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Riassunto sostitutivo del 3 capitolo riguardante il Peculato, Sintesi del corso di Diritto Penale

Capitolo 3 Peculato - Manuale di diritto penale, Parte speciale - Giulio De Simone

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 12/05/2021

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Scarica Riassunto sostitutivo del 3 capitolo riguardante il Peculato e più Sintesi del corso in PDF di Diritto Penale solo su Docsity! CAP. III - PECULATO (ART. 314 C.P.): “Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di danaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e sei mesi. Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.” 1. GENESI DELLA NORMA Nell’originaria versione del codice Rocco, il peculato era ripartito in tre distinte figure di reato:  il peculato in senso stretto o comune (314 c.p.), a sua volta diviso in: 1. appropriazione a profitto proprio o altrui di denaro o altra cosa mobile appartenente alla PA; 2. distrazione a profitto proprio o altrui di denaro o altra cosa mobile appartenente alla PA  la malversazione a danno dei privati (315 c.p.)  il peculato mediante profitto dell’errore altrui (316 c.p.) Successivamente con la l. n. 86/1990, il legislatore ha espressamente soppresso all’interno dell’art. 314 la figura della distrazione a profitto proprio o altrui, oggi riconducibile al delitto di abuso d’ufficio ex art. 323 c.p.; inoltre ha abrogato il delitto di malversazione a danno di privati (art. 315 c.p.), ipotesi confluita nella modificata fattispecie di peculato ex art.314 c.p., che può avere ad oggetto ora anche denaro o cosa mobile altrui. Infine ha introdotto al comma 2 l’autonoma fattispecie di semplice uso momentaneo della cosa, il cd. peculato d’uso, già noto nella prassi. Con l. n. 190/2012 è stata stabilita quale cornice edittale la sanzione da 4 a 10 anni di reclusione; in seguito, la l. n. 69/2015 ha elevato il limite massimo edittale di 6 mesi (10 anni e 6 mesi di reclusione). Per l’ipotesi di peculato d’uso, la pena - reclusione da 6 mesi a 3 anni - è rimasta invariata. 2. STRUTTURA OGGETTIVA 2.1 INTERESSE TUTELATO Il delitto di peculato ha carattere plurioffensivo. Esso tutela non solo la legalità, efficienza, probità e imparzialità dell’attività amministrativa, ma anche il patrimonio della stessa PA o di terzi. La natura plurioffensiva del peculato implica che l’eventuale mancanza di danno patrimoniale conseguente all’appropriazione non esclude la sussistenza del reato, restando pur sempre leso dalla condotta dell’agente l’altro interesse protetto, cioè quello della legalità, imparzialità e buon andamento della PA. 2.2 SOGGETTI ATTIVI E PASSIVI Il delitto di peculato ha natura di reato proprio, perché il soggetto attivo deve rivestire una particolare qualifica giuridica. Il delitto può essere commesso indifferentemente dal pubblico ufficiale (357 c.p.) o dall’incaricato di pubblico servizio (358 c.p.). Si richiede inoltre che l’appropriazione avvenga su una cosa detenuta dall’agente pubblico per ragione del suo ufficio o servizio. Risulta quindi inapplicabile la disciplina ex art. 360, che rende configurabile il delitto di peculato commesso da un agente che ha perso la qualifica pubblicistica qualora <il fatto si riferisce all’ufficio o al servizio esercitato>. 1 Ai fini dell’integrazione della qualifica soggettiva, può considerarsi pubblico agente anche il funzionario di fatto, cioè quella persona che, senza essere investito formalmente delle funzioni pubbliche, le abbia in concreto esercitate con il consenso della PA. Soggetto passivo del reato è non solo la PA ma anche il privato al quale sia concretamente offeso un interesse patrimoniale. 2.3 OGGETTO MATERIALE DEL REATO Oggetto materiale del delitto di peculato è il denaro o altra cosa mobile. Sono dunque esclusi i beni immobili. I beni immateriali - sia personali (onore, vita, prestigio, ecc.) che patrimoniali (opere dell’ingegno, invenzioni industriali, ditta, insegna, marchio, ecc.)