Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Il Ruolo dell'Italia nelle Guerre Mondiali e la Nascita della Guerra Fredda, Schemi e mappe concettuali di Storia Contemporanea

La partecipazione dell'Italia nelle due guerre mondiali e il ruolo che ha giocato nella nascita della Guerra Fredda. Viene trattato il ruolo dell'Internazionale Socialista, l'intervento italiano nella Prima Guerra Mondiale, i Quattordici Punti e la riparazione di guerra imposta alla Germania. Inoltre, vengono descritti i fattori che hanno portato alla Seconda Guerra Mondiale, il dispiegamento degli Stati Uniti nel Pacifico e la fine della Guerra Fredda.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

Caricato il 02/04/2022

michelenomen
michelenomen 🇮🇹

4

(3)

6 documenti

1 / 31

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Il Ruolo dell'Italia nelle Guerre Mondiali e la Nascita della Guerra Fredda e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! 2 - Origini della Grande Guerra Ultimi 30 anni dell’800, emergono fenomeni e processi di ordine politico, sociale ed economico anticipatori del secolo che viene. 1) Seconda rivoluzione industriale. - Forte progresso scientifico e tecnico. Nuove teorie (Darwinismo) e materiali (acciaio e petrolio). - Standardizzazione che facilita la produzione industriale. Viene introdotto il Taylorismo (catena di montaggio) e conseguente alienazione. - Globalizzazione economica e susseguente sviluppo capitalistico su scala mondiale. - Concentrazione industriale, fusioni tra fabbriche, nascita di società per azioni e fenomeno dei trust. - Crescente legame di capitali ed interessi tra il sistema finanziario e la grande industria. Le banche si occupano di investimenti e nasce la finanza e i poli finanziari. - sviluppo del commercio internazionale e l’emergere di nuove potenze economiche (Giappone e USA). - Impatto sull’industria bellica (armi automatiche, artiglieria pesante) e maggior peso esercitato sulle scelte politiche ed economiche dei governi. - Impatto sulla società, urbanizzazione. 2) Età degli imperi e imperialismo europeo. - Colonialismo (1870-1900) - Fenomeno dell’imperialismo importante perché laboratorio. - Da un punto di vista militare, si tratta di una violenta conquista di sterminati territori da parte di piccoli eserciti che contano sulla supremazia tecnologica. Si sperimentano dunque i benefici della rivoluzione industriale. - Idea che si stia compiendo una missione civilizzatrice. Conquistare è un loro diritto e dovere. - Questo identificarsi come civiltà nei confronti di popoli di cui si ha una bassa considerazione porta inevitabilmente alla concezione di una razza superiore destinata ad imporsi su quelle inferiori (razzismo). - Espansione capitalistica. La nuova economia necessita di nuovi mercati di sbocco e materie prime e basso costo. - Questo mix di violenza, pseudo-civilizzazione e sfruttamento capitalistico è rappresentato dal dominio di Leopoldo II di Belgio nei confronti del territorio e popolo del Congo sul quale si esercita violenza e terrore. 3) Frizioni tra gli stati europei. - Così come vediamo emergere gli USA ed il Giappone come potenze, in Europa la protagonista è la Germania che acquisisce consapevolezza della propria forza. È la locomotiva d’Europa, e vuole vedersi riconosciuto il peso raggiunto. È quindi insofferente vedere Francia e Regno Unito come potenze egemoni (status dovuto alla questione colonie). - Avere un impero non era solo una questione economica, ma conferiva prestigio e peso geopolitico. - Si verifica quindi un cortocircuito tra imperialismo e crescita di un nazionalismo più aggressivo, volto all’affermazione del proprio paese sugli altri. - Questa situazione scatena una politica di sicurezza: il timore di mostrarsi deboli ed impreparati spinge i vari stati ad una corsa agli armamenti. - Alla vigilia della guerra, l’Europa è una enorme polveriera pronta ad esplodere. - In questo contesto di tensioni internazionali si delineano due sistemi di alleanze contrapposte. - La Triplice Alleanza, 1879, tra Austria e Germania, a cui si unisce l’Italia nel 1882. (L’Italia che non si stava sviluppando come potenza economica, aderisce perché temeva di trovarsi come vicini delle potenze). - La Triplice Intesa, 1904, tra Francia e Regno Unito (Intesa Cordiale mirata a mantenere lo status quo), a cui si unisce la Russia zarista nel 1907. - Il 28 Giugno 1914 un nazionalista slavo, Gavrilo Princip, spara all’erede al trono d’Austria a Sarajevo. Attentato che diventa causa occasionale di una guerra, l’opzione bellica viene presa in considerazione dai governi. - La storiografia ha dato ha lungo la responsabilità alla Germania che preme sull’Austria perché la situazione degeneri, ma va anche tenuto conto della predisposizione degli altri governi ad accettare il confronto militare e rischiare una guerra. - Si crea un pubblico interessato, l’opinione pubblica e i governi si influenzano a vicenda. - Allo scoppio della guerra si verifica un’euforia ed esaltazione di massa. Gli europei erano disabituati alla guerra da quasi un secolo e non si aveva la percezione di quella che sarebbe stata la guerra con le nuove tecnologie. Si pensa sia una fuga dalla normalità quotidiana, di cui è responsabile la modernità. La guerra è vista come un’evasione, idealizzata con occhio romantico. - Il fenomeno “comunità d’agosto”, l’euforia collettiva sviluppa la fratellanza, gli squilibri sociali esistono ma ci si illude si stia andando tutti incontro ad uno stesso destino di successo (ogni paese è convinto di vincere). - La prima vittima della guerra è la Seconda Internazionale Socialista. Organizzazione che riuniva i partiti socialisti dei vari paesi con lo scopo di coordinarsi in nome del principio dell’internazionalismo: far prevalere il vincolo della solidarietà di classe su quello nazionale, gli operai di tutte le nazioni sono uguali perché sfruttate da un nemico comune (padrone, capitalismo). L’Internazionale è impotente, i partiti socialisti aderiscono alla guerra, si omologano al clima di Union Sacrée. - Il Partito Socialista Italiano opta per la neutralità assoluta. Il governo guidato da Salandra dichiara neutralità. 3 - La Grande Guerra Contesto sempre più instabile e forte competizione generano tensione. Oltre alla Germania, ritenuta colpevole, bisogna tener conto di altri fattori: la predisposizione delle classi dirigenti europee verso la guerra, l’influenza delle alte sfere militari, gli interessi economici premevano per lo scontro (le industrie si aspettavano ottimi affari) e infine l’opinione pubblica. La Grande Guerra è considerata una guerra “nuova”. 1) Guerra di posizione, di logoramento. A differenza delle guerre di movimento, per cui gli eserciti si mettevano in marcia, qui notiamo come essi sono costretti a fermarsi ai vari fronti e rintanarsi in trincee. La vita di trincea era caratterizzata da periodi di stasi, inedia e noia, interrotti da assalti. (Il piano Schlieffen del 1905 prevedeva l’invasione della Francia). 2) Eserciti di massa. La coscrizione obbligatoria fa sì che si creino eserciti enormi. Un fenomeno che segna un’intera generazione di uomini in guerra. A tutto ciò corrispondono morti di massa. 3) Novità in armamenti e tecnologie. Nuove armi: cannoni a tiro rapido, artiglieria pesante a lunga gittata, mitragliatrici, carri armati, aerei da caccia e sommergibili. (Gas velenosi considerati scorretti ed incivili). La tecnologia risolve anche l’apparato di strumenti e infrastrutture quali il telegrafo, telefono e ferrovie che rendono questa guerra moderna. 4) Aspetto spaziale. Inizialmente una guerra locale, regionale che poi diventerà europea ed infine mondiale. Vi partecipano stati extraeuropei, vengono coinvolte le colonie. 5) Comparsa del fronte interno. La guerra richiede una mobilitazione totale. Le economie dei vari paesi e i loro apparati produttivi, così come tutte le risorse sono convogliate verso lo sforzo bellico. Si verifica una concentrazione industriale (quantità) e forte sviluppo tecnologico (qualità). 6) Nuovo ruolo dello stato, il quale essendo committente diventa interventista, dirigista in economia: militarizzazione delle fabbriche, controllo della produzione, restrizioni, razionamenti e nascita di nuovi uffici (crescita burocratica e amministrativa). Lo stato ha a disposizione la propaganda, nel tentativo di creare ed alimentare consenso; e la censura, con annesse restrizioni delle libertà individuali. Di conseguenza va definendosi il rapporto tra stato e società civile. Tra gli aspetti positivi vi è il nuovo ruolo sociale ed economico della donna, nato dalla necessità della manodopera femminile. La Prima Guerra Mondiale viene definita “totale”, è un fenomeno sociale, politico ed economico massiccio. La situazione in Italia era molto complessa. Nello stesso mese dell’attentato di Sarajevo, l’Italia è attraversata dalla Settimana Rossa (7-14 Giugno), sommosse causate dagli episodi di Ancona, in cui dei dimostranti sono vittime delle forze dell’ordine. Scatta una rivolta popolare, che assume caratteri insurrezionali. La Settimana Rossa è emblematica di una forte conflittualità sociale e politica nel paese. Alla guida del governo c’è Antonio Salandra, esponente della destra liberale. Quando gli eserciti iniziano a mobilitarsi nell’Agosto del 1914, l’Italia dichiara la neutralità, scelta legittima, in quanto la Triplice Alleanza era un alleanza difensiva, e dato che la guerra la scatenano i suoi alleati, l’Italia non era tenuta ad intervenire. Inoltre ne Austria ne Germania si consultano con l’Italia, l’alleato più debole. Nei mesi successivi il paese si divide in due correnti di pensiero e opinioni su cosa fare: da un lato chi sostiene che l’Italia debba rimanere neutrale e dall’altro chi sostiene debba intervenire. - Neutralisti. Influente la figura di Giolitti. L’idea era che l’Italia avrebbe potuto ottenere molti vantaggi rimanendo neutrale: si voleva contrattare la neutralità dell’Italia e trarne benefici. Comprese anche le masse cattoliche e la chiesa, di tendenza pacifista e tendenza filoaustriaca (non volevano la guerra contro l’Austria cattolica in alleanza con la Francia laica). Infine il Partito Socialista Italiano schierato per la neutralità assoluta, pacifisti guidati dall’ideale di internazionalismo. Nel complesso rappresentavano la maggioranza nel paese e nel parlamento, ma incapaci di far fronte comune vengo sconfitti. - Interventisti. Associazione Nazionalista Italiana che rappresenta l’interventismo di destra, di tipo nazionalistico. Poi c’era un interventismo democratico di sinistra con annessi estremisti rivoluzionari. Compresi anche i repubblicani che vedevano la guerra come occasione di completare il risorgimento e prendere possesso delle terre irredenti (Trento, Trieste, Friuli-Venezia-Giulia). Infine una componente di intellettuali, futuristi e studenti; figura di spicco è quella di Gabriele D’Annunzio, che con la sua oratoria era animatore del fronte interventista (“radioso Maggio” e il discorso tenuto a Quarto, dove partì la spedizione dei Mille). Nel complesso erano una minoranza ma molto attiva, capace di occupare le piazze e generare agitazione. Il “caso Mussolini”. Astro nascente del socialismo italiano, radicale e rivoluzionario, allo scoppio della guerra è a favore del neutralismo ma dopo poco passa ad una neutralità attiva ed operante. Il direttore del quotidiano del partito (Avanti!) che si discosta dalle politica del partito è un problema. Mussolini è quindi costretto a dimettersi, fonda il Popolo d’Italia e si schiera apertamente per l’intervento. Ciò determina la sua espulsione dal Partito Socialista Italiano. In questo contesto l’Italia è una vincitrice insoddisfatta: ne trae benefici concreti, a livello internazionale (annessione delle terre irredenti) e sulla questione sicurezza (scompare l’Impero Asburgico); però le clausole del Patto di Londra non sono interamente rispettate. Nello specifico la Dalmazia, prevalentemente abitata da slavofoni, viene rivendicata dalla Jugoslavia. Il Primo Ministro Orlando e il Ministro degli esteri Sonnino attuano una strategia diplomatica fallimentare: da un lato si pretende il rispetto integrale del Patto di Londra, dall’altro si richiede l’annessione di Fiume, in nome del principio di nazionalità; un controsenso al quale gli alleati si oppongono, in particolare Wilson spiega come il Patto di Londra non è di sua competenza. Orlando e Sonnino la presero male e lasciarono la Conferenza di Parigi per protesta. Il gesto dei ministri è un flop e per non rimanere indietro nelle trattative sono costretti a tornare. Orlando a giungo si dimette e gli subentra Francesco Saverio Nitti; poi si verifica un’onda di nazionalismo alla cui guida troviamo Gabriele D’Annunzio, il quale conia la formula “vittoria mutilata”. Inoltre D’Annunzio attua la presa di Fiume, vi instaura una reggenza e Alceste de Ambris redige la Carta del Carnaro (una sorta di costituzione) in cui si proclama Fiume una repubblica. Sarà Giolitti a mettere fine alla questione capendo che andava risolta aprendo un negoziato con la Jugoslavia, che andrà in porto con il Trattato di Rapallo il quale sancisce Fiume città libera. Questo era il quadro geopolitico del dopoguerra, l’Europa è cambiata. 