raccolto. Spesso le autorità nel trattare le zone inclini alla rivolta dimostravano una grande calma e abilità nel trattare le situazioni di disordine. La magistratura provinciale agiva spesso in condizioni di estremo isolamento. Il problema dell'ordine pubblico non era affatto semplice. L'inadeguatezza delle forze di polizia si univa alla riluttanza a far intervenire l'esercito. Gli stessi ufficiali erano abbastanza inclini alla comprensione. I magistrati locali raramente chiamavano i soldati e autorizzavano l'uso delle armi da fuoco perchè dovevano continuare a vivere nel distretto anche dopo la partenza delle truppe e temevano di attirarsi l'odio della popolazione. Il tumulto rappresentava una vera e proprio calamità. Ecco perchè le autorità erano così preoccupate di prevenire situazioni di questo genere e di troncarle sul nascere con la loro presenza, ammonimenti e concessioni (spesso avvenivano trattative più o meno forzate). Certe pressioni, esercitate in previsione dei tumulti, erano molto spesso efficaci: infatti in questo modo il frumento veniva portato al mercato, l'aumento dei prezzi era contenuto e si scoraggiavano certi tipi di accaparramento. Inoltre un'avvisaglia di rivolta era un avvertimento ai ricchi di rimettere in sesto l'appartato del sussidio parrocchiale e della beneficenza. Il punto ora in questione non è soltanto che i prezzi nei periodi di penuria erano determinati da molti altri fattori e non dalle pure forze di mercato. È assai più importante considerare il contesto socio- economico generale e la logica della pressione popolare. Il tumulto infatti poteva avere conseguenze controproducenti sul breve periodo. Tumulto in quanto calamità doveva essere prevenuta ad ogni costo. Il costo poteva essere quello di arrivare a un compromesso tra un prezzo economico, del mercato e uno morale, tradizionale, imposto dalla folla. Questo compromesso veniva raggiunto grazie alla figura dei paternalisti o attraverso un prudente autocontrollo da parte degli agricoltori e dei commercianti o calmando una parte della popolazione con beneficenze e sussidi. VIII. Abbiamo esaminato un modello di protesta sociale che deriva dalla concezione popolarmente condivisa dell'economia morale e del bene comune nei periodi di carestia. Non è il caso di considerare questa concezione alla stregua di intenzioni politiche, si possono trovare più che altro espressioni di ribellione, dirette ad agghiacciare il sangue ai ricchi con la loro teatralità. Soltanto nel 1795 e nel 1800-01, quando nelle lettere e nei volantini si fa frequente una tinta di giacobinismo, abbiamo l'impressione di un autentico filone di motivazioni politiche articolate. Ma questi anni di crisi delle guerre richiedono di essere considerati a parte. Stiamo giungendo alla fine di una tradizione, mentre la tradizione nuova sta appena emergendo. In questi anni la forma alternativa di pressione economica, quella sui salari, sta diventando più vigorosa e dietro al linguaggio sovversivo vi è qualcosa di più della sola retorica degli United Englishmen. Anche per un'altra ragione gli anni 1795-1800 ci introducono in una situazione storica differente. Infatti le forme di azione che abbiamo esaminato erano legate a un particolare nesso di relazioni sociali e a un particolare rapporto di equilibrio tra le autorità paternaliste e il popolo. Ma nel corso delle guerre questo equilibrio venne sconvolto per due anni. In primo luogo l'acuto giacobinismo della piccola nobiltà di campagna portò a nuova paura di ogni forma di iniziativa popolare; la paura dell'invasione e questo permise alle autorità civile di fronteggiare la folla con strumenti più diretti e con una politica di trattativa e concessioni, bensì repressiva. In secondo luogo questa repressione era giustificata agli occhi delle autorità centrali e di molte autorità locali dal trionfo della nuova ideologia dell'economia politica. La natura delle cose che un tempo imponeva una qualche solidarietà simbolica tra governanti e poveri nei periodi di carestia, adesso prescriveva solidarietà tra i