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Riassunto Storia della lingua greca-Il greco postclassico, Appunti di Filologia Classica

RIASSUNTO O. Hoffmann - A. Debrunner - A. Scherer, Storia della lingua greca, vol. 2, Il greco postclassico: questioni e caratteri fondamentali pp. 7-126; comprende i concetti chiave richiesti dal professore in sede d'esame

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 22/08/2022

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Scarica Riassunto Storia della lingua greca-Il greco postclassico e più Appunti in PDF di Filologia Classica solo su Docsity! \ INTRODUZIONE Durante il Medioevo, gli eruditi bizantini studiavano la lingua solo dal punto di vista del periodo classico, quindi dell’atticismo (dialetto attico). Durante Rinascimento e Umanesimo, si manifestò il bisogno di impadronirsi di fondamenti linguistici che potessero portare alla comprensione degli scrittori post-classici. Fu completato il Thesaurus Linguae Graecae di Stephanus; si ebbe così il Glossarium ad scriptores mediae et infimae graecitatis di Du Cange. L’interesse dei linguisti fu assorbito dal testo postclassico ‘’Il Nuovo Testamento’’: con il tempo cominciò a farsi strada la convinzione che il Greco del Nuovo Testamento non era né attico né gergo ebraico, ma doveva essere collegato con il greco profano della sua epoca. Walch iniziò gli studi dei rapporti tra il greco evangelico e la lingua delle iscrizioni nel 1799. Tra i tentativi moderni di indagine sulla lingua postclassica ricordiamo Leipzig 1808; Thiersch 1840; Steinthal 1891. TERMINOLOGIA Quando parliamo di classicismo e postclassicismo, ci riferiamo alla storia letteraria. L’evento che separa le due epoche sarebbe la perdita di indipendenza degli stati greci, assoggettati alla Macedonia (disfatta di Cheronea 388 a. C.) e la conquista dell’Oriente a opera di Alessandro Magno (dal 344 a.C.). IN seguito a tale conquista, infatti, la lingua greca dal ristretto ambiente letterario si diffuse e venne a contatto con lingue straniere. Il greco postclassico dei primi secoli viene indicato con il termine di ‘’koinè’’. Il significato originario del termine non è chiaro: alcuni lo intendevano come ‘’la lingua originaria’’, base dei quattro dialetti; per altri era la lingua parlata, in opposizione a ‘’Ellenismos’’. Questo ultimo termine deriva da ‘’Ellenizein’’, che in generale significa ‘’comportarsi alla maniera greca’’, ma nel particolare del campo della lingua, il termine derivato ‘’ellenismos’’ indica il greco corretto, lingua conforme alle regole. Oggi i due termine ‘’koinè’’ e ‘’lingua ellenistica’’ sono utilizzati con lo stesso significato. Il termine ‘’greco postclassico’’ è più ampio: abbraccia tutto il periodo che va dalla fine dell’epoca classica a oggi, comprendendo anche il ‘’greco medioevale’’ e il ‘’neogreco’’. QUESTIONI FONDAMENTALI DEL GRECO POSTCLASSICO 1.Le Fonti a) iscrizioni, papiri e ostraka Le iscrizioni hanno valore particolare: hanno il vantaggio di essere esenti dagli influssi deformanti della tradizione manoscritta. Per primo Walch si è servito delle iscrizioni per lo studio della koinè, poi Jerusalem e Glaser. Molto più importanti delle iscrizioni sono i papiri. Questi hanno reso possibile il fiorire degli studi sulla koinè. La novità linguistica che essi portavano era un gran numero di espressioni popolari. I numerosi papiri letterari hanno, infatti, per lo studioso solo interesse ortografico; ma un gran numero di altri papiri ci conduce a contatto con strati sempre più umili della popolazione, dove l’espressione scritta si avvicina molto al parlato volgare. Per questo, dato che spesso riportano anche la data dell’anno e del giorno, permettono di datare cronologicamente i singoli fenomeni linguistici. Gli inizi della papirologia risalgono al XVIII secolo. I primi papiri che conobbero i dotti occidentali sono quelli donati nel 1591 alla biblioteca dell’Università di Basilea dal teologo Grynaeus; ma solo nel 1917 essi sono stati pubblicati. I ritrovamenti di papiri avvengono generalmente in Egitto; unico grande ritrovamento fuori dall’Egitto (papiri di Ercolano, scavati nel 1752 e pubblicati nel 1793) è costituito da testi letterari, e per questo di minore importanza per la linguistica. Chi non poteva procurarsi carta di papiro scriveva su cocci presi dai rifiuti. Tali ‘’ostraka’’ furono da principio trascurati nello studio della lingua, a causa soprattutto della loro piccolezza e del carattere frammentario, che li rendono difficilmente leggibili. Nel 1624 la decifrazione da parte di Wilcken ha reso accessibile questo genere di tradizione volgare. Rivestono oggi grande importanza per lo studio della lingua, quasi al pari dei papiri e più di tavolette di legno e cerate. b) Grammatiche e lessici Tutte le grammatiche e i lessici che ci sono pervenuti dall’antichità, li dobbiamo all’atticismo. Con la penetrazione, però, nella lingua elevata di parole, locuzioni e costruzioni sintattiche della lingua parlata, all’ atticismo (corrente puristica della civiltà letteraria ellenistica, diretta all'imitazione di forme e costrutti dei grandi prosatori attici) si oppone l’antiatticismo, che vuole limitare i modelli attici. Il lessico atticistico più importante per noi è di Frinico, che visse sotto Marco Aurelio e Commodo (II sec. d.C.). c) Fonti letterarie Tra i filosofi, Aristotele si può considerare il primo rappresentante di una koinè letteraria, appena agli inizi e non ancora molto lontana dalla lingua degli scrittori attici. Le opere di carattere letterario, però, come la Ἀθηναίων πολιτεία, sono scritte intenzionalmente in attico. La filosofia più largamente diffusa si esprime in una forma più vicina alla lingua del popolo. Per questo, Crisippo ed Epicuro furono largamente criticati. Carattere particolarmente popolare hanno i sermoni del liberto Epitteto (60-140 circa), che costituiscono, insieme ai papiri e alla Bibbia Greca, il documento più importante della koinè volgare. Affine ad essi è il soliloquio di Marco Aurelio, che però mostra una superiorità di condizione sociale e di educazione dell’imperatore per la più accentuata sfumatura attica della lingua. Anche il dialogo pseudoplatonico ‘’Assioco’’ appartiene all’epoca ellenistica, così come l’opera filosofica di Vettius Valens, astrologo del II secolo, che usa una koinè di impronta popolare simile a quella del Nuovo Testamento. Tra gli storici, Polibio (201-120 a.C.) utilizzava una lingua alquanto vicina alla grammatica classica, ma usufruendo di parole spesso lontane dai classici. In particolare si osservò una particolare somiglianza con la lingua delle iscrizioni ufficiali contemporanee: sia Polibio sia le iscrizioni dovevano avere come fondamento comune una lingua elevata, di tipo cancelleresco. Per Polibio era importante esprimersi in forma adeguata, ma non si trattava dell’esigenza prima: è possibile, quando necessario, allontanarsi dall’ideale attico. Diodoro Siculo (I sec. d.C.), per la composizione dei suoi scritti costituiti da excerpta, è più difficile da analizzare. I frammenti che abbiamo presentano, nel complesso, gli stessi caratteri della lingua di Polibio. Plutarco (I-II sec. d.C.) ricerca la chiarezza dell’espressione e si mostra poco favorevole sia alle innovazioni stilistiche sia alle esigenze dell’atticismo. Alcune iscrizioni di Magnesia ci permettono di stabilire una divisione nel quadro linguistico del 200: si tratta di risposte ad una lettera circolare di Magnesia. Le comunità originariamente ioniche, come Calcide ed Eretria, rispondono in koinè; i dori, gli Arcadi e gli eoli rispondono nel loro dialetto, con pochi accenni alla koinè. In territorio dorico troviamo già dal IV secolo i primi segni di influsso della koinè, in particolare per i numerali e le iscrizioni sacre. Nell’isola di Tera il lungo ‘’testamento di Epitteta’’, inciso intorno al 200 a.C., è un monumento caratteristico dell’epoca di transizione. Nel territorio dei dialetti nord-occidentali, lo studio della penetrazione della koinè trova condizioni poco favorevoli. Soltanto il focese di Delfi e il locrese sono conosciuti meglio attraverso le iscrizioni. Non è strano che, a causa dell’importanza panellenica di Delfi, il processo di trasformazione della lingua avvenisse qui assai presto, nella seconda metà del IV secolo, specialmente nei conti e nei decreti. Nelle iscrizioni private il dialetto rimane più stabile. Nell’Elide, dove il dialetto ancora nel V secolo ha conservato puro il suo carattere, col decreto in onore di Damocrate compaiono influssi del dorico e della koinè attica (III sec.) In Arcadia la lingua comune locale dorica ha ritardato fortemente l’adozione della koinè, ma verso l’epoca della nascita di Cristo, l’adozione appare compiuta. In territorio eolico, il dialetto lesbico dell’Asia Minore cedette presto di fronte alla lingua comune. A partire dal IV sec. a.C. appaiono numerosi fenomeni linguistici ionico-attici e si moltiplicano i segni della koine, finchè il dialetto nel I sec. a.C. appare soltanto sporadicamente. La penetrazione completa della koinè ebbe luogo a Pergamo prima che altrove: dal 300 la koinè domina incontrastata nelle iscrizioni ufficiali e private. In Tessaglia, gli influssi della koinè sono riconoscibili già a partire dal III sec., il che si spiega con la vicinanza della Macedonia. L’iscrizione tessalica più estesa, il decreto di Lanrissa del 214, non presenta più il dialetto puro. Nel beotico, la continua tensione politica tra Beozia e Attica, mantenne viva nel popolo la separazione linguistica. Le iscrizioni private sono rimaste fedeli al dialetto fino al I sec.; quelle ufficiali iniziano a passare alla koinè intorno al 200. L’attico, sebbene formi la base della koinè, non può essere assimilato totalmente a quest’ultima. Anche l’attico è stato sopraffatto dalla vittoria della koinè. Non si può stabilire precisamente quando iniziarono a penetrare nell’Attica elementi della koinè che non derivano dall’attico: non si può discernere se una parola ionica sia penetrata nell’Attica direttamente dall’ionico o dalla koinè. Durante la sua espansione, la koinè attico-ionica, che era la lingua dei dominatori macedoni, incontrò l’opposizione delle due leghe greche che cercavano di mantenersi indipendenti dalla Macedonia, cioè la lega achea e la lega etolica., che crearono una lingua particolare a uso della confederazione. Non esiste, comunque, alcuna documentazione dell’utilizzo di questa lingua fuori dalle cancellerie. Lo stesso Polibio, figlio di uno stratego della lega achea, utilizzava la lingua usata da tutti. Le particolarità più rilevanti di questa lingua sono l’innovazione -ois al dativo plurale della terza declinazione e il mantenimento dell’antica costruzione ἐν + accusativo. Il risultato finale della lotta tra koinè e dialetti è la scomparsa quasi completa dei dialetti. Dal II sec. d.C. le iscrizioni dialettali diventano rare, dopo il IV sec. d.C. scompaiono. I dialetti attuali risalgono non ai dialetti antichi, ma alla koinè. Solo in una località isolata del Peloponneso sopravvive ancora un antico dialetto greco, oggi chiamato zaconico, che concorda con l’antico laconico. Le uniche tracce degli antichi dialetti sono alcuni nomi di località. Ci sono anche rari casi di parole dialettali, anzitutto nei resti del greco dell’Italia meridionale (sull’ASPROMONTE, in Calabria Meridionale / nella Puglia meridionale). ELEMENTI DIALETTALI NELLA LINGUA COMUNE ELLENISTICA I dialetti scomparsi non solo lasciano tracce nella loro area, ma influenzano la stessa lingua comune. Nell’insieme della koinè ellenistica sono riconoscibili tracce di dialetti non attici scomparsi. Oggi gli studiosi ritengono che la koinè sia fondamentalmente attica, con un’impronta ionica, in particolare nel lessico, e con alcuni dorismi. Pochi sono gli eolismi. Tra i dorismi caratteristici dal punto di vista fonetico vi è, innanzitutto, l’alfa lungo, quando in ionico-attico si troverebbe un η. Una caratteristica dorica che invece non si è tramandata è la contrazione di -αo in -α. Parole come λαός ‘popolo’ e ναός ‘tempio’ erano riconosciute attraverso Omero (dialetto ionico), così come celebri nomi propri Μενέλαος, Aρχέλαος ecc… Di rado appare la forma dorico λας. Nel campo del lessico, si trova ad esempio Βοῦνος ‘monte’ (attico ὄρος). Parola già attestata nel IV sec. a.C. dalle iscrizioni di Magnesia, che man mano ha soppiantato il corrispondente attico. Le testimonianze più antiche di questa parola sono di origine dorica; nei monumenti letterari compare in Teognide di Megara, in Senofonte e nella koinè a partire da Aristotele e dai papiri del III sec. a.C. Compaiono comunque nella koinè solo prestiti dorici, soprattutto nel campo del diritto. Questo perché il nucleo del territorio dorico rimane in posizione marginale rispetto all’Ellenismo nascente, col quale non cercò di associarsi. Quando alla fine la koinè conquistò anche il territorio dorico, essa si era già fissata e non aveva più necessità di fare concessioni al dorico; anzi riuscì a modificare profondamente i resti del laconico che ancora resistevano. È comprensibile che i dialetti nord-occidentali abbiano avuto influenza scarsa sulla koinè: queste regioni non erano in grado di competere né politicamente né letterariamente con la koinè ionico-attica. Da parte del dialetto ionico, invece, si è riconosciuta una grande influenza. Nel 1877 Willamowitz definì koinè come ‘’un idioma contadinesco ionico’’. Presto egli dovette attenuare questa definizione, parlando semplicemente di ‘’un grande influsso da parte dell’idioma contadinesco ionico’’. La psilòsi (scomparsa dello spirito aspro) viene di solito considerata come ionica, anche se dei dubbi sono sorti per il fatto che in età pre-ellenistica non appariva nell’ionico delle isole e dell’Eubea. In ogni caso, ha certamente avuto un influsso prevalente sulla psilosi ellenistica. Ionica è anche forse l’origine dell’ellen. γινώσκω da γιγνώσκω. Nella koinè γιγν- è considerata pretesa di apparire una persona colta. Appare tra i fenomeni anche l’inserzione di μ in alcune forme ellenistiche es. λήμψομαι (fut di lambano), vista come una combinazione dell’attico λήψομαι e dell’ionico λαμψομαι. Questo è stato però contestato: in seguito a studi più recenti si è pensato che l’aggiunta del ‘mi’ non è uno ionismo della koinè, bensì un elemento del dialetto ionico DOVUTO alla koinè (si è scoperta, infatti, una forma ionica più antica λαψομαι). Cosa rimane di attico nella koinè? Tre sono le regole fondamentali: a). I caratteri che appartenevano SOLTANTO all’attico sono rifiutati (es. la koinè usa φυλάσσω, non φυλάττω usato pochissimo al di fuori dell’Attica); b). I caratteri che l’attico aveva in comune con l’ionico prevalgono (es. la pronuncia di ‘u’ in ‘y’; preferenza di η in parole come μήτηρ, μάχη, di fronte al ματηρ, μάχα di altri dialetti ecc… c). Quando i dialetti non attici erano discordi, prevale l’attico, anche se era del tutto isolato. Es. alfa lungo in koinè origina alfa lungo dopo ι,ε,ρ, ma eta negli altri casi, come succede nel dialetto attico. Questo perché il dialetto attico assume una posizione intermedia tra il costante eta dell’ionico e il costante alfa lungo degli altri dialetti. Altro esempio è il genitivo singolare -ou, tipico del dialetto attico, di fronte al beotico -ao, al dorico -a, all’ionico ew ecc… LA KOINE’ E LA POESIA Uno dei problemi più antichi e controversi della koinè è quello delle ‘’parole poetiche’’. In Polibio e nel Nuovo Testamento si osservano parole che nell’epoca classica si trovavano soltanto nei poeti. L’idea che i prosatori ellenistici avessero attinto al lessico della poesia classica fu confutata. Si ritenne, invece, che, dato che Omero e i tragici attingevano alla lingua popolare ionica, tali ‘’parole poetiche’’ erano effettivamente ‘’ionismi’’ dalla lingua popolare. Analizzare la formazione della lingua poetica ellenistica è piuttosto compito della storia letteraria: la poesia ellenistica, infatti, ricerca i suoi modelli nelle lingue letterarie di epoche precedenti, es. Apollonio Rodio si riallaccia all’epos, Licofrone alla tragedia… Importante è la Commedia Attica, poiché essa appartiene all’epoca di transizione e mira a riprodurre la lingua della vita quotidiana dello strato elevato della popolazione, non dello strato umile. Oltre a questa, abbiamo ben poco di poesia scritta in lingua non artificiosa. LA LINGUA COMUNE ELLENISTICA E LE LINGUE STRANIERE Condizioni che favorirono la diffusione della lingua comune ellenistica In seguito alla conquista macedone e all’unificazione politica compiuta da Filippo, Atene si mantenne centro della vita letteraria del mondo greco. Filippo aveva una cancelleria greco-attica. Alessandro era ateniese per educazione, istruito da Aristotele per tre anni; soggiornò ad Atene per vent’anni e parlava fluentemente attico. Fu quindi proprio l’attico che Alessandro portò in Oriente e usò come lingua ufficiale. In particolare, Alessandro promuoveva matrimoni tra Greci e Orientali, per assicurare alla civiltà greca una penetrazione durevole. Nell’esercito di Alessandro vi erano, accanto ai macedoni, greci di stirpi differenti. Anche nelle grandi città ellenistiche c’era una simile mescolanza di popoli diversi. Questa vicinanza di greci di varie stirpi e di barbari non può che aver avuto un’influenza livellatrice sulla lingua. Nella parte più orientale del regno di Alessandro, il greco rimase sempre limitato ad una cerchia assai ristretta: la grande distanza dai maggiori centri culturali greci, la prevalenza numerica degli indigeni, la passività degli Orientali impedì che la cultura greca venisse assorbita dalla totalità della popolazione. Questo risulta evidente dalle poche tracce ritrovate nelle odierne India e Battriana. La Siria fu penetrata più profondamente dalla civiltà greca, poiché qui le città fondate da Alessandro e dai Seleucidi, come Antiochia, Acco, Damasco, Gadara, erano interamente greche. Nella campagna, però, dominava ancora l’aramaico e anche nelle città non tutta la gente conosceva il greco. Gli Ebrei della Palestina opposero resistenza alla penetrazione della civiltà greca. La riscossa nazionale sotto i Maccabei (II e I sec. a.C.) fu alimentata dalla lotta contro i costumi e i culti dei greci. I teologi sono ancora oggi interessati alla questione irrisolta delle lingue parlate da Gesù; tra questi, Giuseppe Flavio attesta che il greco non faceva parte di queste. Le condizioni dell’Egitto sono simili a quelle della Siria: anche qui città greche, in particolare Alessandria, ma una popolazione rurale non greca. Ma in Egitto ebbe importanza determinante la fitta rete -αι, ε coincidono nel suono ‘e’ - ι scompare nei dittonghi impropri αι e ωι (ᾳ, ῳ) -le antiche differenze di quantità si indeboliscono e l’accento musicale diventa accento espiratorio -le medie (β, γ, δ) e le aspirate (φ, χ, θ) diventano spiranti (pag.100-101 troppi dettagli inutili, leggi se vuoi) Quantità delle vocali e qualità dell’accento differiscono in neogreco rispetto al greco antico. Le antiche differenze di quantità sono andate perdute: ogni vocale accentata è semilunga, ogni atona è breve e l’intonazione musicale è sostituita da un accento espiratorio, per cui è scomparsa anche la differenza tra tono acuto e circonflesso. Tali cambiamenti fonetici compaiono dapprima nei dialetti non attici (più che altro in beotico) e nessuno di essi appartiene all’attico preellenistico. Questo è in contrasto con l’importanza determinante dell’attico nella formazione della koinè. La spiegazione è questa: in una lingua comune, l’unità nel campo della fonetica è la più difficile da ottenere; dove, accanto alla koinè, ancora sopravvivevano dialetti locali, come in Beozia e in Laconia, essi continuarono a svilupparsi secondo il loro proprio sistema fonetico. Il beotico ha quindi anticipato alcuni mutamenti fonetici che circa mezzo millennio dopo anche la koinè avrebbe sviluppato, per livellare il sistema delle forme. Una posizione particolare occupa la psilosi. Il principale centro di diffusione della psilosi era l’Asia Minore, tendenza che però contrastava con il carattere conservatore dell’Attico, che tende a mantenere l’aspirazione iniziale. Nella koinè la tendenza alla psilosi aveva carattere popolare e finì con l’affermarsi contro la lingua elevata atticizzante. MORFOLOGIA La seconda declinazione attica nella koinè fu limitata a poche parole e scomparve presto. L’aggiunta di -ν alla desinenza -α dell’accusativo è stata ricca di conseguenze. La finale indoeuropea ‘m’ si era trasformata in -v dopo vocali e in -α dopo consonanti: con l’aggiunta di -v alla desinenza -α fu ristabilita l’unità. Pag. 107 una serie di dettagli inutili leggi In attico il perfetto e l’aoristo atematico coincidono pienamente nelle desinenze eccetto che nella terza plurale. Con la scomparsa del perfetto si verifica un livellamento in favore dell’aoristo. No vabbe non sto capendo niente pag.108-109 I verbi atematici (verbi in -mi) si ritirano di fronte a quelli tematici. Già in Omero presentavano qualche forma tematica, ma soltanto la koinè li limita in modo decisivo. SINTASSI Nel neogreco è scomparso il duale. Nel sistema dei casi, i casi semplici hanno dovuto cedere le loro funzioni alle preposizioni, che adesso vengono preferite. Soltanto l’accusativo resta accompagnato da preposizioni proprie. Uno dei fenomeni più notevoli della koinè è ‘katà’ con l’accusativo usato al posto del genitivo attributivo. Il dativo nel greco antico riuniva in sé le funzioni di tre casi indoeuropei: il ‘dativo proprio’, ‘strumentale’ e ‘locativo’. Questo regredì per la concorrenza delle costruzioni preposizionali. Ma anche il dativo con preposizioni subì perdite progressive. Nell’epoca post classica si verifica la sua definitiva scomparsa. La costruzione di ‘en’ + dativo viene sostituita, ad esempio, da ‘eis’ + accusativo. Il sistema verbale ha subito più forti mutamenti. L’indoeuropeo conosceva soltanto l’attivo e il medio, che poteva avere significato passivo; il greco antico creò però per l’aoristo e il futuro particolari forme passive. I deponenti che risalgono all’indoeuropeo durante la koinè tendono ad assumere la forma passiva nel futuro e nell’aoristo: man mano scompare il medio per questi due tempi. L’antico futuro è oggi sostituito da perifrasi. La debolezza del futuro comincia a manifestarsi nella koinè nella tendenza ad evitare l’uso dei modi diversi dall’indicativo (infinito futuro, ottativo futuro, participio futuro apparivano superflui accanto a costruzioni equivalenti). Il futuro indicativo è comunque ancora vivo nella koinè, anche se viene spesso usato il presente con valore di futuro. Alla scomparsa anche dell’indicativo futuro ha contribuito la stretta parentela di forma e significato con il congiuntivo aoristo. Per quanto riguarda il perfetto, nella koinè raramente si usavano modi diversi dall’indicativo. Inizialmente, fu estesa la funzione del perfetto indicativo, che soltanto ora diventò un tempo storico (che sottolineava la durata dell’effetto di un’azione passata). Ma questa estensione di significato è stata fatale al perfetto, che non poteva coesistere con l’aoristo storico, che aveva posizione più solida. L’antico aspetto perfettivo del perfetto passò così alla forma perifrastica. Anche il congiuntivo presente tende a scomparire, perché nell’epoca ellenistica le sue finali coincidono con quelle dell’indicativo. Nell’indoeuropeo congiuntivo e ottativo si erano fusi in un unico modo. In greco, il processo di fusione si sviluppa in modo più chiaro, alla luce della storia: da Omero fino a circa il 400 a.C. i due modi hanno pieno sviluppo, verso il 200 a.C. l’ottativo si è gIà FOSSIlizzato. Questo dimostra che la scomparsa dell’ottativo coincide con il fiorire della koinè. L’ottativo viene eliminato per cause esterne e interne; Cause esterne: con l’adozione della koinè attico-ionica, l’uso corretto dell’ottativo presenta delle difficoltà per gli altri Greci e per i non Greci. Cause interne: l’ottativo non era usato già in attico per il modus irrealis. Già in Omero, all’ottativo irreale del passato si sostituiscono tempi con l’aumento. (maggiori dettagli 119-120) La storia dell’infinito nella koinè appare contraddittoria: da un lato perde terreno, dall’altro si estende l’uso dell’infinito sostantivato, che diventa vero e proprio sostantivo. Le altre costruzioni con l’infinito sono sostituite da preposizione+ congiuntivo, soprattutto nelle proposizioni secondarie. L’uso del participio resta frequente come nell’epoca classica. (pag.124) LEGGI EPILOGO E PREFAZIONE
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