1) Cambia la società. Il ruolo delle donne, il mutamento nei costumi e nella famiglia (i figli che tornano dal fronte). Dopo la guerra c’è il desiderio di evasione e l’aumento della violenza. 2) Si pone il problema dei reduci, come reinserire nella società e nella vita quotidiana coloro che hanno vissuto la guerra al fronte, gli stessi che non si vedono ricompensati per il loro sacrificio data l’economia in difficoltà, cosa che desta straniamento, rabbia e frustrazione, sentimenti compensati dal “combattentismo” (cameratismo, vincolo indissolubile e culto per i caduti). 3) Alla guerra di massa corrisponde una massificazione della politica; le persone che tornano a casa vogliono partecipare alla vita politica. 4) Le conseguenze economiche sono enormi, la guerra ha divorato risorse. Il dissesto delle finanze pubbliche e l’indebitamento causano problemi; inoltre si verifica un’ondata di inflazione, a cui si aggiunge l’enorme problema della riconversione industriale. In questo complesso contesto economico e sociale, il biennio successivo alla guerra viene definito “biennio rosso” (1918-1920) perché si verifica un avanzamento dei partiti socialisti, grandi ondate di scioperi e in Europa si diffonde il “fare come in Russia”. Il richiamo alla rivoluzione che viene dalla Russia mette in allerta le potenze dell’Intesa, le quali inviano contingenti militari per mettere in difficoltà la dittatura instaurata da Lenin. A questo intervento dell’Intesa si aggiunge la controrivoluzione interna da parte dei sostenitori del regime zarista che si organizzano dando vita alle Armate Bianche, guidate dal generale Kolciak. Lenin sposta la capitale a Mosca per tenerla protetta, attua una stretta autoritaria: nasce la Ceka (polizia politica), il Tribunale rivoluzionario e viene organizzata da Lev Trockij l’Armata Rossa (esercito politico). L’economia russa è allo stremo, e nell’estate del 1918 Lenin vara una nuova politica economica, il “comunismo di guerra” (requisizione di prodotti per l’approvvigionamento alle città, statizzazione degli impianti e decisioni sulla produzione), che ha degli effetti negativi, la produzione industriale e quella agricola crollano, quindi ci sono rivolte, la terra non viene lavorata e la crisi degenera in una carestia nel 1921. La situazione migliora dal punto di vista militare (la guerra civile finisce perché l’Intesa non interviene più e le Armate bianche subiscono sconfitte) e in occasione del 10° Congresso del Partito Comunista viene introdotta la Nuova Politica Economica (NEP), una parziale liberalizzazione dell’economia russa che concede ai contadini di vendere le eccedenze, stimolando la produzione. Effetto benefico della NEP è la ripresa della produzione e della circolazione di beni; mentre tra l’effetto indesiderato è la reintroduzione del capitalismo (economia di mercato) che da vita a un ceto contadino più benestante, i kulaki. La Terza Internazionale (Internazionale Comunista: Comintern) nasce nel 1919, con lo scopo di organizzare i partiti comunisti ricalcati sul modello bolscevico e fedeli alle direttive di Mosca. Nel Luglio del 1920, in occasione del 2° congresso, Lenin fissa “21 punti” fondamentali che stabilivano le condizioni per aderire al Comintern, di cui i principali erano: - Cambiare nome da partito “socialista” a “comunista”. - Strutturarsi come partiti rivoluzionari sul modello bolscevico. - impegnarsi a difendere sempre e comunque la causa della Rivoluzione Russa. - Impegnarsi a rompere con i riformisti (i più moderati) ed espellerli dal partito (fondamentale per le vicende in Italia). 5 – Dal Biennio Rosso all’Ascesa del Fascismo L’Europa, alle prese con riconversione industriale, inflazione, debito pubblico, gestione dei governi e reduci da reinserire devono affrontare il biennio rosso, un periodo di conflittualità politica e sociale, grave in paesi come Francia e Regno Unito ma ancor di più nei paesi sconfitti, in cui soffia il vento della rivoluzione. Questi anni sono caratterizzati da una forte avanzata del movimento operaio e da una progressione della sinistra in cui avviene una divisione: socialdemocratici (riforma del sistema) e rivoluzionari (che puntano alla rivoluzione sul modello bolscevico). Nei paesi sconfitti il collasso degli imperi crea un vuoto di potere: - In Germania si delinea una sorta di doppio potere. Da un lato il governo ufficiale la cui guida viene assunta dalla SPD (partito socialdemocratico tedesco) in coalizione con la USPD (partito più a sinistra); dall’altro, il “potere reale”, che in molte zone della Germania appartiene ai consigli (sul modello dei Soviet). La SPD era fortemente contraria al governo russo, il suo obiettivo era di instaurare una repubblica democratica e attuare delle riforme interne. All’estrema sinistra si trova la Spartakusbund (Lega di Spartaco), che cambia nome in Partito Comunista. Nel Gennaio del 1919 gli spartachisti compiono un tentativo di rivoluzione, contando sulla massa di gente in disgrazia; tentativo che fu duramente stroncato dal governo (si sposteranno poi in Baviera e formeranno la Repubblica dei consigli con la USPD). Nel frattempo si erano svolte le elezioni per l’Assemblea Costituente, in cui la SPD ottiene la vittoria; si allea con il Zentrum e il Partito Democratico, coalizione che da vita alla Repubblica di Weimar. Di impronta liberaldemocratica (suffragio universale) gli viene data una struttura di tipo federale, il governo è responsabile davanti al parlamento ed elezione diretta del presidente. In meno di un anno la Germania si trasforma in da impero autoritario in una delle democrazie più avanzate del pianeta. Tuttavia questa repubblica nasce debole, per via di queste ali estreme che cercano di rovesciarla: tentativi rivoluzionari di sinistra e crescita di una estrema destra che si forma negli ambienti militari, dove troviamo generali che fanno circolare la leggenda della “pugnalata alla schiena”, secondo cui l’esercito, ancora in grado di combattere, fu tradito dalla sinistra che chiese la pace; questa tesi ottiene credito e delegittima la neonata democrazia alla quale era toccato l’ingrato compito di firmare la pace punitiva, in poche parole si fanno scontare alla Repubblica gli errori dell’Impero Guglielmino. - La situazione è infuocata anche in Austria, fortemente schierata a sinistra; e in Ungheria, che ottiene l’indipendenza dall’Austria e da vita ad una Repubblica Sovietica, schiacciata dalla Romania e seguita da un governo autoritario con a capo l’Ammiraglio Horthy che porta un’ondata di violenze, detta il “terrore bianco”. Anche l’Italia viene scossa da forte instabilità, il biennio rosso impatta su tutta la società e l’economia. Un’ondata di scioperi porta ad importanti conquiste: miglioramenti salariali, otto ore lavorative e difesa del posto di lavoro. L’apice di queste mobilitazioni si verifica quando gli industriali negano le richieste di miglioramenti economico e normativo, il che porta ad una serrata ed occupazioni di impianti e fabbriche, in particolare a Milano e Torino; in quest’ultima il gruppo Ordine Nuovo (Gramsci, Togliatti, Tasca, Terracini) da vita ai consigli di fabbrica, dimostrando che gli operai sono in grado di gestire la produzione da soli. Poi ci sono le lotte contadine in campagna; dopo Caporetto si fanno promesse ai soldati, ma la terra promessa non viene data e si cerca di prendersela. Nel Val Padana, dove vi era un’azienda agraria moderna di tipo capitalista, con braccianti salariati, si sviluppano le Leghe Rosse, che riescono ad imporre il loro controllo sul collocamento (assunzione tramite sindacato) e l’imponibile manodopera (quanto un’azienda deve assumere), delineando una egemonia sociale. In Italia centrale prevalgono i mezzadri e coloni che chiedono maggiore tutela e stabilità nella mezzadria (il proprietario mette la terra e la famiglia contadina la lavora per poi dividersi ai mezzi i prodotti). Mentre al Sud si verificano occupazioni di terre da parte di contadini poveri ai quali era stata promessa la terra. Su questo panorama si innesta la situazione politica, in questa conflittualità l’opinione pubblica si spacca: c’è chi chiede si compia il passo successivo, ovvero passare alla rivoluzione e “fare come in Russia”; e c’è chi chiede il ritorno all’ordine. La classe dirigente liberale si trova tra due fuochi, il governo Nitti e il governo Giolitti non riescono a soddisfare nessun lato. Alle elezioni del 1919, la riforma elettorale (diritto al voto vincolato al servizio militare) voluta da Giolitti nel 1912 da i suoi frutti, si verifica un ingresso in massa di milioni di elettori: il primo partito che risulta è il Partito Socialista, seguito dal Partito Popolare Italiano; i due sono antagonisti, il che permette all’indebolita classe dirigente liberale di tirare avanti. Il Partito Popolare Italiano ha successo grazie alle capacità politiche e amministrative di Don Luigi Sturzo. La formazione di un partito cattolico è una novità, grazie all’attenuamento del Non éxpedit (Pio IX aveva proibito ai cattolici di partecipare alle elezioni) e al Patto Gentiloni (accordo informale secondo cui i cattolici si impegnavano a votare i candidati liberali che si fossero impegnati su tematiche per loro importanti). Il grande sconfitto alle elezioni del Novembre 1919 è il movimento dei Fasci di combattimento. Da dove arriva questo movimento fascista: 1) Interpretazione parentetica, cui secondo Benedetto Croce definisce il fascismo come parentesi, che interrompe il progresso liberale e democratico dell’Italia dall’Unità in avanti; e che porta a vedere il fascismo come “morbo morale e intellettuale”. 2) Interpretazione come rivelazione e autobiografia della nazione italiana, di Piero Gobetti che vede nel fascismo una rivelazione dei mali storici dell’Italia. Il carattere elitario del Risorgimento ha prodotto uno stato oligarchico e lontano dai cittadini; quindi il fascismo si pone come effetto e strumento di questo deficit di partecipazione democratica. Il 23 Marzo 1919 nasce il movimento dei Fasci di combattimento, che Mussolini definisce “l’antipartito che contrasterà la destra conservatrice e la sinistra distruttrice”. 1) Il primo fascismo viene detto sansepolcrista (piazza San Sepolcro a Milano). Il programma politico lo collocava a sinistra rispecchiando fresca esperienza socialista di Mussolini e l’eterogenea composizione dei suoi pochi seguaci. Dopo il flop delle elezioni del 1919 questo fascismo socialistoide fatica a trovare una collocazione politica: hanno un programma di sinistra la quale però è egemonizzata dal PSI, mentre a destra non vi è interessamento. Tuttavia si avrà una svolta, che vedrà in Mussolini l’uomo giusto al momento giusto, grazie a due eventi chiave: - L’occupazione delle fabbriche, risolta da Giolitti con una vertenza che va a favore dei lavoratori crea una frattura tra industriali e classe dirigente liberale. - i tragici fatti di Palazzo d’Accursio, sede del comune di Bologna, dove durante l’insediamento della giunta socialista nascono scontri tra militanti fascisti e socialisti; qualcuno dal servizio d’ordine socialista inizia a sparare causando la morte di decine di persone. Da questo episodio i fascisti prendo il pretesto per cominciare una prima ondata di violenze antisocialiste. 