Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

riassunto schematico per esame CARTOGRAFIA, Sintesi del corso di Geodesia e Cartografia

Riassunto schematico del manuale GEOCARTOGRAFIA, LAVAGNA LUCARNO per esame di CARTOGRAFIA

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
In offerta
30 Punti
Discount

Offerta a tempo limitato


Caricato il 19/06/2020

marcoptroiani
marcoptroiani 🇮🇹

4.5

(13)

5 documenti

1 / 27

Toggle sidebar
Discount

In offerta

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica riassunto schematico per esame CARTOGRAFIA e più Sintesi del corso in PDF di Geodesia e Cartografia solo su Docsity! CARTOGRAFIA 1. CARTTERISTICHE DELLA CARTA GEOGRAFICA La CARTA GEOGRAFICA è una rappresentazione grafica ridotta, simbolica e approssimata della superficie terrestre su una superficie piana - RIDOTTA secondo il rapporto chiamato SCALA - SIMBOLICA in quanto gli elementi fisici sono descritti da segni convenzionali - APPROSSIMATA in quanto la superficie della terra non sarà riproducibile con esattezza su un piano senza dare luogo a deformazioni Scopo degli strumenti di proiezione è dunque quello di rendere minime le imprecisioni conservando il più possibile le proporzioni e le distanze fisiche La terra è un GEOIDE schiacciato leggermente ai poli e rigonfio in corrispondenza dell’equatore (effetto dovuto alla forza centrifuga). Ad ogni punto sulla Terra corrisponde un solo punto sulla carta geografica, ed il sistema più utilizzato nelle carte di piccola e media scala è quello delle coordinate angolari. Rappresentando la Terra come una sfera perfetta e tagliandola per il suo centro, l’intersezione formerà una linea circolare chiamata circolo massimo: - sono infiniti, poiché infiniti sono i punti passanti per il centro; - ogni punto della superficie sferica è passato da infiniti circoli massimi; - un circolo massimo passante per due punti della superficie sferica indica la distanza minima tra i due punti. Tagliando la sfera per qualsiasi punto non passante per il centro avremo dei circoli minori. Latitudine e longitudine sono gli elementi che ci permettono di trovare un punto qualsiasi sulla superficie terrestre. La latitudine è il dato che rappresenta l’altezza di un punto su un determinato meridiano, mentre la longitudine ci permette di misurare la posizione di un punto su un circolo parallelo all’equatore. A seconda della posizione di longitudine cambierà l’ora e la data, calcolando i fusi orari, verso E e W a partire dal meridiano di Greenwich in Inghilterra. È necessario però considerare anche l’altitudine: nelle carte più antiche ci si limitava a distinguere le zone pianeggianti dalle zone montuose; attualmente il metodo più usato è quello del tratteggio, che consiste nel disegno di trattini disposte lungo le linee di massima pendenza. Con tratto forte viene indicato invece le linee che indicano la direzione delle catene montuose. Altri metodi sono lo sfumo, con cui sulla carta le zone più alte sono più colorate, integrato spesso da un lumeggiamento obliquo, che rappresenta le ombre prodotte dal rilievo; le curve di livello, con le quali si immagina di proiettare su un piano le isoipse (rilievi sul terreno) o delle isobate (fondali marini). Questi metodi sono spesso integrati da tinte altimetriche. 2 - Conformità e isogonia: gli angoli formati dalle intersezioni tra meridiani e paralleli rimangono di 90°, ciò comporta l’impossibilità di rispettare le proporzionalità tra le distanze. utilizzata per le carte nautiche; - Equidistanza: tutte le distanze misurate sulla carta sono proporzionali alle corrispondenti distanze misurate sul terreno. Poiché una proiezione non potrà possedere più di una di queste proprietà, essa dovrà essere scelta in base all’uso che la carta è destinata ad avere. Le principali classi di proiezioni sono tre: 1. Proiezioni prospettiche azimutali: le proiezioni prospettiche si ottengono proiettando secondo le regole della geometria proiettiva i punti della superficie del globo su un piano tangente ad esso a partire da un centro di proiezione prefissato. Il piano potrà essere tangente ad uno dei poli (proiezione polare), all’equatore (proiezione equatoriale) o in un punto intermedio (proiezione obliqua), ed il centro di proiezione da cui partono le visuali potrà essere situato al centro del globo (centrografica), sul punto della superficie opposto a quello di tangenza (stereografica) o all’infinito (ortografica). - Centrografiche: La via più breve tra due punti sulla superficie terrestre viene chiamata ortodromica, ma esse subiscono continuamente variazioni dell’azimut: per questo motivo si traccia prima l’ortodromica su una carta centrografica e quindi se ne trasferiscono alcuni punti sulla carta di Marcatore. Congiungendo questi punti si avrà una rotta lossodromica, cioè una rotta che mantiene invariato l’azimut, quindi la direzione indicata dalla bussola. - Stereografiche: L’errore viene in parte corretto anche se le aree periferiche subiscono ugualmente una dilatazione rispetto al centro della carta. Dunque è conforme ma non equivalente; 5 - Ortografiche: essendo i raggi di proiezione provenienti dall’infinito produrranno degli errori di distanze man mano che ci si allontana dal punto di tangenza. Tutte queste proiezioni sono azimutali, nel senso che rispetto al punto di tangenza del piano di proiezione le varie direzioni conservano l’azimut reale. 2. proiezioni per sviluppo: nelle proiezioni per sviluppo di immagina di avvolgere il globo in un cilindro o in un cono proiettando il reticolo su tali superfici a partire da un punto prefissato. Per quanto riguarda le proiezioni cilindriche, tali proiezioni hanno lo svantaggio di dilatare le distanze tra i paralleli man mano che ci si allontana da quello di tangenza. Se il cilindro è tangente lungo un meridiano di proiezione si dice trasversa. Nelle proiezioni coniche invece i paralleli sono rappresentati da archi di cerchi mentre i meridiani sono rette convergenti verso il vertice del cono. Mentre con la proiezione cilindrica può essere rappresentato tutto il globo, con la proiezione conica potrà essere rappresentato solo un emisfero alla volta. 3. Proiezioni convenzionali: varie rappresentazioni cartografiche non sono vere proiezioni, ma applicazioni di particolari formule matematiche per conferire alla carta determinate proprietà. Queste sono le proiezioni convenzionali, utilizzate a seconda del fine della proiezione stessa. La scelta di una o di un’altra proiezione dipende da diversi fattori, innanzitutto dal contenuto della carta e dal tipo di riflessioni che ne possono derivare. 6 4. TIPI DI CARTE Le carte geografiche possono essere classificate in più modi, dei quali due sono i più in uso: - La scala numerica È rappresentata con una frazione che indica il rapporto di riduzione; - La scala grafica Viene rappresentata con segmenti rettilinei divisi in parti uguali, sui quali è indicata su ogni segmento il valore corrispondente. Quanto più il denominatore del rapporto di scala è grande, tanto più la scala diventa piccola, e più la scala è piccola più saranno ridotti i particolari presenti sul terreno. Inoltre a parità di superficie grafica (il foglio), la scala 1:100000 sarà il quadruplo di quella rappresentabile in scala 1:50000: occorreranno quattro fogli per rappresentare la stessa superficie in scala maggiore. Possiamo distinguere le rappresentazioni cartografiche in: - Mappamondi, scala 1:100000000 Rappresentano l’intera superficie terrestre. Essendo di forma sferica non presentano gli errori in cui si può cadere durante le proiezioni; - Carte generali, scala 1:1000000 rappresentano al massimo un continente o parti, uno stato di grandi dimensioni o un gruppo di stati - Carte corografiche, scala 1:500000 Rappresentano parti estese di uno stato o di una regione - Carte topografiche, scala 1:10000 Ricche di particolari, indicate per scopi escursionistici e militari - Mappe catastali, scala 1:5000 Parte limitata del territorio - Piante, scala 1:1000 7 5. L’ITALIA NELLE CARTE TOPOGRAFICHE Già dalla metà del XVIII secolo quasi tutti gli stati italiani si sono muniti di carte relative al proprio territorio. Nel 1864 gli uffici topografici esistenti vennero fusi nell’Ufficio tecnico del Capo di Stato Maggiore dell’esercito italiano. i lavori di rilevamento furono lunghi e complessi, tanto che solo nel 1900 furono ultimati. Per il calcolo delle altitudini venne preso come caposaldo l’Osservatorio dell’Istituto Idrografico della marina di Genova, indicante il livello medio di marea registrato. Con le tecniche geodetiche furono applicati dei principi trigonometrici, attraverso i quali fu possibile coprire con una rete di triangoli tutta la superficie del territorio nazionale. Entro il 1920 furono pubblicati oltre 325 fogli della carta d’Italia al 100000, successivamente diventati 285 con l’esclusione dell’Istria e della Dalmazia dopo la seconda guerra mondiale. Successivamente sono state pubblicate carte di maggiore dettaglio al 25000, cosi da avere 16 tavolette. Si può affermare quindi che dal 1875 sono state attraversate tre diverse fasi di produzione cartografica: la prima in proiezione naturale, successivamente si è adottata la proiezione