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Riassunto slide + manuale Letterature comparate 22/23 - Carmagnani, Dispense di Letterature comparate

Riassunto delle slide analizzate a lezione, dei riferimenti del manuale analizzato dalla prof. "Il Racconto. Letteratura, cinema, televisione" Giovannetti 2021.

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 07/03/2023

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Scarica Riassunto slide + manuale Letterature comparate 22/23 - Carmagnani e più Dispense in PDF di Letterature comparate solo su Docsity! LETTERATURE COMPARATE LEZIONE 1 MATERIALE: Manuale “Il racconto: letteratura, cinema e televisione” di Giovannetti, Parroci 2021, non da fare integralmente, ci indicherà lei le pagine + argomenti integrativi che non ci sono sul libro (riferimenti a lezione + slide) ESAME: > prima parte: esonero facoltativo scritto, fatto su moodle a distanza, verso la fine del corso, avrà una serie di domande a risposta multipla (quiz) senza domande aperte; le domande appaiono random agli studenti - non si può copiare. > seconda parte: riguarda il romanzo: “il dio delle piccole cose” del ‘96 (analizzato insieme in classe), si tratterà di contestualizzare i romanzi all’interno di due quadri: 1) quello della letteratura post-coloniale, è un romanzo di una scrittrice indiana; 2) il quadro della scrittura del trauma, quindi una scrittura non lineare COS’E’ LA NARRAZIONE? Non vediamo subito la narrazione come la intendiamo noi comunemente come racconti scritti o cinematografici. Partiamo da quella che è stata l’importanza della narrazione, o meglio, da quello che più precisamente chiamiamo il COMPORTAMENTO NARRATIVO, ALL’INTERNO DELLO SVILUPPO DEGLI ESSERI UMANI. > l’HOMO SAPIENS non a caso è stato definito anche homo narrans (= uomo che narra/che è capace di narrare) per sottolineare come esista una TENDENZA INNATA e UNIVERSALE negli esseri umani che appunto noi chiamiamo COMPORTAMENTO NARRATIVO, una tendenza che ha condizionato e dato forma, all’evoluzione delle capacità cognitive degli esseri umani; infatti questa TENDENZA INNATA, UNIVERSALE, che chiamiamo comportamento narrativo, ha dato agli esseri umani e all’homo sapiens tutta una serie di VANTAGGI EVOLUTIVI rispetto alle altre specie. > Cosa intendiamo per vantaggi evolutivi? Facciamo ovviamente riferimento alla TEORIA DI DARWIN: L’ADATTAMENTO > di base Darwin disse che nell'evoluzione biologica, gli organismi viventi mutano, adattandosi all’ambiente in cui vivono e più mutano, più ecacemente si adattano all’ambiente in cui vivono, più aumentano le capacità di SOPRAVVIVENZA della SPECIE. > il COMPORTAMENTO NARRATIVO è un meccanismo, non l’unico, di ADATTAMENTO estremamente ecace degli esseri umani che ha permesso all’homo sapiens di evolversi e di imporsi come la specie dominante. In che cosa consiste questo comportamento narrativo? > sostanzialmente nella capacità di ORGANIZZARE L’ESPERIENZA CONNETTENDO TRA DI LORO EVENTI o ELEMENTI CHE CI CIRCONDANO ATTRAVERSO DEI NESSI LOGICI - TEMPORALI > faccio questo - ottengo questo risultato; è una maniera di organizzare l’esperienza secondo questi nessi di causa-eetto nel tempo. E’ un modo di dare senso alla realtà e all’esperienza secondo dei nessi logico-temporali. Questo lo vediamo già prima dello sviluppo del linguaggio con le NARRAZIONI PRE-LINGUISTICHE > tutti quei reperti e oggetti (pittura rupestre, ornamenti, utensili preistorici) che testimoniano questa CAPACITA’ di organizzare l’esperienza secondo dei nessi logico-temporali > SEQUENZE OPERATIVE: tutti questi oggetti sono stati fatti secondo una sequenza di gesti e operazioni che vengono ripetute e memorizzate e tramandate alle generazioni successive. E’ un modo molto ecace di MEMORIZZARE L’ESPERIENZA. [es. utensili bifacciali: punte di lance, come degli ovali, con due facce. Questa cosa di ripetere l’operazione su due facce, è uno dei primi esempi di sequenze operative, sequenza che viene condivisa tra tutti i membri del gruppo, memorizzata e poi trasmessa.] Ovviamente questo comportamento narrativo trova il suo enorme sviluppo nel momento in cui comincia a svilupparsi il LINGUAGGIO, anzi, questo comportamento narrativo è proprio alla BASE DELLO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO. FASI DELLO SVILUPPO LINGUISTICO-COMUNICATIVO DEI BAMBINI: attraverso tipologie successive di narrazioni diverse > SCRIPT: nel momento in cui il bambino è ancora piccolo, viene ESPOSTO RIPETUTAMENTE A TUTTA UNA SERIE DI DETERMINATE SITUAZIONI CHE SONO SEMPRE LE STESSE, l’adulto verbalizza queste situazioni [es. asilo, il genitore che dice “ora ci togliamo il cappotto”, “appendiamo il cappotto”, “cambiamo le scarpe”, ogni giorno questa sequenza di azioni viene RIPETUTA DALL’ADULTO], abbiamo uno SCHEMA NARRATIVO DI AZIONI che si succedono nel tempo in maniera logico-causale, che il bambino SENTE RIPETUTAMENTE VERBALIZZARE DALL’ADULTO e che a sua volta poi riesce a VERBALIZZARE LUI STESSO. Questo è il primo esempio nello sviluppo del bambino di una STRUTTURAZIONE DELLE ESPERIENZE IN MANIERA LOGICO-TEMPORALE = sequenze operative > seconda fase: in cui il bambino riesce ad ELABORARE UN RESOCONTO DI ESPERIENZE PERSONALI che gli sono accadute, facendo una NARRAZIONE che mantiene un ORDINE CRONOLOGICO. In genere, oltre alla strutturazione cronologica, il bambino riesce a mettere in EVIDENZA un EPISODIO CENTRALE per lui > CENTRO EMOTIVO DELLA SUA ESPERIENZA (EMOZIONE: elemento importante nell’organizzazione dell’esperienza, non soltanto nelle sequenze operative, ma anche attraverso la componente emotiva). Strettamente legata alla narrazione, abbiamo l’IMMAGINAZIONE > capacità di oltrepassare, andare oltre l’elaborazione della nostra semplice esperienza per rappresentare qualcosa che non c’è, che non esiste nella realtà, quindi si tratta di una FORMA DI PENSIERO in qualche modo CREATIVO, perché è un pensiero che riesce a compiere già un’operazione in più rispetto a quelle viste fino ad adesso, cioè a distaccarsi da quelli che sono gli stimoli oerti dalla realtà che ci circonda e distaccandoci da questo piano più immediato che è quello della REALTA’, ci permette di realizzare delle nuove forme di conoscenza. qualcosa, noi non crediamo veramente che questa cosa esista, ma siamo capaci di rappresentarla, di stare dentro questa immaginazione, di trarne una serie anche di emozioni positive: piacere, rassicurazione, spiegazioni di certe cose nel caso della religione]. Quindi è evidente che nel momento in cui uno si rappresenta ed esprime una cosa che non esiste, sapendo che non esiste, siamo vicini al concetto di menzogna, dire qualcosa che non è conforme alla realtà, sapendo che non lo è. > Noi possiamo dire delle cose che non sono conformi alla realtà senza saperlo, invece mentiamo quando sappiamo che stiamo dicendo qualcosa che non corrisponde al vero. Lo stesso meccanismo è quello dell’immaginazione: ci rappresentiamo qualcosa che non corrisponde alla realtà, che è diverso dalla realtà, sapendo che lo stiamo facendo. Questo film è geniale perché mostra il VANTAGGIO ADATTIVO che questa capacità dà agli esseri umani, questo uomo che parte dall’essere un po’ “sfigato” e che poi diventa un uomo di successo e questo mostra bene quale sia il vantaggio adattivo di possedere questa capacità immaginativa. Un altro dei vantaggi adattivi oerto dall’immaginazione, è quello che noi chiamiamo ESONERO DALLA REALTA’, ed è relativo ad un’emozione molto precisa, che è l’emozione dell’ANSIA. > l’ANSIA è un sentimento, un’emozione spiacevole, perché porta con sé la paura, l’angoscia, la preoccupazione e noi proviamo quest’emozione di ansia quando percepiamo una MANCANZA DI CONTROLLO in tutte le situazioni di incertezza o di rischio. [es. ho un esame domani, non so come andrà > mi viene l’ansia] Di base l’ansia rappresenta uno SVANTAGGIO ADATTIVO perché se ci lasciamo prendere dall’ansia, sappiamo che i nostri risultati e la nostra performance sarà meno buona, ma l’ansia ha due facce: > è un’emozione ANTICIPATORIA, cioè anticipa che cosa potrebbe accadere e quindi va ad innescare nella nostra mente la costruzione di tutta una serie di scenari ipotetici che possono essere così catastrofici da bloccarci completamente [es. l’esame andrà malissimo, non riuscirò a parlare ecc. > e poi di fatto succede così perché si ha talmente tanta ansia che non si riesce ad essere performanti] > quest’ansia, d’altra parte, può essere anche un VANTAGGIO ADATTIVO, perché ci prepara ad elaborare delle strategie per arontare questi scenari ipotetici, anche i peggiori, e quindi ore maggiori possibilità di sopravvivenza. [es. una persona che non avesse mai ansia, si troverebbe in situazioni pericolose, incapace di arontarle. Per esempio ci si trova in un campo gelato e bisogna passare la notte fuori. Se la persona comincia a sentire il freddo, capisce che non ha modo di ripararsi etc. magari inizia ad elaborare degli scenari ipotetici attraverso i quali potrebbe sopravvivere e proteggersi]. L’ansia ha quindi DUE FACCE, dipende tutto da quanto la si riesce a tenere sotto controllo. Gli schemi narrativi finzionali ci proiettano in delle situazioni che noi chiamiamo CONTROFATTUALI. > una situazione CONTROFATTUALE, è una situazione alternativa alla realtà, alla situazione reale e quindi, proiettandoci in queste situazioni controfattuali, rendono la realtà meno invadente, meno pesante psicologicamente, e quindi ci orono quello che noi chiamiamo un “ESONERO DALLA REALTA’”, la possibilità di elaborare delle strategie ipotetiche di comportamento, senza avere la pressione del doverlo fare immediatamente nella realtà. Per questo motivo, per esempio, nelle terapie contro l’ansia, la fruizione di racconti finzionali, è qualcosa che si fa comunemente perché appunto, le persone immerse in un mondo finzionale si lasciano andare, è un’immersione che viene favorita dall’INIBIZIONE dell’esperienza motoria: noi siamo davanto ad un libro, davanti ad uno schermo, immersi in un mondo finzionale, non ci muoviamo e il fatto di non muoverci (e l’esperienza motoria attiva una serie di risposte sia mentali che fisiche), invece non muovendosi, immersi in questo mondo finzionale, siamo in uno stato di distensione, osserviamo tutta una serie di vicende anche potenzialmente tragiche, tormentate, ma noi non siamo dentro quel mondo lì, quindi siamo esonerati dalla realtà di quel mondo, ma allo stesso tempo ci siamo immersi dentro e possiamo elaborare anche in maniera inconsapevole tutta una serie di appunto, STRATEGIE IPOTETICHE DI COMPORTAMENTO [es. “se io fossi al posto di quel personaggio lì, farei così” oppure “quel personaggio ha fatto così, è una buona idea in eetti reagire in quel modo”] e quindi permettere di elaborare questi scenari ipotetici senza avere la pressione della realtà che ci impone di mettere in atto subito determinate strategie. L’INTEGRAZIONE L’integrazione dell’immaginazione negli schemi della narrazione, quindi, permette di CONTROLLARE, in certi casi addirittura di AZZERARE, gli eetti negativi dell’ansia e di trasformare quelli che sono gli SVANTAGGI ADATTIVI DELL’ANSIA, in VANTAGGI ADATTIVI, tipicamente l’immersione malsana dentro gli scherni, a guardarsi fiction, è proprio un segno di voler staccare rispetto all’ansia che la realtà ci provoca, per cui il fatto di stare chiusi in cameretta a guardare una serie dopo l’altra, ore un sollievo a questo peso della realtà. Quest’idea di immaginazione ricorda il “sognatore” de “Le Notti Bianche” di Dostoevskij, l’idea di fuggire dalla realtà, di creare degli scenari immaginari e quando si presenta l’idea di dover ritornare alla realtà, questa si presenta come spaventosa. Il sogno ad occhi aperti equivale anche