2) si sviluppa quindi un secondo fascismo, il fascismo agrario. Finanziati dai proprietari terrieri per disarticolare le associazioni socialiste nelle campagne, sono in grado di darsi un’organizzazione più consolidata. Nel corso del 1921 dilaga il fenomeno dello squadrismo: le camice nere attuano devastazioni, incendi, minacce ed omicidi; contando anche sull’appoggio delle forze dell’ordine e della magistratura e facilitati dalla politica di non violenza di operai e contadini e dalla divisione interna delle forze antifasciste (eccetto episodi come quello degli Arditi del Popolo). In più pesano anche le divisioni e contraddizioni all’interno del Partito Socialista che da un lato predicava la rivoluzione e dall’altro una strategia gradualista e del compromesso. Le azioni del fascismo accentueranno queste divisioni. - I riformisti di Turati e Treves, contrari alla prospettiva di rivoluzione sul modello bolscevico. - I massimalisti, capitanati da giacinto Menotti Serrati. Da una parte profetizzano la rivoluzione, dall’altra sono indecisi, incerti sulle condizioni favorevoli perché si attui. - la sinistra estrema di Amedeo Bordigia, alla quale aveva aderito anche l’Ordine Nuovo (Gramsci, Tasca, Togliatti e Terracini). Queste 3 componenti faticano a coesistere e le contraddizioni esplodono sulla scia delle decisioni del Comintern, e su due punti nello specifico che accendono il dibattito: il cambio di denominazione, il che vorrebbe dire cedere alle direttive di Lenin e perdere l’Autonomia; e l’espulsione di riformisti e moderati, che rappresentano buona parte del gruppo parlamentare. Nel Gennaio 1921 si arriva al 17° Congresso del PSI con i ferri corti: i massimalisti non vogliono espellere i riformisti, e per tutta risposta l’estrema sinistra lascia il Teatro Goldoni (Livorno, dove si teneva) per fondare il Partito Comunista Italiano, al quale si unirà il leader dei massimalisti Serrati nel 1923. Nel 1922 i riformisti vengono espulsi, dando vita al Partito Socialista Unitario. Il Partito Socialista Italiano si sgretola divenendo un bersaglio facile dello squadrismo fascista. In tutto ciò, Giolitti non appoggia lo squadrismo, ma tema una rivoluzione, quindi pensa di servirsene per arginare l’avanzata socialista. Intende usare il fascismo per poi costituzionalizzarlo. Alle elezioni del 1921, preparate creando i Blocchi nazionali, liste di coalizione, grazie ai quali vengono eletti i primi 35 deputati fascisti. Nel Luglio 1921 Giolitti dà le dimissioni, gli succede Bonomi, il cui obiettivo e riportare calma nel paese e promuove il Patto di pacificazione, una tregua tra socialisti, che si impegnano a sconfessare gli Arditi del popolo; e i fascisti che si impegnano a bloccare lo squadrismo. I capi del fascismo agrario, i Ras, non accettano il compromesso firmato da Mussolini e lo mettono alle corde. La frattura all’interno del fascismo si ricompone a Novembre, a Roma, in occasione del Congresso dei Fasci di combattimento: Mussolini capisce che senza lo squadrismo, la massa d’urto, non va da nessuna parte e quindi sconfessa il Patto di pacificazione. I Ras soddisfatti riconoscono la sua leadership e si trasformano in Partito Nazionale Fascista. Diventare partito serve a mussolini per mostrare che il fascismo è una forza politica “normale” (istituzioni), senza però rinunciare allo squadrismo e violenze, politica definita del “doppio binario”. Dall’altra parte si consuma l’agonia dello stato liberale. Bonomi si dimette a Febbraio perché non riesce a gestire lo stato che sta cadendo in una guerra civile. Gli subentra Luigi Facta, che forma due governi. Nella primavera 1922 si verifica una nuova escalation dello squadrismo. I fascisti sono in grado di occupare non più paesini, ma intere città. Il sindacato prova l’ultima mossa con lo “sciopero legalitario”, nel rispetto delle istituzioni; va male, c’è demoralizzazione, la gente ha paura, i fascisti minacciano chi vuole scioperare. Inoltre si rivela un autogol, perché i fascisti sfruttano il pretesto del Governo che non agisce, affermando che avrebbero ripristinato loro l’ordine. Attaccano le roccaforti del movimento operaio (Milano, Genova, Torino). 7 – Crisi del 1929: Cause ed Effetti Gli anni ’20 e ’30 sono un periodo di profonde trasformazioni che caratterizzano tuttora l’orizzonte economico e sociale: Emerge la società di massa, si estende l’omogeneizzazione della società (grande influenza dei mass media e periodici), emergono nuovi sistemi produttivi e cresce l’interventismo statale, accompagnato dall’aumento della spesa pubblica (scuola, burocrazia, amministrazione). Protagonisti di questa fase sono gli USA, con l’inizio del “secolo americano” sono il motore e avanguardia di questa società di massa di cui detteranno le mode in fatto di cultura e diffonderanno il mito americano. In Europa si avvia il declino della centralità, segnato da una guerra combattuta in casa, che oltre a causare il danno demografico maggiore indebolisce economicamente i paesi europei che si ritrovano fortemente indebitati. Gli USA diventano quindi creditori, aumentando gli investimenti all’estero: divenendo il forziere dell’economia mondiale. Negli anni ’20 gli USA iniziano una profonda trasformazione strutturale: - Superata la prima fase postbellica, l’economia americana decolla (quantità). - Aumenta la produttività del lavoro ed emergono nuove tecniche produttive (qualità). Nel 1911, Frederick Taylor dava vita al taylorismo, con la sua efficienza e razionalità, standardizzando il lavoro grazie alla produzione in serie. Concetti che ritroviamo nel fordismo di Henry Ford ed applicati nello sviluppo della Model T, auto concepita per un ampio pubblico e quindi di ampia produzione. I “ruggenti anni ‘20” hanno anche un volto oscuro, caratterizzato da isolazionismo, xenofobia e razzismo. Anzitutto c’è il problema delle persistenti disuguaglianze socioeconomiche, perché la nuova prosperità non coinvolge tutti, ma solo un’elite. Poi in quegli anni si sviluppa una miscela pericolosa di “red scare”, la paura del comunismo e della rivoluzione che genera fenomeni di repressione politica e sindacale (nel 1927 Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, due anarchici italiani, accusati di rapina ed omicidio sulla base di false prove furono condannati a morte per elettrocuzione); e “americanism”, un nazionalismo dai tratti tradizionalisti e puritani (viene introdotto il proibizionismo) che cresce assieme ad un nuovo spirito isolazionista. Si diffondono anche campagne d’odio e violenza politica; è il caso del Ku Klux Klan, che si erge a difesa dell’americanism e dei “veri valori americani”, le cui vittime sono le minoranze, nello fattispecie gli afroamericani (ispanici, giapponesi, ebrei, cattolici). I “ruggenti anni ‘20” terminano con la crisi del 1929, che se analizzata appare tutt’altro che imprevedibile. La grande crescita economica si era accompagnata ad una gigantesca bolla speculativa: il clima euforico e l’ottimismo ceco davano la convinzione che la crescita spontanea sarebbe proseguita senza fine e si era diffuso il mito secondo il quale il denaro crea denaro senza limite. L’economia cresce, ma ancor di più la finanza, la compravendita azionaria, in mano ad operatori di borsa imprudenti e senza scrupoli: tra il 1925 e il 1929 i titoli azionari crescono del 250% determinando uno scollamento tra il valore nominale delle azioni e il valore reale delle imprese cui fanno riferimento. Questo divario tra economia reale e finanziaria arriva al suo culmine nel Settembre del 1929: i valori azionari sono alle stelle e seguono settimane di incertezza che portano ad una progressiva vendita massiccia delle azioni che ne determinerà il crollo del valore. La crisi finanziaria contagia presto le banche, il che getta sul lastrico i risparmiatori e travolge le imprese; la crisi presto contagia l’economia reale, quella della produzione industriale. A peggiorare la situazione c’è l’azione del governo: Hoover e l’establishment repubblicano seguono alla lettera i capisaldi dell’economia liberista applicandone ottusamente le regole; il tentativo fallisce e la situazione precipita. Nello specifico l’inasprimento del protezionismo (barriere doganali) è un trend che seguono molti paesi, e dato che il capitalismo mondiale era strettamente interconnesso, il crollo dell’economia più forte innesca un effetto domino. Al crollo di Wall Street fa seguito quello delle borse europee, i cui governi imitano la linea americana. L’unico paese che si salva da questo immenso tracollo e l’Unione Sovietica, la cui economia socialista esclude il capitalismo. Altro motivo per cui le conseguenze di questa crisi risultano devastanti è il Trattato di Versailles, la pace punitiva che si rivela un boomerang. I primi governi di coalizione tedeschi provano a saldare i debiti stampando più cartamoneta, il che provoca una grandissima inflazione, facendo perdere ogni valore al marco tedesco. La Germania è sull’orlo del tracollo, ma Francia e Belgio rimangono inflessibili, in quanto esigono il pagamento per far fronte ai propri debiti a loro volta. Un economista americano, Charles Dawes (ex vicepresidente), suggerisce un piano di aiuti alla Germania che prevedeva una dilazione dei pagamenti e un intervento della finanza internazionale, con lo scopo di mettere il paese in condizioni tali di poter far funzionare il loro apparato produttivo (di conseguenza permettersi di pagare i debiti). Gli effetti sono positivi, tuttavia si è creato un meccanismo pericoloso: i capitali partono dagli USA alla Germania, per poi spostarsi verso i paesi europei e da questi ritornare agli USA; un processo che crea una strettissima relazione di dipendenza europea nei confronti degli USA. Negli USA, la popolarità di Hoover crolla, ed emerge la figura di Franklin Delano Roosevelt, del Partito Democratico. Diventato Presidente, Roosevelt implementa una serie di provvedimenti economici e politici, il cosiddetto “New Deal”, che prevedeva l’applicazione di norme e valori diversi dalla classica mentalità del profitto commerciale. Una riforma democratica del capitalismo articolata su tre punti: intervento dello stato, il deficit di bilancio (inutile inseguire il pareggio, bisogna fare spesa pubblica) e la solidarietà sociale. Viene varato l’Agricultural Adjustment Act (incentivi agli agricoltori per ridurre la produzione facendo così calare l’offerta e far risalire i prezzi); viene istituita la Tennessee Valley Authority (ente incaricato di costruire opere idrauliche e di bonifica, come impianti idroelettrici nel bacino del fiume); viene creata la Work Progress Administartion (vasto piano di opere pubbliche) e la National Industrial Recovery Act (codice di comportamento per le imprese). In Germania la crisi è ancora più acuta e finisce col colpire la neonata Repubblica di Weimar. L’economia tedesca era in ripresa, i rapporti internazionali migliorano (nel 1926 la Germania viene ammessa nella Società delle Nazioni) e con il Patto di Parigi del 1928, si impegnano a rinunciare alla guerra in caso di controversie internazionali. Tuttavia la debole stabilizzazione della Repubblica di Weimar viene spazzata via dalla crisi del 1929. La Germania era totalmente dipendente dai capitali americani, a ciò vanno aggiunte manovre governative e misure economiche vecchio stampo che abbattono l’economia. La crisi economica diventa di conseguenza una cisi politica ed istituzionale. Si creano così le condizioni per la crescita di una piccola forza politica: il partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi, il Partito Nazista, capitanato da Ernest Rohm. Adolf Hitler ai tempi era semisconosciuto, i suoi esordi politici sono deludenti: nel 1923 Hitler e i suoi tentano un colpo di stato a Monaco di Baviera ma vengono arrestati. In carcere nel 1924, scrive il Mein Kampf, che diventerà il manifesto programmatico del nazismo, in cui emergono