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riassunto storia Europa: Carlo V, riforma protestante e Controriforma, Sintesi del corso di Storia

Riassunto diviso per capitoli: Europa di Carlo V (Guerre d'Italia, il sogno di Carlo V, l'impero ottomano); riforma protestante (Erasmo da Rotterdam, Lutero, ribellioni, Zwingli e Calvino, Enrico VIII d'Inghilterra e Clemente VII); il concilio di Trento (conseguenze, repressione, caccia alle streghe, ordini religiosi).

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

In vendita dal 02/04/2022

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giulia-crescenzi-2 🇮🇹

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Scarica riassunto storia Europa: Carlo V, riforma protestante e Controriforma e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! STORIA Capitolo 12: l’Europa e il mondo nell’età di Carlo V La frammentazione Dopo la morte di Federico III d’Asburgo, il Sacro Romano Impero era frammentato internamente. Da sette grandi elettori fu eletto l’imperatore Massimiliano I, che allargò i confini e costruì un’identità tedesca, cercando di unire tutti i suoi territori contro il nemico comune, ossia l’impero ottomano (non riuscì però a far partire una crociata). Gli Stati italiani e l’inizio delle “Guerre d’Italia” A fine Quattrocento, dopo la morte di Lorenzo de’ Medici (1492) e a causa degli intenti espansionistici di Venezia e Genova, l’Italia viveva un periodo di crisi e instabilità. In particolare nel 1495 Carlo VIII di Francia arrivò nel Regno di Napoli, dopo esser passato per Asti dove fu accolto da Ludovico il Moro, duca di Milano. Tuttavia successivamente si formò una Lega antifrancese, formata da Milano stessa, poiché riteneva pericolosa e ingombrante la presenza dei francesi, Venezia, il papato, l’impero di Massimiliano I e la Spagna. Così il sovrano tornò in Francia, ma ciò aprì una serie di conflitti tra gli Stati italiani per l’egemonia della penisola, chiamati “Guerre d’Italia” e durarono fino al Cinquecento. Con il passaggio di Carlo VIII il potere mediceo fu indebolito, così da lasciare spazio alla predicazione del domenicano Girolamo Savonarola, che denunciava la corruzione del potere temporale e spirituale. Il frate fu scomunicato da papa Alessandro VI, processato e condannato a morte. Nello stesso periodo, il figlio naturale del papa, Cesare Borgia “il Valentino” impose il suo dominio per poco tempo nelle Marche e nella Romagna. Infatti, alla morte del padre, la sua impresa fu ostacolata dal nuovo papa Giulio II, poiché lo aveva visto come un minaccia. Venezia ebbe la stessa sorte, sconfitta nel 1509 ad Agnadello grazie all’alleanza del papa con l’impero, la Francia e la Spagna (1508, Cambrai). Successivamente il nuovo re francese Francesco I di Valois sconfisse Milano con un esercito formato in gran parte da lanzichenecchi (contadini arruolati) e firmò la Pace di Noyon (1516) con la Spagna, stabilendo il dominio francese a nord e quello spagnolo a sud Italia. Il sogno universalistico di Carlo V Nel 1500 nacque Carlo d’Asburgo, figlio di Filippo il Bello (figlio di Massimiliano I) e Giovanna la Pazza (figlia di Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia). Dopo la morte del nonno Ferdinando nel 1516, Carlo, a causa della follia dimostrata da sua madre, ereditò il trono di Spagna. Nel 1519, alla morte dell’altro nonno, Massimiliano I, Carlo fu eletto dai principi elettori imperatore, a discapito dell’altro candidato, Francesco I di Francia, per motivi politici (avevano paura che Francesco I diminuisse i loro poteri) ed economici (Carlo li aveva pagati con oro). In Spagna la presenza di un sovrano straniero non fu vista di buon grado, infatti si temeva che gli interessi nazionali potessero venir meno. Nel 1520 in alcune città castigliane nacque un movimento chiamato Comuneros, che rivendicava un ruolo maggiore nelle decisioni politiche. L’anno dopo Carlo riprese il controllo alleandosi con i grandi aristocratici, che iniziarono a governare localmente in suo nome, e tentò di rafforzare la propria identità spagnola, imparando la lingua e stando più a lungo vicino ai suoi sudditi. Sposò la portoghese Isabella d’Aviz, da cui ebbe suo figlio Filippo. Nella gestione dell’impero si servì di figure a lui vicine, poiché non poteva assicurare la sua presenza fisica costantemente. Inoltre cercò di stabilire un’unità religiosa all’interno di tutti i suoi territori, ma la sua impresa fallì a causa del dissenso verso la chiesa di Roma e dalla diffusione della Riforma protestante. La sua aspirazione era quella di riunificare la cristianità, anche spinto dai suoi consiglieri. Carlo V aveva la necessità di controllare la Lombardia, che era un ponte tra i suoi domini tra Germania e Spagna. Ma in Italia Carlo V fu minacciato dalla presenza di Francesco I di Valois. Carlo cercò di affermare la sua egemonia attraverso una serie di alleanze, così da indebolire il sovrano francese. Il 6 maggio 1527 ci fu il Sacco di Roma da parte dei lanzichenecchi, sotto il comando di Carlo, che saccheggiarono Roma. Questo evento ebbe conseguenze importanti. Alcuni studiosi identificano questo fatto simbolico anche come la fine del Rinascimento. In ogni caso, questa data segna l’inizio del declino degli Stati italiani. Con la Pace di Cambrai, cosiddetta “Pace delle due dame” (1530), poiché sancita dalla madre di Francesco I e la zia di Carlo V, si trovò un nuovo equilibrio. Carlo V mantenne i suoi domini italiani, a partire da Milano, mentre Francesco conservava la Borgogna. Tuttavia le tensioni nella penisola non furono placate. Per esempio nel regno di Napoli in molti si opposero all’introduzione dell’Inquisizione spagnola, poiché avrebbe centralizzato il potere giudiziario e minacciato i privilegi esistenti. Il Sacco di Roma Nel 1527 la marcia imperiale raggiunse Roma dopo sei mesi. I lanzichenecchi erano guidati da Carlo da Borbone (un francese che aveva tradito Francesco I alleandosi con Carlo V perché il sovrano francese non gli aveva riconosciuto i territori che gli appartenevano). Gli abitanti di Roma e il papa scapparono, mentre Renzo Orsini cercò di difendere la città. Vennero assaltati gli ospedali, uccisi i bambini e i malati e Clemente VII cercò invano di stabilire una pace. Il papa, compreso che era stato abbandonato, firmò una resa che prevedeva un pagamento enorme e la cessione di alcune città e venne preso lui stesso come prigioniero di guerra. L’anno successivo scappò e poi, nel 1528, i lanzichenecchi lasciarono Roma. Sebbene molti lanzichenecchi fossero luterani, non tutti lo erano. All’epoca il gesto poteva sembrare, da parte protestante, un segno di Dio, che li aveva aiutati a sconfiggere la Chiesa corrotta. Qui avviene un paradosso, perché i lanzichenecchi luterani cercavano di distruggere la Chiesa di Roma, ma allo stesso tempo erano pagati da Carlo V che cercava di fermare i luterani e stabilire un’unità religiosa. L’impero ottomano La società ottomana non era unicamente islamica, ma era formata anche da gruppi di diverse religioni, che spesso si scontravano tra loro. I cristiani che professavano la loro religione pagavano una tassa ed erano reclutati nell’esercito, come i loro figli. I cavalieri ricevevano terre e concessioni temporanee per il loro servizio militare. L’impero ottomano con Selim I, Khair ad-Din (Adrieno Barbarossa) e Solimano “il Magnifico” si era espanso fino ai Balcani e agli Stati del Nord Africa. Esso rappresentò una minaccia per l’impero, specialmente con l’assedio di Vienna nel 1529, successivamente al quale si firmò una pace con l’impero. I nuovi equilibri del continente europeo Anche dopo la morte di Francesco I e la salita al trono di Enrico II, il conflitto con Carlo ebbe sempre la meglio per quest’ultimo. L’imperatore, sul finire della sua vita, abbandonò il suo disegno universalistico, comprendendo l’inevitabile divisione della corona spagnola dall’impero. La spartizione fu questa: Spagna, Italia meridionale e Nuovo Mondo andarono al figlio Filippo; l’impero andò al fratello Ferdinando, sostenuto anche dall’elezione ufficiale dei principi. Nel 1559 fu stipulata la Pace di Cateau-Cambresis, con cui la Francia riconobbe la supremazia asburgica nell’area continentale. Questa pace segnò la fine delle Guerre d’Italia. affermava che neanche l’uomo redento (eletto) può fare del bene. Calvino tuttavia ammette che non sa perché il Signore scelga di salvare alcuni e giudicare gli altri, infatti ciò è conosciuto soltanto da Dio stesso. Inoltre Calvino preferiva una Chiesa “visibile”, ossia che avesse sede in una città o stato, piuttosto che una composta solo da persone, come nel caso del luteranesimo. Quest’idea fu attuata a Ginevra, che si liberò dai Savoia ed espulse il vescovo. A questo punto la città era retta da un concistoro (anziani e pastori) e possedeva regole rigorose e ferree: non c’erano feste, banchetti, spettacoli e le trasgressioni venivano punite. Il caso più clamoroso è del medico spagnolo Michele Serveto, che fu ucciso sul rogo per le sue opere che mettevano in discussione alcuni principi della religione. Il calvinismo ebbe molto successo, sviluppandosi in Germania, nei Paesi Bassi, in Francia, in Inghilterra e nel Nuovo Mondo. Il sociologo tedesco Max Weber scrisse L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, in cui collegò quella religione alla fortuna economica degli stati. Enrico VIII e l’Inghilterra In Inghilterra, dopo la Guerra delle Due rose, i Tudor erano al potere. Nel 1509 ascese al trono Enrico VIII Tudor. Il re sposò la zia di Carlo V, Caterina d’Aragona, e mantenne per diversi anni buoni rapporti con il papa, opponendosi a Lutero. Nel paese in quel periodo divenne famoso il libro di Thomas More, Utopia, che parlava della correlazione tra gli ideali umanistici e il cristianesimo. Grazie alla stampa e alla diffusione di opere polemiche, anche il messaggio di Lutero riuscì a diffondersi. Il conflitto tra Enrico VIII e Clemente VII Dal matrimonio con Caterina d’Aragona non erano nato figli maschi, solo una figlia: Maria. Dunque il re chiese lo scioglimento del matrimonio a papa Clemente VII, che rifiutò. Enrico reagì togliendo il controllo del papa sul clero inglese e nel 1534 si arrivò alla rottura definitiva, con l’emanazione dell’Atto di Supremazia e la nascita della Chiesa anglicana, che stabiliva il potere del re sul clero inglese. Il papa lo scomunicò, ma Enrico non demorse e sposò Anna Bolena, la dama da compagnia della prima moglie, ed ebbe un’altra figlia: Elisabetta. Anna fu rinchiusa in una torre, accusata di adulterio e giustiziata. Il re poi sposò Jane Seymour, dama da compagnia delle due mogli precedenti. In tutto il re sposò sei donne e riuscì finalmente ad avere un figlio maschio, Edoardo. Nel 1539 furono pubblicati i Sei articoli di religione, che restavano fondamentalmente uguali ai principi cattolici, mantenendo così il consenso del clero. Il protestantesimo si propagò anche nel regno di Scozia, mentre i rapporti con la nobiltà irlandese divennero sempre più tesi. Alla morte di Enrico, il figlio Edoardo VI salì al trono e, spinto dalla famiglia e dal clero, emanò il Book of Common Prayer, che divenne la base della religione anglicana. Capitolo 14: il Concilio di Trento e l’età della Controriforma La crisi religiosa In questi anni il ruolo politico della Chiesa era oggetto di importanti trasformazioni. Anche esponenti culturali, come