- non possono costituire oggetto di peculato. Tuttavia, nell’ipotesi di beni patrimoniali immateriali può costituire oggetto di peculato il denaro o l’altra cosa mobile derivante dall’utilizzo del bene immateriale. La cosa mobile di cui l’agente pubblico si appropri deve avere valore apprezzabile. Il denaro o la cosa mobile oggetto dell’appropriazione da parte dell’agente pubblico devono essere altrui. Il concetto di altruità è da intendere in senso lato, non essendo necessaria l’effettiva proprietà della cosa da parte di terzi, ma è sufficiente che costoro vantino anche solo un diritto reale diverso dalla proprietà o un diritto personale di godimento. 2.4 PRESUPPOSTI DELLA CONDOTTA 2.4.1 POSSESSO O DISPONIBILITA’ Per commettere il delitto di peculato, l’agente pubblico che si appropria del denaro o della cosa mobile altrui deve averne in precedenza il possesso o la disponibilità in ragione del suo ufficio o servizio. La nozione di possesso, più ampia rispetto a quella ex art. 1140.1 cc, deve intendersi come comprensiva della detenzione materiale della cosa e della sua disponibilità giuridica, nel senso che il soggetto deve essere in grado, mediante un atto dispositivo di sua competenza o connesso a prassi e consuetudini invalse nell’ufficio, di inserirsi nel maneggio o nella disponibilità del denaro o della cosa mobile e di conseguire quanto poi oggetto di appropriazione. Non rientrano nel concetto di disponibilità quei poteri del pubblico agente assimilabili alle facoltà del creditore in un rapporto obbligatorio. 2.4.2 LA RAGIONE D’UFFICIO O DI SERVIZIO Con riferimento al possesso o alla disponibilità della cosa da parte del pubblico agente, il legislatore richiese che esso sia caratterizzato dalla ragione dell’ufficio o del servizio. Secondo l’orientamento giurisprudenziale, ai fini della configurabilità del delitto di peculato, la ragione dell’ufficio o del servizio giustificatrice del possesso deve essere intesa in senso lato e comprende anche il possesso derivante da prassi e consuetudini che consentano al soggetto di inserirsi nel maneggio o nella disponibilità del denaro o della cosa mobile, trovando nelle proprie pubbliche funzioni l’occasione per un tale comportamento. La configurabilità del reato andrebbe esclusa solo in caso di possesso o affidamento meramente occasionale del denaro o bene altrui al pubblico agente. È irrilevante per la realizzazione del reato che l’agente sia entrato nel possesso del bene nel rispetto o meno delle disposizioni organizzative dell’ufficio, potendo lo stesso derivare anche dall’esercizio di fatto o arbitrario di funzioni. 2 La condotta tipica si differenzia da quella del peculato comune perché l’indispensabile restituzione della cosa esclude che si possa configurare un’autentica e definitiva appropriazione. L’elemento oggettivo non coincide dunque con l’appropriazione in senso specifico di cui al comma 1, consistendo piuttosto nel fatto di distogliere temporaneamente la cosa dalla sua originaria destinazione per volgerla a scopi personali. È escluso dall’ambito applicativo dell’incriminazione l’uso del denaro, riconducibile alla figura di peculato comune comma 1. Questa tesi si basa su due argomentazioni: 1. nell’enunciato del comma 2 non si menziona più il denaro accanto alla cosa mobile; 2. si sostiene che nel capoverso dell’art.314 è richiesta l’immediata restituzione della sessa identica cosa e non di una cosa equivalente: il denaro si usa spendendolo, sicché si avrebbe la restituzione del tantundem e non della eadem res. La restituzione della cosa deve avvenire immediatamente: tra l’attività consistente nell’uso della cosa e la sua restituzione deve intercorrere un tempo minimo, che non può essere quantificabile cronologicamente in astratto, ma va calcolato come necessario e sufficiente in concreto per la riconsegna medesima. L’espressione “uso momentaneo della cosa” significa temporaneo, non istantaneo: deve essere un uso protratto per un tempo limitato, così da comportare una sottrazione della stessa alla sua destinazione istituzionale tale da non compromettere seriamente la funzionalità dell’azione dell’amministrazione pubblica. La reiterazione delle condotte di peculato d’uso determina l’integrazione di una pluralità di reati ex art. 314.2, eventualmente legati dal vincolo della continuazione, ma non il mutamento della qualificazione giuridica del fatto in peculato ordinario. Malgrado l’apparenza creata dall’espressione “allo scopo di”, non è configurabile l’ipotesi di un reato a dolo specifico; invero, lo scopo menzionato - l’uso momentaneo della cosa - deve necessariamente realizzarsi. L’indispensabile integrazione dell’elemento rende la figura di peculato d’uso incompatibile con la categoria del dolo specifico, la quale postula che lo scopo ulteriore non si realizzi necessariamente ai fini della configurazione del reato. Lo scopo di restituire immediatamente la cosa dopo l’uso momentaneo connota l’aspetto soggettivo del reato in questione in termini di dolo intenzionale, precludendo la configurabilità del delitto a titolo di dolo eventuale. Una delle questioni più controverse è quella del peculato telefonico. Dopo un travagliato percorso giurisprudenziale si è giunti a ritenere sussumibile nel peculato d’uso l’utilizzo per fini personali, da parte del pubblico agente, del telefono assegnatogli per esigenze d’ufficio. E ciò soltanto però se produca un danno apprezzabile al patrimonio della PA o una lesione concreta alla funzionalità dell’ufficio (es. per quest’ultimo caso, si pensi alla presenza di un c.d. «contratto tutto incluso»). Con tale comportamento l’agente distoglie il dispositivo telefonico, di cui in possesso per ragioni d’ufficio, dalla sua destinazione pubblicistica, piegandolo a fini personali per il tempo del relativo uso, per restituirlo al momento della sua cessazione alla destinazione originaria. Integra il delitto di peculato d’uso anche l’illegittimo utilizzo della connessione internet: la condotta dell’agente pubblico che adoperi per fini personali il collegamento internet sul computer dell’ufficio in suo possesso. Rientra nella configurazione del peculato d’uso anche l’appropriazione dell’autovettura: es. l’utilizzazione non occasionale per fini personali, estranei agli interessi dell’amministrazione, della vettura affidata agli agenti di Polizia per ragioni di pubblica sicurezza; oppure all’utilizzo dell’autovettura di un comune, in giorno prefestivo, per fini personali estranei agli interessi dell’amministrazione, da parte di un consigliere comunale che ne aveva la disponibilità per ragioni d’ufficio. Non è riconducibile alla figura del peculato d’uso l’utilizzazione a proprio favore di energie umane di pubblici agenti: l’impiego di un autista per fini non istituzionali integra la fattispecie di abuso d’ufficio. Il peculato infatti in tutte le 5 sue forme, presuppone l’appropriarsi dell’agente di una cosa, che viene destinata a una finalità diversa da quella prevista dalla legge; mentre non è concepibile l’appropriarsi di una persona o della sua energia lavorativa. 6. RAPPORTI CON ALTRE FATTISPECIE Il peculato si differenzia dal punto di vista del fatto tipico dal delitto di appropriazione indebita aggravata (art. 61 n.9 c.p.), la quale presuppone che il possesso sia stato devoluto all’agente intuitu personae; viceversa l’abuso dei poteri o l’inosservanza dei doveri servono al medesimo non per procurarsi quel possesso ma per agevolarlo nella realizzazione della condotta tipica. Il peculato si distingue dal furto (art.624 c.p.) sotto il profilo strutturale, avendo elementi costitutivi diversi: mentre nel furto l’impossessamento della cosa altrui avviene attraverso la sottrazione del bene a chi lo detiene, nel peculato l’agente ha la disponibilità del bene per ragioni del suo ufficio/servizio. Il peculato si distingue alla truffa aggravata (640 + 61 n.9) per le modalità del possesso del denaro/altra cosa mobile altrui oggetto di appropriazione: ricorre il peculato quando il pubblico agente se ne appropria avendone già il possesso o comunque la disponibilità per ragione del suo ufficio o servizio, la truffa aggravata quando il soggetto attivo si procura tale possesso facendo ricorso ad artifici o raggiri per appropriarsi del bene. Integra il delitto di peculato d’uso, e non quelli di sottrazione di cose sottoposte a sequestro (art. 334 c.p.), la condotta di momentaneo impossessamento posta in essere, attraverso l’abusiva circolazione di un’autovettura sottoposta a sequestro amministrativo, da parte del custode che non ne sia proprietario, o che non agisca in suo concorso o nel suo interesse. Se nella condotta del pubblico ufficiale vi è contestualità cronologica tra appropriazione temporanea e sottrazione/deterioramento/distruzione di alcuni atti o documenti della PA, ma nella disponibilità per ragioni d’ufficio dello stesso pubblico ufficiale; e se l’azione è stata ispirata dal solo scopo di violare la pubblica custodia di detti atti o documenti per conoscerne il contenuto, l’appropriazione deve essere considerata come un antefatto non punibile da assorbire nella più complessa condotta unitaria che va inquadrata nel reato di violazione della pubblica custodia di cose (art.351 c.p. aggravata ai sensi dell’art. 61 nn. 2 e 9, c.p.). Nel caso dell’addetto al servizio postale che manometta un plico impossessandosi delle banconote ivi contenute è configurabile il concorso tra i delitti di peculato e di violazione di corrispondenza (616). 7. CIRCOSTANZE. PENA ACCESSORIA L’art. 323 bis, comma 1, c.p. prevede l’applicazione di una circostanza attenuante speciale quando il fatto di peculato comune sia di particolare tenuità. La concessione dell’attenuante presuppone una valutazione del fatto nella sua globalità. A tal fine si deve considerare non solo l’entità del danno economico o del lucro conseguito, ma ogni caratteristica della condotta, dell’atteggiamento soggettivo dell’agente e dell’evento da questi determinato. Anche la non appartenenza della cosa alla PA può assumere rilievo ai fini dell’operatività dell’art. 323bis. Appare difficile ipotizzare l’applicabilità di tale circostanza attenuante speciale alla fattispecie di peculato d’uso, trattandosi di un’ipotesi di reato in cui già il legislatore ha valorizzato un minor disvalore del fatto. Al delitto di peculato comune sono applicabili le circostanze attenuanti e aggravanti ex artt. 62 n.4 (danno patrimoniale di speciale tenuità) e 61 n.7 (danno patrimoniale di rilevante gravità); in linea teorica le due circostanze possono estendersi anche al peculato d’uso. Per quanto riguarda la circostanza del danno patrimoniale di speciale tenuità, essa si applica al delitto di peculato soltanto al cospetto di un danno di rilevanza minima, che stante la natura del soggetto passivo del reato, va apprezzato esclusivamente sotto il profilo oggettivo. 6 Può riconoscersi in relazione al delitto di peculato comune anche la circostanza attenuante ex art. 62 n.6 (riparazione del danno); tuttavia la semplice restituzione della cosa sottratta al privato non comporta il riconoscimento in capo al pubblico agente di tale circostanza, poiché la figura di reato - pur tutelando il patrimonio dei privati - è caratterizzata principalmente per la finalità di tutela del patrimonio della PA e delle caratteristiche dell’azione amministrativa. Ex art. 317bis c.p., alla condanna per il delitto di peculato consegue la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Se la condanna inflitta per il delitto di peculato, a causa dell’applicazione di una o più circostanze attenuanti, sia inferiore ai 3 anni di reclusione, la pena accessoria da irrogare è l’interdizione temporanea dai pubblici uffici, commisurata alla pena principale. Nel senso che, secondo quanto disposto dall’art. 37c.p., la pena accessoria deve avere la medesima durata della pena principale inflitta, ma non può essere inferiore a 1 anno (durata minima di tale pena: art. 28 c.p.). La suddetta pena accessoria è applicabile anche nelle ipotesi di peculato d’uso e delitto tentato. 7
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