ultranazionalismo guerrafondaio e antisemitismo. Hitler parla di “razza ariana”, che deve sottomettere quelle inferiori. Inizialmente il programma non ha seguito, anche perché spesso gli ebrei rappresentavano la fascia medio-alta della popolazione (commercianti, banchieri, medici, avvocati e scienziati); quindi finché l’economia tedesca regge i nazisti non interessano. Le cose cambiano con la crisi del 1929, che con le maldestre scelte economiche, ha l’effetto di delegittimazione della classe politica: infatti la crescita dei nazisti è speculare alla disoccupazione; quindi disperazione e rabbia creano consenso. Hitler segue il modello italiano, adottando la politica del “doppio binario”: crea il consenso con un’efficiente organizzazione paramilitare (squadrismo) e parallelamente opta per la via legalitaria (elezioni, iscrizioni al partito). Il consenso cresce perché Hitler sembra capace di dare spiegazioni all’opinione pubblica ed offrire capri espiatori: la colpa è degli ebrei e comunisti, quindi promette la riconquista del primato della nazione tedesca e l’annientamento dei traditori. Il 30 Gennaio 1933 il Presidente della Repubblica Hindenburg dà a Hitler l’incarico di cancelliere per formare il governo. Il primo governo di Hitler è di coalizione, che nel giro di un anno si trasformerà il regime totalitario a partito unico. Il 27 Febbraio c’è un tentativo di incendiare il Reichstag, la cui colpa viene addossata ad un comunista (migliaia di arresti). Il 5 Marzo si va al voto, il Partito Nazista vince, mancando la maggioranza assoluta, rivelando la via legalitaria un bluff. Hitler non vuole governare legalmente, quindi si muove per andare oltre. Uno dei primi atti sono le leggi suicide: il Parlamento si spoglia di tutti i suoi poteri per trasferirli al Governo, che può modificare la costituzione. Seguono altre misure volte all’annientamento delle opposizioni. A Luglio, si stabilisce il Partito Nazista come unico partito legale e si indice un’elezione (lista unica) per legittimarne il potere. Hindenburg, che rappresenta le forze armate e il vecchio establishment conservatore, era preoccupato dallo squadrismo di Rohm; quindi Hitler si impegna a rassicurare e normalizzare la situazione. Il 30 Giugno 1934 avviene la “notte dei lunghi coltelli”: col pretesto di un tentativo di rovesciare il cancelliere, Rohm e le SA vengono arrestati e assassinati dalle SS (polizia privata). Assicurato l’esercito, Hitler si prepara per riunire nella sua persona i poteri di Cancelliere e Presidente della Repubblica; ad agosto Hindenburg muore e nasce il Terzo Reich. In politica interna si attua una dura repressione di stato: vengono costruiti i primi lager per i prigionieri politici, e viene instituita la Gestapo (polizia segreta). Inoltre si avviano le politiche antisemite: - Leggi di Norimberga (1935), leggi razziali a difesa della razza ariana. - 9 Novembre 1938, la notte dei cristalli. Passaggio alla violenza di fatto nei confronti degli ebrei. Accanto a queste misure, vi è la ripresa economica, infatti Hitler deve uscire dalla crisi, per consolidare il consenso, e lo fa finanziando opere pubbliche, stimolando l’edilizia e attuando una massiccia politica di riarmo (che assorbe le spese dello stato). Il consenso viene costruito (sempre sul modello fascista) tramite l’organizzazione della società (dopolavoro e giovani), propaganda (Ministro Goebbels) e concordati con la Chiesa, che però condanna l’ideologia nazista, vista come pagana. In politica estera si adottano tali misure: - Imperialismo, che rappresenta l’ideologia nazista della conquista di spazio vitale (demolendo l’assetto di Versailles). - Nell’Ottobre 1933, la Germania esce dalla Società delle Nazioni. - L’anno seguente c’è un tentativo di annessione dell’Austria che fallisce per l’intervento di Mussoli. - Nel 1935 si reintroduce la coscrizione obbligatoria, violando il limite di 100mila truppe previste. - Nel 1936 le truppe tedesche entrano in Renania militarizzandola (regione di confine obbligata a rimare smilitarizzata). Di fronte a questa politica estera particolarmente aggressiva, viene indetta la Conferenza di Stresa, a cui partecipano Francia, Regno Unito e Italia (Mussolini era preoccupato dalle prospettive di un super stato al confine), che denunciano il riarmo tedesco e le mire espansionistiche di Hitler. Francia e Regno Unito, che avrebbero i mezzi per stroncare la Germania non vogliono la guerra; e a partire dal 1937 si delinea la politica dell’appeasement, che consisteva nell’ammansire Hitler accogliendo le rivendicazioni apparentemente più ragionevoli, sperando che si accontenti, temendo di dover spendere uomini e denaro in guerra. 8 – Italia, URSS e Relazioni Internazionali negli Anni ‘30 A metà degli anni ’20 in Italia, la politica economica liberista del fascismo viene abbandonata in favore dell’interventismo dello stato, improntato a una politica autarchica, volta a garantire l’autosufficienza e la chiusura del mercato interno, che in parte ha l’effetto di attenuare l’impatto della crisi; ma per scongiurare il rischio di un collasso Mussolini attua una serie di misure: - La compressione dei salari (ridurre le spese a carico delle imprese). - L’espulsione delle donne dal lavoro, incrementando la propaganda patriarcale e incentivandole ad occuparsi della casa, favorendo l’impiego dei capi famiglia disoccupati. Sempre nell’ottica del restauro del ruolo tradizionale femminile, viene istituita l’Opera nazionale maternità e infanzia; politica demografica che mira ad un’Italia giovane e fertile (tanti figli, tanti soldati). Accanto a questa politica del lavoro, si dà ampio spazio alle opere pubbliche: strade, ferrovie, risanamenti e bonifiche (paludi dell’Agro Pontino, grande successo propagandistico). Inoltre vi è la creazione di due istituti per salvare le banche e l’industria italiana: l’Istituto Mobiliare Italiano (sostegno creditizio alle imprese) e l’Istituto Ricostruzione Industriale (rilevare le banche e assumere il controllo dei pacchetti azionari), che in un’Italia povera di capitali e senza nessuno disposto ad acquisire, portano lo stato a ritrovarsi imprenditore e detenere una parte consistente dell’apparato produttivo del paese (40% del capitale azionario italiano). Intorno la metà del decennio, 1935-1936, l’Italia inizia a impegnarsi sempre più in imprese belliche (Etiopia, Spagna) e le risorse economiche vengono drenate verso un’economia di guerra, con il riarmo. Il PIL aumenta, così come la produzione industriale ma vi è un generale peggioramento delle condizioni di vita nel Sud, dovuto alla compressione salariale e al blocco delle opere. L’intervento dello stato nell’economia rappresenta uno dei capisaldi della politica fascista, l’idea del corporativismo, il mito della “terza via”, tra liberalismo e socialismo, imperniata sul principio di collaborazione solidale tra classi sociali. Il corporativismo viene fascistizzato ed ha un valore programmatico fondamentale nella ricostruzione dello stato. Si delinea sempre più l’identificazione tra stato e fascismo: l’esperimento totalitario in cui lo stato si espande in economia e società, plasmandola a propria immagine e somiglianza, creando “l’uomo nuovo fascista”. C’è una proliferazione di enti pubblici e burocratici così come di strumenti di propaganda (EIAR, Istituto Luce, Cinecittà) in cui risiede la modernità del regime nel veicolare il consenso. Nel 1922 nasce l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS) nella quale confluiscono Russia, Bielorussia, Ucraina e la regione transcaucasica. Per l’URSS gli anni ’20 sono gli anni della NEP, grazie alla quale avviene la stabilizzazione economica e la crescita demografica. Si delinea un sistema economico misto con al centro lo Stato con ruolo direttivo. Alla morte di Lenin nel 1924 emergono numerosi problemi e dubbi, tra cui quello della successione (Lenin aveva avviato l’uscita della Russia dall’isolamento internazionale e l’Unione Sovietica doveva assumere il ruolo di avanguardia del comunismo, esportando la rivoluzione socialista nel mondo). Si crea così una rottura all’interno del gruppo dirigente bolscevico: - La destra, dove si collocano Zinov’ev, Bucharin, e Kamenev, che sostenevano la NEP. - La sinistra rappresentata da Trockij, padre dell’Armata Rossa, sostenitore dell’espansione della rivoluzione. - Il centro con Iosif Stalin, figura meno auspicata da Lenin e responsabile dell’organizzazione del Partito Comunista sovietico. La vittoria di Stalin è dovuta ad una condotta spregiudicata e spietata oltre al controllo del Partito e il fatto che si autoproclami (paradossalmente) come custode del culto di Lenin, ed erigendosi ad unico interprete e continuatore. Assunto il controllo, Stalin dà vita ad una forte svolta politica ed economica: 1) Si avvia l’organizzazione dell’economia secondo una politica in piani. Varati i piani quinquennali basati sull’industrializzazione forzata e la collettivizzazione delle campagne (mettendo da parte la NEP). 1928-32 / 1932-37/ 1937-scoppio della guerra. Assunto il controllo, Stalin dà vita ad una forte svolta politica ed economica: Si avvia l’organizzazione dell’economia secondo una politica in piani. Varati i piani quinquennali basati sull’industrializzazione forzata e la collettivizzazione delle campagne (mettendo da parte la NEP). 1928-32 / 1932-37/ 1937-scoppio della guerra. L’industrializzazione avviene secondo una “rivoluzione dall’alto”, con l’obbiettivo di creare un’industria pesante in Russia (metallurgia, siderurgia, combustibili, elettricità). La prodigiosa industrializzazione scatena una migrazione di massa che provoca a sua volta l’urbanizzazione e la scolarizzazione di massa. (Figura emblematica Aleksej Stakhanov, minatore che nell’estate del 1935 ottimizzo la produzione della squadra fino a 14 volte la quota giornaliera). L’opera di industrializzazione forzata ha costi umani e sociali enormi (chiudono le piccole imprese) facendo risultare però l’URSS come terza potenza industriale al mondo. La collettivizzazione delle campagne dà risultati meno sorprendenti; l’obiettivo era quello di eliminare l’arretratezza diffusa e creare un sistema collettivizzato: trasferimento coatto dei contadini in kolchoz (cooperative) o sovchoz (aziende statali). Questa operazione, individua nei contadini il nemico, in particolare nei kulaki (beneficiavano della NEP) che il regime etichetta come “nemici pubblici” del socialismo e quindi sterminati. La collettivizzazione forzata ha effetti devastanti: si verifica il crollo della produzione agricola, che porterà ad una vera e propria carestia catastrofica, causando una stima di 7-10 milioni di morti. Compiute queste manovre, Hitler passa alla guerra vera e propria, e sfruttando un casus belli verificatosi a Danzica (incidente stazione radio di Gleiwitz, falso messaggio alle minoranze polacche in Germania per ribellarsi al Reich) il 1° Settembre 1939 dà il via all’invasione della Polonia. La Wehrmacht inaugura un nuovo tipo di strategia, la guerra lampo (blitzkrieg), che si basa sull’azione coordinata tra aviazione e truppe di terra, che rende la conquista della Polonia rapidissima, mostrando forza ed efficienza. Scoppia così la Seconda Guerra Mondiale, un conflitto ancora più totale e devastante del primo. Questa guerra presenta elementi di novità: si torna alla guerra di movimento (grazie ai nuovi mezzi tecnici); è una guerra fortemente ideologica, che va a definirsi sempre più come un conflitto tra il blocco nazifascista e quello antifascista; infine si tratta di una guerra di annientamento. Se ne possono individuare due macro fasi: la prima, 1939-42, vede i successi dell’Asse, con le truppe tedesche e giapponesi che conquistano vasti territori in poco tempo; la seconda, 1943-45 in cui si verifica il rovesciamento e quindi la vittoria degli Alleati. Francia e Regno Unito hanno dichiarato guerra alla Germania due giorni dopo, ma i tre eserciti non si fronteggiano. In Francia ci si riferisce a questa stasi con “drole de guerre” una guerra strana: gli eserciti non combattono direttamente. La Francia si sentiva al sicuro, negli anni precedenti era stata costruita la