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Riassunto Storia medievale (Cardini-Montesano), Sintesi del corso di Storia Medievale

Riassunto non completo. Mancano i seguenti capitoli: 7/Parte 1 (Ambiente, società, economia nell'Europa altomedievale), 4/Parte 2 (Ordini, statuti, istituzioni e strutture sociali), 6/Parte 4 (L'apogeo del medioevo), 4/Parte 5 (L'Italia policentrica) e qualche paragrafo meno importante degli altri capitoli.

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 31/01/2023

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Scarica Riassunto Storia medievale (Cardini-Montesano) e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! Storia medievale Franco Cardini- Marina Montesano 0. Introduzione: Il medioevo e noi Spesso si usa il termine medioevo in senso negativo, con un’accezione polemica. Infatti lo si usa per indicare qualcosa di molto distante dai nostri costumi, una condizione di ignoranza o di oppressione ecc. Nonostante questo, il medioevo è stato anche valutato positivamente nel corso della storia, ad esempio nell’800, come l’età delle cattedrali, della fede religiosa, dei sentimenti e dell’amore, della libertà della fantasia, dell’eroismo cavalleresco e di figure come Giotto o Dante Alighieri. Da cosa nasce la polemica circa la valutazione dell’età medievale? Per capirlo bisogna precisare che:  La categoria di Medioevo appartiene a un determinato contesto geostorico: l’Occidente euro- mediterraneo.  L’età medievale non corrisponde a un dato storicamente obiettivo ma a una serie di scelte culturali, quindi varia a seconda dell’approccio ideologico e storiografico di chi la studia.  Non si può trattare allo stesso modo tutto il Medioevo perché corrisponde a un periodo di tempo molto lungo (un millennio, per la visione classica, dai 7 ai 15 secoli per altre). Il termine Medioevo significa età di mezzo, questo perché esso funge da ponte tra l’antichità greco-romana e l’età moderno-rinascimentale. Questo però riguarda solo l’occidente perché la frattura con l’antichità (e, quindi, con le sue istituzioni e la sua cultura), e il conseguente periodo di transizione verso la modernità, sono stati avvertiti solo in quella parte dell’impero che, dopo la scissione voluta dall’imperatore Teodosio nel IV secolo, prese il nome di pars Occidentis. La stessa frattura non è, invece, avvenuta nella pars Orientis. Considerare il medioevo una fase di transizione significa, implicitamente, non considerarlo una civiltà ma un periodo di decadenza e di barbarie tra una civiltà e un’altra: questa definizione nasconde un giudizio di merito ampiamente negativo. Così considerata, questa sarebbe stata l’età della superstizione, dominata dall’egemonia della Chiesa, dalla prepotenza della nobiltà guerriera di origine barbarica e dall’ignoranza della plebe. In particolare, questa è l’immagine che ne ebbe l’Illuminismo, immagine completamente opposta a quella romantica: si tratta di una contrapposizione viva ancora oggi. Per quanto riguarda la sottoperiodizzazione ce ne sono diverse:  Alto (secoli V-X) e Basso (secoli XI-XV) Medioevo (periodizzazione che noi abbiamo ereditato)  Alto (secoli V-IX), Medio o Pieno (secoli X-XIII) e Tardo (secoli XIV-XV) Medioevo (periodizzazione propria soprattutto dell’area germanica) Nuove proposte:  Alcuni hanno proposto di far terminare il medioevo nel XIV secolo per via del mutamento profondo della situazione demografica e sociale in Europa.  Alcuni hanno ritenuto di poter far continuare il medioevo fino all’età preindustriale (XVIII secolo): tesi del ‘’lungo medioevo’’. Queste sono tutte proposte convenzionali che mutano a seconda della diversa prospettiva dalla quale si considera il Medioevo, per queto vanno ritenute tutte valide. Secondo la tradizione manualistica, il discorso sul medioevo prende avvio dalla ‘’decadenza’’ dell’impero romano. Se è vero, però, che a Occidente l’impero vide una destrutturazione demografica, istituzionale e sociale con un conseguente spostamento del suo centro a Oriente, sulle rive del Bosforo, è vero anche che esso sopravvisse per un millennio dopo 1 questa crisi come impero romano d’Oriente (fino al 1453). L’impero, poi, continuò a vivere come impero bizantino e ci fu una continuità anche con quello ottomano e, in seguito, con quello russo che cadde nel 1918. La decadenza dell’impero romano, quindi, fu irreversibile solo a Occidente. Per quanto riguarda, invece, l’inizio del Medioevo, essa si fa risalire al V secolo sulla base di dati istituzionali che riportano un destrutturarsi istituzionale della parte occidentale dell’impero e la conseguente costituzione di una serie di piccole monarchie in mano a sovrani barbari. Ma, il medioevo, potrebbe considerarsi avviato già alla fine del III secolo in quanto la fine delle istituzioni centrali di governo della pars occidentis era stata già prevista se non preparata dalla divisione dell’impero promossa prima da Diocleziano e poi da Teodosio. In realtà la caduta dell’impero d’occidente non determinò un profondo cambiamento nelle strutture profonde del mondo antico. Parte prima: Dall’antichità al medioevo 1. Il Tardoantico: continuità o rottura Per quanto riguarda le cause della caduta dell’impero romano d’Occidente, va chiarito che la struttura economica sulla quale si basava la sopravvivenza dell’impero non era flessibile. Come suggerisce Wickham, Roma era un ‘’gigante centralizzato’’, il cui funzionamento era basato sulla capacità di prelevare tasse (spesso sotto forma di derrate alimentari) per ridistribuirle in ogni angolo dell’impero. Inoltre l’assenza di barriere per la circolazione delle merci era garantita dall’unità del territorio: una volta che tale unità si ruppe, anche se le componenti che presero il posto dell’unità centrale avrebbero voluto ereditarne il sistema economico, questo passaggio si rivelò impossibile. Quindi, fu l’organizzazione interna dell’impero, in primo luogo, a decretarne la caduta e, a seguire, le invasioni da parte dei popoli provenienti da nord e da est, la diffusione del cristianesimo (e anche le conquiste arabo-islamiche del VII secolo, secondo l’ormai accantonata tesi Pirenne, dal nome dello storico Henri Pirenne). Le città, all’interno dell’impero, avevano un ruolo centrale: attraverso esse passavano il controllo e l’amministrazione del territorio e dei villaggi circostanti. Inoltre, ai governi locali spettavano vari compiti come l’esazione dei tributi, l’organizzazione delle prestazioni di lavoro per le opere pubbliche, il reclutamento nell’esercito e il sostentamento delle truppe acquartierate nelle diverse regioni. Importante fu anche il processo di livellamento tra centro e periferie: le ricchezze non erano concentrate più solo a Roma e in Italia ma diffuse, anche se non armonicamente, in tutto l’impero. Questo fenomeno ebbe conseguenze negative in Italia: essa subì la concorrenza delle province a causa dallo scarso approvvigionamento di schiavi, principale fonte di forza lavoro nella penisola, prodotta dalla pace nell’impero. Inoltre l’Italia, in questo periodo, fu interessata da un progressivo spopolamento e da un aumento dei coloni affittuari dovuto all’ampliamento dei latifondi scarsamente produttivi. Problematici furono anche i limiti di carattere strutturale dell’impero: - Mancanza di una politica di finanziamenti su larga scala all’agricoltura o alle manifatture da parte degli imperatori o dei grandi proprietari. - Scarsa capacità d’acquisto delle classi subalterne. - Lenta e debole evoluzione della tecnica (dovuta a un surplus di manodopera schiavistica ma che non si risolse nemmeno quando gli schiavi cominciarono a scarseggiare). - Le difficoltà sui confini orientali e a nord, costrinsero l’impero a chiedere dei tributi straordinari a regioni che non erano in grado di sostenerli. Le fragilità dell’impero vennero a galla sul fronte siro-persiano: fino agli ultimi decenni del II secolo, le truppe erano schierate lungo il confine con una disponibilità costante tanto alla difesa quanto al 2  313 d. C. : editto di Milano (emanato da Costantino), si accorda piena libertà di culto a tutte le religioni dell’impero. Questo evento fece sorgere la cosiddetta ‘’questione costantiniana’’, che riguarda la reale conversione di Costantino e le ragioni del suo appoggio alla religione cristiana. Nel medioevo iniziò a circolare la leggenda di un Costantino battezzato e cristiano: è possibile che egli abbia ricevuto il battesimo ma non rinunciò mai al suo ruolo di pontifex maximus, cioè capo supremo dei collegi sacerdotali pagani. Se presenziò al concilio di Nicea del 325, è più per una questione politica che religiosa. La religione emergente era ormai una realtà troppo importante perché si potesse prescindere da essa e, allo stesso tempo, in questo modo Costantino ottenne l’appoggio di un gruppo che si stava sempre di più ampliando e che si sarebbe legato a lui. La realtà intima della sua conversione è qualcosa a cui non si può risalire con certezza. Per il cristianesimo era di fondamentale importanza il rapporto con le Sacre Scritture ebraiche, ovvero l’Antico testamento (coincidente con la Bibbia ebraica), al quale, i cristiani, aggiunsero il Nuovo Testamento, costituito da 4 Vangeli (redatti dagli apostoli Matteo, Giovanni, Luca e Marco), dagli Atti degli Apostoli, dalle lettere degli Apostoli e dall’Apocalisse. Oltre le prime del II e del II-III secolo (quella Africana e quella Italica), di cui ci restano pochi frammenti, la Bibbia fu tradotta dall’ebraico e dal greco (il Nuovo Testamento) da San Gerolamo: questa traduzione prende il nome di vulgata. Inoltre ci sono anche tutta una serie di testi di dubbia tradizione e che, per questo, vengono detti apocrifi (vangeli diversi da quelli che i 4 evangelisti scrissero o apocalissi diverse da quella di Giovanni) e sono scritti in varie lingue diverse dal greco, ebraico o latino. Le comunità dei credenti prendevano il nome di ekklesìai, Chiese che avevano la seguente struttura: - I fedeli si riunivano attorno ai presbyteroi, i più anziani, ai quali spettava l’insegnamento delle sacre scritture e la celebrazione memoriale della ‘’santa cena’’. A partire dal IV secolo: - Le Chiese locali si riuniscono in diocesi, organizzazioni territoriali modellate sulle circoscrizioni civili dell’impero. - A capo di ciascuna diocesi, venne posto un vescovo (sovraintendente). - Tra i vescovi, si distinguevano per autorità i ‘’patriarchi’’ delle 4 sedi vescovili che si ritenevano fondate dagli Apostoli: Roma, Costantinopoli, Antiochia e Alessandria. - Fu definita una liturgia (parola greca che indicava le cerimonie ebraica nella traduzione greca della Bibbia), ovvero un insieme di gesti e cerimonie accuratamente regolati. - A tenere la liturgia, sono i sacerdoti. Così la comunità dei fedeli si divise in clero e laici. - I più anziani divennero preti mentre la ‘’santa cena’’ si trasformò in messa, costituita da liturgia della parola (letture bibliche), offertorio (offerta dei doni) e canone (liturgia eucaristica e congedo). - I vescovi cominciarono a riunirsi in grandi assemblee (generali o territoriali) dette concili per deliberare riguardo ai problemi, di natura spirituale o pratica, riguardanti la comunità dei credenti. I concili erano o ecumenici (riguardanti tutta la Chiesa) o regionali (riguardanti solo alcune diocesi).  325 d.C. : primo concilio ecumenico, a Nicea , con la presenza di Costantino. - Scopo principale dei concili ecumenici, era quello di definire dei dogmi: serie di definizioni che, una volta stabilite, diventavano materia di fede. Dissentire da un dogma significare essere un eretico. Le prime eresie riguardarono la natura di Cristo, si tratta delle eresie cristologiche. Quella più rilevante del IV secolo fu l’eresia ariana, che prende il nome dal suo predicatore, il prete Ario D’Alessandria. Secondo Ario, il Cristo era il figlio prediletto del Padre dei celi, a lui simile ma non identico (Cristo è un uomo e non 5 un Dio). L’arianesimo fu oggetto di discussione durante il concilio di Nicea e venne respinto in favore della consustanzialità del Padre e del Figlio: pur restando tre diverse Persone (tre differenti aspetti di una stessa sostanza), Padre, Figlio e Spirito Santo non sono tre diversi dei ma un unico Dio: Cristo ha sia una natura divina che una umana. Così fu fissato il dogma della Trinità.  431 : concilio di Efeso, si stabilisce che quella nestoriana è un’eresia (compresenza di Cristo in due persone, una umana e una divina) e si costituisce il culto di Maria Vergine come madre di Cristo. N.B ci fu un secondo concilio di Efeso nel 449.  451 : concilio di Calcedonia, si stabilisce che quella monofisita è un’eresia (Cristo ha solo natura divina). I concili, però, non riuscirono ad arrestare la diffusione di queste eresie.  357: Costante II, succeduto a Costantino, cristiano di simpatie ariane, fa rimuovere l’ara sacra alla quale i senatori rendevano omaggio bruciando ritualmente grano di incenso.  361-363: Giuliano l’Apostata, succeduto a Costante II, ostacolò i cristiani (ad esempio, ne ostacolò la carriera pubblica) ma senza ricorrere alla persecuzione. Dopo Giuliano, la Chiesa riprende il sopravvento grazie a due imperatori: Graziano, che per primo rinunciò al titolo di pontifex maximus, abolì le tradizionali esenzioni fiscali concesse ai collegi sacerdotali pagani e fece rimuovere la statua della Vittoria dalla curia del senato, a Roma e Teodosio.  380 : Editto di Tessalonica, Graziano, Teodosio I e Valentiniano II sanciscono l’adozione del cristianesimo come religione di Stato. Così vennero proibiti i culti pagani e l’arianesimo. A seguito di questo editto, ci furono casi di vera e propria persecuzione dei pagani ma mai per opera delle autorità. 1. I popoli euroasiatici e i loro insediamenti nella pars occidentis dell’impero Nel II secolo d.C. ci fu una lunga fase di raffreddamento climatico che causò la migrazione dei popoli nomadi dell’Asia centrale verso le aree periferiche del grande continente euroasiatico, caratterizzato da un clima marittimo più mite. Tale migrazione rappresentò una minaccia per gli imperi che si trovavano all’estremo occidente e all’estremo oriente del continente euroasiatico: l’impero cinese e quello romano. Il primo reagì con la costruzione della Grande Muraglia, lunga circa 6.500 km, fatta erigere dall’imperatore Huang-Ti della dinastia Shih, per tenere a bada i popoli delle steppe. L’impero romano, invece, rafforzò alcune aree del limes (strada confinaria che percorreva i confini dell’impero) con dei valla (cortine murarie continue). Esempi sono il vallum di Traiano sul Danubio, quello di Adriano sul confine settentrionale della Britannia romana e quello sul Reno. I principali popoli che cominciarono a premere sui confini dell’impero (nomadi delle steppe), furono:  VIII-III secolo a.C.: Geti e Daci, popoli di stirpe scitica e celtica che iniziò a migrare nella regione compresa tra Transilvania, Carpazi orientali e Mar Nero.  Sciti : popolo nomade di stirpe nordiranica che fu motore (per almeno tutto il primo millennio prima di Cristo) di tutte le migrazioni che avvenivano al centro del continente euroasiatico anche se preoccupavano maggiormente l’impero cinese e quello persiano.  Sarmati : popolo nomade, i cui membri erano cavalieri, che apparve al confine tra Asia ed Europa nel II secolo a.C. Sono sarmati anche i roxolani. 6 L’incontro tra i nomadi delle steppe e i germani, determinò un cambiamento di quest’ultimi dal punto di vista militare: smisero di combattere esclusivamente a piedi. Dal II al IV secolo d.C., i germani, a causa della pressione esercitata dalle migrazioni dei popoli delle steppe e dei cambiamenti climatici, cominciarono a mettersi in cammino alla ricerca di terre più ospitali. Fu così che i barbari (barbarus, straniero) entrarono nel territorio dell’impero romano: essi cercarono d’infiltrarvisi, riuscendo ad entrare nell’esercito come ausiliari in cambio del diritto di insediarsi su certe terre e di lavorarle, anche perché questo riduceva lo spopolamento delle campagne. N.B. Cultura dei germani I culti germanici principali ruotavano intorno a un nucleo di divinità (suddivise in Asi, divinità uraniche, e Vani, telluriche) e alcuni miti fondamentali: Il dio Thor (che ha come attributo fondamentale il martello ed è assimilabile al fulmine) era destinatario di un culto solare e celeste, mentre Odhin-Wotan era una divinità dai caratteri sciamanici che presiede alla magia. Prevaleva il culto di elementi naturali: alberi e boschi sembrano aver avuto un ruolo centrale nei loro miti e riti. Tra l’VIII e il X secolo, i missionari cristiani utilizzarono il rito del ‘’frassino del mondo’’, somigliante alla crocifissione di Cristo, per convertire i popoli germanici dell’Europa centro-orientale e settentrionale. Questo rito, probabilmente riferito a Odhinn- Wotan, avviene attraverso la lunga sospensione a un albero sacro. Infatti, nell’XI secolo, i pagani dell’area corrispondente all’attuale Svezia, sacrificavano uomini e animali impiccandoli ai rami degli alberi di un bosco sacro. Dal punto di vista sociale, il nucleo di base delle popolazioni germaniche era quello che riuniva più famiglie, collegate da rapporti di parentela (Sippe), non esisteva in genere la proprietà privata e i beni immobili erano gestiti comunitariamente. Ogni gruppo di Sippen, identificandosi con un’area territoriale, costituiva un popolo, il quale aveva i suoi uomini liberi (coloro che avevano diritto a portare le armi). Gli uomini liberi potevano, in caso di guerra, eleggere un re e sotto di essi, nella gerarchia sociale, stavano i semiliberi e, subito dopo, gli schiavi. Verso la metà del IV secolo, la pressione delle popolazioni germaniche contro il limes (nell’area del Reno e del Danubio) era diventata molto forte. Esse erano incalzate da un popolo uralo-altaico: gli Unni. Si tratta di Alamanni, Svevi, Burgundi, Franchi, Vandali, Ostrogoti e Visigoti. La pressione di questi ultimi, che sconfissero l’impero romano (imperatore Valente) nel 378, determinò, nel 379, l’istituzione di una diarchia: per volontà di Graziano, che rimase imperatore d’Occidente, divenne Augusto d’Oriente Teodosio I, che stipulò un accordo con i visigoti che minacciavano Costantinopoli e li accettò come foederati ai confini dell’impero. Nel 383, Graziano cadde combattendo contro Magno Massimo: quest’ultimo fu dapprima accettato come collaboratore dal nuovo Augusto d’occidente, Valentiniano II (371-392) ma poi fu definitivamente sconfitto e fatto giustiziare da Teodosio. Dopo la morte di Valentiniano, Teodosio governò da solo fino al 395. Ammalatosi repentinamente, Teodosio decide di tornare, almeno in una certa misura, al sistema di Diocleziano: lasciò la pars orientis al figlio Arcadio (377-408) che già lo affiancava come Augusto dal 383 e la pars occidentis al figlio minore Onorio (384-423), nominato Augusto nel 393. Entrambi erano stati posti sotto la tutela del vandalo Stilicone (generale d’origine barbarica). Nonostante questo, la lotta tra i due fratelli e l’incomprensione della politica del loro tutore, portarono le sorti delle due parti dell’impero a divedersi sempre di più fino al crollo di quella occidentale. Stilicone contrastò la rivalità tra i fratelli e cercò di fronteggiare gli attacchi dei barbari che, non riuscendo a penetrare in oriente, premevano sempre di più sui confini occidentali. Infatti riuscì a battere due volte i visigoti del re Alarico (Pollenzo, 402 e Verona, 403) e quelli di Radagaiso (Fiesole, 405) ma, allo stesso tempo, cercò con i barbari un’intesa. Questo gli provocò il sospetto e l’inimicizia di Onorio che, nonostante fosse suo genero, lo fece uccidere, con tutta la sua famiglia, nel 408. Questo causò una nuova ostilità da parte dei Visigoti che Onorio non seppe fronteggiare. 