a quello che abbiamo detto sull’immaginazione, il fatto di potersi proiettare in una situazione, in un mondo diverso da quello che stiamo vivendo. RUOLO DELLA NARRAZIONE NELL’ELABORAZIONE DELLA COSCIENZA DI SE’ Il sé, è quella struttura mentale che ci permette di autodefinirci, cioè la coscienza di sé è la PERCEZIONE CHE NOI ABBIAMO DELLA NOSTRA IDENTITA’ PERSONALE. Questa costruzione e percezione dell’identità è il risultato dell’INTERAZIONE COSTANTE tra IO e MONDO ESTERNO, quindi le persone che noi incontriamo, le cose che noi facciamo, gli stimoli che riceviamo dall’ambiente che ci circonda. [Uno psicologo, Bruner, psicologo cognitivista, ha elaborato l’idea del sé narrativo, cioè l’idea che la coscienza di sé, si struttura in buona parte sotto forma di NARRAZIONI. E’ molto bella la definizione che dà Bruner del sé narrativo, il quale è “l’insieme delle storie che noi raccontiamo su noi stessi e che gli altri raccontano di noi”, quindi mettendo insieme le storie che noi stessi raccontiamo di noi e quello che gli altri raccontano di noi, questo ci ore quello che è poi la coscienza di noi stessi]. Questa costruzione è una costruzione che si svolge nel TEMPO, ovviamente non è fissa, si svolge, si trasforma, attraverso eventi, emozioni, esperienze, le personi che incontriamo, quindi è un PROCESSO questa COSTRUZIONE DELLA COSCIENZA DI SE’, “è qualcosa che - dice sempre Bruner - io vado agendo mentre vivo la mia vita, sono cosciente di me stesso, anche solo implicitamente, perché agisco in una determinata maniera, di conseguenza io, il mondo intorno a me e le persone con cui interagisco, hanno un senso intorno a me in quanto posso collocarli, e implicitamente lo faccio, in una narrazione”. Quindi mentre vivo la vita, mentre agisco io sono, anche se non ci penso, cosciente di me stesso e di quello che faccio (a meno che non abbia delle gravi patologie) e di conseguenza il mio io e tutto quello che mi circonda prende senso per me, in quanto via via che vado avanti nella mia vita, lo colloco anche IMPLICITAMENTE in una narrazione. Non ho bisogno di dire “c’era una persona che si chiamava così che sono io, che poi ha fatto questo…” ma implicitamente io costruisco una narrazione nella mia mente di chi sono e questo lo vediamo particolarmente bene quando ci troviamo, nel corso della nostra vita, davanti a un qualche tipo di squilibrio, a un imprevisto, a una dicoltà e di fronte a questo tipo di squilibrio, la narrazione può INTERVENIRE addomesticando lo squilibrio, la dicoltà, l’imprevisto e trasformandola invece in un evento che apre delle possibilità nuove. [es. si brucia la casa, perdo la casa, avrò inizialmente una reazione di disperazione in cui non saprò cosa fare, sarò presa dallo sconforto, poi però attraverso una serie di meccanismi narrativi, io potrò dirmi che infondo questa cosa che è successa, ha un senso, perché magari era da tempo che volevo dare un cambio radicale alla mia vita, e questo evento mi permetterà magari di farlo, insomma mi racconto tutta una serie di cose che permettono di trasformare questo evento, questo squilibrio, in qualche cosa che invece apre a delle nuove possibilità e questo tipo di processo mentale che io faccio è un processo narrativo]. Bruner infatti fa una riflessione in cui dice che ”l’uomo è sempre combattuto tra l’agio della credibilità (cioè la tranquillità di una vita prevedibile in cui le cose si susseguono sempre come noi le possiamo prevedere) e invece l’eccitazione dell’imprevisto”. Questa è una questione anche CARATTERIALE, ci sono persone che si annoiano in una vita eccessivamente sicura e prevedibile, hanno bisogno in maniera regolare di qualche cosa di nuovo che arriva, potenzialmente rischioso e pericoloso, ma anche molto eccitante proprio perché apre a NUOVE POSSIBILITA’, però in una certa misura, chi più chi meno, siamo tutti divisi tra questi due poli. MOMENTO TRAUMATICO, e normalmente a questo punto il lavoro del terapeuta ha DEPOTENZIATO questo momento traumatico dalla sua CARICA EMOTIVA NEGATIVA e a questo punto chiede al paziente: “adesso rivedendo e ripensando a quell’immagine, quanto è dolorosa da 1 a 10? ”, normalmente se è andata bene, dovrebbe essere sceso di molto. Di nuovo quindi arriviamo all’idea di una NARRAZIONE COERENTE, in questo caso anche EMOTIVAMENTE DEPOTENZIATA. Quindi la narrazione è un elemento e uno strumento CHE RINFORZA LE DIFESE CONTRO IL TRAUMA, RINSALDA L’IDENTITA’, INCREMENTA STIMA DI SE’ e anche la CAPACITA’ DI ESSERE EFFICACI NELLA VITA e di AFFERMARSI, la narrazione è proprio lo STRUMENTO PRINCIPALE DELLE PSICOTERAPIE. NARRAZIONE DEL TRAUMA > NARRAZIONE LINEARE: come quella che abbiamo visto essere la riscrittura del sé e la costruzione narrativa del sé > NARRAZIONE NON LINEARE: la scrittura del trauma, i testi che vogliono raccontare il trauma tipicamente mettono in scena quelli che sono i sintomi del PTSD e quindi ci orono una narrazione frammentaria in cui la cronologia viene completamente esplosa, abbiamo dei frammenti che poi tocca al lettore cercare di rimettere insieme. LEZIONE 2 NARRAZIONE nel senso di RACCONTO, orale, scritto, rappresentato su un palcoscenico, basta che sia un RACCONTO. Non è così facile trovare le caratteristiche per definire un racconto. Nella narratologia si parla di ENUNCIATO NARRATIVO > CONDIZIONI MINIME PERCHE’ UN TESTO POSSA ESSERE DETTO RACCONTO. [es. di enunciato narrativo minimo: “Il re morì, poi morì la regina” - Foster > abbiamo una SUCCESSIONE TEMPORALE DI AVVENIMENTI, questi due eventi sono implicati a livello CAUSALE, manifesta una SEQUENZIALITA’ e una LOGICA più o meno riconoscibile] Perché ci sia un racconto, non è assolutamente necessario che le relazioni logico-temporali siano manifestate in MANIERA ESPLICITA. NARRAZIONI FINZIONALI > sono tutte quelle narrazioni che creano un mondo finzionale, il MONDO DELLA STORIA, popolato di personaggi ed eventi; tutte le altre caratteristiche sono racchiuse in uno SCRIPT NARRATIVO FINZIONALE. > Questi personaggi e questi eventi che popolano il mondo della storia, possono benissimo essere dei personaggi o degli eventi REALI e STORICAMENTE DOCUMENTATI; nel momento in cui siamo dentro un racconto finzionale, questi personaggi e questi eventi storici devono essere FINZIONALIZZATI > il racconto sembra essere in grado di avere accesso a tutta una serie di aspetti dell’ESPERIENZA UMANA (emozioni, sentimenti) a cui è impossibile giungere solo attraverso gli strumenti della RICOSTRUZIONE STORICA. [es. romanzo storico/realista dell'epoca di Napoleone, può apparire la figura di Napoleone ma, o rimane sullo sfondo e ci si focalizza solo sui personaggi finzionali, oppure se la figura reale di Napoleone entra nel racconto finzionale, quest’ultimo andrà a raccontare emozioni, pensieri e sentimenti che il racconto storico non sarebbe in grado di fare > FINZIONALIZZAZIONE DELLA REALTA’] Questo tipo di meccanismo per cui il narratore ha accesso a tutta questa dimensione, si chiama SUPPOSIZIONE > il narratore SUPPONE tutta una serie di cose che riguardano personaggi ed eventi storici. I personaggi di eventi storici possono essere raccontati attraverso un PUNTO DI VISTA ECCENTRICO, un personaggio MINORE a livello della grande storia, ma IMPORTANTE all’interno della FINZIONE, personaggio FINZIONALE attraverso cui il racconto presenta EVENTI STORICI E PERSONAGGI. [es. romanzi di Wu Ming sono basati proprio sull’idea di raccontare la grande storia dal punto di vista dei marginali, che in qualche modo ci danno accesso a degli eventi storici - romanzo famosissimo “Q”, parla della storia di Martin Lutero, raccontata attraverso le vicende di personaggi finzionali]. > Caratteristica importante dei racconti finzionali, il mondo della storia deve subire una serie di TRASFORMAZIONI, causate da una serie di EVENTI. Non può essere un mondo statico, ma deve essere un mondo che si trasforma, questo avviene in una fondamentale DIMENSIONE TEMPORALE > il racconto deve permettere una RETE DI RELAZIONI CAUSALI, obiettivi, motivazioni psicologiche dei personaggi, intorno agli eventi narrati Anche in questo modello qui, ritroviamo sia la dimensione temporale che la dimensione causale, fondamentale in un qualsiasi concetto di narrazione. La dimensione del TEMPO e delle CAUSE EFFETTO (base di qualsiasi concetto di narrazione). Importante considerare anche il MEDIUM attraverso cui viene VEICOLATO il racconto. Normalmente si distingue in: > MEDIA NARRATIVI: tutti quei media che sono in grado di articolare in maniera ESPLICITA tutta una serie di relazioni logico-temporali Primo MEDIUM per eccellenza: LETTERATURA > perché la letteratura è un MEDIUM che funziona sulla base del LINGUAGGIO, e il linguaggio è il CODICE SEMIOTICO che meglio si presta ad articolare questi nessi logico-temporali, capace sopra tutti gli altri, di articolare in maniera chiara questi nessi logico-temporali. > in teatro, questi nessi vengono articolati attraverso le AZIONI che vengono DIRETTAMENTE RAPPRESENTATE sulla scena e si susseguono sulla scena > altro MEDIUM NARRATIVO, il RACCONTO GRAFICO, come le graphic novel o i fumetti, in cui i nessi vengono articolati attraverso una SEQUENZA DI IMMAGINI > anche il CINEMA, dove i nessi sono articolati attraverso delle SEQUENZE DI IMMAGINI IN MOVIMENTO, elaborate attraverso il montaggio Ci sono anche dei MEDIA non narrativi, come la pittura, la scultura, musica, fotografia etc. che non sono in grado di articolare in maniera ESPLICITA questi nessi logico-temporali. Anche se i media NON NARRATIVI, non sono in grado di articolare ESPLICITAMENTE questi nessi logico-temporali, possono evocare in chi ne fruisce la RAPPRESENTAZIONE MENTALE DI UNA STORIA > possono produrre delle opere dotate di NARRATIVITA’. > NARRATIVITA’ = capacità di evocare la rappresentazione MENTALE di una storia, ci sono diversi gradi di narratività possibili. > immagini a confronto: 1) FISH MAGIC, Klee, 1925 2) e 3) L’EMPIRE DES LUMIERES, Magritte, 1939 - 1967 4) e 5) serie SOUTHERN LANDSCAPE, S. Mann, 2013 e serie IMMEDIATE FAMILY Dinanderie, davanti a Saint-Romain, Saint-Vivien, SaintMaclou, Saint-Nicaise, davanti alla dogana, alla 405 Basse-Vieille-Tour, ai Trois-Pipes e al Cimitero Monumentale. Ogni tanto il cocchiere, da cassetta, lanciava alle osterie sguardi disperati. Non capiva quale furia locomotoria spingesse questi individui a non volersi più fermare. Ci provò, qualche volta, ma subito sentì dietro di sé esclamazioni di collera. Frustava allora con tutta la sua energia le due rozze tutte sudate, senza curarsi dei sobbalzi che li facevano traballare di qua e di là, infischiandosene di tutto, demoralizzato e quasi piangente di sete, di fatica e di malinconia. E al porto, in mezzo ai carri e ai barili, nelle strade, agli angoli delle vie, la gente apriva tanto d'occhi di fronte a questo fatto così straordinario in provincia, una vettura con le tendine accostate, che riappariva di continuo, più chiusa di una tomba e sballottata come un bastimento. Una volta, a metà pomeriggio, in aperta campagna, nel momento in cui il sole dardeggiava con più accanimento contro le vecchie lanterne argentate, una mano nuda passò sotto le tendine di tela gialla e gettò fuori dei pezzetti di carta stracciata che si dispersero al vento e caddero lontano, come farfalle bianche, su un campo di trifoglio rosso tutto in fiore. Poi, verso le sei, la vettura si fermò in un vicolo del quartiere Beauvoisine, e ne discese una donna che si allontanò, con il volto coperto e senza voltare la testa.” E’ un episodio celeberrimo del romanzo, il punto di vista utilizzato è ESTERNO, perché il narratore decide di non mostrarci tutto, ma soltanto la carrozza che gira, focalizzandosi su un personaggio secondario come il cocchiere. Questo episodio in particolar modo, è stato oggetto di scandalo. Quando noi ricordiamo questo passaggio nella nostra mente, lo ricordiamo legato al RITMO della carrozza, che gira senza mai fermarsi. Esempio di come un testo scritto possa evocare delle immagini mentali, legate al MOVIMENTO, in questo caso. Non è un caso che questa immagine rimanga così tanto nella nostra mente. Il movimento è una di quelle cose che STIMOLANO il lettore e la costruzione mentale di una storia. La struttura logica di una narrazione viene memorizzata sotto forma di PROPOSIZIONI LINGUISTICHE, ma ci sono tutta una serie di tipi di immagini che arricchiscono la rappresentazione generale in MODI NON LINGUISTICI > la narrazione è quindi un COSTRUTTO MULTIMEDIALE = CHE EVOCA DIVERSI MEDIA MENTALI e che richiede quindi a chi studia un approccio transmediale, che fa emergere la COMPRESENZA DI DIVERSI CANALI DI RICEZIONE. Dall’altra parte, la narrazione è veicolata da MEDIA SPECIFICI, dotati di specifiche caratteristiche tecniche e materiali, il medium non è un canale vuoto attraverso cui passano le narrazioni. [es. il cinema = racconta attraverso macchina da presa, immagini in movimento + audio contro la letteratura che utilizza il linguaggio] MCLUHAN: “il medium è il messaggio” > la specificità del medium determina il modo in cui una narrazione viene raccontata e fruita, e quindi determina in definitiva, il CONTENUTO STESSO DELLA NARRAZIONE. Ci sono tanti campi di studio che lavorano sulle RELAZIONI NARRATIVE TRA MEDIA DIVERSI: > INTERMEDIALITA’: rappresentazione di un medium all’interno di un altro medium [es. descrizione di un film o di una fotografia dentro un romanzo = ecfrasis] > MEDIUM CHE IMITA LE TECNICHE DI UN ALTRO MEDIUM [es. tecniche narrative cinematografiche in un romanzo, o viceversa] > MEDIUM CHE ASSUME LA FUNZIONE SOCIALE DI UN ALTRO MEDIUM [es. cosa accade alla narrazione filmica quando si impongono le serie tv?] > ADATTAMENTI [es. trasposizione di un romanzo in un film, di un film in un videogioco…] IMMERSIVITA’ I media sono più o meno “immersivi” > IMMERSIONE: qualità cognitiva fondata sulla sensazione suscitata da una situazione reale o da uno spazio virtuale, che può suscitare dei gradi diversi di immersione, di trovarsi dentro un ambiente e di essere parte di esso. Il grado massimo di immersione, corrisponde alla costruzione di una RELAZIONE NON MEDIATA con chi fruisce il racconto: dimentichiamo che la nostra esperienza è mediata da una serie di parole sulla pagina di un libro, o da immagini proiettate su uno schermo, e abbiamo la sensazione di essere parte del mondo finzionale, sensazione che si chiama di PRESENZA. Con certi media, questo non avviene sempre, ci sono testi narrativi e romanzi che suscitano spesso questa sensazione di presenza, ce ne sono altri che non vogliono suscitarla. IMMAGINAZIONE: capacità di OLTREPASSARE l’elaborazione della nostra esperienza per rappresentarsi qualcosa che non c’è > CAPACITA’ DI SIMULARE QUALCOSA CHE NON C’E’. > IMMAGINAZIONE = SIMULAZIONE > processo mentale che avviene “o-line”, DISCONNESSO dai normali input sensoriali > i racconti finzionali INCORAGGIANO E GUIDANO questo processo di simulazione, orendoci il materiale su cui ELABORARE la nostra simulazione > IMMERSIVITA’ del RACCONTO > “PRESENZA”: il processo di simulazione provoca in chi fruisce il racconto, una serie di RISPOSTE “AFFETTIVE” al mondo finzionale > percezioni sensoriali, stati d’animo, emozioni > IMMAGINI MULTIMODALI: stimolano la simulazione/risonanza del sistema percettivo > LA RAPPRESENTAZIONE DI UN MOVIMENTO NELLO SPAZIO intensifica ulteriormente il processo di simulazione, dando vita ad un più forte senso di presenza dentro lo spazio > si hanno delle RISPOSTE SENSO-MOTORIE che suscitano un insieme di emozioni correlate Sono nozioni che provengono da ambiti dierenti, ma accomunate da un approccio cognitivo comune, fondato sui modelli oerti dalle neuroscienze. A partire dagli anni 90, lo sviluppo di tecnologie non invasive per investigare il funzionamento cerebrale (la risonanza magnetica funzionale), ha dato luogo a una svolta epocale non solo in ambito medico, ma anche umanistico. Il concetto fondamentale di questo approccio cognitivo, è quello dell’EMBODIMENT. Tradizionalmente il funzionamento degli esseri umani si fondava su una dicotomia tra mente e corpo; questa dicotomia ancora permane nelle credenze comuni. Le neuroscienze hanno dimostrato che questa separazione è un’invenzione e che in realtà, i processi cognitivi coinvolgono tutto il corpo e il cervello come parte di esso > il nostro corpo è la fonte principale a partire da cui si elabora la coscienza di sé e degli altri, e sulla cui base si sviluppano tutte le forme di cognizione esplicite e linguisticamente mediate > EMBODIED COGNITION > “cognizione incarnata”, il fatto che la cognizione umana è profondamente incarnata nel nostro corpo. NEURONI SPECCHIO Sono neuroni presenti nell’uomo e anche in diversi tipi di animali (scimmie, pipistrelli, ratti e uccelli) e rispondono a stimoli motori e visivi. Si attivano in funzione dello scopo che vogliamo raggiungere, simulando mentalmente il movimento necessario per compiere l’azione [es. atleta che si prepara a saltare con l’asta: nella sua mente simula i movimenti da compiere]. La cosa interessante è che si attivano anche nel momento in cui osserviamo le azioni e le emozioni altrui (da qui il nome neuroni specchio). A questo possiamo associare il “mind reading”, ovvero la comprensione istantanea delle emozioni altrui. Questi neuroni quindi, si attivano quando noi immaginiamo di compiere un’azione e quando siamo immersi in un mondo finzionale. NARRATOLOGIA: LO STUDIO DEL RACCONTO Nasce nei primi decenni del XX secolo con un gruppo di studiosi, chiamati “formalisti russi”, che concepiscono il TESTO LETTERARIO come un OGGETTO LINGUISTICO, in cui il linguaggio va a DISTACCARSI da quella che è la sua FUNZIONE PRATICA DI COMUNICAZIONE quotidiana, e va a “defamiliarizzare” la nostra percezione della realtà (concetto di STRANIAMENTO). Studiano l’organizzazione linguistica e strutturale del testo (morfologia del testo); uno dei testi fondamentali di questa prima fase della narratologia, è il testo di PROPP, “MORFOLOGIA DELLA FIABA”. Propp prende tantissime fiabe russe e va a cercare le costanti presenti in tutte le fiabe: crea, quindi, una base strutturale per tutte le fiabe, lo “scheletro”, la morfologia. Nel 1960, Todorov, ha l’idea di cominciare a tradurre questi testi dal russo al francese e poi in inglese: qui inizia la seconda fase della narratologia, che è lo STRUTTURALISMO. Un autore fondamentale di questo periodo è Genette, che scrive “Figure III”, pubblicato nel 1970. Per riassumere, il testo letterario è concepito come un OGGETTO LINGUISTICO AUTONOMO e AUTOREFERENZIALE, i cui significati sono contenuti nelle sua struttura interna; non esistono, quindi, significati “fuori” dalla struttura del testo. I primi studi sul racconto cinematografico, si sono ispirati alla narratologia classica (cioè ai lavori fatti sul testo), ora si basano, anche loro, sulle neuroscienze. l’apparente OGGETTIVITÀ. Paragona il quartiere ad un QUADRO: “somiglia ad una cornice di bronzo, la sola che si addica a questo racconto, per preparare la mente al quale non si sprecherebbero i colori foschi, i pensieri gravi” > la strada che lui ci descrive sarebbe la CORNICE di un quadro che rappresenta il quartiere, quartiere che se dovesse essere dipinto, dovrebbe essere dipinto con dei colori foschi. Ci dice anche appunto come il LETTORE DEVE PREPARARE LA MENTE A QUESTO RACCONTO che dovrà avere dei “pensieri gravi”. Altro paragone: l’idea che il narratore si sta avviando come un viaggiatore che scende verso le catacombe, verso uno spazio oscuro e fosco “così come di scalino in scalino la luce va scemando e il canto della guida s'incupisce quando il viaggiatore scende nelle Catacombe. Paragone vero! Chi deciderà se siano più orribili a vedersi cuori inariditi o teschi vuoti?”. E’ un narratore pieno di sé, COMMENTA LUI STESSO IL SUO PARAGONE, e poi la domanda retorica. In tutti questi passaggi entra direttamente a COMMENTARE quello che sta dicendo, o a porre domande retoriche.] > Descrive le strade di questo quartiere, la pensione (che sarà lo SPAZIO NARRATIVO CENTRALE DEL ROMANZO) in maniera CONNOTATA, ci dà un’immagine PRECISA di questo quartiere: quartiere morto, silenzioso e misero, usando alcune TECNICHE NARRATIVE. > E’ un narratore molto INTRUSIVO che GUIDA IL LETTORE e gli dice come si deve sentire, cosa si deve rappresentare etc. Emana grande AUTOREVOLEZZA SUL SUO RACCONTO, dice ciò che si deve immaginare e il lettore deve fidarsi del narratore. Non sono tutti così però i narratori. ALTRO ESEMPIO: MADAME BOVARY - FLAUBERT G. Flaubert, Madame Bovary, parte II, cap. 1 “Yonville-l'Abbaye (così chiamata per via di un'antica abbazia di Cappuccini, le cui rovine non esistevano neanche più) è un borgo situato a otto leghe da Rouen, fra la strada di Abbeville e quella di Beauvais, in fondo a una valle bagnata dal Rieule, un fiumiciattolo che si getta nell'Andelle, dopo aver fatto girare le ruote di tre mulini poco prima del suo sbocco e nelle cui acque vive qualche trota che la domenica i ragazzi si divertono a pescare con le canne. Si lascia la strada maestra alla Boissière e si procede in pianura fino alla sommità della salita di Leux, dalla quale si domina tutta la vallata. Il fiume che l'attraversa dà origine a due regioni dalla diversa fisionomia: a sinistra prati e pascoli, a destra terreni coltivati. I prati si stendono ai piedi di un semicerchio di basse colline per poi congiungersi ai pascoli della regione di Bray mentre, verso est, la pianura sale dolcemente e, allargandosi, dispiega a perdita d'occhio i biondi campi di grano. L'acqua che scorre in mezzo all'erba divide con una riga bianca il colore dei prati da quello dei solchi, e fa rassomigliare la campagna a un grande mantello spiegato con il collo di velluto orlato da un gallone d'argento. Quando si arriva, all'estremo orizzonte si profilano le querce della foresta d'Argueil contro i dirupi del colle Saint Jean, segnato dall'alto in basso da strisce rosse irregolari, create dall'acqua piovana; i toni color mattone che risaltano in linee sottili sul grigiore della montagna sono dovuti al gran numero di sorgenti ferruginose che scorrono nella regione circostante. Ci troviamo sui confini della Normandia, della Piccardia e dell'Ile-de-France, in una regione ibrida, ove la parlata è senza accento come è senza caratteristiche il paesaggio. Qui si producono i peggiori formaggi di tutta la zona di Neufchâtel, qui le colture sono dispendiose in quanto si rende necessaria una gran quantità di concime per rendere fertili queste terre friabili, piene di sabbia e di pietre. Fino al 1835 non esisteva alcuna strada carrozzabile per arrivare a Yonville ma verso quest'epoca venne costruita una strada vicinale che congiunge la via maestra di Abbeville con quella di Amiens e viene percorsa, talvolta, dai carrettieri, i quali da Rouen vanno nelle Fiandre. Ciò nonostante, Yonville-l'Abbaye, rimane stazionaria a dispetto dei nuovi sbocchi. Invece di migliorare le colture, la gente del luogo, si ostina a produrre foraggi, per quanto, siano disprezzati e la pigra borgata ha continuato, a espandersi con un processo naturale, evitando la pianura verso il fiume. La si vede da lontano, adagiata lungo la riva, come un vaccaro che faccia la siesta vicino all'acqua.” > il narratore ci descrive la REGIONE e poi il PAESINO dove vanno a vivere i protagonisti. Il narratore fa una descrizione più MOVIMENTATA e ci CONDUCE VERSO IL PAESAGGIO; è una descrizione molto più OGGETTIVA. Inizialmente è una descrizione SOLAMENTE DELLA NATURA, senza alcun GIUDIZIO. > Viene pubblicato qualche decennio dopo il romanzo di Balzac e ha rappresentato una grossa NOVITA’ nel paesaggio narrativo. [fa rassomigliare la campagna ad “un grande mantello spiegato con il collo di velluto orlato da un gallone d’argento”, immagine LIRICA e VISIVA che non va a dare un GIUDIZIO SULLA BELLEZZA DEL PAESAGGIO.] Ci dà notizie CULTURALI, ECONOMICHE e STORICHE, “Fino al 1835 non esisteva alcuna strada carrozzabile per arrivare a Yonville ma verso quest'epoca venne costruita una strada vicinale che congiunge la via maestra di Abbeville con quella di Amiens e viene percorsa, talvolta, dai carrettieri, i quali da Rouen vanno nelle Fiandre.”