Machiavelli o Guicciardini, sostenuti da altri filosofi, politici e sacerdoti, avevano mosso delle critiche verso il papato. Tuttavia le loro voci rimasero per molto tempo inascoltate. A Napoli attorno al teologo spagnolo Valdés si formò un gruppo di nobili, sacerdoti e politici che seguivano la scia di Erasmo da Rotterdam, predicando un cristianesimo più libero e sottraendo al sacerdote il ruolo di mediatore tra Dio e gli uomini. Intorno agli anni quaranta del Cinquecento la Chiesa era impegnata a contrastare le ribellioni protestanti. L’atteggiamento conseguente dei protestanti che decisero di non professare pubblicamente la loro fede è chiamato “nicodemismo” (da Nicodemo, che si recava da Gesù solo di notte per non ammettere pubblicamente di essere suo seguace). Mentre invece i sacerdoti che continuarono a professare la religione protestante furono puniti, alcuni anche condannati e giustiziati. Disposizioni del Concilio di Trento Carlo V, a seguito della diffusione del protestantesimo, aveva più volte cercato di aprire un concilio, ma la Chiesa aveva rimandato perché non voleva mettere in discussione il suo primato sulle altre religioni e inoltre anche le guerre tra Impero e Francia avevano rimandato ulteriormente l’evento. Alla fine il Concilio ci fu e come luogo fu scelto Trento, poiché apparteneva all’Impero ma era di lingua italiana. Con papa Paolo III Farnese nel 1545 iniziò il Concilio di Trento, che terminò solo nel 1563. L’assemblea si occupò di rovesciare i pilastri del pensiero luterano: riaffermò il valore delle opere al fine della salvezza, la pratica dei sacramenti e il ruolo dei sacerdoti-mediatori. Ai vescovi furono affidati nuovi compiti, per esempio: formavano il clero nei seminari; effettuavano visite annuali nelle loro aree; assicuravano il rispetto delle regole nei monasteri e negli altri istituti religiosi; controllavano le strategie dei predicatori. I fedeli venivano chiamati a confessarsi e prendere l’eucarestia almeno una volta l’anno. Il modello di figura ecclesiastica era fondato su alcune figure di riferimento, come Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano protagonista nel Concilio di Trento. Egli aiutò il suo popolo durante l’epidemia di peste e attuò diverse iniziative contro i protestanti: si distinse tanto da esser proclamato santo a inizio Seicento. Dopo il Concilio la Chiesa accentrò il suo potere creando delle congregazioni, dei ministeri che coordinavano alcuni specifici settori; per esempio la congregazione del Concilio garantiva l’osservanza dei decreti tridentini. Inoltre furono create regole rigide per quando riguardava i sacramenti: i bambini ricevevano il battesimo pochi giorni dopo la nascita e con due padrini al massimo; la confessione era un momento di confronto individuale con Dio tramite i sacerdoti, per questo furono introdotti i confessionali; i matrimoni venivano resi pubblici all’intera comunità e segnati dal parroco sul proprio registro parrocchiale. Repressione dei comportamenti devianti Nel 1542 papa Paolo III Farnese istituì la Congregazione del Sant’Uffizio, che coordinava tutte le Inquisizioni locali e che si espanse in tutta Italia. I papi successivi vi fecero affidamento per combattere eretici e minoranze religiose, come quella ebraica, o il calvinismo. Con la bolla Cum nimis absurdum di Paolo VI agli ebrei fu imposto di vivere separati dai cristiani e di indossare un segno di riconoscimento sugli abiti. Furono creati diversi ghetti a Roma, Firenze e Bologna. Un altro metodo di repressione fu l’istituzione dell’Indice dei libri proibiti, di cui facevano parte libri contenenti idee rivoluzionarie ritenute immorali e pericolose, come le opere di Machiavelli o Erasmo da Rotterdam, ma anche alcune edizioni delle Sacre Scritture, trattati di astrologia e magia, libri di teologia non in latino ecc. L’Indice fu aggiornato negli anni a seguire e vi entrarono a far parte anche autori importanti, come Bembo e Ariosto. Molti altri libri invece erano sottoposti a censura e conformismo, così da non incorrere nelle punizioni ecclesiastiche. Il poema epico- cavalleresco più importante del tempo fu Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, che fu esaminato a lungo e finalmente pubblicato dopo molti anni col nome di Gerusalemme conquistata. Controllo delle devozioni e caccia alle streghe Nonostante gli interventi repressivi, molte comunità locali mantennero le loro tradizioni e la loro cultura e quindi ci fu una nuova serie di iniziative da parte della Chiesa. Ritenuta la lotta all’eresia conclusa, l’attenzione si spostò sulle superstizioni, che comprendevano pratiche legate a rimedi, pozioni, malocchi, formule propiziatorie ecc. Papa Sisto V condannò la magia con la Coeli et terrae creator. Una delle conseguenze più importanti fu la diffusione della caccia alle streghe, con cui molte donne furono accusate e processate per stregoneria, non solo in Europa ma anche nelle colonie americane. Venivano accusate di rubare oggetti sacri per organizzare riti propiziatori, alcune cercavano di indovinare i luoghi in cui si trovavano degli oggetti smarriti, alcune ammisero di aver partecipato a un sabba diabolico (convegni notturni tenuti alla presenza del diavolo). Molte donne tendevano anche a fornire racconti fantasiosi ed esagerati, così da suscitare pietà e sfuggire alle torture. Giocò un ruolo importante anche la figura dell’esorcista, che scacciava presenze diaboliche dalle persone e dai luoghi. Gli ordini religiosi L’attività missionaria degli ordini religiosi ebbe un ruolo importante dopo il Concilio, per affermare e stabilire le nuove disposizioni e per correggere mentalità e costumi ritenuti errati, stimolando pellegrinaggi e processioni. In particolare si distinse la Compagnia di Gesù, fondata da Ignazio di Loyola. I suoi membri, chiamati gesuiti, crearono numerosi centri di istruzione in Europa, i collegi. Anche le altre compagnie si impegnarono per diffondere il messaggio di Gesù in tutto il mondo, infatti nacquero altri ordini: teatini, barnabiti, somaschi. I membri obbedivano ad autorità centrali interne e sul territorio erano organizzati in una complessa rete di distretti. Un modo per coinvolgere tutta la comunità erano i giochi teatrali. Durante la notte invece c’erano le funzioni, in cui i religiosi si flagellavano violentemente e mostravano le loro ferite ai fedeli, richiamando l’idea della morte e della dannazione. Anche gli ordini religiosi femminili subirono delle trasformazioni. I papi cercarono di imporre una rigida osservanza del rispetto delle regole e del voto di clausura. I ceti dominanti, per preservare il loro controllo dei conventi, costringevano spesso le discendenti più giovani a pronunciare i voti. Di conseguenza non stupisce il numero elevato di abusi, dovuti alla frustrazione di una vita forzata in convento. La Controriforma e i poteri secolari Le trasformazioni religiose legate alla Controriforma ebbero ripercussioni anche sulla vita politica delle monarchie europee rimaste fedeli al papa, in particolare negli Stati italiani. Nel 1589 Giovanni Butero pubblicò il Della ragion di Stato, che ebbe una gran risonanza, in cui parlava della necessità dello stato di adeguarsi alla morale della Chiesa. I sovrani finirono dunque con accettare l’operato dei tribunali ecclesiastici, ma non mancarono i conflitti: la Repubblica di Venezia si scontrò con Roma per aver arrestato degli ecclesiastici accusati di delitti comuni. Il teologo Paolo Sarpi difese Venezia e di conseguenza le sue opere entrarono a par parte dell’Indice.
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