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Riassunto slide professore+ approfondimento libro “Andorlini-Marcone”, Dispense di Storia Della Medicina

Gli argomenti sono collocati come voluti dal prof.Arena (unict) slide e appunti delle lezioni intentegrati alle parti di interesse del manuale “andorlini-Marcone”

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 17/10/2023

giulianadecaro2002
giulianadecaro2002 🇮🇹

4.6

(8)

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Scarica Riassunto slide professore+ approfondimento libro “Andorlini-Marcone” e più Dispense in PDF di Storia Della Medicina solo su Docsity! I modulo LA MEDICINA 1. MEDICINA PREIPPOCRATICA Anche se le origini del pensiero medico occidentale vanno rintracciate nell’ambito della civiltà greca arcaica, il sapere medico aveva tuttavia già raggiunto un notevole livello in Mesopotamia (sigilli di medici del 3000 a.C., Codice di Hammurabi) e in Egitto (imbalsamazioni di cadaveri, sofisticate tecniche chirurgiche, papiro Ebers del 1500 a.C. contenente circa 900 ricette, in particolare preparati oftalmici, basate su ingredienti naturali -500 piante medicinali- e su formule magiche e scongiuri). 1.a. medicina “eroica”: poemi omerici si tratta quindi di una medicina che viene trattata all’interno di un testo poetico, come in questo caso l’Iliade e l’Odissea. Si divide in: - Filone mitico-religioso (Iliade). L’arte della medicina affonda le sue radici nel mito dell’EROE GUARITORE, come ci ricorda la nota scena dipinta su un vaso attico del pittore Sosias, intorno al 1500 a.C., nel quale il guerriero Achille è ritratto inginocchiato nell’atto di fasciare il braccio ferito dell’amico Patroclo (al quale aveva trasmesso le proprie conoscenze in tale campo). Si tratta quindi di nobili guerrieri, guaritori “perfetti”, esponenti di un ceto aristocratiche che, sul campo di battaglia, durante la guerra di Troia mettono in atto le proprie competenze a disposizione dei guerrieri ferito (alla testa, al collo, al tronco, agli arti) dai colpi di spada o dalle punte di freccia (rimosse mediante estrazione, escissione, che avviene mediante un taglio o espulsione forzata per compressione del dardo nella parte colpita fino alla sua fuoriuscita.) e trattano le ferite con farmaci lenitivi o anche con bende di lana. Questo filone conferisce potenzialità sovrannaturali e prerogative quasi divine a coloro che esercitano l’arte medica e considera le malattie come punizioni inviate dagli dei (Apollo, Artemide e Zeus). - Filone laico e “scientifico” (Odissea): si legge come Elena mescola nel vino un rimedio calmante proveniente dall’Egitto, terra considerata produttrice di moltissimi “farmaci”, sia curativi che letali (In greco pharmakon significa sia “medicina” sia “veleno”). Nell’Odissea i medici sono considerati “artigiani” che praticano la propria arte per avere di che vivere e nell’interesse collettivo, viaggiano, possiedono competenze specifiche, non fanno parte dell’élite dei guerrieri. questo filone attribuisce i tentativi di guarigione all’esperienza di uomini esperti nell’uso di piante medicamentose e spiega le malattie con cause naturali. 1.b. medicina popolare (attestata sia in Grecia sia a Roma) la medicina primitiva in Grecia non ebbe connotati molto diversi dalle pratiche in uso presso altre popolazioni antiche, in particolare quelle dell’Egitto e del mondo orientale. Troviamo infatti: - Incantesimi (epodai), cioè formule incantatorie pronunciate da guaritori o sciamani) e rituali catartici, purificazioni rituali del corpo mediante astensione dai bagni o astinenza dal cibo: il trattato De agri cultura di Catone il Censore (fine III secolo a.C.) fa riferimento a pratiche arcaiche connesse alla recitazione di formule magiche, in quest’epoca però affluiscono a Roma i primi medici greci contro i quali si scaglia lo stesso Catone e, più tardi, si scatenerà anche Plinio il Vecchio. - Rimedi a base di erbe (preparati da rhizotomoi o “tagliatori di radici” e pharmakopolai o “venditori di farmaci” ambulanti e non veri e propri farmacisti). 