. Questa strada è stata costruita, ma qui INTERVIENE VELATAMENTE con un GIUDIZIO: “Ciò nonostante, Yonville-l'Abbaye, rimane stazionaria a dispetto dei nuovi sbocchi. Invece di migliorare le colture, la gente del luogo, si ostina a produrre foraggi, per quanto, siano disprezzati e la pigra borgata ha continuato, a espandersi con un processo naturale, evitando la pianura verso il fiume. La si vede da lontano, adagiata lungo la riva, come un vaccaro che faccia la siesta vicino all'acqua.” Ci dà l’immagine di un luogo estremamente chiuso, in un modo però molto DELICATO, luogo dove nonostante le innovazioni, la gente fa dicoltà ad accettare i CAMBIAMENTI. Questo serve a preparare gradualmente il racconto della vita di Emma in questo paese, talmente chiuso, fermo e stazionario, quindi la sua insoerenza cresce sempre di più. > NARRATORE INVISIBILE (grande novità): narratore che non mostra la sua presenza in maniera così EVIDENTE. Talmente invisibile che poi, nel corso del racconto, si NASCONDE DIETRO I PUNTI DI VISTA DEI PERSONAGGI. E’ un narratore IMPERSONALE e OGGETTIVO, tiene saldamente in mano le redini della propria storia. IL GIOVANE HOLDEN - SALINGER SOGGETTIVITA’ DEL NARRATORE AUTODIEGETICO (es. continuo riferimento al cinema). Perché questa narrazione possa essere VALIDATA, deve creare un LEGAME AFFETTIVO CON IL LETTORE. QUALI SONO LE RISPOSTE DEL LETTORE (DESTINATARIO) A QUESTI DIVERSI TIPI DI NARRATORE? Il testo non contiene una STORIA fino a quando non entra in gioco il DESTINATARIO che va ad ATTIVARE TUTTI I MECCANISMI DI SIGNIFICAZIONE PERTINENTI, cioè fino a quando non INTERAGISCE con la storia. LE RISPOSTE: > nelle situazioni con un narratore ONNISCIENTE, la narrazione si IMPONE al lettore, come una NARRAZIONE AUTOREVOLE ed EFFICACE, la presenza di un narratore esterno, fa sì che il lettore si FIDI della voce narrante. Il meccanismo di AUTENTICAZIONE da parte del destinatario, si sviluppa PARALLELAMENTE all'input dato dal narratore, attraverso le VOCI DEI PERSONAGGI, che vanno a fornire un’autentificazione PARALLELA a quella del narratore. In generale, la narrazione si pone al lettore come autorevole ed ecace, ma non è sempre così: ci sono autori che “giocano” su questa CONVENZIONE, per cui nel momento in cui c’è un narratore esterno che parla, il lettore tende ad abbandonarsi al racconto, e INGANNANO il lettore [IL GIRO DI VITE - abbiamo una narratrice OMODIEGETICA che viene presentata come una persona estremamente adabile, il lettore tende a fidarsi della narratrice, ma ad un certo punto si rende conto (se è un lettore attento) che ci sono una serie di cose che non tornano.] > nel caso del narratore AUTODIEGETICO, parliamo di una AUTENTIFICAZIONE GRADUATA, nel senso che non è così piena come nel narratore esterno, perché appunto il discorso in PRIMA PERSONA, di per sé non ha una forza AUTENTICANTE, ma ha la funzione di MEDIAZIONE SOGGETTIVA TRA IL TESTO e IL LETTORE; fa fatica quindi a LEGITTIMARE il MONDO FINZIONALE. L’INSIEME DEL TESTO DEVE ANDARE A RAFFORZARE L’AUTENTICAZIONE. [stratagemmi del manoscritto, diari, lettere / dimensione aettiva con il lettore] > SITUAZIONE NARRATIVA FIGURALE: riguarda tutti quei testi letterari che APPARENTEMENTE non hanno una MEDIAZIONE ESPLICITA DEL NARRATORE; la definizione è la seguente: “il narratore viene rimpiazzato da una sorta di riflettore”, un personaggio o un gruppo di personaggi che PENSA, SENTE, PERCEPISCE ma non parla al lettore come un narratore. Noi di fronte a queste situazioni figurali, non percepiamo la voce di un narratore vero e proprio, ma siamo messi di fronte ad un racconto che sembra ELABORARSI DA SÉ. [es. pag 33 - testi di Verga: incipit Malavoglia / Incipit Rosso Malpelo.] INCIPIT MALAVOGLIA - VERGA Sembra che a parlare non sia né un autore narratore in grado di dominare in modo completo la storia, né un personaggio narratore che racconti di sé, bensì un’istanza che assume un punto di vista e un modo di parlare interno alla storia (ciò che dice il libro). Non abbiamo un vero e proprio narratore esterno che tiene in mano le redini di questo mondo finzionale in maniera autorevole, è un po’ come se fossimo di fronte alla voce di una comunità, della comunità stessa dei Malavoglia. ROSSO MALPELO - VERGA Questa voce è una voce che emerge da una comunità, una comunità di paese con un PREGIUDIZIO, il pregiudizio nei confronti delle persone con i capelli rossi. Definizione del protagonista come un DATO DI FATTO (capelli rossi perché cattivo), il lettore però non si fida di questa descrizione, capisce che viene da una mentalità fondata da un forte pregiudizio quindi > l’atto di lettura consiste nell’andare a VERIFICARE e SMONTARE QUESTO PREGIUDIZIO. In entrambi i casi la POSIZIONE del lettore è DIVERSA rispetto a quando abbiamo un narratore esterno e autorevole, diversa perché viene CHIESTO in maniera INDIRETTA al lettore di COLLABORARE ATTIVAMENTE CON IL TESTO, il lettore non si può abbandonare PASSIVAMENTE al racconto, come invece avviene nel racconto tradizionale ottocentesco. per i tre canti successivi diventa LUI STESSO, narratore della propria storia > NARRATORE INTRADIEGETICO] Questo tipo di situazione è una situazione che definiamo come una NARRAZIONE A PIU’ LIVELLI con il termine di CORNICE NARRATIVA. [es. “Le mille e una notte” > narratore extradiegetico, racconta la vicenda del sultano, che dopo la prima notte di nozze uccide sistematicamente le sue spose, e di Sherzade, che riesce a non farsi uccidere raccontandogli ogni notte una fiaba di cui rimanda la conclusione alla notte successiva] > CORNICE, al cui interno si inseriscono le fiabe narrate da Sherazade: è una narratrice INTRADIEGETICA >la funzione convenzionale della cornice: INTRODURRE LA STORIA VERA E PROPRIA. [es. Odissea: in questo caso, la «cornice» occupa mol più spazio del racconto di secondo livello (24 canti / racconto di Ulisse: 4 canti) → tecnicamente il racconto di Ulisse è inserito in una «cornice», ma non la percepiamo come tale, vista la DISPARITA’ delle norme-spazio che ha la voce del narratore extradiegetico e lo spazio minore che ha la voce del narratore intradiegetico] > CORNICE CHIUSA: dove alla fine della storia raccontata dal narratore intradiegetico, il narratore extradiegetico riprende la parola e chiude la cornice > la storia raccontata dal narratore intradiegetico è “incorniciata” dalla voce del narratore extradiegetico > CORNICE APERTA: il narratore intradiegetico MANTIENE LA PAROLA fino alla FINE del racconto PROLOGO “IL GIRO DELLE VITE” - JAMES, 1898 E’ una delle più celebri e terrificanti storie di fantasmi mai scritta, in cui James usa una serie di convenzioni delle storie dei fantasmi tradizionali e le trasforma per creare un vero e proprio ROMPICAPO, il cui eetto è un forte senso di disagio e angoscia. Situazione molto complicata. Il primo narratore emerge dal gruppo, con la storia che aveva raccontato vicino al fuoco, è il narratore di primo livello. Dopodiché questo narratore ci presenta la figura di Douglas, che ha in mano, teoricamente, la capacità di raccontare una storia. Se ci fermassimo qui diremmo che il narratore extradiegetico è il primo narratore menzionato, e che invece Douglas sarà il narratore intradiegetico. Le cose in realtà non sono così, perché Douglas non ci racconterà direttamente la storia, perché la storia è scritta da questa istitutrice che Douglas ha conosciuto perché era l’istitutrice di sua sorella, storia vissuta dall’istitutrice stessa, molto molto tempo prima. Il narratore intradiegetico è questa istitutrice, Douglas fa solo arrivare il racconto dell’istitutrice e fa parte della CORNICE; una cornice molto TRADIZIONALE, dopodiché va a moltiplicare le FIGURE DEI NARRATORI. Un primo narratore, poi Douglas, che si rivela non essere il vero narratore intradiegetico e poi questa figura che è eettivamente la narratrice intradiegetica che, alla fine del prologo inizierà a raccontare la storia. C’è un’altra complicazione ancora: i NARRATORI SI SOVRAPPONGONO, è come se Douglas fosse un alter ego di questo primo narratore. La prima storia a cui fa cenno il prologo, non è la storia che verrà poi narrata, cioè quella del manoscritto, bensì la storia raccontata da Grin che riguarda questo caso in cui un fantasma si è manifestato ad un bambino di notte, il bambino ha urlato spaventato, la madre si è svegliata non per rassicurarlo ma per trovarsi lei stessa di fronte al fantasma. Anche questa è una caratteristica importante e cioè che la prima storia narrata, non è quella che poi invece verrà contenuta nella cornice; è una storia che le assomiglia. [es. pag 115 Il più mimetico è il discorso diretto, come nel primo caso, nel secondo invece il narratore media con il discorso indiretto, nel terzo c’è il discorso indiretto libero, caratterizzato dall’assenza del verbo introdurre. C’è un’OMOLOGIA tra discorso pronunciato e discorso pensato: “disse” e “pensò” sono equivalenti. Vediamo queste modalità un pochino più complesse di trasmissione del pensiero dei personaggi, cominciando dal DISCORSO INDIRETTO LIBERO, caratterizzato dall’assenza del verbo introduttore. Il riferimento personale viene mantenuto, però deve essere inserito in un discorso gestito dal narratore: una modalità particolare che intercetta i pensieri dei personaggi inserendoli in una dinamica narrativa, diegetica. Ci sono autori che lo usano come SEGNO DI STILE e il suo uso è storicamente datato: i romanzi sentimentali di metà settecento, le autrici che non lo usano scompaiono dopo il settecento. Si è ipotizzato, che una delle ragioni per cui Jane Austen sia diventata un’autrice canonica, sia proprio l’uso del discorso indiretto libero, che permette di fondere i due discorsi personaggio-narratore. Definizione fondo pag 116 tratto dai Viceré di de Roberto: I personaggi sono inseriti, anche se in modo ambiguo, dentro una dinamica narrativa; è il racconto di come un giovane povero e devoto viene accolto in un convento catanese all'indomani dell'unità nazionale. Il narratore prima riferisce i fatti, poi da la parola dopo i due punti “:” al coro dei monaci che disprezza un compagno anche se l'ideologia Liberale di alcuni di loro avrebbe dovuto indurli a un diverso atteggiamento e l'abate ritenendo provata la nobiltà della famiglia to l'aveva preso e fatto entrare al noviziato, i nobili compagni senza distinzione di partito, se ne prendevano gioco, lo beavano gliene facevano di tutti i colori, giudicandolo indegno di stare fra loro e fra i monaci gli stessi liberali torcevano il muso: Vittorio Emanuele andava bene, l'annessione e la costituzione meglio ancora ma rinunciare ai loro privilegi, fare di ogni erba un fascio, questo era un po' troppo! Ecco tutto quello che segue i due punti è un dil ,viene riportato direttamente quello che pensavano e anche qui c'è un altro segno della voce dei personaggi ovvero il punto esclamativo che mostra ed evidenzia l'enfasi dei discorsi diretti dei personaggi. Un altro esempio di