Linea Maginot, un sistema di fortificazioni eretto lungo la frontiera tedesca, e inoltre disponeva di un esercito numeroso e ben equipaggiato (a differenza della Polonia). Nella primavera del 1940, Hitler occupa Danimarca, Norvegia, Olanda e Belgio, attraverso il quale l’esercito tedesco passa per entrare in Francia, aggirando la Linea Maginot. La prima fase dell’invasione francese va dal 10 Maggio al 4 Giungo, i tedeschi marciano speditamente verso la costa della Manica, raggiungendo Dunkerque dove per il rotto della cuffia 300mila soldati anglo-francesi riescono ad essere portati in salvo in Inghilterra. La seconda fase va dal 5 Giungo al 24 Giungo, e i tedeschi occupano Parigi e la Francia collassa militarmente e istituzionalmente. Il paese viene diviso in due: il Nord, in seguito all’armistizio del 22 giungo passa sotto il diretto controllo della Germania. Nel Sud viene creato un regime autoritario di marca nazista, collaborazionista con capitale a Vichy, il cui capo sarà il Maresciallo Pétain. Alla Repubblica di Vichy si contrappone il Generale Charles De Gaulle che con il movimento Francia Libera incita alla resistenza. Ora Hitler punta all’Inghilterra, ma non vuole conquistarla, bensì costringere il Regno Unito a firmare una pace, e per raggiungere tale scopo fa bombardare massicciamente le principali città britanniche (“coventrizzazione” dalla città di Coventry praticamente rasa al suolo). L’operazione non riesce, gli inglesi sono tenaci e il Regno Unito può contare su di un’ottima aviazione, la Royal Air Force, e sull’impiego del radar (radio detection and ranging) che consentiva all’aviazione di individuare in anticipo i mezzi della Luftwaffe. A guidare la resistenza britannica è il nuovo Primo Ministro Winston Churchill. Mussolini viene colto di sorpresa dal Patto Molotov-Ribbentrop e dall’invasione della Polonia. L’Italia non è pronta alla guerra, e Mussolini dichiara prima la non belligeranza, poi, di fronte all’avanzata tedesca, il 10 Giugno 1940 dichiara guerra alla Francia, una mossa estremamente vigliacca ed un attacco che cade nel ridicolo considerando che l’esercito italiano (equipaggiato malissimo) mostra difficoltà contro l’esercito francese in disfacimento. Mussolini entra in guerra perché ritiene che la Germania vincerà e vuole quindi farne parte, ma in maniera autonoma. Fin dall’Asse Roma-Berlino si erano delineate due sfere di influenza, con la Germania a Nord Est e l’Italia che prova a seguire una guerra parallela nel Mediterraneo, che si dimostra solo una velleità (desiderio di imporsi) e la Germania sarà sempre costretta ad intervenire in aiuto all’Italia. - Prima linea direttiva della guerra italiana è l’Africa Orientale, per occupare le colonie britanniche. La controffensiva inglese costringe gli italiani a ritirarsi in Etiopia dalla quale verranno poi cacciati. - Seconda direttiva è il Nord Africa, dalla Libia contro l’Egitto, impossessandosi delle riserve petrolifere e del canale di Suez. La superiorità tecnica degli inglesi sbaraglia le truppe italiane soccorse dall’intervento tedesco. - Terza linea direttiva riguarda i Balcani e la Grecia. Dall’Albania occupata si lanciano contro la Grecia, la cui resistenza blocca l’avanzata, e ancora una volta solo grazie ai tedeschi riusciranno ad occuparla. Il 1941 si apre sotto i migliori auspici per l’Asse. La Germania, dopo aver acquisito il controllo dell’Europa Occidentale, inizia a guardare verso Est, e ignorando il patto di non belligeranza, invade l’Unione Sovietica. I tedeschi si spingono ad Est in cerca del Lebensraum, lo “spazio vitale” per impiantarvici il popolo tedesco, a spese delle razze ritenute inferiori, come gli slavi. L’invasione dell’URSS, definita Operazione Barbarossa, non ha precedenti: è una delle campagne militari più brutali e sanguinose della storia dell’umanità, in cui si osservano regole di condotta particolarmente spietate verso prigionieri e civili. L’invasione si sviluppa su tre direttrici: a Nord verso Leningrado, al Centro verso Mosca e verso Sud, quindi Ucraina, Donetsk e Caucaso (zone ricche di risorse). Inizialmente l’Armata Rossa non è in grado di fermare l’avanzata nazista; tuttavia i sovietici resistono, perché l’invasione motiva una guerra patriottica. Le truppe sono impreparate ma numerose; inoltre i sovietici portano avanti un’operazione di terra bruciata, non facendo trovare nulla all’arrivo dei tedeschi (fabbriche smontate e trasferimento di 10mln di operai verso Est). I nazisti vengono bloccati alle porte di Mosca, fallimento per Hitler, il cui obiettivo era di concludere l’invasione entro l’inverno. L’arrivo del “generale inverno” costringe l’esercito tedesco a fermarsi, e consente alle truppe sovietiche di riorganizzarsi. Nel frattempo, in Estremo Oriente, le mire espansionistiche del Giappone non si esauriscono con la conquista della Cina e colgono l’occasione del crollo della Francia per imporre, nel Settembre del 1940, al Governo di Vichy la “Convenzione di Hanoi” con cui si avvalgono il diritto di installare basi militari in Indocina. Nello stesso mese si avvicina alle potenze dell’Asse firmando il patto tripartito e, all’oscuro dei piani tedeschi di invadere l’URSS, firma con l’Unione Sovietica un trattato di non aggressione, riducendo la pressione sovietica in Manciuria e liberando truppe per il sud-est asiatico, dove nel frattempo gli USA installavano basi militari nei territori coloniali britannici in cambio di imbarcazioni utili alla Royal Navy nella guerra nell’Atlantico. Gli Stati Uniti, pur mantenendo la neutralità formale, avevano già deciso di opporsi ai paesi aggressori in Europa e Asia, sostenendo materialmente gli alleati tramite il Lend-Lease Act e fin dal Luglio del 1940 imponendo un primo embargo al Giappone sui rifornimenti di carburante avio ad alto numero di ottano che, in risposta all’invasione dell’Indocina, verrà ribadito l’anno successivo, con un embargo su tutti i prodotti petroliferi, metalli e merci strategiche, oltre al congelamento dei beni nel loro territorio. Queste misure misero alle strette il Giappone, che il 7 Dicembre 1941 sferrò un attacco a Pearl Harbor, senza una dichiarazione di guerra, infliggendo un duro colpo alla flotta americana nel Pacifico (escluse le portaerei non presenti in porto). Nell’immediato i giapponesi acquisiscono un momentaneo vantaggio e controllo nel Pacifico, mettendo in atto il loro disegno espansionistico, la “Sfera di co-prosperità della Grande asia Orientale”. I connotati di questo Nuovo Ordine Mondiale sono l’imperialismo nazista e il razzismo. Il principio fondamentale alla base della supremazia della razza ariana è dato da una gerarchia di popoli e razze; il che spiega come l’occupazione tedesca non è uguale dappertutto: vi sono caratteri comuni come eccidi, abusi e sfruttamento sistematico delle risorse, ma durezza e violenza variano sulla base di criteri razziali. - In Europa Occidentale l’occupazione è nel quadro di una conquista territoriale. Ad esempio i francesi devono delle tasse di occupazione alla Germania, ma non è prevista alcuna politica di sterminio nei confronti della popolazione. - In Europa Orientale e nei Balcani l’occupazione è totale. In quanto inferiori, gli slavi dovevano essere naturalmente sottomessi. Hitler aveva un chiaro progetto, il “Piano Generale dell’Est” che prevedeva l’eliminazione della popolazione slava e l’insediamento di milioni di tedeschi o persone di ceppo germanico. In poche parole conquistare Lebensraum (lo spazio vitale) ed applicare il Lebensborn (teorie di genetica sulla razza ariana). In questo disegno si inserisce il progetto di sterminio delle razze ritenute “nocive” tra cui quella ebraica. Prende così il via la Shoah, la soluzione finale, l’eliminazione fisica sistematica degli ebrei. Al riguardo vi sono due interpretazioni: 1) Interpretazione internazionalista, sostenuta da Lucy Dawidowicz e da Eberhard Jackel, secondo i quali lo sterminio degli ebrei faceva parte fin dall’inizio del piano di Hitler 2) Interpretazione funzionale, sostenuta da Franz Neumann e Raul Hilberg, che ritengono ci fosse un disegno centralizzato di sterminio, ma individuano tappe e passaggi precisi che riconducono alla decisione del genocidio. All’inizio l’idea nazista comprendeva discriminazione ed emigrazione forzata con l’espansione a Est e la creazione dei ghetti. Poi tra il 1941-42, in questo contesto di raggruppamento degli ebrei, si pianifica e definisce l’idea della soluzione finale,che prevedeva, con un decreto chiamato “Notte e Nebbia”, l’apertura dei lager e un sistema “industriale” di sterminio secondo l’impiego delle camere a gas. Lo storico Enzo Traverso, ne “La Violenza Nazista. Una Genealogia” si interroga sulla Shoah intervenendo nel dibattito tra internazionalisti e funzionalisti. Traverso spiega come alcuni elementi della violenza nazista erano parte integrante della cultura occidentale dell’800. Tenendo a mente genealogia e singolarità si può osservare come il sistema dei campi ha le sue premesse nella ghigliottina durante il Terrore giacobino (la ghigliottina uccide in serie così come le camere a gas). Quel che si vuole far notare è la trasformazione del boia in tecnico, tramite una deresponsabilizzazione etica del carnefice. Inoltre attraversa una serie di fenomeni e concetti che non hanno apparentemente nulla a che vedere con la violenza, come ad esempio l’organizzazione scientifica del lavoro che ritroviamo nei campi di concentramento con modalità simili, come la segmentazione del processo. Di fatto si può dire la violenza nazista sia il perverso e criminale punto di arrivo di contenuti e concetti che vanno rintracciati nella storia tra l’800 e il 900 (genealogia). Inoltre Traverso afferma che Auschwitz ha introdotto il termine “genocidio” nel nostro vocabolario, perché solo dopo le camere a gas (singolarità) l’umanità ha compreso che un genocidio è la profonda lacerazione dell’elementare trama solidale tra umani. 10 – Seconda Guerra Mondiale e Italia tra 1943-1945 Le premesse che rendono possibile la Shoah nella civiltà occidentale europea individuate da Traverso sono: 1) Razionalità, efficienza, serialità ed organizzazione. Il sistema dei campi di concentramento e la loro organizzazione è possibile solo grazie all’introduzione dell’amministrazione razionale, la stessa che ritroviamo nel sistema economico e produttivo (taylorismo ed organizzazione scientifica del lavoro) così come nella messa a morte con la ghigliottina durante la rivoluzione francese, che introduce la “morte di serie” (sempre uguale, a freddo) e nella detenzione delle prigioni ottocentesche (un singolo carceriere può controllare molte celle). 2) Imperialismo e colonialismo europei. Le violenze nelle guerre in Africa e Asia, con stragi civili e l’idea di civilizzazione contro razze ritenute inferiori. Traverso nota che nel 1901 un geografo tedesco parla di “spazio vitale” riguardo allo Germania arrivata in ritardo sulla scena coloniale (motivo di insoddisfazione antecedente la Prima Guerra Mondiale). 3) La Prima Guerra Mondiale. I campi di prigionia fungono da laboratorio, in cui si delinea un processo di disumanizzazione del nemico. Imbarbarimento della rappresentazione dell’altro. 