1.c. medicina templare siamo in un contesto che non è quello eroico e nemmeno quello popolare, ma religioso. Laddove la medicina si interseca con la religione, ovvero nel TEMPIO. Tra tempio e chiesa c’è differenza, non solo a livello religioso. Nel mondo pagano il tempio è la casa della divinità e non ne hanno libero accesso come avviene invece nelle chiese, considerate da noi come la casa della preghiera. Qui l’elemento chiave è la religione. - Religiosa, praticata presso gli Asklepieia (santuario del Dio Askpleio, dio della Salute): varie divinità sono considerate “guaritrici”. Tra queste Péone, medico degli dei, Giunone, protettrice delle partorienti, Apollo e, soprattutto, il figlio Asclepio. L’Asklepieion di Epidauro, in Grecia, (edificato nel IV secolo a.C.) ha restituito tavolette votive concernenti i resoconti delle guarigioni. Asklepieion di Epidauro: si accedeva al recinto sacro da Nord attraverso un ingresso monumentale (propylon), ci si purificava presso una fontana, si consumavano pasti in comune all’interno di ambienti nei pressi del témenos (recinto sacro) e si trascorreva la notte in un edificio a pianta quadrangolare. Durante il sonno il Dio visitava i malati e forniva prescrizioni oniriche da mettere in pratica il mattino seguente, allorché il contenuto del sogno veniva riferito ai sacerdoti e ai medici presenti nel santuario. In generale le prescrizioni riguardavano l’alimentazione, l’esercizio fisico e i bagni, mentre le patologie maggiormente lamentate erano malattie oculari, polmoniti, reumatismi, coliche, paralisi e persino epilessia. Altro Asklepieion famoso fu quello di Pergamo, in Asia Minore, dove si trovava un criptoportico (“passaggio sotterraneo”) che conduceva i malati dalla fonte sacra fino ad un edificio di cura, il Teleshòrion, dal nome di un altro figlio di Asclepio; presso il santuario esisteva anche una biblioteca che custodiva opere preziosissime. - Magico-religiosa (documentata da ex voto): si tratta di “doni” fatti alla divinità per ringraziarla o per suscitarne la benevolenza (strumenti medici, indumenti, oggetti fittili raffiguranti le parti malate, ad esempio l’occhio) - Popolare-religiosa (documentata da tavolette): si tratta di oggetti bronzei contenenti “responsi” oracoli offerti dal Dio tramite un addetto al culto che provvedeva materialmente alla trascrizione. Ci si deve immaginare, cioè, che il malato interrogasse l'oracolo sulla sua malattia e sulla cura opportuna, e che il dio rispondesse con queste tavolette distribuite al richiedente tramite un addetto al culto, forse un sortilegus (che “estraeva le sorti”) 1.d. medicina pre-ippocratica (fine VI-inizi V secolo a.C) - Alcmeone di Crotone, è l’unico medico pre-ippocratico di cui abbiamo qualche conoscenza diretta. Vissuto introno al 500 a.C., i suoi interessi erano principalmente la fisiologia, di cui si considera il padre. La teoria medica di Alcmeone rivela una forte propensione a servirsi della filosofia. Egli rifiuta l’idea che le malattie avessero un’esistenza a sé stante, ed è il primo a fornirci una definizione di “salute” e “malattia”: la salute è l’equilibrio e la mescolanza delle qualità costitutive dell’uomo (umido. Caldo, secco, freddo, amaro, dolce, …) mentre la malattia consiste nel predominio di una di esse, quindi dal loro squilibrio provocato da cause esterne (acqua, ambiente, fatica, tortura), ritenne il cervello sede dell’intelligenza e origine del funzionamento di naso, occhi e orecchie. - Empedocle di Agrigento: elaborò la teoria delle quattro componenti umorali del corpo umano (sangue, flegma, bile gialla e bile nera) e riservò particolare attenzione alla dietetica (regime alimentare, bagni, ginnastica, cambiamenti climatici). Il medico, per ristabilire la salute, non solo prescriveva al paziente uno specifico regime alimentare, ma raccomandava cui il medico interroga il paziente per ricavarne una valutazione di carattere diagnostico e terapeutico, facendo attenzione anche ai risvolti psicologici della malattia. La particolare attenzione al modo in cui si dovevano porre le domande è indicativa di una tendenza generale in atto nella medicina di età imperiale; Sulle denominazioni del corpo umano è un testo didattico relativo all’introduzione della terminologia anatomica, la sua finalità era quella di tentare di mettere ordine in una terminologia che era molto confusa e contraddittoria; sulle malattie del rene e della vescica, Rufo dedica attenzione al metodo di asportazione chirurgica dei calcoli alla vescica. - Sorano: visse sotto Traiano e Adriano. Si schierò nettamente con la scuola dei Metodici. Fu autore di un trattato di ginecologia in 4 libri: i primi due riguardano i compiti della levatrice, gli altri le patologie e le terapie farmacologiche e chirurgiche. Si coglie una spiccata sensibilità per i risvolti psicologici delle malattie femminili in generale e, specificamente, al parto. I primi due possono essere considerati come una sorta di manuale per le levatrici: Sorano voleva che questa fosse preparata anche sul piano teorico e che fosse consapevole delle norme igieniche necessarie per un parto. 4.c. Galeno di Pergamo nessun medico nel mondo antico acquisì la fama e il prestigio conseguito da Galeno nella seconda metà del II secolo d.C., fama e prestigio destinati a rimanere senza uguali fino al Rinascimento. Tra i meriti che si riconoscono a Galeno e che hanno contribuito ad aumentarne la sua fama c’è quello di aver collocato la medicina in un contesto culturale e sociale. Nel suo sistema rimane fondamentale la teoria dei “quattro umori” (sangue, flegma, bile gialla e bile nera) come componenti del corpo. Galeno comprese l’esistenza di cause come elementi scatenanti delle malattie, prescrisse regimi terapeutici idonei ma anche molte medicine, sempre nel rispetto del benessere del malato: i semplici prodotti vegetali descritti nella sua opera Sui semplici sono conosciuti nelle moderne farmacopee come prodotti “galenici”. La sua anatomia fu basata sullo studio degli animali, in quanto la dissezione umana era illegale. Nella fisiologia Galeno riconobbe il principio vitale dello “pneuma” come fattore determinante della respirazione e dei movimenti del sangue: egli constatò che le arterie contenevano sangue e non solo aria e capì che era il cuore a determinare i movimenti del sangue. 4.d. compilatori e medici con Galeno si chiude la grande stagione della medicina antica. Per i secoli successivi, tuttavia, non mancano nomi di medici illustri. Tra questi meritano una menzione Oribasio di Pergamo e Ezio di Mida. Oribasio fu attivo nel IV secolo d.C. Su sollecitazione dell’Imperatore Giuliano, di cui fu medico personale, redasse un’enciclopedia del sapere medico in greco, le Collezioni medicinali, in 70 libri, di cui è giunta a noi la terza parte. Oribasio mostra di aver utilizzato molte fonti classiche di prima mano, o comunque di aver avuto a disposizione materiali di riferimento andati del tutto perduti nella tradizione successiva. Allo stesso genere di trattazioni enciclopediche appartengono i 16 Libri di medicina di Ezio di Amida, che aveva studiato ad Alessandria agli inizi del VI secolo. La sua produzione consiste per lo più nel collezionare, come aveva già fatto Oribasio, estratto selezionati da Dioscoride e da Galeno. I primi libri sono dedicati alla raccolta delle droghe e dei rimedi semplici. A questa parte seguono i libri contenenti sezioni diagnostiche e terapeutiche, suddivise per generi di malattie e di rimedi, con riferimenti precisi ed espliciti alla tradizione precedente. II modulo LA MALATTIA 1. LE PATOLOGIE 1.a. cause - clima e ambiente: l’influsso delle condizioni esterne sulla salute è affrontato nel trattato ippocratico Arie, acque, luoghi. Gli umidi venti meridionali causano diarrea e lacrimazione; i venti freddi settentrionali provocano polmonite e secchezza oftalmica. Le Epidemie, altra opera ippocratica, sono una sorta di schedario nosografico a disposizione del medico itinerante: veniva stabilita una stretta relazione anche tra la singola stagione e una determinata malattia e si riteneva che la quantità dell’acqua e i fenomeni astronomici potessero influire sullo stato di salute. - Fattori congeniti ed età: alcune patologie derivano da cause congenite e dall’invecchiamento (gli anziani, ad esempio, presentano peggioramenti della respirazione, della vista e dell’udito). - Diffusione, ricorrenza e intensità (malattie epidemiche): viene operata una distinzione fra malattie individuali e generali (queste ultime colpiscono molti individui contemporaneamente), ma anche fra malattie acute e croniche. Nel mondo antico è assente la nozione di “contagio” e il termine loimòs/pestilentia era genericamente adoperato per indicare una malattia epidemica ad elevato tasso di mortalità (tubercolosi, vaiolo, tifo, colera e influenza), ma non va confuso con la parola italiana “peste”, con la quale si intende invece un’infezione trasmessa all’uomo dalle pulci dei topi attraverso un batterio patogeno. La cosiddetta “peste antonina” infuriò dal 165 al 189, colpì l’esercito romano dislocato in Mesopotamia e si diffuse nel resto dell’Impero attraverso le truppe di Lucio Vero: dovette trattarsi di una micidiale epidemia di vaiolo che determinò una grave destabilizzazione demografica e in particolare uno spopolamento dell’Egitto. - Teoria “umorale” di Ippocrate: la salute è considerata come una situazione di EQUILIBRIO, di contemperamento positivo dei liquidi. La Teoria umorale ne individua quattro principali: sangue, flegma, bile gialla e bile nera. Il loro equilibrio è sintomo di salute, viceversa il loro squilibrio comporta la malattia. La malattia ha di solito un ciclo e una durata: essa nasce, cresce, e raggiunge l’apice: quindi s’indebolisce, oppure peggiora e uccide il malato. - Teoria “sensoriale” di Galeno: la crisi o la mescolanza di caldo, freddo, secco e umido dà luogo ad un’infinità di combinazioni che oscillano dalla perfetta salute alla malattia conclamata. 1.b. diagnosi e prognosi una corretta diagnosi viene effettuata attraverso la conoscenza dei segni, o sintomi, e in assenza di adeguata strumentazione, ma con l’ausilio della sfigmologia e della storia individuale del paziente (anamnesi), il medico esprime una diagnosi, per poi prescrivere una terapia, e formula una prognosi, ossia una “previsione” su un decorso ed esito della malattia. 1.c. terapia all’epoca di Ippocrate predominava il concetto della “buona salute” come un bene prezioso da conservare e da ristabilizzare. La Buona salute era mantenuta grazie ad un regime adeguato ai singoli individui, che consisteva nella: - Dietetica (particolarmente suggerita da Celso, Galeno e Oribasio) - Regime (passeggiate, massaggi, frizioni, saune, esercizi, bagni a varie temperature, sport, sonno, sesso): autocontrollo e disciplina sono necessari, anche se il paziente può presentare fragilità emotiva, timori per la propria salute, sindrome depressiva. - Alimentazione (cibi cotti, acqua, vino, melicrate [acqua e miele], tisana d’orzo somministrata come infuso o decotto). Per prescrivere al malato un regime alimentare il medico deve conoscere le proprietà degli alimenti solidi e liquidi. L’orzo, in particolare, è il cereale che sta alla base del regime consigliato ai malati da Ippocrate. I malati più deboli dovevano astenersi dai cibi solidi, e limitarsi alle bevande. Questo era il miglior modo per essere in buona salute. Nel caso degli atleti, la medicina dietetica andava di pari passo con l’allenamento. Altre a questo livello terapeutico, il metodo della medicina tradizionale prevedeva una tecnica d’intervento che prevedeva: - La farmacologia (purghe, clisteri, emetici, diuretici, starnutatori): non esisteva un prontuario ufficiale dei farmaci ammessi o comunque di riconosciuta efficacia terapeutica. I farmaci potevano essere approntati dal medico nella sua taberna o direttamente venduti presso botteghe specializzate, dove, però, si correva il rischio di acquistare prodotti inefficaci, adulterati o persino pericolosi. Per il confezionamento dei farmaci, oltre agli ingredienti, occorrevano mortai, bilancine di precisione, vasetti (di argilla, vetro, alabastro), cucchiaini (per il dosaggio, la somministrazione e il prelievo dai contenitori). Esistevano ingredienti di diversa origine: *minerale: sali di rame (disinfettanti), piombo, zinco e ferro (emostatici, astringenti), argilla (adoperata per cure dermatologiche). Lo zinco, ottenuto per sublimazione e raffinamento, veniva usato per i colliri e le pomate oftalmiche. L’aceto di piombo (ottenuto senza contatto con l’aria) era adoperato come cosmetico e medicamento (refrigerante, emolliente, cicatrizzante). *animale: vipera (bile, usata nei colliri, e carne, adoperata contro le ulcere), castoro (ghiandole con potere calmante), lontra (reni, contro l’isteria). *vegetale: resine, oppio, licio, silfio, mirra (colliri, unguenti, profumi). - Chirurgia (praticata con mani o strumenti) troviamo: *l’incisione (ferro): veniva praticata con bisturi in caso di salasso, cataratta, estrazioni di frecce, escrescenze. Altri strumenti erano specilli, cannuccia, forbici, pinzette, uncini, spatole, cateteri e coppette. Queste ultime venivano applicate sull’epidermide ed erano in bronzo, vetro, argento, osso: il contenuto d’aria veniva riscaldato e si determinava un’irrorazione sanguigna con effetti salutari o anche un sanguinamento. *cauterizzazione (fuoco): praticata nei casi di ascesso. 1.d. specializzazioni Non esisteva un albo degli abilitati all’esercizio della professione medica, anche se in taluni casi erano previste commissioni incaricate di accertare le competenze di un aspirante medico “pubblico”. Le specializzazioni consistevano in: - Oculistica: le patologie più frequenti erano il tracoma, le congiuntiviti, le lesioni corneali, le blefariti, le cataratte. Il ritrovamento, attraverso gli scavi archeologici condotti presso i campi militari, di numerosi stampi oculistici, è una chiara testimonianza di quanto le patologie di questo tipo fossero diffuse e di quanto risultavano gravi e contagiose a causa delle cattive condizioni igieniche. La contagiosità delle varie forme di congiuntivite era temuta soprattutto all’interno dell’esercito. Gli “stampi oculistici”, particolarmente diffusi in Gallia e, in generale, in Occidente, erano blocchetti iscritti recanti il nome dell’oculista (o del fabbricante oppure del collirio oppure ancora del singolo ingrediente) e adoperati per imprimere le indicazioni su un panetto/pastello, ossia un collirio di consistenza quasi solida. I colliri erano a base di rame,  Disinteresse per il guadagno, il nuovo modello di medico non avrebbe più potuto curare molti malati allo stesso tempo, ma avrebbe concentrato la sua attenzione sui pochi in modo da mettere a fuoco la specificità della malattia;  Riduzione del dolore, nei limiti del possibile e comunque senza rinunciare alle cure necessarie;  Rifiuto dell’accanimento terapeutico, saper riconoscere quando è il momento di sospendere la terapia in quanto non porterebbe a nulla se non ad altra sofferenza;  Rifiuto/accettazione del suicidio, in alcune circostanze il suicidio può valere a porre termine a insopportabili sofferenze;  Ricerca del benessere fisico. 2. Responsabilità del malato 2.a. negligente se il paziente non collabora, trascura la terapia e mette così a rischio la propria vita, ne risentirà anche la professionalità del medico agli occhi altrui. 2.b. diligente al contrario se il paziente collabora alla sua guarigione, aiutando il medico a costruire un corretto quadro clinico accettandone la verità, anche il medico ci guadagna in termini di prestigio. IV Modulo IL RAPPORTO FRA MEDICO E SOCIETA’ 1. In Grecia 1.a. età classica la posizione più ambita alla quale un medico potesse aspirare nel mondo greco era quella di “medico pubblico”. Chi era prescelto per questa carica godeva infatti di una condizione universalmente riconosciuta ed era vincolato da un contratto che gli imponeva di restare in una città per un determinato periodo in cambio di un salario. Potevano anche percepire compensi a prestazione, ma dispensare anche cure gratuite, in particolare ai bisognosi. Ad Atene i medici venivano selezionati dopo essere stati “esaminati” dall’Assemblea attraverso un accertamento delle competenze. 1.b. età ellenistica le città corrispondevano un compenso annuale ai medici pubblici ricavato dai contributi versati come “tassa” specifica. 2. In Egitto 2.a. tolemaico la “tassa medica” veniva pagata in natura e mirava a garantire una forma aurorale di assistenza sanitaria. Al servizio dei Tolemei si trovavano i medici di corte, categoria particolarmente privilegiata 2.b. romano i demosioi iatroi (medico pubblico) compaiono soltanto dopo il 173 d.C. e assumono talora la denominazione di archiatroi (come i medici della corte tolemaica). Vi erano anche i dedokimasmenoi, ossia i medici “patentati”, di nomina pubblica, abilitati dopo il superamento di un esame. 3. A Roma 3.a. III secolo a.C.  293/292 a.C. circa: in occasione dello scoppio di un’epidemia a Roma, fu inviata ad Epidauro un’ambasceria per chiedere l’aiuto di Asclepio: fu eretto un tempio in onore del dio sull’Isola Tiberina e l’epidemia cessò.  219 a.C.: il medico Archàgathos di Sparta venne a Roma per esercitare la professione in cambio della cittadinanza; egli però non fu all’altezza delle aspettative e si meritò l’appellativo di “carnefice”, come riferisce Plinio, il quale gli attribuiva anche una natura malvagia e avida. Inizialmente, a Roma, il monopolio della medicina era in mano greca e solo gradualmente passò in quella romana: nel I secolo 9 medici su 10 sono Greci, nel II secolo 3 su 4, ne III 1 su 2. 3.b. II secolo a.C. Asclepiade di Prusa giunge a Roma ed esercita con successo soprattutto in campo dietetico; fu maestro di Temisone e anticipatore dei Metodici. 3.c. 45 a.C. Cesare concesse ai medici la cittadinanza romana. 3.d. Augusto dedico al suo medico Antonio Musa una statua sul Platino e confermò i privilegi concessi da Cesare. 3.c. Claudio Stertinio Senoforte di Kos percepiva una rendita annua della sua clientela a Roma di 600.000 sesterzi, divenne medico dell’Imperatore, che gli raddoppiò il salario, ma fu sospettato dell’avvelenamento di Claudio. 3.f. Vespasiano emanò un editto che privilegiava i medici e iatraliptai. 3.g. Antonino Pio ridusse i medici privilegiati sulla base delle dimensioni delle città (5 nelle piccole, 7 nelle medie e 10 nelle grandi) e sottopose ai consigli municipali delle esenzioni, in base ad una valutazione morale dei candidati. 3.h. Severo Alessandro vengono probabilmente istituiti medici pubblici a Roma e viene retribuito con un salario il medicus palatinus, cioè del palazzo imperiale. 3.i. Valentiniani I nel 368 nomina un archiatra (medico sia dei sovrani ellenistici sia degli imperatori romani) per ciascuno dei 14 quartieri di Roma; essi erano retribuiti dallo Stato e venivano rimpiazzati mediante prelievo da una graduatoria interna. 4. Estrazione sociale e provenienza geografica I medici appartenevano sia a famiglie altolocate che di estrazione sociale bassa, con una netta distinzione tra Oriente e Occidente: 4.a. i medici nella pars Occidentis: i medici privi della cittadinanza romana sono 80% nel I, 50% nel II e 25% nel III secolo d.C. Si tratta di “stranieri” come Diodoto di Tyana. Nessun medico ebbe accesso al senato di Roma, qualcuno al ceto equestre, qualcun altro talora divenne seviro, cioè addetto al culto imperiale. Qui troviamo medici di bassa estrazione sociale. 4.b. i medici nella pars Orientis: in generale appartengono alle elites locali e dispongono di maggiori ricchezze. 4.c. le medicae, di solito sono di umile estrazione (schiave o liberte), talora però anche di estrazione più elevata, specializzate prevalentemente in ambito ginecologico. V Modulo LE FONTI PER LA STORIA DELLA MEDICINA ANTICA 1. Classificazione tipologica 1.a. testi letterari specifici (trattati tecnici di medicina, libri illustrati di botanica.) 1.b. testi letterari non specifici (poetici, storici, filosofici, magici, astrologici) 1.c. papiri, ostraka, pergamene di provenienza egiziana. In particolare i papiri tramandano:  Manuali legati alla prassi scolastica e corredati di questionari con finalità didattiche e scopi pratici;  Ricette mediche complete di “foglio illustrativo” contenente la denominazione del farmaco, le sue indicazioni terapeutiche e la composizione. 1.d. iscrizioni, soprattutto di tipo funerario. 1.e. rovine monumentali (strutture sanitarie privato o pubbliche). 1.f. resti archeologici. 1.g. reperti iconografici (bassorilievi, statue, affreschi), raffiguranti persone obese, casi di nanismo, malformazioni e anche soggetti epilettici. Il LIBRO ha subito nei secoli numerose modificazioni, prima di giungere alle caratteristiche che lo qualificano oggi. Tali modificazioni riguardano soprattutto il materiale scrittorio, il formato e la scrittura. I libri greci erano ovviamente manoscritti, precedenti all’invenzione della stampa avvenuta nel XV secolo. MATERIALE SCRITTORIO Nell’età arcaica, quando la scrittura serviva più per la conservazione che per la diffusione delle opere letterarie, i testi venivano trascritti su materiali vari e consistenti: dalle lamine di metallo alle pelli alle tavolette di legno o terracotta. Su materiali poco maneggevoli si scrivevano anche gli esercizi scolastici, ma potevano anche essere utilizzati a questo scopo fogli di papiro, magari “riciclati” ovvero utilizzati dal lato non scritto. In età classica ed ellenistica il materiale più diffuso era certamente il papiro, ottenuto tramite l’unione delle fibre vegetali ricavate dal fusto delle piante di papiro, che crescevano abbondanti soprattutto in Egitto, lungo le coste del Nilo. L’Egitto esportava il materiale anche in altre zone del mediterraneo, inclusa la Grecia. A partire dal II secolo a.C., e con un vero incremento nel IV secolo, si diffuse un altro supporto scrittorio ricavato dalla lavorazione di pelli animali, soprattutto pecore, capre e vitelli: il suo nome è pergamena, poiché si ritiene sia stato introdotto a Pergamo. Questo materiale era ovviamente più costoso: poteva quindi accadere che i fogli di pergamena usati venissero raschiati dalla scrittura precedente e riutilizzati. Questi testi “riscritti”, detti palinsensti, ci hanno permesso di far riemergere la scrittura inferiore, ovvero quella cancellata, recuperando così testi letterari non altrimenti conosciuti. Nel I secolo d.C. in Cina venne creato un nuovo materiale scrittoio, di uso agevole ed economico, nato dalla macerazione di stracci: la carta. La sua facile reperibilità e i costi bassi soppiantarono l’uso delle pergamene, che rimasero in uso solo per manufatti di particolare pregio. FORMATO LIBRARIO I più antichi libri papiracei furono realizzati incollando l’uno dopo l’altro i fogli di pairo e avvolgendoli a rotolo intorno ad un bastoncino, chiamato umbiculus. Sul libro così realizzato venivano vergate, da sinistra a leggere in sequenza. Il papiro veniva progressivamente riavvolto a sinistra e srotolato a destra: da qui il nome volumen (rotolo). Il volumen aveva dei limiti, in quanto poteva essere scritto solo dal lato interno provocando così un grande spreco di superficie scrittoria; non era di facile consultazione né di agevole conservazione. Sul modello delle tavolette lignee, legate tra loro a formare una specie di libro, venne creato un altro formato librario: il codice. Per realizzarlo si procedeva piegando alcuni fogli di papiro, pergamena o, di carta, componendo un fascicolo.
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