modalità di trasmissione dei pensieri è il monologo interiore: un personaggio che pensa rivolgendosi a se stesso (manuale esempio pag 119 tratto dal Dedalus di Joyce: un tipo particolare di monologo in cui si immagina un personaggio che pensa solo verso sé) Il narratore deve lasciare che la voce del personaggio si mescoli con la sua in una combinazione che è spesso instabile; in una delle opere classiche del modernismo mondiale , il Dedalus 1917 i pensieri possono dare luogo a pagine come la seguente tratta dal cap 5 in cui la voce narrante prima racconta l'emergere del ricordo di un incontro con una ragazza sul tram ,poi lo svolgersi dei pensieri . " Dieci anni da quella saggezza di ragazzi per giungere alla sua follia se li avesse mandati in versi li avrebbe letti a colazione tra i colpetti sui gusci delle uova,una follia davvero! I fratelli di lei avrebbero riso e cercato di strapparsi a vicenda la pagina con le loro robuste dita dure. il sacerdote soave li zio seduto sulla poltrona tenendo il foglio a distanza di un braccio l'avrebbe letto sorridendo e avrebbe approvato la forma letteraria: nono quella era follia, anche se le mandava i versi lei non li avrebbe mai mostrato agli altri nono non poteva cominciava a sentire di essere stato ingiusto verso di lei un senso della sua innocenza lo induceva a avere quasi pietà di lei". Come si vede la prima e l'ultima frase sono del narratore , si noti l'uso di quella nel primo caso e dell'espressione lo induceva che implica una voce esterna al personaggio. Fra queste due tutto quanto si legge all'interno ha le caratteristiche del dil , se noi avessimo l'integrazione si chiede che cosa sarebbe successo se le avesse mandato i versi, avremmo un discorso indiretto, Terzo esempio che riguarda il modernismo: lo stream of consciousness,che consiste nel restituire nella loro totalità le attività psichiche e percettive che si aollano nella soggettività della percezione della mente di un personaggio. A questo proposito il manuale cita ovviamente pg 123 il celebre flusso di coscienza dell' Ulisse di Joyce intitolato "Penelope" (terza parte che conclude il romanzo). Qui sembra mancare del moto, e 4 li accompagnava Justin con un gran carico d’ombrelli sulle spalle. Non c’era per altro nulla di meno spettacolare di quello spettacolo. Un grande spiazzo vuoto, in cui erano sparpagliate, tra mucchi di sabbia e 6 sassi, alcune ruote d’ingranaggio già arrugginite, circondava un lungo fabbricato rettangolare bucato da un’infinità di finestrini. La costruzione non era ancora ultimata, si poteva vedere il cielo attraverso la travatura del tetto. Attaccato alla trave del frontone, un fascio di paglia e spighe faceva schioccare al vento i suoi nastri tricolori. Homais parlava, parlava. Illustrava alla compagnia la futura importanza di quello stabilimento, calcolava 11 la resistenza dell'impianto, lo spessore dei muri, e si rammaricava molto di non avere a disposizione una canna metrica, come quella di cui disponeva il signor Binet per usi personali. Emma gli dava il braccio, e si appoggiava un poco alla sua spalla, contemplando il disco del sole che irradiava in lontananza attraverso la bruma il suo accecante pallore; ma, girando la testa, vide Charles. Fu come se lo vedesse per la prima volta: era là, con il berretto calcato sino alle sopracciglia, le sue grosse labbra tremolavano, e questo aggiungeva qualcosa di stupido alla sua faccia; persino la schiena, la sua schiena tranquilla, era irritante a vedersi, alla giovane donna parve di leggere scritta su quella redingote tutta la mediocrità del personaggio. E, mentre lo osservava, assaporando nella propria irritazione una specie di depravata voluttà, Léon fece un passo avanti. Il freddo che lo sbiancava pareva depositare sulla sua faccia un più dolce languore; tra la cravatta e il collo, il colletto della camicia un poco allentato lasciava vedere la pelle; la punta di un orecchio sporgeva fuori da una ciocca di capelli, e quel suo grande occhio turchino, levato alle nuvole, Emma lo trovò più limpido e più bello dei laghi di montagna in cui si specchia il cielo.” Vediamo che il racconto comincia in una modalità non focalizzata, il narratore ci descrive questo gruppo di personaggi che sono andati a visitare la filanda di Lino la situazione e poi abbiamo la descrizione e presentazione di Charles attraverso il punto di vista , lo sguardo di Emma, a partire dai due punti (Charles era là). Di seguito, da "mentre lei lo…" si ritorna nella descrizione dall'esterno, focalizzazione zero, fino a fine frase. Dopo invece riprende la focalizzazione interna ,riconoscibile dal tono romantico di Emma, molto meno ironico tipico del narratore, della descrizione (un più dolce languore, dettaglio dello spazio tra cravatta e collo e orecchio che sporge ) per poi concludere con un ritorno al narratore . Un'altra cosa importante è che la focalizzazione interna non è tanto una questione di informazioni che il racconto dà, ma nell'interesse di dar accesso alle percezioni e pensieri del protagonista (Emma che nota grosse labbra che tremano, con le associazioni successive). In questo passaggio c'è anche un discorso indiretto libero: “era là con….pensava che questo aggiungeva qualcosa di stupido..” In tutto il passaggio mostra di avere accesso ai pensieri di Emma, accesso stimolato dalla focalizzazione interna. Situazione narrativa in prima persona: narratore omodiegetico (personaggio della storia minore) oppure autodiegetico (protagonista). Esistono due modalità possibili : il narratore vede i fatti dal pdv dell'io narrato, personaggio della storia appartenente a un contesto di spazio-tempo diverso da quello in cui è ambientata la storia, il narratore racconta dopo che i fatti sono avvenuti,passati , e focalizza attraverso il se stesso dell'epoca; il narratore prende le distanze dal se stesso narrato e si comporta come omnisciente PAG 140. INCIPIT DE “LA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO di PROUST In questo caso c'è una focalizzazione interna. (Al contrario di pag 141) Nel racconto ci sono quindi sia momenti di focalizzazione interna (bambino) che non focalizzati (adulto che ricorda e percepisce diversamente rispetto al sé bambino): il manuale stesso dice che tradizionalmente omodiegesi richiede entrambe. L'ultimo tipo è la situazione narrativa figurale in cui la voce narrante ada a uno o più personaggi detti riflettori la percezione della realtà raccontata, si nasconde dietro ad essi. ES. PAG 138 FRASCA: suoi devono essere delle “cose cattive” di cui non sappiamo molto, una personificazione del male, ma non fanno niente, spaventano solo con la loro presenza. Dà “istruzioni” su come vedere i fantasmi al lettore, attraverso l'ellissi stimolare la cooperazione del lettore di cose negative.] PARALLISSI: omissione di alcuni dettagli molto significativi della storia, sembra che il narratore lo faccia apposta, è una tecnica usata moltissimo nei romanzi gialli e noire, es. assassinio di Roger qualcosa di Agatha Christie, il narratore è il colpevole del delitto. (p. 152 seconda metà della pagina c'è un esempio). ANALESSI: una delle più utilizzate, flashback. Ne distinguiamo due tipi: interne (o completive) completano il filo principale della storia (p. 153 fondo pagina) [es. inizio del racconto in medias res, dopo c'è un'analisi per spiegare l'inizio, anche nel racconto epico es. Ulisse nell'Odissea, Ulisse è un narratore intradiegetico.] ESTERNE > non integrano, si riferiscono a qualcosa antecedente all'inizio della storia, non sono indispensabili ma utili (p. 154) [es. il narratore ci racconta la storia della famiglia di un personaggio, può essere fondamentale per capire la personalità del personaggio, es. il nome della rosa, guglielmo da baskerville, faceva l'inquisitore.] RIPETITIVE (o RICHIAMI) > il racconto torna indietro ripetutamente su dei fatti o eventi già stati narrati al lettore. [es. quando viene presentato uno stesso evento da più punti di vista.] PROLESSI: anticipazione di fatti futuri, flashforward. È più artificioso del flashback, che è più naturale. (P. 156) [es. prolessi ripetitiva in “Cent'anni di solitudine”, preannuncio della morte di Aureliano, che alla fine non morirà. (passaggio a p. 157)]. In un'altra opera dello stesso autore si mescolano analessi e prolessi, c'è una prolessi esterna, qualcosa di successivo alla morte di Santiago Nasar. Quando ANALESSI E PROLESSI SI MESCOLANO: temporalità molto ibrida, passato e futuro si intrecciano e si sovrappongono, straniamento nel lettore. Uso tipico del REALISMO MAGICO, stile in cui la REALTA’ è MOLTO FLUIDA e tutto può accadere, simile al meraviglioso della fiaba. Altre due categorie importanti nell'analisi del tempo sono le categorie della durata e della frequenza. DURATA: p. 162, la storia è misurabile, il racconto lo è di meno. I personaggi sono sviluppati dal punto di vista psicologico. C'è una dierenza tra TEMPO DELLA STORIA e TEMPO DEL RACCONTO: il tempo della storia è MISURABILE, quello del racconto è dicile da misurare ciò che succede in quella durata, per cui si sceglie un'unità di riferimento > dimensione della scena, impressione che i due tempi siano uguali, isocronici. Impieghiamo uguale tempo a leggerlo quanto loro a dirlo. SCENA: scambio dialogico tra due o più personaggi, il narratore interviene il meno possibile. [es. grandi speranze di Dickens]→ nella concentrazione della scena non c'è isocronia cioè gli eventi sono raccontati sinteticamente, Se tempo della storia > tempo del racconto → sommario [es. p. 164 contrazione scena.] Potrebbe renderli con scena o dialogo, ma non lo fa. Se tempo del racconto > tempo della storia → dilatazione; Si chiama estensione o rallentamento, p. 165. ultima categoria temporale: FREQUENZA > eventi e azioni possono ripetersi o no. Ci sono due possibilità di variazione: 1: raccontare eventi non ripetuti nella storia; 2: l'evento è ripetuto ma pronunciato una volta sola [es. Carlo: tutti i lunedì faccio lezione] Il tempo verbale del tempo del racconto singolativo è il passato remoto; quello del tempo del racconto ripetitivo è l'imperfetto interattivo [es. azioni interattive di Gertrude nel dialogo con Lucia, domande moltiplicate ma dette una sola volta > racconto singolativo.] Il racconto può essere singolativo o interattivo. INTERATTIVO: tipico dei racconti classici, è più statico, quello SINGOLATIVO è tipico dei racconti avventurosi. In narratologia classica: i personaggi sono molto meno rilevanti rispetto agli eventi, meno legati alla dimensione temporale. Di solito sono la cosa che più ci lega e sono legati alla dimensione temporale del racconto, su di loro si ripercuotono gli eventi di racconto e ne danno il via, questi eventi trasformano i personaggi, danno forma alle loro soggettività con cui si connette la soggettività del lettore. Approccio cognitivista: dà maggiore rilievo ai personaggi e alla loro analisi, noi dobbiamo cercare di usare entrambi gli approcci. I personaggi sono gli agenti del racconto, agiscono negli eventi narrativi nella narratologia classica. Hanno diverse funzioni narrative, sono tramite legati fra rapporti fra di loro, chi è l'eroe, chi l'aiutante ecc. L'analisi strutturale esige che noi abbiamo un elevato livello di astrazione rispetto ai dettagli riguardanti la personalità dei personaggi. Bisogna situare i personaggi nella struttura: cosa fanno, che funzione hanno, come sono legati al procedere della storia. Ci sono diverse tipologie di personaggi: ARCHETIPI o STEREOTIPI: i primi sono modelli esemplari, i secondi sono convenzionali. Gli stereotipi appartengono a generi narrativi molto codificati, mentre gli archetipi sono personaggi che si ritrovano in un vasto panorama della letteratura. Entrambi hanno tratti molto codificati. Agenti del racconto nella narratologia classica, posseggono funzioni narrative, legati da un insieme di rapporti fra di loro, sistema di personaggi: eroe, antagonisti, ecc. analisi strutturale in cui i personaggi sono visti all'interno della struttura del testo, esso esige un nostro livello di astrazione molto maggiore. È importante capire come il testo usa i personaggi. Le tipologie di personaggi sono varie: archetipi e stereotipi. Vanno ad attivare in maniera quasi automatica nel lettore una serie di schemi percettivi, producono un senso narrativo. Chi è abituato a leggere noire riconosce subito dei tipi di personaggi e ha aspettative. Questo sistema di convenzioni che regola i personaggi di alcuni generi può essere un elemento su cui il testo gioca, ce li presenta in un certo modo e quindi ci aspettiamo che si comportino in un determinato modo, ma in realtà fanno tutt'altro. I personaggi a tutto tondo sono dotati di un'individualità piena, hanno una serie di tratti psicologici che li caratterizzano come personaggi singoli, irripetibili, questi tratti vanno ad attivare nel lettore dei meccanismi di confronto con il personaggio e di identificazione (il confronto può anche essere negativo). Schema narrativo dell'eroe: distingue l'eroe dai personaggi minori, l'eroe supera il campo semantico che gli viene attribuito inizialmente dal racconto [es. un eroe giovane che viene dalla campagna, abita con i genitori ecc. e ad una certa lui fa qualcosa che lo porta al di là del campo semantico, infrange i limiti posti dal contesto di partenza, parte per una grande città ad es. Questo è uno schema narrativo antichissimo, si trova es. nella fiaba, in cui lo spazio è diviso fra il mondo iniziale dell'eroe e il passaggio da questo all'altro reame nemico, l'eroe si avventura in un altro spazio nemico per superare delle prove in questo reame e le supera, acquisendo così il suo statuto di eroe, superate tutte le prove lui conquista in qualche modo il potere diventando così un eroe, questo schema è presente anche nelle narrazioni epiche anche se diverso e sfumato, ad es. nell'Odissea, occasionalmente gli eroi infrangono i limiti imposti.] Es. Ulisse. Questo schema narrativo raggiunge il suo pieno sviluppo nel romanzo moderno europeo dal 18/19esimo secolo, qui lo schema dell'eroe è molto più importante perché il rapporto individuo-società diventa problematico e conflittuale, non è più armonico com'era prima, la religione aveva una funzione di coesione. Usa modello eroe per dire crisi eroe rispetto alla sua società, romanzi 7/8 centeschi. La stessa cosa vale per lo spazio, in narratologia classica è meno rilevante degli elementi, è analizzato poco, in narratologia classica c'è solo una categoria di analisi dello spazio: filmico è così immersivo perché fondato su delle tecniche cinematografiche provocano nello spettatore una reazione istintiva e immediata in quanto non ha bisogno di una elaborazione cognitiva di quello che sta accadendo. La specificità del cinema: immagini in movimento e questo movimento ha colpito i critici, in quanto integra lo spettatore nel flusso del film e il flusso psichico ( simbiosi). Uno degli elementi che porta all’ immersività è il senso di realtà che ci danno le immagini in movimento. [es. fa vedere una sequenza del film Notorious-L’amante perduto di Hitchcock del ‘46, esempio di risonanza motoria: il movimento della macchina viene percepito dallo spettatore come movimento del personaggio]. L’analisi del racconto filmico nasce come estensione del racconto letterario, dunque fondamentalmente le categorie sono le stesse. Tuttavia vi sono delle specificità e delle dierenze: > FOCALIZZAZIONE: la macchina da presa è sempre materialmente collocata nello spazio, mentre in un racconto letterario non esiste un luogo preciso da cui si guarda quello che si racconta. [es. nell’ultima scena di “Papà Goriot” di Balzac dove vediamo parigi dall’alto dal punto di vista della letteratura, dunque non è scontato nella letteratura]. La focalizzazione un meccanismo regola i rapporti di sapere tra istanza narrante il personaggio e il lettore/spettatore (pensare a focalizzazione esterna e interna) FOCALIZZAZIONE: il fatto di vedere / OCULARIZZAZIONE: il fatto di sapere. Una focalizzazione esterna non significa necessariamente una ocularizzazione esterna, in quanto non è possibile creare delle dinamiche precise. [es. passaggio di Hitchcock che spiega la dierenza tra vedere e sapere attraverso la dierenza tra suspense e sorpresa: esempio della bomba sotto al tavolo di due persone che parlano, ad un tratto esplode: sorpresa in 15 secondi. Stesso esempio ma viene mostrato allo spettatore prima un anarchico che posa la bomba e sappiamo che esplode alle 13 e sono le 12:45: suspense in 15 minuti.] Focalizzazione interna: in letteratura è una modalità usata, al cinema tuttavia l’ocularizzazione interna (il fatto di vedere attraverso gli occhi un personaggio) si chiama soggettiva. Lo schema base è inquadratura nello spazio in cui il personaggio si trova e una seconda inquadratura che mostra l’oggetto da una posizione che si presume essere quella del personaggio semisoggettiva: anche se rappresenta l’inquadratura del personaggio non rispetta proprio la posizione del personaggio ( più vicina, più lontana, le spalle o la nuca riprese etc… ) [es. “The innocence” di Clayton del 1961, adattamento de “Il giro di vite” di James. Un uso estensivo dell’ocularizzazione interna, è impossibile esperimento del film “The lady in the lake” nel ‘45 in cui il racconto è tutto in ocularizzazione interna e il risultato è molto faticoso in quanto lo spettatore non riesce e non può identificarsi a lungo con lo sguardo del personaggio, ha bisogno di vedere il personaggio dall'esterno per collocare all'esterno.] Il cinema dunque si costruisce attraverso un incrocio di punti di vista diversi che elaborano il racconto filmico. - SPAZIO: nella narratologia classica non occupa molto spazio di riflessione,in quanto la specificità del cinema sono le immagini in movimento all’interno dello spazio. Inoltre il racconto filmico è sempre focalizzato. Si parla di “space image” dentro le immagini filmiche c’è una continua variazione di forme spaziale ( un qualcosa in 2D che rappresenta un spazio in 3D) che va ad agire sulla dimensione pre cosciente dello spettatore. Ci soermiamo sui movimenti di macchina: Gallese parla del rapporto tra cinema e neuroscienze, lo stile del film deve adattarsi a quella continuità tra realtà e immagine sullo schermo. Il punto è di vedere che tipo di risonanza viene stimolato da determinate scelte stilistiche. Osserva che il coinvolgimento dello spettatore è mediamente proporzionale ai movimenti di macchina ( i film d’azione ad esempio). Tuttavia il regista può scegliere di bloccare l’immersività dello spettatore e invitarlo a riflettere rallentando i movimenti di presa come ad esempio molti film di Pasolini: non è un errore ma una scelta stilistica. I movimenti della macchina non devono per forza essere percepiti dallo spettatore, anzi i movimenti ideali sono quelli non percepiti poiché non interferisce con l’impressione di realtà che il film deve produrre. Sono tre i tipi di movimenti di macchina invisibili teorizzati da Zemeckis: 1. Movimenti generati esternamente: usati per seguire un oggetto in movimento, che se non seguito uscirebbe fuori campo 2. Movimenti generati internamente: quando la macchina da presa segue la linea visiva o uditiva del personaggio [es. della istitutrice volta la testa per capire da dove arriva la voce.] 3. Campi lunghi in movimento: dimensioni ampie in movimento tipicamente usate all'inizio del film per attirare l’attenzione dello spettatore sullo spazio in cui svolgerà storia. Questi tre movimenti sono movimenti non percepiti in quanto rendono perfettamente l’idea di realtà. La macchina da presa non è proprio un osservatore ma un vero e proprio attore dentro l’azione partecipa proprio all’azione sia quanto sembra anonima sia quando va a mediare. Un ruolo attivo che si vede nelle analogie fra i movimenti della macchina da presa e quelli del corpo umano: infatti la macchina da presa si muove in uno spazio tridimensionale, fuori da quello che è rappresentato nello schermo: profilmico. Invenzione che ha rivoluzionato tutto: la STEADICAM, una macchina da presa montata su un supporto meccanico e agganciata a colui che filma, si muove con lui, come se fosse una danza. Prima era più dicile sulle rotaie e quindi non poteva proprio essere come il corpo umano. [es. scena del triciclo di “Shining” di Kubrick del 1980 adattamento di Stephen King, che considerava l'invenzione della steadicam fondamentale in quanto dà impressione di realtà]. Infine un movimento particolare che sottolinea il potere della macchina da presa è il movimento di macchina circolare: va ad attivare determinate aree del nostro sistema motorio che attiva quella capacità di capire e produrre metafore. Un esempio di scena classica d’amore in cui due che si incontrano, si guardano e la macchina gira attorno a loro: lo spettatore lo percepisce immediatamente come segno di innamoramento, è come se quel movimento andasse a riassumere in noi tutto il senso simbolico-metaforico di tutto quello che abbiamo visto in quella scena. LEZIONE 7 MONTAGGIO: è una messa in concatenazione delle inquadrature (unità minime del racconto filmico) in sequenze narrative > tecnicamente: si tratta di unire la fine di un’inquadratura con l’inizio della successiva (per avere un passaggio da un’immagine A a un’immagine B). C’è un’organizzazione degli eventi narrativi a posteriori secondo un’articolazione del tempo del racconto (come per il racconto letterario). Quindi, tutto quello che è stato girato, viene preso, si eliminano le cose che non si vogliono tenere e le cose che rimangono vengono messe insieme secondo un’articolazione narrativa che viene dallo scritto (storia che si vuole raccontare). Questa relazione di due o più elementi tra loro può essere: > a) relazione diegetica [es. personaggio dell’inquadratura A che viene messo insieme al personaggio dell’inquadratura B] riguarda la narrazione > b): relazione discorsiva [es. angolazione dall’alto in A e dal basso in B] riguarda il discorso > c) relazione diegetico-discorsiva [es. personaggio ripreso dal basso in A e dall’alto in B]; certi aspetti della storia vengono raccontati e mostrati in un certo modo. Funzione del montaggio è creare rapporti sulla base di un progetto narrativo (raccontare una storia), semantico (storia che deve 1) raccordo di sguardo (più frequente): inquadratura A (personaggio che guarda) e inquadratura B (oggetto che guarda il personaggio) 2) raccordo sul movimento: nell’inquadratura A un personaggio comincia a fare un gesto che si conclude nell’inquadratura B 3) raccordo sull’asse: due momenti successivi di un’azione mostrati in due inquadrature diverse e la seconda inquadratura viene ripresa sullo stesso asse della prima, ma più vicina o più lontana 4) raccordo sonoro: una battuta di dialogo, un rumore o una musica si sovrappone a due inquadrature diverse legandole tra di loro. [es: Breakfast at Tiany’s, B. Edwards (Colazione da Tiany, 1961): - Nella prima inquadratura c’è Paul (scrittore innamorato della vicina di casa) che scrive a macchina e si sente una musica fuori campo (raccordo sonoro), si vede il dettaglio del foglio su cui sta scrivendo in cui si nota l’inizio di un racconto (raccordo di sguardo). Al suono della musica si aggiungono anche le parole cantate da una voce femminile, i tasti della macchina da scrivere smettono di battere e Paul distoglie lo sguardo da essa girandosi verso la finestra (immaginiamo che forse la musica esiste veramente nella storia) - Paul si alza e si aaccia alla finestra (raccordo di movimento) guardando in basso e ripreso dal basso - Holly è seduta sulla finestra che canta con la chitarra ripresa dall’alto (raccordo di sguardo), perché guardata attraverso lo sguardo di Paul - Holly è vista più da vicino, ma dalla stessa angolazione dell’inquadratura precedente (raccordo sull’asse) - Paul viene ripreso di nuovo dal basso - Nell’inquadratura successiva si vede Holly in primo piano (raccordo di sguardo) che smette di cantare e guarda in su salutando Paul - Paul ricambia il saluto (raccordo di sguardo)] Tutto scorre molto fluidamente, non c’è nessun dubbio su quello che sta succedendo, è tutto chiaro. Vengono accentuati tutti gli elementi di continuità tra un’inquadratura e l’altra (non siamo consapevoli di nessun artificio tecnico che tiene insieme le immagini). L’obiettivo della sequenza, oltre a farci capire cosa succede, è anche di portarci verso il momento drammatico della scena (primo piano della star = Audrey Hepburn, cioè Holly) ed è una visione soggettiva, perché è filtrata attraverso lo sguardo di Paul mostrato come uno sguardo innamorato verso la ragazza. Sistema dello spazio a 180°. [es: scena di dialogo (2 personaggi: campo-controcampo) > montaggio che mostra alternativamente due personaggi che dialogano.] Modello tipico: inquadratura d’insieme dei 2 personaggi che traccia una linea d’azione immaginaria che unisce i 2 personaggi e l’idea che la macchina da presa non deve mai oltrepassare la linea immaginaria (spazio non a 360°) in modo che lo spettatore rimanga sempre dalla stessa parte dell’azione (non venga mai confuso e si ritrovi sempre un punto di riferimento chiave nello spazio). Quando ognuno dei 2 personaggi viene inquadrato singolarmente, se lo sguardo del primo è rivolto verso destra, quello del secondo è rivolto verso sinistra. ------------A-------------------------B----------------- ---------------→ ←-------------- 180° macchina da presa Se la macchina da presa va oltre la linea immaginaria (scavalcamento di campo) i personaggi non guardano più l’uno verso l’altro, ma nella stessa direzione e questo crea una sensazione di disorientamento nello spettatore → funzione del sistema di spazio a 180°: ancorare lo spettatore ad una rappresentazione chiara dello spazio e della posizione dei personaggi. Continuità (flusso scorrevole di immagini) e sistema d’attesa dello spettatore Questo tipo di montaggio somiglia molto alla nostra percezione quotidiana del mondo reale → è stato notato che il flusso di immagini che raggiunge la nostra vista è sempre interrotto dallo sbattere involontario delle palpebre (10-15 volte al minuto), quindi è un’intermittenza involontaria e impercettibile della nostra visione, che non compromette la nostra esperienza soggettiva di una visione coerente e continua della realtà (esperienza supportata dalla nostra capacità di anticipare l’esistenza, la localizzazione spaziale e i contenuti di ciò che vediamo, fondata sulle nostre precedenti esperienze visive). Le convenzioni formali del montaggio sono compatibili con le dinamiche naturali di continuità di spazio, tempo e azione che regolano l’attenzione e l’attesa dello spettatore (la nostra esperienza della realtà). Lo spettatore mediamente si aspetta di vedere introdotta sullo schermo la sua esperienza di percezione continua e fluida e il racconto filmico può anche giocare sulla sua fiducia dello spettatore nella continuità della rappresentazione, ingannandolo e provocando eetti di sorpresa. The silence of the Lambs, J.Demme (Il silenzio degli innocenti, 1991) L’inganno è costituito dalla prima immagine della casa. Normalmente il primo piano serve a contestualizzare l’azione, per cui noi abbiamo questa visione dall’esterno della casa e abbiamo l’impressione che tutto si svolgerà dentro o intorno alla casa. Dopodichè c’è un’alternanza di azioni, attraverso il montaggio alternato, di quello che succede dentro la casa con il serial killer Bualo Bill che è fuori dalla casa con i poliziotti che circondano la casa e questo crea una certa suspense (perché aspettiamo che i poliziotti facciano irruzione in un momento drammatico quando la vittima del serial killer gli ha preso il suo amato cane e minaccia di fargli del male, a questo punto il serial killer va nel panico e carica una pistola). Arriva poi un poliziotto vestito da fioraio che suona il campanello e si vede nell’inquadratura successiva un vecchio campanello che suona all’interno della casa. Lui alza lo sguardo, quindi siamo certi che lui è dentro. Quando va ad aprire la porta, non ci sono i poliziotti, ma c’è la detective dell’FBI Clarice che lavora da sola. Successivamente ci sono i poliziotti che fanno irruzione nella casa, ma la casa è vuota: uno dei poliziotti annuncia al capo dell’FBI che la casa è vuota e c’è un primo piano del capo che dice “Clarice” con aria terrorizzata, perché capisce che hanno sbagliato tutto e che probabilmente lei si trova in pericolo, infatti nel passaggio dopo lui la invita ad entrare nella casa. Vengono ingannate le attese basiche dello spettatore che ha visto questo piano iniziale della casa ed è capace di capire i meccanismi del montaggio alternato, quindi si immagina un’alternanza tra dentro e fuori la casa, ma non può immaginare che si tratti di due case completamente diverse. L’inganno è posto fin dalla prima inquadratura della casa, facendoci capire che quello sarà lo spazio del racconto. MONTAGGIO DISCONTINUO: frammentare la continuità compiendo un’infrazione delle dinamiche naturali della nostra percezione della realtà che attira subito la nostra attenzione e non può passare inosservata. Tecniche più ricorrenti: Violazione del sistema dello spazio a 180°: spazio circolare a 360° in cui la macchina da presa viene situata liberamente [es: scena di dialogo c’è lo scavalcamento di campo, per cui la posizione dei 2 personaggi è di volta in volta rovesciata sullo schermo: chi era a destra si troverà a sinistra e viceversa] La macchina da presa gira intorno ai personaggi provocando una sensazione di spaesamento dello spettatore. Raccordi irregolari [es: jump cut = falso raccordo]: messa in successione di 2 o più inquadrature di uno stesso personaggio troppo simili l’una all’altra sul piano della distanza e dell’angolazione (non abbastanza dierenziate da giustificare il passaggio dall’una all’altra), o una successione di inquadrature su uno stesso personaggio che lo mostrano in posizioni che cambiano di netto e senza transazioni (straniamento rispetto alla percezione di continuità e alle attese dello spettatore). Queste tecniche servono a produrre eetti particolari o a forzare lo spettatore a uscire da questa immersione totale del mondo finzionale e a rendersi conto di trovarsi davanti a un film, a percepire l’artificio artistico. [es: A bout de soue, J.L. Godard (Fino all’ultimo respiro, 1960): uno dei primi esponenti del primo movimento d’avanguardia cinematografico (Nouvelle Vague) sviluppatosi in Francia attraverso un gruppo di giovani registi, che si sono opposti al cinema hollywoodiano classico mostrando la possibilità di fare un cinema diverso più artistico. Non è un dialogo che indirizza lo spettatore verso la comprensione chiara dei fondamentale la regolazione del volume dei singoli suoni, cioè si sceglie quale suono mettere in evidenza e quali mettere in secondo piano. Questo perlomeno per quanto riguarda il montaggio classico, ci sono registi che scelgono di non fare questa operazione di gerarchizzazione dei suoni e li lasciano tutti presenti ad un volume il più naturale possibile. Come abbiamo visto nel film di Godard, nella scena in cui i due personaggi passeggiavano sugli Champs Elysées, abbiamo visto che il dialogo si sentiva ma non spiccava particolarmente, era allo stesso livello dei suoni dell’ambiente. Invece in alcuni casi, specialmente del cinema classico, viene alzato il volume del dialogo dei personaggi in modo da sovrastare quello dei suoni circostanti. In ogni modo il montaggio sonoro e il montaggio visivo sono un’operazione unica che si fa totale, e infatti si parla di Montaggio Audiovisivo. Per fare l’analisi di un film, di un racconto filmico, non si analizza il sonoro separato dalle immagini, ma si analizza il sonoro in relazione all’immagine, perché sono due elementi che si combinano. Lo Spazio : abbiamo più volte citato le espressioni « suono diegetico e suono extradiegetico ». Precisiamo che il suono diegetico appartiene al mondo finzionale, mentre il suono extradiegetico è fuori dal mondo finzionale, quindi lo sente lo spettatore ma non lo sentono i personaggi. Abbiamo anche visto che questa dierenza tra diegetico e extradiegetico non è sempre chiara, e si può giocare sulla dierenza per cui un suono che appare intradiegetico può invece rivelarsi come extradiegetico e viceversa. Però, quando si analizza un film, bisogna farci attenzione a questa cosa. Il suono diegetico può essere : - Un suono in campo, cioè la fonte sonora sta all’interno dell’inquadratura, noi la vediamo. - Un suono fuori campo : la fonte sonora è fuori dall’inquadratura, noi non la vediamo. A cosa serve il suono diegetico fuori campo? serve ad ampliare, ed estendere il campo visivo dell’inquadratura, a contestualizzare. [es. Immaginiamo un inquadratura di due personaggi che parlano, non si vede quasi niente intorno a loro, ma si sente ad esempio il suono di bicchieri. Da questo capiamo che i personaggi sono all’interno di un bar. Serve anche per creare un senso di attesa e per spingere lo spettatore a formulare delle ipotesi. Immaginiamo questa sequenza : una donna si aaccia a una finestra. Noi sentiamo il rumore di un incidente fuori campo. Vediamo la donna che si aaccia, e il film continua a mostrarci la donna, però continuiamo a non vedere ciò che ha provocato questo rumore di incidente. Questo porta lo spettatore a chiedersi cosa sia successo e lo spinge a formulare delle ipotesi.] Importante è anche la questione della direzione del suono. Bisogna dire che fino all’inizio degli anni 70, il suono al cinema proveniva da altoparlanti che erano sistemati dietro lo schermo, per cui il suono veniva da una sola direzione. Chiaramente si trattava di una modalità molto poco immersiva, in quanto i suoni provenivano dalla stessa direzione. Poi, con lo sviluppo di una serie di sistemi multi canalizzati, come ad esempio il dolby, il suono può essere invece direzionato e localizzato come proveniente da direzioni diverse. questo rende il tutto molto più realistico e immersivo per lo spettatore. Inoltre, anche la distanza è importante. ovviamente un suono a basso volume appare come proveniente da più lontano rispetto a un suono ad alto volume. [es. passi fuoricampo che si sentono a volume più basso e progressivamente il volume viene alzato e questo ci dà l'impressione dell'avvicinarsi di qualcuno.] TEMPO: dierenza fondamentale tra suono simultaneo e suono non simultaneo. > SUONO SIMULTANEO: situazione in cui il sonoro e l'immagine si hanno nello stesso tempo narrativo. [es. macchina passa e noi sentiamo il rumore, o mentre la vediamo passare, oppure mentre supponiamo che questa macchina stia passando fuori campo.] > SUONO NON SIMULTANEO: suono che anticipa o segue le immagini che noi stiamo vedendo. Una situazione molto chiara di questo è quella ad esempio di un personaggio che racconta un evento passato e mentre lui pronuncia queste parole noi vediamo le immagini dell'evento passato. Suono non simultaneo visto che le immagini sono al passato e il suono è al presente. tecnica tipica dei flashback. Parliamo anche di ponte sonoro. > PONTE SONORO: avviene quando abbiamo delle musiche o dei rumori della scena successiva che