4) La stessa rappresentazione degli ebrei come alterità negativa esisteva già come reazione alla loro integrazione negli stati europei, scemando poi nell’800, cosa che causa lo sviluppo di un nuovo antisemitismo, in cui si installa il procedimento di astrazione, secondo cui gli ebrei smettono di essere al plurale e viene introdotto il concetto di ebreo, che viene accomunato alla modernità, e di conseguenza l’antisemitismo biologico, basato sulla contrapposizione tra Kultur (sapere e arti) e Zivilisation (convenzioni sociali) rappresenta una rivolta contro la decadenza del mondo moderno (controrivoluzione). Il caso storico del Battaglione 101, creato all’inizio della guerra, nel quale nell’arco di un anno viene arruolata gente comune, non preparata a compiere stermini e non necessariamente nazisti convinti, i quali però, dal 1942 al 1943 partecipano a massacri con particolare brutalità e costanza. Quando la guerra finisce, l’Agenzia Centrale per l’Amministrazione della Giustizia, nell’ambito di far luce sui crimini nazisti si imbatte nel Battaglione 101: i superstiti vengono interrogati, e dagli interrogatori emerge che queste persone potevano scegliere di non adempiere agli ordini, e su questa base vi sono due interpretazioni: - Daniel Goldhagen (I Volenterosi Carnefici di Hitler) afferma che quasi nessuno si rifiuta di non eseguire gli ordini, e ciò dimostra che c’era volontà da parte loro, un’adesione piena a queste esecuzioni (forse addirittura una crudeltà compiaciuta). - Christopher Browning (Uomini Comuni) sostiene che questi uomini non avrebbero mai ucciso in circostanze normali e che furono costretti a trovare delle scuse con se stessi (dagli interrogatori emergono tentativi di giustificarsi, come ad esempio chi uccideva solo bambini ormai rimasti orfani per consolare la propria coscienza) e a ricorrere a massicce quantità di alcool, distribuitegli ogni giorno per sopportare l’orrore di cui si macchiavano, con conseguenti evidenti segni di squilibrio psichico. Non a caso si formano i campi di sterminio come strumenti freddi, basati sul modello taylorista: chi partecipa compie operazioni minori in modo da non sentirsi direttamente responsabile. Il 1943 costituisce uno spartiacque tra le due fasi della guerra: 1) Comincia la controffensiva sovietica ad Est, con la Battaglia di Stalingrado (Novembre 1942 – Febbraio 1943). Hitler mirava alla conquista della città (impatto psicologico dato che portava il nome del capo dell’Unione Sovietica) consapevole che gli americani ormai erano in guerra e bisognava sbrigarsi, convinti che l’URSS fosse sul punto di crollare; sennonché una gigantesca offensiva dell’Armata Rossa aiutata dal freddo dimezza la Wehrmacht, costringendo il Generale Friedrich Paulus alla resa, segnando la disfatta tedesca e la svolta sul fronte orientale, da cui comincia un’inesorabile avanzata dell’Armata Rossa verso la Germania. 2) Comincia il dispiegamento dell’enorme potenziale produttivo degli Stati Uniti nel Pacifico, in cui l’impero creato dal Giappone comincia il suo declino con la prima grande sconfitta nella Battaglia delle isole Midway (Giugno 1942) dando il via alla riconquista dell’Asia. 3) Crollo dell’Italia fascista. In seguito alla Battaglia di El Alamein (Ottobre 1942) nel Maggio del 1943 avviene la capitolazione delle truppe italo-tedesche (Erwin Rommel). Sul fronte interno la stampa del regime non dà notizie, ma gli italiani se ne accorgono con una severa contrazione del regime alimentare e con i bombardamenti sulle città italiane cambia la percezione pubblica il che consegue ad un progressivo distacco degli italiani rispetto al regime. La propaganda descrive una realtà diversa da quella vissuta quotidianamente, che rende lo spirito del pubblico depresso e la popolazione sempre più stanca e meno disposta a credere nella vittoria finale. Nella primavera del 1943 si verificano degli scioperi nel triangolo industriale. Il colpo di grazia si ha il 10 Luglio 1943 con lo sbarco in Sicilia degli Alleati, a cui si uniscono gli effetti del bombardamento su San Lorenzo a Roma il 19 Luglio. La Conferenza di Jalta segna una fase di passaggio da guerra a dopoguerra, e va delineandosi una nuova situazione che si riscontra già durante la Conferenza di Postdam nell’Estate del 1945, dalla emergono contrasti tra i vincitori rappresentati da Stalin, Truman e Clement Attlee (succeduto a Churchill). Da una parte, senza Roosevelt e l’idea di “great design”, Truman assume una politica rigida nei confronti dell’Unione Sovietica; dall’altra si comincia a delineare il disegno staliniano di assoggettamento dell’Europa dell’Est. (Inoltre Truman lanciò un ultimatum al Giappone). Le tensioni aumentano dopo una serie di episodi e discorsi, come quello di Stalin tenuto nel Febbraio del 1946 nel quale adombra la possibilità di una futura inevitabile guerra tra Unione Sovietica e Stati Uniti. Il nuovo clima internazionale fu efficacemente reso da Churchill durante un discorso tenuto a Fulton nel Missouri in cui afferma che una “cortina di ferro” era ormai calata sull’Europa. Un primo passaggio fondamentale prima dell’approdo alla guerra fredda è la nascita dell’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) sancita durante la Conferenza di san Francisco (Aprile-Giugno 1945) con l’obiettivo di promuovere la pace e la cooperazione nel mondo tra i popoli, l’uguaglianza di tutte le nazioni e i diritti fondamentali contenuti nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Tuttavia l’ONU si ritroverà ostaggio della guerra fredda. Uno secondo passaggio sono gli accordi di Bretton Woods del Luglio 1944, che rappresentano una ridefinizione degli accordi economici internazionali sotto la guida e gli interessi degli Stati Uniti. L’obiettivo era la creazione di un vasto mercato mondiale: nasce il Fondo Monetario Internazionale (FMI) per garantire riserve valutarie al quale gli stati membri posso accedere e salvaguardare la stabilità monetaria, la quale viene ancorata alla convertibilità dell’oro in dollaro (e viceversa), che diventa la moneta di riferimento dell’economia mondiale. Nasce anche la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BIRS) con la funzione di erogare prestiti ai singoli stati per favorirne la ricostruzione e lo sviluppo. Gli Stati Uniti si impegnano in prima linea nella ricostruzione post-bellica e sono interessati al funzionamento del sistema e soprattutto che vada nella “giusta” direzione, mirando al primato geopolitico assumendo un ruolo di leadership mondiale. In un clima di crescenti contrasti furono discussi i trattati di pace con i paesi sconfitti ratificati il 10 Febbraio 1947 al termine della Conferenza di Parigi svoltasi tra Luglio e Ottobre 1946. Questo è l’ultimo atto di cooperazione tra gli ex Alleati. L’URSS acquisisce le repubbliche baltiche e le regioni orientali della Polonia (con la quale si spartisce la Prussia); lo spostamento dei confini sovietici comportò l’esodo di milioni di tedeschi (insediati) verso Occidente. Resta irrisolto il problema della Germania, sottoposta ad un regime di occupazione da parte di USA, UK, Francia e URSS. Le divergenze riguardo l’assetto post-bellico della Germania risalgano alla Conferenza di Postdam: gli alleati occidentali erano convinti di dover procedere alla ricostruzione economica e politica della Germania (rispecchiando la politica degli accordi di Bretton Woods); mentre l’URSS era favorevole alla creazione di uno stato unito e neutrale. Per l’Unione Sovietica, la divisione in zone d’influenza serve a tutelarsi contro nuove possibili minacce da Occidente, un vasto fronte di paesi satelliti che costituissero un cordone sanitario (stile pace di Versailles). La sovietizzazione dell’Europa Orientale avviene in più fasi. La prima è di transizione (1945-46) e in tutti i paesi dell’Est si formano governi di coalizione tra comunisti, socialisti e democratici. Dopo le elezioni più o meno libere i partiti comunisti si ritrovano in minoranza, e di fronte a quest’esito deludente Mosca decide per il colpo di mano (1947-48) e le minoranze comuniste (spinte dall’Armata Rossa) attuano colpi di stato assumendo il monopolio del potere. Diverso è il caso della Jugoslavia, dove i partigiani di Tito (Josip Broz) si liberarono da soli dei nazisti, senza l’aiuto dell’Armata Rossa, e che non vuole diventare uno stato satellite rivendicando l’autonomia. L’unione Sovietica scomunica i comunisti jugoslavi. Durante la Conferenza di Parigi i rapporti tra le grandi potenze si erano ulteriormente deteriorati in seguito a vari dissensi (guerra civile in Grecia 1946-1949, comunisti appoggiati dall’URSS e monarchia da UK e USA). In relazione a questo contesto e in risposta alla sovietizzazione che sta attuando l’Unione Sovietica, il cambio di presidenza da Roosevelt a Truman porta dei mutamenti significativi. L’amministrazione Truman si irrigidisce e nel timore che l’espansione sovietica diventi inarrestabile furono definiti i pilastri della nuova politica americana di “contenimento”: nel Febbraio del 1946 un funzionario del Dipartimento di Stato americano, George Kennan, espone il pericolo dell’espansione comunista sollecitando misure contenitive, che saranno cardine della “dottrina Truman”, enunciata durante un messaggio al Congresso nel Marzo del 1947 in cui si garantisce il sostegno economico e militare degli USA a tutti i “popoli liberi” minacciati dal comunismo. Importante per il raggiungimento di tale scopo fu l’annuncio da parte del segretario di Stato americano George Marshall dell’European Recovery Program (ERP, Piano Marshall), un piano di aiuti (14mld $) che si proponeva di realizzare un mercato europeo legato a quello americano, promuovendo, sotto la leadership americana antisovietica, la ripresa economica e produttiva dell’Europa. Gli Stati Uniti cercano di rafforzare la loro influenza diplomatica sul Vecchio Continente; per loro è fondamentale aiutare le giovani e fragili democrazie a stabilizzarsi, le quali altrimenti finirebbero inghiottite dal comunismo. Nel Settembre del 1947 l’Unione Sovietica rispose con la costituzione del Cominform, un “ufficio di informazione” dei partiti comunisti europei, nato in sostituzione della Terza Internazionale, con l’obiettivo di instaurare democrazie popolai e consolidare l’influenza sovietica. Mosca intima ai partiti comunisti di conformarsi al modello sovietica e in particolare i comunisti italiani vengono accusati di essere troppo morbidi e collaborativi col le altre forze antifasciste. La questione della Germania era ancora aperta, e Il primo banco di prova della nuova strategia politica americana fu la “crisi di Berlino”. Così come la Germania anche Berlino era spartita in quattro settori, di cui quelli sotto il controllo americano, francese e inglese passarono sotto l’egida del Blocco Occidentale, un’intera zona controllata dalle forze occidentali ma di fatto situata in condizione di enclave all’interno della zona di influenza dell’URSS, la quale voleva che gli occidentali lasciassero Berlino in modo da poterla integrare completamente nella sua parte di Germania; per fare ciò, nel Giugno del 1948 attuarono il “blocco di Berlino”, sbarrando le vie terrestri e quindi l’accesso di merci e rifornimenti costringendoli alla resa. Gli americani allora organizzarono un ponte aereo che rifornì la città sino alla fine del blocco nel Maggio del 1949. Negli stessi mesi, in primavera, nella Germania Ovest fu costituita la Repubblica Federale Tedesca (RFT) con capitale Bonn, passando ad una riacquisizione della sovranità nazionale; mentre nella Germania Est viene fondata la Repubblica Democratica Tedesca (DDR) fedele all’URSS. La “crisi di Berlino” (e un colpo di stato comunista in Cecoslovacchia nel Febbraio del 1948) favorì la nascita di un’alleanza militare occidentale, il Patto Atlantico, nell’Aprile 1949, tra gli stati del Nord America e quelli dell’Europa Occidentale, che si impegnavano per un difesa reciproca e comune, il cui strumento militare per il raggiungimento di tale scopo è la NATO. La risposta sovietica arriva sei anni dopo, nel 1955, in seguito all’ingresso della Repubblica Federale Tedesca nel Patto Atlantico, con la nascita del Patto di Varsavia, un’alleanza militare tra i paesi del blocco orientale sotto il controllo dell’URSS. 12 – La Costruzione della Democrazia (1945-1953) Partiti del Comitato di Liberazione Nazionale Democrazia Cristiana (DC) Nasce in clandestinità tra il 1942 e il 1943, con l’obiettivo di legare i cattolici (la Chiesa) alla democrazia, per creare un grande partito democratico e unitario dei cattolici. Il leader è Alcide De Gasperi (Demofilo, “amico del popolo”) Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP) Riemerge nell’estate del 1943 dall’unione tra il Partito Socialista Italiano e il Movimento di Unità Proletaria. All’interno del partito convivono: - Sinistra riformista, il cui principale esponente è Giuseppe Saragat. - Sinistra di Pietro Nanni, a lungo segretario del partito. - Sinistra radicale di Lelio Basso che guarda all’unificazione tra socialisti e comunisti. Nel 1947 