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Storia dell'Asia orientale - storia della Cina e storia del Giappone, Dispense di Storia dell'Asia

Storia dell'Asia orientale A - storia della Cina e del Giappone dalla preistoria fino al XX secolo.

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 30/09/2023

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Scarica Storia dell'Asia orientale - storia della Cina e storia del Giappone e più Dispense in PDF di Storia dell'Asia solo su Docsity! 1 INTRODUZIONE ALLA STORIA DELLA CINA I paesi che fanno parte dell’Asia orientale sono Cina, Hong Kong, Macao, Giappone, Mongolia, Corea del Nord, Corea del Sud e Taiwan. Importante anche il legame culturale che unisce la Cina al Vietnam. L’ordine mondiale asiatico fu dominato per secoli dal sistema sinocentrico del tributo, un sistema complesso organizzato dalla Cina per controllare i popoli confinanti che parlavano lingue diverse dal cinese. Esso rispecchiava una visione del mondo secondo cui il grado di barbarie aumentava con il crescere della distanza dalla civiltà sinica. La Cina sosteneva che gli altri popoli fossero inferiori e dovevano quindi vederla come modello e voleva inoltre avere il controllo su tali popoli attraverso il pagamento di un tributo. La storia della civiltà cinese è caratterizzata dall’aspetto della continuità, concetto considerato secondo 2 aspetti: processo storico e coscienza soggettiva. All’interno della storia cinese la continuità è caratterizzata e assicurata dall’alternanza delle famiglie regnanti, ovvero delle dinastie. Il sovrano è l’unico capace di assicurare l’equilibrio tra la società umana e l’ordine naturale. Lo svolgimento delle sue funzioni si collega con il “mandato celeste” e il Cielo agisce per mezzo di intermediari quali imperatori, popolo, funzionari. La visione ciclico-dinastica fu la visione storica cinese che colpì profondamente i gesuiti, che per primi avviarono uno studio sistematico della civiltà cinese nel Seicento e nel Settecento. I gesuiti giunsero in Cina nel 1582 e diedero inizio ad un profondo e duraturo scambio culturale, introducendo la cultura occidentale. Colsero come elemento principale della cultura cinese l’aspetto razionale dell’ordine morale, modello di continuità istituzionale e sociale. Fu l’idealismo di Hegel nell’Ottocento a mutare il paradigma interpretativo gesuitico. Il filosofo sosteneva che la storia mondiale era guidata da quella europea e l’Europa assumeva rispetto all’Asia una centralità assoluta. Uno dei fattori di continuità della storia cinese è la scrittura, attestata da 3500 anni ma si presume abbia origini molto più antiche, fino a 7500 anni fa. La scrittura cinese non è una scrittura alfabetica come quella delle lingue indoeuropee, ma è costituita da caratteri indipendenti con unità semantica e fonetica indipendenti. I caratteri cinesi sono: pittogrammi (che rappresentano graficamente un oggetto) e ideogrammi (che rappresentano concetti grazie a raffigurazioni simboliche). A partire dal 221 a.C. la lingua scritta rimase invariata, consentendo la continuità della tradizione scritta nel corso dei millenni. La scrittura cinese svolse un ruolo unificante nell’Asia orientale. Coreani, Giapponesi e Vietnamiti adottarono tale scrittura dando vita ad una letteratura cinese al di fuori della Cina. 2 La continuità della lingua scritta non significa tuttavia che la lingua sia rimasta immobile. Al contrario, significa che la lingua è stata capace di inglobare nel tempo i diversi apporti forniti dai vari autori. Nella cultura cinese viene attribuito prestigio alla figura del letterato perché egli era capace di ricoprire funzioni civili e rituali e di assumere incarichi burocratici in primis in ambito politico. Doveva anche conoscere il significato dei simboli e della sintassi della variegata scrittura cinese. La religione in Cina fu sempre subordinata allo Stato. Il culto degli antenati riflette l’importanza dell’organizzazione familiare nella società e il mantenimento della famiglia in questo mondo. È un culto tramandato nei secoli che ricorda i membri della famiglia che non sono più in vita attraverso tavolette a loro intestate, lasciando così immutata la gerarchia familiare anche dopo la morte di uno dei membri. PERIODIZZAZIONE I FASE: le origini della civiltà e dello stato cinese si avviano nella fase arcaica presentando il loro principale carattere nel bacino del Fiume Giallo. II FASE: fase dell’impero antico, formazione e consolidamento del primo Stato centralizzato. Le contraddizioni interne caratterizzate dall’opposizione dei proprietari fondiari decretarono la fine di tale Stato. III FASE: impero medievale, nel quale la Cina resiste agli urti e si impone come modello per l’Asia orientale. IV FASE: momento di maggior splendore della civiltà, in cui la Cina si impone come la massima potenza mondiale in ambito economico, sociale e tecnologico. Consolidamento del sistema burocratico fondato su funzionari selezionati con esami specifici. V FASE: periodo del dominio mongolo in Cina e dell’arrivo dei primi missionari. Si avvia per i funzionari un reclutamento basato sul merito e all’espansione economica corrispondono l’innovazione tecnologica e la costruzione delle prime città moderne. VI FASE: si avviò lo sviluppo agricolo e commerciale sia interno sia con l’estero. Fiorirono numerose scuole di pensiero e la Cina godé di un periodo di stabilità grazie al raggiungimento di un sistema imperiale saldamente definito. VII FASE: ascesa al potere di una dinastia “barbarica”, è l’inizio del declino. VIII FASE: nell’Ottocento la Cina si avvia ad un periodo nuovo della sua storia, in cui la tradizione si fonde con elementi politici, istituzionali e culturali occidentali. 5 La civiltà neolitica cinese si sviluppò in tutta la Cina dal 6000 a.C. Nei pressi del Fiume Giallo si è affermata l’agricoltura, sono comparsi i primi stanziamenti stabili, sono stati addomesticati gli animali ed è stato prodotto vasellame. Le civiltà importanti furono la civiltà di Yangshao, la civiltà di Longshan e la civiltà di Xiaotun (dai nomi delle località dove furono rinvenuti i resti di vasellame). Coeve, in queste civiltà si viveva nei villaggi, si coltivava la terra e si produceva vasellame e terracotta (nelle civiltà di Yangshao e Longshan la terracotta prodotta era nera e priva di decorazione, mentre nella civiltà di Xiaotun la terracotta prodotta era grigia). La prima moneta usata in Cina in età neolitica era la conchiglia marina, ma c’era traccia anche di monete di rame a forma di conchiglia. LA DINASTIA SHANG La prima dinastia attestata della storia cinese è la dinastia degli Shang. Una tradizione attribuiva al capostipite degli Shang, Cheng Tanng, la nascita da una donna fecondata da una rondine nera mentre faceva il bagno nel Fiume Giallo. La dinastia è durata 17 generazioni e, a causa delle inondazioni del Fiume Giallo, gli Shang avrebbero cambiato sei volte la loro capitale. Gli Shang conoscevano la scrittura ideografica non dissimile dall’attuale scrittura cinese. I primi documenti letterari rinvenuti della cultura cinese risalgono al periodo in cui regnava questa dinastia. Si trattava di ossa di animali e gusci di tartaruga incisi che i contadini della zona avevano rinvenuto e vendevano alle farmacie come ossa di draghi, quando invece provenivano dall’archivio oracolare degli Shang, dove la divinazione era centrale. Questi primi documenti letterari cinesi fornirono i nomi della dinastia e informazioni sulla vita dell’epoca. I villaggi degli Shang erano quadrati o rettangolari e fortificati da mura in terra battuta. Le case erano sopraelevate. Artigiani e contadini vivevano fuori dalle mura e la città era il centro amministrativo. La principale manodopera agricola era fornita dagli schiavi, ma la terra era lavorata anche dai contadini che coltivavano grano, miglio e sorgo. Durante questa epoca alla terracotta si affiancò progressivamente la porcellana e gli artigiani fondevano il bronzo per creare armi e vasi sacrificali. Il governo era esercitato dal re, cui era affidato il compito della difesa. Per quanto riguarda l’autonomia economica, lasciata ai collaboratori, si è parlato di “feudalesimo Shang”. Gli Shang chiamavano “barbare” le popolazioni nomadi di allevatori che vivevano a nord e che continuamente facevano incursioni nei territori coltivati. Per questo motivo le regioni di frontiera furono occupate nella difesa mentre le regioni interne si svilupparono le attività artigianali e una maggiore ricchezza. 6 LA DINASTIA ZHOU Nel 771 a.C. l’attuale re degli Zhou occidentali fu costretto a spostare la capitale del regno più ad oriente a causa di un’incursione dei nomadi. Da questo passaggio si parla di Zhou occidentali e Zhou orientali, indicanti rispettivamente il primo periodo della dinastia dal 1045 a.C. al 771 a.C. e quello successivo dal 770 a.C. al 256 a.C. Gli Zhou occidentali Gli Zhou erano probabilmente un ramo degli Shang che risiedevano in zone di frontiera. Al principe era attribuito il titolo di “Figlio del Cielo” e il re si dichiarò tale per “Mandato del Cielo”. Risulta quindi chiaro il rapporto esistente già in età arcaica tra religione e politica. La genesi stessa dello stato è da porre in relazione con fattori magico-religiosi. L’oltretomba influenzava le vicende terrene e la stirpe dominante comunicava con essa. Il vertice dello stato era formato da sciamani e il re era il loro capo. Seppur vincitori, all’inizio gli Zhou non furono in grado di estendere su tutto il paese il loro dominio, sostituirono solo i vertici del potere mantenendo in vita il sistema feudale degli Shang. Il re Zhou aveva quindi il potere limitato alla capitale e alle zone circostanti. Essi fecero affidamento su numerose famiglie, tra le quali assunsero maggiore prestigio i militari e gli scribi-sacerdoti. La scrittura non era più solo su ossa ma anche su strisce di bambù. Una volta consolidato il potere, gli Zhou avviarono una riorganizzazione amministrativa centralizzata e per alcuni aspetti modernamente burocratica. A loro è attribuito il sistema di divisione e distribuzione delle terre dei campi a pozzo, che da loro fu avviato. La terra, di proprietà pubblica, era divisa dal re in appezzamenti quadrati suddivisi al loro interno in 9 quadrati più piccoli intorno al quadrato centrale. Ad ogni famiglia era assegnato uno degli 8 quadrati mentre la zona centrale era lavorata da tutti i contadini seguendo un sistema simile alle corvée feudali. Quella dei campi a pozzo era un’epoca nella quale non esisteva la proprietà privata, e anche in età contemporanea sistemare campi a pozzo è stato sinonimo di riforma agraria. Il declino degli Zhou occidentali avvenne perché essi non furono in grado di estendere su tutta la Cina il loro dominio, sebbene avessero raggiunto prestigio, e non costruirono una rete di guarnigioni. Avevano mantenuto il feudalesimo degli Shang senza creare uno stato centralizzato. A causa della mancanza di quest’ultimo, i feudatari si radicarono e il potere locale divenne indipendente facendo perdere al re il controllo del potere. La capitale venne spostata più a oriente, da Chang’an a Luoyang, e ciò determinò la distinzione del primo periodo degli Zhou occidentali da quello successivo degli Zhou orientali. Gli Zhou orientali Il periodo successivo allo spostamento della corte a Luoyang è diviso in 2 momenti: l’età delle “Primavere e Autunni” e l’età degli “Stati Combattenti”. L’età delle Primavere e Autunni si colloca tra il 771 e il 481 a.C. e quella degli Stati Combattenti si colloca tra il 481 e il 222 a.C. 7 Durante questi periodi gli stati principali si proclamarono regni e iniziarono a combattere per mantenere l’unità. In particolare, durante il primo periodo i sovrani avevano perso il carisma e l’autorevolezza mentre i governatori dei singoli stati assumevano potere e autonomia, nel secondo periodo invece la situazione politica è andata degenerando a causa dell’anarchia e delle tensioni tra i vari stati della Cina. Per far fronte ai continui attacchi da parte dei barbari si cominciarono a costruire fortificazioni che avrebbero poi formato la Grande Muraglia. Durante quest’epoca i feudi venivano affidati a membri della famiglia Zhou e le relazioni fra gli stati erano regolate attraverso i rapporti fra le famiglie e grazie ad ambascerie. Gli incarichi erano ereditari e il legame tra principe e suddito era modellato su quello tra padre e figlio. Il ministro che otteneva il compito per diritto ereditario non poteva né cambiare e né perdere il proprio status, doveva garantire al principe il sistema secondo determinate regole di comportamento. Si formarono così i “riti” confuciani, un insieme di regole in base alle quali ciascuno doveva stare al suo posto osservando regole precise che garantivano ogni singolo. Durante gli Zhou orientali nacque in Cina l’epopea dei Sette Eroi, dove gli stati principali che si proclamarono regni cercarono di mantenere l’unità. Questa lotta per l’unificazione della Cina fu oggetto di un’epopea che ha ispirato uno dei principali cicli epici, dove i sette stati principali sono presentati come i Sette Eroi. Il declino degli Zhou orientali avvenne perché il sistema familiare, che durante il periodo delle Primavere e Autunni fece uso di ambascerie e di scambi di ostaggi per mantenere legami fra gli stati, entrò in crisi quando alcuni stati assunsero una potenza maggiore sugli altri. Emerse la figura del ministro, scelto dal sovrano, che non esercitava più il potere per diritto ereditario. Si avviò così il declino della nobiltà ereditaria che portò alla nascita della burocrazia meritocratica. Nel 246 a. C. salì al trono il re Ying Zheng, fornito di un apparato amministrativo autonomo e svincolato dai tradizionali rapporti fondati sulla parentela. Tra il VI e il V secolo a.C. ci fu in Cina una rivoluzione tecnologica grazie allo sviluppo della metallotecnica che permise la fusione del ferro. Questo portò trasformazioni a livello sociale, politico e militare. In ambito agricolo grazie alla fusione del ferro vennero creati zappe, picconi e soprattutto l’aratro, che rivoluzionò l’economia determinando un aumento della produzione agricola. Furono avviate opere idrauliche e lavori di canalizzazione con cui poterono essere irrigati migliaia di ettari di terre grazie alla costruzione di un canale che collegava due fiumi. Vennero costruite mura di cinta per la città. In ambito militare sparirono i carri per diffondersi armi come la spada e la balestra e alla fanteria si affiancò la cavalleria. 10 motivo volle il rogo dei libri. Questo provvedimento privò la Cina di una parte della sua storia arcaica. Si salvarono le opere di medicina, agricoltura e divinazione. Il vero fondatore dell’impero centralizzato fu in realtà il Primo ministro Li Si. Nel 210 a. C. alla morte di Shi Huangdi gli successe il figlio che prese il nome di Secondo Augusto Imperatore. Ma la politica imperiale aveva troppi nemici e l’imperatore fu eliminato, il nome di Qin maledetto e nel 202 a.C. prese il potere uno dei capi della guerra, Liu Bang, che proclamò l’inizio di una nuova dinastia che prese il nome di uno dei fiumi della Cina centrale: Han. LA DINASTIA HAN Gli Han anteriori o occidentali Preso il potere, Liu Bang, passato alla storia come Gaozu, assunse il titolo imperiale. Durante il suo regno si visse un periodo di pace e prosperità grazie a un incremento agricolo ed economico. Gaozu ridusse l’imposta sul reddito per favorire l’agricoltura e spostò la capitale a Changhan. Ci fu inoltre la diffusione degli utensili in ferro, la crescita della popolazione e la colonizzazione di alcune terre del Sud. Per evitare che i feudatari diventassero troppo potenti, venne imposto che alla morte del signore il feudo venisse diviso in parti da dare ai figli e in questo modo i feudi divennero più piccoli. Diede infine inizio all’armoniosa parentela. Per armoniosa parentela si intende un patto introdotto durante il regno di Gaozu per contrastare la continua minaccia dei nomadi. Consisteva in un patto di fedeltà che prevedeva il matrimonio tra le principesse della casa imperiale degli Han con i reali della popolazione nomade. Alla sua morte, Gaozu lasciò un impero in pace ed economicamente vitale. Gli successe l’imperatrice Lu, a cui successe il figlio Wendi, cui l’impero Han deve il periodo più lungo di pace. Fu riammesso il confucianesimo e reintrodotto il culto del Cielo e degli antenati. La popolazione fu divisa in 4 classi, di cui solo le prime due erano considerate “rispettabili”: funzionari, agricoltori, artigiani, mercanti. I funzionari furono scelti con concorsi pubblici, la cui selezione riguardava l’interpretazione dei testi confuciani. Per la preparazione agli esami era richiesta una certa disponibilità economica e una volta superato l’esame era necessaria la garanzia di un funzionario per accedere all’interno della burocrazia. Dal 140 all’85 a.C. regnò l’imperatore Wudi, che ereditò un paese forte e ordinato. Egli ruppe il patto di armoniosa parentela e attaccò i confinanti, in modo da eliminare ogni incursione da nord. L’obiettivo principale era entrare in possesso delle vie carovaniere ed eliminare la minaccia delle incursioni. L’imperatore fece incursioni e conquistò l’attuale Mongolia, la Manciuria meridionale e la Corea del Nord. 11 Economia, sistema fiscale e società del primo impero Le innovazioni in ambito agricolo attuate durante il Primo impero cinese riguardano vari aspetti. Vennero migliorati i metodi di coltivazione, come l’aratura dei terreni asciutti che permetteva di evitare il periodo di maggese. L’aratro era più efficiente ed era provvisto di un arnese che regolava la profondità del solco. Molti profitti giungevano dal sale. Altre innovazioni importanti furono la seminatrice meccanica, gli attrezzi agricoli in ferro e acciaio e la comparsa dei primi mulini ad acqua. L’imperatore Wudi arrogò allo stato il monopolio del ferro. I tessuti (seta, canapa, lana e lino) erano prodotti dalle donne contadine e fra i generi di lusso vi erano anche le lacche usate per mobili, vasi, cappelli, scarpe. Dal 98 a.C. lo stato ebbe anche il monopolio delle bevande alcoliche ottenute con la fermentazione dei cereali. Nel 112 a.C. Wudi rese legale solo la moneta in bronzo. La ricchezza economica passò attraverso lo sviluppo viario: oltre ai canali furono battute nuove strade che valicavano anche le montagne. Le strade erano divise in tre corsie con quella centrale lastricata e riservata ai corrieri postali e ai funzionari in servizio. Furono la penetrazione nell’Asia centrale e le vie di comunicazione a favorire i traffici lungo la ‘via della seta’ che, attraverso varie diramazioni, permise i contatti con l’India e il Mediterraneo. La Cina importava prevalentemente cavalli, pellicce, lana, giada e vetro. Dalle vie marittime giungevano spezie, perle, corna di rinoceronte. Le imposte sotto gli Han erano di due tipi: imposte fondiarie e il testatico. Le prime erano usate in sede locale per il mantenimento dell’esercito, dei funzionari e per accumulare derrate di cereali, mentre il secondo era previsto per l’intera popolazione e tutto il denaro era riservato alla casa imperiale. Sima Qian fu uno storico che operò alla corte di Wudi e fu autore dell’opera Memorie dello storico, considerata il capolavoro della storiografia cinese. Opera di valore inestimabile a livello storico per i temi trattati, contribuì a formare l’ideologia imperiale della dinastia degli Han. L’opera è divisa in 5 sezioni. “Annali fondamentali” racchiude la cronologia della storia della Cina e segue la linea delle Primavere ed Autunni di Confucio; “Tavole” illustra le famiglie regnanti e aristocratiche dagli Zhou agli Han; “Trattati” illustra l’economia, l’astronomia, la musica e i riti; “Casati ereditari” illustra la storia degli Zhou; “Biografie” descrive la vita di personaggi considerati modelli di comportamento. Per comporre l’opera, Sima Qian viaggiò molto perché preferiva accedere direttamente ai documenti. Non ebbe mai timore di esprimere il suo punto di vista e nella sua analisi cercò di evidenziare i mali della società coeva ricorrendo alla storiografia precedente. 