di Gauss-Boaga, infine l’ultima innovazione si è avuta con l’inserimento del sistema UTM. Dal 1970 l’IGM ha iniziato a produrre una carta topografica nuova, ricavata dai rilievi aerofotogrammetrici: ogni foglio dei 636 al 50000 copre una superficie maggiore rispetto a quelle al 25000, è stampato a colori e presenta una rete di coordinate riferite all’ellissoide internazionale. Questa scelta è legata a diversi fattori, come gli usi militari e quelli civili, essendo la tavoletta adatta a muoversi in ambienti circoscritti. Oggi le principali tecniche di rilevamento sono quelle a distanza con telerilevamento. I primordi del rilevamento a distanza si sono avuti con gli aerei che sorvolavano principalmente delle aree difficilmente raggiungibili per le tradizionali rilevazioni, dagli anni Settanta tuttavia si passò al rilevamento con satelliti artificiali, in grado di fornire immagini ad alta risoluzione. I sensori dei satelliti 10 percepiscono anche le onde ultraviolette ed infrarossi, così da fornire immagini anche da zone non visibili all’occhio umano. I satelliti possono essere geostazionari, quindi ruotano alla stessa velocità della terra, rimanendo sempre su un punto fisso; altri satelliti a orbita eliosincrona ruotano a quote molto basse e perpendicolarmente all’equatore, compiono diverse rotazioni intorno alla terra al giorno. il primo satellite a fornire un rilevamento della superficie terrestre è stato il Landsat 1, lanciato in California nel 1972. È importante ricordare che i dati possono poi essere digitalizzati in varie modalità e formati, come in formato vettoriale che è caratterizzato da punti, linee e poligoni, o il formato raster, che consta di una griglia di unità elementari (pixel). Tutti questi dati sono indispensabili per la realizzazione di GIS, sistemi informativi costruiti per la gestione digitale di dati numerici di varia natura. Esso viene utilizzato in vari modi, in ambito scientifico e non scientifico; ogni tipo di dato in ingresso è caricato su un piano digitale specifico del GIS chiamato strato (layer), così da immaginare il GIS come un edificio a più piani sovrapposti, su ciascuno dei quali si trova un tipo di dato. Il GIS è in grado di produrre carte tematiche continuamente aggiornabili in seguito all’immissione di nuovi dati. Per alcune zone d’Italia non è stata ancora assicurata la copertura cartografica in grande scala. In genere per questi tipi di scale provvedono le Regioni, sia con carte tecniche sia con carte tematiche. 11 6. SIMBOLOGIA E TOPONOMASTICA Dopo la costruzione del reticolo geografico ha inizio il lavoro del topografo che determina la posizione degli elementi presenti sul terreno. La simbologia è costituita da un insieme di segni convenzionali a cui si associano precisi significati: la chiarezza e la leggibilità sono fondamentali della rappresentazione convenzionale. Carte più datate possono risultare difformi dalla situazione reale, soprattutto dove ha esercitato la mano dell’uomo. L’orografia descrive la distribuzione e la conformazione dei rilievi, mentre l’idrografia tratta la distribuzione delle reti idriche e degli specchi d’acqua. Essi sono gli elementi fisici principali e strettamente collegati tra loro, dato che i corsi d’acqua sono in funzione della conformazione del rilievo. Nelle carte topografiche l’elemento fondamentale per la descrizione dell’altimetria è la curva di livello o isoipsa, ovvero fasce di territorio dove c’è la stessa quota altimetrica rispetto al livello del mare. L’equidistanza è la differenza di quota tra due isoipse consecutive ed è sempre riportato al margine della carta; minore sarà l’equidistanza, maggiore sarà la precisione con cui viene rappresentato il terreno. L’intervallo invece è la distanza planimetrica tra due isoipse consecutive. Le curve di livello nelle carte topografiche di distinguono in direttrici ed intermedie. In alcuni casi vi è bisogno di curve ausiliarie per descrivere con maggiore dettaglio le irregolarità del terreno; ciò tuttavia avviene solo nelle carte in scala maggiore. L’idrografia di un territorio viene descritta dalle linee di impluvio. Le carte topografiche in scala maggiore (1:25000) forniscono una descrizione completa, di tutti i piccoli corsi d’acqua: i fossi di pianura saranno indicati con tratto continuo, mentre i ruscelli con tratteggio se l’acqua scorre solo in alcuni periodi dell’anno. La direzione del flusso è indicata con feccia solo per i corsi a bassa pendenza. Le sponde variabili sono quei fiumi che non consentono una delimitazione precisa data la possibilità di essere soggette ad allagamento e cambiare il proprio corso. Possono poi essere riportati sulla carta altri elementi come i pozzi, le sorgenti, le cisterne, fontane ecc. Altro elemento fisico che può essere riportato è la copertura vegetale, ma solo quando sono stabili nel tempo. Elementi ricorrenti sono i prati, i boschi (distinti tra fitti e radi) e il sottobosco. 