la scissione dell’ala di Saragat e la fondazione del Partito Socialista dei Lavoratori italiani. Partito Comunista Italiano (PCI) Nato nel 1921 dalla scissione di Livorno. Si tratta di un partito nazionale inserito in un contesto internazionale e transnazionale guidato dall’Unione Sovietica. Tra i primi fondatori vi sono Amedeo Bordiga e Antonio Gramsci. Il leader della rifondazione è Palmiro Togliatti, figura di spicco internazionale (vicesegretario del Comintern). La svolta di Salerno del 1944 con l’unità nazionale, la democrazia progressiva e la grande coalizione antifascista. Partito Liberale Italiano (PLI) Ricostruito nel 1943, erede del liberalismo prefascista. Esponenti sono Benedetto Croce, Luigi Einaudi e Leone Cattani. Un partito moderato e conservatore, il centro-destra del CLN. Partito d’Azione (PA) Nasce dall’esperienza della brigata Giustizia e Libertà dei fratelli Rosselli, che propugnavano il rinnovamento dell’Italia e una radicale riforma dello stato. Il leader è Ferruccio Parri. Democrazia del lavoro (DL) Espressione del notabilato prefascista, presente quasi esclusivamente nel Mezzogiorno ma senza legami col popolo. Il leader è Ivanoe Bonomi (già Presidente del Consiglio nel 1921). Un altro partito fuori dal Comitato di Liberazione Nazionale è il Partito Repubblicano italiano (PRI) il più antico, erede del pensiero di Mazzini e Cattaneo; che fece il grave errore strategico di non entrare nel CLN. Ci sono riorganizzazioni anche a destra - Fronte dell’Uomo Qualunque, di Guglielmo Giannini, partito dell’antipolitica, critico verso tutti e che non rinnega il fascismo, dal quale si proclama deluso. Partito “anti-antifascista”. - Partito Nazionale Monarchico (1946), che sancisce la fine della monarchia in favore della repubblica. - Movimento Sociale Italiano, partito neofascista che richiama nel nome l’esperienza della Repubblica Sociale Italiana. Dopo la guerra, con il superamento della pregiudiziale monarchica (svolta di Salerno) si ha il primo governo di unità nazionale, che si forma nell’Aprile del 1944, guidato da Badoglio (secondo governo) che dura poco, fino alla liberazione di Roma. A quel punto i tempi sono maturi per formare un governo presieduto da un politico. Ivanoe Bonomi forma due governi. In questo clima nasce la CGIL Con la liberazione d’Italia (25 aprile 1945) inizia una nuova fase, e il periodo che va dal 1945 al 1948 si divide in: - Giugno 1945 – Giugno 1946. Governi “ciellenisti”(membri del comitato), rientrano tutti e sei i partiti del CLN. - Giugno 1946 – Maggio 1947. Due governi “tripartiti” di Alcide De Gasperi (DC, PCI e PS). - Maggio 1947 – Aprile 1948. Transizione verso il centrismo e predominio della Democrazia Cristiana. Ferruccio Parri, leader del Partito d’Azione, succede a Bonomi e diventa Presidente del Consiglio. Prospettive di rinnovamento e soffia il “vendo del Nord”, espressione di Nenni riferendosi alla Resistenza. È ancora un governo del CLN ma tende a sinistra, che deve affrontare la ricostruzione post-bellica, il problema dei reduci e quindi la disoccupazione. Il programma di Parri provocherà l’insofferenza dei moderati, e sarò costretto alle dimissioni. Alcide De Gasperi diventa Presidente del Consiglio, e darà una svolta moderata al governo. (Rimarrà al governo dal 1945 al 1953 e guiderà otto governi dando inizio una lunga fase democristiana). In politica interna si prosegue con lo smantellamento dei gulag e il rilascio dei detenuti politici; viene instituito il KGB (dalle ceneri dell’NKVD) e inoltre si deviano fondi dalla spesa militare a favore della ricerca scientifica e spaziale (nel 1961 l’URSS vincerà la corsa allo spazio con Jurij Gagarin). Si fa un grande sforzo per modernizzare l’agricoltura che determina una rapida crescita dell’economia sovietica, nonostante rimangano problemi irrisolti come la mancanza dei beni di consumo. Il sunto è che c’è un ammorbidimento e parziale liberalizzazione, ma manca la libertà democratica; l’URSS rimane un’oligarchia, un regime a partito unico. In politica estera Cruscev enuncia il principio della coesistenza pacifica affermando che la vittoria di capitalismo e socialismo l’uno sull’altro non si baserà sullo scontro militare ma su quale modello emergerà più forte. Viene decretato lo scioglimento del Cominform, al quale subentra il principio della legittimazione delle vie nazionali al socialismo (cosa che darà nuova linfa al processo di Togliatti di un’Italia democratica socialista). In Europa Orientale questa nuova politica introdotta da Cruscev ha degli effetti destabilizzanti: si apre una divisione tra innovatori e conservatori. In Polonia il 29 giugno 1956 a Poznan avviene un grande sciopero, e paradossalmente la polizia di un paese socialista apre il fuoco sugli operai. Si trova un compromesso interno; i polacchi odiano i sovietici ma non il regime socialista. Al potere va Gomulka che da un lato rafforza l’alleanza con l’URSS ma dall’altra seguirà una via polacca al socialismo. In Ungheria si apre il dibattito tra conservatori (Rakosi) e innovatori (Kadar e Nagy). Varie proteste chiedono di affidare il governo a Nagy; le richieste vengono approvate ma la mobilitazione non si placa. Le pressioni su Nagy aumentano, non riesce a gestire la situazione, e inoltre annuncia l’uscita dal Patto di Varsavia e il ritorno al pluripartitismo. L’URSS, che teme un effetto domina decide di usare la forza e avverrà la cattura ed uccisione di Nagy e il potere passa a Kadar. Alla netta chiusura politica ed ideologica si accompagna una maggiore autonomia sul piano economico e negli anni ’60 l’economia del blocco sovietico crescerà a ritmo sostenuto. Anche negli Stati uniti ci sono istanze di cambiamento, e nel suo secondo mandato Eisenhower affronta diversi problemi: la crescita economica consistente, trainata dal consumismo di massa, e la permanenza di ampie fasce di povertà, dovuta principalmente alla discriminazione sociale ed economica, a cui si affianca la segregazione razziale. Nella seconda metà degli anni ’50 cresce il movimento per i diritti civili dei neri e nasce il sit-in come protesta (episodio di Rosa Parks che nel ’55 si rifiuta di cedere il posto sull’autobus riservato ai bianchi). In quegli anni si vede emergere la leadership carismatica di un pastore e fautore della non violenza, Marthin Luther King. Il movimento per i diritti civili, supportato da un gran numero di bianchi, insieme al desiderio di riforme sociali, sono fattori del vento del cambiamento che nel 1960 porta all’elezione del democratico John Fitzgerlad Kennedy. Kennedy va alla Casa Bianca suscitando grandi aspettative. In politica interna si parla di una nuova frontiera dei diritti civili, sociali e della scienza; tuttavia farà fatica a tradurre le promesse in riforme, anche sul piano assicurativo e assistenziale. La politica estera lo vede coprotagonista assieme a Cruscev e contribuisce a rendere più dinamica la fase di distensione, passando dalla rigidità del “roll back” alla duttilità “flexible response”, un approccio più elastico. Il frutto di questa convergenza porta nel 1963 alla firma del Trattato per il Bando degli Esperimenti Nucleari. L’altro versante che impegna la politica estera di Kennedy è il Sud America, dove i movimenti anti-imperialisti iniziano a contestare l’influenza degli Stati Uniti, e si diffonde la guerriglia: il primo caso di successo è quello di Fidel Castro a Cuba. Qui la strategia di Kennedy si basa sull’Alleanza per il Progresso, un programma con lo scopo di stabilire la collaborazione, tramite aiuti finanziari per promuovere l’economia e la controguerriglia. Questa tendenza alla distensione e alla cooperazione non cambia la sostanza della Guerra Fredda, così come non mancano i momenti di tensione. Nel 1959, a Cuba si conclude la guerriglia iniziata da Fidel Castro per rovesciare la dittatura di Fulgencio Batista (sostenuto dagli americani). Castro non è un socialista, ma è un anticolonialista, un nazionalista democratico e riformista, per questo gli americani non gli sono subito ostili e riconoscono il nuovo regime. Castro vara una nuova riforma agraria, che colpì i grandi latifondi e gli interessi economici delle compagnie americane (come la United Fruit che possedeva il monopolio della canna da zucchero) provocando quindi l’ostilità degli USA che temevano anche che l’esempio si seguisse altrove in America Latina, dove la guerriglia era sostenuta (figurò l’argentino Ernesto Che Guevara). A questo punto Castro si orienta verso il socialismo e l’Unione Sovietica fiuta l’occasione di avere un avamposto molto vicino alle coste americane; la medesima cosa avevano pensato anche gli americani che iniziano a boicottare economicamente Cuba, ponendo un embargo sulle importazioni di zucchero. La situazione si inasprisce ulteriormente quando viene messa in atto uno sbarco, organizzato dalla CIA, di esuli anticastristi nella Baia dei Porci con l’obiettivo di promuovere l’insurrezione nell’isola, sottovalutando però il consenso popolare che Casto aveva, risultando quindi un flop e questione di grande imbarazzo per la presidenza di Kennedy. La questione cubana non finisce lì, perché l’alleanza tra URSS e Cuba passa dal piano economico a quello militare: si decide di installare basi missilistiche sul territorio, rilevate dall’intelligence nel 1962. Kennedy ordina alla marina un blocco navale dell’isola per impedire alle imbarcazioni sovietiche di introdurre armamenti nucleari; a quel punto il mondo è col fiato sospeso. La “crisi missilistica di Cuba” si risolve con Cruscev che decide di ritirare la flotta sovietica a patto che gli americani rispettino l’indipendenza cubana. La distensione continua, anche grazie alla creazione di una linea telefonica diretta tra il Cremlino e la Casa Bianca. Pochi mesi dopo l’episodio della Baia dei Porci, Cruscev sfrutta la situazione per riaprire la questione di Berlino, della quale intende assumere il controllo intero. Kennedy risponde a tono, deciso a difendere l’autonomia della Germania dell’Ovest. Nel Giungo del 1961, a Vienna, si incontrano Kennedy e Cruscev il quale vuole fare di berlino una città libera, ma Kennedy è contrario a considerare la città parte integrante della Repubblica Federale Tedesca; l’incontro non porta a nulla. Nella notte tra il 12 e il 13 Agosto, Cruscev inizia la costruzione di un muro per frenare le fughe verso la zona occidentale, isolando completamente Berlino Ovest; dove, nel corso di una visita nel 1963, Kennedy pronuncia la celebre frase “Ich bin ein Berliner” dimostrando la vicinanza degli Stati Uniti alla Germania. Queste vicende fanno riflettere sul carattere globale della Guerra Fredda, che sfocia in epicentri di crisi diversi, e l’egoismo delle due superpotenze, che decidono le sorti di altre nazioni senza consultarli e coinvolgerli, perseguendo i propri interessi. In questo contesto si collocano due processi geopolitici importanti. Si verifica la nascita del Terzo Mondo, che riunisce un numero sempre maggiore di paesi di nuova indipendenza, che, secondo la politica del “non allineamento” rispetto ai due blocchi, non riconoscono la logica bipolare capitalista/comunista. L’espressione “terzo mondo” andrà però nel tempo a identificare le condizioni di ritardo e arretratezza sociali ed economiche di alcune di questi paesi, caratterizzati dal sottosviluppo (settore industriale assente, arretratezza, squilibrio di risorse, condizioni sanitarie, analfabetismo e povertà). Poi con processi di modernizzazione si distingueranno i “paesi in via di sviluppo”. L’altro aspetto con cui l’equilibrio bipolare deve fare i conti è il processo di integrazione europea, che vedrà una crescente autonomia dei paesi dell’Europa del blocco Occidentale. 