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Riassunto Storia dell'idea di Europa di Federico Chabod, Dispense di Storia Moderna

Riassunto del libro di Federico Chabod sull'idea di Europa e sul cambiamento semantico e culturale del concetto di Europa

Tipologia: Dispense

2022/2023

In vendita dal 10/01/2024

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Scarica Riassunto Storia dell'idea di Europa di Federico Chabod e più Dispense in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! STORIA DELL’IDEA DI EUROPA Il volume, curato da Sestan e Saitta, allievi di Chabod e autori della prefazione del libro, riprende un tema affrontato in tre corsi universitari tra Roma e Milano negli anni ’40: l’idea di Europa in quegli anni era sicuramente di forte interesse. L’obiettivo è quello di cercare di capire quando gli europei presero coscienza di essere, oltre che un’ entità geografica, anche un’entità culturale e storica, con valori diversi rispetto a coloro che vivevano oltre il Mediterraneo. Di civiltà europea si può parlare sin dall’antichità e sicuramente il trionfo del cristianesimo nel Medioevo contribuì a questa idea; tuttavia non si può discorrere di una coscienza europea prescindendo dall’età moderna. CAPITOLO PRIMO; Il concetto di Europa deve formarsi per contrapposizione con la non-Europa, in primis nella contrapposizione con l’Asia, opera dei greci che tra le guerre persiane ed Alessandro Magno formano il senso di opposizione tra Europa e Asia, per costumi e per organizzazione politica: libertà vs dispotismo. Tuttavia quest’Europa è limitata e si identifica ancora con la sola Grecia (Isocrate) o al massimo coi popoli in contatto con la civiltà ellenica: Italia, coste Gallia e Spagna. Erodoto identifica l’Adriatico come il punto più a occidente ma secondo lui il piano di Serse è quello di percorrere l’intera Europa ove per intera Europa intende Tracia e Macedonia: se pure dal punto di vista geografico Erodoto vede un Europa più larga (Po, Siberia), il suo interesse politico è rivolto esclusivamente tra Egeo e Adriatico. Vi è una parte che è Europa fisica ma non morale e che non è geograficamente Asia, la Scizia, abitata da popolazioni nomadi che non conoscono la città, ciò che caratterizza i greci. Precisazione geografica e culturale-morale-politica non coincidono e proprio per questo Aristotele distinguerà tra Europa (intesa come Scizia) e Grecia , dichiarando che tra l’Europa con popolazione animosa ma poco intelligente, ove si è indipendenti ma non conquistatori, e Asia con popoli intelligenti ma non animosi, ove si è sudditi, vi è di mezzo la regione dei greci, che vivono in libertà e possono dominare su tutti. Sul terreno politico-culturale- morale dunque l’Europa non abbraccia mai oltre le zone di influenza e di colonizzazione greche come Italia, Gallia e Spagna. Quest’Europa politico-culturale-morale, più ristretta di quella degli etnografi, deve avere due criteri: la libertà politica e vivere secondo leggi. Erodoto sostiene che i Lacedemoni sono liberi ma hanno la legge che è padrona; a questa differenza si aggiungono quelle dei costumi, di organizzazione politica e capacità militare. Ma ancora una volta la politica fa sì che in battaglia i greci siano migliori perché combattono per sé mentre gli asiatici per un despota: la distinzione libertà-dispotismo influenzerà nei secoli, pensiamo a Montesquieu. Quando Augusto sconfisse Antonio ad Azio, Orazio farà apparire ancora una volta l’Oriente come terra di schiavitù. La coscienza europea si forma dunque tra V e IV secolo a.C. e passa da coscienza di difesa, guerra persiane, ad offesa, specie con i macedoni: Isocrate inviterà Filippo a percorrere una linea di conquista dell’Asia mentre Teopompo, suo allievo, sosteneva che bisognava prima conquistare tutta Europa per poi fare guerra all’Asia. Tuttavia simile contrapposizione sfumò nel momento in cui Alessandro conquistò l’Asia e poi con i romani la contrapposizione divenne tra romano e barbaro e poi ancora con il cristianesimo tra pagano e cristiano. Il termine cristiano diventa centrale mentre quello di Europa è solo geografico, anche in Carlomagno: egli è capo della cristianità occidentale; il termine europeo viene inventato nel XV secolo da Piccolomini. Bisogna ora riflettere se l’essere cristiano, criterio religiosa, accolga in sé quello di civile: il non credente equivale al barbaro. Sestan sostiene di sì mentre per De Mattei vi è una duplice contrapposizione, religiosa e civile, anche se il concetto di barbaro viene accresciuto da quello di non cristiano: una tesi corretta anche se a volta i due concetti si affiancano nel momento in cui un pagano era per necessità barbaro (non viceversa) . Christianitas e non Europa dunque ma quali sono i confini della cristianità? Rimangono fuori Danubio e Reno confini del mondo romano dal mondo barbaro: Europa è occidente e mezzogiorno romano. Dante usa più volte il termine Europa senza però un’esatta estensione geografica; nel De Vulgari Eloquentia Dante sembra comprendere le regioni nordiche mentre i confini ad est sono incerti. Gli sciti, quando menzionati, vengono compresi nell’Asia (De Monarchia). Per Dante dunque l’Europa è molto meno estesa verso est di quanto non lo sia oggi per noi: ricopre le nazioni centro occidentali, escludendo la penisola balcanica, che però è “lo stremo d’Europa”, fa parte dell’Europa fisica e non morale. I Greci, culla primogenita di civiltà, compresi geograficamente nell’Europa, stanno uscendo dalla sfera morale mentre entrano Germania ed Inghilterra; questo staccamento dell’Oriente era già iniziato nel IV secolo con la divisione dell’impero. Alla rivalità politica si aggiunse quella religiosa pro-contro Roma e dottrinale, essendo per papi e vescovi l’Oriente una culla di eresie. Il mito di Roma era un punto di riferimento per gli intellettuali occidentali anche nell’Alto Medioevo (non solo col Rinascimento), basti pensare l’idea della translatio imperii, mentre Bisanzio rivendicava la grecità preesistente alla conquista romana. Questo contrasto è esplicato nell’opera di Liutprando da Cremona, 986; qui emerge la differenza tra romani e germani nella discussione tra Liutprando e Niceforo Foca: questi accusa il primo di non essere romano ma longobardo e in risposta afferma che per offendere i nemici essi li appellano come romani. Tuttavia nel testo emerge un’altra contrapposizione, quella tra Occidente e Oriente, che supera quella tra germani e romani: orientali dipinti come furbi, adulatori mentre occidentali come leali e franchi. A ciò si aggiungono differenze di costumi, dall’armatura al vino. Tutto è diverso tra Occidente ed Oriente solo che a differenza del V secolo a.C. ora i Greci sono l’Oriente mentre per Occidente si intende al di qua dell’Adriatico. L’Europa si stacca dal concetto di mediterranea e l’uscita greca si aggravò con la conquista turca: solo col XIX secolo l’Oriente europeo rientrerà. La contrapposizione culmina con lo scisma religioso e con le Crociate: i greci sono eretici, mezzo tra cristiano e saraceno. A questo si aggiungono scritti che contribuiscono alla formazione del tipo occidentale vs tipo orientale: Dante scrive delle furbizie di Ulisse e Diomede così come scrittori greci accusano gli occidentali di avidità di dominio. Insomma, si delineano due mondi ben distinti, come confermato dai terzi, gli arabi, ed è per contrapposizione (come nel V secolo a.C.) che si delineano i caratteri di un’Europa romano-germanica. Come l’Oriente escono da discussione teorica ma vuole fornire esempi, fittizi e allora si creano le utopie (Tommaso Moro) o storici, e allora si esaltano popoli esistenti come Tacito che esalta la semplicità germanica contro la corruzione del mondo romano, o come gli illuministi che elogiano i cinesi e Confucio vs l’intolleranza religiosa europea. Per poter attuare questa polemica serva creare il mito; il mito del buon selvaggio nasce dall’amore per la pace e dall’odio della guerra che porta da un lato all’elogio del cannibale, dall’altra ispira progetti di lega europea per la pace: aspetti diversissimi all’apparenza che però nascono dallo stesso modo di sentire. Tuttavia la polemica anti-europea nasce dall’amore per l’Europa, non dall’odio, dalla voglia di rinnovare e non di annullare; è per questo che molti scrittori che ad esempio osannano la Cina si ritrovano poi all’elogio europeo (Voltaire). L’espressione più alta della polemica anti-europea furono gli Essais del Montaigne, in particolare due saggi. Il primo, quello sui cannibali, è l’esaltazione dei selvaggi, del Paradiso terrestre non religioso. Parlando dei brasiliani Montaigne sostiene che essi siano naturali vs l’arte europea: natura vs invenzione e la natura è superiore. Essi sono puri nello stato di natura e se a questo si aggiunge che essi vivono in una “contrada piacevolissima” abbiamo davanti a noi l’Eden; tuttavia vi è un’ombra, essi mangiano i prigionieri, sono cannibali. Ma noi europei dovremmo tacere, noi che mangiamo gli uomini vivi (riferimento all’usura, in linea con Lery), noi che torturiamo, bruciamo vivi e ci ammazziamo tra concittadini: qua l’allusione alle guerre di religione francesi è forte (ancora riprende Lery). Perfino la loro poligamia è bella cosa (qua monogamia causa gelosia) e la loro poesia non è barbara e il loro linguaggio è piacevole, simile al greco. Tuttavia tre di quei brasiliani vennero in Europa e notarono la fedeltà assoluta al re “fanciullo” (Carlo IX) e che da un lato vi erano uomini ricchi e dall’altro mendicanti: due frecciate del Montaigne vs assolutismo e sperequazioni sociali. Con un’ultima frecciata si conclude il saggio: i cosiddetti civili chiamano barbari uomini a loro superiori solo perché di diversi costumi. Il secondo saggio è quello sui coches e riprende un tema già accennato nel saggio sui cannibali: “attenti brasiliani che il commercio con noi sarà la vostra rovina”. Qua Montaigne parla della conquista spagnola e delle crudeltà verso gli indigeni; il nostro mondo ne ha scoperto un altro, tanto grande e vasto ma ancora fanciullo, destinato ad emergere quando il nostro mondo declinerà ma noi col nostro contagio abbiamo accelerato la sua rovina. Era un mondo non inferiore per ingegno e sicuramente superiore per qualità morali: se avessimo avuto la loro bontà non li avremmo mai conquistati. Essi erano anche coraggiosi ma gli europei con armi mai viste e l’inganno hanno vinto su di loro; se la conquista fosse arrivata ai tempi dei romani o di Alessandro di certo questi li avrebbero civilizzati, cosa che bisognava fare, mentre i contemporanei europei li hanno piegati: la storia della conquista è la storia della barbarie europea, del macello vs gli innocenti. ECCO LA CRITICA ALLA CIVILTA’ EUROPEA, LA SECONDA DOPO QUELLA DI LAS CASA. Tutto si basa sull’arrivo degli europei in quel mondo che portò morte, desolazione e barbarie a un posto idillico. In opposizione al barbaro viene elaborato un concetto di civiltà che col Botero e le sue relazioni universali si definisce: dall’idolatria al cristianesimo, dalla pastorizia all’agricoltura, il sorgere di attività industriali, governi stabili e leggi certe, insomma la città. Una tradizione che inizia con la polis e passa dai comuni medievali: Botero riprende Aristotele e quindi Tommaso d’Aquino ed Egidio Romano che esaltavano un re a seconda della capacità di rendere grande una città; criteri non dissimili vengono scelti da scrittori francesi, scelti in base all’esperienza europea. L’esploratore francese Villegagnon giudica i brasiliani senza umanità e senza cortesia, due termini cari all’Europa (Dante per la seconda, Erasmo, Moro e illuministi per la prima). Altro fattore di civiltà è quello dei costumi laddove c’è una nudità indiana e i vestiti europei, semplicità vs raffinatezza, un’insistenza portata avanti da scrittori francesi ma non dal Botero. Anche gli illuministi videro nella vita di società il contrasto Europa-non Europa e questa prende anche i costumi, i vestiti. Civile è dunque l’Europa, anche secondo il Montaigne che quando oppone società primitiva e non delinea rispettivamente nuovo Mondo ed Europa: due mondi che si guardano sull’Atlantico. Si potrà dire di una civiltà europea macchiata di delitti come le barbarie, non lontane da quelle dei selvaggi, o di una civiltà meccanica, come disse Montaigne, cioè una civiltà di tecnica, non di animo. MA E’ CIVILE SOLO L’EUROPA? Se da alcuni scrittori, Botero compreso, il nuovo Mondo appare grande e senza nulla da invidiare all’Europa è pur vero che la società è primitiva: las Casas e Montaigne difendono li indiani in quanto povera gente, semplice, oppressa dai più esperti europei. IL NUOVO MONDO PASSA DUNQUE PER PRIMITIVO MA L’AFRICA E L’ASIA? E LA CINA? Nessuno si sogna di dire che la Cina sia primitiva, per Botero è il più grande, popolato e meglio regolato regno, per Guicciardini è grande, ricca e ben politiata, e anche Carletti e Montaigne la esaltano. Dunque c’è almeno un altro paese civile: in cosa differiscono la civiltà europea e quella cinese? Questa risposta, che può finalmente dare un volto morale all’Europa, non ci viene fornita nel ‘500, bisognerà aspettare il ‘700; già Saintongeois aveva visto nel contrasto Cina saggia e tranquilla- Europa pazza e guerrigliera il motivo, svolto a pieno dagli illuministi. Il ‘500 aveva distinto tra civiltà e primitività; il ‘700 separa la civiltà cinese da quella europea dando finalmente volto a quest’Europa. CAPITOLO QUARTO; Il mito del buon selvaggio, delineato da Montaigne e Las Casas, non è più perso di vista, anche se l’attenzione fra ‘600 e ‘700 si sposta su altri paesi e non solo la Cina, che rimane certo terra di saggezza, pace, dominata dai filosofi (esaltazione di Confucio). SI riscopre l’Egitto, elogiato dal Bossuet per leggi, morale, agricoltura e piramidi, da Marana e dall’abate Terrasson che delinea il “saggio egiziano”. Appare l’Arabia e Maometto col Boulanvillers che nella Vita di Maometto polemizza con l’Europa, così come nelle sue altre opere, essendo egli oppositore di Luigi XIV. Egli contrappone l’intolleranza cattolica alla tolleranza araba ed esalta Maometto con scopo politico e anche religioso; INFATTI, se il '500‘è stato polemico dal punto di vista politico, non lo è stato da quello religioso (escluso Montaigne): tutti gli scrittori erano convinti che i popoli nuovi erano pronti a ricevere la parola di Dio. Ora si aggiunge anche la polemica alla religione che sfocia nell’intolleranza e nel fanatismo: QUESTO E’ IL MOTIVO NUOVO RISPETTO AL ‘500. L’ammirazione per la Cina si trasforma in un attacco al cristianesimo; Boulanvillers scrive che nonostante i cinesi siano privi della rivelazione essi sono ugualmente grandi. Le differenze incalzano, la polemica è sempre più netta, e per esprimerla ecco che nasce una nuova forma letteraria, quella degli pseudo-viaggi, storie che si fingono scritte da turchi o persiani in viaggio in Europa e che criticano quanto vedono. E’ qui che il concetto di Europa si precisa; come scrive Hazard, anche il più ignorante iniziò a capire che fuori dall’Europa non vi erano esseri inferiori e iniziò a sostituire la nozione di superiorità con quella di diversità. Si compì quel processo di differenziazione dell’Europa dagli altri continenti, iniziato nel 500. La fortuna di questo genere deve molto alle Lettere Persiane di Montesquieu anche se già prima apparirono opere simili: Marana, Dufresny e Addison. Montesquieu ricorre alla Persia (mai vista, si serve di letteratura di viaggio) e immagina un nobile persiano, Ubsek, e il suo amico Rica, in Europa per non cadere vittima dei loro nemici: la corrispondenza tra i due e i conoscenti in Persia da forma alle lettere persiane e quel che interessa non è ovviamente la Persia ma le notizie da Parigi e l’Europa, si cui si parla come un corpus civile e politico ben diverso dell’Asia. Dal punto di vista politico appare la stessa distinzione di Machiavelli; in Europa vi sono per la maggior parte monarchie, anche se Usbek dubita che ce ne sia mai stata una (sudditi sono liberi, gli inglesi si ribellano), e le repubbliche, che suscitano ammirazione nei due, perché in Asia non ve ne sono. Queste nacquero in Grecia e si diffusero ed è proprio questo lo sviluppo Europeo: proprio dell’Europa è il regime repubblicano e solo dell’Europa. Anche nella giustizia vi sono differenze con un Europa mite e con pene proporzionate e un Asia con pene terribili; Usbek e Rica sostengono il modello Europeo giudicando quello asiatico vessatorio. Sin qui emergono quindi libertà, repubbliche e maggior giustizia, tutte aspirazioni del Montesquieu, che appunto ora attacca con i punti a sfavore. In primis ovviamente i rapporti internazionali nel senso della Ragion di Stato, tanto odiata quanto è odiato il suo creatore, Machiavelli (antimachiavellismo corrente che attraversa la storia europea fino all’800); il diritto pubblico, per regolare controversie tra popolo e popolo, ove le nazioni cercano di applicare la ragion di Stato, porta molti mali all’Europa. Questo trova conferma in Francia laddove i francesi hanno abbandonato le leggi antiche per sostituirle con leggi romane e costituzioni papali: qua la polemica antiassolutistica è contro le istituzioni stesse del regno di Francia. A questo si aggiungono le considerazioni sullo spopolamento, tema caro a Montesquieu che dedica 11 lettere: il fattore religioso è responsabile (nei Paesi Arabi c’è poligamia in Europa troppi eunuchi e divorzio proibito) e anche qui l’autore esalta le repubbliche il cui governo mite “contribuisce alla propagazione della specie”. Se dal problema politico passiamo a quello di vita e costumi le diversità tra Asia ed Europa non è meno forte; sin dallo sbarco a Livorno Usbek sente questa differenza. Meraviglia per le libertà delle donne (tema poi ripreso da Montesquieu) e vivacità delle occidentali: all’intensità di relazioni sociali dell’Europa si contrappone l’isolamento orientale, motivo già trovato nel ‘500 francese. Non solo, vi è anche quello che Montesquieu chiama “dinamismo”, “voglia di arricchirsi”: gli occidentali vogliono guadagnare sempre più per Usbek e Rica e da qua nasce l’impressione di frettolosi e indaffarati degli Occidentali e la loro febbre di lavoro, caratteristica tipica, individuata per prima dall’autore. Questa febbre di lavoro ha al suo servizio le nuove invenzioni e proprio su questi progressi Usbek e Rhedi (persiano in Italia), si scambiano delle lettere; Rehdi considera più dannose che utili le invenzioni (polvere da sparo, chimica, conquiste,…) mentre Usbek sostiene che le scienze e le arti salvino dalla barbarie. Qui c’è tutto Montesquieu, nella critica al cattivo uso ma nell’esaltazione delle scienze e delle arti, tipica dell’illuminismo. QUESTA E’ LA GRANDE NOVITA’ COL ‘500 laddove il sentire Europeo si fondava sulla religione e sulla cultura morale; da Galileo e CAPITOLO QUINTO; Nella seconda metà del secolo XVIII emerge contro l’idea di Europa quella di nazione, individualità vs generalità; questa paura che il generale soffochi il particolare, tipica degli assertori dell’individualità nazionale, genera un forte sentimento anti-europeo. E’ il caso del Rousseau, convinto che ogni nazione sia diversa e che non si possano applicare ugualmente le stessi leggi in ognuna: Rousseau è avverso all’europeismo di Voltaire e Montesquieu. Così come è avverso al giudizio dei due su Pietro il Grande: per loro Pietro ha reso la Russia una nazione europea moderna mentre per Rousseau egli ha snaturato la Russia imponendo leggi e costumi estranei all’anima nazionale. Di qui i consigli ai polacchi di essere fedeli alle usanze patrie: un’esortzione d una autarchia spirituale, ritrovabile anche in Moser e Herder, nostalgici degli antichi costumi germanici. NOTIAMO BENE: ROUSSEAU NON MISCONOSCE L’EUROPA COME UNITA’ CIVILE MA vede in questa dei difetti soprattutto quello di rendere il tutto uniforme, sacrificare le originalità. Rousseau è dunque avverso all’europeismo politico e anche culturale che non rispetti le caratteristiche nazionali: alla vigilia della Rivoluzione la coscienza europea entra in crisi. L’idea di nazione si affaccia nella storia ed è normale che una nazione rivendichi i suoi diritti pur minacciando l’unità europea. Alfieri nel Misogallo proclama l’odio verso altre nazioni e tutti gli scrittori patriottici che proclamano l’amore per la patria si scagliano contro il cosmopolitismo (dunque l’europeismo) che minaccia questa individualità. Avremo dunque l’antifrancesismo, l’anti… e inizia così il problema dei rapporti tra Europa e nazioni: contrapposti ci saranno i pacifisti, i progettatori degli Stati Uniti d’Europa, e dall’altra parte i nazionalisti. Tuttavia il senso dell’unità d’Europa non si perde; talvolta si esprime come rimpianto del passato, bello e nobile, che sta crollando sotto i colpi della rivoluzione. Pertanto Burke e du Pan, anti- rivoluzionari, rimpiangono la vecchia Europa, minacciata da nuove barbarie che questa volta provengono dall’interno. Da un simile stato d’animo partono anche proposte; Kant e la pace perpetua, 1796, ma soprattutto il Novalis con Cristianità e Europa, 1801. Egli, ostile all’europeismo illuminista, volge l’animo ai tempi belli laddove l’Europa era una terra cristiana dove l’interesse religiosa comunava tutti. Dalla riforma protestante venne separato l’inseparabile, la Chiesa, e iniziò l’Europa dei filosofi che portò solo a guerre e distruzione; per porre fine alla tragedia rimane solo a religione, capace di ridestare l’Europa. Quello che importa notare non è il sogno di restaurare la chiesa ma la rivalutazione del Medioevo, vs Voltaire: questa è la differenza tra l’europeismo illuminista e romantica. Dopo Novalis ecco Shlegel che afferma che il cristianesimo, che trionfa nel Medioevo, è l’elemento fondamentale della civiltà europea. Vi è tuttavia una seconda differenza tra coscienza europea illuminista e romantica, quella del rapporto tra Europa e nazioni. Da una parte i conservatori, che auspicano un equilibrio europeo, e che si adopereranno a Vienna per conseguirlo: tra questi il Matternich, europeista settecentesco o il suo amico Castlereagh. Il loro è un europeismo conservatore ma il sistema Matternich ripudia il principio di nazionalità, rifiuta libertà e patria come figli della Rivoluzione, sono nemici. Pertanto Europa e nazione rimarranno separate e contrapposte. La conciliazione doveva avvenire per un’altra via, quella del Mazzini, anti-Matternich; la nazione viene esaltata ma è posta in parallelo con l’Europa: dopo la Giovine Italia arriverà la Giovine Europa. Le nazioni devono compiere la missione per accordare lo sviluppo delle loro individualità e aspirazioni di comunità civile; l’idea della missione non è del Mazzini, venne già discussa da De Maistre o da Schiller. Mazzini è il massimo rappresentante di una corrente che cerca di salvaguardare sia i diritti delle singole nazioni che quelli della maggiore comunità chiamata Europa. Ora, quali furono le ripercussioni che l’affermazione della nazione e della sua missione ebbe sulla coscienza europea? Essenzialmente storicizzare la civiltà europea: il ‘700 aveva delineato la fisionomia dell’Europa ma questa era immobile, si concentrava sul presente senza preoccuparsi di come i suoi caratteri si siano costituiti. Gli accenni storici non mancavano: Montesquieu e le libertà germaniche o Voltaire con le 4 età d’oro MA l’Europa si fermava alla situazione attuale, anzi alla Francia di allora. Ora la valutazione storica acquista un’importanza mai avuta prima; il senso storico rivaluta il Medioevo e induce a vedere la civiltà europea non dal suo punto di arrivo ma lungo il suo svolgimento. LA COSCIENZA EUROPEA DI INIZIO ‘800 ACCOGLIE I MOTIVI ILLUMINISTICI MA LI ARRICCHISCE E LI TRASFORMA IN MOTIVI DI CONSIDERAZIONE STORICA. CAPITOLO SESTO; Il Guizot vuole fare la storia della civiltà europea perché “evidentemente esiste”: nelle prime pagine della sua opera egli riprende i motivi europeistici settecenteschi, in particolare quelli morali e culturali del Voltaire, sintomo dell’accettazione dell’800 dell’affermazione settecentesca di un’Europa civile. Questa civiltà però non può essere ricercata nello sviluppo di uno solo degli Stati europei; il romanticismo porta all’attenzione per la nazione, non che il 700 non lo abbia fatto (basti pensare all’esaltazione del rinascimento o alle 4 epoche in 4 paesi diversi del Voltaire). Ora però il dato storico assume importanza; ore che si afferma l’esistenza di una civiltà europea ci si chiede come ci sia giunti, non si guarda il punto di arrivo, unitario, ma il processo delle diversità nazionali: la civiltà europea esiste in quanto sono esistite molte civiltà nazionali. IL MOTIVO PRINCIPALE DEL GUIZOT E’ QUELLO DELLA LIBERTA’ EUROPEA. Guizot paragonando la civiltà dell’Europa moderna con quelle che l’hanno preceduta, sia in Asia sia altrove, comprendendo anche la civiltàgreco-romana, afferma che è impossibile non essere colpiti dalla loro uniformità. In Egitto e in India la società è dominata dal principio teocratico, in altre da quello democratico, in altre ancora da caste guerriere; deriva da ciò la semplicità delle vecchie civiltà, o nel caso di India ed Egitto la loro immobilità. La stessa causa dà origine alla tirannia, tipica delle civiltà antiche. Il carattere dell’Europa moderna è diverso, l’Europa è varia. Questo principio dell’unità-varietà viene svolto e conduce a conseguenze che ci portano oltre il modo di vedere degli europeisti del ‘700. Identica esaltazione della gloria europea, identica esaltazione della libertà europea vs tirannia MA nel Guizot Grecia e Roma antiche sono accomunate all’Oriente. Machiavelli e Montesquieu vedevano in queste repubbliche l’origine della libertà e poi nei popoli germanici ma ovviamente il Montesquieu era più affascinato da Sparta, Atene e Roma. Dal punto di vista culturale è uguale; Voltaire vede nel Rinascimento italiano il rifiorire degli studi dell’antichità (esodo greci post 1453): di mezzo il Medioevo, età della barbarie. In Guizot invece il quadro è capovolto; la tirannide abbraccia anche Grecia e Roma, così come la loro letteratura è assimilata a quella orientale. La separazione non è Asia-Europa ma tra Asia e mondo antico e Europa moderna e il Medioevo diventa l’inizio della civiltà europea di cui si tesse l’elogio. Qui sta la differenza tra romanticismo e illuminismo; rivalutazione del sentimento religioso e per le epoche in cui questo era forte. Guizot è calvinista ma “sente” come un cattolico romantico che prima di lui aveva riscoperto il Medioevo (Novalis, Schlegel): l’Europa è la cristianità. Cesare Balbo, influenzato dal Guizot, batte sulla caratteristica religiosa come comun denominatore della civiltà europea. La scarsa considerazione delle repubbliche antiche del Guizot non è una novità, è una corrente in linea col pensiero romantico che guarda con più attenzione alle repubbliche italiane medievali con le quali inizia la storia della libertà e del progresso civile dell’Europa moderna (Sismondi). La civiltà europea settecentesca si presenta ora come una molteplicità ove tutte le nazioni contribuiscono; tuttavia vi è una nazione che contribuisce di più. Già in Schlegel, Novalis e de Maistre vi era orgoglio nazionale, francesi e tedeschi rivendicano a sé il merito dell’incivilimento del Mondo. Alla tesi del primato francese Mazzini e Gioberti poi contrapporranno quella dell’ “iniziativa italiana”. Questo concetto di primato recava germi pericolosi per l’avvenire come lo smodato orgoglio nazionale o la superbia e a forza di insistere sui titoli di merito di una nazione tutta la grandezza della civiltà comune finiva col concentrarsi solo in questa. In Guizot non si arriva a questo MA è chiaro nella sua opera il primato francese; egli sostiene che la civiltà consiste nello sviluppo della condizione sociale e intellettuale e perché ci sia civiltà piena questi debbono collaborare altrimenti vi è incompletezza. LA CIVILTA’ FRANCESE E’ LA PIU’ COMPLETA, QUELLA CHE MEGLIO RAPPRESENTA LA STORIA EUROPEA NEL SUO INSIEME. La civiltà inglese ha mirato allo sviluppo sociale e il suo trionfo è la vita politica ma ha un limite nello sviluppo di idee, viceversa la civiltà tedesca. In Italia entrambe le condizioni ci sono state, grandi intellettuali e grandi uomini pratici, ma essi non hanno mai collaborato: ecco il lato debole della civiltà italiana. La Spagna ha una società immobile e pur non mancando di grandi uomini e grandi fatti poco ha dato e poco ha ricevuto dall’Europa. In Francia invece sviluppo intellettuale e sociale hanno sempre collaborato, hanno sempre cominciato di pari passi, anzi; le idee in Francia spesso hanno preceduto e provocato il progresso dell’ordine sociale.
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