12 Nell’attività didattica della disciplina geografica, il ricorso alla cartografia costituisce una prassi consolidata e per certi versi scontata nella scuola di base. Non c’è libro di testo che, oltre a riportare carte di ogni tipo e dimensione, non dedichi un capitolo più o meno ampio e dettagliato alla cartografia. Allo stesso modo, non c’è insegnante che nella sua pratica educativa non si serva della carta geografica. Nonostante ciò, l’approccio scolastico alla cartografia e alla carta – quanto meno nel contesto italiano – è alquanto riduttivo e povero, quando non addirittura fuorviante e/o errato. Così, per esempio, non di rado la carta geografica nei libri di testo italiani viene presentata come una “raffigurazione oggettiva della realtà”, quasi la carta equivalesse alla realtà. Certo, non che una tale impostazione nasca dal nulla e non si rifaccia a fondamenti epistemologici (dal determinismo al possibilismo, al funzionalismo), per la verità oggi superati, per esempio, dall’approccio proposto dalla geografia critica. Sta di fatto, però, che tale impostazione non dà conto della natura del tutto artificiale della visione cartografica, tralasciando di esplicitare una delle più importanti caratteristiche della carta, cioè il suo essere linguaggio e dunque simbolizzazione e re-invenzione della realtà. A ciò, paradossalmente, fa da contrappunto il fatto che nella pratica didattica la carta geografica si riduca quasi sempre a semplice “strumento del geografo” alla stregua di una bussola e venga quasi esclusivamente utilizzata, nel corso degli studi, al solo fine di localizzare e visualizzare i luoghi e i fenomeni che mano a mano vengono affrontati. Nei libri di testo italiani si dedicano alla cartografia solo le pagine iniziali e la modalità attraverso la quale si presentano le carte geografiche è essenzialmente descrittiva e classificatoria (Squarcina, 2007). Sfogliate, poi, queste prime pagine, le carte, che continuano per tutto il corso degli studi ad essere presenti nel discorso educativo, vengono tuttavia proposte quasi esclusivamente come supporto didattico. Come osserva J. Lévy, “sebbene nel mondo scientifico e tecnico si verifichino certe evoluzioni in direzione di una diversificazione delle immagini cartografiche, la formazione degli utilizzatori di questi prodotti non sembra progredire nel sistema educativo, nei media o altrove” (Lévy, 2007, p. 42-43). Così, più in generale, si può affermare di star assistendo ad un paradosso: si producono sempre più carte che tuttavia si interessano sempre meno di chi sono gli utilizzatori, ciò che appare particolarmente vero per la cartografia scolastica. Allo stesso tempo, le implicazioni ideologiche sul piano educativo sono diverse perché è più che plausibile aspettarsi che se non si 15 forniscono le chiavi di lettura per penetrare le capacità seduttive della carta in grado di plasmare la percezione degli spazi, si finisce per far passare per “veri” e “incontestabili” messaggi e significati che sono invece il frutto di scelte e soluzioni convenzionali e discrezionali (Boria, 2007). A partire da queste rapide considerazioni, la questione che si intende porre è la seguente: è possibile, in un percorso di apprendimento in geografia nella scuola di base, arrivare alla conoscenza del territorio e delle logiche sociali che ne motivano la sua stessa costituzione, attraverso la carta geografica? In altri termini: si può immaginare la carta come qualcosa di più di un semplice strumento di supporto alla didattica, qualcosa con una sua autonoma valenza conoscitiva e, dunque, educativa? Tale interrogativo nasce dalla consapevolezza che la rappresentazione cartografica, in ogni caso, costituisce un’impresa conoscitiva collettiva. Più specificatamente, la carta geografica rappresenta una delle modalità attraverso le quali l’attore sociale esprime la sua capacità di governare cognitivamente e simbolicamente la realtà. In tal senso la carta costituisce una meta- geografia che si realizza nel momento in cui dei luoghi denominati vengono riportati sul “foglio” secondo regole e procedure specifiche; una concettualizzazione del territorio che si produce attraverso la traslazione e l’estensione di quel processo – la denominazione – attraverso il quale l’uomo, compattando nei