7 tra i senatori e, in generale, i latini e si occupava dell’organizzazione dei giochi e della distribuzione delle derrate alimentari per il popolo. Per quanto riguarda la politica estera, egli si alleò con gli altri regni romano-barbarici (anche con una politica matrimoniale): si alleò con visigoti di Spagna, franchi di Gallia e burgundi. La sua azione era volta a costituire, nonostante la presenza dei franchi, una sorta di soluzione federativa germanica d’occidente. Dal punto di vista giuridico, Teodorico era l’unico goto ad avere la cittadinanza romana, gli altri erano foederati dell’impero e si occupavano solo di questioni militari mentre i latini solo di quelle civili. Inoltre, il fatto che i goti fossero ariani e i latini cristiani, produsse lo sviluppo di due vite parallele della comunità.  518 : Giustino I succede a Anastasio. Egli riconosce Eutarico come successore di Teodorico (Eutarico aveva sposato la figlia di Teodorico, Amalasunta)  519 : scisma acaciano, con il quale sia ha un’opposizione tra Chiesa orientale e occidentale. Papa Simplicio II e poi Felice III si opposero all’editto di Henotikon , con il quale il patriarca di Costantinopoli Acacio, riconciliò le fazioni in lotta sulla questione monofisita (non specificando la natura di Cristo). Subito dopo la risoluzione dello scisma, Giustino intraprese una dura politica antiereticale che colpì anche gli ariani. Questo scatenò dei disordini nel nord dell’Italia. La repressione fu dura ma si risolse nel giro di due anni.  522: come segno di distensione fra le comunità, Teodorico sceglie di affidare il consolato ai due figli di Boezio (magister officiorum).  522: muore Eutarico lasciando due figli: Atalarico e Matasunta. Si apre la discussione riguardo la successione.  525 : Giustiniano succede a Giustino I Teodorico designò il proprio erede senza consultare Giustiniano, con il quale non aveva buoni rapporti, ma consultandosi solo con l’aristocrazia gota. Fu così che suo successore divenne il nipote Atalarico (ancora bambino).  526 : Teodorico muore e sua figlia Amalasunta assume la reggenza. A questo punto, i franchi infliggono una serie di sconfitte ai visigoti e agli ostrogoti, mettendo fine all’unità che esisteva tra i due regni. Per questo Amalasunta, tentando di ristabilire buoni rapporti con Giustiniano, adottò una politica di conciliazione, condannando le azioni del padre ai danni dell’aristocrazia romana. Purtroppo, però, il fatto che fosse una donna la ostacolava: non era vista di buon occhio né dai goti né dai bizantini. Quindi, prima Amalasunta e poi il figlio Atalarico, cercano di avvicinarsi a Roma in funzione anti- franca e anti-bizantina. Atalarico perseguì i goti che avessero intrapreso azioni ai danni dei romani ma questo non migliorò la crisi che il regno stava attraversando. La situazione precipitò del tutto con la morte di Alarico, in seguito della quale Amalasunta provò a proclamarsi regina, cercando appoggio sia da parte dell’impero che da parte dei goti. Per quanto riguarda questi ultimi, cercò l’aiuto di Teodato (figlio di Amalafrida, sorella di Teodorico). Teodato accettò la proposta di Amalasunta di proclamarsi formalmente re, condividendo con lei il potere per poi, però, farla imprigionare su un’isola del lago di Bolsena e ordinarne l’assassinio nel 535. Giustiniano prese la palla al balzo e proclamò Teodato usurpatore. Questo scatenò una campagna che condusse a una temporanea conquista della penisola nella guerra ‘’greco- gotica’’. La riconquista imperiale dell’Italia fu ostacolata dall’arrivo dei longobardi. Essi provenivano dall’attuale area di Amburgo (regione del basso Elba) e iniziarono a migrare molto tardi, nel V secolo, forse spinti da una carestia. Spostandosi lungo l’Europa orientale, si stabilirono prima in Pannonia (tra Slovacchia e Bassa Austria), dopo aver sconfitto rugi e eruli, insediandosi prima lungo il Danubio e poi più a sud. Qui si 10 scontrarono con i gepidi, sconfitti e quasi sterminati anche grazie all’aiuto degli avari che, però, spinti a migrare dalle tribù slave nello stesso territorio, si trasformarono in nemici e costrinsero i longobardi a migrare più a sud.  568-569 : i longobardi arrivano in Italia (dopo quasi due secoli di migrazione) I longobardi penetrarono in Italia attraverso le Alpi orientali e conquistarono l’Italia a nord del Po, la Toscana, alcune aree del centro (ducato di Spoleto) e il ducato di Benevento. Non si comportarono da foederati, come gli altri barbari, perché animati da spirito di conquista e distruzione: inizialmente operarono alcuni massacri. Questo spirito fu smorzato verso la fine del VI secolo con il passaggio dall’arianesimo al cristianesimo. Inoltre, essi si stabilirono a Pavia e controllavano il loro territorio attraverso 35 o 36 duchi (di solito insediati nei centri urbani) e, in ogni ducato, un gastaldo curava gli interessi regi. Il nucleo dell’aristocrazia longobarda era costituito da guerrieri-possessori detti arimanni.  572 : viene ucciso Alboino, primo re dopo la conquista e gli succede Clefi (duca di Bergamo). Clefi fu responsabile di un durissimo trattamento dei latini e morì nel 575. Dopo un decennio senza sovrano, furono eletti re:  584-590: Autari  590-615: Agilulfo Agilulfo sposò la vedova di Autari, Teodolinda, che era molto vicina a papa Gregorio I e che, per questo, contribuì alla conversione della corte longobarda al cristianesimo niceno-efesino-calcedoniano. Anche se tale conversione non fu accettata immediatamente da tutti i duchi, si erano verificati notevoli progressi per quanto riguarda la convivenza con il mondo latino: essa fu completata solo nel VII secolo.  636-652 : editto di Rotari (che prende il nome dal re Rotari). Promuove la formazione di un testo scritto, latino, delle leggi longobarde e della modifica di molte leggi di origine germanica: ad esempio, la vendetta fu sostituita dal guidrigildo (denaro di difesa), risarcimento in denaro. Con l’editto di Rotari e la subordinazione religiosa dei longobardi al papato romano, intorno alla metà del VII secolo, le istituzioni giuridiche e le strutture sociali longobarde erano molto mutate. Il primitivo assetto socioculturale dei longobardi si configura come un sincretismo tra la civilizzazione dei germani nord-occidentali e quella degli orientali. Il diritto longobardo era simile a quello sassone (i sassoni erano divisi rigidamente in caste e da tale divisione avevano origine tre ceti: i nobiles, con funzioni sacerdotali, i guerrieri-contadini liberi e la plebe dei liti, dalla libertà limitata ma non equiparabili agli schiavi) ma con una predilezione particolare per la funzione guerriera. Attorno al nucleo di coloro che erano in grado di portare le armi, vi era il ceto degli haldii, uomini dalla libertà limitata dalla condizione molto vicina a quella degli schiavi (più di quanto fosse quella dei liti sassoni). Nell’editto di Rotari, gli haldi e servi ministeriales sono equiparati per quanto riguarda i danni ricevuti e vengono considerati superiori ai servi rustici ma un haldius poteva sposare una donna libera mentre un servo non poteva farlo. Quindi la distinzione principale era quella tra liberi e haldii, più tardi se ne aggiunsero altre. Al loro arrivo in Italia, i longobardi erano organizzati in farae. Difficilmente si può capire se la fara fosse un nucleo guerriero piuttosto che un’organizzazione familiare: essa può essere definita come un nucleo che si richiamava a un’ascendenza comune ma che si era organizzato militarmente in vista della migrazione e della conquista. Quindi si tratta, in origine, di una struttura sociale costituita da consanguinei e, nel corso delle migrazioni, un vasto gruppo di famiglie imparentate tra loro ma caratterizzato da un più marcato inquadramento militare, per poi trasformarsi, avvenuto l’insediamento, nella proprietà familiare o nel villaggio di quel gruppo di famiglie. I longobardi avevano un’idea quasi democratica della monarchia: il re era eletto da un’assemblea di eguali. In generale, la figura del re non è mai stata divinizzata ma corrispondeva a quella del condottiero che domina grazie alla virtus (dote del guerriero, sintesi di coraggio, forza e astuzia). 11 Nonostante spesso non vi era legame di sangue tra i re, anche i longobardi avevano le loro dinastie come quella dei gunginghi, i lihingi e gli arodi. Vi era molta attenzione, come si evince dall’editto di Rotari, per le questioni relative ai rapporti di parentela e a quelle inerenti al matrimonio e alla posizione della donna nella società e nella famiglia. Quest’ultima, considerata non in grado di difendersi, era particolarmente tutelata. Inoltre, a meno che non rispettasse le regole imposte dalla società come non commettere adulterio, il marito non aveva la podestà illimitata sulla moglie, tranne che in casi particolari e le donne non erano escluse dal patrimonio del marito. Importanti erano gli istituti della Meta e del Morgingab cioè, rispettivamente, la parte del patrimonio del marito promessa alla donna nel giorno delle nozze e un’elargizione che il marito era tenuto a compiere per testimoniare pubblicamente la sua intenzione di conferire piena validità legale al vincolo matrimoniale. Soprattutto durante la migrazione ma anche con l’arrivo in Italia, i longobardi erano un popolo di pastori e allevatori. Fondamentale era l’allevamento dei cavalli, animale sacro ma anche necessario dal punto di vista funzionale-economico, soprattutto in rapporto alle pratiche guerriere. Non a caso, ben 5 paragrafi dell’editto di Rotari sono dedicati alla tutela del cavallo. Tra le monarchie romano-barbariche, una delle più importanti fu quella franca. Tra V e VI secolo, i franchi si convertirono al cattolicesimo, divenendo ‘’ i figli prediletti della Chiesa’’. Il loro regno si estendeva su gran parte dell’attuale Francia (diviso nelle regioni dell’Austrasia, Neustria, Borgogna e Aquitania). La conversione al cristianesimo aveva facilitato la fusione con i gallo-romani risiedenti in quell’area prima del loro arrivo.  511 : muore il re Clodoveo e il regno viene diviso tra i suoi 4 figli maschi, che estesero il regno a tutta la Gallia e si spinsero fin oltre al Reno. Nel VI secolo, il regno risultava diviso in due aree geografiche principali: la Neustria e l’Austrasia. Vi erano poi la Burgundia e l’Aquitania. Esso dovette si affrontare una grave crisi, determinata soprattutto dalla disgregazione politica e dalle difficoltà agrarie ma non dovette combattere con nemici esterni. Nonostante questo, i re merovingi erano in uno stato di debolezza cronica, tanto che saranno chiamati successivamente ‘’re fannulloni’’. Ad affiancarli vi erano le famiglie dell’aristocrazia, dalle quali i re sceglievano i loro primi ministri detti ‘’Maestri di palazzo’’, che finirono per sostituirli nel governo: essi dovevano occuparsi della casa del re ma, dato che il regno veniva considerato proprietà del re, di fatto il regno coincideva con il suo patrimonio. Ogni regione, inoltre, aveva il suo maggiordomo.  613 : Clotario II riunisce tutti i franchi sotto la sua sovranità. Per farlo si avvalse dell’aiuto di due esponenti della nobiltà austrasiana: Arnolfo (580-647) e Pipino di Landen (Pipino I). Per questo motivo il primo fu nominato vescovo di Metz (capitale dell’Austrasia), nomina che conferiva anche una funzione amministrativa centrale, e il secondo Maestro di palazzo dell’Austrasia. Inoltre Arnolfo fu precettore di Dagoberto, figlio di Clotario II, insediato da bambino a Metz perché ci fosse una rappresentanza regia in quel territorio. Tra Arnolfo e Pipino I ci fu, quindi, una collaborazione che venne rinsaldata dal matrimonio tra il figlio del primo, Ansegisel e la figlia del secondo, Begga. Da questo matrimonio ebbe origine la stirpe degli arnolfingio-pipinidi, poi noti come carolingi.  629 : nuovo re del regno franco è Dagoberto, figlio di Clotario II Il nuovo re si sposta nell’attuale Parigi (all’epoca Lutetia), portando con se Pipino: in questo modo il re ridimensionava il suo potere.  639 : re Dagoberto muore, lasciando i figli ancora piccoli seguito, dopo solo un anno, da Pipino. 12 imbarcazioni coperte di cuoio e consistevano in lunghi viaggi attraverso l’oceano verso le isole situate a ovest e a nord. A partire dall’opera evangelizzatrice dei monaci irlandesi si diffuse il pellegrinaggio espiatorio , ovvero un pellegrinaggio che fungeva da pena da scontare per aver commesso un peccato. I carolingi stabilirono che tali pene (dette tariffe) non potessero essere comminate per peccati pubblici. Questo perché, durante l’epoca merovingia, il pellegrinaggio espiatorio veniva comminato senza che ci fossero regole certe e norme comuni da seguire. Nonostante questo, esso venne sempre di più assunto come equivalente alla penitenza pubblica. Le colpe alle quali si poneva rimedio con il pellegrinaggio erano quelle considerate di assoluta gravità, ad esempio omicidi o incesti. Questo genere di punizione era per lo più riservata al clero anche se, molto rapidamente, cominciò a colpire anche i laici. Si trattava di una pena molto dura: il pellegrino era costretto a condurre, per periodi di tempo anche molto lunghi, una vita da vagabondo, costretto a muoversi in continuazione in terre sconosciute e pericolose, obbligato a vivere di elemosine. Inoltre egli girava nudo, senza scarpe e con ferri che gli cingevano polsi e gambe. 4. L’Oriente ‘’bizantino’’ L’imperatore, a Bisanzio, rivestiva il ruolo di persona sacra ma non più come inteso dai pagani: il suo era un ruolo vicariale. Infatti egli era il rappresentante di Cristo sulla terra e il suo simbolo vivente. Naturalmente, la nuova capitale doveva rivaleggiare in grandezza con Roma, per rispecchiare tale sacralità. Così iniziarono i lavori sulla vecchia città di Bisanzio e, dopo pochi anni, nel 330, nacque Costantinopoli. Anche la penisola balcano-danubiana fu, tra VI e IX secolo, interessata dalle ondate di popoli nomadi provenienti dalle steppe dall’Asia che, dopo aver spinto le popolazioni germaniche verso ovest, si mischiarono con loro. Si trattava di popolazioni di stirpe in parte uraloaltaica (provenienti dall’area compresa tra le due catene montuose degli Urali e degli Altai) e slava: esse si intrecciarono come era avvenuto, in occidente, per goti, unni e alani. Il primo popolo ad insediarsi nell’area balcano-danubiana fu quello uraloaltaico degli avari, originario della Mongolia.  626: gli avari partecipano all’assedio di Costantinopoli. Un altro popolo uraloaltaico, che giunge nello stesso periodo degli avari, fu quello dei bulgari. Costante II provò a farne dei confederati, posti a presidio del confine orientale: questo permise loro di stanziarsi in alcune regioni dell’odierna Romania. Ma il loro atteggiamento aggressivo li trasformò in una minaccia: questo portò Costantino IV Pogonato a scontrarsi con loro ma senza successo. Così essi riuscirono a invadere le terre tra il Danubio e i Balcani (odierna Bulgaria). Durante tutto il V secolo, il governo imperiale di Costantinopoli si orientò verso il consolidamento delle sue posizioni asiatiche, permettendo che in occidente si formassero delle monarchie romano-barbariche e accontentandosi di un lealismo più o meno formale da parte di esse nei suoi confronti e di una qualche influenza su tali monarchie dovuta a elargizioni di onori, cariche formali o denaro e a matrimoni tra capi barbari e principesse romano-orientali. Inoltre gli imperatori da Arcadio in poi, promossero una politica di buon vicinato con i regni barbarici che si andavano formando a nordovest e ovest ma, parallelamente, cercavano di spingerli verso i confini occidentali per liberarsene. Per arginare il potere della popolazione germaniche, invece, l’imperatore Leone I (457-474) si servì della popolazione anatolica degli isauri, da cui proveniva l’imperatore Zenone (474-491), suo successore.  482: con l’editto detto Henotikon , Zenone impose la dottrina del monotelismo , per la quale Cristo ha due nature, una umana e una divina, ma un’unica volontà, che coincide con quella del Verbo divino. Il monotelismo fu condannato dal III concilio di Costantinopoli del 680-681. 15 A Zenone, successe Giustino (518-527) che portò avanti una dura repressione di ariani e monofisiti provocando la reazione di Teodorico, re ostrogoto che controllava la penisola italiana, che, per ritorsione, avviò una repressione dei cristiani calcedoniani nel suo regno.  527 : a Giustino, succede Giustiniano. La politica di Giustiniano aveva come scopo quello di spostare l’asse politico di nuovo a occidente. Infatti dopo un conflitto con la Persia (527-532), stipulò con quest’ultima una pace ‘’perpetua’’ che gli consentisse di concentrarsi sull’occidente.  533-534 : l’impero romano ristabilisce la propria influenza sull’Africa settentrionale, cacciando i vandali.  532 : a Costantinopoli scoppia la rivolta detta ‘’della Nika ’’ . Sembra che il tumulto fosse fomentato dall’interno della corte e da una parte dell’aristocrazia anche se era scoppiato tra i fautori delle due fazioni delle gare circensi, i verdi, favoriti dalla plebe, e gli azzurri, favoriti dagli aristocratici. Giustiniano fu sul punto di fuggire dalla capitale ma fu trattenuto dalla moglie Teodora. A seguito della rivolta della Nika, Giustiniano fece una serie di riforme: - Abolì molte province e potenziò l’accentramento amministrativo. - Attuò una politica di risparmio e di recupero sistematico delle somme dovute al fisco imperiale. - Portò a termine la cristianizzazione anche formale dell’impero. - Ribadì l’ortodossia religiosa. Inoltre, Giustiniano operò una riforma legislativa che mirava a una razionalizzazione del complesso delle leggi imperiali, in modo da rafforzare il carattere autocratico e centralistico del sistema di governo. Questa riforma si tradusse in un’ampia e capillare raccolta di antichi provvedimenti, cui si aggiunsero i nuovi man mano che venivano emanati. Il fatto che Teodato (vd.cap.3) fosse stato giudicato un traditore e un ribelle, nonostante formalmente Amalasunta non si potesse ritenere una funzionaria imperiale dal momento che non c’era mai stato un chiaro patto di foederatio tra il regno ostrogoto e l’impero, fece da pretesto per l’invasione dell’Italia da parte di Giustiniano. L’esercito imperiale era guidato da un generale d’origine tracia o germanica, Belisario. - 551-554: Giustiniano promuove anche la riconquista di parte della penisola iberica. Le truppe imperiali riescono a insediarsi nel sudest del paese ma ne furono cacciate dal re visigoto Leovigildo (568-586). Con l’invasione della penisola italiana, inizia la guerra ‘’greco-gotica’’ (535-553). Teodato venne destituito e morì poco dopo la conquista di Napoli e, al suo posto, divenne re Vitige (536-540), che venne fatto prigioniero da Belisario dopo l’assedio della capitale Ravenna. A questo punto, gli ostrogoti eleggono, nel 541 , loro re Totila (conosciuto per le sue vittorie, che lo avevano reso leggendario e per le quali gli era stato dato questo nome, che significa ‘’l’immortale’’). Belisario non riuscì a sconfiggere Totila e, per questo motivo, venne sostituito da Narsete che riuscì a battere Totila a Taginae e il suo successore, Teia, in Campania. Così Narsete riceve l’incarico di governare l’Italia, alla quale l’imperatore aveva esteso, con la Pragmatica sanzione, la nuova legislazione nel 554. La penisola fu costituita in prefettura, con sede centrale a Ravenna, e distinta in varie province. Ma lo spopolamento e le razzie da parte dei popoli germani (gruppi di franchi e alamanni che avevano preso parte alla guerra e scorrazzavano per il paese) resero impossibile l’ordinata gestione del paese. - 567: Narsete viene richiamato a Costantinopoli da Giustino II (successore di Giustiniano) - 568-569: arrivo dei longobardi in Italia 16 L’obiettivo di Giustiniano, quindi, era fallito e il suo impegno nell’area occidentale aveva prodotto uno squilibrio in quella orientale, del quale approfittarono i persiani. - 540-562 : i persiani invadono la Siria settentrionale impadronendosi della città di Antiochia e assalendo, subito dopo, Armenia e Siria orientale. - 562: l’impero stipula con i persiani una nuova tregua ma solo a patto che il primo versasse ai secondi un ingente tributo in oro. - 542-543 : momento culminante della crisi economica vissuta in questo periodo dall’impero a causa di una forte epidemia di peste, detta ‘’peste di Giustiniano’’.  582-602: imperatore d’Oriente è Maurizio. Il nuovo imperatore riuscì a contenere la pressione avara e slava sui Balcani ma, al tempo stesso, prese atto della situazione critica in alcune zone dell’impero per la quale fondò due esarcati (province rette da un magistrato speciale): quello di Ravenna e quello di Cartagine. Le due province di confine erano necessarie per contenere la pressione, rispettivamente, dei longobardi in Italia e delle tribù berbere dell’Africa settentrionale. In Italia fu costituita un’ulteriore provincia, Pentapoli, sull’Adriatico.  591: Maurizio conquista l’Armenia Nel VII secolo riprese l’offensiva persiana.  614 : i persiani arrivano a conquistare Gerusalemme e raderla al suolo  610-641: è imperatore Eraclio L’imperatore Eraclio riuscì a battere il potente esercito persiano che, nel 626, era arrivato alle porte di Costantinopoli, ma era in profonda crisi.  628: l’imperatore rientra vincitore a Costantinopoli e riesce anche a conquistare la capitale nemica, Ctesifonte sul Tigri. Eraclio riorganizzò l’impero: - L’amministrazione centrale venne riorganizzata in logotesie, alle dipendenze di funzionari detti logoteti. - Il territorio dell’impero venne diviso in 32 distretti, detti temi, governati da stratigos (plurale, stratiotes) con poteri tanto civili quanto militari. - Organizzò una sorta di milizia territoriale di soldati-agricoltori, quella degli stratiotai: ognuno di essi riceveva un appezzamento di terra trasmissibile ereditariamente, dal quale doveva ricavare i mezzi per sostentarsi e per controllare in armi il territorio affidatogli. Alla morte dell’imperatore Eraclio (641), l’impero parlava greco nelle sue istituzioni e nel suo linguaggio comune. Eraclio aveva, infatti, sostituito il termine latino imperator con quello greco di basileus. 5. Nascita e diffusione dell’islam Della vita di Muhammad, che sconvolse la vita della Mecca con la sua predicazione nel 610, non si hanno molte notizie se non quelle contenute nel corano e nella vita angiografica detta Sira.  570 : presunta (si tratta di una congettura) data di nascita di Maometto, ricavata dal fatto che quando, nel 610, iniziò la sua predicazione aveva circa quarant’anni.  632 : morte di Maometto (data più sicura) 17 distinzione ne generava delle altre. Il califfo sunnita è un capo temporale con il compito di difendere l’Islam ma privo di prerogative in campo religioso mentre l’imam (come vennero chiamati i discendenti di Ali) sciita viene considerato superiore alla comunità quanto a conoscenza delle cose sacre: esso è non solo l’interprete delle sacre scritture ma il continuatore della missione di Maometto. Gli sciiti, a causa dell’importanza rivestita dall’imam e, quindi, dalle discussioni intorno alla sua successione si divisero in altre sette come quella dei Kaysaniya e degli ismaliti. Quando i sunniti ebbero la meglio sui seguaci di Ali, fondarono con la dinastia umayyade il califfato ereditario avente sede a Damasco. Muawiya, primo califfo della dinastia, scelse come suo successore uno dei propri figli.  680: Yadiz succede a Muawiya  684: a Yadiz succede lo zio, Marwan Fino al 750 (fine della dinastia umayyade), il califfato resterà alla discendenza di Marwan e, a partire da lui, si delinea una duplice linea politica: da una parte improntata a continuare l’espansione ma dall’altra preoccupata a consolidare quanto già ottenuto. Sotto questa dinastia, inoltre, crebbe il numero dei non arabi all’interno dell’islam e quest’ultimo si diffuse in oriente fino all’Hindu kush e al lago di Aral, a kabul e all’Uzbekistan.  751: la battaglia di Talas segna il confine tra l’espansione musulmana e quella cinese della dinastia Tang, mediante la spartizione dell’area altaica. Così gli arabi consolidarono il proprio potere nell’area centro-asiatica ma non proseguirono la spinta conquistatrice oltre quei confini. Solo la conversione progressiva dei turchi e non la conquista militare porterà a un allargamento dell’islam nelle regioni più orientali. Tra gli anni quaranta e cinquanta del VII secolo si affermò l’egemonia musulmana nell’area marittima tra costa anatolica, Cipro e Sicilia.  647: l’antica provincia romana d’Africa è invasa dai musulmani.  663: la resistenza bizantina e berbera nell’Africa settentrionale comincia a cedere  674-678: senza avere successo, i musulmani giungono ad attaccare Costantinopoli Per quanto riguarda il mediterraneo occidentale, l’avanzata araba sembrava non trovare argini. I berberi, rimasti fuori dalla civiltà romana e cristianizzati solo in parte, finirono per accettare l’islam ma non si assimilarono mai agli arabi. Dal 700 in poi tutta l’Africa settentrionale, fino al Marocco, era in mano araba. Questo aveva destato preoccupazione nel regno visigoto di Spagna: nel concilio di Toledo del 694, il re Egida aveva lanciato l’allarme.  711 : una grossa flotta musulmana, al comando del berbero Tariq ibn Ziyàd, prese terra nella baia di Algeriras. Sconfitte le truppe del re visigoto Roderico sulla via tra Algesiras e Cadice, gli invasori (arabo-berberi) puntarono su Siviglia, occuparono quindi Cordoba e nel 713 si impossessarono di Toledo.  712 : i musulmani conquistano tutta l’Aragona  720 : anche la Catalogna e la Settimania, cioè tutti i territori della monarchia visigota a sud e a nord dei Pirenei, erano occupate dai musulmani. Gli arabi si spinsero fino in Gallia (Settimania), sotto il dominio dei franchi. Secondo una tradizione radicata, i musulmani furono fermati a Poitiers dal ‘’maestro di palazzo’’ del regno merovingio d’Austrasia, Carlo Martello.  732-733 : battaglia di Poitiers 20 Parte seconda: Europa, Bisanzio, Islam 2. L’Europa carolingia Tra la fine del VII secolo e i primi anni dell’VIII alcuni gruppi germanici ai margini del regno dei franchi iniziarono ad agitarsi (es. alamanni e bavari) mentre la penisola iberica veniva invasa dai musulmani e incursioni arabe si spingono al di là dei Pirenei. In questo momento di crisi, emerge la dinastia dei pipinidi (maggiordomi austrasiani). Uno di loro, Carlo Martello, si scontrò con gli arabi a Poitiers. Questo scontro, poi definito battaglia, divenne il mito della cristianità che sconfigge la nuova fede musulmana ma, in realtà, non fu decisiva per fermare l’avanzata araba. Carlo Martello ebbe, invece, il merito di riorganizzare il regno in vista di una sua necessaria militarizzazione; egli ristrutturò la proprietà agraria in modo da disporre di una buona forza di guerrieri pesantemente armati e forniti di cavalli atti allo scontro, in grado di muoversi rapidamente. In questa ristrutturazione, Carlo pensò anche all’avvenire del suo casato: i nuovi proprietari- guerrieri appartenevano a famiglie a lui devote. In altre parole, stava preparando il terreno per sostituire la dinastia merovingia, quella dei ‘’ re fannulloni’’.  741 : muore Carlo Martello, che aveva pensato a non far avere nessun successore a Teodorico IV, dopo aver diviso il regno tra i suoi figli. A Carlomanno andarono Austrasia, Alemannia e Turingia, a Pipino (detto ‘’il Breve’’) andarono Neustria, Borgogna e Provenza (territori meridionali). Successivamente, Carlomanno si ritirò e Pipino il Breve rimase l’unico capo della casa carolingia.  751: Pipino chiede a papa Zaccaria di proclamarlo re Questo avvenne perché Pipino, appartenendo a una dinastia di maggiordomi, aveva bisogno di una fonte di sacralità che non aveva ricevuto per ereditarietà.  754 : papa Stefano II incorona re Pipino il Breve Così la dinastia carolingia attinse a una sacralità più alta di quella della dinastia merovingia, in quanto quest’ultima aveva origini pagane.  768 : Pipino il Breve muore e divide il regno tra i figli Carlo e Carlomanno Carlomagno fu particolarmente importante perché, con lui, si superarono le monarchie romano-barbariche e sorse un modello nuovo, rispondente alle necessità continentali di un governo.  770: Carlo sposa Desiderata, figlia del re dei longobardi Desiderio ma solo un anno più tardi la ripudia. Carlo e Carlomanno governarono insieme fino a quando, nel 771, Carlomanno morì. Il re Desiderio voleva stringere rapporti con i franchi proprio attraverso Carlomanno, che aveva sposato una longobarda ma, quando questi morì, passò all’attacco. Egli chiese la consacrazione regale dei due figli di Carlomanno a papa Adriano I, eletto nel 771, ma questi, in stretti rapporti con Carlo, si rifiutò.  772: Desiderio inizia campagna di guerra contro l’esarcato, muovendo al tempo stesso contro Roma. Adriano non si arrese a Desiderio ma chiese l’aiuto di Carlo. Così quest’ultimo propose una somma di denaro a Desiderio in cambio della sua ritirata dai territori della Chiesa, che Desiderio non accettò. 21  773 : l’esercito franco invade il regno dei longobardi.  774: Desiderio è costretto a trattare la resa di Pavia e a rifugiarsi in un monastero.  787: Adelchi, figlio di Desiderio, sbarca in Calabria per una controffensiva militare ma fallisce. Dopo la penisola italiana, Carlo sottomise la Baviera (affrontò e piegò il duca Tassilone pur lasciandolo alla guida del suo popolo), in Germania e poi guardò a est di quest’ultima, tra Danubio e Tibisco, dove erano insediati gli avari. Carlo, infatti, aveva bisogno di una grandiosa vittoria militare con la quale rafforzare il suo prestigio e nella quale coinvolgere la nobiltà franca, che in qualche misura mostrava ancora di resistergli. Il massacro degli avari fu maggiore di quello che aveva operato precedentemente contro i sassoni. Verso ovest, invece, Carlo riuscì ad organizzare subito a sud dei Pirenei, una marca di confine, la marca di catalogna, con il ruolo di costituire una testa di ponte per una possibile espansione nella penisola iberica e, grazie ad essa, l’intera linea dei Pirenei passava sotto il controllo franco. Quello a cui puntava Carlo era l’unificazione di tutto quello che restava dell’occidente romano-barbarico, escluse le isole britanniche. Nella sua politica rientrava il rapporto privilegiato con il papa, il quale aveva cercato la sua protezione contro i longobardi e si era liberato del dominio bizantino con l’obiettivo di costituire un proprio territorio comprendente Roma e i territori adiacenti (patrimonium sancti Petri). A questo punto, quindi, il papato, che ricevette da Carlo la protezione che aveva chiesto, non poteva fare altro che legittimare l’autorità e il prestigio del re franco permettendogli l’accesso al titolo di imperatore. Infatti era necessario per i pontefici romani creare un altro polo di potere, alternativo a quello di Costantinopoli, che fosse più vicino a Roma. Carlo, invece, da un lato voleva diventare un interlocutore dell’impero ma dall’altro sapeva che era necessario evitare che papato e Costantinopoli si riavvicinassero troppo. Ad adriano I successe Leone III. Egli, fatto prigioniero durante una processione per celebrare la festa delle Litanie Maggiori, riuscì a scappare e si recò da Carlo per chiedere aiuto. Contemporaneamente, una fazione di aristocratici romani inviò ambasciatori da Carlo, per accusare il papa di varie colpe. Carlo, dopo un anno di trattive diplomatiche, scelse di sfruttare il grande debito di Leone III nei suoi confronti per il suo aiuto.  24 Novembre 800: Carlo fa il suo ingresso trionfale a Roma, accolto secondo il rito dell’adventus caesaris, cerimoniale riservato all’imperatore. Leone III venne riabilitato attraverso una dichiarazione in cui negava di aver commesso le colpe imputategli.  Notte di Natale dell’800 : Carlo viene incoronato imperatore Così nacque l’impero carolingio con capitale Aquisgrana. Il sovrano era circondato da un comitatus , un gruppo di fedeli, e a ogni singolo comites era affidata una delle circoscrizioni pubbliche nelle quali era suddiviso l’impero. Le circoscrizioni amministrate da ciascun comes , conte, avevano il nome di comitatus (contee). Alle frontiere, contee più forti o gruppi di contee venivano riunite sotto il nome di ‘’marche’’ e affidate a un marchese. Inoltre Carlo istituì dei funzionari itineranti, detti missi dominici , che si spostavano da una contea all’altra controllando l’operato di conti e marchesi. Lo stesso imperatore si spostava da un punto all’altro, oltre a indire riunioni (placida) e pubblicare nuove leggi attraverso speciali raccolte dette Capitularia. Inoltre, preso atto della rarefatta circolazione monetaria e della drastica diminuzione di quella aurea, Carlo impose un conio in argento. Fu così creato il denarius d’argento, dal valore stabilito in modo uniforme e con validità costante nel territorio del regno. Dodici denari costituivano un solidus e venti di quest’ultimi costituivano l’unità, ovvero la libra (termini di derivazione romana). Questa scelta era dovuta alla volontà dell’imperatore di razionalizzare produzione e circolazione monetaria, adeguandola all’economia prevalentemente agraria dell’epoca, e di mantenere un raccordo con il modello monetario imperiale ancora vigente. Carlo favorì la nascita di diverse scuole gestite dal clero, nelle quali si istruivano anche i figli dei nobili: coloro che erano destinati alla carriera di funzionari e amministratori pubblici. Le scuole carolinge formarono una generazione di scribi che adottarono una nuova grafia, a cui venne dato dagli studiosi il nome di ‘’minuscola carolina’’. Essa, più pratica e costituita da caratteri uniformi e ben 22 e X secolo sorsero, dal basso, nuove strutture di potere: signorie locali, robustamente impiantate su una base fondiaria e caratterizzate da rapporti di stretta dipendenza tra uomo e uomo. Fu così che l’Europa si riempì di castelli ( insediamenti fortificati, all’interno dei quali si trovavano la dimora del signore locale con i magazzini delle riserve di derrate alimentari e strumenti d lavoro e di guerra, ma anche le modeste abitazioni del personale e dei rustici che al signore erano soggetti). Attorno al castello, si ordinavano le varie unità insediative e produttive gestite da personaggi di vario rango, tutti alle dipendenze del signore. Il fenomeno dell’incastellamento interessò tutta l’Europa occidentale tra IX e XI secolo. Le varie castellanie, circoscrizioni con al centro un castello, erano riunite in unità giuridiche più ampie, in un sistema di dipendenza gerarchica che aveva al suo vertice dei possessori di signoria che erano anche pubblici ufficiali, ovvero duchi, marchesi e conti che dipendevano direttamente dal sovrano. Questa dipendenza era, però, perlopiù formale in quanto il sistema si reggeva sulla base di una delega dal vertice alla base. Tre sono gli elementi fondamentali del sistema ‘’vassallatico-beneficiario’’: o Honor o beneficium (feudo): oggetto concreto (terre, beni mobili, uffici a vario titolo remunerativi) della concessione del dominus o senior (padrone) al vassus. o Vassallaggio: condizione di fedeltà personale garantita da un rito, l’homagium, con il quale il vassus si dichiarava homo, cioè fidelis del suo signore. o Immunità giudiziaria (e, nei casi di rapporti tra aristocratici di alto rango, la concessione del districtus, giurisdizione, ovvero diritto di esercitare il potere giudiziario stesso e di godere dei relativi proventi: si parla in questi casi di signoria di banno). Il feudo non consisteva solo nella terra ma il feudalesimo classico è quello caratterizzato dalla suddivisione in territori (che in origine potevano anche essere costituiti dalle circoscrizioni pubbliche dell’età carolingia, cioè le marche e le contee) in grandi o meno grandi signorie feudali. In ogni caso, in cambio della fedeltà del vassus, il signore gli concedeva un feudo mediante la cerimonia dell’investitura. Il vassus riceveva anche, insieme al feudo, la protezione del signore: il vassallaggio, infatti, risponde al bisogno diffuso di protezione da parte dei privati, in un tempo di carenza dei pubblici poteri. Per questo inizialmente si diventava vassalli di qualcuno solo per essere protetti ma l’uso di tenere i vassalli presso di sé e di chiedere loro delle prestazioni che richiedevano una certa base economica, fecero sì che omaggio e investitura diventassero uno connessa all’altra. Chi deteneva la signoria feudale era esente, nei confini della stessa, da i controlli di qualunque autorità pubblica: in questo consisteva l’immunità. I feudatari maggiori, inoltre, ricevevano in delega anche la giurisdizione: diritto di amministrare la giustizia pubblica e godere di parte dei proventi economici. Bisogna precisare che quella vassallatico-beneficiaria era una complessa rete d’interdipendenze reciproche, all’interno della quale le funzioni di dominus e di vassus potevano esercitarsi a proposito di oggetti e materiali diversi, anche in senso reciproco: si poteva essere dominus per un certo beneficium di qualcuno di cui si era vassus per un altro. Inoltre l’investitura feudale non dava diritto a una proprietà a pieno titolo ma al semplice possesso: il feudo era inalienabile e non trasmissibile agli eredi. Questo perché, data la forte coesione della famiglia dell’epoca, se si fosse concessa l’ereditarietà di padre in figlio, sarebbe stato difficile per il signore riappropriarsi del suo feudo. Ma i grandi feudatari, a partire dal IX secolo, con la crisi dell’impero carolingio, si mossero per appropriarsi di fatto dei feudi loro assegnati e delle relative giurisdizioni. Già con Carlo il Calvo si ebbe il segno un cedimento: in un capitolare emesso a Quierzy-sur- Oise, parlava favorevolmente della consuetudine di non togliere i feudi ai figli di un feudatario assente perché in guerra o morto, alludendo a un principio di ereditarietà. Questo provocò l’emulazione dei feudatari minori, infatti nel 1037, con la Constitutio de feudis, Corrado II garantì ai feudatari minori sia l’irrevocabilità dei loro beneficia e sia la trasmissibilità agli eredi. Al feudalesimo sopravvisse una forma di proprietà privata: l’allodio, anche se spesso esso veniva offerto in dono ai grandi signori per poi essere restituiti al proprietario sotto forma di feudo (feudo oblato). Questo accadeva quando l’allodiere era costretto a fuggire dal suo stato di libertà. 25 4. L’impero ‘’romano-germanico’’ e la Chiesa Con l’espansione dovuta a Carlomagno, entrarono a far parte dell’impero carolingio anche alamanni, bavari e sassoni. Quando, nell’843, l’eredità carolingia era ormai scomparsa, essi rimasero assegnati a un regno che andava dal Reno all’Oder, la Francia orientale, anche se non erano per niente franchi (essi parlavano la lingua tedesca e non quella che sarebbe poi divenuta il francese). Si formò gradualmente il regno di Germania che si configurò come una federazione di popoli: nacquero vari ducati, all’interno dei quali si andarono affermando le istituzioni vassallatico-beneficiarie, che prendevano il nome dei popoli che li costituivano (es. Franconia, Svevia, Alemannia, Sassonia, Baviera che, tra l’altro, sono ancora nomi di regioni della Germania). La corona del regno di Germania era contesa tra i 4 duchi di Franconia, Svevia, Sassonia e Baviera e veniva assegnata per elezione ma, solitamente, il re disponeva di un potere solo formale.  919: viene eletto al trono il duca di Sassonia, Enrico I (l’uccellatore) Egli riorganizzò l’assetto amministrativo e militare del regno, facendo costruire una vasta rete di fortezze. Nel 935 vinse gli ungari e assoggettò i popoli slavi insediati tra Elba e Oder.  936: viene eletto re il figlio di Enrico I, Ottone I Ottone I, nel 955, vinse definitivamente gli ungari e poi gli slavi. Dato che trovò molto sostegno da parte dell’alto clero della Chiesa tedesca, Ottone assegnò numerose contee, nelle quali era diviso il regno, ai vescovi, imponendo però che a capo delle diocesi fossero posti uomini a lui fedeli. Così i vescovi avevano due funzioni, una laica-politica e una ecclesiastica, distinte tra di loro: i vescovi dovevano amministrare pubblici uffici e, allo stesso tempo, guidare la propria diocesi. Questa scelta diede impulso alla riforma morale della Chiesa d’occidente: le persone scelte dal potere regio erano, in linea di massima, persone di cultura e moralità più alte di quanto prima non accadesse. Inoltre, un altro vantaggio era il fatto che i vescovi non avessero eredi legittimi: il loro titolo, dopo la loro morte, tornava al sovrano. Gli elementi più importanti della politica ottoniana furono: - Mantenimento della pace nel regno di Germania, incoraggiando una soluzione dinastica al problema della corona (che avrebbe dovuto, dunque, restare all’interno della famiglia ducale di Sassonia senza rompere l’equilibrio che si era formato tra i ducati). - Freno al processo di disgregazione feudale mediante opportuni provvedimenti (assegnazione dei feudi ai vescovi per i motivi di cui sopra, controllo sulla Chiesa contrastando la tendenza alla privatizzazione degli uffici vescovili, togliendo le cariche ecclesiastiche all’arbitrio dei nobili). - Porsi in dialogo con l’impero bizantino e contrastarne l’egemonia in Italia. Sia perché voleva un rapporto diretto con il papa, sia perché voleva avviare un confronto diretto con Bisanzio e per via del fatto che lì conducevano le vie di comunicazione più importanti, Ottone I decise di scendere in Italia, dove il regno era, peraltro, attraversato da una crisi politica, in quanto preda dell’anarchia feudale. Il pretesto furono le persecuzioni che re Berengario II, marchese d’Ivrea, aveva inflitto alla vedova di Lotario II, Adelaide. Infatti la regina Adelaide gli si era rivolta in quanto riteneva che Berengario le avesse usurpato la corona. A questo punto, dopo che Ottone arrivò nella penisola ed ebbe piegato Berengario, sposò Adelaide, diventando anche re d’Italia. Tra la fine del IX secolo e l’inizio del X, Roma venne dominata dalla famiglia Tuscolo. Alla morte del capostipite, Teofilatto, nel 928, padrona del papato rimase la figlia Marozia. Nel 932, un suo figlio, Alberico, la costrinse all’esilio e inaugurò un regime di moralizzazione e segregazione della città. Suo figlio, divenuto papa con il nome di Giovanni XII, invitò Ottone I in Italia e, una volta che questi scese nuovamente nella penisola, gli conferì la corona imperiale. Da questo momento in poi, non solo Ottone pretese fedeltà ma con il privilegium Othonis , stabilì che ogni nuova elezione pontificia necessitasse da allora in poi la conferma imperiale . Fu così che, da Ottone I in poi, 26 le sorti dell’impero e quelle del regno di Germania e di Italia (insieme a quello borgognone, che andrà a al re di Germania nel XI secolo) sarebbero rimaste unite nell’Europa medievale e moderna, in una specie di ‘’complesso di poteri sovrani’’ che noi conosciamo con il nome di ‘’Sacro Romano Impero della nazione tedesca’’, sacro e romano in quanto, idealmente, eredità e ripresa di quell’impero romano che , nella mentalità degli uomini del tempo, non era mai caduto e ‘’della nazione tedesca’’ perché, a partire da Ottone I, fulcro ne era stato il regno di Germania. Questo complesso di poteri fu, però, poi definito ‘’impero romano-germanico’’, per distinguerlo da quello bizantino. Svanite le opportunità di piegare il potere bizantino in Italia con le armi, Ottone I provò a farlo con la diplomazia: suo figlio, Ottone II, sposò una principessa bizantina, Teofane ma questo non fu sufficiente.  973: morte di Ottone I Ottone II dovette sedare una rivolta in Germania, mantenere sotto controllo la città di Roma, agitata da aristocrazie sediziose e, dopo essersi impegnato in una spedizione contro i musulmani in Sicilia, morì nel 982, lasciando l’impero al figlio, Ottone III, allora bambino e, di conseguenza, sotto la reggenza della madre Teofane.  996: Ottone scende in Italia per farsi incoronare imperatore. Ottone III, seguendo il suo ideale di renovatio imperiii (per il quale Roma non è soltanto la sede del papa ma anche il luogo sacro delle tradizioni imperiali, dal quale l’imperatore avrebbe dovuto governare come principe romano e cristiano), volle stabilirsi a Roma per insediarvisi.  1002: Ottone III muore Nello stesso anno, i feudatari laici d’Italia, riuniti a Pavia, decisero di assegnare la corona del regno a un loro candidato, Arduino d’Ivrea. Il tentativo di Arduino non riuscì perché venne infranto dai feudatari ecclesiastici della pianura padana. Ottone, però, non poté assistere alla fine del suo rivale a causa della sua morte, con la quale ebbe fine anche il suo progetto di rinnovamento. Tra X e XI secolo, la situazione della Chiesa era particolarmente complessa. Essa era soggetta a pesanti condizionamenti da parte del mondo laico: vescovi e abati erano legati alle famiglie aristocratiche. I grandi signori feudali fondavano chiese dipendenti strettamente da loro, dette chiese private e l’importanza politica delle funzioni vescovili e abbaziali dava origine a pratiche come la simonia (vendita delle cariche) e nicolaismo (trasmissione delle cariche a parenti prossimi). In tutto questo, Roma non riusciva ad esercitare la sua autorità: la stessa carica papale era in mano alle fazioni aristocratiche detentrici del potere a Roma. Sotto l’impero di Ottone III, il rapporto con il papato si era rafforzato. Egli fece eleggere papa prima suo cugino, con il nome di Gregorio V e poi uno degli uomini più colti del suo tempo, Gerberto d’Aurillac, con il nome di Silvestro II. La nomina a papa di quest’ultimo si inserisce nel progetto di rinnovazione di Ottone III, infatti il suo nome Silvestro, è uguale a quello del papa che battezzò e ispirò Costantino. Silvestro II era nato in Aquisgrana, regione che risentiva molto della colonizzazione romana e soprattutto della vicinanza della Spagna, dove scienza e filosofia erano tenute in grande pregio. Infatti il papa era particolarmente interessato alle scienze e la fama della sua cultura era nota in tutto il mondo cristiano (era conosciuto come maestro delle arti del trivio e del quadrivio). Per quanto riguarda il suo papato, promosse l’evangelizzazione delle genti slave, sostenne l’istituzione delle loro Chiese nazionali, rese possibile la fondazione dell’arcivescovato di Gienzo in Polonia e riconobbe Stefano I come re della nuova nazione cristiana, quella ungherese, affidandogli il compito di organizzare la Chiesa nel suo paese. 5. Il mondo musulmano tra VIII e X secolo 27 6. L’impero bizantino tra VII e IX secolo Tra VII e VIII secolo, l’impero bizantino risentì della pressione dell’avanzata araba (che conquistò Siria, Palestina ed Egitto). Una delle conseguenze di tale pressione fu la cosiddetta eresia iconoclasta, sostenuta dagli imperatori della dinastia isaurica (proveniente dall’area anatolica attigua al Tauro). Giustiniano II Rinotmeto fu l’ultimo imperatore della dinastia eracliana. A lui successe Leone III, detto l’isaurico (l’Isauria era una regione di confine tra Anatolia e Siria, dalla quale egli proveniva). Egli proibì, in tutto l’impero, il culto delle immagini sacre, le quali furono, per decreto sovrano, distrutte. L’iconoclastia (distruzione delle immagini) fu all’origine di un lungo periodo di crisi che interessò tutto il secolo VIII e parte del IX (l’unica ad opporsi all’iconoclastia, e che per questo mirò a ristabilire il culto delle immagini, fu l’imperatrice Irene che nel 780, alla morte di Leone IV, suo marito, assunse la reggenza del figlio, Costantino VI) . Soprattutto in Occidente, Leone III fu considerato un eretico. Non solo il provvedimento colpiva il sentimento popolare ma soprattutto i monasteri, che dal culto delle immagini traevano ricchezza e prestigio e il ceto di artisti che le immagini le producevano. Inoltre, la scelta di Leone III non faceva che allontanare ancora di più la Chiesa latina da quella greca. Oltre che con Roma, questo determinò una crisi anche con la corte carolingia. Infatti, oltre alle questioni teologiche, bisogna sottolineare che l’eresia iconoclasta fece anche da pretesto per arrivare, alla lunga, a una rottura con Costantinopoli. L’atto formale con il quale si avviò la campagna iconoclasta fu la deposizione e la distruzione dell’icona di Cristo, affissa alla porta di bronzo che serviva da ingresso principale del palazzo imperiale di Costantinopoli, nel 727. Sia sotto il regno di Leone III che del figlio Costantino V, le immagini vennero distrutte e chi le fabbricava poteva incorrere nella condanna capitale. Alla luce di quanto detto, si può ipotizzare il perché fu taciuto che fu proprio Leone III a fermare gli arabi nel 717-718 , quando essi avevano assediato Costantinopoli: gli occidentali hanno preferito coniare il mito della battaglia di Poitiers, che fu invece uno scontro secondario. Successivamente, i successi di Costantinopoli contro gli arabi continuarono con la vittoria di Akroinos, nel 740, e con le successive continue spedizioni anatoliche di confine guidate da Costantino V. Nonostante questo, però, Bisanzio aveva ormai perso la penisola anatolica. Dopo la dinastia isaurica, fu la volta di quella amoriana. Essa regnò dall’820 all’867 e s’impegnò nell’evangelizzazione delle genti slave. A questa dinastia successe quella di una famiglia di aristocratici militari, proveniente dal nord dell’impero: la dinastia ‘’macedone’’. Il regno di Basilio I ‘’il Macedone’’ inaugurò un’era nuova, segnata da un più forte e centralistico potere della corte imperiale. Alla stessa dinastia apparteneva il basileus Basilio II (969-976). Egli impose come programma interno un contenimento rigoroso dell’aristocrazia (che fu colpita duramente) e come programma esterno la liberazione di Bisanzio dal pericolo costituito dai bulgari dello czar Samuele e dai musulmani. In particolare, combatté così duramente i bulgari da farsi dare l’epiteto di Bulgaroctonos (‘’l’ammazzabulgari’’) e li piegò definitivamente nel 1014. Parte terza: La ‘’cerniera’’ del nuovo millennio tra Europa, Asia e Mediterraneo 1. Città, autonomie e comuni 30 A partire dal X secolo, momento nel quale il mondo euromediterraneo occidentale esce da una lunga crisi climatica, demografica e sociale, cominciano a nascere i comuni. Infatti il X secolo è stato caratterizzato dall’insicurezza, dovuta alle incursioni saracene, ungare e vichinghe. Le esigenze relative all’organizzazione della sicurezza, condussero a ripopolare e a fortificare i centri urbani: protagonisti di questa rinascita furono i vescovi, che nelle città avevano il centro delle loro diocesi. Attorno ai vescovi si formò un’aristocrazia di boni homines, provvisti di proprietà mobiliari e immobiliari, di esperienza e di capacità militari e difensive (si tratta dei membri di un embrionale ceto dirigente cittadino, costituito da rappresentanti di ceti feudali, i milites, da una proto-borghesia di cambiavalute, mercanti, artigiani e anche armatori, nelle città marinare, e professionisti di arti liberali, come medici e notai) che collaborarono con il vescovo dando vita, da città a città, all’emergere di un’attività comunitaria di governo. In generale il comune fu un modello socio- istituzionale diffuso nell’Europa occidentale e centrale tra XI-XIV secolo, sviluppatesi soprattutto nell’Italia settentrionale (in particolare in pianura padana, Veneto e Toscana). Le oligarchie cittadine dettero luogo al nascere di magistrature collegiali, che si dissero consules. Essi venivano eletti in numero e periodo variabile di città in città ed erano solitamente espressione delle famiglie più ricche e potenti. La primitiva organizzazione consulare prevedeva un governo ristretto di maggiorenti ma, molto presto, le istituzioni comunali cominciarono ad articolarsi: nacquero ampi parlamenti, consigli maggiori e più ristretti consigli minori, da cui venivano scelti i magistrati, i consoli, che avrebbero guidato il comune. A partire dal XII secolo, al regime consolare si sostituì , un po’ in tutte le città comunali, un altro regime, basato sull’istituzione di un solo funzionario , di solito forestiero, in modo che non fosse coinvolto nelle lotte cittadini tra le varie famiglie aristocratiche: il podestà. 2. La Chiesa all’alba del nuovo millennio Nel 910, fu fondato il monastero di Cluny da Guglielmo, duca di Aquitania. Esso era stato affidato all’abate Bernone: egli intendeva seguire la regola benedettina ma dei due elementi di fondo di cui quest’ultima è costituita, ora et labora, esaltava soprattutto il primo, attribuendo un rilievo quasi totale alla preghiera, al servizio liturgico e allo studio mentre il lavoro veniva affidato ai laici. Il duca Guglielmo, inoltre, rinunciò al patronato sull’abbazia, rimettendolo al papato, costituendosi come modello d’indipendenza dai poteri temporali. Infatti, molti altri monasteri in Europa seguirono quello di Cluny. Esso, insieme alla fondazione di nuovi ordini, come quello eremitico dei camaldolesi, diede una spinta per un rinnovamento interno della Chiesa: essa si era posta il problema dello svincolarsi, da parte dei prelati, dal sistema di potere nel quale erano inseriti e che determinava le loro abitudini mondane sia della liberazione dai condizionamenti dei ceti dirigenti laici.  1039: Enrico III succede a Corrado II di Franconia. Il nuovo imperatore impone, a Roma, l’elezione di Clemente II. Con questa elezione, il livello morale della Chiesa era sicuramente migliorato ma, allo stesso tempo, Enrico si era spinto anche oltre il privilegium Othonis: egli aveva proposto e fatto eleggere un proprio candidato. Enrico voleva evitare in tutti i modi che Roma si rendesse indipendente rispetto all’impero ma questo avvenne proprio con l’elezione di un altro suo candidato, Leone IX, nel 1049. Infatti, papa Leone accettò la designazione papale ma riprese l’elezione canonica (quella attraverso il clero e il popolo di Roma) e cominciò a circondarsi di collaboratori noti per la loro volontà di giungere a una vera riforma della Chiesa di Roma. Per queste ragioni, Leone IX, sicuro che l’imperatore romano-germanico non avrebbe accettato gli obiettivi del suo pontificato, cercò nuovi alleati: egli guardò al governo bizantino di Puglia. Ma Bisanzio, nell’Italia meridionale, era alle prese con ribellioni cittadine e con gruppi di avventurieri normanni, che il papa riteneva, dato che si era insediati vicino al territorio della Chiesa, pericolosi nemici. Così il papato e Bisanzio si allearono per attaccarli ma vennero sconfitti, nel 1053, nella battaglia di Civita. A questo punto, i normanni avrebbero potuto conquistare l’Italia meridionale ma avevano bisogno di un potere che legittimasse tale conquista contro le pretese del basileus 31 bizantino: il papato. Se il papa avesse accettato la loro sovranità sull’Italia meridionale, che i normanni avrebbero ricevuto come vassalli, essi avrebbero, in cambio, sostituito la Chiesa latina con quella greca in tutto il meridione. Il pretesto per rompere con i greci fu offerto da Umberto di Silvacandita e dall’atteggiamento del patriarca di Costantinopoli che criticava aspramente i latini. Infatti tra romani e latini si andò creando una polemica che riguardava molteplici temi di natura teologica e non (es. celibato dei preti), e, inoltre, a Roma si stava consolidando la dottrina del ‘’primato di Pietro’’, ovvero del vescovo di Roma su quello delle altre sedi patriarcali (Antiochia, Alessandria e Costantinopoli). Nel 1054 , un confronto tra legati pontifici e patriarca greco a Costantinopoli, condusse alla reciproca scomunica e cioè allo Scisma d’Oriente. Era in quel momento basileus Costantino IX Monomaco che, insieme alla basilissa Zoe, appoggiò l’azione del patriarca Michele Cerulario, il quale aggravò il contenzioso che portò allo scisma.  1056: Enrico III muore Approfittando di un vuoto di potere, i rigoristi (coloro che si opposero al fatto che Enrico III scegliesse i prelati e non ritennero sufficiente che essi venissero scelti anche tra i monaci e i ceti emergenti cittadini, e non solo dai ranghi della nobiltà) approfittarono del vuoto di potere (dato dalla reggenza della moglie Agnese dell’erede di Enrico) e fecero eleggere papa Stefano IX, anche se fu solo con Niccolò II che si ebbe uno statuto della Chiesa riformata, prodotto dal sinodo laterano del 1059. Da quel momento in poi: - Il papa sarebbe stato scelto da un collegio di preti e diaconi della città di Roma e di vescovi delle diocesi suburbicarie, detti cardinali. - Nessun ecclesiastico avrebbe potuto accettare cariche da un laico (imperatore compreso). - Il celibato ecclesiastico sarebbe stato strettamente obbligatorio.  1061: viene eletto papa Alessandro II Nel frattempo, la reggente Agnese fa indire, a Basilea, un concilio che elesse papa Onorio II (antipapa), vescovo di Parma. Così si arrivò allo scisma. Alessandro primo riprese la linea del suo predecessore ma si concentrò soprattutto sul fornire una nuova immagine del papa: il soglio pontificio doveva diventare il centro di ogni potere. Un esempio di questo indirizzo fu il ‘’vessillo di San Pietro’’ (simbolo di alto dominio giurisdizionale) che il papa offriva ai conquistatori benedicendoli e facendo di loro vassalli del papa.  1073: muore papa Alessandro III e viene eletto Gregorio VII, che riprende e perfeziona il programma del papato del predecessore.  1075: Gregorio VII vieta a tutti i laici, pena la scomunica, d’investire un qualunque ecclesiastico  1078 : formulazione del Dictatus papae , 27 proposizioni con le quali stabilisce che il pontefice ha, in terra, potere assoluto ed è in grado di deporre gli stessi sovrani laici. Nel frattempo, l’imperatore Enrico IV, in un sinodo convocato a Worms, scomunicò papa Gregorio VII, il quale a sua volta scomunicò Enrico IV. La scomunica da parte del papa di Roma, fece da pretesto, per la piccola feudalità e i centri urbani, per negargli l’obbedienza. A questo punto egli fu costretto a trovare un accordo con il pontefice: lo fece incontrandolo, nel 1077, sulla rocca di Canossa. L’avvenimento venne definito ‘’umiliazione di Canossa’’. Nonostante questo, Enrico IV non ritornò su i suoi passi, rivendicando le posizioni precedenti la scomunica. Per questo, nel 1080 fu nuovamente scomunicato e, dopo aver fatto indire un concilio dei suoi vescovi più fidati a Bressanone, l’imperatore fece eleggere un anti-papa: Clemente III. In quel momento il papa non poteva chiedere aiuto ai normanni, impegnati in un assalto all’impero bizantino, e, quindi, nel 1084, Enrico IV scese in Italia senza trovare resistenza, fece consacrare papa Clemente III e si fece conferire da 32 5. Le crociate Sulla fine dell’XI secolo, nacque il movimento che prenderà il nome di crociata. Il nome ‘’crociata’’ deriva dal fatto che sulle vesti e sulle bisacce di chi si recava a Gerusalemme vi era il simbolo di una croce: ogni pellegrino era un cruce signatus. Anche se così è stata spesso definita, la crociata non è una guerra santa: anche se in qualche caso il cristianesimo (se si tratta di difesa) ha ritenuto una guerra giusta, esso non ammetteva che la guerra potesse essere detta santa. La crociata nasce come fusione di guerra e pellegrinaggio (infatti ai crociati vengono concessi gli stessi privilegi che venivano concessi ai pellegrini) ed è nata su modello delle spedizioni antimusulmane di Spagna, Sicilia e d’Africa meridionale, durante le quali si era diffusa una sorta di ‘’sacralizzazione’’ della guerra contro l’infedele e, alla fine del secolo, si era arrivati a concepire la guerra contro i musulmani come qualcosa di spiritualmente meritorio.  1095 : papa Urbano II, in un concilio tenuto a Clermont, sollecita la nobiltà francese ad accorrere in aiuto dell’impero di Costantinopoli, minacciato dai turchi selgiuchidi. Papa Urbano non indicava come fine ultimo dell’impresa la conquista di Gerusalemme ma consigliava alla nobiltà francese di lasciare l’Europa per un po’ di tempo, liberandola così dalla sua presenza (essa era riottosa e violenta),dopo essersi compromessa appoggiando i nemici della riforma, e visto la crisi in cui versava (con la rinascita dei commerci e la ripresa della circolazione della moneta, le condizioni si erano fatte sfavorevoli per i ceti feudali). Inoltre, c’era anche la prospettiva di tornare in dietro con un bottino che potesse sopperire alla sua mancanza di denaro liquido, necessario per procurarsi le merci di lusso provenienti dai mercati orientali. L’appello di papa Urbano II fu accolto da una serie di grandi feudatari europei che, tra 1095 e 1096, partirono con tutto il loro seguito. Questa spedizione in Oriente venne presentata come il ritorno alla casa del Padre, la conquista della Gerusalemme celeste: così si crearono, dapprima spontaneamente, schiere di poveri pellegrini, per niente disciplinati e non adeguatamente armati, che partirono per Gerusalemme. Queste ‘’crociate dei poveri’’ fallirono: solo pochi di quelli che erano partiti sopravvissero e si aggiunsero alle grandi spedizioni feudali. I principi feudali e i loro vassalli, a capo delle proprie colonne, si incontrarono a Costantinopoli nel 1096. Capo spirituale della spedizione era il legato pontificio Ademaro di Monteil, un vescovo. A questo punto, cioè all’arrivo a Costantinopoli, lo scopo della spedizione non era chiaro: la conquista di Gerusalemme fu un obiettivo che maturò lentamente.  1098: i ‘’franchi’’ (così vennero chiamati dai bizantini) si impossessano di Antiochia. Uno degli elementi più importanti del successo della spedizione fu la sorpresa, per il resto i franchi non conoscevano le condizioni climatiche (attraversarono il deserto altipiano anatolico in piena estate) né la geografia di quei territori. Inoltre, dirimente fu la confusione tattica e strategica dei crociati: essi non avevano un obiettivo ed erano si abili e coraggiosi guerrieri ma anche indisciplinati, in quanto sprovvisti di un comune piano strategico e incapaci di coordinare le forze. I turchi non potevano aspettarsi un pellegrinaggio armato diretto a Gerusalemme.  1099 : la spedizione giunge a Gerusalemme, che viene espugnata il 15 Luglio di quell’anno. I franchi massacrano quasi tutti gli abitanti musulmani ed ebrei. I crociati riuscirono a conquistare anche territori adiacenti a quello di Gerusalemme e vi si organizzarono secondo il sistema feudale : in principati indipendenti tra di loro (contea di Edessa, principato di Antiochia, contea di Tripoli, principato di Tiberiade e di Transgiordania, contea di Giaffa e di Ascalona, più vari feudi da essi dipendenti). Sul piano formale, tutti questi principati obbedivano a un sovrano stabilitosi a Gerusalemme (si tratta di una monarchia feudale). La città sarebbe potuta andare al papa, che ne sarebbe stato signore feudale, come era avvenuto per la Sicilia e per l’Inghilterra, ma questo avrebbe peggiorato i rapporti con il basileus bizantino: per questo motivo, venne affidata a Goffredo di Buglione (duca della Bassa Lorena). Goffredo fu scelto perché la monarchia era accettabile solo a patto che il sovrano non fosse 35 un personaggio troppo di spicco, quale era Goffredo. Quest’ultimo non accettò la corona regale ma il titolo di ‘’ difensore del Santo Sepolcro’’  1100: Goffredo muore e gli succede il fratello Baldovino. Baldovino si fece incoronare re di Gerusalemme: nasce il regno franco dei crociati in Terra Santa. Proprio in Terra Santa, furono fondati Ordini religioso-militari per proteggere i pellegrini: al loro interno vi erano relativamente pochi sacerdoti e un ampio gruppo di fratelli laici, che si occupavano delle attività produttive e servili e avevano il compito di combattere per difendere i pellegrini e presidiare le città. In particolare, nel corso del XII secolo, a Gerusalemme nacquero due ordini di questo tipo: quello dei Templari (che presero il nome dal Templum Salomonis, spianata del Tempio che era stata adibita, in un primo momento, a corte del re) e quello degli Ospitalieri, o cavalieri di San Giovanni (nato nei pressi dell’ospedale di San Giovanni). Più tardi si aggiunsero gli ordini di Santa Maria, appartenenti esclusivamente alla nazione germanica e perciò detti Teutonici. Oltre agli Ordini religioso-militari, le forze che sostenevano il nuovo regno erano essenzialmente costituite dall’aristocrazia crociata e dalle città marinare italiche, che avevano partecipato alla presa di numerose città costiere, nelle quali fondarono le loro colonie mercantili (che si amministravano autonomamente). Alla fine del primo quarto del XII secolo, i franchi avevano assoggettato un’area che andava dal Tauro al Sinai e dalla costa del Mediterraneo al Giordano. Ma mentre il regno franco si andava costituendo, i musulmani, riavuti dalla sorpresa, si stavano riorganizzando. Essi passarono al contrattacco, partendo dalle città siro-mesopotamiche del nord, Aleppo e Mosul, governate dalla dinastia fondata dal turco Zenqi, nel nome del califfo di Baghdad.  1146: i turchi conquistano la città armena di Edessa. Zenqi aveva l’obiettivo di riunificare sotto il suo controllo tutti gli emirati della regione compresa tra i mar di Levante e l’Eufrate ma la nobiltà franco-siriaca (costituita da incroci matrimoniali tra discendenti della prima crociata e aristocrazia locale, spesso armena) sapeva che Zenqi era visto come una minaccia tanto dal califfato di Baghdad che da quello del Cairo ma anche dagli emiri arabi di Siria e che, quindi, per fermarlo sarebbe bastata un’alleanza con essi. Enrico III si convinse della necessità di una nuova grande spedizione, con l’obiettivo di tutelare le conquiste già ottenute. Nella seconda crociata furono coinvolti l’imperatore romano-germanico Corrado III e il re Luigi VII con la sua consorte Eleonora d’Aquitania.  1147 : la spedizione partita dall’Europa fallisce principalmente per colpa del re di Francia che, ascoltando pessimi consiglieri, non riuscì a trovare un accordo con il basileus Manuele Comneno e con il re di Sicilia Ruggero II (i due monarchi cristiani che si sarebbero dovuti coinvolgere nel progetto di controllo del Mediterraneo orientale). Inoltre, Luigi VII si lasciò convincere ad assediare Damasco, il cui emiro era un naturale alleato dei franchi contro la dinastia atabeg. Al servizio della dinastia atabeg, militava un capo militare e uomo politico di origine curda, detto ‘’il Saladino’’. Nel 1168 fu inviato in Egitto, ancora in mano alla dinastia fatimide che, però, stava attraversando una grave crisi. Il califfo egiziano Al-Adid lo nominò suo visir ma, nel 1171, fu deposto proprio da Saldino che, a quel punto, mise fine alla dinastia fatimide, facendo tornare l’Egitto all’ortodossia sunnita. L’Egitto fu quindi affidato a Saladino che, non più al servizio degli atabeg, divenne sultano e diede avvio alla dinastia ‘’ayyubide’’. Più tardi sottomise anche Damasco. Mentre il nuovo sultano stava pensando a espellere i franchi da Gerusalemme e impadronirsi della Palestina, il regno franco stava vivendo una crisi dovuta alla successione al trono. 36  1187: Saladino invade dalla Siria il territorio del regno L’esercito di Saladino si scontrò con quello franco in Galilea e, dopo aver vinto questa battaglia (battaglia di Hattin), riuscì a prendere anche Gerusalemme senza doverla espugnare perché il basileus, Baliano d’Ibelin, ottenne una capitolazione onorevole. Quando la notizia giunse in Occidente, nell’Ottobre del 1187, papa Gregorio VII promulgò la bolla Audita tremendi, con la quale invitava a una nuova spedizione, invito accolto dai sovrani d’Europa. Il re d’Inghilterra Riccardo I (Cuor di Leone), riconquistò la città costiera di Acri, che il Saldino aveva occupato e che divenne la nuova capitale del regno. Con il papa Innocenzo III, maturò la decisione di affermare in modo esplicito il diritto dei papi a gestire direttamente il movimento crociato (naturalmente delegandone la conduzione militare). Ogni spedizione doveva essere bandita attraverso una bolla (documento ufficiale pontificio), garantita dal voto religioso di chi partiva e, per ognuna di esse, il pontefice stabiliva i privilegi spirituali e temporali dei quali i crociati avrebbero goduto e si occupava di ciò che era relativo alla predicazione, alla raccolta dei fondi necessari a coprire le spese: così nacque un’organizzazione giuridica della crociata. Per quanto riguarda la quarta crociata, a capo di essa fu posto Tibaldo conte di Champagne e, per quanto riguardai finanziamenti, essi furono ottenuti dall’imposizione di una tassa sul clero. Quando, però, Tibaldo morì, al suo posto fu scelto Bonifacio I di Monferrato.  1202 : i crociati partono da Venezia I veneziani avevano allestito le navi per la spedizione ma i crociati non riuscirono a ripagare per intero il costo dell’allestimento. A questo punto il doge Enrico Dandolo propose, per arrivare a un accordo, che, durante l’attraversamento dell’Adriaco, le navi della spedizione intimidissero le città della costa dalmata, sottomesse a Venezia ma riottose, e che i crociati riconquistassero Zara, che si era ribellata pochi anni prima e si era data al re Emerico d’Ungheria. Il problema era che anche il re Emerico partecipava alla crociata e, dunque, godeva della protezione accordata dalla Chiesa per chi partiva (pena la scomunica). A questo punto Bonifacio I, per evitare la scomunica, non accettò l’accordo ma gran parte dei cavalieri lo fecero.  1202: assedio e conquista di Zara Innocenzo III scomunicò tutti coloro che avevano partecipato all’assedio, anche se poco dopo rimosse la scomunica ai crociati per lasciarla solo ai veneziani.  1203: la flotta arriva a Costantinopoli Bonifacio I, alla corte del cugino Filippo di Svevia, aveva incontrato Alessio IV Angelo, fuggito da Costantinopoli, dove lo zio Alessio III lo aveva imprigionato. Alessio IV prometteva di ripagare il debito ai veneziani in cambio di un aiuto per ritornare sul trono. Quando, però, nel 1203, Alessio III abbandonò la città, si preferì restaurare il potere Isacco II (suo padre) e Alessio IV fu associato al trono, senza però riuscire a ripagare il debito ai veneziani. Seguirono moti di rivolta che gettarono nel disordine la città, conseguiti dal fatto che Alessio IV provò a ricoprire il debito fondendo e vendendo oggetti religiosi senza, però, riuscire nel suo intento. A questo punto lui fu strangolato e fu succeduto da Alexios Doukas, che si fece incoronare imperatore. Quest’ultimo però si rifiutò di pagare il debito.  1204: assalto definitivo a Costantinopoli Così si arrivò alla fine dello scisma d’Oriente e Costantinopoli dovette assoggettarsi alla Chiesa di Roma. I nuovi territori conquistati vennero spartiti tra Venezia, i capi crociati e Baldovino conte di Fiandra (che andò sul trono). Nacque l’impero latino di Costantinopoli. Alla dominazione dei latini mise fine, nel 1261, Michele 37  1231: Gregorio IX inasprisce ulteriormente le sanzioni antiereticali disposte dai suoi predecessori. L’inquisizione vescovile, affidata alle autorità ecclesiali locali, si rivelò inadeguata e insufficiente e, per questo motivo, papa Gregorio IX affidò nuova autorevolezza all’ordine dei Frati predicatori: furono incaricati di occuparsi tanto della repressione degli eretici quanto della riforma della Chiesa. Dopo qualche tempo, anche i francescani furono associati a questo compito. L’attività di ricerca degli eretici doveva essere accompagnata da una sistematica predicazione, in grado di contestare l’insegnamento eterodosso e l’influenza dei ‘’buoni cristiani’’ sulle popolazioni. La sede romana, nella sua lotta alle eresie, si appoggiò alle autorità laiche, che non solo vedevano gli eretici come un pericolo anche civile, ma potevano godere dei beni a loro confiscati. Le autorità laiche, formalmente, non potevano riconoscere e condannare gli eretici ma solo eseguire le condanne ma, in realtà, nel tempo i tribunali speciali si andranno sempre di più subordinando alle autorità civili. Formalmente (vi erano abusi e deroghe), la pratica inquisitoria procedeva come segue: - Gli inquisitori visitavano i luoghi oggetto della loro inchiesta su segnalazione delle commissioni preposte a vigilare contro l’espandersi dell’eresia o su denuncia anonima (per tutelare chi denunciava dalla vendetta di parenti o amici di coloro oggetto della denuncia) - Si apriva, successivamente, il tempus gratiae: con un ‘’sermone generale’’ si invitavano tutti quelli che, a qualunque titolo, avessero avuto contatti con gruppi ereticali, a consegnarsi spontaneamente, facendo ammenda e ricevendo penitenza (agli eretici e ai testimoni era lasciato, solitamente, un mese per presentarsi) - Dopo questo periodo, iniziava l’inchiesta relativa ai sospettati che non si erano rivolti spontaneamente agli inquisitori. Gli imputati reputati inclini alla fuga o pericolosi venivano fatti arrestare. - Le prove erano sufficienti per la condanna ma la Chiesa preferiva la confessione: per ottenerla, i giudici potevano ricorrere a qualsiasi mezzo (digiuno, veglia forzata, incarcerazione preventiva indurita dall’incatenamento) - Se non c’erano prove sufficienti a procedere con la condanna e la detenzione non aveva prodotto alcuna confessione, si poteva ricorrere alla tortura (gestita dalle autorità laiche locali). - Se l’imputato confessava sotto tortura, doveva poi confermare la confessione dopo di essa e questa confessione veniva trascritta nei verbali del processo come ‘’spontanea’’. - La condanna andava dalla confisca dei beni, alla prigione e alla pena di morte. Parte quarta: Il ‘’pieno medioevo’’, secoli XII-XIII: potere, cultura, economia 1. Federico I Barbarossa e la dinastia sveva Alla morte di Enrico V di Franconia (1125), che aveva sottoscritto il concordato di Worms con papa Callisto II, non si era riusciti a trovare un accordo: la nobiltà tedesca si divise in una fazione favorevole ai duchi di Baviera e perciò detta guelfa (da un Welf, capostipite della famiglia ducale bavarese) e una fazione favorevole, invece, ai duchi di Svevia, detta ghibellina (avevano ereditato la politica degli imperatori della casa di Franconia), nome che viene dal castello di Weiblingen, uno dei più importanti della famiglia Hohenstaufen che aveva ottenuto da Enrico IV il ducato di Svevia. In un primo momento, il titolo di imperatore andò a Lotario di Supplimburgo, duca di Sassonia, appoggiato dai bavaresi. Poi, nel 1137, la nobiltà francese scelse Corrado di Svezia (Lotario era troppo arrendevole nei confronti di papa Innocenzo II) ma anche questo li deluse. Corrado individuò presto un collaboratore di grande qualità, suo nipote Federico 40 di Hohenstaufen, che sarà poi detto ‘’il Barbarossa’’. Quest’ultimo partecipò alla seconda crociata al seguito di re Corrado : durante quella campagna militare si era sviluppata una forte inimicizia tra il contingente francese e quello tedesco e i risultati deludenti dell’impresa erano stati causa d’un rinsaldarsi dei legami tra il re di Germania e l’imperatore di Costantinopoli. Quando Corrado III tornò dalla spedizione, ricevette l’invito da parte della cancelleria pontificia e del Senato romano (che appoggiava Arnaldo da Brescia), di recarsi a Roma per ricevere la corona imperiale. A Roma, poco prima, papa Eugenio III era stato costretto ad abbandonare la città, nella quale un monaco, Arnaldo da Brescia, aveva intrapreso una riforma politica della città appoggiata a una rigorosa riforma del clero. Ma nel 1152, Corrado morì, prima che potesse partire per l’Italia. Poco prima di morire, egli consegnò le insegne regali e la tutela del giovanissimo figlio, Federico, conte di Rothenburg, al nipote Federico di Svevia.  