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Riassunto: Storia delle televisioni in Italia. Dagli esordi alle web tv, Sintesi del corso di Storia Della Radio E Della Televisione

Riassunto per capitoli del libro Storia delle televisioni in Italia. Dagli esordi alle web tv di Irene Piazzoni.

Tipologia: Sintesi del corso

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Scarica Riassunto: Storia delle televisioni in Italia. Dagli esordi alle web tv e più Sintesi del corso in PDF di Storia Della Radio E Della Televisione solo su Docsity! STORIA DELLE TELEVISIONI IN ITALIA Dagli esordi alle web tv Irene Piazzoni Introduzione La televisione è anche un'attività editoriale in cui si combinano testi e telespettatori. La televisione è un racconto popolare permanente, una forma del vivere, un luogo allo stesso tempo immaginario reale in cui si realizza la realtà ed è lo specchio di una comunità in un dato momento storico. Durante il corso degli anni la televisione e la sua diffusione all'interno della società ha favorito uno stato di generale miseria intellettuale, dal punto di vista di scolarizzazione, consumo di libri e quotidiani. La televisione degli anni 50 e 60 è ricordata nel suo splendore per la qualità e il tono dell'offerta, ma anche per la sua capacità di rappresentare la società e i suoi bisogni: un paese molto arretrato attraversato da aspri conflitti politici e sindacali, segnati da fratture ideologiche e radicate appartenenze. Intento pedagogico della primigenia televisione. Grazie alla televisione si pensa all'Italia del domani, un'Italia più moderna e più colta e per questo motivo la televisione non viene differenziata a seconda dei livelli culturali, ma propone un palinsesto uguale per tutti. Coinvolgere le masse di pubblico, televisione come mezzo di consumo di mass, Lo spettatore è diventato massa. Diventano importanti i quiz, le lotterie musicali televisive, si rafforza il mercato culturale dell'immaginario e dello svago seguendo l'esempio statunitense. Verso la fine degli anni 60 la società entra in crisi, così come il sistema politico ed economico dell'Italia. I partiti varano la riforma della Rai aprendo la fase del controllo parlamentare e della lottizzazione portando al crollo del monopolio: dal momento che il potere della DC in Rai era stato ridimensionato dalla riforma, questo e alla ricerca di nuove soluzioni mentre altre correnti cercano di spostarsi verso il settore privato. La televisione degli anni 70 rappresenta perfettamente la società italiana del tempo. In questo clima nasce la TV commerciale in cui cominciano a girare le prime pubblicità e, quindi, un nuovo modo di vedere la tv in cui si staglia la figura di Silvio Berlusconi che batte gli editori storici con la sua abilità e determinatezza. Berlusconi propone una televisione americanizzata, risulta meno bella, più pacchiano e chiassosa ma più in linea con le esigenze di svago, l'immaginario, le speranze e i valori di riferimento di quella società impaziente di lasciarsi alle spalle gli anni della disoccupazione, del terrorismo, degli scontri sindacali e ideologici. I suoi network si proclamano apolitici e aculturali, puntando ai beni di consumo, alla visibilità, a maggiori opportunità di divertimento e conoscenza e edonismo. La televisione diventa un dispensatore di programmi volti in primis a intrattenere. Inizia l'era della concorrenza tra la Rai e la Fininvest di Berlusconi: la TV commerciale nata con l'obiettivo del profitto, invece la Rai è indotta a mantenere la natura di servizio pubblico, visto che anche il canone la finanzia. La televisione italiana si contraddistingue dal trait d’union tra televisione e sfera politica. La televisione cambia col modificarsi della società e aderisce ai valori, alle tendenze e a tutto ciò che la società necessita. La Rai ha sempre seguito le esigenze della società a prescindere dalle volontà del governo. La Rai “democristiana” è monopolista, governativa, cattolica, ma influisce lo stesso sui processi di emancipazione e secolarizzazione che interessa il paese tra gli anni 50 e 60. La Rai postriforma è pluralista e parlamentare e influenzata dalle scelte dei partiti della maggioranza, è lo specchio dei conflitti che attraversano la società e si trova a metà tra passato e futuro. La Rai degli anni 80 porta all’estremo il potere dei partiti anche se coincide con la stagione dell’allargamento della distanza tra la classe politica e i cittadini. Successivamente la fine della Prima Repubblica conduce a un’altra frattura e a una ulteriore ricomposizione anticipando una crisi sempre più evidente che riflette l'incapacità del paese di rinnovarsi radicalmente. La Rai di Bernabei, propone contenuti di qualità, eleganza e popolarità che unisce una cultura alta e una bassa costituendo un ponte tra l’élite e le masse. Verso la fine degli anni ’70, la proposta televisiva di Rete2 di Massimo Fichera rivela la cultura di stampo socialista, dinamica, provocante, libertaria, aliena dai paternalismi, ostile, in tempi di compromesso storico, al marchio cattocomunista e in competizione con quella diretta da Mimmo Scarano verso cui si rivolgono i democristiani e quelli del PCI. La Raitre di Angelo Guglielmi utilizza formule originali per raccontare la realtà con la realtà. La TV commerciale rimanda a una identità complessiva è un modello editoriale costruito in costante contrasto con la Rai. Nasce con l’intento anti-pedagogico e opera per raggiungere share e contattare i target di pubblico, ed è piena di pubblicità. Anni 80 boom dell’offerta televisiva. Con l'evolversi delle varie tecnologie e la centralità della televisione viene messo in discussione, più che altro quella tradizionale viene contaminata da nuove pratiche di consumo e assediata da usi, stili e codici portati dei nuovi media con cui hanno dimestichezza di nuove generazioni più esigenti e dinamiche. Satelliti, digitale, canali via cavo, pay tv. Infine il decollo di Sky e il passaggio al digitale. CAPITOLO 1 1930: Sulla scia delle ricerche compiute in Gran Bretagna, Germania e Francia, anche in Italia nel corso degli anni 30 si intensificarono gli studi sulle trasmissioni delle immagini a distanza. Ne sono protagonisti l’EIAR (unica concessionaria dei programmi radiofonici, sede a Torino), e due aziende, SAFAR e Magneti Marelli (Milano). Nonostante Torino e Milano siano le culle della televisione italiana, poiché in una viene istituito il primo centro di radiovisione italiano, mentre nell’altra sono state realizzate le più significative innovazioni tecnologiche. A Roma verrà costruito il primo trasmettitore nel 1938: l’anno seguente cominceranno le trasmissioni regolari. 1938: EIAR annuncia l’inizio delle trasmissioni regolari a Milano e Roma. Le trasmissioni duravano dalle due alle tre ore al giorno coordinate dal direttore artistico e produttivo Alfredo Sernicoli, con un palinsesto rudimentale caratterizzato da numeri musicali, canzoni sceneggiate, balletti, adattamenti di commedie, Varietà con pubblico plaudente “Al cavallino baio”. Le réclame sono corti che presentano pellicole in uscita. La televisione viene concepita come una radio che si può vedere e un cinema fruibile nell’ambiente domestico. 1939: Esperimenti a Milano: giugno alla Mostra di Leonardo e delle invenzioni un padiglione ospita un tele- teatrino allestito dalla SAFAR. Poi un altro ciclo di trasmissioni inaugurato alla XI Mostra nazionale della Radio. 1940: Fiera campionaria. Successivamente le trasmissioni vengono sospese in entrambe le città. La guerra interrompe bruscamente il cammino. 1944 anno della ricostruzione. La RAI torna alle sperimentazioni: a Milano e a Roma dal luglio 1947 con il contributo dei tecnici della RCA, e a Torino nel 1949. Si utilizzano ricetrasmettitori americani. Torino e Milano vengono scelte come stazioni per dare luogo alle dimostrazioni grazie ai due appuntamenti tenutesi nelle città: l’esposizione internazionale della televisione nel settembre 1949 e la mostra della meccanica in ottobre. 