12 IL MEDIOEVO L’USURPAZIONE DI WANG MANG La causa della decadenza e della fine del regno di Wudi fu una crisi interna economica. Dopo Wudi non ci furono regnanti all’altezza e quasi tutti erano regnanti fanciulli che non arrivavano all’età adulta. Successivamente si diffuse il ruolo dell’imperatrice madre con funzioni simili a quelle del Primo Ministro. La svolta avvenne quando Wang Mang si impadronì del trono proclamandosi imperatore. Wang Mang cercò di mettere in pratica la nuova politica che, sull'ispirazione del confuciano Libro dei riti, voleva tornare a un passato mitico. Riaffermò il principio per cui tutto il suolo era di proprietà imperiale e voleva procedere ad una ridistribuzione generale della terra. Oltre alla riforma agraria, le misure comprendevano il monopolio di stato sul commercio del ferro, del sale e dell'alcool, l’abolizione della schiavitù e il controllo sui prezzi e sulla moneta. La messa in pratica di queste riforme si rivelò però molto difficile. Si formarono allora due eserciti ribelli, quelli delle “Sopracciglia rosse” e quello della Armata di Lulin, che si scontrarono con l'esercito imperiale. La dinastia Han, così restaurata, prese il nome di Han posteriori o “orientali” per la scelta della capitale non più a Changan ma a Luoyang. Gli Han posteriori o orientali Durante gli Han, la Cina vide un grande sviluppo nella letteratura, nella scienza e nella tecnica. La biblioteca del palazzo imperiale contava moltissimi volumi, venne istituito l’ufficio per la musica e nacque il verso di cinque sillabe divenuto in seguito il metro della poesia cinese. La carta divenne supporto per la scrittura soppiantando le tavolette di bambù considerate ingombranti. Sempre in epoca Han si diffuse l’uso del pennello, legato all’arte della calligrafia nella cultura cinese, e l’uso dell’inchiostro. IL BUDDISMO Il Buddismo più che una religione è una scienza mentale nata in India nel VI secolo a.C. grazie alla predicazione di Siddhartha, il Buddha storico. La convinzione centrale del Buddismo è che l’essere umano normalmente dorme ed è possibile svegliarsi da tale condizione e liberarsi. Le verità o consapevolezze del Buddismo sono quattro: la vita è piena di dolore, l’origine del dolore è la sete di esistenza, la sete si esistere può essere soppressa, un percorso ottuplice consente di estinguere la sete. 15 L’aumento dei traffici rese urgente il problema della moneta. Venne perciò introdotta la carta moneta, a causa dell’aumento del volume dei traffici che ha portato all’insufficienza della moneta di rame e alla conseguente introduzione della carta moneta, che ebbe rapida diffusione. LE RELAZIONI TRA LA CINA E L’AFRICA Le prime testimonianze della presenza cinese in Africa si hanno durante la dinastia Tang, quando furono incrementati gli scambi marittimi. Le navi cinesi furono spinte in Africa a causa di motivi commerciali e di prestigio e riuscirono a raggiungere le coste arabe grazie ai monsoni. Nella Nuova storia Tang sono descritti Zanzibar e i paesi del litorale del Corno d’Africa. L’Oceano Indiano e il Mar Rosso divennero i luoghi dei traffici con l’Occidente e la via per raggiungere l’Africa orientale. IL PRIMO PERIODO MODERNO LA RINASCITA DELLA CIVILTA’ CINESE: LA DINASTIA SONG Nel corso del 1100 e del 1200 la Cina divenne una potenza marinara, non solo una nazione mercantile. Ciò avvenne quando la corte Song si trasferì a Hang-chu ed essendosi ritirata in una città di mare, necessitò di una marina che difendesse l’imperatore da attacchi marittimi. I cinesi costruivano navi di grossa stazza ed erano in uso la bussola magnetica e il timone a poppa. Nell’ultimo periodo Song, la Cina usò la sua forza navale per mantenere il controllo e la supremazia dei mari, raggiungendo un alto grado di efficienza. Durante il regno dell’imperatore Shenzong furono effettuate significative riforme grazie al programma elaborato dal riformatore Wang Anshi. Wang Anshi fu un politico, economista e riformatore che elaborò significative riforme socioeconomiche e a favore dell’agricoltura durante la dinastia Song. Sosteneva la necessità di incoraggiare i piccoli proprietari e voleva migliorare le condizioni dei contadini, per questo motivo introdusse i “granai di beneficienza” con i quali soccorrere vecchi, bambini e vedove. Riformò anche il reclutamento dei funzionari stabilendo competenze note ai candidati per superare gli esami e riformò la burocrazia rendendola meno legata agli interessi economici di alcune famiglie. Tali riforme furono però osteggiate in nome della tradizione confuciana che il riformatore, per i suoi detrattori, aveva abbandonato. Alla morte di Shenzong, Wang Anshi fu dimesso da primo ministro e poco dopo morì. In epoca Song ci furono progressi culturali e tecnologici, i quali furono:  Stampa a caratteri mobili  Progresso nella medicina  Ceramica (porcellana bianca) e pittura su seta  Progresso nella calligrafia  Progresso nelle tecniche di filatura 16  Polvere da sparo nella produzione di armi da fuoco  Epigrafia Il Sommario dello specchio generale è un’opera storica scritta da Zhu Xi, esponente del neoconfucianesimo. Quest’opera fu adottata come dottrina ufficiale dello Stato. Per evitare le guerre, la dinastia Song giunse anche a versare tributi ai barbari piuttosto che imbarcarsi in scontri militari dal costo superiore. L’esito fu che il paese si divise in due, con i barbari a nord e il sud gestito dalla dinastia cinese, con la conseguenza che la zona settentrionale conobbe una nuova depressione economica. I MONGOLI E LA CINA Durante il regno dei Song meridionali, mentre nel sud era custodita la cultura cinese, a nord oltre la Grande Muraglia si affermò la potenza dei Mongoli. I Mongoli abitavano a nord del deserto del Gobi e nell’attuale Siberia. La società mongola era organizzata in tre classi: allevatori di cavalli, allevatori di pecore e servi. La proprietà non si basava sulla terra ma sui capi di bestiame. In tale contesto si avviò la carriera politica di uno dei più grandi capi carismatici della storia, Temudijn (“fabbro”), noto con il nome di Gengis Khan. Il nome Gengis Khan significa immenso, oceanico (Gengis) e signore, capo supremo (Khan). Gengis Khan nacque nel 1162. Prese il potere nel 1206 quando, da semplice aristocratico, sottomise a sé molte tribù e convocò un’assemblea di nobili che lo riconobbe capo indiscusso. Egli riuscì in un territorio formato da steppe a organizzare i Mongoli con una gerarchia militare. Conquistò successivamente i regni a nord della Cina e si diresse verso le città carovaniere dell’Asia centrale. Morì nel 1227 mentre cercava di sedare una rivolta in Cina. La vita di Gengis Khan è stata oggetto di molte leggende, non solo mongole, che ne veicolarono la fortuna. La gran parte delle notizie che abbiamo su di lui si devono a La storia segreta dei Mongoli, scritta poco dopo la sua morte. Analfabeta egli manteneva uno stile di vita semplice mosso da rara curiosità. Per lui i rappresentati dei Mongoli crearono il titolo di Qaqhan (“unico rappresentante sulla terra del dio Eterno Cielo Azzurro”), la maggiore divinità mongola che Marco Polo avrebbe tradotto come Gran Can. I successi militari dei Mongoli furono possibili grazie all’addestramento dell’esercito, all’organizzazione logistica, alla strategia nell’assalto delle città, alla tecnica della terra bruciata e all’arma psicologica della terribile fama che li precedeva che provocava panico e sottomissioni rapide. In quanto nomadi, pastori e analfabeti, i Mongoli avevano bisogno per essere governati di un diritto comune accolto da tutti e che fosse pertanto scritto. Gengis Khan volle perciò che il “diritto” fosse scritto perché i Mongoli erano un popolo nomade formato da pastori e 17 analfabeti. Il diritto doveva essere riconosciuto e accolto da tutti e l’unico modo per farlo era scriverlo, dando anche le basi alla tradizione scritta mongola. LO STATO MULTINAZIONALE DEI MONGOLI (1271-1369) LA DINASTIA YUAN Ufficialmente la dinastia Song durò fino al 1280 ma Qubilai, che aveva preso un nome cinese per integrarsi nel paese e che si considerò contemporaneamente Qagan dei Mongoli e imperatore cinese, si proclamò nello stesso periodo fondatore della nuova dinastia Yuan. Qubilai era un condottiero mongolo e l’autoproclamato fondatore della nuova dinastia Yuan che portò la capitale a Pechino. Le scelte attuate durante il suo regno hanno seguito due principi: garantire ai Mongoli il predominio e lasciale l’autonomia ai cinesi escludendoli però dalle decisioni politiche e militari. L’importanza della città di Karakorum deriva dal fatto che è stata per 40 anni la capitale dello Stato dei Mongoli. Karakorum significa “pietre nere” ed era una città che dipendeva dalle importazioni agricole e dalla produzione di tessuti pregiati, formata da strade affiancate da sistemi di canalizzazione e irrigazione. Karakorum sarebbe poi divenuta Pechino, una delle città più cosmopolite dell’epoca. La legislazione previde l’esistenza di quattro gruppi nazionali: Mongoli, Semuren, Hanren, Nanren. Tutto ciò condusse alla formazione di un concetto multinazionale di stato che vedeva collaborare mongoli, musulmani e cinesi. La fine dell’espansione mongola avvenne nel Duecento a causa del clima inadatto ai militari mongoli che non riuscirono neppure a conquistare il Giappone. Al 1274 risale la prima spedizione contro il Giappone. Durante questa spedizione le navi che partirono furono devastate da un ciclone e la stessa cosa successe durante la seconda spedizione, quando sempre un ciclone condusse alla ritirata le navi mongole. In Giappone si diffuse la leggenda che i Kami, le divinità giapponesi, sarebbero intervenute alzando il “Vento degli dei” (il Kamikaze) per difendere il paese dalla minaccia esterna. Furono i contadini a subire il peso economico della dominazione mongola e ci furono delle rivolte, non finalizzate a una politica nazionalistica ma causate da bisogni economici. Ciò spiega il ruolo secondario assunto dalle rivolte dei “copricapi rossi” e del “Loto bianco” (sette segrete religioso-politiche che univano elementi buddisti, taoisti che alimentavano lo scontro contro i Mongoli) nel sancire il collasso dell’impero mongolo. La fine della dominazione mongola in Cina fu causata dai mutamenti climatici, causa di pestilenze e disastri naturali che all’inizio del Trecento colpirono l’emisfero settentrionale della Terra. Ci fu l’inondazione del Fiume Giallo che fu la causa della rivolta da parte dei contadini. Successivamente il governo voleva costruire delle dighe per arginare e reclutò molti operai che però si unirono a una guerriglia. Fu allora che si capì la necessità di un cambiamento nella strategia politica e venne proposto ai feudatari di allearsi fra loro e di accettare di essere guidati da un capo. La Cina meridionale era controllata dalle truppe di Zhu Yanzhang che proclamò la restaurazione della dinastia cinese alla quale venne dato il nome di Ming (che significa “Luce”) e i Mongoli scapparono, tornando ad essere i pericolosi confinanti del nord. 20 Le chiese francescane in Cina Dalla corrispondenza di Odorico da Pordenone sappiamo che nel 1313 a Quanzhou, porto principale della Cina, era stato inviato un vescovo e c’erano due chiese francescane. Odorico riferisce anche che il popolo aveva un atteggiamento aperto verso gli stranieri. Andrea da Perugia fu l’ultimo vescovo che resse la chiesa fino alla sua morte avvenuta nel 1326. Una delle due chiese della città era stata costruita a spese di una signora armena, e ciò conferma la presenza armena tra i cristiani. I RAPPORTI DELLA CINA CON IL MONDO ESTERNO: LA VIA DELLA SETA I principali commerci tra la Cina e l’Occidente si svolsero via mare con la navigazione nell’Oceano Indiano verso India, Arabia e Africa, e via terra con la celeberrima Via della Seta. Vennero avviati anche scambi sulle vie tracciate dai pastori, fatto testimoniato da recenti scavi archeologici che hanno mostrato che la giada dall’Asia centrale giungeva in Cina. È anche nota la Via del Vetro che collegava Roma alla Cina. A Costantinopoli giungevano sulle vie carovaniere le merci più preziose quali cavalli, pellicce, spezie, seta e grano. La Via della Seta, che è in realtà un nome collettivo comprendente diverse vie commerciali che nell’antichità collegavano la Cina con l’Asia centrale, è la più antica e importante via commerciale, cruciale per l’economia dell’impero cinese dall’anno 200 al 1400. La Cina aveva alcuni prodotti particolari come la seta, la carta e la porcellana, che affascinavano le altre civiltà. La lavorazione della seta era un segreto custodito dai cinesi, fino al momento in cui le tecniche di produzione sono state esportate in altri paesi. La tradizione cinese attribuisce all’imperatore Huangdi l’invenzione della lavorazione della seta e l’allevamento del baco da seta può essere fatto risalire al Terzo Millennio a.C. Le città principali sulla Via della Seta furono le grandi città di Babilonia, Susa, Persepoli, Pasargade. A queste va aggiunta Alessandria d’Egitto dove si trovavano corna di rinoceronte, gusci di tartarughe, spezie, avorio, mirra, incenso, seta e cotone. Per giungere qui le merci passavano da Palmira. Le trasformazioni commerciali seguite alle conquiste mongole I percorsi e le città poste sulla Via della Seta rimasero invariati per decine di secoli, fino alle invasioni e al domino mongolo dell’Asia. Allora molte città furono distrutte e se anche furono edificate maestose città nella steppa i mongoli preferirono le rotte marittime per spostarsi tra Oriente e Occidente. I Mongoli apprezzavano il coraggio dei mercanti, ai quali assegnarono il titolo di ortoq, che per il profitto mettevano a rischio la loro vita e concessero quindi loro particolari privilegi. Furono le vie marittime ben note agli ufficiali musulmani del governo Yuan ad essere seguite dai mercanti. La fine dell’impero mongolo produsse la distruzione di molte città, carestie e inondazioni e sul fronte economico portò all’interruzione dei percorsi terrestri della Via della Seta. 21 MARCO POLO Le città marinare italiane svolsero un ruolo da protagonista nella relazione fra Occidente e Oriente. Fu Venezia ad essere la città più importante nel gestire i rapporti commerciali perché la sua strategia risultò vincente. I fattori di questa strategia furono il possesso delle coste dalmate e il conseguente avvio di una flotta che giunse poi nel Mediterraneo, la costruzione dell’impero marittimo e la fioritura dell’impero commerciale, prosperità, stimolo dello spirito imprenditoriale e dell’autonomia dei mercanti che partirono per il gusto degli affari. Marco Polo (1254-1324) è stato un viaggiatore, scrittore, ambasciatore e mercante italiano, cittadino della Repubblica di Venezia. Viaggiò dal 1271 al 1295 attraverso l’Asia lungo la Via della Seta, fino alla Cina. Consigliere e ambasciatore alla Corte del Gran Khan, tornò a Venezia con una discreta fortuna che investì nell’impresa commerciale di famiglia. Prigioniero dei genovesi, dettò le memorie dei suoi viaggi a Rustichello da Pisa, suo compagno di cella, che le scrisse in francese creando il Milione. Marco Polo fu il primo a redigere un dettagliato resoconto del viaggio in Oriente, che fu d’ispirazione per generazioni di viaggiatori europei. Il Milione è un opera scritta a fine Duecento che narra dei viaggi compiuti da Marco Polo in Oriente, specialmente in Cina. È considerato una enciclopedia geografica e antropologica che racconta e descrive di terre lontane e sconosciute, all’interno del quale seguono anche commenti sulle produzioni locali, sui costumi caratteristici e sulle vicende storiche. Questo libro fungeva da manuale di mercatura, un libro che i mercanti potessero usare come base per il loro viaggi e che permise un’enorme passo in avanti nella conoscenza geografica del tempo aprendo l’Occidente alla letteratura scientifica moderna. Il testo è un’opera fantastica e documentaria e soprattutto un trattato geografico, in cui ogni rubrica annota la regione o la città della quale tratta. La fortuna del Milione e di Marco Polo Alcuni studiosi hanno cercato di verificare le corrispondenze delle sue informazioni con la geografia cinese e alcuni interpreti hanno pensato fantasiosamente che il veneziano fosse divenuto mandarino. La mancanza di prove documentarie della presenza di Polo in Cina hanno fatto pensare che egli avesse inventato tutto o che addirittura non fosse mai stato in Cina, anche perché mancano riferimenti a Confucio e alla Grande Muraglia. Ciò che è certo è che il Milione è una delle poche istantanee che abbiamo della Cina attraverso gli occhi di un uomo del Trecento, interessato ai commerci e che non ebbe con i cinesi che pochi contatti, restando legato invece alla corte mongola e al mondo internazionale dei commercianti dell’intera Eurasia. 22 LA RESTAURAZIONE DELLA DINASTIA MING Riprendiamo ora lo studio della storia della Cina. Per quanto oggi si ritenga che furono i grandi mutamenti climatici a provocare la crisi europea e asiatica che condusse al declino della potenza mongola, un effetto dirompente ebbero anche gli eserciti contadini e i proprietari terrieri che si scagliarono contro l’impero. Dallo scontro uscì vincitore Zhu Yuanzhang, il capo dei ribelli che aveva guidato il “Loto Bianco” e che chiamò il suo regno “di Hongwu”, nome con cui è ricordato nella storiografia occidentale e con il quale prese avvio la dinastia cinese Ming, che resse la Cina dal 1368 al 1644. Hongwu era il nome dell’imperatore della dinastia cinese Ming. Le scelte da lui operate furono determinanti per la definizione della monarchia cinese. Trasferì la capitale da Pechino a Nanchino e sradicò la tradizione mongola facendo abbandonare gli abiti di foggia mongola, vietando di portare nomi mongoli e vietando i matrimoni misti. Per impedire la concentrazione del potere nelle mani dei comandanti militari, organizzò un esercito territoriale e venne organizzata la Guardia imperiale, polizia segreta che garantiva l’incolumità dell’imperatore. I paesi limitrofi, come la Corea e il Vietnam, divennero tributari. Durante la dinastia Ming, la Cina si affermò come potenza marittima, grazie all’ammiraglio Zheng He che nella prima metà del Quattrocento organizzò 7 spedizioni nell’Oceano Indiano. Queste spedizioni erano state economicamente deludenti perché le costose campagne navali avevano favorito solo il sud del paese senza ingrossare le casse di tutto l’impero cinese. Morto l’imperatore Yongle, mutò radicalmente la politica estera cinese poiché le costose campagne navali avevano favorito solo il Sud del paese e non avevano ingrossato le casse dell’impero. Il 1430 è la data dell’ultimo viaggio dell’ammiraglio cinese e dopo tale data solo i viaggi privati permisero alle navi cinesi di consolidare il loro dominio in Indonesia, Vietnam e Singapore. Questa scelta della Cina di chiudere l’attività marinara permise ai Portoghesi di diventare i padroni del commercio che, dopo aver doppiato il Capo di Buona Speranza, divennero i padroni dell’Oceano Indiano. L’INSEDIAMENTO EUROPEO IN ORIENTE LA CHIUSURA DEI MING Dopo un secolo di governo Ming, dalla metà del Quattrocento la Cina si chiuse ad ogni relazione esterna e la crisi economica maggiore era causata dalle spese per l’esercito perché, mentre veniva versato lo stipendio ai militari, molti di essi non svolgevano alcuna mansione militare. Tra gli esiti ci fu la Cina che fu costretta ad abbandonare Hanoi e il Vietnam, a cui si riconobbe l’indipendenza, e vani furono i tentativi di frenare il potere dei mongoli. Gli imperatori che seguirono Yongle furono sempre più burattini nelle mani degli eunuchi. Ciò dipese dalla giovane età degli imperatori che, distratti dalle varie frivolezze della corte, preferirono lasciare agli eunuchi la gestione del potere. 25 chiaro che l’unico modo per entrare in relazione con la cultura cinese, chiusa da millenni, era presentarsi in qualità di letterato e di uomo di scienza, e non di bonzo buddista. Questo era l’unico comportamento che avrebbe potuto farlo giungere all’imperatore. La prima opera di Matteo Ricci fu Discorso sull’amicizia. Seguì il Mappamondo, un’ampia e aggiornata carta geografica che svelò ai cinesi i contorni esatti della Terra e l’esatta collocazione della Cina nel globo. Tradusse anche i primi sei libri della Geometria di Euclide e avviò la riforma del calendario. Compose infine il Della entrata della compagnia di Gesù e cristianità nella Cina. Matteo Ricci e la sua eredità Che cosa permise a Ricci di essere considerato uno dei grandi della storia cinese? Un motivo sembra essere stato la sua capacità di riconoscere la Cina come un “altro mondo”, una realtà nuova rispetto a quelle con le quali il mondo europeo era entrato in contatto. “Altro mondo” in senso geografico, economico e politico-sociale. La storiografia ritiene che il contributo principale di Ricci sia riposto nell’influenza scientifica e nei contributi scientifici più che nell’evangelizzazione del paese. La difficoltà più grande in merito alla sua missione è stato il far comprendere con argomenti razionali l’idea di Dio creatore, idea che si scontrava con quelle buddiste e taoiste, per le quali l’universo proviene invece dalla non esistenza, dal vuoto. Il giudizio che trasmise della civiltà e della cultura cinese fu positivo poiché ne ammiro l’organizzazione statale unitaria, meritocratica e burocratica, e il potere che, invece di essere esercitato dalla nobiltà come avveniva in Europa, in Cina era gestito dai letterati. Giudicò i culti della cultura cinese civici, non religiosi e di una morale particolarmente propizia all’accoglienza del Vangelo. Uno spirito civico della cultura cinese che Matteo Ricci comprese fu quello confuciano, mentre contestò invece il taoismo e il buddismo, in particolare la dottrina della reincarnazione. Molto interessante fu invece l’atteggiamento che mantenne verso i musulmani cinesi, che rispettava e apprezzava. Matteo Ricci è considerato il padre della sinologia, ovvero la scienza umanistica che studia la civiltà cinese, per varie ragioni. Come detto prima, la storiografia ritiene che il suo contributo principale sia riposto nell’influenza scientifica più che nell’evangelizzazione del paese. Egli fu fondamentale per l’Europa perché grazie alla sua conoscenza diretta e approfondita della Cina, della sua lingua e della sua cultura, l’Europa entrò correttamente in contatto con l’Oriente. Il suo metodo acculturativo fu innovativo e d’avanguardia. Mentre l’Occidente era orientato a distruggere e ad ignorare le altre culture, il gesuita aprì alla diversità, comprendendo che rifiutare l’altro significava precludere ogni possibilità di dialogo e di conversione. La questione dei riti è una diatriba teologica nata nel Seicento dopo la morte di Matteo Ricci che infiammò il dibattito nella società colta europea e scoppiò quando arrivarono in Cina i missionari francescani e domenicani, per poi concludersi nel Novecento. La diatriba nacque in occasione dei viaggi che i missionari avevano compiuto in Oriente con l’obiettivo di evangelizzare i popoli locali, ma il problema di fondo fu proprio la difficoltà ad adattare i principi cristiani alle civiltà orientali. I gesuiti volevano conciliare la cultura cattolica e la 26 cultura orientale, mentre i domenicani e i francescani volevano invece vietare ai cinesi di introdurre la loro cultura all’interno del cristianesimo. ALESSANDRO CICERI VESCOVO IN CINA Dopo Matteo Ricci, nel Seicento e nel Settecento ci furono altri personaggi che operarono in Cina. Tra di loro merita un approfondimento Alessandro Ciceri. Alessandro Ciceri nacque a Como nel Seicento. Entrò nella Compagnia di Gesù e dichiarò la sua vocazione missionaria. Si trasferì a Lisbona, salpò per l’India, iniziò a studiare la lingua cinese e da Macao fu inviato nuovamente in India. Alla fine del Seicento partì nuovamente per la Cina e il Giappone come visitatore. Con due confratelli portoghesi si recò a Pechino per negoziare la libertà di predicazione della religione cristiana in Cina, negoziazione concessa nel 1692 quando l’imperatore emanò un editto che permise ai missionari di predicare il Vangelo e ai cinesi di accogliere la religione cristiana. Quando Ciceri fu nominato vescovo di Nanchino c’era la disputa fra la Congregazione di Propaganda e il Patronato Portoghese per la giurisdizione in Cina, che voleva estendersi su tutto il territorio del paese oltre i confini di Macao, sede vescovile dal Cinquecento. Per risolvere definitivamente la questione Ciceri passò alle maniere forti indirizzando ai vescovi apostolici la minaccia di scomunica. Le difficoltà finanziarie causate dalla mancata rimessa dei fondi per il mantenimento della sede vescovile costrinsero Ciceri a lasciare Nanchino per poi ritornarci l’anno successivo. MUTAMENTI, CHIUSURA E DECADENZA DELLA CINA IMPERIALE Nel corso del Cinquecento, numerosi furono i mutamenti economici e sociali attraversati dalla Cina, che visse un periodo di prosperità. Aumentò la produzione agricola grazie alle piante importate dall’America e agli interventi in campo agricolo, si svilupparono i centri di produzione manifatturiera favoriti dall’economia monetaria che si basava sulla circolazione dell’argento. Il duraturo sviluppo di tali fenomeni fu impedito dallo Stato, che impediva la libera iniziativa. Lo spostamento della forza lavoro dalle campagne alla città, con un effettivo miglioramento della qualità della vita, invece di favorire l’amministrazione la rendeva più pesante. Per il periodo Ming si parla di “secondo Rinascimento cinese” che investì gli ambiti artistico, letterario e del pensiero, con la semplificazione della prosa e nuovi temi nella poesia e nei romanzi. La maggiore diffusione dell’istruzione permise un incremento del mercato librario e la letteratura popolare vide proliferare i testi di argomento religioso e moraleggiante. L’ultimo imperatore della dinastia Ming, Chongzhen, adottò una politica di risparmio che causò la decadenza dell’economia del paese. Le annate agricole disastrose e il contenimento delle spese generarono il malcontento nelle masse affamate, che si 27 rivoltarono e si crearono rivolte organizzate da eserciti rivoluzionari. I Ming si trovavano quindi tra due fuochi: da un lato la pressione mancese e dall’altro la rivolta guidata da Zang e Li. Alla morte dell’imperatore venne riconosciuto come nuovo imperatore Li Zicheng, uno dei capi dell’esercito rivoluzionario. Li Zicheng salì al potere grazie all’approvazione della popolazione perché distribuiva le terre ed esentava dai tributi, trovando il favore nel popolo. Grazie al legame con la tradizione e alle scelte favorevoli verso il popolo, i letterati lo considerarono il prescelto del Cielo e lo riconobbero come il fondatore di una nuova dinastia. Ma Li Zicheng disattese le promesse fatte perché lasciò inalterato l’apparato di governo e perse la gestione dell’esercito, facendo sprofondare nuovamente il paese nel terrore. Fu costretto a tassare la popolazione e anche coloro che sarebbero stati pronti a collaborare, decretando la sua sconfitta come imperatore. L’ASCESA DEI MANCESI, L’AURORA DELLA POTENZA MANCESE, LA DINASTIA QING In origine i Mancesi erano una tribù nomade che aveva accettato la dipendenza dai Mongoli riuscendo però ad evitarne l’invasione. Avevano potuto così mantenere vive le tradizioni della loro cultura senza oltrepassare un’organizzazione legata a clan patriarcali, lontana da ogni forma di organizzazione statale. Furono i Ming a organizzare quelle zone di frontiera e a determinare la conoscenza mancese delle strutture della burocrazia cinese. I Mancesi videro un progressivo abbandono del nomadismo e della pastorizia fino ad avviare il “feudalesimo mancese”, con il quale la terra fu assegnata ai nobili che la facevano lavorare da prigionieri di genti vinte. Gli stati di frontiera divennero tributari dei Ming, con i quali avviarono un fitto commercio di sale e seta contro cavalli, bestiame, pelli e ginseng. Al pagamento del tributo corrispondeva l’invio di doni da parte dell’imperatore che rafforzavano il loro status sociale ed economico e li facevano venire a contatto e a conoscenza con la cultura cinese. Con l’allentarsi della presenza Ming negli stati di frontiera nacque uno scontro fra i vari stati per definire la supremazia. Le Bandiere erano le unità militari mancesi con le quali il capo unì le tribù della Manciuria. Ogni Bandiera, composta da circa 7.500 uomini, divenne un’organizzazione militare, economica e politica. Esse esercitavano le funzioni amministrative vigilando sul lavoro e in caso di guerra garantivano un numero di militari. Ciò che decretò la fine delle Bandiere furono i ministeri istituiti nel Seicento e modellati su quelli cinesi. Nurhaci aveva già progettato l’attacco e pianificato il progetto di divenire imperatore dal momento che in quell’anno, per la prima volta, non fu inviato il tributo a Pechino. Nel conseguire il suo obiettivo Nurhaci poté confidare sull’appoggio di numerosi mandarini che si arresero ai Mancesi ai quali furono offerte favorevoli possibilità di integrarsi nella nuova amministrazione. Nurhaci fu però sconfitto dalla superiorità militare del generale Yuan Chonghuan, che poteva contare sulle armi da fuoco provenienti dall’Occidente, e gli fu impossibile portare a termine il suo progetto. L’eredità fu quindi consegnata a uno dei 30 L’ETÀ DI QIANLONG E LA FINE DELL’ETÀ MANCESE Il regno di Qianlong viene ricordato perché per la Cina fu un periodo di potenza e di estensione. Grazie alla pace interna e alla politica di equilibrio, la popolazione crebbe a dismisura. Altre condizioni favorevoli furono l’alta produttività agricola, resa possibile grazie alle tecniche efficienti e al sistema equilibrato di proprietà privata della terra, e il miglioramento degli standard alimentari, grazie all’introduzione di nuove piante come arachide, mais e patata dolce. I Qing cercarono comunque di mantenere il controllo delle attività economiche nelle aree costiere anche per garantire la vigilanza dell'ordine interno. Nella Cina tradizionale l’elemento caratterizzante era il legame tra il potere, il sapere e la proprietà della terra. Lo Stato cinese basò in sostanza la propria sicurezza sulla terra e incentivò solo marginalmente gli scambi con l'estero e l'espansione di grandi manifatture, frustrando così le aspirazioni di una borghesia mercantile ed imprenditoriale che avrebbe potuto rendere ancor più dinamica l'economia del paese. L’età mancese entrò in crisi a fine Settecento a causa della crescita smisurata della popolazione, che rappresentò un limite al benessere e alla ricchezza accumulata. Nelle campagne ci furono rivolte di contadini e in mare la Cina si rifiutava di aprire i porti agli scambi marittimi con gli europei in quanto l’imperatore affermava che il suo paese non necessitava di nulla che giungesse da fuori, ma si trattava di un’idea errata poiché da decenni fioriva il contrabbando dell'oppio. Imposto alla Cina dalla Compagnia inglese delle Indie orientali come merce di scambio nei traffici con il Bengala, il traffico illecito di oppio ebbe effetti devastanti sulla popolazione cinese e sull’intera economia del paese. Dal 1720 il commercio marittimo della Cina era stato confinato a pochi porti del sud e concesso a gruppi controllati di mercanti. A Canton fu istituzionalizzato un sistema commerciale autonomo, basato su una rigida burocrazia, su dazi doganali onerosi e su pratiche commerciali fissate dalle autorità. LE GUERRE DELL’OPPIO E LA FINE DELL’IMPERO Nel Settecento e nell’Ottocento i rapporti della Cina con il resto del mondo divennero sempre più tesi. I controlli che le navi europee subivano nei porti cinesi erano severi e i prezzi delle merci erano rigorosamente fissati. La Cina si trovò a fronteggiare le potenze straniere con armamenti inferiori e con le sconfitte subite dovette anche pagare indennità di guerra che infersero un duro colpo all’economia cinese e alle sue riserve di argento. Furono l’insieme del commercio estero e la firma di trattati ineguali siglati nel corso dell’Ottocento a produrre uno scompenso della bilancia commerciale e una depressione cinese in favore dell’Europa. L’amministrazione imperiale passò sempre più nelle mani di funzionari cinesi, che rafforzarono il proprio potere a livello regionale emarginando i funzionari di origine 31 mancese. Tra le rivolte più rilevanti ci fu quella dei Taiping a metà Ottocento. Essi erano acerrimi oppositori dei Qing apertamente in dissenso con la tradizione confuciana. L'ondata rivoluzionaria comportò l’uccisione di milioni di Cinesi, segnando un arresto nella crescita demografica. A fine Settecento la Cina decise di chiudere i traffici con l’Occidente e una delle conseguenze fu il contrabbando dell’oppio. Lo spaccio dell’oppio portò alla diffusione della corruzione e della delinquenza. Tra i funzionari c’era chi era a favore del commercio dell’oppio e chi era contro. Uno di questi funzionari imperiali fu inviato per risolvere il problema con la punizione degli oppiomani e con la confisca delle riserve delle importazioni straniere. Fu quest’ultima decisione a scatenare le guerre dell’oppio, combattute nel corso dell’Ottocento, che ebbero conseguenze negative per la Cina. Le guerre dell’oppio furono 2 (1839-1842, 1856-1860). La prima guerra dell’oppio era contro la Gran Bretagna e si concluse nel 1842 con il Trattato di Nanchino che stabilì la cessione di Hong Kong alla Gran Bretagna. La seconda guerra dell’oppio si concluse con i Trattati di Tianjin e di Aigun (1858) e la Convenzione di Pechino (1860), stipulati con Gran Bretagna, Francia, Russia e Stati Uniti. Gli esiti delle guerre dell’oppio furono umilianti per la Cina e i trattati siglati furono definiti “ineguali” per il paese. Le conseguenze di questi trattati furono: sovranità politica cinese ridimensionata, limitazione dell’autonomia fiscale e commerciale, perdita del controllo territoriale e militare, diminuzione delle riserve d’argento. Conseguentemente, l’impero Qing fu costretto a limitare la sovranità interna e a restringere la sfera d’influenza sui paesi satelliti come Corea, Vietnam e Birmania, ridimensionando così la propria secolare sfera di potere nell’area estremo-orientale. LA CINA E IL NUOVO CONTESTO INTERNAZIONALE La nuova situazione geo-politica si presentava così: - espansione britannica - espansione francese - espansione giapponese - espansione russa - espansione tedesca Come detto prima, la Cina si trovò a fronteggiare le potenze straniere con armamenti inferiori e con le sconfitte subite dovette pagare indennità di guerra che infersero un duro colpo all’economia cinese e alle sue riserve di argento. L’Occidente aveva dimostrato la sua superiorità militare e il vicino Giappone stava dando un esempio positivo. La risposta della Cina all’aggressione straniera subita fu la modernizzazione del paese secondo i modelli occidentali. Nella seconda metà dell’Ottocento la politica del movimento yangwu attuò importanti riforme istituzionali che sancirono il passaggio alla modernità. 32 Furono organizzati arsenali moderni, cantieri navali e società di navigazione, furono incentivate le produzioni tessili, fu ristabilito l’ordine nelle campagne, migliorò la diplomazia con i paesi stranieri, furono aperte scuole e università e si diffusero testi scientifici. VERSO LE GRANDI RIFORME DI FINE OTTOCENTO Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento la Cina vide l’avvicendarsi di una serie di eventi che portarono alla fine della dinastia mancese Qing. Per far fronte alla drammatica situazione interna cinese si susseguirono movimenti, dibattiti e tentativi di riforma. Ma questi furono poco efficaci ed evidenziarono l’inadeguatezza della politica dei Qing, in ritardo anche nel processo di modernizzazione del paese rispetto al Giappone e all’Occidente. In risposta alla critica situazione della Cina di fine secolo si animò un intenso dibattito politico-culturale tra intellettuali conservatori, moderati e radicali. Negli ultimi anni dell’Ottocento salì al potere un gruppo di giovani intellettuali radicali guidato da Kang Youwei, un letterato cantonese interessato al mondo occidentale e promotore di un pensiero anticonformista di critica al confucianesimo. La Riforma dei Cento giorni Nel 1898 Kang inaugurò la Riforma dei Cento giorni nella quale introdusse editti imperiali innovativi in campo giuridico, economico e educativo. Il movimento però incontrò subito l’opposizione dei conservatori e dei moderati al potere e l’esito fu che i riformatori vennero condannati a morte o costretti all’esilio. La rivolta contro gli stranieri Sul finire dell’Ottocento la Cina era ancora attraversata da tensioni agrarie e sociali che minavano l’ordine interno e le società segrete operavano contro la stabilità del potere centrale e le correnti conservatrici fomentarono un senso di avversione contro gli stranieri e contro il mondo occidentale. Questi ultimi avanzavano sempre più pretese in Cina in nome della “clausola della nazione più favorita” e scatenarono una reazione popolare con rivolte contro il sistema centrale e ribellioni xenofobe. In questo contesto nacque il movimento noto in Occidente come Boxers. La rivolta dei Boxers fu un movimento nato a fine Ottocento formato da combattenti reclutati nei villaggi della Cina esperti in arti marziali e in atti di sabotaggio, legati a sette segrete. Nacque a causa delle tensioni agrarie e sociali che minavano l’ordine interno, che fecero scattare il malcontento contro il sistema centrale e ribellioni xenofobe. La rivolta si estese a Pechino. La superiorità militare e la repressione dei contingenti internazionali costrinsero l’impero Qing ad una resa nel 1901. 35 - economia di mercato che si estese alle aree dell’interno - e regioni del nord-est divennero i centri economici del paese - le regioni del sud restarono legate all’economia tradizionale - si aggravò la crisi agraria - il settore finanziario rimase legato ai capitali stranieri Ci fu l’ascesa della borghesia capitalista legata al commercio e all’industria, il proletariato operaio e le città divennero più aperte al mondo occidentale. Se sul piano economico la Cina pagò a duro prezzo la mancata apertura del commercio agli stranieri nella prima metà dell’Ottocento, dal punto di vista politico e culturale il Celeste Impero fu obbligato a confrontarsi con un Occidente aggressore ma al tempo stesso progredito e forte sul piano commerciale, militare, scientifico e tecnologico. I cinesi misero quindi in atto varie riforme politiche, economiche e istituzionali. Tra di esse figurarono nuovi ministeri e nuove amministrazioni locali, industrie moderne, riorganizzazione dell’esercito, scuole e università. Tutto ciò portò la nuova realtà sociale cinese ad essere molto più dinamica e articolata della società classica di tipo confuciano. Si consideri comunque che la civiltà cinese ha sempre avuto nella sua storia tempi molto lunghi di trasformazione e dunque quanto avvenuto ad inizio Novecento è stato in realtà rapido rispetto ai tempi normali della storia di un paese tanto vasto, complesso e popoloso quanto la Cina. IL XX SECOLO: CRONOLOGIA ESSENZIALE Nel 1912 viene costituita la prima Repubblica cinese. Nel 1915 inizia l’espansione e l’ingerenza del Giappone in Cina e nel 1917 la Cina entra nella Prima Guerra mondiale al fianco dell’Intesa. Il Xin Qingnian (gioventù nuova) fu una rivista fondata nel 1915 dal politico scrittore Chen Duxiu per le esigenze da parte dei giovani di cambiare la tradizione confuciana per adattarsi al cambiamento. Questa rivista fu importante perché la sua idea era quella di “salvare la Cina” dalla crisi politica, dalla mancanza di un governo stabile e dalla minaccia del Giappone. I giovani intellettuali aspiravano all’unità e all’indipendenza della Cina, alla cultura e ai valori e ideali occidentali. Nel 1919 ci fu il movimento del 4 maggio, un movimento anti imperialista nel quale gli studenti dell’università protestavano contro la debole risposta del governo cinese nei confronti del Trattato di Versailles. Le manifestazioni di protesta si diffusero in tutto il paese e segnarono le affermazioni del nazionalismo cinese e quello che i manifestanti chiedevano era l’adozione dei modelli occidentali. 36 Nel 1921 Mao Zedong partecipa alla fondazione del Partito Comunista Cinese e diventa uno dei leader più influenti. Nel 1928 segue la politica agraria e organizza un esercito contadino sui monti delle province meridionali. Negli anni 30 fonda la Repubblica sovietica cinese. Negli anni 50 vuole portare egualità nel paese promuovendo una collettivizzazione delle terre. Per dare un “balzo in avanti” all’economia del paese, Mao impone ai contadini il raggruppamento in comuni popolari, manovra che fu un fallimento e che causò una carestia. Segue un periodo buio dopo il quale Mao riprende il potere e lancia la rivoluzione culturale per l’eguaglianza e si avvalse di un gruppo di studenti chiamati Guardie rosse. Tale rivolta si spense nel 1976 con la morte di Mao. L’alleanza tra il Partito Comunista Cinese e il Goumindang (la borghesia cinese) è stato il primo caso di attuazione della strategia delineata dal Congresso dell’internazionale comunista. Tra il 1923 e il 1927 cambiarono la Cina con l’aiuto di militari sovietici, di consiglieri politici e di giovani comunisti, e il regime instaurato a Canton divenne il centro di una rivoluzione nazionale volta all’unificazione del paese. Nel 1924 ci fu il primo Congresso e nel 1925 cominciarono i primi scioperi e i primi movimenti della classe operaia, degli studenti e del ceto medio. L’ORIGINE DEL TÈ Il tè ha origini asiatiche e in un primo momento venne usato per scopi medicinali. Un testo del I sec. a.C. attribuisce a Lao Tzu, il fondatore del Taoismo, l’idea che il tè sia un elemento indispensabile dell’elisir della vita. Al 59 a.C. risale il primo libro conosciuto che fornisce istruzioni per la preparazione del tè. Durante l’età dell’oro della dinastia Tang il tè fu introdotto in Corea e in Giappone. Sempre in epoca Tang alcuni mercanti cinesi di tè commissionarono al poeta Lu Yu un manuale sul tè dal titolo Il classico del tè. La cerimonia cinese del tè è nata dalla confluenza di tendenze taoiste, buddiste e confuciane. Mentre in Cina ebbe inizio nella cerimonia del tè l’integrazione della spiritualità confuciana, taoista e buddista, in Giappone la cerimonia diventò lo strumento di conversione per avvicinarsi all’Illuminazione buddista. In Europa e prime notizie del tè giunsero quando in Cina era consumato da 2000 anni. Il tè fu menzionato la prima volta nell’opera di un viaggiatore veneziano del 1559 e nel Seicento giunse in Europa il primo carico di foglie di tè. 37 INTRODUZIONE ALLA STORIA DEL GIAPPONE La cultura europea entrò in contatto con il Giappone solo nel Seicento. La storia del Giappone non può essere separata da quella dell'Asia orientale e dall'influenza culturale della Cina. Il Giappone, infatti, per alcuni secoli fu parte del "sistema tributario" cinese e importò dalla Cina la scrittura e il confucianesimo. Il Giappone è un arcipelago bagnato a est dall'Oceano Pacifico, a nord dal Mare di Okhotsk, ad ovest dal Mar del Giappone che lo separa dalla Corea e a sud l'arcipelago delle isole Ryūkyū è separato da Cina e da Taiwan dal mar Cinese Orientale. L'arcipelago è composto da 6.852 isole, di cui le quattro isole principali sono Hokkaidō, Honshū, Shikoku, Kyūshū. Le isole giapponesi mostrano un’instabilità geologica, con ricorrenti terremoti e tsunami. La popolazione nel 2017 è di quasi 127 milioni di abitanti e il clima del paese è generalmente temperato. Il mare ha sempre rappresentato un'importante fonte nell'economia e nella dieta del Giappone. Tuttavia, lo sfruttamento della terra è stata l'attività economica prioritaria fino all'inizio del Novecento, e le risorse della terra hanno rappresentato per molti secoli l'unica fonte di sostentamento, nonché di ricchezza e potere. La scrittura fu introdotta in Giappone dalla Cina e le prime fonti storiche scritte risalgono all'VIII secolo d.C. (dall’anno 701 all’800). La lingua nazionale del Giappone si è sviluppata dalla varietà parlata nella regione di Edo (Tokyo) e si è affermata nel corso del periodo Meiji (1868-1912). Il sistema di scrittura giapponese si basa sui kana (hiragana e katakana, alfabeti sillabici) e sui kanji (caratteri di origine cinese, sinogrammi). La storia del Giappone è divisa in “età”, che a loro volta comprendono “periodi / epoche / ere”. La storia nazionale giapponese viene fatta convenzionalmente iniziare nel 660 a.C, quando ascese al trono il primo imperatore. I periodi storici del Giappone sono: - età preistorica (comprendente: Paleolitico, Jomon, Yayoi, Kofun) - età classica / antica (comprendente: Nara, Heian) - età medievale (comprendente: Kamakura, Muromachi) - età premoderna (comprendente: Azuchi-Momoyama, Edo) - età moderna (comprendente: Meiji, Taisho, Showa, Heisei) Il periodo Jomon è compresa dal 10.000 a.C. fino al 300 a.C. e prende il nome dalle decorazioni coeve dei vasi di argilla, decorazioni che non avevano semplice funzione ornamentale ma che servivano per evitare la formazione di crepe nel vasellame. Durante l’epoca Jomon si viveva inizialmente di caccia, per poi associare anche pesca e agricoltura. 40 IL PERIODO HEIAN Nel periodo Heian l’autorità si indebolì e crebbero di autonomia le grandi famiglie proprietarie di possedimenti nelle zone periferiche. Il potere debole dell’imperatore favorì l’ascesa del potere della classe militare che dominò il paese fino alla modernizzazione. Le sorti della corte furono nelle mani dalla famiglia Fujiwara, fino allo scoppio di una guerra civile che condusse al potere Minamoto Yoritomo. Questo periodo si contraddistingue per una vasta produzione letteraria e artistica e per l’interruzione dei rapporti con la Cina, che contribuì alla creazione di una cultura propriamente giapponese. Il Giappone cominciò ad avvalersi dell’alfabeto sillabico e si videro le prime composizioni poetiche di 31 sillabe, chiamate waka. Si svilupparono inoltre il culto della bellezza e un sentimento della vita umana come transitoria esemplificato dalla fioritura dei ciliegi. L’emakimono è un'opera di narrativa illustrata e orizzontale, sviluppatasi in Giappone tra l'XI e il XVI secolo. L’emakimono unisce testo e immagini ed è disegnato, dipinto o stampato su un rotolo. Vengono rappresentati amori, battaglie, concetti religiosi, storie popolari e racconti soprannaturali. La Storia di Genji (Genji monogatari) è considerata un capolavoro della letteratura giapponese. Ci si riferisce ad essa con l’appellativo di “primo romanzo” ed è stata scritta da Murasaki Shikibu, aristocratica di corte vissuta nel XI secolo. L’opera è suddivisa in 54 libri e la ricchezza del testo sta nell’analisi profonda dell’animo umano. È considerata uno dei classici della letteratura mondiale perché l’autrice è stata capace di trasmettere ai lettori sentimenti e sensazioni. Nel Medioevo il governo giapponese permise di acquisire la proprietà delle terre bonificate e ciò contribuì ad aumentare ricchezza e potere di nobili e di istituzioni religiose. Gli shoen, che si trattava di possedimenti privati, si liberarono dal controllo del governo e dalla tassazione ed il proprietario si occupò dei propri possedimenti in autonomia. Grazie agli shoen si stabilì un sistema di comunicazioni tra i vari proprietari che permise rapporti culturali ed economici tra le varie parti del paese. I SAMURAI La figura del samurai si afferma nell’VIII secolo, quando ci fu la necessità di difendere gli shoen riunendo guerrieri professionisti preposti alla difesa dei possedimenti. Questi guerrieri professionisti erano chiamati bushi, che significa uomini d’armi, o saburai, nome che poi si trasformò in “samurai”. Il vincolo di fedeltà verso il proprio signore/feudatario era il primo imperativo per un samurai. L’ascesa dei samurai al potere fu pertanto un fenomeno complesso. Il potere acquisito dai samurai fu a scapito dell’aristocrazia civile e soprattutto del controllo imperiale del territorio, anche se l’imperatore restò sempre la fonte di legittimazione del potere e solo lui poteva conferire il titolo. 41 I samurai non erano membri dell’aristocrazia ma costituivano invece una casta che praticava arti marziali e arti zen come l’arte del tè e l’arte della scrittura. Nel corso dei secoli i samurai si dotarono di un rigido codice d’onore, il bushido, che significa “vita del guerriero” e rappresentava un insieme di principi morali e di comportamento. L’Hagakure è il codice d’onore e l’opera che sintetizza il bushido. È un libro scritto per creare un samurai perfetto, che ha l’obbligo di servire il proprio padrone e l’onore con la propria spada e con la propria vita. Il Libro dei cinque anelli punta anch’esso a creare un perfetto samurai, ponendo però l’accento sulla spiritualità e puntando alla completa perfezione con l’obiettivo di formare un uomo buono secondo i principi del buddismo. I precetti dei samurai furono influenzati dalle correnti spirituali e culturali giapponesi. I ruvidi guerrieri del 900 erano divenuti raffinati poeti, mecenati, pittori, cultori delle arti, collezionisti di porcellane, codificando in molte opere di bushido la necessità per un samurai di essere esperto in molte arti, non solo in quella della spada. La prima codificazione di questa svolta avvenne nella Heike Monogatari, che attribuiva alla via del guerriero l'obbligo dell'equilibrio tra la forza militare e la potenza culturale. Per quanto riguardava le armi, i samurai non ritennero mai che esistessero armi disonorevoli, ma solo armi efficienti e inefficienti. Essi usavano katana e wakizashi (spada lunga e spada corta), l’arco giapponese e la lancia. L’harakiri e il seppuku sono due rituali per il suicidio in uso tra i samurai. Il primo è il “taglio del ventre” mentre il secondo è il “taglio dello stomaco” e venivano eseguiti come espiazione di una colpa commessa o per sfuggire a una morte disonorevole per mano di nemici, salvando l’onore. L’anima diventava quindi priva di colpe e rimaneva pura. Nell’harakiri non è prevista la decapitazione del suicida e il seppuku era previsto anche per le donne. In quest’ultimo caso il taglio non avveniva al ventre bensì alla gola. Yukio Mishima, uno degli uomini più in vista del Giappone, è l’autore del volume L’etica del samurai e il Giappone moderno. Nel 1970 Mishima andò al comando generale a Tokyo, prese in ostaggio il generale dell’esercito dell’est e chiese di revocare la costituzione pacifista, per poi mettere in atto il seppuku ed essere decapitato. Il caso Mishima incombe come il più grande enigma della storia del Giappone e l’interpretazione del suo atto finale a scopo politico è ancora oggi soggetta a controversie. Il regista Akira Kurosawa è considerato, con i suoi film, uno dei massimi cantori dell’epopea dei samurai. 42 L’ETA’ MEDIEVALE (1185-1573) IL PERIODO KAMAKURA Il periodo Kamakura è segnato dal governo dello shōgun Minamoto no Yoritomo, proveniente da Kamakura e stabilito nel 1192. Durante questo periodo, il potere si trasferì alla classe militare ed era basato sulla fedeltà delle famiglie militari e sul sistema di shugo e jito. Il potere dei militari a Kamakura era detto bakufu (governo della tenda). Grande attenzione ci fu per la religione e si diffuse il culto di Buddha Amida. Si svilupparono le scuole tra cui la “Setta del Loto” che focalizzava l’attenzione sulla preghiera del libro del Sutra del Loto. Si diffuse lo Zen, pratica meditativa cinese attraverso la quale l’individuo giungeva a una conoscenza interiore e otteneva fiducia in se stesso. Nel Duecento i mongoli tentarono di occupare il Giappone per due volte ma in entrambi i casi le loro navi furono distrutte dal provvidenziale kamikaze (vento degli dei). IL PERIODO MUROMACHI Il periodo Muromachi prende il nome dal quartiere di Kyoto sede degli edifici governativi. Durante questo periodo nasce un vero e proprio sistema feudale con la costruzione degli shoen e con le rendite che vennero sottratte alla nobiltà. Grazie all’acume politico e diplomatico di Yoshimitsu si riuscì però a mantenere solamente il controllo degli shugo centrali mentre venne perso il controllo su quelli periferici. La persona al potere, Yoshimasa, era un raffinato esteta ma un mediocre uomo politico e la conseguenza di ciò fu l’aumento delle tasse con il conseguente impoverimento degli strati più deboli della popolazione. L’esasperazione provocò lo scoppio di un periodo di guerra civile, detto Sengoku (“dei territori belligeranti” o "Stati combattenti") che durò un secolo. La deposizione dell’ultimo shogun Ashikaga avvenne nel 1573 e fu per cause politiche, perché l’imposizione di pesanti tasse portò all’impoverimento delle classi deboli della popolazione. I contadini diedero vita a rivolte che sfociarono in una guerra civile e alla fine della guerra il Giappone non aveva più nessun potere centrale. La conseguenza fu l’affermarsi di feudatari indipendenti che fecero crollare il sistema degli shoen. L’ARRIVO DEGLI EUROPEI La “scoperta” del Giappone si deve ad alcuni portoghesi che nel 1543 giunsero sulle sue coste a bordo di un bastimento cinese, spinto verso l'isola di Kyushu a causa di una tempesta. La scoperta fu puramente casuale, anche se di scoperta propriamente non si deve parlare dato che i Giapponesi avevano da secoli rapporti con la Cina e la Corea. I portoghesi introdussero in Giappone la prima arma da fuoco, l'archibugio, rivoluzione che cambiò la concezione militare fino a quel tempo in vigore nel paese. 45 SINTESI CRONOLOGICA DAL 1912 AI GIORNI NOSTRI Il periodo Taisho 1912: Taisho diventa imperatore 1914: il Giappone occupa territori cinesi e isole del Pacifico 1919: conferenza e pace di Versailles. Viene respinta la richiesta giapponese di includere il principio di uguaglianza delle razze e conseguente umiliazione della discriminazione rispetto agli occidentali. 1921-22: conferenza di Washington. Il Giappone viene emarginato nella spartizione dell’Asia da parte delle potenze occidentali. 1925: suffragio universale maschile (12 milioni di elettori) 1926: morte dell’imperatore Taisho Il periodo Shōwa 1926: Hiroito diventa imperatore 1927: conferenza di Londra. Si confermano i principi stabiliti a Washington 1931: il Giappone invade la Manciuria 1932: creazione stato fantoccio del Manchukuo 1933: il Giappone abbandona la Società delle Nazioni 1936: patto anti-Comintern con la Germania nazista 1937: occupazione giapponese di Pechino e di Nanchino. Guerra sino-giapponese. 1940: Patto Tripartito o Asse Roma-Berlino-Tokyo. I tre paesi riconoscevano le rispettive aree di influenza in Europa e in Asia orientale e si promettevano reciproca alleanza. 1941: sconfitta la Francia, il Giappone occupa l’Indocina francese. Gli Alleati decretano l’embargo totale al Giappone. Patto di neutralità con l’URSS che consente al Giappone di non subire un attacco sovietico e alla Russia di non essere aggredita. 7 dicembre 1941: attacco giapponese a Pearl Harbour nelle Hawaii e conseguente ingresso in guerra degli USA. Il periodo Heisei 1989: Akihito diventa imperatore. Culmine di crescita economica. Anni ’90: boom degli “anime”, animazioni giapponesi 1995: grande terremoto e attacco terroristico con gas sarin alla metropolitana di Tokyo, il più grave attentato nella storia del Giappone contemporaneo. L’incapacità del governo di reagire prontamente a questi eventi ha portato alla formazione di organizzazioni non governative che da allora hanno svolto un ruolo sempre più importante nella politica giapponese. 1997: viene emanato il trattato internazionale denominato Protocollo di Kyoto per regolare le emissioni di gas serra. 2010: la popolazione giapponese ha raggiunto i 128 milioni di abitanti. 46 LA TRADIZIONE DEL TÈ IN GIAPPONE Il tè fu portato in Giappone dalla Cina dai monaci buddisti nel VII secolo. Nella cerimonia giapponese del tè l’assunzione del tè era intesa come una illuminazione. Il maestro del tè per eccellenza è Sen-no-Rikyu, abile mercante di tè che è giudicato il progenitore delle case da tè; è grazie a lui che il tè è divenuto il simbolo della cultura nazionale giapponese. A lui è attribuito anche l’uso dei calici e la condivisione della ciotola del tè. Rikyu è considerato il padre del teismo, ovvero la religione estetica giapponese, nella quale sono racchiusi i principi di purezza, armonia, rispetto e tranquillità. La cerimonia del tè è il momento in cui tutti questi aspetti si uniscono. Kakuzo Okakura scrisse nel 1906 il Book of Tea, una difesa della tradizione giapponese espressa nel culto e nella filosofia del teismo che consentì a migliaia di americani di essere iniziati alla cultura giapponese. Il tè verde bevuto quotidianamente nei ristoranti anche giapponesi è preparato in maniera occidentale e il tasso di caffeina è molto basso. Nella cerimonia del tè viene usato il tè “frustato” che può essere fluido e leggero o denso.
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