nomi di luogo (designatori) descrizioni e concetti, costruisce un sapere territoriale funzionale al suo progetto sociale, e dunque alle sue esigenze materiali, simboliche e organizzative (Turco, 1988)[2]. Ciò significa che, per rispondere all’interrogativo che ci si è posti, è essenziale capire quali sono le specifiche modalità cartografiche di esprimere e tradurre tale sapere territoriale. Non si tratta tanto di chiedersi cosa la carta rappresenta impostando, come farebbe F. Farinelli (2003), il discorso in termini antinomici (la carta è un’immagine della realtà o è la realtà che si costruisce sull’immagine cartografica?). Piuttosto, si tratta di capire come la carta, in quanto rappresentazione, traduca non solo un modo di vedere il mondo, ma anche di produrre e utilizzare il territorio e costituisca nel contempo un linguaggio per poterne parlare. Approcciando la questione in questi termini, è possibile tentare di sviluppare qualche argomentazione in favore della possibilità di riconoscere alla carta una sua valenza conoscitiva, e dunque educativa, senza per questo prescindere dalle considerazioni che negano tale possibilità. 16 Perché la carta “non può” avere una sua autonoma valenza conoscitiva ed educativa Le risposte in senso negativo alla questione sulla possibilità di pervenire ad una conoscenza del territorio attraverso la sua rappresentazione cartografica sono ormai note. Si può addurre infatti tutta una serie di argomentazioni che vertono essenzialmente sulla considerazione che essendo la carta geografica una rappresentazione convenzionale, geometrica, approssimata, ridotta, parziale ecc. ecc. della realtà, essa è per definizione incapace di dare conto della complessità connaturata in qualunque contesto territoriale. Così, per esempio, il ricorso ai principi euclidei che riducono la Terra a spazio (e misura), escluderebbe la possibilità di accedere attraverso la carta alla natura dei luoghi, ossia alla poliedricità di significati che ogni tratto della superficie terrestre denominato incorpora e veicola ai membri del gruppo umano che rende quel luogo punto di arrivo e nel contempo di partenza delle proprie pratiche di vita. I due principali procedimenti matematici alla base dell’elaborazione cartografica – la riduzione in scala e la proiezione – sono in effetti all’origine di una trasposizione dei luoghi, nello spazio geometrico della carta, in forma e posizione[3]. Per di più, sia la scala che la proiezione, presuppongono l’assunzione di un punto di vista unidirezionale su uno spazio che si postula come continuo, omogeneo e isotropo. Per quanto riguarda più in particolare la proiezione, basterà ricordare come “per Wittgenstein la proiezione è una maniera di cambiare il significato di qualcosa attraverso il cambiamento della tecnica delle sua rappresentazione” (Farinelli, 2003, p. 91). In altre parole, la proiezione cartografica creando lo spazio di qualcosa che a sua volta è anch’esso spazio (l’estensione terrestre), inesorabilmente istituisce un salto logico (metafora) e quindi conoscitivo tra lo spazio della carta e lo spazio terrestre. La scala, poi, più specificatamente implica la questione della selezione e dell’interpretazione, che non ha a che fare solo con il maggiore o minore dettaglio della rappresentazione, con il formato, la forma e il numero dei fenomeni rappresentati. Infatti, il meccanismo della scala, come ricorda Farinelli richiamando Olinto Marinelli, ha ripercussioni anche e soprattutto “sul livello di concettualizzazione (sull’idea che noi ci facciamo) del fenomeno cartografato” (Farinelli, 2003, p. 128). In effetti, l’idea che ci si fa della cosa, in base al meccanismo della scala, discende dalla concatenazione logica (metonimia) che deriva dal mantenimento del rapporto lineare tra due punti. 17 resto, solo approcciando la carta come linguaggio, si rivela la possibilità di ricondurre la rappresentazione spaziale alla “narrazione dei luoghi”, infatti, “il concetto di linguaggio più facilmente si inscrive nella pratica storica, […] secondo Harley, in quanto «spinge a cercare dati empirici tanto su aspetti come i codici e il contesto della cartografia quanto sul contenuto inteso in senso tradizionale» […] Solo sovrapponendo ai luoghi le narrazioni (e i toponimi che spesso le rivelano), i territori, i paesaggi e i giardini incorporano le tradizioni e la storia e le società avviano la costruzione dinamica delle identità” (Quaini, 2007b, p. 173). Perché la carta “può” avere una sua autonoma valenza conoscitiva ed educativa Immaginando, allora, di voler dare una risposta positiva all’interrogativo che ci si è posti circa la possibilità di pervenire ad una conoscenza del territorio attraverso la sua rappresentazione cartografica, sono altre le argomentazioni che si possono addurre. Queste, come si è detto, avranno a che fare con il linguaggio e il funzionamento cartografici. A partire dall’osservazione che la carta è il regno del dove, è possibile sviluppare ragionamenti a sostegno della valenza conoscitiva, e di riflesso educativa, della rappresentazione cartografica. In effetti, il punto è che indicare dove le cose sono, porta a dire anche che cosa sono (Berque, 2000). Il mondo (e il luogo), del resto, non è che il prodotto della relazione tra l’essere (topos) e lo stare (chora). Il luogo, in pratica, che si origina da una posizione, non ha natura cosale: “esso si implementa non tanto attraverso una predicazione cosale (il luogo non si individualizza in base ad «oggetti» che ne costituirebbero attributi), bensì attraverso una predicazione eminentemente condizionale. Con altre parole, la località diventa luogo (topogenesi) grazie ad una pratica (funzione) e grazie alle «condizioni» che si creano, si stabiliscono, si modificano, si distruggono per continuare a svolgere quella pratica o per attivarne altre” (Turco, 2008a). Così, l’analisi cosale, ossia l’analisi degli oggetti geografici, dei luoghi a partire dalla forma e dalla consistenza fisica, è solo uno dei livelli d’indagine della realtà geografica quanto di quella cartografica (Turco, 2004b). Più profondamente, infatti, l’indagine dei luoghi può riguardare anche il livello dei predicati, ossia delle caratteristiche funzionali, pratiche dei luoghi, e il livello delle predicazioni, ossia dei processi che hanno condotto storicamente alla formazione dei predicati (Turco, 2008b). 20 Certo, il problema è capire se e come nella carta ha modo di manifestarsi la relazione nel contempo ecologica, tecnica e simbolica dell’umanità con l’estensione terrestre, ossia hanno modo di esprimersi i predicati dei luoghi e ancor di più hanno modo di esplicitarsi le predicazioni. Perché la carta cambiando lo spazio, il dove delle cose, cambia anche il modo di vederle, cambia in sostanza il modo “di connettere le cose a un tempo allo sguardo e al discorso” (Foucault, 1966, ed. italiana 2006, p. 147). Allora, piuttosto che chiedersi cosa la carta rappresenta, probabilmente conviene interrogarsi sul come essa costruisce immagine e discorso per arrivare ad individuare la cosa rappresentata. E qual è dunque il modo specifico della carta di connettere le cose allo sguardo e al discorso? Intanto, la carta opera, per il tramite del suo supporto – il “foglio”, che sia di carta o che sia lo schermo di un computer – un allontanamento delle e dalle cose, rendendole in tal modo rappresentabili. C. Raffestin vede proprio nella distanza e nell’assenza della realtà l’unica possibilità per la rappresentazione – e dunque per la conoscenza – di darsi e realizzarsi (Raffestin, 2005). In secondo luogo, se come argomenta Foucault la rappresentazione sta al pensiero, e dunque alla conoscenza, come la proposizione sta al linguaggio, si può tentare di includere nella similitudine la carta. A tal fine, come prima cosa, bisognerà esplicitare cos’è una proposizione rispetto al linguaggio: “le funzioni del linguaggio sono ricondotte ai soli tre elementi indispensabili per formare una proposizione: il soggetto, il predicato e il loro nesso. D’altra parte, il soggetto e il predicato hanno identica natura dal momento che la proposizione afferma che l’uno è identico o appartiene all’altro; essi possono dunque, in certe condizioni, scambiare le loro funzioni. L’unica ma decisiva differenza è quella manifestata dall’irriducibilità del verbo: «In ogni proposizione» dice Hobbs «vi sono tre cose da considerare: cioè i due nomi, soggetto e predicato, e il nesso o la copula. I due nomi eccitano nella mente l’idea d’una sola e stessa cosa, ma la copula fa nascere l’idea della causa per cui questi nomi sono stati imposti a questa cosa». Il verbo è la condizione indispensabile ad ogni discorso: e là dove esso non esiste, almeno virtualmente, non è possibile dire che vi sia linguaggio” (Foucault, 1966, ed. italiana 2006, p. 109). Allora, al fine di includere la carta nella similitudine, si può ipotizzare che essa sia in grado di produrre funzioni verbali e, grazie a queste, elaborare proposizioni. 