però iniziano a sentirsi prima che si vedano le immagini. Questa è un’altra possibilità di suono non simultaneo: abbiamo un'immagine associata ad un suono. successivamente compare solo il suono. Questo suono va ad evocare nello spettatore l'immagine a cui era stato associato precedentemente. In questo modo si crea la suspense, perché si sente questo suono perturbante che viene ad esempio legato a un evento tragico, e perciò anche se si rimuove l'immagine lo spettatore sa che sta per succedere qualcosa di terribile. Può essere anche la situazione inversa. Tutti questi sono esempi di situazioni in cui il suono non è simultaneo. Abbiamo parlato dal punto di vista visivo, ma esiste anche un punto di vista sonoro, che noi chiamiamo punto d'ascolto. Per definire il rapporto tra quello che noi sentiamo e quello che sente il personaggio, usiamo il termine AURICOLIZZAZIONE, che è modellato sul termine che abbiamo già visto di ocularizzazione ( che definisce il rapporto tra il punto di vista dello spettatore e quello visivo del personaggio). Distinguiamo in: > AURICOLIZZAZIONE INTERNA: il suono ancorato a un determinato personaggio. Quindi il punto d'ascolto dello spettatore corrisponde a quello di un personaggio. In questo caso si tratta sempre di suoni diegetici, in quanto sono articolati ai personaggi che sono parte del mondo finzionale. > AURICOLIZZAZIONE ESTERNA: il suono non è ancorato a un determinato personaggio. è il caso di tutti i suoni extradiegetici, ma anche alcuni suoni diegetici, che non sono particolarmente ancorati alla percezione uditiva di un determinato personaggio. [es. sequenza tratta da Colazione da Tiany: quando si sente la voce che comincia a cantare da fuori noi vediamo il personaggio che si volta verso la finestra. immaginiamo quindi che questo suono sia diegetico, e in questo caso l'auricolizzazione è interna visto che il nostro sentire quel suono è ancorato al punto d'ascolto del personaggio. due sequenze tratte dal film di Jack Clayton: The Innocents - incipit e prima apparizione del fantasma https://www.youtube.com/watch?v=-0P4yNjMUvA sequenza iniziale: questo film comincia a partire da uno schermo interamente nero. Già questo è particolarmente bizzarro. Questo schermo nero è accompagnato da una voce infantile che canta una canzone. L'impressione che provocano nello spettatore questi primi minuti, dove di fatto il film non è ancora cominciato, è una sensazione di cupo, di inquietudine. Questa sensazione proviene dall'accostamento dell'immagine al suono. Il testo della canzone già di per se è molto triste, e questo è reso ancora più inquietante dall'accostamento della voce bianca (voce da bambina) con lo schermo nero. è come se la storia fosse già cominciata quando noi guardiamo questo schermo nero. Successivamente la voce della bambina non si sente più e arriva una musica più convenzionale, che però da un tono drammatico molto esplicito. Successivamente diventa estremamente drammatico con l'apparizione a sinistra dello schermo di queste mani da donna che si stringono e si contorcono, accostate al diventare sempre più drammatico della musica, dandoci l'immagine di qualcosa di estremamente doloroso. Successivamente, abbiamo il profilo di una donna che mette la testa indietro e piange, e poi il volto a 3/4 con le mani giunte. I titoli di testa finiscono con le parole mormorate da lei in cui dice "non volevo fare del male ai bambini". Questo è proprio un esempio di come l'associazione suonoimmagini può contenere numerosissime possibilità narrative. Un altro suono che abbiamo sentito è il canto degli uccellini, che saranno (insieme a questa canzone) il Leitmotiv guarda la vita, la si penetra. Questa penetrazione permette ogni intimità. È il miracolo della presenza reale, la vita manifesta, aperta, assimilabile. È il teatro della pelle» Epstein fa riferimento al teatro (ribalta). Questa citazione dà l'idea di come il cinema abbia oerto l'idea di una possibilità di rappresentazione che riproduce la vita reale, ma non si limita ad orire alla nostra visione, ma a tutti i nostri sensi. Non si guarda alla vita, la si penetra. È il miracolo della presenza reale, la vita manifesta, "il teatro della pelle". Questa idea che noi al cinema possiamo percepire la materialità della realtà che ci rivelano le immagini cinematografiche Importante è la figura del primo piano per l'elaborazione dell'interiorità dei personaggi: Il primo piano crea un processo di intimità innegabile tra il personaggio e lo spettatore. Un processo di intimità che ovviamente noi andiamo a riportare a quel meccanismo di mind reading, ossia la nostra capacità di leggere le emozioni degli altri attivata dai neuroni specchio. Guardando le espressioni di una persona noi possiamo immaginare cosa stia provando. Nel primo piano questo diventa essenziale, il fatto di poter rimandare lo spettatore a tutta una serie di meccanismi di proiezione e identificazione con le emozioni che si possono eventualmente leggere sul volto mostrato così da vicino. Infatti il primo piano ha un ruolo essenziale nella costruzione dell'interiorità dei personaggi. Abbiamo detto che la letteratura ha la capacità di orire al lettore un accesso all'interiorità dei personaggi, ad es. Discorso indiretto libero, flusso di coscienza, monologo interiore... Un'infinità di modalità con cui il narratore in maniera più o meno mediata può raccontarci cosa succede all'interno di un personaggio. Il luogo comunque dice che il cinema questo non può farlo, solo la letteratura può. I luoghi comuni spesso sono falsi ma spesso contengono una parte della verità. In parte è vero che la letteratura riesce a farci penetrare nella complessità e nella psicologia di un personaggio e a darci più sfumature, ma anche il cinema tenta di farlo con il primo piano, usando solo le immagini, senza l'aiuto di una voce che espliciti questa interiorità. Certo ci sono dei limiti intrinsechi alla rappresentazione di questa interiorità. Una immagine appropriata per definire il primo piano rispetto all'interiorità dei personaggi è quella che dice che il primo piano è come uno spazio di confine, uno spazio di frontiera che sta al confine tra il mondo esterno e quello interno (interiorità del personaggio). Il volto rappresentato diventa una mappa che lo spettatore deve decifrare, leggere, per capire. In questo processo lo spettatore può essere aiutato o meno dal tipo di primo piano e dalla recitazione dell'attore. Qua si apre una discussione sulla dierenza fra i primi piani che orono dei volti aperti alla lettura dello spettatore, e i primi piani che mostrano volti ermetici che non si lasciano leggere. Questa è una scelta che spetta al regista. Abbiamo visto in colazione da Tiany come tutta la costruzione andava verso il primo piano di Audrey Hepburn. Qui è una costruzione che mira alla drammatizzazione, alla chiarezza psicologica. Anche la recitazione dell'attrice deve far percepire allo spettatore il suo stato d'animo. Leggiamo benissimo il suo stato d'animo come leggiamo benissimo il volto dell'altro attore che è chiaramente innamorato di lei. Invece si può scegliere anche di rappresentare primi piani con volti non leggibili, impassibili, che ci provoca una sensazione di disagio. Noi cerchiamo di capire cosa pensa ma vediamo una maschera imperturbabile, che provoca anche inquietudine vista la vicinanza dell'inquadratura. A volte si vedono primi piani alla fine del film che ci danno l'impressione che l'attore stia guardando fuori dallo schermo, stia guardando gli spettatori. Questo è un uso del primo piano particolare che va a infrangere la barriera che separa mondo reale e mondo finzionale. MULTIMODALITÀ Per quanto riguarda il racconto letterario, noi percepiamo e registriamo un racconto scritto sotto forma di immagini senso-motorie. Per questo abbiamo parlato di transmedialità e multimodalità. Abbiamo visto che certe immagini del racconto scritto noi le ricordiamo principalmente in maniera visiva, in altri casi invece ci può essere un ricordo tattile, olfattivo, sonoro... . In ogni caso abbiamo questa funzione della multimodalità che causa una risonanza nel nostro sistema senso-motorio e ci porta a un meccanismo di simulazione (empatizzare con i personaggi ecc...). Nel racconto filmico invece, avendo già immagini e suoni, la stimolazione del processo di simulazione è più diretta e viene attivata direttamente sul sistema motorio, portando con sé una serie di altre percezioni. Un aspetto particolare della multimodalità del racconto filmico è la risonanza tattile. Viene provocata nello spettatore una risonanza psicomotoria che va a concentrarsi sul tatto. Queste modalità sono i piani molto ravvicinati (viso, dettagli fisici fuori scala isolati). Quando ci troviamo di fronte a un'immagine di questo tipo succedono due cose: 1. Intensificazione della nostra attenzione 2. Percezione della materialità dell'oggetto filmato Abbiamo una serie di immagini tattili che vengono elaborate. Nei film d'animazione recenti (Pixar) si presta particolarmente attenzione al fatto che i dettagli degli oggetti siano sempre molto realistici [es. i giocattoli di Toy Story; altro esempio è tratto da "una donna sposata" di Godard: Https://www.youtube.com/watch?V=6qzxz0gd8ts . Come in tutti i film di Godard vediamo una composizione di frammenti, e qui abbiamo tutti questi dettagli di corpi, di visi, di questi due amanti, di gesti. Tutto ciò messo insieme come nel tentativo di cogliere qualcosa, di cogliere un senso nella materialità del toccare, della pelle che si vede in primo piano e del dettaglio del corpo. L'idea è quella di mettere lo spettatore di fronte alla superficie tattile, ai gesti isolati dal contesto, e a forzarlo a prendere consapevolezza di non poter contare su nient'altro. L'unica cosa che puoi fare è contare sulla percezione tattile, che viene attivata dal tuo processo di simulazione. Questa percezione riguarda sì la pelle, ma riguarda anche qualcosa in più, riguarda proprio la consistenza filmica. Queste scene in cui vediamo quest'uomo toccare le gambe della donna, rinviano alla consistenza della pellicola filmica, alla texture del film.] Questo è un esempio che mostra molto bene come si possa giocare sulle immagini tattili. In questo caso ovviamente questa percezione tattile non è messa al servizio di una storia, come invece può essere fatto in film più tradizionali (ad esempio i film di animazione). Questa è una simulazione che rinvia a un intento estetico e semantico di significato del film, non tanto a un intento di verosimiglianza. DOMANDE ESONERO: 1). La capacità di articolare nessi logico-temporali è una proprietà specifica: a. Della narrazione (giusta) b. Del racconto c. Della storia 2). Il "mondo della storia" è a. Ciò che si oppone al mondo del racconto b. Lo spazio finzionale c. Il mondo finzionale (giusta) 3). Il "comportamento narrativo" è un modello di organizzazione dell'esperienza a. Funzionale all'adattamento umano (giusta) b. Fondato su sequenze operative c. Fondato sull'immaginazione 4). La "narratività" è (sbagliata, la professoressa ha inserito due volte la stessa risposta) a. La capacità di evocare un'atmosfera narrativa b. Una capacità specifica dei media non narrativi c. La capacità di evocare un'atmosfera 5). "Il medium è il messaggio" significa che a. Solo alcuni media possono veicolare una narrazione b. Il contenuto della narrazione è più rilevante della forma c. Le caratteristiche materiali del medium determinano la forma e il contenuto della narrazione (giusta) 6). L'intermedialità è a. L'imitazione delle tecniche di un medium all'interno di altro medium b. La rappresentazione di un medium all'interno di un altro
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