1952: gli studi milanesi della RAI producono il grosso delle trasmissioni sperimentali. L’attività viene potenziata e il palinsesto assume un’architettura più chiara, responsabile Sergio Pugliese che dal 1939 era dirigente dell’EIAR e nel dopoguerra direttore del Secondo canale radiofonico, darà un fondamentale contributo alla programmazione dei primi dieci anni della televisione. Organizzatori e specialisti si recano in Germania, UK e USA per studiare sul posto metodi di lavoro, rendimento delle attrezzature, soluzioni tecniche e artistiche. Settimana-tipo predisposta dalla RAI: la domenica prevede un programma religioso al mattino, varietà e sport al pomeriggio poi film, rubriche e una commedia tra pomeriggio e sera. Nei giorni settimanali, dalle 17:30 uno spazio d’ora dedicato ai ragazzi, il telegiornale, film, rubriche, spettacoli di varietà, rivista, prosa e musica in serata. Pochissimi telespettatori e televisori: la televisione sia uno svago mediocre e costoso. Nel dopoguerra la Rai ha l’obiettivo di proteggere dagli attacchi provenienti da settori del mondo politico. Il monopolio sarà confermato dalla convenzione del 1952 dalla durata ventennale. breve documentario che presenta i comuni protagonisti. Nel 1957 Il Musichiere, presentato da Mario Riva in cui i concorrenti devono riconoscere motivi accennati dall’orchestra e ospiti celebri si prestano a loro volta a un’esibizione canora. Nel 1959 va in onda Il mattatore, un prototipo di programma contenitore diretto da D’Anza, in cui Gassman, autore insieme a Indro Montanelli, Federico Zardi e Guido Rocca, dà sfoggio di intelligenza e originalità. Nei primi anni di erogazione del servizio televisivo, la modalità di fruizione risulta quella collettiva. La televisione è ormai in grado di accostarsi immediatamente a tutti i ceti sociali, e di esercitare quindi una grande influenza su quella entità non ben definita che è la pubblicità d’opinione. La Rai adotta per la televisione gli stessi metodi promozionali usati nel dopoguerra per la radio, istituisce un corpo di funzionari che prende contatto preventivo con i sindaci dei comuni interessati, cui viene spedito uno schema della manifestazione. Il ritmo degli abbonati cresce esponenzialmente, nel 1960 gli spettatori superano i 2 milioni. Nel 1962 gli scrittori intervistati alla Fiera Letteraria sono chiamati a interrogarsi sulla autonomia artistica della televisione. Sono diverse le osservazioni polemiche condotte sulla televisione e sul modo in cui è amministrata la Rai, sugli abusi dell’esecutivo, l’influenza della chiesa, sulla parzialità dell’informazione. Un ampio fronte oppone una critica aspra e un rifiuto sdegnato a quelle forme di spettacolo ascritte alla sfera della cultura delle masse, considerate di serie B, alternative alla cultura “alta”. In questi anni gli uomini di cultura segnalano per lo più visioni pessimistiche e pov sprezzanti sul mezzo:  Alberto Moravia fa riferimento all’esistenza di una “sotto Italia” del tifo, delle canzonette, e della televisione.  Cesare Mannucci, è tra i primi in Italia ad accostarsi al campo della sociologia della comunicazione, assume una posizione equilibrata, stigmatizzando le prese di posizione pregiudiziali, o che cedono a impressioni parziali.  Montale dedica un pezzo alla televisione nel 1948, sollecitando la questione della libertà individuale, minacciata da un mezzo che viola l’intimità domestica.  Più morbido è l’intervento di Arrigo Benedetti: i timori sono giustificati, ma se tutti collaboriamo allo stupidimento del mondo, qualcosa corregge sempre provvidenzialmente, non da oggi, questa fatale inclinazione al peggio.  Vittorini: la televisione è il nuovo oppio del popolo. Stimola la pigrizia mentale e le attitudini conformistiche. Riduce le possibilità di parlare, di comunicare e toglie alla gente la presenza. La televisione può uccidere la stampa, esprime un unico modo di pensare e può rendere nulla la libertà d’opinione.  Fedele D’Amico esprime una paura: la televisione ha un irresistibile potere di attrazione perché persino una partita a scopa o una chiacchierata sui fatti del giorno richiede uno sforzo intellettuale maggiore che non quello di subire l’amplesso del video. Poche sono le voci entusiaste, la più cristallina è quella di Mario Soldati, il quale confessa una viva simpatia per la televisione, intesa come una nuova possibilità di comunicare ed esprimersi, “la tv sta al cinema come il giornalismo sta alla letteratura”. Per Zavattini la televisione è un prodigio in cui si realizza il connubio tra magia e tecnica, mezzo dalle infinite potenzialità. Ugo Spirito: la vera cultura deve avere gli attributi necessari per superare l’ambito di una classe e che le sue espressioni più grandi possono ritrovarsi soltanto attraverso gli strumenti che abbiano la capacità di raggiungere la massa – bisogna costruire la cultura di domani. Spirito e Zavattini invitano a studiare il fenomeno senza pregiudizi, collaborando con la tv. Tv viene vista come simbolo della decadenza dei valori estetici. La tv è un luogo di formazione e sperimentazione, di partecipazione democratica e strumento di democrazia. Si forma una nuova generazione di studiosi, tra cui Umberto Eco, e letterati capaci di fornire un prezioso apporto alla qualità televisiva, come Ungaretti, Gatto, Munari. Secondo Pugliese, gli intellettuali soffrono del complesso di Rimbaud, cioè temono di essere accusati di mentalità piccolo borghese, e d’aver gli stessi gusti di coloro che processarono Baudelaire. Mentalità piccolo borghese=masse. Per la Rai Milano non può avere un ruolo preminente, ma questo spetta a Roma e a Torino. Su questo sfondo si profilano i primi tentativi di lanciare una televisione privata. Nei primi anni ’50 alcune società lanciano candidature, ma vengono bloccate dalla convenzione del 1952. Nell’ottobre 1956 viene fondato il Centro milanese cinetelevisivo, una società di produzione di cortometraggi e documentari televisivi. Circolano i nomi di Rizzoli e Mondadori. Nel 1957 vengono poste le fondamenta per la nascita della Televisione Libera (TVL), una società per azioni presieduta dall’ingegnere Gian Vittorio Figari. L’intento polemico è nei confronti della Rai. Nel 1957 nasce Il Carosello. Collocato tra il telegiornale delle 20:30 e il programma di prima serata, prevede regole molto rigide: il messaggio promozionale dello spot deve essere concentrato nel cosiddetto codino di 30 secondi, e preceduto da un pezzo di 1:45 che non può andare in onda più di una volta né alludere al prodotto reclamizzato. Carosello si trasforma in un vero e proprio spettacolo, che gioca su alcuni elementi come i jingle, gli slogan, le battute. La formula risponde ad alcune esigenze: costruire un tipo di pubblicità adatto a un pubblico che si sta appena affacciando alla società dei consumi ed è in larga parte ancora indigente o di modeste possibilità economiche. In UK nel 1955 inizia le trasmissioni la Indipendent Television, una televisione commerciale che si finanzia con la pubblicità attraverso quattro società che gestiscono i programmi. Nel 1959 a Londra si svolge la Conferenza dell’unione delle trasmissioni Europee, dove si comprende che il problema dalla tv commerciale, individuata come tv dell’avvenire. In Italia i partiti favorevoli all’iniziativa privata sono: i socialdemocratici e i liberali, mentre per i repubblicani l’atteggiamento è possibilista. Nel mondo cattolico non mancano le voci sensibili alle opportunità della televisione privata. Diffidenti di fronte all’ipotesi di tv privata: ala sinistra dei liberali, radicali e ex azionisti. Sia Ferruccio Parri che Benedetti si esprimono favorevoli al monopolio della Rai. Il partito di maggioranza appare irremovibile. Si schierano, accanto alla DC, anche i comunisti, per la difesa del monopolio. Ai consensi ottenuti dalle televisioni private la Rai risponde con la messa in cantiere della realizzazione di un secondo canale. Ha iniziato le trasmissioni regolari nel 1961 con il nome di Secondo Programma. Nel 1958 l’avventura di TVL si conclude. La sentenza emanata nel luglio del 1960 riafferma il monopolio della Rai: la forza politica della DC e quella del suo progetto culturale sono ancora tali da mettere all’angolo ipotesi concorrenti sulla televisione, che comporterà una parziale correzione della gestione della Rai in senso più inclusivo rispetto alle componenti laiche delle società italiane. Nel gennaio 1961, sale alla dirigenza della Rai, per rimanerci fino alla vigilia della riforma del 1975, Ettore Bernabei. CAPITOLO 2 Bernabei si imbatte in un territorio avverso. Il neodirettore è un giornalista e rappresentante della sinistra fanfiana, si profila per lui un mandato impegnativo: italiana dare seguito al progetto di Guala adattandola alla società in continua trasformazione, prestare ascolto alle aspirazioni di un elettorato cattolico in via di metamorfosi, e confermare l’egemonia della DC. I nemici anche tra i dorotei (DC), autorità della Chiesa e mondo della cultura. Per i programmi televisivi i dirigenti della Rai a ricorrono a codici di autodisciplina interni che però non li tutelano del tutto. Una sventura fa oscillare i vertici dell’azienda nel dicembre del 1959: in uno sketch di Un, due, tre Tognazzi e Vianello alludono ironicamente a una rovinosa caduta del presidente della Repubblica Gronchi in un’occasione pubblica, episodio che provocherà la destinazione ad altro incarico del responsabile del varietà a Milano, Renzo Puntoni, e la chiusura della trasmissione. Bernabei si deve muovere alla ricerca di un equilibrio tra la necessità di dare consistenza e colore al palinsesto e la possibilità di compiere errori fatali, o di provocare lacerazioni improvvide. Urge una strategia più duttile e illuminata che tenga conto di voci diverse, con cui la dirigenza cattolica possa misurarsi sulla scorta di un forte e compatto ideale di “cultura popolare”. Bernabei procede ad un adeguamento dei programmi. L’informazione: la confezione del telegiornale viene affidata a Enzo Biagi, reduce dalla direzione del settimanale “Epoca”. Biagi rivoluziona la scaletta, dove in primo piano vi è la cronaca, in particolare quella giudiziaria, privilegia i filmati, sfronda i servizi sui personaggi politici. L’apporto di Biagi si estende ad altri format. È lui ad inaugurare il prototipo del programma di approfondimento con RT Rotocalco televisivo, quindicinale d’attualità che ricalca i contenuti e il taglio del settimanale a stampa, composto da servizi su politica, cronaca, costume, varietà. L’avventura di Biagi in Rai dura quasi un anno, il telegiornale ha subito le offensive dei membri del governo. Attacco alla dirigenza Bernabei e alla Rai fanfaniana. La rai è sempre nell’occhio del ciclone. Si segnalano in questi anni censure, tagli e modifiche ai programmi e alle scene di forte carica parodistica, come il Canzoniere Minimo di Gaber, Il soldato di Napoleone di Pasolini. L’episodio più clamoroso riguarda l’edizione di Canzonissima 1962-63 affidata a Dario Fo e Franca Rame. Le filastrocche di Fo, la sua parlantina allusiva, i motivi che ricava dalla cronaca, la sua stessa figura paradossale e al di fuori dei canoni di quello che generalmente si chiama la simpatia scenica sono tali da costringere lo spettatore a un impegno polemico: o contro o a favore. Dopo una serie di tagli imposti dalla dirigenza, il blocco di uno sketch su un incidente di lavoro su un cantiere, provoca l’allontanamento dei conduttori, una infuocata polemica sulla stampa, dibattiti sulla censura. In quella occasione il CdS punta il dito sulla scelta della rai sostenendo che non si poteva voler cose diverse in un'unica volta, cioè chiamare Fo e aspettarsi una conduzione cattolica, democratica cristiana e ortodossamente governativa. Nonostante tutto Bernabei riesce a consolidare le posizioni e a ridimensionare quelle dell’amministratore delegato Rodinò, che nel 1965 lascia. Il suo successore sarà Gianni Granzotto, uno dei volti e delle colonne dell’informazione Rai. Sarà riconfermato nel 1968. Nel 1965 muore anche Pugliese, un pezzo di storia e potere che se ne va, al suo posto viene collocato Luigi Beretta. 1961: iniziano le trasmissioni del Secondo canale, limitato a due ore e ad alcune regioni. Il servizio si estenderà gradualmente. La nascita e a gestione del secondo rispondo a istanze diverse: 1. Arricchire la programmazione per togliere ai privati 2. Articolare l’offerta per raggiungere un pubblico più ampio e giocoforza disomogeneo 3. Sperimentare nuovi format su cui esercitare talenti e professionalità di fresco stampo. Rafforzare l’organigramma per favorire assunzioni e promozioni. Per molti la televisione rappresenta l’unico svago. A dirigere il secondo canale sono chiamati: il critico letterario Angelo Romanò, cattolico di sinistra e Pier Emilio Gennarini, forte di una raffinata esperienza giornalistica e vicino a Guala nella formazione dei nuovi quadri Rai. Il palinsesto è studiato sulla base della complementarità dei due canali: i titoli più popolari e forti vanno sul Nazionale, quelli di nicchia o eterodossi o sperimentali sul secondo. e i telefilm: Robin Hood, Le avventure di Rin-Tin-Tin, La spada di Zorro, Pippi Calzelunghe . La Rai di Bernabei presta al settore un’attenzione costante. Carosello: advertising all’italiana, ottiene un riconoscimento al festival internazionale del film pubblicitario di Cannes. Secondo un’inchiesta si scopre che una famiglia che paga 8000 lire di affitto è disposta a sborsarne anche di più pur di non rinunciare alla televisione. La tv è considerata un bene irrinunciabile e crea modelli di comportamento. Le attività quotidiane vengono calibrate anche sulla base della programmazione televisiva. In questi anni aumenta la durata di ascolto medio per abbonato. Sulla rivista Comunità appare un commento sui mass media come mezzi di comunicazione culturale che possono essere veicolo efficace di prodotti rispondenti al gusto della massa, sebbene siano anche suscettibili di diverso impiego. Uno dei frutti più interessanti della ricerca sociologica sulla televisione lo si deve al vicedirettore di Comunità, Cesare Mannucci, autore di diversi interventi. Il punto di partenza è il superamento del concetto di massa, nonché l’enfasi sulla necessità della formazione degli individui, per una società democratica e aperta, e di un mutamento radicale dei rapporti tra classi dirigenti e maggioranza. Qui si inserisce la critica all’azione della Rai, nell’anno 1961, in un momento in cui quasi tutta la società italiana è proiettata in avanti, l’opera della Rai viene ad assumere il carattere di una vera e propria strozzatura, di un fattore di ritardo. Il problema della tv consiste nel suo uso, nella sua filosofia editoriale, nella sua politica cultuale e nel rapporto con lo Stato. Nei tardi anni 60 nella critica comunista la televisione diventa strumento di classe e di casta, citando Gobetti, il quale accusa la tv di portare nelle case il suo veleno di diseducazione. Anche la linguistica si muove all’esplorazione della novità: fondamentale è il pioneristico saggio di Tullio De Mauro. I modelli linguistici irradiati dalla televisione raggiungono una forza di immediata penetrazione ignota ad un altro tipo di trasmissione e fissazione di segni linguistici. Per tutti i suoi spettatori è stata una cospicua scuola, attraverso la quale gli italiani hanno familiarizzato con la tradizione dell’italiano parlato, formale e informale. Ha orientato il comportamento linguistico anche dei non ascoltatori: i ceti più colti hanno abbandonato la dialettofonia, quelli più miserabili hanno percepito la possibilità di verbalizzare. Anche Umberto Eco fa parte dei giovani entrati in Rai, la sua chiave di lettura: “il primo discorso che un’opera fa, lo fa attraverso il modo in cui è fatta”. L’allargamento degli orizzonti di studio sul mezzo televisivo non significa la fine della diffidenza da parte del mondo intellettuale. Nel saggio Apocalittici e integrati e nel successivo Appuntamenti sulla televisione propongono una riflessione sulla televisione, ribadendo la necessità di un impegno da parte dell'intellettuale nell'utilizzare sapientemente il mezzo piuttosto che criticarlo a priori. 1975 Pasolini giunge a proporre l’abolizione della televisione e della scuola dell’obbligo. La sua critica: la televisione possiede una volgarità intrinseca che deriva dalla sua sottocultura e ha nella sua funzione culturale tutta la prepotenza del potere che altera il significato di famiglia e ne fa un nucleo di ansiosi consumatori, espressione attraverso cui si manifesta lo stato piccolo borghese italiano. Alla fine degli anni 60 la Rai è un’azienda elefantiaca e dispendiosa, costano le trasmissioni, gli autori, gli artisti, attori, scenografie e coreografie, i tecnici e il raddoppio del telegiornale. La Rai si configura come un’eminente agenzia culturale, un servizio pubblico. L’introduzione del colore è frenata da veti e nodi irrisolti. Il colore rientra nella programmazione economica e i tempi della sua introduzione sono un problema di oculatezza e opportunità. Il ritardo accumulato mortifica la Rai e penalizza le imprese italiane del ramo elettrotecnico. 1972: data entro la quale la Rai ha previsto l’introduzione del colore, mancata. Convenzione stipulata tra il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni e la RAI-Radiotelevisione italiana. Aumento dell’ascolto delle tv estere e nascita delle prime esperienze locali. Quando terminò la concessione dei servizi radiotelevisivi, venne prorogata di un anno fino all'approvazione della riforma del settore radiotelevisivo. 1973: poiché non era stata ancora varata nessuna legge, venne fatta una proroga della concessione fino all'aprile dell'anno successivo. 1974: Bernabei lascia la direzione della Rai. Bernabei traccia un bilancio deludente dell’azione impressa, nonostante le intenzioni. Il controllo politico e ideologico della DC sul mezzo di più larga e profonda influenza sulla totalità dei cittadini ha potentemente assecondato i fenomeni di secolarizzazione, la trasformazione dei consumi e dei valori della famiglia, della donna e dei giovani. Il monopolio della Rai si è già incrinato. 1975: viene approvata la Legge n. 103 che portò a una prima riforma della RAI: il controllo della società passava dal Governo al Parlamento, attraverso la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, per garantire il pluralismo della società. La legge si configura come il risultato di un accordo tra i due principali partiti di maggioranza, DC e PSI. Per raggiungere il traguardo della responsabilità su una rete. CAPITOLO 3 1975: Riforma RAI, approvata la legge 103. Conferma del monopolio Rai su scala nazionale, emittenti private via cavo confermate per un bacino non superiore ai 150mila abitanti, possibilità di ripetizione da parte delle tv straniere purché esse non nascano con il solo scopo di ripetere in Italia, messa in cantiere di una terza rete, tetto pubblicitario al 5% delle ore totali di trasmissione, passaggio del controllo al Parlamento, nascita di una commissione di vigilanza di 40 membri, regime di concorrenza tra le reti. Alla DC la gestione della prima rete, ai socialisti quella della seconda, con le rispettive testate giornalistiche. I primi tentativi dei grandi editori di quotidiani e settimanali di entrare nella partita con ben altre ambizioni rispetto alle piccole realtà di provincia. 1976: La Rai è guidata da figure nuove, Paolo Grassi, reduce da anni di gloriosa direzione del Piccolo Teatro di Milano, che ha fondato nel 47, e dalla recente sovrintendenza della Scala di Milano, designato presidente della Rai, affiancato dal direttore generale Glisenti. Quelli che seguono sono anni di intensi e rapidi transiti: nel 75 la politica dell’unità a sinistra sembra preludere alla nascita di una seconda rete aperta ai comunisti, due anni dopo il delinearsi del compromesso storico ha immediati riflessi in Rai, in cui alcuni spostamenti sembrano rispondere alle convergenze tra DC e PCI. Una distinta configurazione dei due canali: il primo, diretto dal cattolico Scarano e il secondo diretto da Fichera. Il primo è in linea con la tradizione e ha un taglio nazionalpopolare, il secondo è più sperimentale e anticonformista, taglio laico e socialista. 1977: La rivoluzione è sancita dall’adozione del colore. Un mese prima ha chiuso il Carosello. Aziende e pubblicitari chiedono di accedere agli spazi televisivi, possibilmente quelli più pregiati, a costi più contenuti. Spot brevi, replicabili, concentrati sul prodotto, studiati per target, a volte replicabili su scala internazionale.  L’intrattenimento presenta novità: Domenica in, 1976 sulla Rete 1, è il primo programma-contenitore, concepito per l’intera famiglia ma composto da parti destinate a segmenti di pubblico diversi, in cui generi e funzioni si mescolano e si succedono. Innovativa è L’altra domenica, sul secondo canale, di Renzo Arbore che fa tesoro dei canoni scanzonati e della struttura atipica della trasmissione radiofonica degli anni 70 condotta da lui e da Boncompagni, Alto gradimento: dialogo telefonico con il pubblico, la presenza di improbabili personaggi fissi, tra cui il critico cinematografico impreparato, Roberto Benigni, e il ricorso ai tormentoni.  Varietà del sabato sera: Lotteria, Non Stop, La sberla con giovani talenti della scena comica quali Troisi, Verdone, Cenci. Il Talk Show all’italiana inaugurato nel 1976 da Maurizio Costanzo ( Maurizio Costanzo Show) format giornalistico, con il taglio e il tono adottato trasformano il programma in una conversazione leggera, confidenziale. Altra proposta fortunata è Portobello (1977-1983), il mercatino per inserzionisti di Enzo Tortora, con la trovata di imbandire una vera e propria televendita animata da piccoli inventori, artigiani e personaggi bizzarri esposti davanti alla telecamera.  La prosa vive un’altra fase feconda che annovera gli spettacoli di Carmelo Bene e di Dario Fo e di Brancati. Anche per lo sceneggiato classico siamo agli ultimi bagliori di gloria, dunque ci si indirizza verso teleromanzi di taglio cinematografico, che si avvalgono di interpreti stranieri alla ricerca di un pubblico non più solo nazionale, da qui il Sandokan 1976 da Salgari, La certosa di Parma 1982 da Stendhal, Marco Polo, Verdi. Rai conosce un importante incremento rispetto agli anni della gestione Bernabei il numero di telefilm: Furia cavallo del west, Happy days, Hazzard.  I telegiornali: TG1 affidato alla direzione di Emilio Rossi, impostazione politica e culturale, con un accento sulla notizia piuttosto che sul commento, per la qualità dei servizi, format rapido e secco, e la semplicità nello stile comunicativo. Il TG2 nell’edizione serale ha il titolo di Studio Aperto, è diretto da Barbato, giornalista che ha già lavorato in Rai e ora è in forze al neonato quotidiano “la Repubblica”, Enzo Biagi lo trova più mosso, più discusso e più sceneggiato. Taglio per approfondimento e inchiesta. La conclusione è affidata a editoriali o dibattiti con esperti. Per entrambi i TG si può parlare di un cambio di passo evidente, nei contenuti e nel trattamento della notizia: entrano nella scaletta temi delicati, e cambia l’approccio dei giornalisti, alla ricerca delle proprie fonti e di una verifica in proprio, di servizi sul posto e di interviste esclusive. Novità di linguaggio, formula e approccio interessano il settore dell’informazione nel suo complesso. La prima rete guarda al modello classico del settimanale di attualità, la seconda diversifica i prodotti distinguendo tra un TG2 Dossier che affronta le questioni scottanti con toni angosciosi e allarmati e un Odeon che si occupa di costume e spettacolo per di più con un taglio ironico e spregiudicato. Novità è l’uso della diretta che interessa i fatti d’attualità salienti: lo scandalo Lockhead, il rapimento di Aldo Moro, la morte di Paolo VI e Giovanni Paolo I, il conclave che elegge Giovanni Paolo II, la strage di Bologna, il terremoto dell’Irpinia. Esempio: lunga diretta, 18 ore consecutiva della dolorosa vicenda di un bambino caduto in un pozzo a Vermicino nei pressi di Roma del 1981, di cui le telecamere Rai registrano i vani tentativi di salvataggio; è un episodio che farà riflettere sulle potenzialità propria del mezzo televisivo. Modifiche nell’offerta televisiva: - lo sceneggiato si impoverisce accelerando la metamorfosi verso la fiction pura - il teatro è confinato - lo spazio della tv dei ragazzi viene cancellato, sostituito da altri votati al mero intrattenimento del pubblico dei più giovani con telefilm e cartoni animati. - I programmi culturali sono destinati ad un angolo del palinsesto grazie all’emarginazione sancita dalla creazione del Dipartimento Scolastico Educativo, diretto dal 1977 al 1987 da Rispoli. L’offerta dei programmi culturali rimane robusta e quella di cinema ricca e di qualità. Dopo lo slancio iniziale, alla fine del decennio si registra un certo appannamento. - Sembra essersi perduta la visione alla base del modello perseguito per un ventennio dalla Rai: una cultura popolare valida per tutti. Ora si assiste da una parte evasione per un pubblico di “massa” e dall’altra cultura per una minoranza. 1979: inaugurata Rete 3 o TV3, rete televisiva inizialmente progettata e realizzata per la diffusione di programmi su base regionale. Quinta Rete televisione regionale del Lazio, attiva dal 1976 al 1982, fondata dall’editore Edilio Rusconi e sempre di Rusconi Antenna Nord, fondato in Lombardia nel 1977. Rusconi inizia a estendere il suo raggio d’azione. Nel 1982 Italia 1 nasce da un'idea di Rusconi come network che si appoggia a varie emittenti regionali, attraverso l'escamotage dell'interconnessione. Le emittenti regionali erano 18, tra cui Antenna Nord, Quinta Rete. La presidenza della rete viene affidata a Roberto Conforti. Presto si assisterà alla caduta di Rusconi alla quale concorrono ragioni di natura organizzativa e commerciale. La Mondadori si avvicina prudentemente al mondo della televisione nel corso degli anni 70, con l’avvio prima di una società per la produzione di prodotti in videocassetta, poi, nel 1978 della concessionaria di pubblicità della GPE-Telemond. 1982: Mondadori lancia la propria rete televisiva, Rete 4. Il circuito consocia 4 stazioni di proprietà e le altre 23 sulla base di accordi. Rete4 si rivelerà un ostacolo: oltre a essere onerosa economicamente, ha ricadute negative sull’identità di rete: le emittenti satellite infarciscono i programmi con pubblicità locali, provocando effetti stranianti nel pubblico. La Mondadori ha un modello editoriale che mostra aporie e disomogeneità, pessima politica del palinsesto: cicli cinematografici di qualità accanto a film di serie B, ad un’offerta pregiata di informazione si contrappone il ricorso alla comunicazione politica. Nel 1984 viene acquisita dalla Fininvest. La carriera editoriale di Silvio Berlusconi nasce nel 1974 con l’acquisto di una quota azionaria del “Giornale” di Montanelli. Nel 1976, Berlusconi rileva Telemilano dal fondatore Giacomo Properzj. Si tratta di una televisione via cavo, operante dall'autunno del 1974 nella zona residenziale di Milano 2. In un paio d’anni emerge con forza dalla galassia dell’imprenditoria lombarda. Inizia subito dopo la costruzione dei pilasti fisici dell’impresa: l’installazione di ripetitori e l’acquisto su tutto il territorio nazionale di frequenze e di stazioni televisive già operanti. Nel 1978, due anni dopo, viene dato il nome di Canale 5 e assume la forma di rete televisiva a livello nazionale, comprendente più emittenti. Canale 5 si configura come un network sui generis (non costituito da una rete madre con una serie di consociate, ma da un fitto numero di emittenti acquistate). È il primo network nazionale. Un must della televisione commerciale è riempire un palinsesto di 24 ore, accumulare scorte e consistenti di prodotti, imbottiti di pubblicità. Sempre nel 1978, Berlusconi fonda Fininvest, una holding che coordina tutte le varie attività dell'imprenditore. 1980: Canale 5 acquista i diritti televisivi del Mundialito, un torneo di calcio fra nazionali sudamericane ed europee, compresa quella italiana, solitamente trasmesso dalle reti RAI. 1981: la Rai è investita dallo scandalo della Loggia P2, tra gli affiliati i direttori del TG1 e del GR2, che vengono destituiti. Per concorrere sia con la Rai sia con i network omologhi Canale 5 applica un metodo che fa tesoro degli errori altrui. In questa prima fase si parla di una americanizzazione nell’offerta. Fininvest individua il ventre molle del pubblico italiano, disposto ad accogliere tutto e il contrario di tutto, purché fosse molto e gratuito. Ci si preoccupa di riempire spazi lasciati sguarniti dalla Rai, con il lancio del contenitore mattutino d’attualità, cultura, culinaria Buongiorno Italia, ricalcato sul programma della ABC. Numerosi sono i film, almeno 4 al giorno, trasmessi nel primo pomeriggio o dopo le 21:30. Una delle prime mosse è quella di coinvolgere Mike Bongiorno a condurre il quiz I sogni nel cassetto del 1979. Canale 5 vince la sua battaglia anche nella fiction seriale. Centra l’obbiettivo della fidelizzazione del pubblico. Su Rete4 trasmette Dynasty, mentre Canale 5 punta fin dal settembre 81 su Dallas. L’anno dopo Canale 5 sperimenta la tattica del trascinamento, dopo Dallas, il martedì è previsto un ciclo di film adatti al medesimo pubblico. Quanto al calcio il colpo grosso è nel 1980 l’acquisto dei diritti di Mundialito. Nell’inverno 1981 Canale 5 inaugura la stagione degli show autoprodotti: Hello Goggi. Quando la conquista del pubblico viene consolidata, si passa al lancio di un prodotto estraneo alla tv tradizionale, che si adatta ai ritmi veloci, sincopati e ridondanti di quella commerciale e impone stili e contenuti irriverenti, trasgressivi, trash, demenziali e surreali: Drive In, che esordisce nel 1983 e proseguirà fino al 1988. Il programma di Ricci è ambientato in un drive-in popolato di personaggi stereotipi del tempo presente, dal paninaro allo psicanalista santone, dallo studente fuori sede alle ammiccanti ragazze fast-food, interpretati da comici emergenti. Drive in è costruito a tasselli per assecondare la cadenza degli stacchi pubblicitari. 1982: anno della concorrenza selvaggia, vede da una parte Mondadori, da un’altra Rusconi ed infine Fininvest. L’escalation degli investimenti è crescente. Il primo a gettare la spugna Rusconi. Il gruppo Fininvest si allarga con l'acquisto di Italia 1 dall'editore Edilio Rusconi. I network concorrenti sono ridotti a 2, di cui uno ha due reti. Canale 5 si assicura Mike Bongiorno e la coppia Vianello-Mondaini. Lo scontro frontale si consuma nell’83-84. Le due reti scatenano una grande campagna pubblicitaria. 1984: Mondadori si arrende e vende tutto a Berlusconi che acquista Rete 4. È l’unico modo per non far crollare anche la casa editrice. Fininvest possiede tre network, Canale 5, per un pubblico famigliare ed eterogeneo, Rete4 contenitore di soap e telefilm, Italia 1 per un target giovane e maschile. Si stabilisce un vero e proprio duopolio televisivo con la televisione di stato, la RAI e Fininvest. Sempre nel 1984 i pretori di Torino, Pescara e Roma oscurano le reti Fininvest per violazione della legge che proibiva alle reti private di trasmettere su scala nazionale. L'azione giudiziaria viene fermata dopo pochi giorni dal governo guidato da Bettino Craxi che con un apposito decreto legge legalizza la situazione della Fininvest: Decreto Berlusconi (tre decreti legge emanati in Italia tra il 1984 e il 1985 dal governo Craxi). Craxi ha sempre guardato con un certo interesse i network commerciali, mostrando, invece, diffidenza verso la Rai, a suo parere impregnata di cultura catto-comunista. Il gruppo Fininvest riesce perciò, seppur con strumenti non legali per la legislazione di quegli anni, a spezzare l'allora monopolio televisivo RAI. Questi sono anni attraversati da profonde contraddizioni: la diffusione del benessere e la stabilità politica, l’aumento esponenziale del debito pubblico e il declino del sistema dei partiti. La televisione è specchio di quella che si rivelerà l’incubazione della crisi del nostro paese. Un primo inizio è la cristallizzazione stessa del duopolio, che mortifica tutti i tentativi di dare corpo a un sistema aperto e plurale. Neotelevisione è un neologismo coniato da Umberto Eco ed entrato nell'uso degli esperti di televisione per indicare la televisione generalista e commerciale delineatasi in Italia dai primi anni ottanta. La televisione si trasforma da veicolo dei fatti in apparato per la produzione di fatti. Al cuore dell’impresa è la quantità di audience raccolta, questo plasma i piani editoriali e la fisionomia dei palinsesti. Trionfa l’infotainment, un ibrido tra informazione e intrattenimento, e trionfa la fiction in tutte le sue declinazioni. Raccogliere pubblicità e fissare tariffe adeguate comporta per le diverse emittenti la necessità di individuare modalità di rilevazione degli ascolti più precise. La Rai ricorre dapprima al “barometro” di ascolto, basato sull’inchiesta telefonica. Nel 1981 la Rai sperimenta Meter, un congegno applicato a un campione di ricevitori che rileva il canale sintonizzato e trasmette i dati a un calcolatore centrale. Nel 1984 nasce così l’Auditel. Il sistema, che utilizza il telecomando, si avvia nel 1987, monitorando un numero di famiglie campione sempre più alto e incidendo in misura sempre più forte sull’organizzazione dei palinsesti e sulla fattura dei programmi. I canali Fininvest dal 1983 al 1989 hanno come direttore dei programmi Giovalli, aggrediscono il mercato con un’offerta che fa perno sui primitivi capisaldi e sulla produzione di varietà e rubriche a basso costo: - Striscia la notizia nasce nel 1988, telegiornale satirico in onda alle 20:30 provocatoria mescolanza di controinformazione e varietà fondata su un codice e su un copione che lascia poco spazio all’improvvisazione. - Buona Domenica contenitore nazionalpopolare fondato nel 1985 condotto da Costanzo e Corrado. - 1986 Bis, programmato all’ora di pranzo, con un montepremi costituito dalla somma di alcuni oggetti disposti in coppie all’interno di un tabellone che non supera i due milioni di lire. - Nella stessa fascia oraria viene trasmesso Il pranzo è servito, La ruota della fortuna. - Più istituzionale è Telemike in onda il giovedì in prima serata. Sono programmi zeppi di telepromozioni, inviti all’acquisto non regolamentati lanciati dal presentatore. - Ok, il prezzo è giusto!, una sorta di negozio virtuale in cui occorre indovinare il prezzo di prodotti presentati da una voce fuori campo, che cattura il pubblico di casalinghe cui è rivolto. - Paperissima format straniero ma abilmente adattato per il pubblico italiano. Nel settore del cinema sia in quello delle serie televisive, come: i Ragazzi della 3C, Colletti Bianchi e Classe di ferro. Si aggiunge ai format Bim Bum Bam, che Fininvest eredita dalla rusconiana Italia 1: si tratta di un contenitore che accoglie le serie e i cartoni animati intervallati dagli sketch e dai giochi con i conduttori. Punto di forza della programmazione Fininvest è l’offerta di film. Modesta è la presenza di programmi di cultura e attualità. L’alba degli 80 per la Rai è un momento difficile, la dirigenza stenta a imboccare la via del rinnovamento. L’azienda è preda dei mali di sempre. Nei primi mesi del 1982 si certifica un calo di ascoltatori preoccupante. Non si è provveduto a un organico ripensamento di tutto il palinsesto. Il rapporto della Rai con il suo pubblico è spersonalizzato, burocratico, senza gusto. La morte di De Luca nel 1982 dà il via libera a Biagio Agnes. La difesa della Rai e del servizio pubblico rappresenta un’assoluta priorità della direzione che ingaggia una battaglia contro le reti di Berlusconi, che nel 1983 le rilevazioni dicono che Canale 5 supera Rai1. L’obiettivo è di moltiplicare l’ascolto. La battaglia della concorrenza è condotta con i programmi di intrattenimento, come: Pronto Raffaella, con la regia di Boncompagni, talk show quotidiano condotto da Raffaella Carrà, collocato prima del TG di mezzogiorno, ingredienti principali sono l’ambientazione domestica, l’interazione con il pubblico a casa attraverso il telefono, le lettere, gli ospiti e i giochi. Due anni dopo si ripete con cinque puntate di Buonasera Raffaella trasmesse da New York via satellite. Rilancio del festival di Sanremo. Domenica in, Quelli della notte, Avanti tutta! Il successo dei programmi di Arbore. Altro asso nella manica della Rai è l’informazione culturale e di attualità. Due rotocalchi di qualità: quello ideato e condotto da Anela, Quark che fa della scienza una delle regine dell’audience; quello di attualità Mixer, lanciato da Minoli. La decisione di avviare la cosiddetta TV del mattino, come: Uno mattina. Vive un declino, invece, l’inchiesta televisiva. Sul fronte organizzativo, Agnes applica la “zebratura” che si traduce nell’inserimento di giornalisti di sinistra nel TG1 e di area cattolica nel TG2, anche con l’obiettivo di valorizzare alcune professionalità. Nel 1982 viene nominato direttore del TG1 Albino Longhi, succedendo ad Emilio Fede. Sul fronte dei prodotti invece, le redazioni ricorrono alla diversificazione degli appuntamenti esistenti, alla moltiplicazione di aggiornamenti flash, alla specializzazione tematica: ecco allora TG Economia, TG Sport, Diogene, una rubrica sui diritti del cittadino. Per l’informazione si studia una confezione ad hoc allo scopo di incrociare il pubblico cui guarda la rete: colto, laico, di sinistra. Un contributo significativo per la Rai è dato dal laboratorio in cui è trasformato Rai3 dal 1987, quando passa sotto il controllo del PCI ed è affidata a Guglielmi. Guglielmi sposa una linea editoriale consona alla sua particolare concezione della cultura e del rapporto tra comunicatori e destinatari, che sfugge dai meccanicismi consueti ed è aliena da qualsivoglia paternalismo. Secondo Guglielmi la tv non deve essere per forza strumento di promozione culturale. Nasce quindi una serie di trasmissioni di “servizio”, cui si darà la definizione di Tv verità. Una rete ignorata dal pubblico e snobbata dai critici sarà, così, portata a sfiorare il 10% di ascolti. Si tratta di una rete in cui coesistono interesse per la realtà, cronaca, fatti e disincanto. La 1993: sulle reti Fininvest, la campagna “vietato vietare”. Berlusconi non esita a mobilitare la sua corazzata televisiva in difesa della libertà. NB: Prima del 1975 la nomina del CdA della Rai era esclusivamente di competenza governativa. Con la riforma della Rai del 1975 la nomina della dirigenza Rai spetta al Parlamento e non al Governo. Il CdA era composto da 16 membri (con la legge Gasparri (2004) passa a 7) e la durata in carica del Cda o dei suoi membri è stata di 3 anni. Con la riforma del 1985 tutti e 16 i membri del CdA erano nominati dalla Commissione di vigilanza Rai. Con la riforma del 1993, in via transitoria, i membri del CdA erano nominati dai presidenti di Camera e Senato. La LEGGINA è la cosiddetta riforma della Rai che affida ai presidenti delle due Camere il compito di scegliere i membri del CdA Rai. L’obiettivo è di conferire all’organo principe dell’azienda una maggiore agilità decisionale, premiare la competenza delle persone scelte ed evitare la tradizionale prassi spartitoria. DECRETO SALVA RAI: promulgato nel 1993, consente la copertura delle passività dell’azienda, condizionandola alla preparazione di un piano di risanamento risoluto e sollecito, ma aggiunge una clausola, che si rivelerà un’arma in più nelle mani del governo, cioè la possibilità di bocciare il piano triennale e di liquidare il CdA. L’attuazione della legge comporta una rivoluzione alla Rai. Il CdA della svolta insediato nel giugno 1993, è scelto dai presidenti di Camera e Senato Napolitano e Spadolini. La direzione generale è del direttore del Sole 24 re, Gianni Locatelli. Il lavoro del CdA si rivelerà controverso: i tagli alle spese giungono opportuni, ma non hanno un carattere strutturale; il riassetto degli organigrammi sacrifica inoltre personale qualificato e prezioso; discusso è l’obiettivo di colpire suggerendo un piano di regionalizzazione. 1993: in seguito al vuoto politico che si era formato dopo lo scandalo di Tangentopoli, Berlusconi decide di scendere direttamente in prima persona nell'arena politica italiana. 1994: dopo le elezioni del marzo 1994, avviene la discesa di Berlusconi verso la presidenza del Consiglio, con nuovo movimento politico Forza Italia, uno schieramento di centrodestra Forza Italia-Lega Nord- MSI/AN. Berlusconi si dimette da tutte le cariche sociali ricoperte e Fedele Confalonieri viene nominato nuovo presidente del gruppo. Un nuovo CdA Rai, presieduto dall’imprenditrice Letizia Moratti. A dirigere il TG1 viene chiamato Carlo Rossella, direttore di Panorama. Clemente Mimun si insedia al TG2, mentre il TG3 viene affidato a Daniela Brancati. La Rai finisce per perdere autonomia in settori dove era leader incontrastata. Sempre nel 1994 La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il comma 4 dell'articolo 15 della legge, nella parte relativa alla radiodiffusione televisiva, ove si stabilisce che le concessioni a un singolo soggetto non possono superare il venticinque per cento del numero di reti nazionali previste dal piano di assegnazione e comunque il numero di tre. L'incostituzionalità rilevata dalla Consulta risiede nel fatto che un singolo soggetto, possedendo contemporaneamente tre reti televisive, commette grave violazione del principio pluralistico citato nell'articolo 21 della Costituzione. 1995: Con il referendum, la volontà popolare legittima il duopolio. Venne abrogata la disposizione di legge che riservava esclusivamente alla mano pubblica il possesso delle azioni Rai, tuttavia non si procedette mai alla privatizzazione. Fininvest si trasforma in Holding: le sue attività nel settore della comunicazione sono rilevate da Mediaset. Nel 1996 avviene il conferimento in Mediaset delle attività televisive della Fininvest. 1997: la Rai lancia i primi canali tematici digitali via satellite: RaiSat 1 che si occupa di Cultura e spettacolo; RaiSat 2 rivolto ad un pubblico di ragazzi e RaiSat 3 dedicato ai programmi di Rai Educational. Negli anni 90, grazie alla discesa in campo di Berlusconi, sociologi e politologi fanno spesso riferimento a una sorta di telecrazia parlando di golpe mediatico. Il processo di spettacolarizzazione del discorso politico è di lunga lena. Vi è l’esistenza di una dimensione estetica sul teatro delle vecchie tribune politiche, dopo la riforma del 1975 l’equilibrio vacilla e le reti locali sono protagoniste delle campagne elettorali. Quindi compaiono la spettacolarizzazione del messaggio e la personalizzazione della propaganda. Elezioni del 1983 vedono l’ingresso delle reti private nella politica, le quali si affrettano a studiare format di informazione-propaganda originali per supplire all’impossibilità di utilizzo della diretta. Ad esempio:  Cipria: varietà ideato e condotto su rete4 da Tortora  Le ugole del Palazzo: rubrica in cui si prestano a un’esibizione canora uomini politici  Italia parla: su rete4 presentata da Baudo e Tortora, ambientata in un teatro. Gli esperti parlano di una laicizzazione della politica e di crescita del voto d’opinione. Ne risultano privilegiati i motivi tipici della propaganda rivolta alle masse: messaggi per lo più indifferenziati, slogan, semplificazioni, destinati a un pubblico vasto, eterogeneo e anonimo. Le elezioni del 1992 vedono un ferreo controllo sui telegiornali da parte dei partiti di maggioranza (DC e PSI). Si tratta di programmi ingessati. Formule più vivaci sono utilizzate da Canale 5, ad esempio con Elettorando. La campagna del 1994 attesta un cambio di passo. Non sfugge l’impatto mediatico dell’operazione di marketing che accompagna gli esordi di Forza Italia. Mentre la rai manda in onda lunghi talk show, le reti Fininvest scelgono trasmissioni brevi ma replicate nel corso della giornata, culminando nel faccia a faccia tra Berlusconi e Achille Occhetto, leader del PDS, moderato da Mentana, primo confronto all’americana sulle tv italiane. Per le successive consultazioni del 1995 e 1996 viene messa a punto una normativa volta a regolamentare la propaganda elettorale sulla base del principio di fresco conio di par condicio. La normativa viene varata nel gennaio 2000: vieta la pubblicità elettorale e regolamenta la campagna vera e propria, impedendo la pubblicazione di sondaggi nei quindici giorni precedenti il voto, e la limita in video in appositi contenitori, obbligatori per la tv pubblica, facoltativi per la privata. L’assetto consolidato negli anni 80 e legittimato dalla Legge Mammì vede due poli televisivi monopolizzare il 90% dell’ascolto e la totalità del mercato pubblicitario. Odeon TV: syndication televisive italiane fondata nel 1987 con l'obiettivo di inserirsi nel sistema televisivo italiano, dominato dal duopolio, nel 1992 la società in fallimento. Odeon TV nacque come syndication (ossia un circuito televisivo nazionale costituito da varie televisioni locali) in seguito allo scioglimento di Euro TV, per iniziativa di Calisto Tanzi, presidente di Parmalat, e Vincenzo Romagnoli. Contemplava programmi di intrattenimento acquistati come la ruota della fortuna, e prodotti, quali programmi condotti da Paolo Villaggio, il talk sportivo e umoristico Forza Italia con Fabio Fazio. Rete A è stata un'emittente televisiva nazionale del 1983, di proprietà del Gruppo Editoriale Peruzzo di Alberto Peruzzo. Nasce in forma di syndication. Grazie alla Legge Mammì, la rete ottenne nel 1992 ufficialmente la licenza di trasmissione come canale nazionale. Nel 1999 il canale viene escluso dalla programmazione nazionale, trasformandosi infine in una rete musicale, ospitando la programmazione di MTV rete americana sbarcata in Italia nel 1995, e poi assumendo il nome di All Music. Come tale sarà venduta al gruppo L’Espresso nel 2004. Videomusic nacque nel 1984, sulle frequenze di Elefante TV. Guarda una nicchia ben definita, un pubblico adulto dai 18 ai 35 anni di cultura urbana e internazionale. Palinsesto basato su trasmissioni a carattere musicale, da videoclip a interi programmi. Nel 1995 Vittorio Cecchi Gori acquistò Beta Television (quindi Videomusic). Il palinsesto divenne più generalista, lasciando spazio anche allo sport, a film e telefilm. Nel 1996 il palinsesto di Videomusic venne ridotto a metà giornata per dedicare il resto a una nuova TMC 2. Nel 2000 il canale fu acquistato da Telecom Italia Media. La7: Nel 1974 nacque Telemontecarlo (TMC), emittente televisiva di lingua italiana del Principato di Monaco, che diventò negli anni settanta la principale e unica concorrente dei canali pubblici della Rai. Nel 2000 TMC venne venduta a Seat Pagine Gialle del gruppo Telecom Italia. Il passaggio da TMC a LA7 avvenne nel 2001. La nuova rete sotto la direzione dell’ex di Italia 1 Giovalli, attira personaggi come Lerner, Ferrara, Fazio, Letizietto. Una tv contemporanea, differenziata nelle opinioni e attenta all’innovazione anche linguistica. La televisione a pagamento nasce in Inghilterra negli anni sessanta. In Europa la prima televisione a pagamento ufficiale è la svizzera Teleclub nata nel 1982, la tedesca RTL Plus e nel 1984 la francese Canal Plus. In Italia arriva nel 1991 con la nascita di TELE+ della Fininvest. È stata la prima piattaforma televisiva a pagamento in Italia. Telepiù propone, sulle normali frequenze televisive analogiche, tre canali tematici via etere in forma criptata i quali richiedono per la visione un apposito decoder, fornito con l'abbonamento. I canali trasmettono in maniera esclusiva film ed eventi. Stream TV è stata una piattaforma televisiva a pagamento italiana edita da Stream S.p.A. Inizialmente disponibile solamente per la televisione digitale via cavo, in seguito venne resa disponibile anche per la televisione digitale satellitare. Stream TV venne lanciata nel 1996. Dal 1998 partirono ufficialmente le trasmissioni di Stream TV via satellite su Hot Bird. Telepiù riporta ingenti perdite. Nel 2001 Stream di rafforza grazie all’accordo con Mediaset per diffondere in esclusiva 24h/24 Grande Fratello, e a un potenziamento dell’offerta con il lancio di Calcio Stream. Nel marzo 2001 la Commissione europea, su proposta del commissario per la concorrenza Mario Monti, acconsente alla fusione tra Telepiù S.p.A. e Stream S.p.A. dalla quale nasce Sky Italia S.r.l., le cui trasmissioni iniziano ufficialmente nel luglio del 2003, con un sistema di criptaggio che impedisce la pirateria. 1996: CdA Rai presieduto da Enzo Siciliano, della sinistra. I vertici dell’azienda sono rinnovati. 1997: legge Maccanico, istituisce l'autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Fissa il tetto massimo del 30% del mercato televisivo e del 20% delle frequenze per soggetto. Emanata durante il governo Prodi I, comportava come conseguenze per il gruppo societario "Mediaset" il trasferimento di Rete 4 sulla televisione satellitare. Di conseguenza, anche se non scritto nella legge, un canale della TV pubblica (Rai 3) avrebbe dovuto trasmettere senza pubblicità. Essa si proponeva di fornire una più completa formulazione di una normativa in materia di comunicazione televisiva e nello stesso tempo, anche affrontare le tematiche dell'antitrust, in conformità ai principi di pluralismo già richiamati dalla legge Mammì del 1990. La sua applicazione non è automatica ma legata alla creazione di un congruo mercato alternativo di parabole e satelliti, sostenuto da opportuni incentivi. La riforma Maccanico ha il merito di guardare agli sviluppi tecnologici, recependo le disposizioni dall’Unione Europea. 1998: viene approvato un nuovo piano nazionale delle frequenze, che fissa il numero delle reti nazionali a 11, di cui 3 destinate alla Rai, le altre da assegnarsi entro il luglio 1999 tramite gara pubblica. Risulteranno vincitrici Canale5, Italia1, Telepiù Bianco, TMC1, TMC2, Europa7, ed Elefante Market. Mentre Rete4 è esclusa in temperanza alla legge Maccanico. È il ministro delle comunicazioni del governo D’Alema (Cardinale) a concedere a Mediaset un’abilitazione per continuare a trasmettere senza una scadenza. Il CdA Rai è designato con alla guida Roberto Zaccaria. È un CdA destinato a rimanere in carica 4 anni, costretto a barcamenarsi fra privatizzatori e difensori dell’esistente. La Rai viene dotata di una struttura piramidale. Si prospetta la fisionomia editoriale della futura Rai: due reti generaliste a vocazione commerciale e una terza rete articolata sul territorio. Rai1 rinnovata dal punto di vista di fiction, informazione, intrattenimento e cultura e Rai2 adatta ad un pubblico più giovane e metropolitano. 2001: si giunge alla legge che dispone il passaggio dal sistema analogico al digitale entro il 2006. - RaiUno è convogliata la produzione nostrana, target tradizionale, adulto-femminile. Si distinguono: Il maresciallo Rocca, Il commissario Montalbano, Un medico in Famiglia, Commesse, Don Matteo . Tra i quiz televisivi: Per un pugno di libri. Tra i giochi: La Zingara, Affari Tuoi. Infotainment: La vita in diretta. Il TG1 è generalista, quasi sempre in testa nel conteggio dell’audience, stenta a rinnovarsi. Quark di Piero Angela e Alberto Angela in Ulisse. Magazine dedicati all’ambiente: Linea Verde - RaiDue punta al genere criminale e al melodramma (Incantesimo). Punto debole della Rai è l’intrattenimento leggero, bersagliato anche per l’omologazione alle reti commerciali. Varietà tradizionale: Scommettiamo che. Il reality: La talpa, i cervelloni. Tra i concorsi: Miss Italia, Veline. Fabio Fazio nasce Quelli che il calcio. Porta a Porta, condotto da Vespa. Il TG2 assume i connotati di un notiziario leggero, un magazine che combina attualità e rotocalco, un almanacco del popolo che privilegia la cronaca e il costume, a coprire fasce di ascolto distratte, sostanzialmente casuali e poco recettive ma che sono il pubblico televisivo per eccellenza. L’albero azzurro e Melevisione per i bambini. - RaiTre prende avvio la soap Un posto al sole. L’ultima creazione di Fazio: Che tempo che fa. La terza rete mantiene programmi storici come Chi l’ha visto, Mi manda RaiTre, Ballarò con copertina di Crozza. Indagini estremamente documentate su ambiente, salute, scienza, fisco, mondo politico. Si tratta di una rinascita del genere: Servizio pubblico, Presadiretta. TG3 conserva nel tempo le caratteristiche primigenie: rivolto a un pubblico di sinistra, più preparato, attento alla politica, agli esteri. Nel 1999 per rispondere a Fininvest viene creata Rai Cinema. Tra i più colti critici televisivi:  Beniamino Placido nel 1993 dà alle stampe La televisione al cagnolino, sembra parlare della televisione e del nostro rapporto contraddittorio, inquieto con essa. Invita a evitare le polverose, ripetitive, generiche accuse convenzionali al televisore che ci rende violenti, incolti passionali e indifferenti, e a prendere la tv per quello che è, un mezzo dotato di difetti strutturali non eliminabili, capace di costruire una grossa illusione ottica.  Federico Fellini la tv è un gran minestrone, una mescolanza di tutto che restituisce un magma grigiastro e ribollente, capace di creare una sterminata platea di analfabeti pronti ad applaudire tutto quello che è veloce, privo di senso e ripetitivo.  Alberto Moravia individua nella impreparazione di quelli che fanno la tv l’origine della volgarità e della superficialità dei programmi.  Hans Magnus Enzensberger: scrittore tedesco parla della televisione come un mezzo “buddhista”, nel senso che pacifica e combatte le preoccupazioni; spazzando via le argomentazioni che attribuiscono alla tv poteri manipolatori, seduttivi, spiazzanti che presuppongono un fruitore vittima indifesa. La televisione è come un farmaco. La sera lo si prende e ci si sente meglio , dice. Parla della tv come Medium Zero, il cui spettatore si rende perfettamente conto di non trovarsi di fronte a un mezzo di comunicazione.  Postman nel suo “Divertirsi da morire”, del 1985, teorizza che ogni mezzo di comunicazione plasma un modo particolare di interpretare e raccontare il mondo. Postman è convinto che la cultura televisiva sia tanto più vuota di contenuti e pericolosa quando ha le maggiori pretese, quando si presenta come veicolo di conversazioni culturali significative. Guardava con sospetto all’invadenza dei nuovi media: della TV, ma anche del computer, percepiti come causa di isolamento, di segregazione sociale e di massificazione del pensiero. Postman ha descritto il processo di trasformazione precoce dei bambini in “piccoli adulti”, dovuto alla loro esposizione, fin dai primi anni di vita, allo stesso tipo di informazioni riservate agli adulti, per il tramite del sistema di comunicazione di massa: TV, pubblicità, modelli, mode, comportamenti.  Joshua Meyrowitz nel libro Oltre il senso del luogo ha cercato di analizzare come l’apparizione della televisione e dei media elettronici abbia modificato la percezione dello spazio da parte degli esseri umani. Meyrowitz analizza le trasformazioni del significato di “luogo” indotte dalla televisione, insistendo sulla sua capacità di plasmare una nuova forma di leadership politica. I media hanno sempre dato vita a degli ambienti e le persone possono essere unite ma anche separate da tali ambienti. Infatti, per accedere a questi ambienti è necessario possedere un determinato «codice d’accesso». In passato, ad esempio, per accedere alla stampa era indispensabile l’apprendimento preliminare dei codici della lettura e della scrittura. La televisione e gli altri media elettronici hanno però eliminato questi vincoli e questa è la principale ragione che spiega perché hanno potuto ottenere un enorme successo nella società.  Putnam in Capitale sociale accusa i mass media di erodere il capitale sociale e favorire la chiusura nel privato e nell’individualismo. I contenuti stessi della televisione sono frequentemente ricchi di stimoli anti-sociali.  Per Baudrillard i media uccidono la realtà generando un mondo virtuale. La televisione ha, infatti, trasformato la realtà in iper-realtà, uccidendola. È solo simulando una continuità che la si può rappresentare. La televisione e i nuovi media hanno trasformato il nostro mondo di comportarci. È come se fossimo sempre su un palcoscenico. Siamo diventati attori della performance nella nostra vita “reale”.  Paul Virilio porta avanti una rappresentazione dell'attuale realtà mondiale in cui la diffusione di Internet si configura. Il filosofo ha parlato del rischio attuale di sdoppiamento della realtà, della confusione fra reale e virtuale.  Karl Popper nel saggio Cattiva maestra televisione del 1994 denuncia i problemi che la televisione e la sovraesposizione dei bambini al consumo di programmi possono provocare alla mente infantile e alla personalità in crescita. La televisione quindi crea danni perché abitua alla violenza e "inquina" lo sviluppo psicologico del bambino. Insiste sulla sua funzione sostanzialmente diseducativa e nociva alla democrazia.  Paolo Martini scrive Maledetta Tv. Cento ottime ragioni per spegnere la televisione nel 1996 in cui sostiene che la tv fa male a prescindere dai contenuti, è falsa per natura e ingannatrice e consente la presa di poteri di demiurghi generalmente di destra, in quanto fondamentale elemento di stabilizzazione di una società economicamente tardo-capitalistica, ma potenzialmente arretrata.  Giovanni Sartori politologo e autore di un libro Homo Videns, in cui chiarisce in modo dettagliato perché la tv sia una pessima educatrice. Secondo Sartori, la televisione sta operando una vera trasformazione antropologica della nostra specie: da Homo sapiens, caratterizzato dalla capacità di creare e comprendere concetti astratti, a Homo videns, capace solo di conoscenza percettiva e dunque individuo infinitamente più povero. Le immagini della tv, da sole, sono sfuggenti e infedeli, non riescono a dar conto della realtà e tendono a uniformare il pensiero degli spettatori. La tv è dunque ben più di un mezzo di comunicazione, è uno strumento antropogenetico, cioè capace di generare un nuovo tipo di essere umano. La televisione rinvigorisce e moltiplica l’Homo sapiens perché privilegia il pensiero debole e perché ha contribuito a creare il pensiero brodaglia, un clima culturale di melassa mentale e crescenti armate di azzerati mentali.  Ginsborg scrive un Pamphlet su Berlusconi (BERLUSCONISMO: Analisi di un fenomeno) in cui sostiene che i modelli consumistici e familistici proposti a categorie vulnerabili favoriscono la creazione di una cultura televisiva consensuale di massa, e sono incarnazione di quella libertà negativa che il leader di centrodestra ha in mente. Ma anche le radicali trasformazioni culturali connesse con il fenomeno della televisione commerciale, lo stato di soggezione della stampa e dell'informazione, la pesante eredità di una mancata riforma dell'amministrazione pubblica e quella di una longeva gestione corrotta del denaro pubblico e delle imprese private, i nodi irrisolti della parità di genere e dell'equità sociale sono alla base di questo fenomeno politico, culturale e sociale.  Per Massimiliano Panarari il canale mediatico capace più di tutti di parlare alle masse dal dopoguerra a oggi è stata ed è la televisione. Secondo l’autore esiste un’egemonia sottoculturale che è alimentata dal più potente dei mezzi di comunicazione: la televisione. Attraverso l’uso sapiente della tv e della stampa popolare, la sottocultura di destra ha creato un sistema valoriale che Panarari ritiene estremamente deprecabile ma non per questo meno strutturato. La chiusura del libro di Panarari è un invito alla sinistra a riprendere a pensare linguaggio e contenuti televisivi, nonché a rendersi conto che il ruolo e il senso della pedagogia di massa non si sono certo esauriti. Sembra che la televisione generalista abbia saturato il suo mercato. Le variazioni di consumo dipendono dall’intensità qualitativa dell’offerta. L’aumento dell’utilizzo di internet e la nascita di Sky rappresentano un fattore di evoluzione. La pay tv arricchisce l’abbondanza editoriale. Fa leva sul pacchetto calcio e sport. Si affianca ai colossi della televisione tradizionale. Il passaggio al digitale terrestre, conclusosi nel 2012, concorre a modificare il quadro. Ricopre un ruolo di interesse il video-giornalismo: produzione di filmati che si riversano a fiumi in rete. Grazie alle varie proposte on demand, inoltre, il pubblico non solo si distribuisce su un vasto ventaglio d’offerta, ma sceglie di desincronizzarsi, scegliendo la flessibilità della differita. Una transizione decisiva che spinge qualcuno a parlare di morte della televisione, ma allo stato attuale essa non ha perso il suo appeal, complici invecchiamento della popolazione e crisi economica. L’industria cinematografica e quella musicale trovano un legame ancora più organico con quella televisiva. La Rai detiene ancora il 40% dell’ascolto conservando il pubblico anziano, tradizionale popolare e femminile. Mediaset si avvicina al 40% con le fasce intermedie di età. Sky ha circa il 10% degli ascolti, ma in continua crescita, pubblico minoritario e giovane. La7 realtà minoritaria, ma di buon livello culturale. Per le reti specializzate: Rai ha 11 reti specializzate: Rai4 composta da serie e film, Rai5 dedicata all’intrattenimento culturale, Rai Movie, Rai Premium, Rai Gulp, Rai Yo Yo, Rai Storia, Rai Scuola, Rai News24, Rai Sport 1 e 2. Mediaset, oltre ai canali a pagamento, ne ha 5 free: Iris, La5, Mediaset Extra, Italia 2, TGCOM24. Il broadcasting lascia spazio al narrowcasting. Il pubblico si segmenta, distribuendosi a seconda dell’età, del reddito, del livello d’istruzione, degli interessi.
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