14 – L’Italia del Miracolo Economico e del Centro-Sinistra e l’Integrazione Europea L’Italia degli anni ’50 si alterna tra vicende paradossali di una grande espansione economica e una forte instabilità politica dovuta alla crisi del centrismo. Quando De Gasperi si dimette nel 1953, il segretario che gli subentra è Amintore Fanfani, il quale si ritrova una Democrazia Cristiana che, in mancanza di maggioranza in Parlamento, ha davanti tre strade: proseguire con il centrismo, aprirsi a sinistra (con il Partito Socialista espulso), oppure aprirsi a destra utilizzando come “stampella” i monarchici e il Movimento Sociale Italiano. Per governare. Le contraddizioni all’interno del partito determinano una situazione di “immobilismo”. Ancora una volta le dinamiche internazionali influenzano le vicende italiane. Con la presidenza di Eisenhower, l’apertura al Partito Socialista è contestata. La situazione cambia quando viene eletto Kennedy, che ammette la possibilità con prudenza. Le importanti novità però vengo dall’Est: dopo le denunce dei crimini di Stalin e i fatti di Polonia e Ungheria hanno un impatto notevole sulla sinistra italiana. Di fronte a questi eventi il Partito Comunista da un lato difende l’URSS (considerando i fatti accaduti come una controrivoluzione reazionaria) e dall’altra ammette l’esigenza di una via italiana al socialismo, iniziando un processo di rinnovamento: durante l’8° Congresso del Partito Comunista Italiano si fanno largo istanze di sganciarsi dal PCUS, per avviare una via nazionale al socialismo nel pieno rispetto dei diritti democratici riportati nella Costituzione. Nel Partito Socialista, gli stessi fatti, suscitano la rivendicazione di maggiore autonomia politica e indipendenza dal PC. Un altro grande evento è il nuovo capitolo della Chiesa Cattolica che si apre con Papa Giovanni XXIII. Lasciti importanti sono il Concilio Vaticano II, che apre la Chiesa Cattolica al dialogo interreligioso, e le riforme liturgiche (introduzione dell’italiano nelle funzioni religiose). Giovanni XXIII scriverà due encicliche fondamentali: Mater et Magistra (1961) che tratta di giustizia sociale, anticolonialismo, terzomondismo e denuncia degli armamenti; Pacem in Terris (1963) dove viene introdotta la distinzione tra errante ed errore (chi sbaglia è prima di tutto un essere umano). Tali posizioni sono fondamentali per la politica italiana, in quanto l’idea di una possibile alleanza tra DC e PSI non appare più così malvagia (prima il comunismo equivaleva a peccato). Nel 1958 si svolgono le elezioni e nel corso della terza legislatura, in questo contesto politico e religioso favorevole, si avvia la fase del centro-sinistra che si attua in tre tappe: 1) L’elezione di Aldo Moro nel 1959 alla segreteria della Democrazia Cristiana. 2) Il governo di Ferdinando Tambroni che si forma nel 1960 che governa grazie all’appoggio del MSI, che ottiene il permesso di tenere il suo congresso nazionale a Genova, città martire della resistenza, la quale insorge in protesta. Questa situazione in particolare porterà alla luce lo svilupparsi di un latente sentimento fascista nel paese, e sotto le critiche Tambroni sarà costretto a dimettersi. 3) Il governo passa a Fanfani (terzo governo) nel 1963, definito “delle convergenze parallele” è un governo di transizione, vede una DC che ottiene l’appoggio di repubblicani, socialdemocratici e liberali, con l’astensione del PSI (che votava contro prima). In questo periodo il centro-sinistra conoscerà i suoi risultati più rilevanti. Nel Partito Socialista prevale l’ala autonomista di Nenni (favorevole al centro-sinistra) e Aldo Moro, segretario della DC, pronuncia le parole “s’ha da fare”. Il governo che segue rappresenta la nuova coalizione (DC, SDC e PRI) con tanto di appoggio esterno dei socialisti sulla base di un programma concordato, e nasce il centro-sinistra “programmatico”. Questo governo è responsabile della nazionalizzazione dell’industria elettrica tramite l’ENEL e della riforma della scuola media unica obbligatoria, che democratizza la scuola italiana (ora gli studenti continuano per tre anni prima di poi perseguire indirizzi diversi). Le elezioni del 1963 indeboliscono la DC e i socialisti. All’interno della DC crescono le resistenze a queste riforme, così come l’opposizione del PC, facendo indebolire il PSI da cui se ne va l’ala più radicale. Infine c’è l’opposizione di Confindustria e in generale del mondo imprenditoriale, restio alla forte spinta riformatrice. Alla fine del 1963, dopo un governo estivo, “balneare”, di transizione guidato da Leone, nasce il primo governo “organico” di centro-sinistra (DC, PSI, PSDI, PRI), primo governo con la presenza di socialisti, sotto la presidenza di Aldo Moro. Il governo entra subito in crisi. Nell’estate del 1964, in piena crisi governativa, si colloca una pagina oscura della storia politica italiana. Il SIFAR (Servizio Informazioni delle Forze Armate), sotto il Generale De Lorenzo (simpatizzante neofascista), elabora il Piano Solo, che prevedeva una risposta in caso di colpi di stato. Il Presidente della Repubblica Antonio Segni convoca De Lorenzo, e in quei giorni l’aria è pesante, è un “tintinnar di sciabole” (Nenni) e Moro viene avvertito sui rischi di un eccessivo spostamento a sinistra. Si forma quindi un nuovo governo Moro, di nuova alleanza DC e PSI, ma la spinta riformatrice è esaurita. Questa nascita di nazioni indipendenti provoca profondi cambiamenti negli equilibri mondiali, come ad esempio l’accorgimento da parte delle due superpotenze che il mondo coloniale sia fondamentale per allargare le proprie simpatie ed influenze. Le strategie che attuano le due superpotenze si risolvono in un’opposizione al vecchio sistema coloniale (anticolonialismo). Nel 1955 si tiene la Conferenza di Bandung, una riunione di 29 paesi asiatici e africani che segna la nascita di una grande piattaforma anticoloniale, oggi definita Terzo Mondo. I leader della conferenza sono il presidente indonesiano Sukarno, il presidente indiano Nehru e il presidente egiziano Nasser. Tutti e tre spingono per una riappropriazione della storia. L’URSS è un’osservatrice interessata, in quanto sono chiare le tendenze socialiste di questi stati e movimenti. Il 20° Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, nel 1956, è fondamentale per il cambiamento di strategia sovietica verso il mondo coloniale, cui si guarda per allargare la sfera d’influenza sovietica. Punto chiave è l’accettazione di altre vie al socialismo, il quale, specialmente nei contesti coloniali, dove manca la classe operaia, bisogna che si sviluppi in altro modo; per questo motivo cambia anche l’approccio, abbandonando il materialismo storico di Stalin (progresso a tappe) e riprendendo i concetti leninisti secondo cui l’imperialismo aveva bloccato lo sviluppo al feudalesimo. In Medio Oriente, nel 1946 si erano resi indipendenti la Siria, la Giordania e il Libano dal dominio coloniale inglese e francese. Nel 1947 l’ONU elaborò, su proposta degli USA, un progetto di spartizione della regione in due stati, uno arabo e uno ebraico. Nel 1948 nasce lo Stato d’Israele, senza però l’approvazione da parte degli arabi, cosa che porta a numeri conflitti israelo- palestinesi (’48, ’56, ’67, ’73) tutti vinti da Israele, che amplia i suoi territori (Gerusalemme occidentale) costringendo milioni di persone a riversarsi nei paesi arabi circostanti, dove ancora oggi sono presenti campi profughi. Nel 1956, il presidente egiziano Nasser vuole nazionalizzare l’economia egiziana, partendo dalla nazionalizzazione del Canale di Suez (che unisce il Mar Rosso al Mediterraneo, fondamentale per il commercio Asia-Europa), inimicandosi però Francia e Regno Unito, le quali intervengono militarmente in difesa dei loro interessi nella zona, supportate da Israele. A questo punto sia URSS che USA condannano l’iniziativa, in quanto ritenuta un operazione di colonizzazione e quindi contraria alla loro nuova politica di allargare la rispettiva influenza nel mondo coloniale. La crisi di Suez segna il definitivo tramonto delle potenze coloniali, che devono sottostare alle nuove superpotenze. Dopo il ’56 Nasser assume un ruolo importante nel movimento anticoloniale, che lo porterà a proporre un’unione tra Egitto e Siria, la Repubblica Araba Unita, con lo scopo di promuovere il panarabismo e l’unione dei popoli arabi ormai da troppo tempo sottomessi. Il progetto fallirà nel 1961 per via di tensioni interne tra Egitto e Siria. Tutto ciò si inserisce sempre nel contesto della Guerra Fredda e l’interesse delle superpotenze nel mondo coloniale: da una parte l’URSS sostiene, anche militarmente, i paesi arabi non allineati; mentre dall’altra gli USA supportano Israele, che diventa un avamposto americano in Medio Oriente. Tuttavia la questione palestinese viene accantonata dagli arabi, e ripresa solo dai partiti palestinesi che danno vita all’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) con a capo il socialismo arabo di Yasser Arafat. Una seconda fase importante del processo di decolonizzazione avviene in Africa. Le realtà africane sono diverse da quelle asiatiche, dove gli stati discendevano da grandi civiltà imperiali e quindi riconosciuti dall’Europa, la quale al contrario, ritiene in Africa non ci sia niente. L’Africa è divisa culturalmente, etnicamente ed economicamente in due fasce: l’Africa mediterranea e quella sub-sahariana. Inoltre diversamente dalla colonizzazione asiatica, in Africa si azzera totalmente la cultura precoloniale dando vita a colonie “tracciate a tavolino”, nella Conferenza di Berlino (1884) dividendo popolazioni e mischiandone altre. Il controllo di questo continente era importante data la sua ricchezza di materie prime utili alle potenze europee, che attuavano l’économie de traite (della mungitura), che vedeva al centro la nazione europea (metropoli) scambiare le risorse con prodotti di prima necessità, creando quindi un rapporto di dipendenza per le colonie (periferia). L’Algeria non è solo una colonia francese, ma dato l’alto numero di abitanti francesi (1mln e mezzo) viene considerato un distretto d’oltremare. Lo status di francesi metropolitani, pone questi cittadini in un contesto di superiorità rispetto alla popolazione algerina, dando vita ad un sentimento di rivalsa. Nasce così il Fronte di Liberazione Nazionale per l’Indipendenza dell’Algeria, che a partire dal 1954 da inizio a rivolte e guerriglie che toccheranno l’apice nel 1956 durante la Battaglia di Algeri, nel corso della quale la guerra diventa di dominio pubblico. Nel 1958, la “Quarta Repubblica” è in crisi, non riuscendo a controllare la situazione, e temendo che il governo possa cadere, la destra e l’esercito, con l’aiuto dei francesi che abitavano li (pieds-noirs), attuano un colpo di stato ad Algeri per favorire l’ascesa di De Gaulle, che sarà promotore di un referendum popolare per la creazione di una nuova costituzione e la nascita di una repubblica presidenziale la “Quinta Repubblica” (tuttora in vigore). Nel 1961 un altro colpo di stato ad Algeri da parte dell’Organisation Armée Secrète (terroristi di destra) è l’ultimo degli attacchi mirati a destabilizzare gli Accordi di Evian, poi firmati nel 1962 per porre fine alla guerra e sancire l’indipendenza algerina. Nel 1957, Nkrumah, leader del Convention People’s party della costa d’Oro, colonia britannica nell’Africa Occidentale, porta il suo paese all’indipendenza, rinominandolo Ghana. Nkrumah vuole attuare un processo culturale di riappropriazione della storia precoloniale africana per dare un identità allo stato e dimostrare l’esistenza di una storia precedente in modo da riunirsi contro la sopraffazione delle potenze coloniali; si sviluppa il panafricanismo. Dopo il Ghana, nel 1960, la maggioranza degli stati africani diventa indipendente, ma si ritrovano afflitti da condizioni di povertà e debolezza economica, che li riconduce ad una rinnovata dipendenza dalla ex potenze coloniali, rimanendo quindi legate all’Europa nel cosiddetto “neocolonialismo”, il che porta a grande instabilità politica, fragilità delle istituzioni e tensioni. Particolare è il caso della decolonizzazione del Congo (belga) che precipitò in una guerra civile a causa della secessione della provincia mineraria del Katanga, sostenuta da mercenari (fomentati dagli USA) e da compagnie minerarie occidentali. Nel 1964 gli Stati Uniti sfruttano un incedente navale nel golfo del Tonchino (incidente USS Maddox) come casus belli per attaccare il Vietnam del Nord. (1964-1975)
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved