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Riassunto storia delle religioni, Dispense di Storia Antica

Riassunto dettagliato cerruti

Tipologia: Dispense

2019/2020

Caricato il 20/04/2020

Santo79
Santo79 🇮🇹

4.7

(3)

15 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto storia delle religioni e più Dispense in PDF di Storia Antica solo su Docsity! STORIA DELLE RELIGIONI Capitolo I° INTRODUZIONE ALLA DISCIPLINA "STORIA DELLE RELIGIONI" "Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo" E. Montale (1923, Non Chiederci la Parola, Ossi di Seppia). La storia delle religioni non è una disciplina idiografica (studio secondo il metodo storico di un singolo ambito storico/culturale o una singola religione), si rifà bensì a un metodo storico- comparativo occupandosi della pluralità delle religioni studiandole universalmente. La disciplina in quanto storica non si ferma all'attualità del fenomeno religioso ma ricerca le origini e gli sviluppi di quest'ultimo in modo da comprendere il fenomeno odierno. Inoltre non deve formulare giudizi di verità ma piuttosto giudizi di valore. Percepire le affinità e le differenze tra vari contesti e fenomeni studiati nella fitta trama della storia è possibile grazie al graduale allargarsi del contesto culturale- religioso verso ambienti e fenomeni contigui e anche più lontani. Capitolo II° CENNI DI STORIA DEGLI STUDI: La metodologia di studio è abbastanza recente (metà XIX) anche se conosce antecedenti già dal XVIII secolo e l'interesse per le religioni sotto un profilo comparativo è molto più antico già Erodoto (484-425 a.C.) nelle "Storie" e Plutarco (45-120 d.C.) nel "De Iside e Osiride", comparano varie forme culturali e religiose della grecità con quelle di altri popoli. L'interesse comparativo nacque: 1. Dall'interesse delle etnie 'primitive' orientali e delle loro tradizioni religiose. 2. Dalla scoperta dei testi religiosi dell'India, i "Veda", dell'Iran, L'Avesta e di testi mesopotamici ed egizi. 3. Dagli studi linguistici dell'indoeuropeo. Le prime cattedre della disciplina nascono in Olanda per poi espandersi in Belgio e Gran Bretagna (Max Muller). F. MAX MULLER E LA SCUOLA DELLA "MITOLOGIA DELLA NATURA" Glottologo e studioso dei Veda partendo dallo studio filologico dell'indoeuropeo, un' antropologia ispirata al positivismo evoluzionistico, concentrandosi esclusivamente su ciò che fosse linguisticamente comparabile (es:Zeus con luppiter e Dyauspita Zeus in sanscrito Padre luminoso). Malattia del Linguaggio: tendenza di attribuire a nomi di entra ed eventi dea matura figure sovrumane: "nomina sunt numina", il gradino successivo sarebbe stato quello delle religioni cosiddette rivelate, le figure sovrumane altro non sarebbero che personificazioni degli oggetti e dei fenomeni della natura (Agni: divinità del fuoco, da Ignis), un semplice mito deve essere compreso su più livelli, anche su quello etimologico, Dafne che fugge da Apollo e si trasforma in alloro in realtà è anche l'aurora che fugge dal sole. Il fenomeno di personificazione/divinazione è però reversibile con tempo si sarebbe parlato infatti di un processo di laicizzazione di concerti divenuti religiosi. EVOLUZIONISMO E TEORIE INTERPRETATIVE DELLA RELIGIONE Fondamentale per la comprensione delle varie teorie evoluzionistiche il fatto che nello stesso secolo (XIX) ci fu il colonialismo fenomeno che porto a instaurare una fitta rete di contatti con le popolazioni africane, asiatiche, americane e australiane i 'Naturvòlker' (popoli di natura, ancora in uno stato semi-ferino). L'evidente diversità fu subito percepita come segno di estrema rozzezza e queste pratiche vennero circoscritte per raggiungere un'origine di un processo evolutivo che ha interessato presto o tardi tutta l'umanità. E.B. Tylor formulò la teoria dell'animismo (tendenza a considerare ogni cosa animata o non posseduta da spiriti malefici o benefici superiori all'uomo) accostando etnografia a studi classicisti. 2.1: L'ANIMISMO DI E.B. TYLOR La svariate teorie formatesi da temperie positivista ed evoluzionistica dell'epoca intendevano mostrare come tutta l'umanità avesse sperimentato nel tempo uno sviluppo unico e lineare nel senso evolutivo dal basso verso l'alto (teoria degli stadi successivi di Auguste Comte 1798-1857: ammeterebbero tre stadi dell'evoluzione religiosa dell'umanità: feticismo, politeismo e monoteismo; legata alla teoria di Tylor). Tylor pone l'animismo alla base dello sviluppo religioso dell'umanità. L'anima di cui si parla è un alter ego, un doppione intangibile e indivisibile posseduto da persone, animali e oggetti inanimati, un'anima-immagine che può agire in maniera indipendente dal suo proprietario, percepibile dall'uomo primitivo in stati di sogno o estasi. Tylor considera questa presenza animica come il patrimonio comune di tutte le culture in una fase originaria della storia. Questa credenza delle anime-doppio fu anche in grado di convivere con altre credenze di alcune culture arcaiche come la credenza nel cosiddetto 'Essere Supremo'. L'animismo si sarebbe poi sviluppato in politeismo secondo la ormai superata teoria Tyloriana, avendo alcune anime raggiunto una maggiore importanza rispetto ad altre, il monoteismo sarebbe la tappa ultima di uno sviluppo evolutivo dato dalla concentrazione in un unico personaggio divino dei vari Dei. Si considerò che le diversità riscontrate tra le culture erano dovute alla diversa posizione di quelle sui gradini di una medesima scala evolutiva che aveva a suo vertice il positivismo inglese. Le eccezioni erano considerate come istituzioni estranee al gradino evolutivo raggiunto da una cultura, sopravvivenze di istituzioni proprie di culture situate su un gradino precedente come il matriarcato o "Das Mutterecht" (diritto materno) opera di J.J. Bachofen (1815-1887) che riteneva di poter trovare nelle culture mediterranee in età pre-classica una cultura matriarcale, sulla base di notizie sulla popolazione dei Licii secondo cui i figli derivavano il proprio nome e status dalla madre mentre l'eredità passava di madre in figlia. Questi non sarebbero deviazioni da usi ellenici bensì sopravvivenza dell'istituzione matriarcale che avrebbe preceduto il patriarcato proprio del mondo classico. Il matriarcato viene inserito in uno schema evolutivo, a un gradino di una supposta scala che interesserebbe tutte le civiltà che in fase iniziale erano agamiche e poi seguite dal matriarcato vedendo così le donne inventare tecniche agricole e detenere il potere politico e civile (ginecocrazia) fino a giungere al patriarcato della cultura greca e romana. Anche se attendibile solo in parte questa teoria ci apre le strade verso conferme culture prevalentemente a tipo femminile avvalorate anche dalla costante presenza di figure sovrumane femminili a tipo ctonio (sotterranee) o terrestre. 2.2: J.G. FRAZER E LA MAGIA Frazer radicalizza la sua ricerca nell'individuazione di fasi a-religiose o non religiose, R.R. Marret allievo di Tylor stipulò la teoria del 'preanimismo' o 'animatismo' supponendo la preesistenza di forze impersonali presenti e attive nella natura, una sorta di potenza impersonale o 'mana' (termine melanesiano energia magica per i polinesiani). Di fronte a questa potenza l'uomo proverebbe uno stato emozionale di timore (awe) e di ammirazione (wonder). Solo in un secondo momento tale potenza può origine a potenze personali ovvero divinità. L'ipotesi pre-animistica non ha mai trovato conferme antropologiche o etnologiche (studio comparativo delle diverse culture umane) non essendo mai stati altro che determinare come si aggreghino tali elementi, l?analisi del linguaggio umano porterebbe all'identificazione di strutture oppositore fondamentali come alto/basso, freddo/caldo, crudo/cotto. Claude Levi-Strauss (1908-2009) ha applicato tale metodo allo studio dei miti, specialmente quelli amerindi (indiano-americani). R. OTTO E IL'SACRO' Pastore luterano e teologo, Otto si oppone a ogni impostazione evoluzionistica nello studio della religione. La sua teoria sulla natura e sull'origine della religione ha avuto larga influenza negli studi fino ai giorni nostri. Per lui l'essenza del fenomeno religioso non si identifica con le sue origini (come sostengono gli evoluzionisti), ma coincide con una realtà dotata di una suo ontologica consistenza, il 'sacro'. Tutte le religioni sarebbero da ricondurre a quella che lui chiama 'esperienza del sacro' nel senso non cristiano ma latino del termine: sacer, ovvero qualcosa di riferito all'esperienza del sovrumano che quindi deve rimanere intangibile. Otto definisce il sacro come 'numinoso' che intende la presenza di una personalità potente e misteriosa, oltre l'esperienza comune dell'uomo, 'completamente altra', con due facce complementari: 'fascinans' e 'tremendum' che attrae e che incute timore. Il sacro si manifesta sia a livello personale di 'rivelazione interiore' sia a livello oggettivo e storico con continue manifestazioni nella storia umana di 'segni'. Il contrasto con la storia qui è evidente, sicuramente Io storico dovrebbe analizzare senza essere influenzato dalle proprie credenze religiose conseguentemente una critica rivolta a Otto è proprio il fatto che la nozione del sacro non sia applicabile a tutti i contesti storici essendo applicabile solo ad alcune tradizioni religiose essendo chiaramente frutto della tradizione cristiana protestante di Otto e dipendente da alcune tradizioni filosofiche come il neokantismo. Anche l'esperienza del sacro, intangibile non è in quanto in nessuna religione del mondo appare allo stato puro, non contaminata dalla razionalità umana. LA FENOMENOLOGIA RELIGIOSA La fenomenologia della religione è presente già nel XIX secolo con tentativi di classificazione dei fenomeni religiosi, è una corrente di studi che ha le sue radici dottrinali nella svolta antipositivistica di Edmund Husserl (1859- 1938)che si prefisse di 'andare alle cose' ovvero di iniziare da ciò che la coscienza intuisce immediatamente e quindi di iniziare da fenomeno e non dai principi astratti. Si tratta di partire dall'esperienza intuitiva per poi coglierne l'essenza. Si inizia quindi a valorizzare il nucleo emozionale dell'esperienza religiosa come 'sentimento e gusto dell'infinito', in questo modo la religione autonoma che comincia con se stessa combatte il paradigma evoluzionistico. I fenomenologia tentarono di identificare l'essenza della religione e non la sua origine, le strutture e non gli stadi della stessa per arrivare all'essenza stessa. Essa è dunque scienza che intente studiare in maniera sistematica i fenomeni religiosi disseminati nel tempo e nello spazio, ordinandoli secondi tipi, forme e strutture. Se la fenomenologia studia 'ciò che appare', suo oggetto di studio è il fenomeno, non è più chiamata a 'spiegare' ma a 'comprendere' i fatti religiosi e a ciò può pervenire solo mediante una immedesimazione da parte dello studioso nei fatti religiosi stessi, una sorta di empatia o immedesimazione simpatetica del soggetto nell'oggetto. Si parla quindi non di definire la religione ma di partecipare e intuire il mondo religioso. G. VAN DER LEEUW Rappresentante del 'metodo del comprendere' della fenomenologia della religione, subisce in parte l'influsso di R. Otto, afferma cha alla base dell'esperienza religiosa ci sia il sentimento di 'distanza' in quanto l'esperienza del sacro è l'esperienza di una potenza distante, non accessibile all'uomo, il fenomeno invece è ciò che si mostra e ciò che mostra il sacro, prodotto dell'incontro tra soggetto e oggetto. Afferma che "la fenomenologia non sa niente di uno sviluppo storico della religione, a fortiori (a fortiori ratione) niente di una origine della religione". Analizza nella sua opera l'oggetto e il soggetto della religione, i loro rapporti (azione esterna: culti, riti e sacrificio; azione interna: fede, adorazione), cosmologia (origine) ed escatologia (fine) del mondo e infine delle 'forme' cioè le tendenze generali della varie religioni legato alla psicologia della forma corrente sviluppatasi in Germania tra le due guerre. Classificherà infatti le religioni in base a figure d'insieme, non stadi evolutivi diversi ma religioni 'storiche' cime strutture indipendenti dal tempo trattando appunto delle 'figure' ovvero delle tendenze espresse dalle varie religioni classificandole in base all'atteggiamento nei confronti della potenza assunta e predicata: 1: Allontanamento e fuga (confucianesimo, allontanamento degli dei dalle questioni umane); 2: Combattimento (manicheismo e zoroastrismo, di lotta continua tra bene e male); 3: Quiete (misticismo e pace); 4: Inquietudine (ebraismo, cristianesimo e islamismo); 5. dello slancio e della forma (religione greca interpretata da Nietzsche come effetto di una dialettica tra dionisiaco e apollineo); 6: Infinità e ascesi (induismo); 7: Nulla e pietà (buddismo), 8: Volontà e ubbidienza (religione di Israele come affermazione di Dio in contrapposizione ala negazione del divino e come ubbidienza nei suoi confronti); 9: Maestà e umiltà (islamismo); 10: Amore (cristianesimo). M. ELIADE Ultimo nome della corrente fenomenologica, lei stessa definisce il proprio metodo non fenomenologia ma morfologico e ermeneutico (interpretazione dei testi). tramite cui analizza le ierofanie o manifestazioni del sacro. Secondo Eliade l'uomo prende consapevolezza del sacro quando esso si manifesta, la storia delle religioni sarebbe quindi una serie di ierofanie, che possono manifestarsi ovunque, in una pietra, una pianta ecc. fino alla ierofania suprema che per un cristiano è l'incarnazione di Dio in Cristo, per Eliana quindi le differenze tra le religioni stanno tra gli oggetti in cui si manifesta il sacro, le unità invece sono giustificate con l'archetipo (strutture dell'inconscio collettivo che riemergono in tempi e luoghi diversi secondo Jung). Parallelo e di seguito alla ierofania c'è il simbolo che fa conoscere il non conoscibile per altre vie connettendo l'uomo al sacro. Archetipo, ierofanie e simboli rivelano il sacro manifestandosi nella storia ma anche trascendendola. Il sacro nella visione elidiamo è ciò che si oppone al profano e questa opposizione è la chiave di lettura per intendere la religione. Il sacro coincide con il primordiale integro e perfetto, luogo di verità e di significato; il profano con lo storico e caotico fluire degli eventi, imperfetto. Religione è quindi contrasti tra perfezione delle origini e miseria della storia, è evasione dalla storia. La storia quindi può annientare l'immagine di Dio per la società (es: il cristianesimo è una religione storica). Funzione del mito è fissare i modelli esemplari dei riti e di tutte le azioni umane significative. Homo Religiosus: 1: Umanità nei suoi aspetti religiosi; 2 uomo inserito nelle società tradizionali arcaiche o primitive; 3: l'essere l'uomo strutturalmente tendente al trascendente e al superamento della precarietà della propria condizione. R. PETTAZZON I E LA NASCITA IN ITALIA DELLA STORIA DELLE RELIGIONI Primo professore e promotore della storia delle religioni in Italia come disciplina autonoma fondata sul metodo storico-comparativo, con lui si va ad affermare l'autonomia della ricerca religiosa negata dalla posizione filosofica e storiografica crociana. In sostanza per Pettazzoni la Storia delle religioni, deve operare un'integrazione tra istanze dello storicismo e istanze della fenomenologia, l'uno per lo svolgimento l'altro per il riconoscimento del valore autonomo. La comparazione di Pettazzoni non è fenomenologia o evoluzionistica ma Storica non di tratti statici ma di processi dinamici, ad esempio senza una contestualizzazione nella civiltà greca la religione greca risulta inspiegabile, andando in contrasto con la scuola di Eliade che ved la religione come reintegrazione della pienezza originaria e restaurazione del tempo mitico contrapposto al tempo della storia. 8: INDIRIZZI DI STUDIO RECENTI Col tempo la storia delle religioni si è collocata in una posizione di subordinazione, con unico ruolo di raccolta dati, rispetto alle altre discipline della Scienza delle religioni come: 1: Antropologia religiosa che studia la categoria di 'homo religiosus' in quanto produttore di quei 'complessi simbolici' che sono le diverse tradizioni religiose; 2: Psicologia della religione che studia comportamenti e atteggiamenti individuali e sociali qualificati come religiosi cercando di comprenderne i fattori motivazionali, avendo come oggetto la psiche anche nelle sue manifestazioni religiose; 3: Sociologia religiosa che ha come oggetto la società nelle sue dimensioni e manifestazioni religiose; 4 Filosofia della religione che chiarisce la Filosofia della religione che chiarisce la portata filosofica dei problemi e dei concetti religiosi, interrogandosi sul senso e significato della religione stessa; 5: Teologia delle religioni che nella teologia cristiana ha come oggetto le religioni non cristiane, di fatto tutte le grandi religioni offrono ciascuna una riflessione teologica in merito alle altre religioni. Questo rapporto tra cristianesimo e altre religioni non cristiane è analizzato nella dichiarazione conciliare "Nostra Aetate" del Concilio Vaticano 11(1962-'1965) che descrive la Domanda religiosa come componente essenziale della natura umana, sottolinea il carattere comunitario della religione e analizza le varie differenze, nel rapporto con le altre religioni la missione cristiana è di testimonianza, annuncio e dialogo. Ci sono tre tendenze del cristianesimo: esclusiva, inclusiva e pluralista. La religione proviene dagli uomini, la rivelazione da Dio ed è il superamento della religione. 6: Ecologia della religione ovvero l'esame del rapporto tra religione e natura; 7: Etologia, che studia il comportamento degli animali in rapporto a quello umano, applicato alla religione studia il comportamento religioso umano in rapporto alla ritualità esplicata dagli animali, in alcuni casi l'homo religiosus agisce e diventa homo necans, sacrificando in modo cruento l'animale. Capitolo III° L'OGGETTO DELLA STORIA DELLE RELIGIONI 1: LA QUESTIONE DELLA DEFINIZIONE DI RELIGIONE Col dilagare di nuovi movimenti religiosi prima in USA e poi in Europa c'è la necessità di dare un valore legislativo al termine religione per intervenire con autorizzazioni, sovvenzioni ecc. Alcuni movimenti rinunciarono ad essere riconosciti come religiosi per polemica. Lo storico delle religioni per delimitare il proprio campo d'indagine e decidere quali fenomeni analizzare deve fare esplicito o implicito riferimento a una definizione di religione, si basa su un metodo positivo-induttivo nell'analisi dei concreti fatti storici basati sulle uguaglianze e diversità delle varie credenze dalle quali emerge indifferentemente uno degli aspetti tipici del fatto religioso. l'idea che l'uomo possa instaurare dei rapporti con entità potenti, invisibili e intangibili eppure reali rapporto che si concretizza in rituali e monoteistico unendo la ricerca della verità delle scuole filosofiche alla pratica della religio unendo culto e devozione nel legame con la divinità. Lo stretto lega me tra religio cristiana e ricerca della verità è attestato dall'uso del termine philosophia per designare la religione cristiana stessa, usato da alcuni autori cristiani: l'espressione vera philosophia,che pone una distinzione tra la ricerca che giunge alla verità e quelle altre ricerche pagane che la toccano ma senza mai raggiungerla pienamente. Questa tradizione è erede della patrios filosofia tradizionale del popolo ebraico. In antichità il termine filosofia esprimeva quella sintesi tra aspetti dottrinali e condotta di vita che poi si è tramutato nel significato del termine religione, la filosofia infatti richiedeva una sorta di conversione e ammetteva uomini santi come Socrate, Pitagora, Platone e Plotino. In sostanza per gli antichi al filosofia occupava il posto che per i successivi avrebbe occupato la religione. Nell'Octavius di Minucio Felice (uno dei primi autori cristiani del III secolo d.C. che scrive un'opera apologetica), si vede nel dialogo tra il pagano Cecilio e il cristiano Ottavio una