1152: si tiene la cerimonia di incoronazione come re ‘’ dei romani’’ (quindi dei Germani) nella cappella Palatina. Per quanto fosse necessaria una discesa in Italia per cingere la corona del regno d’Italia e quella dell’impero, prima Federico impostò le linee generali del suo governo in Germania.  1154: Federico scende in Italia per ricevere la corona imperiale  5 Dicembre 1154: dieta di Roncaglia, prima dieta del regno d’Italia. Dopo la dieta di Roncaglia, Federico si mosse verso Milano, incendiando i castelli ad essa prossimi ma non la città stessa, troppo ricca e potente per essere attaccata alla viglia dell’incoronazione. Infatti, il nuovo sovrano, aveva voluto darle una lezione per il fatto che essa era il nucleo dei conflitti dell’Italia settentrionale: minacciava Lodi e Como, sosteneva Crema contro Cremona e appoggiava Brescia contro Bergamo. Da qui ebbe avviò la campagna d’Italia di Federico: si spostò verso Novara e Vercelli per poi arrivare a Torino e ad Asti, obbligando quest’ultima ad assoggettarsi al duca di Monferrato. Distrusse, poi, Chieti e saccheggiò Tortona. A Pavia fu incoronato re d’Italia e, dopo essere passato per Bologna, giunse nei pressi di Roma, dove incontrò papa Adriano IV nei territori non lontano da Sutri. Incoronato re d’Italia e imperatore dell’impero romano-germanico, giunse a Roma, dove represse il libero Comune che lì si era formato e consegnò al pontefice Arnaldo da Brescia. Subito dopo, Federico fu incoronato imperatore. Il risultato della campagna non fu del tutto positivo: con le sue dimostrazioni di forza, non solo si era fatto molti nemici ma aveva messo un po’ tutti in allarme. Per questo motivo, il papa si riavvicinò al re di Sicilia, Guglielmo d’Altavilla, e all’imperatore bizantino, Manuele Comneno, che cominciò ad abbandonare l’alleanza con la casata sveva. Già dal 1153, era stato sciolto il matrimonio con Adela, che non gli aveva dato eredi, e, poco più tardi, Federico si sposò con Beatrice, ereditiera della contea di Borgogna. Si rese necessaria una seconda discesa in Italia, dal momento che sorsero nuove difficoltà inerenti la supremazia del papato rispetto all’impero e le città lombarde, in particolare Milano, che esercitava una dura egemonia tra Alpi e pianura padana e che mostrava di non curarsi delle disposizioni impartite dal sovrano.  1158: seconda discesa di Federico Barbarossa in Italia. Obiettivo principale della seconda discesa era quello di piegare definitivamente Milano. Precedentemente, i due legati inviati in Italia, Rainaldo di Dassel e Ottone di Wittelsbach, avevano ricevuto giuramento di fedeltà da parte di Verona, Mantova, Cremona e Pavia: queste città si impegnavano a non appropriarsi dei regalia, ovvero dei diritti giuridici e fiscali, l’esercizio dei quali era prerogativa del re. Nel fare la guerra a Milano si impegnarono, dando un contributo, Piacenza, Lodi, Pavia Como e Cremona. La prima città ad essere assediata fu Brescia, il cui territorio venne devastato e che fu costretta alla resa e al giuramento di fedeltà. Dopo fu la volta di Milano, che capitolò a inizio settembre. Dopo Milano, ci fu un’altra dieta a 41 Roncaglia, nella quale l’imperatore stabilì che tutti i governi cittadini fossero a lui subordinati e li obbligò ad accettare alla loro guida un funzionario imperiale, il potestas. Milano si ribellò alle condizioni impostele dopo la sconfitta e dalla dieta di Roncaglia, che significavano assoggettamento assoluto, e Federico rispose assediando e distruggendo Crema (1160). Successivamente, però, l’imperatore dovette subire una sconfitta da parte di Milano nella battaglia del Carcano, dopo la quale chiese l’aiuto del principe tedesco, suo cugino, Enrico il Leone. Con l’arrivo dei tedeschi, nel 1162, Milano si arrese. A seguito della resa, Milano fu distrutta. Sconfitta Milano, Federico guardò alla Sicilia. Per piegare il regno di Guglielmo aveva, però, bisogno dell’aiuto di Genova e Pisa, in rivalità tra loro, e doveva proprio sfruttare tale rivalità, con tutti i rischi che questo comportava. In ogni caso, ciò che lo preoccupava davvero era il crescente potere di papa Alessandro III, intorno al quale si stava creando un’alleanza contro di lui, alleanza che coinvolgeva Francia, Inghilterra e Bisanzio. Infatti, quando nel 1159, era morto papa Adriano IV, una fazione cardinalizia aveva eletto papa Alessandro III mentre quella avversaria Vittore IV, il primo stanziatosi ad Anagni e il secondo a Segni. Federico aveva convocato un concilio, il concilio di Pavia, nel quale avrebbero dovuto comparire entrambi: si presentò solo Vittore IV che, quindi, fu confermato papa. Ma, con Alessandro, si erano schierati il re di Francia e quello d’Inghilterra oltre che Le Chiese d’Ungheria, Castiglia, Aragona e la Terrasanta crociata. Alla morte di Vittore IV (1164), lo scisma si sarebbe potuto appianare ma il cancelliere dell’impero, Rainaldo, fece eleggere un nuovo ‘’antipapa’’, Pasquale III. Nello stesso anno nacque una lega tra le città venete di Verona, Padova e Vicenza: la lega veronese. Tale lega nacque contro i continui soprusi dei funzionari imperiali, nonostante a Roncaglia fosse stato stabilito che non fosse possibile formare alcuna lega, ed era sostenuta anche dalla città di Venezia. Federico, dopo aver fallito il tentativo di domare la ribellione veneta, rientrò in Germania. La situazione in Italia, a causa del malgoverno dei funzionari dai lui posti alla guida delle città, del crescente potere di Alessandro III e del disorientamento delle città a lui fedeli, rimaneva critica: per questo Federico preparò una nuova discesa. Nel frattempo Guglielmo I di Sicilia era morto e gli era succeduto Guglielmo II, con il quale, tramite la mediazione di Alessandro III, Manuele Comneno stava cercando di entrare in contatto. Federico allora, nel 1166, scese di nuovo in Italia con lo scopo di insediare Pasquale III a Roma, eliminare il pericolo di una testa di ponte (zona di territorio occupata da una forza militare all’interno del territorio nemico) bizantina ad Ancona e procedere alla campagna di Sicilia. A quest’ultima dovette rinunciare perché non riuscì a coinvolgere Pisa e Genova mentre procedette per quanto riguarda gli altri due obiettivi. Federico riuscì a prendere Ancona e Rainaldo ebbe successo a Roma, dove, dopo l’assedio ad Ancona, si recò anche Federico. Intanto, però, le città settentrionali si erano ribellate ed era nata la lega cremonese (costituita da Ancona, Mantova, Bergamo e Brescia). Barbarossa riuscì ad espugnare Roma e Alessandro dovette fuggire a Benevento, sotto la protezione di Guglielmo II. A questo punto, Federico risalì verso l’Italia settentrionale ma con un esercito ammalato e debole a causa di un’epidemia che vi si diffuse. A Pavia, che gli era rimasta ancora fedele, apprese della ribellione delle città lombarde e che molti centri dell’Italia del nord avevano cacciato i rettori imperiali e avevano rifiutato di adempiere ai loro obblighi feudali. Dopo che i milanesi avevano costretto Barbarossa a chiudersi a Pavia, nel 1167, i rappresentanti di 16 città, tra cui quelle della lega veronese e quella cremonese, fondarono la lega lombarda. A questo punto, Federico si rifugiò dal conte del Monferrato per poi ritornare, dopo l’inverno, in Germania. Invece, a Roma, con la fine dell’inverno e la partenza di Federico, Filippo di Heinsberg, successore di Rinaldo, insediò Pasquale III e l’Italia centrale, con la Toscana, rimanevano fedeli a Federico.  1174: Federico scende per la quinta volta in Italia 42  1220: dopo che a papa Innocenzo III (durante il pontificato del quale, Federico non portò avanti una politica personale troppo pronunciata ma fu eccessivamente obbediente al papa) successe Onorio III, Federico II si fa incoronare imperatore mentre lascia al figlio, Enrico, il regno di Germania. Federico II, che si sentiva più italo-normanno che tedesco e conosceva le straordinarie possibilità economiche del meridione, non abbandonò mai la Sicilia e, anzi, ne consolidò le istituzioni del regno. Per suo volere, i diritti regi confiscati dai feudatari furono reintegrati, si introdusse nel regno il diritto romano, fu fondata l’università di Napoli (per disporre di un ceto di feudatari fedeli istruiti all’interno dei confini) e fu favorito lo ‘’Studio’’ medico di Salerno. Dopo il regno di Sicilia, Federico riorganizzò anche quello d’Italia: doveva ridurre all’obbedienza i comuni. Questi ultimi, però, nel 1226, si riunirono nella lega lombarda e, dopo la scomparsa di Onorio III, venne eletto pontefice Gregorio IX, che non tollerava la politica di Federico per due motivi: egli non aveva mai separato la corona imperiale da quella del regno di Sicilia e non si era astenuto dall’intromettersi negli affari ecclesiastici come aveva promesso. Inoltre tra il 1217 e il 1221, c’era stata la quinta crociata: essa non aveva raggiunto la Terrasanta e si era impegnata nell’assedio al porto egiziano di Damietta perché i capi della crociata erano convinti che il sultano colpito in quel porto, una delle sue principali fonti di ricchezza, avrebbe reagito trattando con loro e cedendo Gerusalemme. Ma il sultano, al-Malik al-Kamil, della stessa famiglia del Saladino, non aveva ceduto e l’impresa era fallita (il sultano accettò di collaborare ma il cardinale Pelagio, uno dei capi della crociata, insisté nel non trattare, pensando che la volontà di farlo da parte del sultano fosse segno di debolezza, convinto di poter rovesciare con le armi il sultano e conquistare l’Egitto). In quel frangente Federico, che non aveva nessun interesse ad inimicarsi il vicino sultano, tra le altre cose in rapporti di amicizia diplomatica con lui, non aiutò i crociati se non con qualche gesto formale. Gregorio IX scelse di mettere in difficoltà Federico proprio riguardo le sue inadempienze circa la liberazione di Gerusalemme. Il pontefice pretese che Federico partisse e poiché una spedizione pronta nel 1227 non poté partire, pare a causa di un’epidemia, lo scomunicò. La scomunica permetteva a qualunque avversario di Federico di sollevarsi contro di lui in nome della fede. Per questo decise di partire l’anno dopo.  1228: Federico per la Terrasanta La partenza di Federico, però, fu ben pensata: egli aveva sposato l’ereditiera della corona di Gerusalemme, Isabella Jolanda di Brienne e, quindi, si presentò in Palestina come il legittimo erede al trono e colse l’occasione per rinsaldare la sua amicizia con il sultano. Quest’ultimo, figlio del Saladino, che aveva unificato Egitto e Siria, aveva spartito i territori con suo fratello: a lui andarono Egitto e Palestina mentre al fratello, Al-Muazzam, la Siria. Federico riuscì a stipulare un trattato con il sultano in base al quale Gerusalemme gli veniva ceduta con l’esclusione dell’area della moschea di Umar.  1229: Federico è costretto a rientrare in fretta nel regno perché il papa, arrabbiato e impaurito dall’esito della crociata (non solo uno scomunicato si era fatto incoronare in terra santa e Gerusalemme era stata ottenuta con un accordo e non con la conquista ma, soprattutto, la crociata non aveva messo in difficoltà Federico come sperato) aveva indetto una crociata contro Federico e le forze mobilitate stavano invadendo il regno.  1230: trattato di Ceprano, il papa libera Federico dalla scomunica in cambio di ampie garanzie di libertà della Chiesa.  1231: Costituzione di Melfi, leggi che miravano a costituire uno Stato centralizzato, burocratico e tendenzialmente livellatore. Le tendenze accentratrici di Federico sono un aspetto della sua politica che ne fa sottolineare la modernità anche se, per quanto riguarda il suo atteggiamento verso i comuni e il regno tedesco, egli manteneva una politica di tipo feudale. Ci fu, successivamente, una rivolta in Germania, capeggiata proprio dal figlio di Federico, Enrico, che morì nel 1242, succeduto dal fratello Corrado come re dei romani, non riuscendo anche lui, però, a governare 45 tranquillamente. In Italia si costituì una nuova lega antimperiale che Federico sconfisse a Cortenuova, nel 1237.  1239: il papa scomunica nuovamente Federico e convoca un nuovo concilio che avrebbe dovuto bandirlo definitivamente dalla Cristianità (a seguito del farsi più aggressiva della sua politica) Il programma di Gregorio IX fu portato a termine da Innocenzo III e la scomunica, insieme alla deposizione, che ne seguirono furono un duro colpo per Federico II: dopo il 1245, la situazione cominciò per lui a precipitare. Dopo la ribellione del figlio Enrico, credette di subire un altro tradimento da parte di Pier della Vigna, suo fidato consigliere siciliano.  1250: morte di Federico II di Svevia, in Puglia. Dopo la morte di Federico, la corona imperiale (insieme a quella del regno di Sicilia, che era ereditaria e il titolo di ‘’re di Gerusalemme’’) passò al figlio, Corrado IV, che già deteneva quella dei romani dal 1237. Corrado, però, impossibilitato a raggiungere l’isola, scelse di affidarne la reggenza al fratello Manfredi. Nel 1247 era nata, tra le città mercantili prossime al Reno (Magonza, Treviri e Colonia) una lega: la lega renana. Le città della lega puntavano verso il mare del Nord per i loro commerci e già dal 1248, aveva offerto la corona di Germania al conte di Olanda, Guglielmo. Corrado fu sconfitto dalla lega renana e, pur senza cederle prerogative regie formali, dovette lasciarle campo libero.  1254: muore Corrado IV, dopo aver affidato suo figlio Corrado (detto allora Corradino) di due anni a papa Innocenzo IV e senza essere riuscito nel suo intento di assicurarsi il regno d’Italia.  1258: Manfredi, dopo aver fatto circolare false notizie riguardo la morte di Corradino, cinge la corona del regno di Sicilia. L’illegittimità del suo potere venne a galla e Manfredi fu scomunicato da papa Alessandro IV. Il papa gli rimproverò anche di seguire la politica del padre, per quanto riguarda il suo atteggiamento nei confronti del papato: Manfredi, in realtà, puntava più in alto in quanto voleva imporsi quale autentico erede di Federico in tutta Italia. Infatti, egli intervenne nelle questioni relative ai comuni, collegandosi ad alcune città di tradizione ghibellina come Pisa, Genova e Siena. Padrone dei porti pugliesi e alleato dei principati greci sopravvissuti alla conquista latina di Costantinopoli, contribuì in modo determinante, insieme a Genova, alla caduta dell’impero latino di Costantinopoli che era stato essenzialmente una creazione veneziana. Si era alleato con re Giacomo I d’Aragona, al cui figlio, Pietro III, dette in sposa sua figlia Costanza: in questo modo creò un’alleanza ‘’ghibellina’’ tra Aragona, Genova, Pisa e Sicilia.  1260 : i senesi e i ghibellini fiorentini esuli, con l’appoggio di Manfredi, batterono l’esercito di Firenze: battaglia di Montaperti. Manfredi era riuscito ad attrarre dalla sua una parte dell’aristocrazia romana , facendosi eleggere alla guida, con il titolo di senatore, del Comune di Roma e minacciando, quindi, il pontefice nella sua stessa capitale. A questo punto papa Urbano IV, dal momento che il re di Sicilia era vassallo della santa Sede, lo depose dal trono e affidò quest’ultimo al fratello Luigi IX re di Francia, Carlo d’Angiò.  1266: battaglia di Benevento, morte di Manfredi. 