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Riassunto "Storia delle televisioni in Italia: dagli esordi alle web tv" di Irene Piazzoni, Sintesi del corso di Storia

Riassunto "Storia delle televisioni in Italia: dagli esordi alle web tv" di Irene Piazzoni

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 05/06/2019

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Scarica Riassunto "Storia delle televisioni in Italia: dagli esordi alle web tv" di Irene Piazzoni e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! Storia delle televisioni in Italia Gli esordi e gli esuberanti sviluppi nel segno della RAI 1. In Italia gli studi sulle trasmissioni delle immagini a distanza si intensificano negli anni ’30, sulla scia delle ricerche compiute dagli altri paesi europei quali Gran Bretagna, Germania e Francia. Nella penisola coloro che si interessano all’argomento sono:  L’EAIR: ha sede a Torino ed è l'unica concessionaria dei programmi radiofonici  SAFAR e Magneti Martinelli: due aziende leader del settore, entrambe milanesi Il governo fascista segue da subito e con attenzione gli sviluppi di questa ricerca: l’interesse è rivolto al potenziale di propaganda che la televisione ha (come la radio) reputato un ottimo strumento politico. Nel dicembre del 1938 L’EIAR annuncia il prossimo inizio di trasmissioni regolari a Milano e Roma: è proprio in quest’ultima che viene costruito il primo vero e proprio trasmettitore e che, nell’anno seguente, verranno girate trasmissioni sempre più elaborate. Le prime trasmissioni duravano due-tre ore ed erano coordinate dal direttore artistico e produttivo Alfredo Sernioli. All’interno di esse vi erano diversi artisti noti del tempo e il palinsesto, molto variegato, presentava numeri musicali, balletti, scenette comiche, commedie, esibizioni di giocolieri e illusionisti, interviste sportive… Ancora, però, non si faceva ricorso alla documentazione di eventi nel loro svolgersi. Oltre ai primi “format”, si provano anche luci ed effetti sonori, scenografie, inquadrature, stacchi e dissolvenze.  “Radio che si può vedere e cinema domestico”: era così che veniva concepita la televisione. Il 31 maggio, pochi giorni prima dell’intervento italiano nella seconda guerra mondiale, le trasmissioni vengono sospese sia Roma sia a Milano: si interrompono così le ricerche. L’Italia si trova in una posizione arretrata rispetto gli altri paesi europei in merito alla nascita della televisione. Dopo la fine della seconda guerra mondiale, nel ’47 a Milano e a Roma e nel ’49 a Torino, si torna alle sperimentazioni: protagonista è la RAI, nata nell’ottobre del 1944. Dal settembre del 1952 l’attività e il palinsesto assume una sempre più chiara architettura: responsabili sono Sergio Pugliese e alcuni organizzatori e specialisti del campo. Questi, approfittando delle pause estive, si recano in Germania, in Inghilterra e negli Stati Uniti per studiare sul posto metodi di lavoro, rendimento delle attrezzature… L’offerta, la settimana-tipo, predisposta dalla RAI guarda molto il modello inglese: prevede la domenica un programma religioso del mattino, varietà e sport il primo pomeriggio; poi film, rubriche e una commedia tra pomeriggio e sera; nei giorni settimanali dalle 17:30 uno spazio dedicato ai ragazzi, quindi il telegiornale, film, spettacoli di varietà, rivista prosa e musica in serata. Pochissimi sono gli spettatori in questo periodo: i televisori che circolavano erano ancora pochi e cari. Sempre nel 1952 lo stato stabilisce il monopolio della RAI sulla televisione che ha una durata ventennale (fino al 1972): nasce così un rapporto fra la RAI e il governo. Quest’ultimo ha poteri decisionali:  La televisione avendo le stesse finalità culturali e sociali della radiofonia ed essendo entrambe destinate a raggiungere lo spettatore, deve essere guidata dallo stato nell’impostazione dei programmi.  Stabilisce che allo stato spettano gli oneri dell’impianto e dell’esercizio. La RAI non può fabbricare e vendere apparecchiature.|  Le nomine del presidente, dell’amministratore delegato e del direttore generale devono essere preventivamente approvate dal governo.  … Il 3 gennaio 1954 vengono inaugurate le trasmissioni ufficiali: già una buona parte della penisola è servita e nel giro di tre anni quasi tutti gli italiani potranno guardare la televisione.  La televisione non è un oggetto per i ricchi, ma è legato alle masse . Direttore di questi anni è Salvino Sernesi, ricordato per la sua gestione positiva e per non appartenere a nessun partito. 2. Nei primi anni della RAI ai vertici di questa abbaiamo due esponenti della Democrazia Cristiana:  Filiberto Guala come amministratore delegato  Giovan Battista Vicentini come direttore generale | Questi, allontanandosi dalla linea liberal conservatrice che si interessava alla televisione principalmente per il suo ruolo di intrattenimento, cercano di fare del nuovo mezzo un potente ed efficace strumento di insegnamento che liberi la società dall’ignoranza e, al tempo stesso, valorizzi e consolida le radici cattoliche della nazione. La televisione, quindi, rivolgendosi ad un pubblico vasto, deve offrire una sana ricreazione e contribuire alla educazione ed all’elezione morale e culturale dei cittadini.  Deve fare più del cinema: i programmi non solo devono rispettare i principi di moralità generale, devono divulgare e esaltare i valori. Tra le numerose ricordiamo, ad esempio: 1. La rappresentazione del male: il delitto, il vizio non devono essere descritti in maniera seducente, né giustificati, semmai puniti. Così devono essere evitate scene volgari, truci, repugnanti che esaltino l’odio, la violenza, la vendetta e la brutalità, anche contro gli Ricordiamo, ad esempio:  Mario Soldati: la televisione dove essere intesa come una nuova possibilità di comunicare e di esprimersi, dotata di proprie potenzialità. Inoltre è il mezzo con cui si comunica con il mondo, specialmente per chi vive in condizioni di isolamento. 6. Negli anni cinquanta in Italia avanzano le prime candidature da parte di società legate ad alcuni grandi gruppi industriali e finanziari per la formazione di servizi privati, mortificate, però, dalla convenzione del 1952, che estendeva il monopolio della RAI alla televisione. Esempi di alcuni servizi privati:  Televisione libera (TVL): nata il 16 maggio del 1957 a Milano, presieduta dall’ingegnere Gianvittorio Figari e diretta dal giornalista Luigi Carlo Mazzoldi , azionisti Attilio Volonteri e Francesco De Marsico. TVL predispone L’inizio di trasmissioni installando un impianto all’ultimo piano del grattacielo di piazza della Repubblica e dotandosi di apparati modernissimi importati dagli Stati Uniti che consentono la trasmissione su una frequenza diversa da quella RAI.  Tempo-TV: di Renato Angiolillo, direttore del quotidiano il “Tempo”. È appoggiato da Bruno Baiocchi, grosso industriale e imprenditore agricolo pisano, da Anacleto Guanni, a sua volta imprenditore nel settore agricolo e in quello edile, il banchiere Arturo Osio è alcuni tecnici della vecchia EIAR.  A Napoli c’è poi Achille Lauro che pensa una TV per il Mezzogiorno, costruendo una società che conta innanzitutto sul suo contributo personale, ma anche dell’aiuto di altri meridionali invitati a partecipare attraverso una sottoscrizione lanciata dal quotidiano. I privati cercano di strappare il monopolio della RAI appellandosi all’art. 21 della costituzione. I partiti che sono favorevoli all’iniziativa sono: i liberali, i socialdemocratici e i repubblicani. Contrari, invece, il partito socialista italiano e la democrazia italiana.  La difesa del monopolio della televisione è di natura politica e sociale: la tv è vista come il mezzo più efficace per l’educazione delle masse. Nella televisione commerciale si vede il rischio che questa si trasformi in uno strumento di pressione politica (senza contare la probabile deriva dei programmi di intrattenimento utilizzati dalle altre televisioni, come quella americana: i mezzi utilizzati da questa per strappare gli applausi, hanno spesso la violenza di un assalto a mano armata) Nel luglio del 1960: la sentenza emanata riafferma il monopolio della RAI. Intanto negli altri paesi: - In Inghilterra: il Television Act (1954) che da vita all’Independent Television Authority. Nel 1955 inizia le trasmissioni la Independent Television (ITV), una televisione commerciale che si finanzia con la pubblicità attraverso quattro società che gestiscono i programmi. - In Svizzera: nel 1957 i cittadini sono chiamati a esprimere con un referendum la preferenza per una TV gestita dallo Stato o una gestita da privati: la maggioranza vota per i servizi privati - … Il 3 febbraio 1957 esordisce il Carosello, collocato tra il telegiornale delle 20:30 e il programma di prima serata, prevede regole molto rigide: il messaggio promozionale degli spot - 4/5 per puntata – deve essere concentrato nel cosiddetto “codino”, di 30 secondi, e preceduto da un pezzo di 1 minuto e 45 secondi che non può andare in onda più di una volta né alludere al prodotto reclamizzato.  Carosello si trasforma in un vero e proprio spettacolo: sketch, cartoni e disegni animati, serie di mini polizieschi… Apogeo e crisi: la televisione di Bernabei 1. Nel gennaio del 1961 sale alla dirigenza della RAI, per rimanerci fino alla vigilia della riforma del 1975, Ettore Bernabei: giornalista a capo de “Il Popolo” (il giornale della DC) e rappresentate doc della sinistra fanfaniana. Al neodirettore si profila un mandato impegnativo: dare seguito al progetto configurato da Guala adattandolo a una società attraversata da epocali trasformazioni. Sempre negli stessi anni: i socialisti entrano a far parte del governo. Bernabei cerca, perciò, di creare una televisione che tenga conto di voci diverse ma, che al tempo stesso, abbia alla base un palinsesto consistente e per tale ragione abbiamo un adeguamento dei programmi. L’informazione innanzitutto: la confezione del telegiornale è affidata a Enzo Biagi. Quest’ultimo fa tutto a modo suo: rivoluziona la scaletta, dove balza in primo piano la cronaca, in particolare quella giudiziaria, privilegia i filati, sfonda i servizi sui protagonisti dell’ufficialità politica, membri della maggioranza governativa. Ne esce un prodotto meno conformista e più spregiudicato. L'apporto di Biagi si estende ad altri format. È lui a inaugurare il prototipo del programma di approfondimento RT Rotocalco televisivo: un quindicinale d’attualità che ricarica i contenuti e il taglio del settimanale di stampa, composto da servizi su politica, cronaca, costume, varietà, alcuni memorabili. Lo sguardo è attento ai risvolti umani e individuali, ai microcosmi i sociali, alle storie semplici ma emblematiche, alle abitudini, ai comportamenti: da ogni fatto di attualità, Biagi si propone di ricavare delle storie vere, che costituiscano racconto e e che traducano sentimenti, notizie, analisi di situazioni o di problemi in forma drammatica. 2. Il 4 novembre del 1961 iniziano le trasmissioni del Secondo canale: il servizio si estenderà gradualmente, raggiungendo nel 1966 l’86% della popolazione. La nascita è la gestione del “secondo” rispondono a istanze diverse: arricchire la programmazione, articolare l’offerta per raggiungere un pubblico sempre più ampio e disomogeneo, sperimentare nuovi format su cui esercitare talenti e professionalità di fresco stampo… A dirigere il Secondo Canale sono il critico letterario Angelo Romanó e come vice Pier Emilio Gennarini. Il palinsesto è studiato sulla base della complementarità dei due canali: i titoli più popolari e forti vanno sul Nazionale, quelli di nicchia o sperimentali sul Secondo. Sempre in questi anni abbiamo una serie di innovazioni tecnologiche che influiscono sulla RAI: - La registrazione videomagnetica (1962): libera dall’obbligo della diretta, consente di preparare e immagazzinare i programmi - Il satellite Telestar (1962): apre la strada alle dirette da e verso gli Stati Uniti Il ministro delle Poste e Telecomunicazioni del governo Andreotti, decide di sigillare gli impianti delle emittenti locali via cavo e smantellare i ripetitori delle straniere: Telebiella è costretta a chiudere. Nel luglio del 1974 la Corte si pronuncia sia sulle televisioni straniere sia su quelle locali via cavo (consente la diffusione di un solo canale): la sentenza n. 225 riconosce il diritto ai privati di ripetere i programmi televisivi esteri purché non interferiscono con le trasmissioni RAI e non prevedano la pubblicità, la n. 226 legalizza le radio e le televisioni private via cavo di portata non eccedente l’ambito locale. Nel 1976 è da ormai un anno che si dilaga il fenomeno della radiofonia privata, le cui vicende giudiziarie provocano un ulteriore intervento della corte, la sentenza n. 202, che coinvolge anche i pochi operatori del settore televisivo convertirsi all’etere: le emittenti esistenti, purché locali, sono in questo modo legittimate. Nel 1969 il governo aveva promesso il progetto di riforma della RAI. Il 14 aprile del 1975, la legge n.103 conferma il monopolio della RAI che sarà gestita dai due principali partiti di maggioranza, DC e PSI (il 1 e il 2 canale sono messi in concorrenza tra loro, ciascuno ha un direttore e una testata giornalistica) . Al Parlamento vengono attribuiti i poteri effettivi sulla nomina del Cda della RAI (di cui può eleggere 10 membri. Altri 4 saranno invece eletti dalle regioni). Viene stabilita la nascita delle terza rete rai, le tv locali via cavo posso trasmettere senza interconnettersi fra di loro e in un bacino massimo di utenza di 15000, viene imposto un tetto pubblicitario fissato del 5% del monte ore totale delle trasmissioni totali per l'azienda pubblica e le tv straniere possono trasmettere in Italia a patto che non disturbino il segnale Rai e non raccolgono pubblicità in Italia. La nomina del direttore generale, che ha pressoché poteri di natura rappresentativa, viene affidata a Paolo Grassi che lavorerà principalmente al lancio della terza rete. + La riforma della RAI viene vista come una conquista, come tante altre raggiunte in quei stessi anni: lo statuto dei lavoratori, l’istituzione delle regioni a statuto ordinario, quelle del referendum, la legge sul divorzio, la riforma del diritto della famiglia, l’abbassamento della maggiore età a 18 anni… : la RAI è finalmente rappresentata dalle diverse correnti ideologiche. Dalla rivoluzione dell’etere al duopolio 1. Con la Riforma del ’75 abbiamo un regime di concorrenza fra le due reti esistenti:  Alla DC viene affidata la gestione della prima rete, diretta dal cattolico Mimmo Scarano, in linea con la tradizione e dal taglio nazionalpopolare. Tra i diversi programmi mandati in onda ricordiamo: - Domenica in, in cui troviamo l’uso della diretta, opzione in gran voga dopo gli anni d’oro del registrato. È il primo programma-contenitore, concepito per l’intera famiglia ma composto da pari destinate a segmenti di pubblico diversi, in cui generi e funzioni si mescolano e si succedono: il salotto con gli ospiti, le interviste, le performance musicali, l’aggiornamento sportivo, i telefilm, il telegiallo-quiz… - TG1, affidato alla direzione di Emilio Rossi. Più tradizionale, pone l'accento più sulla notizia che sul commento; format secco e rapido, semplicità e chiarezza dello stile comunicativo…  Al PSI viene affidata la gestione della seconda rete, diretta da Massimo Fichera, più sperimentale e anticonformista, espressione della cultura laica e socialista. Tra i principali programmi mandati in onda ricordiamo: - L’altra domenica, ispirata alla trasmissione radiofonica Alto gradimento, vede l’introduzione del dialogo telefonico con il pubblico, la presenza di improbabili personaggi fissi (es. Roberto Benigni), il ricorso ai tormentoni, collegamenti nazionali e internazionali, cartoni animati… Un pomeriggio festivo, di segno opposto a Domenica In - TG2 (con il sottotitolo “Studio Aperto” nell’edizione serale), diretto da Andrea Barbato. Ampio spazio alla cronaca, attenzione ai fenomeni nuovi e ai temi sociali, gusto per l’approfondimento e l’inchiesta, riflessione sulla notizia, un’analisi delle cause con un confronto delle opinioni. Tra le novità introdotte negli anni Settanta, ricordiamo: - La nascita del talk show italiano, inaugurato nel 1976 da Maurizio Costanzo con Bontà loro: un format giornalistico, basato sulle interviste, ma il loro taglio e il tono adottato trasformano il programma in una conversazione leggera, quasi confidenziale (richiamo al clima della radio) che richiama l’attenzione di un pubblico disomogeneo e inconsueto. - Portobello di Enzo Tortora, televendita di oggetti e brevetti - Cuori d’arancio e Dove sei?, rubriche di cosiddette storie “vere” - Rapporto interattivo con il pubblico attraverso il telefono - Lo sceneggiato classico perde la sua importanza e viene sostituito da teleromanzi di taglio cinematografico (Sandokan). Aumenta, perciò, in numero dei telefilm importati anche se il 72% delle trasmissioni RAI è costituito dal prodotto così detto in house. - Novità di linguaggio, formula e approccio nel settore dell’informazione: vengono trattati temi delicati (lotte sindacali, scandali, processi…) e di conseguenza si rinnova anche l’approccio dei giornalisti, alla ricerca delle proprie fonti e di una verifica in proprio, di servizi sul posto e interviste esclusive - L’uso della diretta, che interessa i fatti dell’attualità salenti e che moltiplica l’impatto delle notizie coinvolgendo la collettività, esalta la funzione informativa e di servizio, svela contraddizioni, le fratture e le incertezze (divulgazione di diverse riflessioni sull’uso eccessivo dello strumento mediatico: sfruttamento della spettacolarità insita nella tragedia o diritto di informazione? - Aumento di programmi di intrattenimento dei bambini, cartoni animati come Mazinga Z, Atlas Ufo Robot, Remi, Capitan Harlock, Ken il guerriero a discapito dei programmi culturali destinati all’insegnamento, non sentiti più come necessari, che vanno ad occupare i margini del palinsesto (anche se l’offerta culturale in generale rimane robusta) 2. Sulla scia della costituzione delle regioni a statuto ordinario, nasce una forte esigenza: quella di una più significativa presenza delle realtà locali nell’area dell’informazione e nella rappresentazione televisiva.  Le regioni chiedono di partecipare nella gestione della RAI e un’autonomia produttiva che consenta di cogliere, attraverso la lente della dimensione regionale, un’immagine viva e reale della società e delle sue articolazioni, a fronte di quella distorta e addomesticata che fornirebbe la televisione nella sua veste centralistica. Con la riforma del ’75, si vede la nascita dell’dea di una nuova rete a carattere nazionale, idonea anche ad una separata e contemporanea utilizzazione per diffusione in ambito regionale. Il 15 dicembre 1979 nasce la terza rete, RAI 3. Prendono vita 21 stazioni per 20 regioni (Trento e Bolzano sono sedi separate). Ognuna dovrà produrre il 60% dei programmi e un TG di 20 minuti, che si aggiungono ai 15 dell’edizione nazionale. La rete, al momento del varo, raggiunge il 45% degli italiani con una programmazione di 6 ore. Il palinsesto nasce vecchio, a colpi di opere liriche, film usurati e un’informazione regionale sul filo dell’improvvisazione, che presto si rivela una sorta di Gazzettino di tante ufficialità provinciali. 3. Prima del 1976: in Italia abbiamo alcune stazioni locali (= private) che trasmettono via cavo e che sono gestite da intraprendenti pionieri e piccoli intraprendenti. Dal 1976 in poi (quindi dopo la sentenza della Corte Costituzionale): abbiamo la liberalizzazione delle tv private via etere. Si apre, perciò, la corsa all’occupazione delle frequenze radiofoniche e televisive, che vede in prima fila editori, associazioni, partiti, cooperative, imprenditori dei settori più disperati e self-made men di provincia. Nel giro di un paio di anni, dal 1976 al 1978, le tv private sono salite a 434, con una densità superiore a quella che si riscontra negli Stati Uniti. La maggior parte ha ormai scelto l’etere, anche se la normativa vigente limita la recezione all’ambito locale vietando l’interconnessione. Le emittenti private portano all’interno della televisione nuovi elementi: - Programmazione non stop o molto estesa - Programmi osé e gli spogliarelli - Cartoni animati, telefilm e film di cui non si pagano i diritti - Massiccia esportazione dei prodotti esteri - Spettacoli e sketch in dialetto Tra le diverse tv provate di questi anni ’70 ricordiamo: Telealtomilanese, Antenna 3, Teleroma56 (televisione politica), Telefirenze, Teleibera, Canale 58,Telenova (televisione cattolica)…  Il grosso delle tv locali viene ricordato per la qualità scadente, per i programmi rudimentali, volgari, arrangiati… Trasmissioni pacchiane e artigianali. Ma è proprio quello che chiedono i loro spettatori: “no alla cultura, si allo strapaese”. Si tratta di linee editoriali estranee al servizio pubblico. Buona parte delle emittenti private sono imprese squisitamente commerciali, occasione di investimento per l’imprenditoria locale del Nord e del Sud. Dopo il ’76, in Italia, abbiamo perciò un incremento della spesa pubblicitaria globale. In questo periodo entrano in campo anche le grandi concessionarie, cui molto locali si affidano: GPE, Publitalia, STP, GRT… Sono loro a predisporre ensemble di prodotti acquistati che offrono due o più ore di programmazione quotidiana preconfezionata con titoli di sicuro successo. Sempre in questo periodo, abbiamo l'avvento dei grandi editori: nell’agone televisivo scendono con determinazione Rizzoli, Rusconi e Mondadori. - Alle testate antiche “Radiocorriere TV” e “TV sorrisi e Canzoni” si affiancano molti altri periodici che virano decisamente sull’informazione televisiva. - I tradizionali “familiari”, da “La Domenica del Corriere” a “Oggi” e “Gente”, arretrano, e così avviene per i popolari fumetti “Il Monello”, “Intrepido”, “Topolino”, per non parlare dei fotoromanzi, di fronte a quello che per il marketing editoriale italiano è diventato il vero settimanale della famiglia, quello che parla della tv - Vigorosa crescita del mercato pubblicitario: sala alla ribalta una nuova classe imprenditoriale di piccoli industriali e commercianti che ha bisogno della pubblicità per rafforzarsi e proiettarsi in una dimensione nazionale. Senza i network privati molte aziende che oggi sono delle “signore aziende”(Maina, Galbusera…), sarebbero ancora artigianato familiare, capannoni in mezzo ai prati. La televisione commerciale, dunque, ha creato ricchezza e sostiene il trend positivo - Aumento del debito pubblico - Declino del sistema dei partiti - Nel 1984 sulle frequenze di Elefante Tv, nasce Videomusic, la prima televisione musicale in Europa, fondata da Pier Luigi Stefani e dalla figlia di Guelfo Marcucci, Marialina, imperniata sui videoclip, cui si affiancano programmi d’informazione, live, interviste, recensioni, e rivolta al pubblico giovane. - Sul terreno dei programmi, si attiva l’età della concorrenza tra Rai e Fininvest con conseguenze negative sulla qualità dell’offerta televisiva. A parte alcuni appuntamenti forti (eventi calcistici, telegiornale della sera, talk show preferito, il Festival di Sanremo…), per il resto i telespettatori, dotati di telecomando, si producono nel cosiddetto zapping: passano da un canale all’altro , si soffermano a volte solo per un tempo limitato o semplicemente tengono accesa la tv, rumore di sottofondo cui prestare un’attenzione discontinua. Prevale un ascolto individuale, intermittente, quando non casuale, che si fissa su alcuni momenti capaci di accendere l’attesa e riprodurlo continuamente. La televisione diventa a tutti glie effetti organismo che funziona seguendo regole di economia. Al cuore dell’impresa è la quantità di audience raccolta e questo plasma i piani editoriali e la fisionomia dei palinsesti, modulati sulla ripetitività, sulla serialità e su programmi più o meno brevi, mirati. Trionfa il cosiddetto infotainment, ibrido tra informazione e intrattenimento e trionfa la fiction in tutte le sue declinazioni importante principalmente dall’America (telenovela e soap opera, detective story e telefilm polizieschi, situation comedy e serie musicali) - Raccogliere pubblicità e fissare tariffe adeguate comporta per le diverse emittenti la necessità di individuare modalità di rilevazione degli ascolti più precise. La RAI ricorre al barometro dell’ascolto, basato sull’inchiesta telefonica: le private commissionano diari per famiglie campione e interviste alla società Nielsen: sono entrambi sistemi che non garantiscono la veridicità dei risultati finali. Nel 1984 nasce così Auditel. Il sistema, che utilizza il telecomando di cui ormai sono dotati tutti i televisori, si avvia nel 1987, monitorando un numero di famiglie campione sempre più alto e incidendo in misura sempre più forte sull’organizzazione dei palinsesti e sulla fattura dei programmi. I programmi mandati in onda dalla Fininvest in questi anni: il giornale satirico Striscia la Notizia (1988) , Buona Domenica condotto da Maurizio Costanzo (1985), numerosi quiz e game show targati in genere USA come I sogni nel cassetto, Il pranzo è servito mandato in onda durante l’ora di pranzo, Telemike (1987-92) in onda il giovedì in prima serata, Paperissima (dal 1990), il primo love show M’ama non m’ama, anime giapponesi, Bim bum bam condotto da Paolo Bonolis…. Punto di forza della Fininvest è l’abbondante offerta di film (trasmessi su Retequattro). Nel 1985 i programmi americani superano il 50% del trasmesso delle reti Fininvest.  Insomma: una cultura più dinamica e fantasiosa, più in sintonia con la mentalità e con i gusti delle fasce urbane, giovanili e femminili della popolazione si è contrapposta all’ufficialità e alla lentezza, al pedagogismo della Rai. La Rai negli anni ’80 vive un momento difficile: la dirigenza stenta a imboccare la via del rinnovamento. Così nei primi mesi del 1982 i dati ISTEL certificano un calo di spettatori molto preoccupante. In due anni si è perduto in media un terzo dell’audience e soprattutto la si è perduta anche nelle fasce e negli appuntamenti considerati intaccabili, dal TG1 al film del lunedì sera. L’azienda pubblica vive, perciò, un periodo di smarrimento e interrogativi riguardo al suo destino. Nei primi anni ottanta la caratterizzazione autonoma delle due reti si stringe, lasciando spazio ad un modello in cui due direttrici ideative e produttive conducono al medesimo porto, vale a dire più evasione e spettacolo, meno cultura e informazione, relegate al pomeriggio o in tarda serata e per giunta con disaffezione e disattenzione. Non si è provveduto perciò a un organico ripensamento di tutto il palinsesto, né al coordinamento dell’offerta, né a una ridefinizione dell’immagine: un’immagine di immobilità e routine, restituita anche da particolari solo apparentemente trascurabili (es. La liturgia insopportabile delle annunciatrici che elencano i programmi). Le cose cambiano con Biagio Agnes come segretario del partito DC e con Enrico Manca alla presidenza. L'obbiettivo è quello di moltiplicare l’ascolto, il che presuppone una produzione di programmi a basso tasso creativo e intesa serialità. Cresce la produzione esterna, crescono le coproduzione e gli acquisti di pacchetti di programmi. Cambiano anche i ritmi della programmazione, in cui sono espunti pause, interruzioni e tempi troppo distanti. Ricordiamo in questi anni: il programma di intrattenimento Pronto Raffaella?, il rilancio del Festival di Sanremo, Quelli della notte condotto da Arbore, molto serie coprodotte e autoprodotte pensati per un pubblico internazionale, programmi d’informazione culturale e d’attualità come Quark condotto da Piero Angela e Mixer condotto da Giovanni Minoli, la cosiddetta tv del mattino Uno Mattina (che si ispira moltissimo a Buongiorno Italia di Canale 5)… Per quanto riguarda i notiziari, in questi anni quelli della Rai sono chiamati a misurarsi con la dura realtà dell’emorragia di ascolti, sottratti in molti casi da cartoni animati e quiz. Agnes applica la cosiddetta “zebratura”, che si traduce nell’inserimento di giornalisti di sinistra nel TG1 e di area cattolica nel TG2, anche con l’obbiettivo di valorizzare alcune professionalità. Le redazioni, più che a una radicale metamorfosi espressiva e stilistica, a parte una maggiore velocità dei servizi e il lancio di seducenti volti femminili in video, ricorrono alla diversificazione degli appuntamenti esistenti, alla moltiplicazione di aggiornamenti flash, alla specializzazione tematica: ecco allora TG economia, TG sport…. Giovano peraltro gli sviluppi tecnologici, tra collegamenti via satelliti, replay, tecniche raffinate di montaggio. Quelli della Rai continueranno ad essere telegiornali portavoce di un partito di riferimento, prodotti diversi per identità politica ma non per filosofia editoriale. Nel 1987 Raitre passa sotto il controllo del PCI ed è affidata ad Angelo Guglielmi. In quel momento la terza rete è praticamente ignorata dal pubblico e snobbata dai critici, che la reputano noiosa, mentre il palinsesto, disorganizzato e frammentato, sembra addirittura respingere quello che è ormai diventato un imprescindibile comandamento: raccogliere audience e mantenerla. Sotto la guida di Guglielmi, la terza rete adotta uno stile spregiudicato e diretto, forgiando una proposta in cui coesistono l’interesse per la realtà, la cronaca e i fatti e un’ironia intelligente. Sono dunque impostati format a basso costo, con l’obbiettivo di ottenere alti ascolti puntando alla massima compattezza, alla chiarezza del taglio, alla competenza ma anche alla scioltezza delle conduzione e al coinvolgimento continuo del pubblico chiamato a costruire i programmi, a partecipare e ad accedere a una sorta di piazza elettronica.  Nasce quindi una serie di trasmissione “di servizio”, cariche però di un’intrinseca spettacolarità, cui si darà la definizione di “tv verità.” Grazie alla riscossa nazionalpopolare di Raiuno e all’offerta vincente di Raitre, L’azienda pubblica riesce a mantenere e consolidare le posizioni , affermandosi nella fascia nobile del palinsesto, quella del prime time. 6. Craxi lascia la presidenza del Consiglio nel febbraio 1987. Dopo la parentesi del governo Goria, subentra quello guidato dal segretario della DC, Ciriaco De Mita, il cui programma prevede una legge sul sistema televisivo. Quella del gennaio 1985 è rimasta in vigore, contribuendo al definitivo consolidamento del duopolio, grazie a una proroga e, soprattutto, all’indulgenza di una protagonista assoluta della partita televisiva: la Corte Costituzionale, presieduta in questi anni da Francesco Saja.  Si tratta di una disposizione temporanea. Il 14 luglio 1988 in una sua pronuncia la Corte ammonisce il legislatore di giungere a una legge definitiva pena l’abrogazione di quella vigente. Inizia così lo studi del provvedimento, cui lavora il ministro delle Poste e Telecomunicazioni, il repubblicano Oscar Mammì. La legge Mammì, nella sua definitiva versione, viene emanata il 5 agosto 1990. Il fulcro di questa legge è di vietare posizioni dominanti: - Esso impedisce di possedere televisioni se si possiedono quotidiani che superino il 16% della tiratura complessiva nazionale - Impedisce ad uno stesso soggetto di realizzare più del 20% delle risorse complessive del settore delle comunicazioni di massa - Dispone che le concessioni televisive in ambito nazionale rilasciate ad un medesimo soggetto non possono superare il numero di 3 - Stabilisce che non si può essere contemporaneamente titolari di concessioni in ambito locale e nazionale e vieta a un concessionario televisivo di avere partecipazione superiori al 10% in altre emittenti - Istituisce la figura del garante per la radiodiffusione e l’editoria, un organo monocratico con compiti di controllo - Fissa il numero di tre interruzioni possibili dei film durata compresa tra i 45 e i 150 minuti (frutto della battaglia condotta nei mesi precedenti sulla protezione dell’integrità delle opere cinematografiche che incassano le simpatie di registi e intellettuali) - Stabilisce nuovi tetti pubblicitari: 12% orario e 4% settimanale per la Rai, 18% orario e 15% quotidiano per le private. Non accenna in compenso a mezzi e forme di diffusione non tradizionali, quali il cavo, il satellite, il digitale, la pay tv. Nei mesi di elaborazione e discussione del testo, nella penisola è scattata una fitta compravendita di frequenze. Molte piccole emittenti capiscono che è preferibile vendere piuttosto che continuare a trasmettere, e Fininvest ne acquista un gran numero sia per rafforzare il segnale delle sue reti, sia per creare sottomarche, sia per dare corpo, su modello di Canal Plus, al suo progetto di televisione a pagamento: Telepiú, nuovo network composto da ben tre reti. Berlusconi con l’emanazione della Legge Mimmì, è costretto a dover rinunciare al “Giornale” che cede al fratello Paolo, e a vendere il 90% della neonata Telepiú a una cordata di imprenditori amici. manifesta l’immaturità del mercato italiano, perplesso di fronte ai costi, alla scarsa copertura, alla necessità di un decoder per decriptare il segnale. Nel 1997 Telepiú viene acquistata dai francesi. Nel dicembre del 1997 dall’unione tra la società STET e Telecom nasce Stream, seconda pay TV italiana. Nel 2001, grazie all’accordo con Mediaset, diffonde in esclusiva ventiquattrore ore su ventiquattro Grande Fratello. Stream si rafforza anche grazie a Calcio Stream, il primo canale a trasmettere esclusivamente calcio. Dalla fusione di Telepiú e Stream, nel 2003 nasce Sky Italia le cui Trasmissioni iniziano il 32 luglio, non senza la preventiva applicazione di un sistema di criptaggio che impedisca la pirateria, fino a quel momento consistente. La rivoluzione rispetto alla tradizione televisiva italiana è macroscopica: un canale di news non stop, il calcio, il cinema italiano, quello internazionale fornito da Fox, l’intrattenimento, I documentari storici, scientifici e geografici, i programmi per i bambini, i canali musicali… in tutto sono 100 canali, suddivisi in 4 pacchetti e disponibili in 7 combinazioni: schema, forme e contenuti che subiranno aggiustamenti e modifiche nel corso degli anni. La rete si guadagna presto una patente di neutralità ed equilibrio sul piano degli orientamenti politici e culturali, non solo nella via seguita dall’informazione ma anche nella proposta cinematografica. Nel marzo del 2009 Sky supera per la prima volta Mediaset per ricavi e nell’ottobre del 2011 raggiunge i cinque milioni di abbonamenti. Il 31 luglio del 1997 viene emanata una nuova legge, la legge Maccanico: - Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - Norma antitrust che fissa il tetto massimo del 30% del mercato televisivo (pubblicità e/o canone) e del 20% delle frequenze per soggetto Mediaset, quindi, dovrebbe mandare una rete sul satellite (Retequattro) e la RAI eliminare la pubblicità da Raitre. Le cose cambieranno in seguito, il 24 dicembre 2003, grazie alla legge Gasparri che salverà sia Retequattro sia Raite Negli anni 2000 abbiamo l'avvento di internet e dei social network, di YouTube e del PC. Questo si è trasformato in una piattaforma su cui si rendono disponibili anche contenti di editori televisivi, e così avviene per i tablet e i cellulari: cambiano perciò luoghi, tempi e modalità della loro fruizione. Si direbbe che le giovani generazioni mostrano dimestichezza più con i nuovi media che con la vecchia tv: si sta forse andando incontro alla morte della televisione? I dati affermano il contrario: l’ascolto negli ultimi anni è salito, l'industria cinematografica e quella musicale trovano più che in passato un legame organico con quella televisiva, la formazione delle opinioni e la linea degli orientamenti politici dipendono ancora in misura consistente dall’arena informativa e di dibattito che il piccolo schermo assicura…. Ciò non toglie tuttavia che la televisione classica sia alle strette e stia definendo una realtà molto più complessa e frastagliata, in una fase in cui vecchie e nuove forme di comunicazione si sovrappongono, censure e continuità convivono. Nei fatti, intanto, la geografia dell’ascolto è in parte cambiata: - La Rai detiene il 40% circa del totale degli ascolti conservando il pubblico più anziano, tradizionale, popolare e femminile - Mediaset a sua volta si avvicina al 40% degli ascolti, con un pubblico collocato per lo più nelle fasce intermedie di età, medio in termini di posizioni sociale, dotata di una significativa propensione al consumo - Sky detiene circa il 10% degli ascolti, seguita da un pubblico minoritario dotato di un buon livello di reddito e di un’elevata propensione al consumo, moderno, piuttosto giovane, prevalentemente maschile per via dell’offerta calcistica - La7, la Rete che è più aumentata nel 2013 ma sua a volta una realtà minoritaria, dotata di un buon livello culturale e di reddito. Quanto alla fisionomia dell’offerta, le reti generaliste anziché puntare sulla novità, sull’azzardo, sulla creatività, sui volti nuovi, tendono ad abbarbicarsi ai moduli consolidati, blindando la programmazione, per il terrore di perdere l’audience acquistata. Con la nascita di nuovi apparecchi legati all’intrattenimento domestico, anche la pubblicità ha subito un declino nella sua crescita: molte imprese hanno iniziato a convertire i propri investimenti indirizzandoli verso territori lontani dalla televisione. Le reti specializzate di questi anni: - La Rai ne detiene 11: Rai 4 (serie e film), Rai 5 (intrattenimento culturale), Rai Movie, Rai Premium (fiction), Rai Gulp, Rai Yo Yo, Rai Storia, Rai Scuola, Rai News24, RaiSport1 RaiSport2 - La Mediaset, oltre a un pacchetto di canali a pagamento, ne ha messi in campo altri 5 free: Iris (film, telefilm, serie, teatro e libri), La5 (target femminile), Mediaset extra (sfrutta la library dell’azienda), Italia 2 (per un pubblico giovane e maschile), Tgcom24 Dal 2008 al 2012 vi è il passaggio al digitale terrestre.
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