governanti e l'investimento di capitali. IX. E' difficile ricostruire i presupposti morali di un contesto sociale storicamente diverso. Non è affatto semplice per noi moderni concepire che possa esserci stato un tempo in cui, in una comunità più piccola ma più integrata, sembrava “innaturale” che qualcuno potesse trarre profitto dai bisogni degli altri e in cui si dava per scontato che i prezzi di beni di prima necessità dovessero rimanere al livello normale nonostante la scarsità. Nell'economia dei borghi medievali il conusmo aveva nella coscienza collettiva la stessa posizione egemonica di arbitro indiscusso dell'attività economica che il secolo XIX conferì al profitto. Ovviamente queste convinzione erano state messe in discussione già molto tempo prima del XVIII. Ma nelle nostre analisi storiche troppo spesso abbiamo la tendenza ad accorciare le grandi transizioni: così riteniamo che l'incetta e la dottrina del giusto prezzo finiscano con il secolo XVIII e che l'economia di mercato cominci nel secolo XIX. Il consumatore difese la sua antica concezione con la stessa caparbietà con cui difese il suo rango professionale come artigiano. Queste concezioni del giusto erano articolate con chiarezza e per lungo tempo portarono l'imprimatur della chiesa. Oggigiorno tendiamo a minimizzare i meccanismi di estorisione di un'economia di mercato non regolamentata sopratutto perchè essi provocano soltanto piccoli inconvenienti o situazioni di sofferenza poco vistose. Ma non era così nel XVIII secolo, allorchè le carestie erano vere carestie e i prezzi alti significavano ventri gonfi e bambini malati, per i quali il pane di cattiva qualità preparato con farina stantia era l'unico cibo. Tuttavia esisteva uno stato di miseria che alcuni rappresentati della gentry definirono “veramente penosa”. Ma se il mercato era il luogo in cui i lavoratori sentivano più spesso di essere esposti allo sfruttamento, quello era anche il luogo dove potevano darsi un'organizzazione con maggiore facilità. Nella società industriale matura il mercato ha assunto un carattere più impersonale. Ma nel settecento, sia in gran bretagna che in francia, il mercato costituiva un nesso non soltanto economico ma anche sociale. Era il luogo in cui avvenivano infinite transazioni sociali e personali, dove circolavano notizie o giravano voci e pettegolezzi. Il mercato, insomma, era il luogo dove il popolo si accorgeva di essere numeroso e per un momento di sentiva forte. I conflitti di mercato in una società pre industriale sono ovviamente più universali di qualsiasi esperienza nazionale. Si può ipotizzare che in gran Bretagna la sopravvivenza di immagine pagane che toccavano livelli assai profondi del simbolismo cristiano stesso: infatti ben pochi rituali popolari hanno resistito sino alla fine del secolo con il vigore dell'apparato cerimoniale come la festa della mietitura, con le sue magie, i festini. Per queste comunità la carestia continuò a rappresentare un profondo trauma psicologico e quando essa era accompagnata dalla coscienza di disuguaglianza e dal sospetto di manipolazioni, allora il trauma si trasformava in furore. All'aprirsi del nuovo secolo si rimane colpiti dal crescente simbolismo del sangue e dalla sua assimilazione alla domanda di pane. Questo furore del grano fu l'apice, davvero singolare, dell'età del progresso agricolo. Negli anni novanta del XVIII la stessa piccola nobiltà di campagna era alquanto imbarazzata. L'affermarsi della nuova economia politica di mercato segnò anche il tramonto della vecchia economia morale della sussistenza. Dopo le guerre tutto quello che era rimasto di essa fu la beneficenza. Ci volle più tempo perchè morisse anche l'economia morale del popolo: essa venne ripresa dai primi tumulti cooperativi e da qualche socialista. Un sintomo del suo definitivo decesso è che noi si sia potuto accettare così a lungo un quadro riduttivo ed economicistico dei tumulti alimentari, interpretate come risposte immediate, convulse e irrazionali della fame.
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