21 Ora, per rispondere alla domanda sulla specifica modalità cartografica di connettere le cose allo sguardo e al discorso, si può affermare che, dal punto di vista del discorso, la carta svolge funzione verbale, instaurando la relazione, il nesso di causalità tra le cose rappresentate; mentre dal punto di vista dello sguardo essa agisce codificando in segni visibili i nomi (soggetto e predicato). A questo punto, dunque, si tratta di capire, nel linguaggio cartografico come si manifestano i nomi e come agisce il verbo, partendo dall’idea, già esplicitata, di carta geografica come espressione del controllo cognitivo e simbolico (denominazione) che una società applica sulla realtà al fine di assicurarsene il governo in funzione di una qualche prassi. In tale prospettiva, la carta è sia un prodotto che una condizione della dinamica conoscitiva che è alla base di qualunque processo di territorializzazione. Pertanto, la carta in quanto linguaggio può essere pertinentemente interpretata solo alla luce del contesto sociale e storico nella quale essa viene realizzata. In tale direzione, e tenendo sempre presente la finalità educativa che ci si propone di perseguire attraverso la cartografia, si potrebbe immaginare un modello concettuale per la problematizzazione del sapere cartografico che ruoti sull’idea di carta come sistema di segni codificati al fine di trasmettere un messaggio. Ma dal momento che “la carta non può disporre in se stessa di punti d’appoggio sistematici e illimitati nel volume per sostenere e sviluppare i suoi ragionamenti” (Lévy, 2007, p. 44), ciò che diventa pertinente soprattutto in funzione didattica è fornire gli strumenti e i dispositivi di traduzione del linguaggio cartografico che tuttavia non riguardano solo la cartografia in sé, ma in una visione più generale, hanno a che fare con l’intero sapere geografico e le modalità di produzione di tale sapere. Il modello concettuale per la problematizzazione dell’approccio alla cartografia, soprattutto in prospettiva didattica, può essere schematizzato come nella figura 1 nella quale sono ben evidenziate la funzione verbale (per il tramite della topografia e della topologia) e la funzione nominale che si realizza nella codificazione in segni cartografici dei contenuti informativi dei nomi di luogo, in particolare di quelli concreti. Più nel dettaglio, per quanto riguarda i nomi, innanzitutto bisogna specificare che non di tutti i nomi si tratta, ma solo di quelli – i designatori, appunto – specificatamente deputati alla designazione dei luoghi, sia essi astratti, immaginari o concreti. In secondo luogo, 22 documento cartografico deriva dal dove cartografico condizionato anche dall’orientamento e dalla quadrettatura (reticolo geografico) del foglio che fissano il punto di vista. Questo è dato dal contenuto referenziale insito nei designatori dei luoghi astratti (punti cardinali) ed immaginari (coordinate geografiche). Infatti, il contenuto informativo dei designatori deputati alla designazione dei luoghi astratti, si manifesta conferendo al foglio l’orientamento; così come il contenuto informativo dei designatori deputati alla designazione dei luoghi immaginari, si manifesta stabilendo un sistema di riferimento assoluto. Ora, è proprio il foglio così specificato (metrico, geometrico, orientato e quadrettato) a svolgere la funzione verbale, a rendere possibile l’instaurarsi di relazioni ed interazioni tra i segni (ossia tra i nomi, i predicati codificati cartograficamente), producendo così la proposizione (figura 2). In altre parole, è proprio la spazializzazione a rendere possibile il meccanismo di specificazione dei predicati e delle predicazioni attraverso le proposizioni. Non può sfuggire, a questo punto, la valenza esplicativa della carta che si gioca sulla capacità di specificare e individualizzare il luogo come “porzione determinata dello spazio che si singolarizza per la sua situazione rispetto ad un insieme, per la cosa che vi si trova o il fenomeno che vi si produce” (Turco, 2008b). In altre parole, la rappresentazione cartografica può costituire una modalità per l’individualizzazione dei luoghi attraverso l’espansione dell’energia “informativa e comunicativa accumulata e veicolata dai nomi che, divenendo finalmente dei costrutti, amplificano l’intelligenza dei fatti, delle situazioni e perché no delle ‘cose’, aiutandoci quindi a spiegare e comprendere” (Turco, 2008b). Applicazioni didattiche nella scuola di base Le implicazione a livello didattico di una tale problematizzazione possono essere diverse. Innanzitutto essa impone la necessità di ridefinire le caratteristiche della carta geografica da mettere in evidenza e/o da far emergere nel processo di apprendimento e il bisogno di esplicitare il funzionamento e il linguaggio cartografico. In sostanza, essa impone l’esigenza di