3. Le città all’apice del loro sviluppo 46 Negli anni in cui furono imperatori Barbarossa e suo figlio, Federico II, la lotta tra papato e impero divise l’Italia in due fazioni: guelfi (sostenitori del papa) e ghibellini (sostenitore dell’imperatore). Appartenere all’una o all’altra fazione non era questione di scelta ma dipendeva dall’orientamento del proprio nemico. Se in una città preleva un partito, cacciando in esilio o sottomettendo l’altro, quest’ultimo si legava con le città del suo stesso orientamento contro la sua patria: questo produsse una lotta civile all’interno di ciascun centro urbano che portò con sé un’ondata di violenze e vendette. Questa elevata conflittualità portò alla crisi del sistema consolare e all’affermarsi di quello ‘’podestarile’, caratterizzato da una magistratura a tempo, di solito forestiera. Il podestà avrebbe dovuto mediare tra i vari gruppi consortili e i ‘’poteri forti’’ dell’aristocrazia cittadina e, a partire dal 1200, nella contesa tra queste aristocrazie e i nuovi ceti emergenti (chiamati da Dante, con disprezzo, ‘’gente nova’’) come i ceti medi rurali inurbati, i banchieri, artigiani o, nelle città di mare, armatori e mercanti. In questo periodo, inoltre, nascono anche le corporazioni, associazioni professionali che esercitavano un controllo sulla perizia specialistica dei professionisti, sulla qualità dei prodotti o dei prezzi e sul diritto di esercitare le varie professioni da parte dei nuovi adepti all’organizzazione professionale. Durante il XIII secolo, i rappresentanti maggiori di questi nuovi ceti , tenuti fuori dal comune in quanto non appartenenti alle aristocrazie cittadine consolari, chiedevano di entrare a far parte della compagine di governo: essi costituirono una propria società giurata, il ‘’Popolo’, parallela al Comune, che contendeva con quest’ultimo il potere. Ad esempio, nel 1228, a Bologna, nacque un ‘’Comune del Popolo’’ con un suo magistrato, il Capitano del popolo, accanto al comune guidato dal podestà. La fusione, sovente tramite matrimoni, tra le famiglie magnatizie (quelle aristocratiche) e quelle dei cosiddetti popolani ‘’grassi’’ (perché abbienti e potenti anche se non appartenenti alla nobiltà) diede vita a un nuovo ceto, accanto la quale vi erano quello medio degli appartenenti alle attività economiche di tipo artigianale, il popolo magro, e i lavoratori dipendenti i ‘’sottoposti’’, il popolo minuto. A partire dal ‘300, le cose cambiarono. Dove non si riusciva a riassorbire il conflitto tra fazioni e ceti diversi, si finì con l’appoggiarsi a una figura estranea rispetto alle parti o ritenuta al di sopra di esse: il signore . Egli aveva il compito di superare questi conflitti senza modificare l’assetto istituzionale del comune. La signoria veniva, formalmente, conferita dal basso, ovvero dal popolo, e si configurava come una specie di dittatura avente lo scopo di far fronte a una situazione d’emergenza. Nonostante questo, a volte i signori tendevano a consolidare il loro potere e magari a trasformarlo in dinastico. Dal 1240 in poi, il fenomeno delle signorie si diffuse soprattutto in Lombardia, nella pianura padana, in Veneto e in area umbro-marchigiana ma molto meno nelle città marinare , dove i ceti imprenditoriali erano più forti e attivi e dove era più difficile per un gruppo riuscire a primeggiare tanto da imporre una soluzione dittatoriale. Nel corso del 1200 ci fu un altro importante cambiamento: la nave diviene mezzo di comunicazione normale, consueto. Si tratta di una rivoluzione economica e in parte anche sociale, non ancora tecnologica perché l’accresciuta mobilità marittima non condusse, in quel momento, a sostanziali modifiche nei tipi nautici. In genere, le navi mediterranee, fino al XIV secolo, continuarono ad essere di due fondamentali tipi: - Galea a remi: leggera e allungata, ospitava pochi marinai e passeggeri ma aveva bisogno di 150-250 rematori. Era un’imbarcazione veloce ma gli addetti ai remi dovevano toccar porto e riposare praticamente ogni giorno. Essa era una nave a due ponti, lunga circa 40 m, larga 4 e alta altrettanto. - Nave rotonda: dotata di alto bordo e stiva capace, era un’imbarcazione a una sola grande vela e adatta al commercio. Utile per il trasporto di mercanzie ingombranti, non aveva bisogno né di troppo personale né di frequenti scali ma era lenta e scarsamente maneggiabile e difendibile. Si aggiungeva poi un terzo tipo: 47 e nell’inflessibilità. Dove non arrivava con le armi, lo faceva con la politica: i nemici sapevano che sottomettendosi a lui avrebbero trovato un signore magnanimo e un protettore potente e generoso mentre resistere equivaleva allo sterminio.  1211: dopo aver unificato i mongoli, Gengis Khan avvia la campagna per la conquista della Cina.  1219-1220: i mongoli sottomettono il regno irano-persiano del Kwarezm. Dopo la conquista del Kwarezm, i mongoli si diressero verso nord, verso le steppe russe, conquistando il regno ‘’della Grande Bulgaria’’ e deportandone la popolazione.  1227: morte di Gengis Khan. Alla morte di Gengis Khan, il territorio dell’impero mongolo andava dalla Siberia al Kashmir e al Tibet e dal mar Caspio al mar di Giappone e, anche se la conquista era avvenuta per mezzo di genocidi e grandi deportazioni, l’impero era solido, pacifico e il dominio mongolico permetteva la convivenza di genti diverse per lingua, stirpe e religione. A Gengis Khan successe il figlio, Ogödäi: egli completò l’assoggettamento della Cina settentrionale e della Persia mentre il nipote di Gengis khan, Batu, si dirigeva in Europa.  1240: Batu conquista Kiev.  1241: Batu arriva in Polonia, Ungheria e Boemia. Quando a Liegnitz furono sconfitti anche i cavalieri teutonici, il meglio di cui l’Occidente disponesse, il pericolo parve estremo. A questo punto, Federico II si appellò ai principi della Cristianità perché si organizzasse una crociata contro i mongoli che però non si fece. Infatti Batu, sia perché le vittorie gli erano costate troppe perdite e non poteva continuare senza rifornimenti e appoggi logistici, sia perché Ogödäi era morto e si doveva eleggere il nuovo Khan, si ritirò nei territori già conquistati. Il nuovo khan eletto fu Guyuk. Dopo di lui i mongoli cambiarono rotta: non puntarono più sull’Europa e il Mediterraneo ma sulla Cina, dove , dopo il crollo della dinastia Sung, salì al trono il Gran Khan Khubilai. Da quel momento ebbe inizio la dinastia degli Yuan. L’impero cinese non fu ‘’mongolizzato’’ ma retto da una dinastia mongola che faceva di tutto per far dimenticare le proprie origini. A partire dal XIII secolo, l’impero mongolo divenne un impero feudale: a Pechino risiedeva il Gran Khan, al quale erano subordinati i Khan dell’Orda d’Oro (mongoli che avevano occupato il sud della Russia) , di Persia e del Quara-Khitai (tra lago di Aral, Tibet e Cina).  1258: il Khan Hulagu (Khan di Persia) distrugge Baghdad ed elimina l’istituzione califfale. I cristiani, da un lato per la diffusione di leggende, di carattere escatologico, che vedevano i mongoli come un popolo cristiano disponibile a un’alleanza antimusulmana, dall’altro perché convinti che presso i mongoli avessero grande credito i membri della chiesa nestoriana, cercarono di stringere rapporti con il popolo di Gengis Khan e pensarono di penetrare nell’Asia mongolica per due vie: a sud attraverso la Persia e a nord attraverso la Russia e le steppe dell’Asia centrale. L’incarico per queste spedizioni, diplomatiche e missionarie (ma anche utili per saggiare la natura della potenza mongola), venne dato ai frati francescani o domenicani. Oltre al papa, anche Venezia inviò due mercanti, Matteo e Nicolò Polo, nell’impero mongolo (in particolare presso il khanato di Persia, della Russia settentrionale e il Gran Khan Khubilai). Fecero un primo viaggio nel 1260 e un secondo nel 1271: a quest’ultimo partecipò anche Marco Polo, figlio di Nicolò, che rimase alla corte e al servizio del Gran Khan fino al 1292 e che narrò la sua esperienza in ‘’Il Milione’’.  1336: nasce Tamerlano I mongoli erano divisi tra un’area orientale, nelle mani di tribù ancora favorevoli alla cultura tradizionale, e una occidentale, maggiormente islamizzata. Tamerlano nacque a Kesh, città che apparteneva a quest’ultima area. Suo padre era capo dell’ulus dei barlas, mongoli e musulmani fortemente islamizzati ma la sua famiglia non godeva di una condizione particolarmente privilegiata. Nonostante questo, sfruttando le lotte 50 che opponevano i diversi gruppi mongoli e la debolezza dei khan del tempo, Tamerlano riuscì ad ottenere il controllo dell’intera Transoxiana (1369). L’anno successivo assunse il titolo di ‘’emiro’’, accompagnato dall’epiteto ‘’il grande’’. Egli sposò una discendente di Gengis Khan e si insediò in una vera e propria capitale: Samarcanda. A questo punto, iniziò a fornire il suo impero di istituzioni, formalizzando la convocazione di periodici Kuryltai (assemblee nelle quali i mongoli si riunivano per eleggere il successore dei Khan), che avrebbero dovuto dare legittimità al suo governo (in realtà dispotico), in modo da far sembrare il suo regime fondato sulla condivisione dei poteri tra il ‘’grande emiro’’ e gli altri principi. Nei tre decenni successivi, Tamerlano condusse campagne militari in tutte le direzioni: il suo impero toccava il Caucaso, includeva Caspio meridionale e centrale , il lago d’Aral e tutta l’area tra Syr-Darja e Indo. L’unico a fargli concorrenza nell’egemonia sul mondo uralo-altaico era l’impero ottomano, e, proprio in virtù di un’unione contro quest’ultimo (che sarebbe dovuto essere un nemico comune), i cristiani progettavano di allearsi con Tamerlano. Furono, in particolare, il principe bizantino Giovanni (che era rimasto a Costantinopoli alla partenza del basileus Manuele alla volta dell’occidente per chiedere aiuto contro i turchi), che si accordò con Tamerlano perché questi sconfiggesse gli ottomani in cambio del tributo che Bisanzio doveva corrispondere proprio a quest’ultimi, e il re di Francia, che mandò missionari domenicani per proporre a Tamerlano un’azione comune contro i turchi. Tamerlano accettò le proposte, anche perché sperava in un’alleanza con Genova (che aveva preso contatti con lui insieme al principe bizantino) e Venezia, in modo da utilizzare le loro flotte.  1402: battaglia di Ankara Tamerlano sconfigge i turchi ma, padrone dell’Anatolia, non accetta di condividere il suo potere. A quel punto, invece, puntò alla conquista della Cina ma, partendo per questa impresa, morì nel 1405. A quel punto il suo impero si frantumò in potentati ostili tra loro: questo permise all’avanzata turca di continuare. Parte quinta: Crisi e dinamiche sociali alla vigilia dell’età moderna. 1. Il papato fra universalismo e radicamento territoriale Nel XIII secolo l’unica autorità universalmente riconosciuta in Occidente era il papato ma, all’inizio del ‘300, anche essa attraversò una crisi dovuta alle stesse forze che aveva favorito, tra le quali il regno di Francia. Infatti, a partire da Carlo I, gli angioini erano si vassalli della Santa Sede (in quanto sovrani insediati a Napoli) ma anche difensori dell’autorità pontificia dal pericolo ghibellino. Quando tale pericolo, gradualmente, smise di sussistere, fu chiaro che essi utilizzavano questo ruolo di difesa per portare avanti i loro disegni politici.  1294: viene eletto papa Bonifacio VIII Grandi avversari di Bonifacio VIII erano i Colonna, che il papa batté bandendo una crociata contro di loro ed espugnandone, nel 1298, la rocca di Palestrina. Nel 1295, con il trattato di Anagni, il papa impose il ritorno degli angioini in Sicilia ma i siciliani non lo permisero. A questo punto, egli dovette chiedere aiuto agli angioini e al regno di Francia ma anche ai banchieri fiorentini , città tradizionalmente guelfa. I guelfi fiorentini, però, si dividevano in guelfi ‘’bianchi’’ e guelfi ‘’neri’’: i primi, a differenza dei secondi, sostenevano una politica di pacificazione con i ghibellini e di cautela nei confronti del papato. Proprio per vincere la resistenza dei guelfi bianchi e sottomettere i siciliani riluttanti ad accettare la risoluzione di Anagni, Bonifacio chiese aiuto a Carlo di Valois, fratello del re di Francia Filippo IV il Bello. Il principe Carlo avrebbe dovuto svolgere in Italia la funzione di pacificatore ma, invece, con l’inganno e la violenza, favorì i partigiani del papa. La discesa di Carlo in Italia, nel 1301, ebbe come conseguenza l’esilio dei guelfi bianchi, tra i quali figurava anche Dante Alighieri. 51  Approfondimento Filippo IV il Bello (capitolo 4-parte quarta) In quegli anni, come si è accennato, re di Francia era Filippo IV il Bello. Nel 1223, a Filippo Augusto, protagonista della battaglia di Bouvines, era successo Luigi VIII e, a quest’ultimo, il figlio avuto con Bianca di Castiglia, Luigi IX. Dopo Luigi IX, a salire sul trono fu Filippo III l’Ardito e, dopo la sua morte, il figlio: Filippo IV il Bello. Egli curò le finanze del regno , introducendo una norma secondo la quale i feudatari avrebbero dovuto sostituire le prestazioni militari dovute alla corona con il versamento di somme di denaro liquido, si procurò un corpo di devoti funzionari che costituivano la nuova istituzione da lui fondata, il parlamento, una sorta di supremo tribunale del regno. Concesse alle città privilegi che consentirono il decollo di un movimento comunale dotato di larghe autonomie ma fedele al sovrano. La sua politica di allargamento e consolidamento territoriale lo indusse a uno scontro con le ricche città manifatturiere delle Fiandre (che costituivano una contea dipendente, con ampie libertà, dal re di Francia), che permettevano al sovrano inglese, attraverso il loro appoggio, di intromettersi negli affari francesi (le città fiamminghe importavano la lana proprio dall’Inghilterra). Il sovrano francese fu sconfitto, nel 1302 a Courtrai, dalle città fiamminghe ma ne riuscì comunque ad ottenerne il controllo con il trattato di Parigi (1303), in cambio dell’abbandono della politica di appoggio ai fiamminghi da parte di Edoardo I re d’Inghilterra, la corona francese gli avrebbe riconosciuto un feudo in Guienna (per il quale, verso la fine del 1200, i due si erano scontrati). Nel 1296, Bonifacio VIII si scontra con Filippo IV il Bello: nel loro conflitto, sia il sovrano francese che Enrico I d’Inghilterra avevano violato i privilegi fiscali del clero. Questo era costato una condanna a Filippo, il quale rispose vietando che i proventi delle decime (tasse raccolte a favore della Chiesa) uscissero dalla Francia per confluire a Roma. Papa e sovrano francese giunsero a un accordo solo nel 1298. Ma la tensione non cessò perché, nel 1301, Filippo IV convocò gli Stati generali e ottenne il loro appoggio per un disegno fiscale che comprendeva la tassazione del clero: egli voleva combattere la presenza politica ed economica della Chiesa nel suo regno. Contro il ‘’regalismo’’ di Filippo, Bonifacio VIII rispose con due bolle: l’Asculta fili, con la quale ribadiva il diritto della Chiesa di godere di speciali prerogative, e l’Unam sanctam, con la quale fondava una vera e propria teoria generale del diritto dei pontefici a porre il loro primato su qualunque potere della terra. Ma a questo punto il potere di Bonifacio era molto debole: aveva perso l’appoggio della monarchia francese ed era odiato da tutti coloro che volevano un ritorno alla purezza della ‘’Chiesa delle origini’’, priva di aspirazioni al potere o alla ricchezza. Il papa cercò un’alleanza con Alberto d’Austria, re di Germania, ma nonostante il fatto che riuscì a ottenerla, il re tedesco era impegnato sul fronte interno e su quello boemo. Così, nel giugno del 1303, Filippo IV riunì un’assemblea di avversari del papa, nella quale quest’ultimo venne dichiarato scismatico, eretico e simoniaco e vennero riprese le dicerie (infondate) riguardo le irregolarità della sua elezione. A questo punto, Filippo fece cattura Bonifacio, appoggiandosi ai Colonna (in particolare al capo famiglia, Sciarra Colonna) e facendolo imprigionare ad Anagni (schiaffo di Anagni). La popolazione di Anagni, fedele al pontefice, lo liberò, permettendogli di tornare a Roma e rifugiarsi dietro la protezione della famiglia degli Orsini.  Approfondimento Bonifacio VIII: Il primo giubileo (internet) Per la Chiesa cattolica, il Giubileo è l’indulgenza plenaria solenne (remissione, e quindi cancellazione, totale o parziale della pena temporale dovuta per i peccati già confessati e perdonati sacramentalmente), elargita dal papa ai fedeli che si rechino a Roma e compiano particolari pratiche religiose. Il primo Giubileo ordinario fu indetto nel 1300 da Papa Bonifacio VIII, della nobile famiglia dei Caetani, con la Bolla "Antiquorum Habet Fida Relatio". Ne fu occasione remota l'ondata di spiritualità, di perdono, di fratellanza che si stava diffondendo in tutta la cristianità in contrapposizione agli odi e alle violenze dominanti in quell'epoca. L'occasione immediata è da riallacciare alla voce, iniziata a 52 territorio alcun potere. Dal ‘300 fino alla metà del ‘400, si delineò la tendenza a scegliere l’imperatore all’interno di due dinastie: gli Asburgo, ai quali apparteneva il ducato d’Austria, e i Lussemburgo, che si erano imparentati con i regnanti di Boemia. Nel 1308, alla morte di Alberto I d’Asburgo, divenne imperatore Enrico conte di Lussemburgo, con il nome di Enrico VII di Lussemburgo, al quale successe, nel 1327, Ludovico IV il Bavaro (duca di Baviera). Dopo quest’ultimo, fu la volta di Carlo IV, il quale divenne anche re di Boemia perché ne sposò l’erede al trono, Elisabetta. Egli si rese conto dell’effettiva debolezza della figura dell’imperatore dell’impero romano- germanico e che fosse necessario, per risolvere questo problema, svolgere prima di tutto il ruolo di re tedesco e, a tal fine, ampliare l’estensione di territorio realmente gestito: con questa prospettiva, rafforzò prima di tutto i territori boemi. Inoltre, dato che uno dei motivi della debolezza della corona tedesca era l’incertezza relativa a chi fossero coloro che avevano diritto ad eleggere il re (generalmente erano i nobili tedeschi ma senza nessun ordine preciso), una volta incoronato imperatore (1355), Carlo I emanò un documento, detto ‘’Bolla d’Oro’’.  1356: emanazione della Bolla d’Oro, documento nel quale si precisa che i principi elettori dell’impero avrebbero dovuto, da allora in poi, essere quattro laici (re Di Boemia, margravio del Brandeburgo, duca di Sassonia e conte del Viri) e tre ecclesiastici (arcivescovi di Magonza, Colonia e Treviri). L’elezione sarebbe dovuta avvenire a Francoforte e l’incoronazione a re di Germania ad Aquisgrana. La bolla, tra le altre cose, proibiva le leghe cittadine ma le città tendevano di continuo a federarsi tra di loro, soprattutto per respingere l’egemonia dei nobili. Poiché base della potenza dinastica era il potere territoriale, Carlo acquistò nel 1353 il Palatinato Superiore e, nel 1373, si assicurò il Brandeburgo. Alla morte di Carlo I, fu incoronato imperatore Venceslao e, deposto questo, Roberto Palatinato.Successore di Roberto fu l’imperatore Sigismondo che ritenne motivo di debolezza della corona la sua elettività, la quale non poteva essere eliminata ma ‘’corretta’’, attraverso accordi tra grandi casate: grazie all’accordo tra re di Boemia e duchi d’Austria, nel 1437 salì al trono Alberto II d’Asburgo. Egli aveva sposato Elisabetta, figlia di Sigismondo, ereditiera della corona di Boemia ma anche di quella d’Ungheria (Sigismondo era diventato re d’Ungheria nel 1387). Ad Alberto II, successe Federico III e da allora, fino al 1918, a regnare fu sempre la casata degli Asburgo. A Filippo IV, successe il figlio, Carlo IV che, quando morì, non lasciò eredi maschi. A questo punto ad ereditare il regno sarebbe dovuta essere Elisabetta, sua sorella, sposata con Edoardo, figlio del rel re d’Inghilterra Edoardo I: entrambe le corone di Francia e di Inghilterra erano destinate a loro figlio, Edoardo III. Però un’assemblea di prelati e baroni francesi si appellò alla legge salica, cioè alla consuetudine che escludeva le donne dalla successione regia, proprio per evitare che le due corone andassero ad un unico sovrano, e assegnarono la corona di Francia a Filippo VI, figlio di Carlo di Valois, fratello di Filippo il Bello. Quando Filippo VI confiscò i feudi in territorio francese a Edoardo III d’Inghilterra, perché questi aveva sostenuto la mai del tutto repressa rivolta delle Fiandre, Edoardo III rispose contestando i diritti di Filippo alla corna di Francia e rivendicò quelli che gli venivano dalla madre.  1339: scoppia la Guerra dei Cent’anni (che però, nell’effettivo, durò fino al 1453) Nei primi tempi, gli inglesi, grazie alla loro superiorità militare, sconfissero in più occasioni i francesi: a Crécy (1346), a Calais (1347) e a Poitiers (1356).  1360: Pace di Brétigny, Edoardo III rinuncia alla corona francese ma ottiene, in cambio, la sovranità feudale su un’ampia zona della Francia, corrispondente a tutta l’area sud-occidentale del paese 55 compresa tra la Loira e i Pirenei (la pace fu favorita anche dal nemico comune, come nemico della cristianità, rappresentato dai turchi ottomani che stavano avanzando in Oriente).  1369: la guerra riprende. Nel 1377 morì Edoardo III e la corona andò all’allora minorenne Riccardo II (in realtà, il potere effettivo era nelle mani dei suoi zii, i duchi di Lancaster e di Gluocester). La rivalità tra i due feudatari e il duro regime fiscale al quale gli aristocratici sottoposero città e campagne portò allo scoppio di una rivolta. L’ordine fu ristabilito dal duca di Lancaster che, nel 1399, riuscì ad ottenere la corona con il nome di Enrico IV e al quale successe, poi, Enrico V. In Francia, dopo la morte di Carlo V, nel 1380, la corona passò a Carlo VI, in quel momento minorenne. Anche la Francia in quel momento attraversò un periodo di crisi, tanto che il regno fu diviso in grandi ducati in mano agli zii del re, che ne erano tutori. Carlo VI era un sovrano debole e aveva dato segni di follia: questo lasciò spazio a Filippo II l’Ardito, di cui Il sovrano era un nipote, duca di Borgogna (egli controllava anche la contea delle Fiandre, grazie al matrimonio con Margherita di Fiandra, e quelle di Nevers e Rethel). Con suo figlio, Giovanni ‘’Senza Paura’’, le vicende del ducato di Borgogna si intrecciarono a quelle della guerra dei Cent’anni. Suo figlio, Filippo, sposò una figlia del sovrano, Michelle de Valois. Giovanni entrò in conflitto con Luigi d’Orléans, quando promise alle città fiamminghe che le tasse per sostenere gli eserciti (all’indomani di una ripresa del conflitto con gli inglesi) imposti da Luigi, non sarebbero state riscosse. Giovanni arrivò a commissionare l’assassinio del duca d’Orleans: il figlio di quest’ultimo, Carlo d’Orléans, si alleò con Bernard conte d’Armagnac e iniziò una guerra civile da Armagnacchi e Borgognoni (1410). Ad approfittare di questa guerra civile fu Enrico V: le sue truppe sconfissero, nel 1415, i francesi ad Anzincourt. Il sovrano inglese voleva rientrare in possesso dei feudi di Normandia e di Guienna, già appartenuti ai Plantageneti ma, dopo la vittoria, avanzò pretese anche sulla corona francese.  1420: trattato di Troyes (stipulato da Enrico V e, in nome di Carlo VI, Filippo il buono, duca di Borgogna dopo la morte di Giovanni), Enrico avrebbe sposato Caterina, figlia di Carlo VI, alla morte del quale avrebbe ereditato il trono di Francia. Questo accordo, però, aveva trascurato i diritti di Carlo VII, figlio di Carlo VI e delfino (principe ereditario) di Francia. Alla morte di Carlo VI (più o meno contemporanea a quella di Enrico V, al quale successe il figlio Enrico VI), a Bourges (dove il delfino si era rifugiato), gli avversari dell’intesa anglo-borgognona proclamarono re Carlo VII. Il reggente di Enrico VI approfittò della situazione e, ritenendo che il problema del doppio regno dovesse essere risolto, attaccò la città d’Orléans. Da questo momento la guerra prese una piega inaspettata, con la comparsa di una giovane ragazza lorenese, Giovanna d’Arco. Verso i 16 anni, quest’ultima cominciò a sentire delle voci (identificate con quelle dell’arcangelo Michele e delle sante Caterina e Margherita), che la incitavano a mettersi al servizio di Carlo VII per liberare la Francia dagli inglesi. Riuscì a farsi presentare alla corte di Carlo VII, dove le diedero alcuni armati, con i quali riuscì a liberare dall’assedio la città d’Orleans (1429). Giovanna vinse, poi, a Patay, nello stesso anno, e portò Carlo VII all’incoronazione. Dopo l’incoronazione, Carlo VII voleva abbandonare la via delle armi per utilizzare quella diplomatica: Giovanna era ormai solo un personaggio scomodo. Per questo motivo, la giovane ragazza fu costretta all’inattività ma, per sua iniziativa e accompagnata da un gruppo di fedeli, ella accorse in aiuto alla città di Compiègne, assediata dai borgognoni. Qui fu catturata (1430) dagli assedianti e venduta agli inglese che, dopo averla chiusa nel castello di Rouen e aver intrapreso un processo inquisitoriale per eresia e stregoneria, la arsero sul rogo come eretica, a Rouen (1431). Dopo la morte di Giovanna, Carlo VII si accordò con Filippo il Buono (trattato di Arras) e siglò una tregua con il re d’Inghilterra a Tours (1344). Le ostilità ripresero nel 1348 e finirono nel 1453, anno in cui agli inglesi rimaneva solo Calais. Il successore di Carlo VII, Luigi XI (riuscendo a prendere il controllo della Borgogna e dei possessi degli Angiò) e suo figlio (che gli successe) Carlo VIII (ottenne la Bretagna sposando la duchessa Anna), riorganizzarono il regno arrivando ad averne una gestione unitaria: così nacque la moderna Francia. Il 56 sovrano governava sostenuto dal parlamento e la Chiesa passò sotto il controllo, dal punto di vista politico, del re. In Inghilterra, dopo la guerra dei Cent’anni, la moglie di Enrico VI (debole e psichicamente instabile), Margherita d’Angiò, si alleò non solo con il casato di Lancaster ma anche con Riccardo duca di York: questi mise in discussione il diritto al trono dei Lancaster. Ne seguì una lunga guerra tra le due famiglia, detta ‘’delle Due Rose’’, dagli emblemi delle case, una rosa bianca (York) e una rossa (Lancaster). Dopo la morte di Riccardo, suo figlio riuscì a battere i Lancaster e a ottenere la corona, assumendo il nome di Edoardo IV. Suo successore fu Riccardo III di York che però, a causa dei suoi crimini, si era alienato il favore dei ceti dirigenti. Gli inglesi volevano un sovrano che potesse mettere fine alle discordie e lo individuarono in Enrico del casato dei Tudor, discendente dei Lancaster ma marito di una York. Dopo aver battuto Riccardo, egli asce al trono nel 1485, con il nome di Enrico VII. Da questo momento, così come avvenuto in Francia, si avvia un processo di centralizzazione e modernizzazione che porterà all’assolutismo del ‘500. Inoltre sia in Francia che in Inghilterra, la nobiltà feudale veniva sempre di più accantonata mentre veniva favorita l’ascesa di una nuova nobiltà di origine borghese (alternativa alla ‘’vecchia’’ nobiltà), che forniva ai re i quadri amministrativi e giuridici necessari a un governo accentrato. 3. Epidemia, crisi, ripresa La crisi del 300 si è manifestata molto prima attraverso la fame che attraverso la peste: questo ha indotto a ritenere che la sua causa sia da ricercare, in prima istanza, nel rapporto sfavorevole tra aumento della popolazione e quello della produzione. Nei secoli precedenti, l’aumento demografico era stato possibile grazie all’estensione delle superfici coltivate (in assenza di una vera e propria rivoluzione dei metodi agricoli) ma, adesso, tutte le superfici disponibili erano state dissodate, per questo la produzione smise di aumentare. La crescita della popolazione, di conseguenza, produsse un peggioramento dell’alimentazione (almeno per quanto riguarda i ceti più sfavoriti come braccianti agricoli e subalterni dell’industria tessile, i cui salari erano mantenuti molto bassi a causa della crescente offerta di manodopera legata all’aumento demografico). A peggiorare la situazione ci fu un periodo di raffreddamento e di generale peggioramento del clima che causò non soltanto la diffusione di malattie da raffreddamento, che colpivano soprattutto i bambini sotto i cinque anni, ma anche una serie di cattivi raccolti, con le relative carestie e lievitazione dei prezzi. Il primo sintomo del cambiamento che stava avvenendo fu la carestia del 1315-1317 che, a differenza di quelle precedenti, colpì quasi totalmente l’Europa. Il prezzo dei cerali salì spaventosamente, provocando la morte di persone e bestiame a causa della denutrizione. Anche le città risentirono di questa crisi, ad esempio ci fu un ristagno nella produzione e nello smercio di certi prodotti (soprattutto quelli tessili) e, a Firenze, una serie di fallimenti bancari (dovuti al fatto che i sovrani europei non restituirono mai le somme che le famiglie fiorentine avevano prestato loro) che causarono gravi danni alle medie e piccole imprese mercantili, che a quelle banche avevano affidato la gestione dei loro capitali. Ma l’evento che più di tutti segnò il secolo fu il diffondersi della peste. Nel 1346, in Asia (pare in Cina) era scoppiata una grave epidemia di peste che, nel 1347, venne trasportata in Europa (forse da navi genovesi che facevano da spola tra Mar Nero e Mediterraneo, cariche di grano della Crimea). Essa si diffuse nel Mediterraneo a partire dal porto di Messina per dilagare ovunque (veicolata dalle pulci): colpì l’Europa per tre anni, dal 1347 al 1350. Altre volte il continente era stato colpito da epidemie ma adesso essa trovò persone indebolite da lunghi anni di carestie e talora ammassate in centri urbani nei quali l’igiene era molto precaria. Per quanto riguarda la malattia in sé, essa aveva un rapido decorso: apparizione del bubbone (sintomo principale) nella zona ascellare o inquinale e il passaggio dalla fase bubbonica a quella secondaria, polmonare, di cui era sintomo l’espettorazione sanguigna. Il tasso di mortalità della peste fu elevatissimo: dal 25% della popolazione in Inghilterra al 30-35% di Francia, Germania e Italia. Il livello della popolazione europea forse riprese a salire alla fine del 400, quando essa era del 60% rispetto a quella che era stata due secoli prima. Ad aggravare gli effetti della peste, e alimentarne la diffusione, fu non solo la carestia ma anche le guerre continentali che interessarono l’Europa che, più che di scontri aperti in campo, erano fatte di razzie, incendi di campi e saccheggi e interruzioni di vie commerciali: esse furono particolarmente rovinose soprattutto per 57  1453: il sultano Maometto II entra a Costantinopoli mentre l’ultimo basileus (Costantino XI) è costretto alla resa. I due fattori che contribuirono alla caduta di Costantinopoli furono il debole aiuto da parte dell’Occidente e la cattiva disposizione dell’opinione pubblica greca, che non era disposta ad accettare l’imposizione del primato latino. Infatti, un anno prima, era stata celebrata la fine dello scisma in Santa Sofia: essa era stata ottenuta perché era l’unico modo per avere l’aiuto dei latini. Con la caduta di Costantinopoli, l’idea della crociata contro gli infedeli si collegò strettamente con quella della difesa dell’Europa. La reazione dell’Occidente, alla caduta della ‘’Nuova Roma’’ fu un susseguirsi di appelli e progetti di crociata: in particolare, papa Niccolò V chiese a tutte le città italiche di mettere da parte le ostilità per creare un fronte comune contro i turchi. Ma la reazione delle città non fu quella che il papa si aspettava: Genova non era scontenta del fatto che il sultano ostacolasse gli aragonesi e cercava accordi con lui, come fece anche Venezia mentre a Francesco Sforza, duca di Milano, faceva piacere la caduta di Costantinopoli perché arrecava danno a Venezia. Il papa era comunque deciso nel preparare la crociata e a ciò lo spingeva anche l’insistenza del cancelliere dell’imperatore Federico III, ovvero Enea Silvio Piccolomini, vescovo di Siena e futuro papa Pio II. In ogni caso, l’appello venne accolto, sul momento, dai sovrani europei ma, passate le prime paure e il correlativo entusiasmo, il progetto della crociata si andò lentamente abbandonando. Nel frattempo, i turchi avanzavano nei Balcani ma, dopo l’occupazione di Novo Brdo, a sud-est della piana di Kossovo, il sultano venne fermato, mentre puntava su Belgrado , in una battaglia navale sul Danubio e, successivamente, in uno scontro sulla terraferma.  1458: Enea Silvio Piccolomini viene eletto papa con il nome di Pio II Dopo la sconfitta, l’avanzata turca non si fermò. Il sultano conquistò Atene, quasi tutta la Serbia e l’impero di Tebisonda insieme alla fascia costiera meridionale del mar Nero (appartenenti alla dinastia dei Comneni). Nel 1463, gli ottomani avevano completato l’occupazione della Bosnia e minacciavano di cacciare Venezia dalla Morea. Il nuovo papa, nel 1464, sicuro che nessun principe cristiano si sarebbe tirato indietro da un’impresa nella quale il pontefice stesso dava l’esempio, si recò presso il porto di Ancona, dove si sarebbero dovute radunare le navi della flotta cristiana ma un’epidemia scoppiata proprio in quel frangente decimò la popolazione locale e i già pochi aspiranti crociati. Il papa morì poco dopo e il suo successore, Paolo II, cercò di proseguire sulla sua strada ma senza ottenere risultati. Nel 1469, i turchi fecero incursione in Stiria, Carinzia e Carniola e l’anno successivo occuparono Negroponte, occupazione che fece scalpore al pari, se non di più, della caduta di Costantinopoli. I turchi erano ormai padroni dei Balcani meridionali quando, continuando la loro avanzata, arrivarono fino in Friuli. Nel 1445 cadde nelle loro mani la genovese Caffa e, nello stesso anno, attaccarono la città pugliese di Otranto. Nel 1481, morì il sultano Maometto II e le successive contese tra i suoi figli, Jem e Bayezid, arrestare momentaneamente i turchi: Otranto fu liberata. 6. Agli albori del mondo moderno Nel XV secolo vi era un crescente interesse per l’attraversamento dell’oceano e il raggiungimento via mare delle coste dell’Asia: questo avrebbe consentito di aggirare gli arabi e i turchi e importare le spezie preziose orientali evitando gli empori musulmani. Inizialmente, però, le navigazioni esplorative si concentrarono sull’Africa, in vista di una sua possibile circumnavigazione. Probabilmente vi era questo tra gli obiettivi della spedizione dei fratelli Vivaldi, salpata da Genova nel 1291 per esplorare l’oceano oltre lo stretto di Gibilterra e mai più tornata. Può darsi che i fratelli si volessero limitare a cercare le isole canarie, già note al 60 tempo. Tra il 1340 e il 1350 si scoprì anche l’isola di Madera e, più tardi, l’arcipelago delle Azzorre. In quel periodo si diffusero notizie circa le ricchezze in oro del Sudan e del Mali: da quel momento iniziarono le spedizione che tentavano di raggiungere la foce del Niger. Solo nel 1487, il portoghese Bartolomeo Diaz riuscì a varcare il Capo di Buona Speranza, aprendo così la via verso l’oceano Indiano mentre, nel 1497, salpò da Lisbona Vasco de Gama, che raggiunse le coste dell’India. L’organizzatore delle prime di queste imprese marittime fu un principe portoghese, Enrico detto ‘’il Navigatore’’. In questo contesto bisogna inserire la navigazione esplorativa più nota, quella di Cristoforo Colombo. Egli era figlio di un mercante genovese e, collaborando con il padre, era entrato al servizio di altri mercanti, lavorando per i quali si fece, sin da giovane, una buona esperienza di navigazione. Tra il 1478 e il 1479 si stabilì in Portogallo e iniziò a coltivare un interesse per la cosmografia e l’idea che le coste dell’Africa non distassero troppo da quelle europee: egli studiava gli antichi geografi, interrogava i marinai e raccoglieva le leggende circa le isole occidentali. Così iniziò a pensare a un viaggio verso occidente che potesse sostituire la lunga e rischiosa circumnavigazione del continente africano per raggiungere l’Oriente. Mettendo insieme notizie rinvenute da varie fonti, aveva elaborato un sistema cosmografico coerente ma con molti e grossolani errori: riteneva la Terra molto più piccola di quella che è realmente e aveva calcolato male la lunghezza dell’equatore (circa un quarto di quella reale). Per trovare i finanziamenti necessari al suo viaggio, Colombo si era rivolto prima a Giovanni II re del Portogallo ma senza successo: per questo, nel 1485, si rivolse ai Re cattolici di Spagna (Ferdinando II d’Aragona e Isabella di Castiglia). A Salamanca si riunì una commissione di dotti che confutò tutte le tesi di Colombo ma nonostante questo, grazie soprattutto al favore della regina Elisabetta, egli riuscì a raggiungere il suo scopo. Nel 1492 fu firmata la convenzione di Santa Fé, con la quale si concedevano a Colombo, tra le altre cose, i titoli di ammiraglio, viceré e governatore delle nuove terre che avesse conquistato. Lo stesso anno, salparono dal porto di Palos tre navi (due caravelle e una cocca leggermente più grande). Credendo di arrivare nel territorio di Cipango (Giappone), Colobo arrivò all’isola che egli chiamò San Salvador (forse l’isola di Watling nelle Bahamas). In successive spedizioni, arrivò a Cuba e ad Haiti, cioè all’isola di Hispaniola. Tra il 1492 e il 1504, colombo compì 4 successivi viaggi tra la Spagna e il ‘’Nuovo Mondo’’ ma la sua attività di governatore e viceré fu infelice: non seppe mantenere la disciplina tra i coloni spagnoli e commise crudeltà contro gli indigeni. Tornò in Spagna nel 1504, dove fu allontanato dalla corte e morì nel 1506. Dato che da subito fu chiaro che le terre scoperte da Colombo non erano asiatiche, iniziò presto una gara tra le potenze cristiane per aggiudicarsi le terre oltre l’oceano. Furono soprattutto Spagna e Portogallo a gareggiare, le quali si sarebbero divise l’America latina. Nel 1497, il veneziano Giovanni Caboto, al servizio dell’Inghilterra, era giunto alle coste di terranova: così iniziò l’esplorazione dell’America settentrionale. Il ‘’Nuovo Mondo’’ prese il nome America da quello di Amerigo Vespucci, che nel 1502, esplorando il Sudamerica per conto del re di Portogallo, rafforzò la certezza che quelle terre non appartenessero all’Asia. 61
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