riflessione speculativa sulla natura veritativa della religio con richiami al de natura deorum ciceroniano. Cecilio oscilla tra dogmatismo e scetticismo difensore della religio tradizionale rifiuta le verità cristiane, non conoscendo il vero si concentra sul verosimile, non sono gli dei ad aver creato lo stato ma lo stato ad aver creato gli dei, la cui venera zione è essenziale (religio). La religio è quindi staccato dalla verità, la posizione cristiana sulla verità è delineata da Tertulliano: Cristo è verità, non consuetudine termine inteso da Tertulliano come = moda del tempo, moda cultura le. LA NOZIONE DI RELIGIO IN AUTORI CRISTIANI DI LINGUA LATINA DEI PRIMI SECOLI Bisogna sempre tenere conto del contesto in cui si colloca una testimonianza scritta, Tertulliano 150-250 d.C. convertito dal paganesimo tratta in modo dottrinale e polemico sia i correligionari cristiani sia i pagani, cercando di difendere la nuova realtà cristiana (Apologeticum), realtà che già possiamo chiamare 'Religio Nostra',termine usato da lui stesso a cui affianca altre due modalità: Judaica Religio e in opposizione Romana Religio, tre diverse modalità quindi di rapporto uomo- divinità nella loro duplice componente ideologica e culturale di appartenenza nazionale (giudaica e romana) e universale (cristiana che ricerca la verità che appunto è universale)."Si diviene cristiani, non si nasce" con queste parole Tertulliano anticipa Agostino che riprende il termine religio nella sua derivazione di religere (non più rileggere ma scegliere nuova mente), definendo la religione come un complesso organico di credenze, pratiche cultuali e atteggiamenti etici, scegliendo nuovamente Dio che era stato trascurato. 'RELIGIONE': UNA NOZIONE ANA LOGICA La storia delle religioni in quanto scienza storica si qualifica per l'uso prevalente del metodo induttivo, non si può quindi partire da una definizione rigida e speculativa seppur serva comunque una definizione per orientare la ricerca a materiali religiosi e non di altro genere che non sia rigida ma indicativa o aperta, sulla base di ciò che nella cultura di base dello studioso è sentito come religione. Si tratta quindi di partire dall'esperienza culturale dello storico stesso come dice U. Bianchi, per poi allarga re progressivamente la propria esperienza a culture sempre più lontane nel tempo e nello spazio,analizzando in esse i fenomeni che presentano più analogie coi fenomeni che nella sua realtà culturale sono considerati 'religiosi'. Questo tipo di criterio analogico di natura scolastico - aristotelica implica un significato ne univoco ne equivoco che si fonda su aspetti comuni cioè la presenza di profonde affinità ma anche profonde differenze non essendoci lo stesso rapporto religione/religioni come per genere/specie, la religione non è un genere da cui derivano altre specie di religioni, come afferma Bianca l'analogia in questione è un' analogia per partecipazione' senza un 'ana logatum princeps' rispetto a cui misurare gli altri elementi analoghi, dunque verranno presi in analisi nella ricerca fenomeni più o meno periferici. ANALOGIA E UNIVOCITÀ:ANCORA SULLA DEFINIZIONE DI 'RELIGIONE' Per forma, contenuti e funzioni si è andato a privilegiare un aspetto su altri nel definire che cosa sia la religione, cioè l'univocità delle definizioni: M.E. SPIRO (1920-), antropologo americano definisce la religione come un "intera zione, culturalmente modellata, con esseri sovrumani culturalmente postulati'. Escludendo quindi le religioni come il Buddhismo. A. BRELICH (1913-1977): credenze e prassi religiose sono determinate dai bisogni di una società, nello specifico dal bisogno di proteggersi da ciò che con altri mezzi essa non è capace di domina re,mezzi quindi di controllare ciò che non è controllabile con altri mezzi umani. Negando così le teorie di Eliade o di Schmidt sull'esistenza passata, presente e futura di una religione primordiale. E. DE MARTINO (1908-1965): la religione ha una funzione destorificante, intesa al supera mento della 'crisi della presenza', ovvero dell'angoscia connessa all'esperienza creativa della storia e del vivere in questo modo. La religione quindi punterebbe a realizzare un'evasione dalla storia tramite il mito e il rito. La destorificazione che è attuata dalla religione è destinata a estinguersi in quanto non più necessaria per la coscienza umana orma i progredita. Pensieri inammissibili dal punto di vista storico religioso per Bianchi dato che si fondano su posizioni generiche, deterministiche e psicologistiche. F. SCHLEIMERMACHER (1768-1834), definisce la religione come 'sentimento di dipendenza assoluta'. PAUL TILLICH (1886-1965): la religione è un interesse supremo di un individuo o di un gruppo umano, si intende con religione l'essere toccato da un Problema, una questione ultima che mostra tutte le altre come solo transitorie. Uso del termine religione in relazione a sentimenti o atteggiamenti che implicano una dedizione in qualche modo assoluta o ultima, di fatto questo sposta il problema della definizione di religione senza affrontarlo in quanto la dedizione assoluta o ultima di una persona dipende dalle priorità di quest'ultima e quindi potrebbe non essere direzionata alla religione ma ad altri aspetti della vita. 'RIDUZIONISMO' E 'ANTIRIDUZIONISMO' Nella storia degli studi i vari tentativi di definire cosa sia la religione si sono spesso accompagnati interpretazioni riduzionistiche della religione stessa, riducendola appunto a altri aspetti e dimensioni, non religioni, della religione cultura le in cui una religione si colloca e più in genera le nella sistematica spiegazione della religione mediante la non- religione. Come disse Bianchi: il riduzionismo consiste nel ricorso programmatico a categorie concettuali e reali diverse da quella religiosa per spiegare l'insorgere e il perdurare della religione, o la natura di questa. Ci sono diverse forme di riduzionismo tra cui: RIDUZIONE RAZIONALISTICA della religione, quando si ammette la necessità di eliminare i contenuti di fede da una religione: Giordano Bruno (1548-1600) e B. Spinoza (1632-1677) che riconoscono una forte differenza tra la forma religiosa superiore dei dotti rispetto alla forma grossolana e legata alla superstizione del volgo. RELIGIONE RIDOTTA ALLA RAGIONE Hegel (1770-1831):filosofia e religione hanno lo stesso oggetto ma la filosofia studiandolo sul piano della ragione supera la religione che lo studia sul piano imperfetto della rappresentazione e del mito. Con la filosofia il Dio della religione muore e risorge come Spirito assoluto. RIDUZIONE MORALISTICA della religione: I. Kant (1724-1804), in cui si pensa che le religioni siano forme imperfette di impegno etico mentre la vera religione sarebbe costituita della sola vita mora le. Nella critica della ragion pratica Kant afferma che la religione è coscienza di tutti i nostri doveri come comandi divini; J. Dewey (1859-1952) afferma che la religiosità autentica è la moralità toccata dall'emozione mentre riti, credenze e istituzioni religiose sono del tutto accessorie se non dannose. RIDUZIONE DELLA RELIGIONE ALL'ANTROPOLOGIA: L.Feuerbach (1804-1872) in cui oggetto e soggetto della religione coincidono, Dio è l'uomo sottratto ai suoi limiti, l'uomo è proiettato sul piano del trascendente, la religione è una proiezione psicologica dell'uomo che s'innalza al disopra dei propri limiti,teologia è antropologia, l'Incarnazione conferma questa ipotesi secondo Feuerbach. RIDUZIONE SOCIOLOGICA: (positivistico- comtiano, marxiano ecc), analogo al precedente ma ipotizza la religione come ipostatizzazione (=incarnazione assoluta) dei legami sociali. RIDUZIONISMO PSICOLOGICO: S. Freud (1856-1939): la religione è esito di eventi della storia psichica dell'individuo, eventi esemplarizzati in un presunto evento primordiale; C.G. Jung (1875- 1961): l'inconscio collettivo trasmette quegli archetipi che sono alla base delle varie mitologie; D. Hume (1875-1961): origine della religione dalla paura. RIDUZIONISMO PSICOPATOLOGICO: matrice legata a malattie psichiche. Le diverse interpretazioni riduzionistiche possono dividersi in due tipi: Riduzionismo ad EXTRA che riduce il religioso a ciò che non è religioso e Riduzionismo ad INTRA che individui lo specifico del religioso in un suo elemento o in una sua componente o sia alla ricerca di pretesi minimi comuni all'interno delle religioni. Gran parte di questo riduzioni tendono ad affermare la prossima eliminazione o i superamento del fatto religioso, lo stesso Marx considerava la religione come 'oppio del popolo', nata dalla miseria sociale come realtà oltremondana dei poveri e degli emarginati e sfruttata dalla classe dirigente per i propri desideri e che quindi con il miglioramento della situazione economica la religione non avrebbe avuto più senso. A combatte re il riduzionismo si sono mossi esponenti della fenomenologia della religione come R. Otto e M. Eliade. Identificando il fenomeno religioso come irriducibile e autonomo con univoco aspetto e univoca sostanza. VANIFICAZIONE E DECOSTRUZIONE DELLA CATEGORIA 'RELIGIONE'? In direzione decostruttiva si è posto un indirizzo di studi recente di D. Sabatucci (1923-2002) che propone la 'vanificazione' della religione, espressione occidentale di matrice cristiana che quindi non può essere applicata ad altre culture, questo vanificazione dell'oggetto religioso si attua all'interno di una prospettiva di marca storia affermando Sabatucci che "lo storico deve muoversi dall'ipotesi che tutta la sua materia sia riducibile a cause umane. Su piano internazionale: W.C. Smith (1916-2000) religione è quella 'tradizione cumulativa' che esprime attraverso elementi 'esterni' e osserva bili l'aspetto 'interno' costituito dalla fede persona le nella trascendenza, in modo che ogni studio tenga conto della distinzione tra fede e tradizione, suo intento è porre le premesse per una convivenza pacifica tra i popoli in una società divenuta ormai post- cristiana e multireligiosa. Eric J.Sharpe (1933-2000) per lui la categoria denominata 'religione' è una costruzione intellettuale, un espediente con cui la passione razionalista per le classificazioni si fisionomia culturale dei popoli insieme ad altre espressioni come economia, società e politica. Sono espressioni religiose di tutte le popolazioni cosiddette primitive o illetterate dette religioni etnologiche (interessano gruppi umani di ridotte dimensioni, quali gruppi umani di ridotte dimensioni); ma anche delle società del passato (greca, romana, giapponese) dette religioni nazionali (interessano entità che possono essere definite 'nazioni' intendendo con tale termine una molteplicità di gruppi umani uniti da determinate caratteristiche come lingua, tradizioni, istituzioni e religione), come Roma e la Grecia caratterizzate da tanti punti di affinità come il politeismo ma anche da tante differenze come la frammentarieta della Grecia e l'unica compatta identità cittadina romana. CAPITOLO TERZO: RELIGIONI FONDATE La loro origine è attribuibile all'azione di una personalità con connotazioni storiche più o meno nette e percepibili, elaborando e diffondendo il proprio messaggio dando impulso a una nuova formazione religiosa, tale messaggio è elaborato e comunicato ai discepoli nonché affidato ai testi che nel complesso formano un 'canone', di carattere normativo e vincolante la cui accettazione o rifiuto indicano l'appartenenza o meno di un singolo a un contesto religioso. Da sottolineare anche i casi in cui il fondatore fondi in maniera intenzionale e programmatica come il caso di Mani (216-276 d.C.) fondatore del manicheismo che voleva dare vita a una nuova tradizione religiosa, talvolta la nuova religione tende a non amalgamarsi alla situazione in cui si trova e quindi risulta essere specialmente se creata con intenzionalità del creatore una serie di comunicazioni di un personaggio particolarmente carismatico. Gesù di Nazareth non aveva intenzione di fondare il cristianesimo e di soppiantare così il giudaismo, simile quindi a profeti come Zoroastro e Maometto, diverso da Buddha il cui messaggio prescinde dalla nozione di una divinità personale. Stesso il fondatore si trova in contrasto con la relata precedente, Maometto rifiuta le anteriori credenze dell'islamismo ad esempio che nasce come religione etnica, con una demonologia tutt'altro che monoteistica come il messaggio maomettano. CAPITOLO QUARTO: RELIGIONI NAZIONALI E RELIGIONI UNIVERSALI Le religioni nazionali sono quelle etniche pertinenti ai popoli di alta cultura che intendono costituire l'espressione religiosa peculiare della loro nazione accettando anche di convivere con altre tradizioni religiose e specifici complessi cultuali es: Sumeri, Assiro- Babilonesi, Egizi, Greci e Romani. Il conflitto tra tradizioni religiose subentra in caso di guerra, la vittoria di un popolo su un altro è la vittoria delle divinità sulle divinità di un altro popolo, a Roma ad esempio gli dei perdenti venivano invitati a passare dalla parte dei romani. Seppur caratteristica del monoteismo anche alcune religioni politeistiche ammettevano l'universalizzo e quindi la comunanza di alcuni dei a più culture. Lo shintoismo espressione dei valori nazionali ha accettato la copresenza nel 552 d.C. del buddhismo, esattamente come faceva Roma, accettando con Costantino il cristianesimo. Le religioni universali innanzitutto prevedono la presenza di una vocazione, di una tendenza, di una apertura universale, si rivolgono a ciascun individuo e conseguentemente a tutti indipendentemente dalla loro appartenenza etnica, si basano su un messaggio universale di salvezza, non limitato a gruppi specifici ma a tutti. Es: cristianesimo (personalismo: contatto personale col divino) islamismo, buddhismo, induismo (seppur profondamente legato a una dimensione etnico- geografica) e giudaismo (seppur con qualche remora ad esempio non si diventa ebrei per conversione ma per diritto di nascita). Pettazzoni analizza la similarità funzionale tra cristianesimo e buddhismo osservando nei due "somiglianze inerenti al loro svolgimento, alle loro interferenze con altre religioni, ecc, In linea generale, il Buddhismo attua in Oriente quel trapasso dal tipo antico della religione nazionale al tipo moderno della religione supernazionale che nell'Occidente è stato attuato dal Cristianesimo". CAPITOLO QUINTO: CULTI COSMOPOLITICI O SOVRANAZIONALI Alla nozione di culti rispondono quei complessi mitico-rituali che ricevono la denominazione di cosmopolitici o sovranazionali, solitamente di origine orientale che si diffondono fuori dai propri confini nazionali trovando accoglienza a livello pubblico e privato, presso popoli di diversa cultura e tradizione (culti misteri, baccanali ecc), rivolgendosi all'individuo e alla sua decisione autonoma di aderire ad essi. Piuttosto di religioni cosmopolite si deve parlare di culti cosmopoliti. Una prospettiva di tipo monoteistico e universalistico-individualistico invece non ammette compromessi con altre forme religiose essendo impossibile essere fedele sia a Jahwè che a Ahura Mazda (zoroastrismo). I pagani romani infatti non puntarono a riportare in voga il politeismo per un motivo religioso bensì per un gioco politico di poteri contro il cristianesimo. CAPITOLO SESTO: POLITEISMO, MONOTEISMO, DUALISMO, MONISMO. RIFLESSIONI INTRODUTTIVE Le prossime tipologie religiose sono costruite sulla base di un criterio discriminante diverso da quello che finora ci ha fatto distinguere religioni etniche, nazionali, universali e culti cosmopolitici. Un criterio costituito dal contenuto dottrinale: da una componente teologica di una forma religiosa ovvero la concezione, percezione e rappresentazione del divino, in termini più generali del livello del supra e del prius. Un limite di questo criterio è l'esclusione delle culture tribali senza una tradizione scritta non costituite quindi da contenuti 'teologici' offerti invece da religioni come il politeismo, monoteismo, dualismo e monismo. Inoltre va osservato che le tipologie storiche che ora verremo a trattare si pongono in maniera diversa in rapporto con le diverse e diversificate culture e le loro storie religiose, infatti i politeismi si identificano come le alte culture del mondo antico, i monoteismi invece come il frutto di predicazioni profetiche, i dualismi si offrono come tendenze interpretativi dei patrimoni politeisti e monoteisti oppure si identificano con intere tradizioni religiose come o zoroastrismo che è monoteistico e dualistico al tempo stesso, il monismo invece si esprime come un interpretazione del patrimonio religioso e dottrinale di politeismi (antico vedico). quindi da contenuti 'teologici' offerti invece da religioni come il politeismo, monoteismo, dualismo e monismo. Inoltre va osservato che le tipologie storiche che ora verremo a trattare si pongono in maniera diversa in rapporto con le diverse e diversificate culture e le loro storie religiose, infatti i politeismi si identificano come le alte culture del mondo antico, i monoteismi invece come il frutto di predicazioni profetiche, i dualismi si offrono come tendenze interpretativi dei patrimoni politeisti e monoteisti oppure si identificano con intere tradizioni religiose come o zoroastrismo che è monoteistico e dualistico al tempo stesso, il monismo invece si esprime come un interpretazione del patrimonio religioso e dottrinale di politeismi (antico vedico). quindi da contenuti 'teologici' offerti invece da religioni come il politeismo, monoteismo, dualismo e monismo. Inoltre va osservato che le tipologie storiche che ora verremo a trattare si pongono in maniera diversa in rapporto con le diverse e diversificate culture e le loro storie religiose, infatti i politeismi si identificano come le alte culture del mondo antico, i monoteismi invece come il frutto di predicazioni profetiche, i dualismi si offrono come tendenze interpretativi dei patrimoni politeisti e monoteisti oppure si identificano con intere tradizioni religiose come o zoroastrismo che è monoteistico e dualistico al tempo stesso, il monismo invece si esprime come un interpretazione del patrimonio religioso e dottrinale di politeismi (antico vedico). POLITEISMO Non si può parlare di politeismo in sede storico- religiosa senza avere presente una serie di cautele metodologiche, il politeismo non ti pone come unica alternativo al monoteismo essendo applicabili al contesto religioso delle alte culture non riferibile alle svariate credenze delle culture etnologiche; in più i 'molti' dei possono essere presenti in orizzonti non politeistici e I"uno' può essere presente in orizzonti non monoteistici, si deve quindi distinguere la qualitas dell'uno dalla qualitas dei molti: l'unicità può avere più valenze (unico dio per il monoteismo e unico principio per il monismo); viceversa la molteplicità (molti può essere oggetto di culto nella tradizione religiosa araba preislamica, oppure i molti dei della religione greca legata alle poleis. La categoria storico-religiosa quindi di politeismo non è univoca ma analogica in modo tale da coprire una serie di fenomeni legati tra loro da affinità e differenze, continuità e discontinuità. Laddove il monoteismo è considerato intollerante e violento invece il neopaganesimo contemporaneo è legato a una forma ideologica che avrebbe garantito nella storia pluralismo e tolleranza. Categoria negli anni recenti oggetto di approcci decostruzionisti, una critica che si fonda sulla denuncia del carattere culturalmente condizionato delle categorie definitorie in questione e nello specifico nella categoria del politeismo conosciuta come polytheia=molti dei, autori giudaici e cristiani infatti denunciavano la pluralità di potenze divine proprio sulla base di tale definizione, termine usato da Jean Bodin (1529-1596) in età moderna ma di conio ben più antico attestato già in Filone Alessandrino (ebreo ellenizzato della prima metà del I d.C.) nel suo tentativo di affermare la superiorità del monoteismo ebraico. Il riconoscimento di molti autori come Lucano ed Eschilo della molteplicità delle presenze divine attive nello scenario cosmico e umano era esprimibile tramite una specifica formazione linguistica prima di connotazione di tipo valutativo e limitata alla registrazione di un dato obiettivo; lo storico delle religioni pertanto pur consapevole dei condizionamenti culturali e dell'uso influenzato del termine politeismo, non sente alcuna necessita di abbandonare questa categoria definitoria oggetto di indagini ispirate da una corretta metodologia comparativa. PER UNA STORICIZZAZIONE DELLA CATEGORIA DI POLITEISMO Con il termine politeismo si intende un tipo di credenza e prassi religiosa implicante un pluralità di esseri sovrumani, con determinate caratteristiche, verificatasi in relazione a determinati svolgimenti storici come l'affermarsi delle alte culture o civiltà superiore del mondo antico. Proprio l'invenzione della scrittura è il dato decisivo per distinguere due grandi aree culturali alle quali corrispondono dei fenomeni religiosi, in sostanza il fenomeno delle alte culture sorge in concomitanza con l'invenzione della scrittura e si pone in stretto rapporto con un altro fenomeno: lo stanziamento di comunità e l'agricoltura (fenomeno molto giovane rispetto alla storia umana), l'aratro e la semina (6000 a.C.) furono un fatto decisivo nella storia dell'umanità, avvenuto per quanto riguarda l'ambiente mediterraneo e orientale in Mesopotamia per poi giungere in Egitto, insieme alla scrittura (3000 a.C.). Insieme sono causa di un fenomeno di accelerazione culturale determinando le strutture politiche e anche dualistica fonda la sua dottrina sulla dicotomia tra anima e corpo l'una imprigionata nell'altra, ogni forma di felicità va perseguita in questa terra perché la morte attende l'uomo e il corpo sarà la tomba della sua anima. Gli Orfici erano particolarmente affezionati alla narrazione mitica relativa a Dioniso (non il Dioniso figlio di Semele e Zeus ma quello allevato da Demetra e poi affidato ai titani) quale soggetto di una vicenda drammatica che viene a fondare il dualismo di cui era portatone l'orfismo: i Titani che sono dei bruti lo assalgono lo fanno a pezzi e lo sottopongono a un duplice trattamento di cottura (bollitura e arrostitura), questo mito per gli orfici era in realtà un'ideologia di rifiuto del sacrificio cruento di animali che l oro vedevano come un delitto, scoperto il misfatto Zeus punisce i Titani fulminandoli e da qui in poi fu creata l'umanità dai fumi delle ceneri dei giganti che si erano cibati delle carni di Dioniso. Il fine del mito è di mostrare l'origine e la natura (aggressiva) degli uomini contaminati dalla colpa dei titani, una sorta di peccato originale. Presso gli Orfici si praticavano i TELETAI ovvero i rituali di purificazione mirati a separare la parte titanica violenta da quella divina. La vita orfica era sostanzialmente vegetariana, non si sacrificavano ne mangiavano gli animali. CULTI MISTICI E MISTERICI DI ORIGINE ORIENTALE Culti di origine orientale che si diffondono in Grecia e in Occidente dopo Alessandro Magno e la Battaglia di Azio, amalgamandosi e sovrapponendosi alla cultura locale almeno fino all'editto di Teodosio che (392 d.C.) vieta la pratica del culto pagano. I più famosi erano i culti mitico-rituali relativi a Cibele e Attis (Iside e Osiride), culto pubblico nella Roma aristocratica, espresso nei giochi megalesia, unici dei venerati allo stesso modo in tutto l'Egitto e anche altrove come ci dice Erodoto, anche la loro vicenda è legata alla sofferenza come il culto orfico di Dionisi, l'isismo è documentato da inni o litanie chiamati aretalogie, in epigrafie del mondo greco e in documenti letterari. GLI 'DEI IN VICENDA' Parliamo quindi di culti che anche se estesi fino all'Occidente, impongono ai partecipanti un'iniziazione e un divieto di condivisione dei contenuti a quanti sono esterni, culti che nei paesi di origine non conoscono una dimensione misterica ma solo una fisionomia 'mistica', per il coinvolgimento di divinità mistiche greche o comunque affini, per le connessioni agrarie e atonie e per il coinvolgimento in faccende sempre drammatiche. Nel contatto col mondo greco alcuni complessi mitico-rituali orientali di aspetto mistico assunsero la dimensione esoterica ed iniziatica, ossia misterica eliminandone quindi la dimensione pubblica. Tale trasformazione è sicuramente legata a profondi mutamenti sociali e spirituali dell'ellenismo e dell'età imperiale. Dopo le prime ostilità del periodo repubblicano (affare Baccanali), in età imperiale i culti di origine orientale conoscono una grande diffusione (Cibele e Attis, Iside e Osiride, Mithra e Giove Dolicheno) Questi culti venivano incontro a un bisogno di fede sempre più forte non più limitata all'ambito cittadino o regionale ma tale da accomunare gli uomini di ogni nazione e rango sociale, rispondendo al contempo a esigenze diffuse di universalismo e al contempo di personalismo, si inizia infatti ad affermare una forma di religiosità personale, già sentita della religione tradizionale romana, con divinità più sollecite nel rispondere ai bisogni dei singoli uomini con più prospettive di salute e salvezza prima e dopo la morte. Come abbiamo visto si tratta di divinità singole (Mithra) o in coppia (Iside e Osiride...), vicende caratterizzate da profondi lutti e crisi a cui però segue una soluzione positiva, allo stesso modo i riti offrono ai fedeli una speranza di soluzione dei propri dolorosi problemi. La più antica categoria di 'dying and rising gods' o 'dying gods' di i. George Frazer è ormai superati, ma in riferimento a questa linea interpretativa Bianchi utilizza la formula 'dei in vicenda' (legato alle categorie del mistico e del misterico) o 'dei patibili'. Di base il culto narra di una dea superiore e di una divinità maschile inferiore a lei (entrambi legati alla sfera della fecondità)che viene colpito da una tragedia, muore lui o muoiono entrambi, o per poi risorgere, infatti si tratta di una 'trasferimento' non della morte e qualora non fosse esplicito viene implicito che la morte non è definitiva e che sarà annientata, destinata a cambiare come il susseguirsi delle stagioni (immagine molto evocativa visto che stiamo parlando dei culti misterici), un altro esempio può essere la 'repetita mortis imago' di Adone amante di Afrodite oggetto intransitivo e non protagonista di una ripetitività del rito che ci narra Ovidio invitando la dea a non piangere ulteriormente per una morte che è destinata a ripetersi in modo perpetuo in quanto il rito era ripetuto annualmente ('il bel morto' pur rimanendo morto non verrà intaccato dalla putrefazione ma resterà bello), i personaggi morti sono più caratterizzati dalla loro assenza che dalla loro presenza, un ciclo che perdura per la loro assenza e si conclude al loro ritorno, chiaro riferimento alla vicenda stagionale e al rinnovo della natura. Il genere di dio in vicenda non è caratterizzato da un dio univoco ma da tanti dei analoghi con affinità e divergenze. IN CASO PARTICOLARE: MITHRA E MITRAISMO IN ETÀ IMPERIALE Dio in vicenda il cui culto di origine orientale si diffuse nei domini romani tra la fine del I d.C. e il IV d.C., rispetto agli altri offre differenze di contenuto e di struttura rispetto al proprio contesto nazionale. Il culto di Mithra (dio iranico), dopo un periodo oscuro di 'incubazione' durato secoli nei quali le tradizioni iraniche andavano a fondersi con apporti anatolici e greci, esplose tra gli ambienti cittadini e militari dell'impero romano, aperto a soli uomini, privo di dimensione pubblica, chiuso alla cerchia degli iniziati e celebrato all'interno di oscure spelonche, proponeva un'ideologia di ispirazione cosmologica e un'etica severa di impegno attivo nel sociale sull'esempio del 'dio invitto' Mithra, al punto da offrire in momenti di profonda crisi supporto all'identità politico-religiosa romana pagana in crisi. Mithra definito dalle fonti come dio 'invitto' è un'anomalia in quanto la sua vicenda mitica non conosce sparizioni, sconfitte, morti, è più uno shonen: prove, fatiche e difficoltà, con atto fondamentale la tauroctonia (ricerca, cattura, uccisione del toro), il sacrificio del toro infatti tramite il suo sangue eterno sarebbe un rito di salvezza ('et nos servasti aeternali sanguine fuso' -Prisca III d.C.), gli iniziati di Santa Prisca non si aspettano una salvezza futura in prospettiva escatologica ma riconoscono che il dio li ha salvati tutti e definitivamente, una salvezza biocosmica. Tale prospettiva di salvezza intramondana si unisce alla prospettiva che vede Mithra ascendere al cielo e unirsi col Sole fino al cielo delle stelle fisse (attestata nella 'Contra Celsum' - Origene d'Alessandria 185-254), tematica di ascesa delle anime all'interno di un cosmo concepito non come un carcere ma come una scala che porta all'aeternitas, il cielo delle stelle fisse. Essendoci solo l'ascesa e non la discesa questa visione cosmosofica implica una visione misteriosofica del cosmo stesso nel contesto di una vicenda dell'anima. MISTERI E SALVEZZA. STUDIO DI UN CASO: IL 'DIO SALVATO' Dopo F. Cumont e le sue opere è invalsa l'abitudine di considerare i culti di origine orientale come religioni di salvezza: ci sono però varie accezioni di salvezza però: o etica come la salvezza cristiana di redenzione oppure in senso orfico-platonico e misteriosofica come liberazione da mondo e dal corpo (Metamorphoseon libri di Apuleio); tali rituali ci vengono testimoniati dall'apologista cristiano Firmico Materno nel 'De errore profanarum religionum' (343-346) indirizzato agli imperatori Costante e Costanzo Il perché prendano provvedimenti per il definitivo abbandono dei culti pagani, descrive infatti un rituale notturno durante il quale vengono fatte manipolazioni sulla statua di un dio innominato (tono polemico, lui ex pagano, già nel 341 era stato emanato un editto contro la superstizione e le follie dei sacrifici pagani). Il rituale consisteva nello smembrare e poi ricomporre la statua, per questo si pensa che il dio in questione fosse Osiride, dopo il pianto per la smembratura del dio il celebrante unge la gola agli iniziati e mormora la formula rituale: Gioite o iniziati del dio salvato ci sarà infatti per noi la salvezza dai dolori. Non solo quindi salvi dalla morte ma nella morte in quanto potranno aggiungere elisio aldilà, liberi dai dolori, illuminati dalla luce (Iside). La tipica interferenza tra i piani divino e umano propria dei riti mistici e misterici qui si realizza sul piano dei fatti (i dolore), dei sentimenti e degli atteggiamenti (atteggiamento della dea che passa da negativo e il lutto a positivo condiviso con gli iniziati) e degli effetti (lieta conclusione e soluzione sperata delle sofferenze dei due dei e dei mortali iniziati). Se la salvezza (soteria) è la liberazione dai dolori (ponoi), come interpretiamo questi ponoi? Bianchi:" l'uso assoluto di ponoi e soteria assicura che non si tratta di un qualunque dolore ma del dolore per eccellenza, del male intrinseco all'esistenza umana, non si tratta di una salvezza qualunque ma di una salvezza da quell'universale dolore che si celebra nell'intimo di ogni individuo nell'ora in cui la morte lo identifica in maniera incancellabile sostanzialmente la salvezza dal dolore sarebbe la buona sorte dopo la morte come le buone speranze relative ai testi dei culti eleusini (che prevedono non la salvezza ma un privilegio all'iniziato che ha comunque un destino comune coi non iniziati nella morte). Firmico poi oppone Cristo che risorge al dio innominato che invece resta morto (gne gne), dimostrando rifiuto e ripugnanza, pare che con questo idolo ci sia una certa connessione col l'idolum del Gionicolo rinvenuto a inizio '900, giovane in bronzo con 7 spire di serpente intorno al corpo e una testa sulla testa (III- IV d C.) di dubbia origine probabilmente nasce dal sincretismo di tante culture pagane che facevano fronte comune contro il cristianesimo che dilagava, la forma ricorda una mummia egizia infatti veniva messo in posizione di riposo, di quiete per la maggior parte dell'anno (ciclicità dettata anche dalle spire del serpente avvolte), (come il bel morto Adone che seppur morto vede avendo gli occhi aperti). OSSERVAZIONI CONCLUSIVE In nessun caso si ammette che la soteria sia apportata dalla sofferenza, morte o resurrezione degli dei (ad eccezione del culto mitreo). La salvezza è sperata per una sorta di parallelismo tra le vicende del dio e quella dell'uomo. Nessuna delle figure divine per di più muore volontariamente, non c'è nessuna intenzionalità salvifica del dio verso l'uomo. Il 'dio in vicenda' più che come salvatore appare come un salvato, in quanto ricomposto durante il rito come da testimonianza di Firmico. La coppia divina ha una sua funzionalità, il dio minore in vicenda mentre la dea coinvolta nella vicenda ma più stabile (Mithra che è solo non è salvato ma salvatore), i riti quindi si differenziavano sulla base del genere di salvezza garantita, se individuale o collettiva, se salvezza come redenzione dalle colpe (cristianesimo), se salvezza come liberazione da questa esistenza vista come frutto di una colpa pregressa causata da un male ontologico (=già insito nel corpo) (culti misterici). La Soteria nel cristianesimo ha una portata qualitativa ben diversa in quanto religione universalistica, salvezza collettiva e individuale, aperta a tutti gli uomini in quanto tali non in quanto parte di un ethnos, gli
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