individuare nuovi obiettivi formativi e nuove finalità didattiche da perseguire nel processo di apprendimento centrato sull’importanza di capire il funzionamento ed il ruolo della rappresentazione cartografica e, dunque, sull’importanza del controllo cognitivo e simbolico che la società attua sulla realtà attraverso le carte geografiche (Calandra, 2007). Si tratta, in un certo senso, di far acquisire la capacità di “giocare con le 25 carte”: di smontarle per poi rimontarle, e di montarle per poi smontarle. Ed è proprio sulla funzione verbale della carta, e dunque sul meccanismo dell’interazione tra i segni e i codici che il processo di apprendimento può focalizzare l’attenzione. Del resto, è all’interazione segnica che va ricondotta l’interpretazione e la lettura delle carte al fine di imparare a riconoscere, innanzitutto, i significati- proposizioni prodotti dal documento cartografico; in secondo luogo, il principale intento comunicativo della carta nel suo complesso, che dipenderà evidentemente dal tipo di significazioni che prevale o viene maggiormente enfatizzato dalle interazioni dei segni; in terzo luogo, il contesto storico e sociale della rappresentazione. In tale prospettiva, ciò che risulta rilevante a livello didattico non è tanto la distinzione delle carte in varie tipologie (carte politiche, carte fisiche, carte topografiche, ecc.), quanto piuttosto la distinzione tra intento comunicativo: a) prevalentemente descrittivo, come può essere quello della carta topografica che enfatizza soprattutto la referenzialità; b) prevalentemente performativo, come quello relativo a qualità organizzative del territorio (es. carta politica) o a qualità pratico- organizzative (es. carta dell’uso dei suoli); c) prevalentemente simbolico, come nel caso di carte che valorizzano la dimensione storico-culturale del territorio anche in funzione di una qualche pratica (es. carta turistica). In altre parole, più che impostare il discorso formativo su una classificazione delle carte, si potrebbe spostare la riflessione sugli scopi e le funzioni della rappresentazione cartografica. Insomma, è a questo complesso dispositivo di codici, segni e interazioni tra segni che va ricondotta l’interpretazione e la lettura delle carte geografiche al fine di imparare il linguaggio cartografico e poter dunque riconoscere i significati e il tipo di informazione (referenziale, simbolica, performativa) prodotti dalla carta. Infatti, per effetto del processo di produzione di significati che si realizza all’interno della rappresentazione cartografica, e sulla base delle informazioni contenute e veicolate da tali significati, la carta geografica sviluppa una capacità comunicativa e persuasiva che si manifesta a più livelli: 1) in termini oggettivi, poiché la carta è una immagine della realtà, una rappresentazione del territorio fondata su una interpretazione e 26 una selezione di elementi e componenti, funzionali ad un qualche utilizzo (funzione della carta); 2) in termini soggettivi, perché la carta incorpora l’intenzione dimostrativa ed illustrativa del cartografo che realizza la carta con un preciso intento (scopo della carta) e perché, al di là delle intenzioni di quest’ultimo, i vari interpreti posso realizzare percorsi di lettura autonomi e diversificati; 3) in termini autoreferenziali, in quanto al di là delle intenzioni del cartografo e delle letture degli interpreti, la carta funziona come un ipertesto in grado di produrre autonomamente percorsi, relazioni, significati che scaturiscono dalla contestualizzazione storico-sociale. Riuscire a ricostruire, attraverso la comprensione del linguaggio cartografico, la funzione e lo scopo della carta, nonché il progetto sociale all’interno del quale essa viene prodotta, significa essere in grado di elaborare e/o ricostruire un discorso geografico sul territorio cartografato. A tal fine, è innanzitutto sulla natura (astratta, immaginaria, concreta) e sulla qualità (referenziale, simbolica e performativa) dei luoghi rappresentati che il discorso andrà orientato al fine di esplicitarne la funzione (verbale o nominale) nel documento cartografico. In secondo luogo, è sulle modalità attraverso le quali il contenuto informativo insito nel nome di un qualunque luogo concreto può diventare segno cartografico, che si focalizzerà l’attenzione formativa. Ma soprattutto è sulla funzione verbale, sul meccanismo dell’interazione segnica che si realizza grazie alle qualità e caratteristiche del foglio, che si farà ruotare il processo educativo centrato sulla cartografia. 27
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved