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Riassunto "Storia moderna", Sintesi del corso di Storia Moderna

Riassunto "Storia moderna" di Carlo Capra

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 16/05/2019

_joao_
_joao_ 🇮🇹

4.7

(26)

24 documenti

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Scarica Riassunto "Storia moderna" e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! 1 Carlo Capra STORIA MODERNA (1492 – 1848) 2 Modulo I: La lunga durata 1. La popolazione e le strutture familiari 1. Fonti e metodi Gli studi sulla popolazione e sui meccanismi che ne regolano l’andamento nel tempo hanno conosciuto dal 1950 uno straordinario sviluppo, legato in particolare alla fortuna di teorie neomalthusiane. L’inglese T.R.Malthus nel suo “Saggio sul principio della popolazione” (1798) esprime la preoccupazione per lo squilibrio tra risorse e popolazione. Le prime crescono in modo aritmetico cioè progressivo (1,2,3,4…); le seconde in modo geometrico cioè proporzionale (2,4,8,16…), il che porta a un inevitabile squilibrio. Nuove terre e innovazioni tecnologiche non bastano a influire sulla sproporzione; a frenare l’aumento della popolazione intervengono i “freni repressivi”: carestia,epidemie,guerre; il che forma un ciclo eterno. L’alternativa né l’adozione di “freni preventivi”: limitazione cosciente di matrimoni e fecondità, che per M deve riguardare la popolazione povera [“nel banchetto della vita per i poveri non c’è posto]. Il problema dello squilibrio popolo-risorse non riflette solo la situazione inglese di allora, ma è divenuto un tema d’interesse mondiale ed attuale. La statistica è la raccolta sistemati dei dati relativi a: a)popolazione; b) produzione di derrate e manufatti; c) prezzi; d)salari; muove i suoi primi passi con: a)Malthus; b)aritmetici politici inglesi di 600 [King e Petty]; c) scrittori francesi e tedeschi del 700 [Sussmilch]. Al 18 sec risalgono i primi censimenti modernamente impostati; prima si hanno numerazioni di fuochi e nuclei familiari [gruppi,non numero di membri] a scopi fiscali [Doomsday Book], militari [raccolti uomini atti alle armi], d’approvvigionamento. Un’eccezione per precisione e ricchezza è il catasto fiorentino del 1427: composizione per sesso e età, occupazioni e redditi di 60.000 famiglie. Altra miniera di dati sono le fonti ecclesiastiche: a) fonti relative allo stato; b) fonti relative al movimento della popolazione. Le prime sono gli “stati delle anime”, elenchi di abitanti di una parrocchia, redatti dal rettore, per controllare l’adempimento del precetto pasquale[comunione (?)]. Norme precise a proposito furono dettate nel 1614 e furono adottati simili mezzi anche dai protestanti. Queste fonti ci forniscono informazioni su composizioni familiari e forme di convivenza. Le seconde si basano sui registri degli eventi fondamentali – religiosi – delle parrocchie: battesimi, matrimoni, sepolture. La loro tenuta fu obbligatoria dal 1563 e ci permettono di studiare la stagionalità della demografia. Unite le due fonti ci permettono di determinare per i relativi anni gli indici, cioè il numero di nascite, morti,matrimoni ogni 1000 abitanti. Per usarle bisogna tenere conto dei difetti di registrazione (i bambini nati morti non venivano registrati, gli stranieri di passaggio sepolti in parrocchia invece sì). Benché da sempre utilizzati i registri parrocchiali sono divenuti fonte privilegiata per lo studio della popolazione da 1950, con il metodo francese della “ricostruzione nominativa delle famiglie”. Esso consiste in: a) formazione di “schede di famiglia” per ogni matrimonio celebrato nella parrocchia e nell’arco di tempo studiato; b) compilazione di ognuna di queste con tutti i dati demografici desunti da libri di battesimi, sepolture e matrimoni. Importante è desumere dati di mentalità e usanze: nascite illegittime, concezioni prematrimoniali, onomastica, alfabetizzazione (firma del matrimonio). Gli inconvenienti sono il lavoro enorme(anche con pc e lavori d’equipe)e le poche schede complete per: matrimonio celebrato fuori parrocchia, eventi fuori parrocchia (nascite e morti); emigrazione di nuclei familiari. Le famiglie chiuse [di cui si sa data di inizio osservazione (nozze), fine(morte di un coniuge) e nascita di tutti i figli] sono sempre una minoranza. 5 2. L’economia dell’Europa preindustriale 1. L’agricoltura: risposta estensiva e risposta intensiva: L’agricoltura europea dopo il Mille subì notevoli progressi che consentirono di coltivare i terreni umidi e argillosi delle aree centro-settentrionali del vecchio continente [aratro pesante; ferratura degli zoccoli; collare per cavalli che non stringeva alla gola ma sulle spalle, aumentando la forza di carico; rotazione triennale] per la produzione per lo più di cereali. Questo non vale per le zone del sud dove la scarsità di piogge e il terreno friabile rendevano impossibili queste tecniche, favorendo olivo, vite e alberi da frutto. Fino al 1750 l’organizzazione produttiva agricola non registrò grandi mutamenti; le richieste alimentari maggiori portarono a un aumento delle cereali e alla scomparsa della carne (costosa) a favore di pane e farinate(castagne in montagna), legumi e verdure, lardo, pesce salato, uova, latticini, vino e birra scadenti. Come riuscì l’agricoltura a sfamare la popolazione in crescita? Le risposte sono di due tipi: estensiva (aumento superficie coltivata) ed intensiva (adozione di tecniche atte ad aumentare la produttività per unità di superficie). Prevalente fu la prima soluzione, con la rimessa a coltura di terreni abbandonati [in Veneto furono istituiti i Provveditori sopra i beni incolti; l’ingegnere idraulico Vermyden inventò il sistema dei polders, canali e dighe per strappare terre al mare ]. Non sempre i terreni così ottenuti erano buoni; inoltre l’ampliamento di terre coltivate portò alla riduzione di quelle da pascolo e quindi del concime. Infine anche il clima influì negativamente sui raccolti(in particolare nel 1600) con un cale delle temperature medie noto come “piccola glaciazione”. Capiamo allora come nonostante il grande lavorio contadino i rendimenti di cereali per lo più ristagnassero. Si calcola che una famiglia di 5 persone necessiti di 250 litri l’anno di grano; se il rapporto del raccolto scende sotto il valore 3:1 essa non riesce a sfamarsi. Bisogna tenere però conto anche di altri fattori: prodotti dell’orto, del bestiame, delle lavorazione extragricole; ma anche tasse,decime e diritti signorili. Capiamo allora come tre quarti degli abitanti vivessero della terra e quale importanza avesse il rendimento di queste. Poche zone (Olanda, Inghilterra e altre) riuscirono a raggiungere rendimenti maggiori del 100% rispetto al resto d’Europa. Come? Sono importanti tre fattori: fertilità del suolo, disponibilità di acqua(le pianure a sud di Milano furono sempre ricche grazie al sistema di irrigazione che le attraversava) e concime. Il punto è che alla base delle rivoluzione agricola ci fu un rapporto intelligente tra agricoltura e allevamento e l’adozione di sofisticate rotazioni; essa partì da Inghilterra e Paesi Bassi e da qui si diffuse lentamente. Perché? Per rispondere è necessario studiare le condizioni di vita delle masse contadine. 2. Il regime fondiario e i rapporti di produzione. L’Europa centro-occidentale. I secoli del basso medioevo videro in gran parte dell’Europa la disgregazione della feudalità come forma governativa e l’erosione di poteri signorili nelle campagne (per espansione demografica, monetarizzazione dei debiti, rivolte contadine [1350-1500]). A inizio Era moderna i coltivatori di suolo erano liberi di sposarsi, trasferirsi e disporre delle terre, se ne possedevano. Le corvee erano limitate; la riserva signorile(nel medioevo mantenuta dallo sfruttamento dei servi della gleba) fu frazionata e affidata a famiglie coloniche con patti agrari che andavano dal livello [canone fisso su lungo periodo] al piccolo affitto a alla mezzadria. Rimanevano residui feudali ma isolati; rimanevano il potere di banno e giuridico su cause civili e penali minori e di polizia. Rimaneva l’obbligo a chi abitava terre del feudo di pagare al signore un censo annuo; localmente a ciò si aggiungeva una decima feudale in natura o denaro(champart). Altri diritti (laudemi) spettavano al signore in caso di vendita o trasmissione ereditaria di beni fondiari; riscuoteva pedaggi su ponti e strade; monopolio di caccia, pesca, molitura del grano, spremitura delle olive, cottura del pane. Alle prestazioni dovute per legge si aggiungevano gli “abusi feudali” [pretese ed estorsioni legate all’uso di minacce e violenze da parte del signore (Sud Italia nel 1600)]. 6 All’evolversi degli originari rapporti feudali è legata anche la sopravvivenza o meno di un’ampia proprietà contadina. In Francia e Germania ovest si calcola che i coltivatori diretti possedessero metà del suolo coltivabile in età moderna; in Inghilterra i numerosi copyholders (eredi di appezzamenti per cui pagavano tassa d’ingresso a generazione e canone annuo) fu vittima di un’offensiva signorile che mirava a trasformarli in affittuari a breve scadenza. Il risultato fu che la piccola proprietà coltivatrice mondiale era ridotta nel 1600 a un quinto del suolo. Dovunque il forte aumento della popolazione si accompagnò a processi di proletarizzazione (diminuzione in percentuale di coltivatori autosufficienti, con derrate disponibili per la vendita su mercato): in Francia questi laboureurs non superavano il 13% a fine 1700. Oltre ai residui feudali i coltivatori erano gravati anche da decime ecclesiastiche (tributo in natura dovuto), imposte statali e prelievo della rendita fondiaria. Questi tributi, insieme, traevano dal 20 al 60% del prodotto lordo ai contadini, lasciando pochi fondi per investimenti e innovazioni(già difficili da accettare nella mentalità contadini). I grandi proprietari fondiari trovarono più facile invece acquisire nuove terre e accrescere il prelievo sui coloni(costretti ad accettare condizioni di vendita dure per combattere la concorrenza) piuttosto che puntare alla novità. Infine la impronta comunitaria tipica dei lavori agricoli in Europa tendeva a scoraggiare lo spirito di iniziativa individuale. Capiamo allora perché si videro novità solo in zone favorite dal punto di vista ambientale e dove era minore la pressione sul suolo dei contadini poveri(vedremo le “recinzioni” olandesi al capitolo 10). 3. L’Europa orientale: Le regioni a est di una linea immaginaria che parte da Trieste (Polonia, Russia, Prussia, Ungheria) avevano due caratteristiche che le differenziavano dal resto Europa: 1) enorme estensioni di terreno scarsamente popolate (densità del 10 per kmq invece che i 40 occidentali)ma con scarsità di forza lavoro; 2) città e villaggi con istituzioni statali deboli, incapaci di fronteggiare la potenza dell’aristocrazia fondiaria. In queste condizioni la diffusione dell’economia di mercato da un lato si apriva alle regioni sul mare(Polonia e Prussia) per la esportazione di cereali; dall’altro spingeva i grandi proprietari a procurarsi con ogni mezzo il denaro per l’importazione di prodotti di lusso. La via più facile per ottenere questi soldi fu la coercizione dei contadini: la servitù della gleba venne rafforzata a partire dal XV e introdotta in aree dov’era prima sconosciuta. Tal processo venne favorito poi dai poteri statali (aristocratici). Il territorio dei villaggi era divisa tra una o due grandi tenute signorili e piccoli poderi. Le famiglie di questi si nutrivano del cibo prodotto nei campi ma gran parte di tempo e energie le spendevano lavorando gratuitamente nelle terre del signore. Figli e figlie svolgevano servizio domestico nelle tenute signorili e, nei mesi invernali, venivano usati per distillare birra e vodka e l’estrazione mineraria. Tal sfruttamento indiscriminato era favorito dalla totale soggezione dei contadini al signore, che esercitava giustizia e riscuoteva tributi in nome dello Stato. Tra 1500 e 1600 le loro condizioni di vita si deteriorano assieme alla crisi economica [in Russia, esempio eclatante, era diffusa la schiavitù personale (10% del popolo!) e i contadini venivano comprati e venduti come bestie]. Solo nella seconda metà del 1700 le pretese signorili furono limitate e solo nel corso del 1800 la servitù della gleba verrà abolita. Non sempre le masse rurali accettavano con rassegnazione – come imponevano autorità civili e religiose – il loro destino di miseria: in seguito a rapidi mutamenti in peggio delle condizioni di vita e lavoro e di conflitti al vertice della società, esse davano vita a manifestazioni di protesta: suppliche alle autorità supreme e sommosse e rivolte. Ci fu un grande ciclo di rivolte dal 1300 al 1500 con: a) rivolta ungherese di Dosza (1514); b) ribellione dei comun eros in Castiglia (1520); c) guerra dei contadini in Germania (1524). 4. L’economia urbana: Ai bisogni primari esterni al cibo(vesti,alloggio,riscaldamento)i contadini provvedevano da sé senza l’aiuto di botteghe cittadine: costruivano rudimentali abitazioni e mobili con materiali del luogo; filavano vestiti e lenzuola di lana,lino e canapa; raccoglievano legna nei boschi. Accanto a questa produzione diretta si affianca un’industria rurale, realizzata grazie al basso costo della manodopera, alla vicinanza a corsi d’acqua o giacimenti minerari. Vero è che i manufatti che richiedevano una abilità superiore(chiodi,vasi,padelle, attrezzi di ferro e di cuoio)provenivano invece da botteghe di città. A proposito, lo status di città nella società di antico regime non veniva assegnato per il numero di persone (ne bastavano 2000) o altri segni 7 distintivi(mura,istituzioni,chiese) quanto elementi come: a) stratificazione sociale (popolo; artigiani; mercanti; signori); b) una “autocoscienza degli abitanti” [Berengo]. Gran parte degli oggetti di uso quotidiano continua a essere prodotta da artigiani e collaboratori, nelle propria casa o in laboratori, in un rapporto diretto(su ordinazione) con il cliente. I settori predominanti erano: lavorazione del legno; dei metalli; del cuoio e pellami; tessili; alimentazione; edilizia. Ogni settore era diviso in specializzazioni, organizzati in corporazioni [lavorazione del cuoio: conciatori, calzolai, ciabattini, sellai, pelliciai]. Ognuna difendeva gelosamente il suo monopolio [calzolai = fanno scarpe; ciabattini = possono solo ripararle]: risolveva i propri conflitti interni da sé; disciplinava la concorrenza tra affiliati; stabiliva numero di apprendisti e prodotti per maestro; stabiliva qualità e tecniche di lavorazione dei manufatti prodotti. Il divario nel rapporto tra maestri e addetti ai lavori era lieve per i più umili (sarto e ciabattino) mentre andava aumentando (a favore dei secondi)con il prestigio del mestiere. Anche i manufatti che richiedevano diverse specializzazioni erano risultato di fasi di lavorazione o montaggio di pezzi in laboratori diversi [un pannaiolo comprava lana grezza, la filava e tesseva, quindi la portava in un laboratorio specializzato a follare e tingere e vendeva poi il prodotto finale al mercante]. Concentrazioni di decine di operai si vedevano solo nelle miniere, nei lavori pubblici di rilievo e nelle costruzioni navali. La manualità aveva la prevalenza sull’impiego di macchine e fonti di energia inanimate. La maggior novità dei secoli 15-18 in materia di organizzazione produttiva, riguarda la diffusione della industria a domicilio o proto industria: il mercante imprenditore acquistava la materia prima e la affidava a operai che la lavoravano nelle loro abitazioni, a cottimo (tot soldi per tot unità prodotte), quindi vendeva il prodotto finito. Le commissioni restavano in città se richiedevano elevate capacità tecniche o materie prime preziose; altrimenti (vedi lanifici) venivano spostate nelle campagne, per abbattere i prezzi e sfuggire alle corporazioni. Il settore tessile rimase a lungo dominante in Europa: i vecchi centri di produzione pannilani (Italia centro nord e Fiandre) ebbero una grande ripresa. Rispetto agli italiani i tessuti fiamminghi erano più leggeri ed economici (meno cardati) e si rivolgevano ad un mercato vasto; tuttavia quando entrarono in crisi(rivolta contro la Spagna) inglesi e olandesi ne presero posto. In particolare l’Inghilterra conobbe grande fortuna grazie alle new drapperie, panni leggeri e tinti a colori vivaci. I tessuti più lavorati erano: lino; lino misto a cotone; seta (diffusione progressiva del gelso, pianta per il baco da seta). La filatura serica della seta conobbe una precoce meccanizzazione grazie ai “mulini alla bolognese”, a propulsione idraulica, capaci di eseguire meccanicamente la torcitura e l’avvolgitura del filato. I principali centri di produzione furono: Lione, Milano, Granada e Firenze. Il periodo 1500-1750 conobbe perfezionamenti tecnologici ma non rivoluzioni: si perfezionarono gli orologi; strumenti nautici; armi da fuoco; pompe idrauliche per il drenaggio dei pozzi nel settore minerario; diffusione degli altiforni con mantici a pompa idraulica per l’aumento della produzione di ferro in siderurgia. 5. Moneta, prezzi, mercato: Tra 1300-1700 l’economia monetaria si diffuse completamente; ovunque vigeva un regime di bimetallismo, nel senso che oro e argento determinavano il valore di scambio. Il quadro era complicato dall’esistenza di monete di conto che funzionavano da misuratori delle monete effettivamente in circolazione (la lira) e dalla pratica abituale dei governi di svilire le monete battute [ovvero ridurre il loro tenore di fino = peso di metallo prezioso contenuto]. Lo svilimento dei misuratori porta alla perdita di valore delle monete vere e proprie. Gli storici usano la trasformazione dei prezzi nominali in prezzi in grammi d’argento per essere obiettivi. Si registra un aumento dei prezzi notevole dal 1500. Perché? Il punto è che il prezzo è un rapporto tra [massa monetaria X velocità di circolazione della stessa] e la quantità dei beni disponibili. Se i beni disponibili aumentano in misura minore rispetto a massa e velocità è chiaro che i prezzi saliranno [ 8 / 4 = 2 euro; 8 / 2 = 4 euro]. Alla pressione esercitata sui prezzi dallo squilibrio [risorse/popolazione in aumento] si aggiunge il rapido aumento dei mezzi di pagamento e alla loro velocità di circolazione (lettera di cambio): più richiesta + più pagamenti = necessità di più moneta(/metallo prezioso). La produzione di argento raddoppiò e aumentò ancor di più con le esportazioni dal Nuovo Mondo. Il tasso d’inflazione (perdita di valore della moneta e aumento dei prezzi per bene) salì al 2%, non più terribile di altre epoche ma abbastanza da meritare a questo fenomeno il titolo di “rivoluzione dei prezzi”, forse non appropriatamente ma in maniera utile a distinguerla dalla crisi e dalla inversione della tendenza del 1620-1720 (ristagno di popolazione e metalli preziosi) e la risalita del seguito 1700. 10 limitazioni alle loro abitudini di violenza e anarchia nei confronti del popolo. Questo portò, per gli storici, alla ossessiva ricerca di una legittimazione del potere nobiliare, i cui fondamenti slittano dalla virtù ed il valore militare, al sangue e alla stirpe. Come si diveniva nobili? In Italia ci si basava su questi requisiti: antica residenza in città; ricchezza; astensione per più generazioni dalle “arti meccaniche” (lavori umili) e “lucri sordidi” (attività commerciali). Altrove (Fr, Sp, Ing) si affermò il principio che era nobile solo chi riconosciuto per tale dal monarca. Ciò poteva avvenire: a) come legittimazione di un processo di assimilazione alla nobiltà avvenuto di fatto (matrimoni importanti, acquisto di feudi, ricchezza); b)conferimento di un titolo a compenso di atti notevoli a carattere militare o civile (o, in verità, dietro sborsamento di somme di denaro ingenti); c) premio per l’esercizio di elevate cariche giuridico-finanziarie. Questi nuovi nobili erano guardati con disprezzo dagli antichi aristocratici ma la tensione andò attenuandosi negli anni, con la adesione di entrambe le categorie a un modello di ethos aristocratico, imperniato su: a) culto dell’onore (diffusione dei duelli); b) forza delle tradizioni familiari; c) sentimento di superiorità innata; d) raffinatezza dei modi e dell’educazione; e) ossequio e invidia da parte degli umili. Tra Sei e Settecento questi aristocratici conoscono la loro età dell’oro, diventano un modello invidiabile il cui fascino perdurerà nei secoli, sebbene il sistema fosse entrato in crisi con le idee razionaliste ed ugualitarie dell’Illuminismo. Quanto ai “civili”, il termine “borghesia” non va bene a rappresentare le persone tra nobiltà e plebe, poiché usarlo significherebbe che essi avessero una coscienza di classe ed un’uniformità di condizioni economiche e sociali, il che non corrisponde alla realtà frastagliata del tempo. Ciò che per alcuni studiosi unisce questi gruppi di persone sono gli atteggiamenti mentali: avidità, sete di guadagno, disponibilità al rischio, autodisciplina, calcolo razionale; ma si tratta più di caratteri “necessari”, legati all’attività del commerciante. Ciò che certamente accomunava queste categorie sociali era la dominante connotazione urbana (Italia = ceto cittadinesco). Comunque, dovunque sia, questo ceto è ben distinto dalla classe ingente inferiore per due motivi: a) rifiuto del lavoro manuale; b) possesso di risorse [mobili e immobili; parentele; conoscenze altolocate; reti associative]. 3. Poveri e marginali: Quando si parla degli strati inferiori della società bisogna distinguere tra poveri “strutturali” [coloro che vivono comunemente di elemosine] e poveri “congiunturali” [coloro che r i c a v a n o a s t e n t o d i c h e v i v e r e d a l l a v o r o e c h e s o n o a l l a m e r c e d i malattie,guerre,carestie,disoccupazione e vecchiaia]. A seconda che si consideri l’una o l’altra categoria le percentuali per società cambiano molto. Consideriamo qui i primi, i poveri in senso stretto. Si nota una trasformazione tra la visione del povero medievale (sacro, controfigura del Cristo) e moderna (minaccia all’ordine e alla salute, delinquente da sopprimere). Questa evoluzione va ricondotta a: a) mutare di valori del Rinascimento (riforma protestante); b) laicizzazione della società; c) condanna dell’ozio; d) diffusione del pauperismo (larghe zone di miseria) per boom demografico e aumento prezzi rispetto alla diminuzione dei salari. Al povero residente si sostituisce il viandante, senza radici, che vive di furto ed è sospettato di portare la peste e fomentare i tumulti. Nei confronti di questi Stati e città tentarono forme di repressione(divieto di accattonaggio ed esplusione) o di assistenza (parrocchiale o cittadina, finanziata con speciali tasse) o di reclusione (workhouses inglesi = case di detenzione e lavoro forzato per i poveri abili). Tutte misure che non ebbero effetto. Lo sviluppo tra Sette e Ottocento del sistema delle fabbriche portò da un lato a trasformare un po’ di questa torma nella nuova classe operaia e, dall’altro, a creare il Lumpenproletariat (proletariato straccione) a causa dei fenomeni di incremento demografico accelerato e fenomeni di disoccupazioni e crisi che esso produce. 11 4. Le forme di organizzazione del potere 1. Stato e Stato moderno: problemi di definizione: Forme di esercizio del potere (facoltà di imporre ordini e farli eseguire) esistevano già in ambito familiari, lavorativo, clientelare e clericale ma la novità dell’età moderna è l’affermazione di un potere che si afferma superiore agli altri. In un primo tempo esso si incarna in una persona (re) o un’elite (aristocrazia) ma viene poi configurandosi come un’entità a sé stante, in un processo di spersonalizzazione, che accelera nella Rivoluzione Francese. Fra 15-16 sec esso si emancipa da ogni autorità esterna e si impone come suprema istanza nei confronti degli individui e dei corpi che rientrano nella sua sfera d’influenza. Loyseau chiarisce quali sono i caratteri di questa sovranità: a) potestà assoluta (senza superiori); b) non ha limitazioni di tempo; c) non ammette eccezioni al suo interno; d) non conosce limiti di potere o autorità. Si va così a definire (Reinhard) una definizione di Stato moderno, che ha queste caratteristiche: 1) un territorio esclusivo ; 2) un popolo, unito da senso di appartenenza; 3) un potere sovrano, che esercita il monopolio della forza fisica e permette l’indipendenza giuridica da istanze esterne. Questo stato però, sottolinea R stesso, è esistito solo a fine 1700, non applicabile all’intera età moderna. Per Bodin potestà assoluta non significa potestà illimitata ed è questo che differenzia un monarca da un despota. Il monarca deve rispettare: a) la legge divina (mantenimento dei patti, rispetto della proprietà) che è a fondamento della sua posizione privilegiata; b) le leggi fondamentali del regno (ordine di successione, rispetto del demanio territoriale) che è costretto a rispettare. Il potere sovrano, almeno agli inizi, non mirava a sostituirsi alle preesistenti strutture di autorità ma di sovrapporsi ad esse, esercitando una forza centripeta. Anche Chittolini sottolinea come gli Stati di antico regime e quelli Moderni assoluti(post 1800) siano diversi. I secondi erano autonomi quando i primi sono caratterizzati da pluralismo e confusione di poteri, per cui si potrebbe parlare di “Stati per ceti”. Questo termine (Standestaat) è utilizzato ora per indicare formazioni politiche del 13 sec in cui all’autorità del principe si contrappongono assemblee (diete, stati generali, parlamenti, cortes), composte di camere che rappresentano i diversi ceti. Solo in Inghilterra e Svezia infatti dal 1600 i parlamenti riuscirono a trasformarsi da istanze cetuali a vere rappresentanze nazionali. Per tutti questi motivi rispetto alla storiografia passata si preferisce parlare di “Stati rinascimentali” o “Stati di antico regime” o “monarchi composite” piuttosto che con il generico titolo di Stati moderni, di cui invece non si può parlare prima del 1700, con un processo iniziato effettivamente con la Rivoluzione Francese. La storiografia moderna impone inoltre attenzione all’uso di termini come “assolutismo” (il potere era sempre limitato dai privilegi di ceti e territori) e “stati nazionali” (prima dell’epoca rivoluzionaria e del romanticismo il concetto di nazione, intesa come comunità basata su una lingua, una cultura, tradizioni e valori condivisi, non esiste in maniera diffusa). bb 2. L’evoluzione dei criteri di legittimazione: dalla monarchia di diritto divino allo Stato di diritto: Come si giustificava il potere esercitato dal sovrano? Rimase in auge fino al 1700 l’idea di un’origine provvidenziale dell’autorità politica, istituita da Dio per mantenere l’ordine, diffondere la vera fede e reprimere i malvagi. Si può dire che una precoce affermazione dell’assolutismo monarchico fu opera della Chiesa di Roma che aveva: a) ordine gerarchico fisso; b) simbologia; c) corpus giuridico; d) cerimoniale di corte; e) unione nella stessa persona di un’autorità spirituale ed una territoriale. A un suo riflesso miravano i monarchi che si fregiavano di titoli come “re cristianissimo” (Fr) “re cattolico” (Sp) “defensor fidei” (Enrico VIII prima della rottura con Roma). Ancora più stretto fu il legame tra potere temporale e spirituale nella chiesa ortodossa Russa, fondata sull’inseparabilità dei due. Fu solo nel 1600 che i fondamenti religiosi della sovranità cominciarono a vacillare, per la diffusione della dottrina contrattualistica poggiata sulla De iure belli ac pacis (1625) di Ugo Grozio per cui: il passaggio dall’originario stato di natura alla vita associata, in cui gli uomini si 12 riconoscono reciprocamente diritti e doveri, deve essere avvenuto sulla base di un patto comune (pactum societatis), e la stessa origine contrattuale deve avere la delega dei poteri di un monarca (factum subjectionis). Così era possibile giustificare l’autorità assoluta del monarca e, allo stesso tempo, stabilire limiti e vincoli alla sua volontà, a seconda che la delega dei poteri fosse parziale o totale. A seguire la prima linea fu Hobbes con il Leviatano (1651) per cui lo Stato di Natura è una guerra incessante di tutti contro tutti: l’uomo è essenzialmente amorale, dominato dalla ricerca di piaceri e tornaconti; per uscire da ciò l’unica strada è la stipulazione di un patto generale che comporti la rinuncia a tutti i diritti a favore di un potere supremo, in grado di costringere tutti a obbedire alla sue leggi. Era una visione estremamente materialistica e utilitaristica che escludeva del tutto le precedenti giustificazioni religiose. Più liberale fu Locke che nei Due trattati sul governo (1690) argomentò che i diritti alla vita, alla libertà, alla proprietà privata sono anteriori al costituirsi della società; la loro tutela deve essere l’obiettivo principale del contratto che i sudditi stipulano con il sovrano ed il riconoscimento del potere del sovrano è condizionato al rispetto di questi. In caso di trasgressione i sudditi hanno il diritto di sollevarsi e deporre il monarca. L’interpretazione più interessante del contratto sociale sarà quella di Rosseau (cap 18) ma più larga influenza ebbero la teorizzazione della monarchia temperata inglese (Montesquieu) e il dispotismo illuminato (Voltaire): la concentrazione di tutti i poteri nelle mani di un monarca saggio si giustificava con l’esigenza di combattere i particolarismi; solo un re superpartes poteva avere una chiara visione degli interessi generali. Il crollo delle istituzioni d’antico regime fu, insomma, seguito da sperimentazioni politici che si rifacevano ai principi della sovranità popolare e della distinzione tra poteri legislativo, esecutivo, giudiziario. Queste saranno le basi del moderno stato di diritto. 3. Funzioni e articolazioni del potere statale: Ragioniamo su quali fossero i poteri dello Stato in quei secoli; tendiamo a proiettare indietro istituzioni come polizia, istruzione, sanità, assistenza, lavoro ma nell’antico regime tali compiti erano svolti da comunità locali, Chiese, associazioni professionali. I governi avevano il diritto dovere: a) della difesa del territorio (diplomazia e guerra); b) mantenere l’ordine interno (amministrare la giustizia ed evitare la violenza privata [lotta di Richelieu ai duelli]). Il luogo dove la potenza del re si manifesta è la corte, un’istituzione molto complessa. Nel 1680 la corte di Luigi 14 contava 10.000 persone tra cortigiani, ministri, funzionari, tecnici, artisti, personale di servizio. Una delle funzioni era di raccogliere intorno al re la nobiltà ricca e prestigiosa, separandola dai territori e garantendone la fedeltà attraverso distribuzione di favori; è anche elaborazione e diffusione per imitazione di una raffinata cultura artistica, letteraria e delle norme che regolano i rapporti sociali. Da allora la conduzione della politica, pur facendo capo al monarca, vede affiancarsi ad esso una schiera di consiglieri, che cambia composizione e nomi a seconda dei casi. Grande importanza assumono anche i segretari del principe (5-600), precursori dei moderni ministri. La giustizia era un attributo centrale della sovranità, nella produzione di leggi (legislazione) e nel loro mantenimento (soluzione di controversie civili e punizioni). La legislazione regia mantiene fino al 1700 un carattere frammentario, lasciando scoperti ampi campi giuridici, soprattutto in campo familiare e privatistico. In questi buchi conservano prestigio gli statuti locali, il diritto romano e quello canonico, che funzionano da guida in casi non legiferati e da ratio iuris, ovvero chiave di interpretazione delle norme vigenti. Ci furono allora numerosi tentativi di consolidamento, cioè raccolta di leggi per argomento, per eliminare superficialità e contraddizioni ma solo l’Illuminismo maturo ebbe come esigenza primaria la codificazione ovvero la redazione di un corpo di leggi organico e autonomo da ogni altra fonte di diritto. Fu però solo a fine 1700 che comparvero i primi codici così concepiti, fino alla codificazione napoleonica, che fungerà da modello per l’Europa del 1800. La situazione di partenza vede una molteplicità di giurisdizioni: giustizia ecclesiastica (che afferma la legge dei peccati-delitti); giustizia signorile (in particolare in campagna); magistrature cittadine, mercantili, corporative e universitarie. Il primato della giustizia regia su queste si ottiene con il ricorso in appello e l’estensione e la specializzazione della rete dei giudici regi. I grandi tribunali controllano l’applicazione della legge e tendono, con le loro sentenze, a dare nuove interpretazioni, dando vita ad una “nobiltà di toga”. Il fenomeno è diffusissimo in Fr, con la vendita delle cariche, ma anche altrove il ceto dei giuristi diventa interlocutore e strumento del potere sovrano. Caso particolare è quello inglese, dove la giustizia 15 matrimoniali; in Fr il 47%; l’Ita manteneva un indice negativo (nel 1861, all’Unificazione, il 70% delle persone non sapeva né leggere né scrivere!). La cultura popolare rimase dunque per tutto l’antico regime prevalentemente orale, imperniata di un mondo di idee ed usi trasmessi per imitazione alle generazioni future. Lo studio di questa cultura folkloristica crea problemi, dati soprattutto dalle fonti: un analfabeta non lascia tracce, quindi bisogna affidarsi alle testimonianze di osservatori di stati sociali più alti(spesso sprezzanti e di parte). Il silenzio delle fonti è rotto da qualche contadino che impara a scrivere o dalle testimonianze di grandi processi, ma anche dai manufatti delle epoche remote. Un ricco materiale di ricerca è quello estratto dalle ricerche del 1800 (su spinte nazionalistiche e romantiche) in merito a tradizioni e riti popolari, ma anche da pubblicazioni destinate al popolo (almanacchi, proverbi, fiabe, ballate). Queste prove tendono a portarci ad una visione del mondo contadino come immobile e stereotipe ma non è del tutto vero; bisogna ricordarsi che il centro comunitario alternativo alla Chiesa era l’osteria, dove si esprimeva la rivolta e la protesta nei confronti del superiore, movimenti costantemente schiacciato dalla repressione religiosa/civile ma capace di riemergere in forme di trauma storico, come la Rivoluzione Francese. Il popolo fu protagonista, non solo vittima! Quanto alla cultura scritta la rivoluzione più importante agli inizi dell’età moderna fu l’invenzione della stampa. Predecessori ne furono la xilografia, metodo cinese diffuso anche in Ue, che consiste nell’incisione in rilievo di immagini e lettere su tavole di legno, poi inchiostrate e utilizzate su carta o seta(metodo lungo e spesso illeggibile). Anche la stampa a caratteri mobili ha dei precedenti in Cina ma niente che assomigli all’invenzione di Gutenberg (1450), una stampa a caratteri singoli ottenuti mediante il versamento di piombo fuso in matrici metalliche dove il disegno della lettera era impressa, attraverso dei punzoni. I caratteri venivano poi stampati con il torchio, un telaio di legno con carrello scorrevole su cui veniva posta la forma di caratteri, che veniva inchiostrata con rulli, spinta sotto la platina (piattaforma col foglio); a questo punto un colpo di barra dava l’impressione. Si raggiunse presto la velocità di un foglio ogni 20 secondi ed una delle sue opere più famose fu la Bibbia delle 42 linee, composta in quattro anni di lavoro. Grazie alla sua semplicità ed ai costi bassi essa si diffuse presto in tutta Ue. I primi volumi stampati, detti incunaboli, si ispiravano ai manoscritti ma ben presto comparvero le caratteristiche del libro moderno: frontespizio (con titolo, autore, data e luogo di edizione e insegna tipografica o marca), numerazione delle pagine, indici e caratteri diversi (romano,gotico,corsivo). Il foglio su cui venivano stampati comprendeva 2 o 4 pagine (formati in folio e in quarto), ma dal 1500 si diffusero formati più piccoli, tascabili (in ottavo,in sedicesimo). La possibilità di riprodurre rapidamente in migliaia di copie un testo fu sfruttata da autorità civili e religiose per diffondere leggi, proclami, e posta al servizio dell’insegnamento. Tuttavia la stampa fu anche mezzo di diffusione delle tesi di Lutero e della satira, in grado di raggiungere anche il popolo grezzo, e la diffusione delle idee rivoluzionarie tra Sei e Settecento. La potenzialità eversiva fu intuita da Chiesa e Stato, che introdussero le loro forme di censura da metà 1500 con liste di libri proibiti, senza ottenere grandi risultati grazie alla stampa clandestina. La tecnica non conobbe rivoluzioni fino al 1800 ma la diffusione quantitativa ebbe uno choc impressionante nell’età dei Lumi, con l’ampliamento del pubblico grazie ad una diversificazione del prodotto (da testi di devozione a testi di scienza, storia e romanzi). Grande fortuna conobbe anche la stampa periodica, con le gazzette (fogli di notizie che uscivano 1 o 2 volte la settimana) ed i giornali letterari (riviste mensili/trimestrali contenti saggi,memorie, componimenti). In Fr nel decennio della Rivoluzione (1789-99) le testate di questo tipo aumentarono di 2000 unità! 3. Produzione e trasmissione del sapere: Le università, create nel medioevo Ue, continuarono a espandersi nella I età moderna. La crescita degli studenti subì un arresti a inizio 1600 con la crisi economica-demografica, al che divennero strettamente controllate dal Potere (religioso/civile) e cessarono di essere centri d’elaborazione culturale d’avanguardia per diventare fortezze del sapere tradizionale per la formazione di teologi,medici e magistrati. Un notevole risveglio si ebbe nel 1700 in alcuni nuovi atenei o nei vecchi riformati (in Ita,Pisa e Pavia). Nei paesi cattolici le famiglie aristocratiche e benestanti preferivano affidare la formazione dei rampolli a collegi religiosi dove erano sorvegliati e ricevevano un’istruzione centrata su latino,lingue estere e scienze cavalleresche(scherma,equitazione,danza). L’insegnamento elementare era impartito in casa da 16 dei mentori mentre la scolarizzazione dei poveri dovette attendere le prime iniziative dei despoti illuminati nella II metà del 1700. L’alta cultura e la ricerca scientifica avevano nel 1700 le loro roccaforti, più che nelle Università, nelle Accademie che da cenacoli di poeti e letterari (Rinascimento), divennero società desiderose di rendersi utili al Progresso. Con la pubblicazione di atti e memorie, col bando di concorsi su temi di attualità, questi corpi divennero le principali forme di circolazione delle idee e delle esperienze. Modulo II: Gli avvenimenti e i problemi 1. Monarchie e Imperi tra XV e XVI secolo: 1. I regni di Francia, Spagna, Inghilterra e l’Impero germanico: Francia: con Carlo 7,Luigi 7,Francesco 1 (fine 1400/1550) continuò la tendenza all’accentramento del potere nelle mani del re e dei suoi collaboratori scelti; si rafforzò l’amministrazione finanziari con la taglia (tassa sul reddito da cui erano esenti nobiltà e clero) e la suddivisione del Paese in circoscrizioni fiscali o généralités (1542); crebbe l’autonomia del Consiglio del re mentre calarono le riunioni degli Stati Generali; in campo giudiziario si affermarono il Gran Consiglio (emanazione del CdR) e i Parlamenti (tribunali d’appello formati da giuristi borghesi). Questi ultimi aumentarono con la pratica della vendita delle cariche pubbliche, ufficializzata dal 1522, il che voleva dire più introiti per lo Stato ma anche la formazione di un centro burocratico numeroso e potente, con la formazione (per le cariche più alte) di una nobiltà di toga opposta a quella di spada; quanto ai rapporti col papato, Francesco 1 stipulò con Leone X un concordato a Bologna per cui cadeva la superiorità del concilio sul papa ma, in cambio,il re di Fr otteneva il diritto di nomina di vescovati, arcivescovati, abbazie e priorati. Non dobbiamo pensare però che nel 1500 la monarchia Fr esercitasse un’autorità assoluta e uniforme sul territorio: i feudatari avevano un considerevole potere locale; le provincie di recente annessione o Pays d’états (Linguadoca,Provenza,Borgagna,Bretagna) avevano le loro assemblee di “Stati” che contrattavano direttamente col re in materia di imposte; le città mantenevano forme di autogoverno. La legislazione regia copriva solo alcune materie mentre per il resto vigeva il diritto consuetudinario, diverso da luogo a luogo, o ci si appellava al diritto romano (in particolare al Sud). Spagna: dieci anni dopo essersi sposati Isabella di Castiglia e Ferdinando Aragona iniziarono il loro governo (1479) in un periodo di crisi e guerre civili. In particolare si curarono della Castiglia, la regione più ricca e popolosa, dove anarchia feudale e banditismo furono repressi con la riorganizzazione dell’Hermandad (Sacra Fratellanza), una confederazione di città che faceva da Polizia. L’amministrazione delle città venne affidata a funzionari regi (corregidores) e le cortes (rappresentanze di clero,nobiltà e città) furono convocate sempre più raramente e forzate ad approvare le richieste finanziarie della corona. La sottomissione della nobiltà fu spinta dalla politica di favoritismi di Ferdinando, che divenne Gran Maestro di potenti ordini militari(mettendo mano alle loro ricchezze) e ottenne dal papa la facoltà di conferire seggi episcopali e benefici ecclesiastici. Le 3 provincie di Aragona (Aragona,Catalogna, Valenza) mantennero privilegi e autonomie, grazie a cortes più combattive; dato che Ferdi risiedeva in Castiglia, in Aragona si nominò un viceré ed un Consiglio. Gli elementi in comune tra i 2 erano la Reconquista contro i mori e la difesa dell’ortodossia religiosa: l’Inquisizione spagnola, creata nel 1478 e sottoposta all’autorità regia, era l’unico organo la cui giurisdizione toccasse entrambi i regni. Nel 1492 con la conquista di Granada, ultima roccaforte musulmana in Sp, furono espulsi mori, ebrei e coloro che rifiutarono la conversione, il che aumentò la coesione interna ma privò la Sp di forze economiche. La morte di Isabella nel 1504 aprì una crisi dinastica, perché il trono sarebbe dovuta passare a Giovanna, moglie di Filippo d’Asburgo, ma la sua pazzia permise a Ferdi di mantenere il potere fino alla morte (1516). Egli promosse grandi conquiste militari e l’annessione di Navarra. Inghilterra: Enrico 7, uscito vincitore dalla guerra delle due rose tra York e Lancaster (1455-85) consolidò il potere stroncando ribellioni, amministrando attentamente le finanze e rafforzando gli organi centrali del governo regio: il Consiglio della corona [piccolo gruppo di consiglieri 17 extranobiliari]; Consigli del Nord e del Galles [con competenze territoriali]; tribunale della Camera Stellata [valutava i casi fuori dalla common law, in particolare politici]. In sede locale furono rafforzate le funzioni amministrative ed i giudici di pace mentre il Parlamento non fu quasi mai convocato (una volta in 12 anni). Questo indirizzo assolutistico fu perseguito dal figlio, Enrico 8, che si occupò più di politica estera ma con scarsi risultati. Il distacco dalla Chiesa di Roma e l’Atto di Supremazia (1534) porteranno ad un ulteriore rafforzamento del governo ma anche al ritorno del Parlamento. Germania: Alla morte di Federico 3 d’Asburgo (1493) l’Impero era un misto ingovernabile di Stati territoriali, principati ecclesiastici, libere città, feudi immediati (responsabili solo presso l’imperatore), popoli e lingue diverse. Molto forti erano i contrasti tra le zone più sviluppate e quelle centrali, rurali e all’antica. A creare caos contribuiva anche la doppia nomina del sovrano, che reggeva a titolo ereditario gli Stati della Casa d’Asburgo e a titolo imperiale per designazione della Dieta dei 7 grandi elettori, al cui nucleo ristretto si contrapponeva la Dieta “allargata” di tutti gli altri ordini. Il regno di Massimiliano I iniziò con un successo diplomatico: la pace di Senlis con la Fr (1493) riconosceva agli Asburgo il possesso di Paesi Bassi, Artois e Franca Contea; tuttavia gli mancavano i mezzi per sostenere i suoi progetti (crociata vs i turchi e riaffermazione in Italia). Il tentativo di dare maggior compattezza all’impero alla Dieta di Worms (1495) fallì in un compromesso: la formazione di un tribunale imperiale e di un consiglio di 17 membri (Reichsrat) e il versamento di un “soldo comune”, sottoposto a approvazione annuale della Dieta. Il sistema fallì rapidamente. Un certo accentramento si ottenne solo negli Stati Ereditari. In queste condizioni Massimiliano non riuscì a opporsi alle mira francesi in Italia e perse il controllo sulla Svizzera con la disfatta di Dornach (1499). 2. La prima fase delle guerre d’Italia (1494 – 1516): L’equilibrio raggiunto con la pace di Lodi (1454) durò fino a fine secolo. Nel 1492 morirono papa Innocenzo 3 [ cui succedette Rodrigo Borgia (Alessandro 4) uomo di scandalo e nepotista] e Lorenzo de Medici [considerato la bilancia dell’equilibrio italiano]. La stabilità fu minacciata dalle mire del Papa, di Venezia e di Ludovico Sforza, detto il Moro, di Milano. Per raggiungere i loro fini erano tutti pronti a richiedere l’intervento di forze estere ma il loro errore non fu tanto quello di anteporre il tornaconto all’interesse nazionale (allora sentito solo da pochi letterati: Macchiavelli e Galinberti) quanto di aver sottovalutato le debolezze interne e la nuova forza di Sp e Fr. Il Re di Fr Carlo 8 intendeva far valere su Napoli i diritti di discendenza angioina e per raccogliere consensi firmò la Pace di Senlis e cedette alla Spagna delle provincie di confine, oltre che l’appoggio di Milano e Venezia, ostili a Ferrante d’Aragona, re di Napoli. Nell’agosto 1494 Carlo passò le Alpi con un esercito e un’artiglieria mai vista in Italia. Nel febbraio 1495 raggiunse indisturbato Napoli, accolto come liberatore dai nobili. Allora gli Stati italiani si accorsero del comune pericolo e a marzo venne stipulata a Venezia una Lega (Mi, Ven, Fi, Stato ponteficio, Sp, Impero). Nel maggio 1495, lasciati alcuni presidi in città, Carlo 8 prese la via del ritorno e sconfisse il blocco della Lega a Fornovo; Ferdinando 2 d’Aragona (nipote di Ferrante) riprese Napoli con l’aiuto di Sp e Ven. L’impresa di Carlo si chiuse con nulla di fatto, ma dimostrò la debolezza italiana e invogliò nuove invasioni. Gli effetti si sentirono in particolare in Toscana, flagellata dall’inettitudine di Piero de Medici (cacciato). Pisa rifiutava il potere di Firenze (una lotta che durerà fino al 1509); nella capitale la lotta tra fazioni politiche era sulla soglia della guerra civile. Ebbero successo le predicazioni del domenicano Gerolamo Savonarola, il quale si scagliava contro la corruzione di Chiesa e Stato e invocava una riforma costituzionale e morale. I suoi seguaci (piagnoni) imposero l’adozione di un governo popolare, basato su un Consiglio di 3000 cittadini; tuttavia l’opposizione di Chiesa e antiche famiglie nobiliari portò al fallimento dell’impresa: nel 1498 Savonarola venne giustiziato con due seguaci e l’aristocrazia riprese lentamente il potere. Ven non desisteva dalle sue mire in Italia e nel 1498 si alleò con Luigi 12, re di Fr (successore di Carlo 8) per la conquista di Mi, in cambio di Cremona e Ghera d’Adda. La spedizione del 1499 si concluse con la rapida occupazione di Mi e l’arresto del Moro. Napoli fu combattuta tra Sp e Fr, con la vittoria alle armi della prima nel 1503, che si confermò padrona del Mezzogiorno, con Sicilia e Sardegna. Cesare Borgia (il Valentino) figlio del papa, con il suo sostegno e quello del re di Fr si ritagliò un dominio tra Marche e Romagnola, eliminando i signori del posto, ma la morte del papa portò alla fine dell’impresa (1503). 20 Divan (Consiglio), sul Gran Visir o sui membri della sua famiglia. Gli aspetti arbitrari e dispotici del governo ottomano sono stati però ingigantiti dai miti occidentali, tant’è che per certi aspetti la vita del popolo orientale era meglio di quella occidentale: non esisteva la servitù della gleba; il prelievo sui contadini era meno gravoso; i kadi (giudici della legge islamica) erano veloci e imparziali; la protezione dello Stato era assicurata a mercanti e artigiani, riuniti in corporazioni religiose. 6. Guerre ed eserciti tra Medioevo ed età moderna: Le guerre d’Italia furono terreno di sperimentazione di nuove forze e strategie militari. Il declino della cavalleria pesante era iniziata con la Guerra dei Cent’anni (in cui gli arcieri coi long bow fecero strage dei cavalieri) ed era stata confermata dalle numerose vittorie dei fanti svizzeri sui cavalieri borgogni. Gli Svi erano la testa dell’esercito di Carlo 8 e nel 1512 conquistarono da soli Milano; la loro reputazione di invincibilità fu contrapposta solo dall’artiglieria e dai lanzichenecchi, che ne imitavano i metodi di combattimento. Il segreto della loro forza stava nella formazione: un quadrato di 6000 uomini, protetto ai lati da quattro file di soldati con lance lunghe 5-6 metri, che formava un istrice metallico in grado di falciare la cavalleria. Tale formazione era inutile contro le fortezze e sensibile all’artiglieria. Il generale Sp Consalvo de Cordoba (Gran Capitano) negli scontri coi Fr per Napoli mise a punto uno schieramento più flessibile: 3000 uomini (tercios) misti tra picchieri e archibugieri, il cui fuoco apriva la strada all’arma bianca; queste formazioni avrebbero dominato fino a metà 1600. La cavalleria rimase come arma ausiliaria, per le scorrerie e l’inseguimento, ma lancia e armi pesanti furono sostituite gradualmente da sciabole e pistole. Questa evoluzione militare è causa ed effetto dei mutamenti di società e stato. Prima avevamo il guerriero medievale, coperto di ferro, con un cavallo di razza, servito da scudieri, che portava i propri mezzi in guerra, che era simbolo del dominio di una classe di milites e legato ad un ethos aristocratico che a lungo vide come vile colpire il nemico da lontano con frecce e proiettili. Poi ci fu l’ascesa di fanteria e artiglieria, simbolo dell’ingegno che supera la forza bruta, che rovesciano sia l’attacco che la difesa (le alte e sottili mura medievali sono inutili contro l’ampia gittata delle armi e le fortezze iniziano a svilupparsi orizzontalmente, con terrapieni e bastioni, per resistere ai colpi). Solo i nuovi principi territoriali sono in grado di trovare le finanze per queste modifiche. L’aspetto tecnico non può essere disgiunto dall’addestramento e dagli atteggiamenti mentali: nelle truppe alberga ora uno spirito di orgoglio professionale. Nei tercios Sp erano numerosi gli hidalgos nobili poveri che si arruolavano si per denaro ma soprattutto perché quella delle armi era l’unica professione onorevole e per fedeltà alla monarchia e all’ortodossia religiosa che rappresentava (fanatismo contro i Mori). In tali disposizioni d’animo sta la chiave della supremazia che la Sp mantenne in campo militare per oltre un secolo. 21 7. I nuovi orizzonti geografici 1. Le conoscenze geografiche alla fine del Medioevo: l’Africa Nera: A fine medioevo i rapporti Ue con altri continenti erano limitati agli scambi tra le sponde del Mediterraneo. I viaggi verso oriente si erano drasticamente ridotti nel 1300 con l’avvento dei Ming in Cina e degli ottomani sui Balcani, tant’è che per rifornirsi di spezie, sete, oro, avorio e schiavi da Asia ed Africa i mercanti dovevano rifornirsi da grossisti stranieri senza possibilità di acquistare la materia prima sul posto ma per mezzo di intermediari. Le nozioni geografiche erano grossolane e medievali. Si era imposta la concezione tolemaica (II secolo) di una Terra sferica, ma l’Africa era ritenuta molto più corta del reale, la sua costa considerata come una linea obliqua, il blocco continentale (Asia, Ue, Afr) come raggruppato nell’emisfero settentrionale e non si aveva idea dell’esistenza di America e Oceania. Paradossalmente furono questi errori a incoraggiare le esplorazioni portoghesi, assieme alle idee fantasiose delle ricchezze delle Indie o dell’esistenza di un regno cristiano (il regno del Prete Gianni) in un luogo imprecisato di Afr o Asia, con il quale stringere alleanze antimusulmane. Ma qual era la realtà di tali mondi? Riguardo all’Afr Nera c’è da dire che gli studi recenti hanno smentito la visione tradizionale di un continente senza storia diviso tra tribù barbare. La popolazione era sui 40 milioni di abitanti, distribuiti in modo molto irregolare tra zone ad alta densità (Maghreb,Sudan,Nilo) ed altre disabitate (deserti e foresta equatoriale). Varia era anche l’economia: molte popolazioni del centro sud vivevano di caccia e frutti ma altrove erano praticati allevamento, agricoltura ma anche produzione tessile, ceramica, lignea e in metallo. La penetrazione araba aveva portato l’espansione dei traffici, interni e con Ue ed Asia. A tal processo sembra legata nel 13-1500 la fioritura di formazioni statali complesse tra il Sahara e la Foresta (Mali, Songhai, Benin, Congo, Zimbabwe, Monomotapa) e lungo la costa orientale (dove si sviluppa una serie di città-stato arabe che prospera grazie ai commerci con l’Asia meridionale). Questi regni si sovrapposero all’organizzazione per clan e tribù ed erano in grado di riscuotere tasse e muovere grandi eserciti. 2. Le civiltà precolombiane in America: Nel continente americano le civiltà più evolute (nel millennio prima dell’arrivo degli Sp) si svilupparono negli altopiani dell’Am Ct e lungo le Ande a sud. Qui si praticava un’agricoltura sedentaria (mais, patate dolci, pomodori, cacao, fagioli, peperoni) mentre minore importanza aveva l’allevamento, ridotto al lama (soma), l’alpaca,la vigogna (lana) ed il tacchino. Ferro e ruota erano sconosciuti ma vi erano molte attività artigianali: stoffe di cotone colorato, ceramica, vasellame, utensili in oro, argento e rame. Grande importanza ebbe l’imponenza delle opere pubbliche, comuni (strade,canali) o cerimoniali (piramidi a gradoni azteche e maya). Quando gli Sp giunsero in Am la civiltà Maya (con le sue città stato, i templi, l’arte e le credenze cosmologiche) era in declino e la sua eredità era stata raccolta da popolazioni guerriere provenienti da nord: toltechi prima e aztechi poi. Tra il 15-16 sec questi estero il potere da un oceano all’altro e da nord a sud, fino allo Yucatan; era una popolazione in continua espansione fino all’invasione Sp (1519). La guerra era necessaria per accrescere i tributi (in natura e lavoro) ma anche in prigionieri da sacrificare a migliaia agli dèi nelle grandi cerimonie pubbliche. Le religione degli aztechi era centrata sull’idea della precarietà dell’ordine cosmico, minacciato costantemente da catastrofi naturali e dalla collera delle divinità, in primo luogo il dio del Sole che doveva combattere ogni giorno le forze avverse e aveva bisogno di sangue umano. La religione permeava tutti gli aspetti della vita azteca e giustificava un ordine sociale con rigide divisioni di ceto: solo il sovrano e la nobiltà (da cui si traevano i sacerdoti) avevano diritto a possedimenti privati, coltivati da servi della gleba; per il resto erano le comunità di clan parentali (calpulli) a dividere temporaneamente il suolo agricolo tra i propri membri. Mercanti e artigiani erano i privilegiati. Anche l’impero Incas (sorto intorno alla città di Cuzco, nell’attuale Perù) aveva una società rigidamente stratificata: al suo vertice c’era l’Inca (re), venerato come un semidio e circondato 22 da un’aristocrazia composta da nobiltà inca e da figli dei capi delle tribù sottomesse, tenuti come ostaggi; alla base c’era l’ayllu, comunità contadina che si occupava di amministrare la giustizia interna e distribuire terre, mandando pesanti tributi allo Stato e al Culto. Acconto al dio del Sole essi adoravano Viracocha, il creatore del mondo, di cui aspettavano il ritorno e che verrà identificato negli Sp di Pizarro. Meno frequenti erano i sacrifici umani. L’impero era riuscito a darsi una salda organizzazione statale, grazie all’utilizzo di governatori in ogni provincia e alla deportazione delle tribù bellicose. Le opere pubbliche(strade, edifici, terrazzamenti per la coltivazione del suolo sui pendii delle montagne) erano costruite dai lavoratori della mita (corvèe statale), i cui operai erano alimentati con i proventi di grandi magazzini pubblici. 3. I viaggi di esplorazione e di scoperta: Il primo Paese a intraprendere nel 1400 l’esplorazione di nuovi mondi fu il Portogallo, grazie alla favorevole posizione geografica, all’alleanza tra la dinastia Aviz ed i mercanti/naviganti e all’interesse personale di Enrico il Navigatore, un principe. Questi impulsi portarono al perfezionamento della caravella. Essa era un veliero di piccole dimensioni, con scafo arrotondato, poppa quadra, castello a prua, timone posteriore, tre alberi con vele sia triangolari che quadrate. Ad essa si aggiunsero i progressi nelle tecniche di navigazione (bussola ad ago magnetico e strumenti per misurare la latitudine in base agli astri). Se infatti nel mediterraneo era facile orientarsi con riferimenti visivi e portolani (carte nautiche) molto difficile era determinare rotta e posizione nello sterminato Atlantico. L’espansione Prtg iniziò con la presa di Ceuta (sud di Gibilterra)nel 1415 e proseguì con l’occupazione di Madera, delle Azzorre, di Capo Verde e del Golfo di Guinea. Non era solo la scienza a spingere i navigatori: essi tornarono già dagli anni 40 carichi di schiavi neri e oro; al fine di agevolare tali commerci furono costruite delle fortezze lungo le coste. Il re Giovanni 2 si pose due obiettivi: circumnavigare l’Africa e raccogliere informazioni sui porti orientali. Ottenne tal risultati con la spedizione di Bartolomeo Diaz che nel 1487 doppiò l’estremità sud dell’Africa, battezzandola Capo di Buona Speranza. Una spedizione in Asia era alle porte ma fu ritardata dalla morte del re. A Giovanni 2 intanto si era rivolto un navigatore genovese, Colombo, che in Prtg si era sposato e dove era maturato il suo progetto di raggiungere l’oriente circumnavigando la Terra da occidente. L’ardito progetto si basava sull’errata teoria di Toscanelli che il Giappone distasse solo 60° di longitudine dall’Europa (un terzo della distanza reale)! I Prtg furono scettici, così Colombo si rivolse alla monarchia Sp, esaltata dalla Reconquista di Granada. I re cattolici firmarono le capitolazioni di Santa Fè (17.04.1492),con cui Colombo ottenne gran parte dei finanziamenti necessari e il titolo di “ammiraglio del mare Oceano”, la carica di viceré e governatore di eventuali terre scoperte, con la compartecipazione degli utili e privilegi di nobiltà trasmissibili agli eredi. Il 3.08.1492 tre velieri con 120 uomini partirono da Palos e dopo 36 giorni la mattina del 12.10 videro terra(l’isola di Watling,denominata da Colombo S. Salvador). Egli rimarrà sempre convinto di esser giunto in Asia e scambiò le isole più grandi (Cuba e Haiti) per isole del Giappone. Il 14.03.1493 egli fece un ritorno trionfale, portando pappagalli, indiani e oro, spingendo Isabella a finanziare una seconda spedizione, forte di 17 navi e 1500 uomini. Ma questa e le successive due esplorazioni non andarono bene per Colombo che cadde presto in rovina. Sull’onda della novità partirono molte spedizioni tra cui quelle di Amerigo Vespucci, fiorentino al servizio prima della SP e poi del Prtg e che fu tra i primi a comprendere che non si trattava dell’Asia (il nome America è un tributo al suo nome). Altra importante conseguenza di questi viaggi furono l’accentuarsi della rivalità tra Sp e Prtg per il possedimento dei terreni, risolta con il trattato di Tordesillas (7.06.1494) in cui si stabilì una linea divisoria tra area Sp e Prtg, 370 leghe a ovest di Capo Verde. Tal rivalità spinse il Prtg ad affrettare l’impresa nelle Indie(vere), il cui comando fu affidato a Vasco de Gama: doppiato Buona Speranza risalì l’Afr e prese la rotta orientale finché il 20.05.1498 gettò l’ancora a Calicut(punta dell’India or), caricò la nave di pietre preziose e spezie e ripartì a ottobre. Il viaggio fu travagliato e solo due navi arrivarono, dopo 2 anni di assenza. Una nuova flotta (13 navi e 1200 uomini) fu allestita e affidata a Pedro Alvares Cabral che raggiunse l’India, sciabordò di cannonate Calicut e venne a più miti consigli coi porti del sud. Sempre lui aveva conquistato il Brasile a nome del re del Prtg(24.04.1500). A inizio 1500 l’obiettivo dei navigatori divenne quello di trovare un passaggio che permettesse di passare l’America e trovare la rotta per l’Asia. Il primo a vedere il Pacifico fu Nunez de Balboa, 25 8. I nuovi orizzonti spirituali: Rinascimento e Riforma 1. La civiltà del Rinascimento italiano: Tra 15-16 sec la civiltà del Rinascimento Ita raggiunge massima fioritura. Il termine fu coniato nel 1850 ca da due storici ( Michelet Jules e Burckhardt Jakob) per indicare il ritorno a valore e modelli dell’età classica in polemica coi secoli precedenti e un atteggiamento più positivo verso natura e uomo al centro dell’universo. La cronologia più condivisa va da Petrarca (∞ 1304) a Erasmo da Rotterdam (Ω 1536). Il concetto di Rin è inclusivo di quello di Umanesimo, che si applica all’ambito filo-lett. Gli umanisti erano cultori delle humanae litterae e si dedicavano allo studio e riscoperta di opere antiche (lat e gr), in particolare dopo l’afflusso di dotti bizantini in seguito alla presa turca di Costantinopoli (1453). Tra gli autori riproposti Platone, tradotto in latino da Ficino Marsilio, che nella videa di Careggi (Fi) formò un circolo – detto Accademia Platonica – che fu prototipo dei circoli accademici futuri. Gli umanisti usavano un latino colto, ciceroniano e cercavano la giusta traduzione dei testi usando metodi filologici. L’uso della critica testuale permise a Valla Lorenzo di dimostrare nel 1440 il falso storico del documento medievale della donazione di Costantino a papa Silvestro. Tra 15-16 sec invece letterati e poeti si servirono più spesso del volgare, arricchito però da latinismi e voci dotte. Anche nelle arti figurative si ricercavano e imitavano i modelli antichi ma la loro rarità favorì una maggiore originalità nella riproduzione di oggetti, paesaggi e figura umana. L’osservazione della natura si basa su un’attenta analisi della realtà che culmina nella tecnica della prospettiva (Pier della Francesca,1400). L’architetto diviene la sintesi vivente di conoscenze umanistiche, artistiche e tecno scientifiche (Brunelleschi e Leon Battista Alberti), raggiungendo il culmine con la figura di Da Vinci (pittore, architetto,ingegnere idraulico, inventore di congegni). Tra 4-500 il primato intellettuale di Fi cede a favore delle corti principesche, centri di elaborazione delle nuove culture: corte papale (Bramante, S.Pietro, Michelangelo, Raffaello); mecenatismo di Sforza a Mi, Gonzaga a Mn, Este a Ferrara, Montefeltro a Urbino; Venezia (centro di scuola pittori e industria editoriale). La rottura degli equilibri rinascimentali segnò a lungo la vita culturale, stimolando nuove riflessioni politiche, storiografiche, morali e sulla libertà. 2. Aspettative e tensioni religiose alla fine del Medioevo: Erasmo da Rotterdam: La cultura rinascimentale era impregnata di valori laici e terreni, indifferente alle dispute teologiche e dottrinali, con un atteggiamento verso la Chiesa tra ossequio formale e aperto anticlericalismo, connotato da una reazione morale, civile e politica. Non mancavano coloro che si preoccupavano del rapporto con Dio ma la compenetrazione tra umanesimo ed evangelismo è tipica di altri paesi Ue, con forte eredità medievale e necessità di conciliazione tra fede e religione per il quieto vivere comune. L’esigenza di una riforma della Chiesa, che la riportasse alla purezza-povertà originale era presente da tempo nei fedeli e si era acuita con lo scisma d’Occidente, le contese tra papato e concili (Costanza e Basilea) e il prevalere alla curia di Roma di interessi politici-mondani rispetto a quelli pastorali. Alle origini del movimento protestante stava anche la volontà umanistica di ristabilire l’autenticità del messaggio cristiano attraverso lo studio diretto dei testi sacri (senza elucubrazioni teologiche): vi era bisogno di una religiosità intensa, basata su massime evangeliche. Tra gli esponenti più significativi di questa esigenze l’ingl Thomas More (Tommaso Moro) che nella sua Utopia (1516) descriveva una società immaginaria basata su amore tra uomini e comunione dei beni e l’Ol Erasmo da Rotterdam. Egli entrò in un convento agostiniano e ne uscì dopo 6 anni per seguire i suoi interessi di studio, girando Parigi, Ing, Ven e Basilea, acquisendo prestigio per la sua conoscenza dei classici e l’elegante latino. Bersagli delle sue opere satiriche furono la pedanteria, l’intolleranza, il fanatismo, gli eccessi di devozione, le superstizioni e le ipocrisie di una religione solo esteriore. Delineò inoltre il quadro di una morale che conciliava le influenze del mondo classico con l’insegnamento di Cristo, spirito libero da superstizione e riti 26 fini a sé stessi. Il suo contributo maggiore al ritorno alle fonti del cristianesimo fu la edizione critica del testo gr e lat del Nuovo Testamento (1516) che servirà a Lutero per la sua traduzione della Bibbia in ted. Il suo cristianesimo tuttavia era un ideale di vita pratica piuttosto che una linea dogmatica, perciò non si staccò mai dalla Chiesa ma nella Controriforma le sue opere furono messe nell’Indice, perché non c’era spazio per un “cristianesimo ragionato”. Egli verrà riscoperto tra 600 e 700 quando la ragione tornerà a farsi sentire più forte della fede. 3. La Riforma Luterana: Martino Lutero nato nel 1483 in Turingia, una regione interna della Ger dove dominava una religione medievale, con i suoi toni cupi e superstiziosi. L fu inviato a scuola a Mansfield e Magdeburgo; nel 1501 si iscrisse a giurisprudenza a Erfurt. Nel 07.1505 durante un temporale un fulmine lo schivò, egli fece voto e diventò monaco. Ciò che lo tormentava era la paura del peccato (non potevo amare il Dio giusto che punisce il peccatore). Sacerdote nel 1507 si dedicò agli studi teologici, divenne dottore e insegnante a Wittenberg, Sassonia. Nella lettera di S.Paolo ai Romani trovò la soluzione al problema della salvezza: “il giusto vivrà di fede”, quindi il Vangelo è dove viene rilevata la giustizia di Dio che è passiva: la riceviamo da Dio e ci rende giusti. Insomma la giustizia divina non è una punizione ma una giustificazione: l’uomo tende naturalmente al male e non può redimersi con le azioni (cattolico)ma con una vita di fede. Se l’uomo fa il bene è per conseguenza (non causa) del suo stato di grazia di Cristo che si è immolato. Si passa quindi dal concetto di libero arbitrio (Erasmo) al De servo arbitrio (schiavitù della volontà). Sotto la luce di questa scoperta tutte le Sacre Scritture dovevano essere lette e spiegate senza bisogno delle interpretazioni ufficiali: il Sola Scriptura (con la sola lettura della Scrittura) ed il Sola fide (con la sola fede) erano i grandi principi teologici luterani: “un semplice laico armato della Bibbia deve essere creduto più del Papa o del Concilio che ne siano privi”. L’autorità dei testi cancellava il magistero della Chiesa in materia teologica, come ne annullava il ruolo di intermediaria tra fedeli e Dio. Dei 7 sacramenti se ne salvarono solo due: battesimo ed eucarestia. La soppressione dell’Ordine portava al sacerdozio universale, per cui ognuno poteva essere chiamato a celebrare funzioni religiose ed i voti monastici perdevano di senso (Lutero stesso abbandona i voti e sposa una ex-monaca). Ovvio che tutte queste teorie non furono elaborate in una volta, ma fu una rottura per strappi successivi. 4. La rottura con Roma e le ripercussioni in Germania: Per capire la rottura bisogna analizzare il contesto politico-sociale del 1500: l’evento che spinse la prima volta Lutero a uscire allo scoperto è indicativa delle preoccupazioni degli ecclesiastici di allora. Alberto di Hohenzollern, titolare di 2 vescovati, aspirava a diventare anche arcivesco di Magonza; Leo X accettò di dargli la nomina dietro pagamento di 10.000 ducati per la dispensa dal divieto canonico di cumulo di cariche. Per concedergli di raccogliere i soldi il Papa indisse in tutta Germania una vendita di indulgenze per la costruzione di S. Pietro: metà dei soldi sarebbero andati a Roma, l’altra ad Alberto. La teoria delle indulgenze era basata sull’idea che ci fosse una riserva di meriti accumulati da Maria e Santi, cui la Chiesa poteva attingere, dietro donazione, per rimettere le pene dei pentiti, diminuire il tempo in Purgatorio e, per i predicatori di Alberto, addirittura andare in Paradiso! Indignato, il 31.10.1517 Lutero inviò (e infisse sulle porte della chiesa a Wittenberg) 95 tesi che negavano la facoltà del Papa di rimettere pene da lui stesso inflitte. Lutero intendeva solo aprire un dibattit accademico, ma le tesi furono stampate e riscossero grande successo in Germania, segno della diffusa esasperazione. Roma prese coscienza del pericolo tardi e solo nel 06.1520 Leone X emanò la bolla Exsurge Domine (Levati Signore) che lasciava a Lutero 60 giorni per ritrattare prima della scomunica; per risposta egli bruciò pubblicamente bolla e libri canonici. In quell’anno uscirono i suoi testi più importanti: Alla nobiltà cristiana della nazione tedesca (appello perché la nobiltà prendesse in mano la riforma della chiesa); la cattività babilonese (contro le falsità della Chiesa e i sacramenti); la libertà del cristiano (teoria della giustificazione per fede). La scomunica giunse nei primi del 1521 ma il nuovo imperatore Carlo V consentì a Lutero di giustificarsi, presso la Dieta di Worms del 17-18.04. Di fronte al delegato papale Lutero non ritrattò ma disse: “la mia coscienza è vincolata alla parola di Dio. Non posso e non voglio ritrattare nulla perché non è giusto né salutare andare contro la coscienza.” L’editto di Worms dell’imperatore fu altrettanto duro: dichiarò Lutero al bando (chiunque avrebbe potuto ucciderlo impunemente) ma Federico il 27 Saggio, elettore di Sassonia e suo protettore, lo ospitò nel castello di Wartburg, dove per un anno egli lavorò alla traduzione in tedesco del Nuovo Testamento ed altri testi. Frattanto la battaglia di Lutero raggiunse un’immensa eco (300.000 copie su 500.000 tedeschi istruiti). Dove non arrivavano gli scritti c’erano raffigurazioni, xilografie e la predicazione di ecclesiastici convertiti che dipingevano il papa come Anticristo, Roma come meretrice, Lutero come il santo inviato da Dio per cambiare l’umanità. Naturamente il messaggio luterano si colorava diversamente a seconda di ceti ed ambienti sociali: a) principi territoriali [ colsero l’occasione di mettere le mani sui beni della Chiesa e mantenere autonomia dall’imperatore]; b) cavalieri [ piccoli feudatari messi in crisi dall’avvento dei mercenari e dall’artiglieria, che sperava vano in una rivolta a sfondo nazionalistico contro Roma]; c) città [nei consigli comunali l’abolizione di monasteri e la nomina di ministri di fede luterana portò ad un rafforzamento dello spirito di indipendenza ed una tradizione poi tipica di autogoverno]. 5. Le correnti radicali della Riforma. La guerra dei contadini: Nelle campagna furono i temi evangelici dell’uguaglianza tra uomini e la polemica contro ricchi e potenti a fare presa e rafforzare il movimento di resistenza ai feudatari e di difesa dell’autonomia dei villaggi. Già dal 1520 alcuni luterani aizzarono il popolo contro il clero e le istituzioni, le forme di ingiustizia e di soppressione; la riforma sociale andava quindi al passo con quella religiosa per questi predicatori che contavano di creare sulla terra il regno di Dio, basato su fratellanza e vangelo. Già da parecchi mesi infuriava la guerra dei contadini; dai focolai iniziali sul Reno la rivolta scese fino alla Sassonia ed a est fino al Tirolo. Gli insorti non erano spinti tanto dalla miseria (media e piccola proprietà contadina) quanto dalla volontà di ristabilire gli “antichi diritti” contro le usurpazioni dei signori(+ ecclesiastici). Violenze e saccheggi dei rivoltosi ed il pericolo di un sovvertimento di gerarchie indussero principi,prelati e nobiltà ad armarsi contro il movimento, indebolito dalla scarsa unità delle bande contadine. Una sconfitta decisiva fu loro inflitta a Frankenhausen il 15.05.1525. La repressione fu dura (100.000 uccisi) e fu appoggiata da Lutero che vedeva nei ribelli dei maliziosi mentre l’autorità di principi e magistrati era stata istituita da Dio per mantenere l’ordine. Egli non voleva che si facesse confusione tra libertà interiore del cristiano e dovere di obbedienza esteriore, o tra riforma religiosa e rivoluzione anarchica e l’asprezza della sua condanna si deve alle polemiche aspre del tempo, che lo vedevano perdente nel confronto con gli Schwarmer (esaltati), i preti a capo della rivolta agricola. La corrente più radicale della Riforma sopravvisse alla disfatta dei contadini grazie all’azione dei gruppi anabattisti (“ribatezzatori”) dalla Svizzera ai Paesi Bassi, per cui: a) solo l’adesione consapevole del soggetto rendeva valido il sacramento; b) vi era una separazione dei veri credenti dal resto dell’umanità; c) tendevano a formare comunità basate su fratellanza e aiuto reciproco; d) disconoscimento delle autorità terrene; e) fede illuminata direttamente dallo Spirito Santo. Nonostante le persecuzioni rifiutarono per lo più la violenza ma nel 02.1534 gli anabattisti dell’Olanda stanziati a Munster si impadronirono della città e imposero un governo basato su comunione dei beni e poligamia; resistettero per sedici mesi prima della sconfitta e del massacro. 6. La conclusione de conflitti in Germania: Carlo 5 non rinunciò agli sforzi di appianare la questione luterana con un concilio universale invece che con la forza per cui nel 1530 convocò una Dieta ad Augusta. I luterani portarono un testo approvato dalla maggior parte di città e principi ma l’intransigenza cattolica rese impossibile l’accordo e spinse Carlo a intimare la resa ai II; per tutta risposta essi formarono un’alleanza difensiva, la Lega di Smalcalda (Dicembre). Dopo il fallimento dell’ultimo tentativo di pace del 1541 a Ratisbona si passò alle armi. Tuttavia neppure la vittoria schiacciante di Carlo a Muhlberg nel 1547 riuscì a metter fine allo scontro tant’è che il nuovo re di Fr (Enrico 2) allacciò contatti con i principi ed i turchi, per mettere pressione all’imperatore, il cui sogno di unità diventava sempre più chimerico. Nel 1551 un accordo segreto tra principi ed Enrico garantiva l’appoggio del re in cambio dei vescovati di Metz, Toul e Verdun e Carlo fu preso alla sprovvista dalla ripresa delle ostilità, fino ad un’umiliante fuga da Innsbruck. Dopo questi inizi la guerra non ebbe seguito perché ai principi importava più l’accordo con l’imperatore che la vittoria della Fr, che avrebbe loro tolto autonomia. Le trattative per questo accordo furono condotte da Ferdinando, fratello di Carlo, e portarono alla pace di Augusta (25.09.1555) con cui si riconobbe l’esistenza in Ger di due 30 9. La Controriforma e l’Italia del tardo Cinquecento 1. Speranze e propositi di rinnovamento religioso: Il termine “Controriforma”, coniato in Ger a fine 1700, non ha raccolto consensi unanimi nella storiografia. I cattolici preferiscono parlare di “Riforma cattolica”, per sottolineare il carattere spontaneo del moto di rinnovamento che investì il mondo ecclesiastico nella II metà del Cinquecento; altri preferiscono usare quello di “evangelismo” per indicare il diffuso bisogno di una vita religiosa più vicina agli insegnamenti di Cristo, sentito da tutti i fedeli d’Ue, senza frontiere confessionali. Tale desiderio era diffuso prima di Lutero anche in Ita, dove le opere di Erasmo circolarono ampiamente e furono lette come un’alternativa a dogmi,riti ed istituzioni sterili della religione tradizionale. Accanto a questo vi erano altri stimoli: l’ondata di profezie apocalittiche suscitate dalla predicazione di spiriti infervorati; le sofferenze delle guerre d’Ita; l’anticlericalismo diffuso; la suggestione esercitata da figure di ecclesiastici e laici di elevata ed intensa spiritualità. Comuni a questi uomini, e ai gruppi che in varie città si costruirono col nome “Oratorì del divino amore” per dedicarsi a preghiera e opere di carità, era l’atteggiamento critico verso le preoccupazioni mondane della curia, la svalutazione delle pratiche esteriori di devozione, l’accento sulle massime evangeliche e sull’amore per il prossimo. Le speranze di una riforma dall’alto si riaccesero con papa Paolo 3 Farnese il quale: a) nominò esponenti della riforma cardinali; b) manifestò l’intenzione di convocare un nuovo Concilio; c) costituì nel 1536 una commissione con il compito di studiare e proporre rimedi ai mali della Chiesa. I suoi progetti rimasero tuttavia a lungo ineseguiti. 2. I nuovi ordini religiosi: i gesuiti: Questo clima di fervore favorì la creazione di nuovi ordini regolari e la riforma dei vecchi. Ne è esempio la nascita dei cappuccini, ramo dei francescani che all’ideale di povertà assoluta univa l’assistenza spirituale e materiale alla gente umile. La scelta della vita attiva caratterizza molte congregazioni di chierici “regolari” [vivono secondo una regola] i cui obiettivi furono: a)formazione del clero; b)evangelizzazione della plebe; c)assistenza a malati ed orfani; d) insegnamento. Al movimento non furono estranee le donne, guidate in particolare da Angela Merici, fondatrice a Brescia della congregazione delle suore orsoline. L’ordine che rappresentò meglio gli ideali della Controriforma fu la “Compagnia di Gesù”, fondata dallo Sp Ignazio di Loyola. Egli era un hidalgo il quale, ferito durante un assedio, si convertì a una vita di preghiera, vagò per l’Europa, studiò nelle maggiori università e a Parigi con alcuni compagni fece voto di castità e povertà e si impegnò a liberare la Terra Santa e servire la Chiesa ed il pontefice. Nel 1540 a Roma la costituzione della Compagnia venne approvata da Paolo 3, con Ignazio come generale; fin da subito i gesuiti si mostrarono come una milizia scelta al servizio del Papa e della Controriforma. Ai tre voti tradizionali (povertà,castità,obbedienza) essi aggiunsero quello di fedeltà assoluta agli ordini del pontefice. Il lungo tirocinio previsto prima dei voti e le pratiche di ascetismo e a u t o c o n t r o l l o m e s s e a p u n t o d a L o y o l a d o t a r o n o i g e s u i t i d i disciplina,energia,tenacia,abnegazione e ne fecero lo strumento armato di difesa e propagazione della fede cattolica. Mentre le case professe (dove non vivevano i gesuiti insegnanti) non potevano possedere beni i collegi educativi furono istituzioni costruite e finanziate da benefattori; essi erano dedicati alla formazione del clero ma anche di giovani aristocratici o alto-borghesi. La formazione delle classi dirigenti, oltre alla presenza alle corti come consiglieri e confessori, furono le specialità della Compagnia, che elaborò un’efficace pedagogia basata sull’insegnamento di latino e greco, unito ad una ferrea disciplina. Grande fu anche l’attività missionaria in Am, Asia, Giappone (Francesco Saverio) e Cina (Matteo Ricci). 3. Il Concilio di Trento: 31 Nel frattempo il clima era cambiato: le speranze di riunificazione di una Ue cristiana erano morte e la Chiesa si fece più dura nei confronti dell’eresia. Fallito l’ultimo tentativo di pace a Ratisbona (1541), l’anno dopo venne creata a Roma, per dirigere la repressione dell’eresia, la Congregazione del Sant’Uffizio o Inquisizione. Ormai non c’era posto in Ita per posizioni neutre: l’unica alternativa al nicodemismo (l’atteggiamento di chi si conformava esteriormente ai cattolici, pur professando in intimo diversa confessione) fu l’esilio volontario. Il concilio ecumenico (riguardante cioè l’intera cristianità) desiderato da Carlo 5 fu infine indetto nel 1542 a Trento, dopo le resistenze di Paolo 3 che voleva prima assicurarsene il controllo, ma si aprì solo il 13.12.1545 per via delle guerre tra Carlo e la Fr. Vi partecipavano 4 cardinali, 4 arcivescovi, 21 vescovi, alcuni teologi e i generali degli ordini regolari. L’imperatore avrebbe voluto si affrontassero subito le questioni disciplinari invece il Concilio si ingarbugliò da subito sulle questioni dogmatiche più intricate come gli effetti del peccato originale (abolito per i cattolici dal battesimo) ed il principio di giustificazione per fede (giudicato eretico). Si concluse insomma con un solco definitivo tra le due confessioni cristiane. Dopo varie interruzioni (peste,guerre) il Concilio sarà sospeso per 10 anni, per l’ostilità del papa Paolo 4, nemico dell’imperatore e del Concilio, che vedeva come una limitazione all’assoluto potere papale. Egli estese i poteri dell’Inquisizione e promulgò il primo Indice dei libri proibiti. Toccò a papa Pio 4 rilanciare il Concilio e portarlo a termine (dicembre 1563). Fu riaffermato il carattere monarchico della Chiesa cattolica: l’infallibilità del Papa in materia di fede non era riconosciuta ufficialmente ma era stabilita la sua superiorità sul Concilio e la discrezionalità papale nell’applicazione dei suoi decreti. Quanto all’aspetto dogmatico furono riconfermati: l’esigenza della Chiesa accanto alle Scritture come fonte di verità; i sacramenti di eucarestia e ordine; l’esistenza del Purgatorio; la pratica delle indulgenze; il culto di Maria e dei santi. Quanto alla formazione e ai doveri del clero furono istituiti: i seminari; il divieto di cumulo di benefici; l’obbligo ai vescovi di risiedere nella loro diocesi, visitarla ogni 2 anni e farne periodiche relazioni a Roma; norme ai parrocchiani per il decoro del culto; l’insegnamento religioso ai fedeli; la tenuta di registri di battesimi,matrimoni e sepolture; l’imposizione del celibato ecclesiastico e dell’abito sacerdotale. 4. La Chiesa e il papato nella seconda metà del Cinquecento: L’applicazione dei decreti tridentini non fu immediata e fuori Ita dovette fare il conto con la volontà dei sovrani cattolici di controllare le rispettive Chiese; tuttavia il Concilio segna una ripresa della Chiesa cattolica, una nuova compattezza e durezza nella lotta alle eresie e nella volontà di dominare in campo spirituale,politico e sociale. Gli effetti di questo spirito si videro già con papa Pio 5 Ghisleri che: massacrò 2000 valdesi in Calabria (1561); contribuì alla vittoria cristiana a Lepanto contro i turchi (1571); affermò la supremazia del papa sui sovrani temporali; scomunicò la regina d’Ing Elisabetta I (1570). Stesso indirizzo ebbe il suo successore, papa Gregorio 13 (noto per la riforma del calendario, detto poi gregoriano). L’apogeo fu raggiunto da Sisto 5 che riformò la curia romana: il numero di cardinali fu fissato a 60 e quello delle congregazioni cardinalizie a 15. Queste vennero a occuparsi della Chiesa universale (Concili,Indice,Inquisizione) e degli affari interni allo Stato pontificio (urbanistica,fisco,annona), trasformando il collegio cardinalizio da peso per l’autorità papale a suo strumento. Con energia combatté il brigantaggio; ridusse le autonomie di città e province suddite; all’estinzione della famiglia Este inglobò Ferrara nello Stato della Chiesa; dedicò speciali cure all’abbellimento della città di Roma (completamento di San Pietro, opere di Bernini e Borromini per la città). Non solo il papato cambiò: in molte diocesi nella II metà del Cinquecento si registra l’avvento di vescovi e arcivescovi di grande zelo il cui modello fu Carlo Borromeo. Di origine nobile e milanese, si conformò al Concilio di Trento e nel 1565 fu fatto arcivescovo di Milano. Il suo episcopato fu contrassegnato da: austerità di vita e pietà; riorganizzazione e moralizzazione del clero attraverso istituzione di seminari,sinodi diocesani,concili provinciali; impegno personale nel visitare le 800 parrocchie della sua diocesi; vigilanza su monasteri e conventi; lotta alle infiltrazioni eretiche; sforzo per il controllo delle istituzioni assistenziali ma anche della vita familiare e privata dei fedeli. L’abnegazione durante la peste del 1576 gli portò il rispetto del popolo ma la sua insofferenza ai limiti alla sua autorità (che prevedeva anche l’istituzione di una propria polizia armata) lo pose in conflitto con il clero e con le istituzioni Sp a Milano. La sua concezione di Chiesa incardinata intorno alla figura del vescovo fallì contro il centralismo romano. 32 Lo sforzo di penetrazione capillare nella popolazione vide coinvolti soprattutto i nuovi ordini regolari, che organizzavano missioni nelle campagne e nei borghi per indottrinare e convertire i plebei. Tuttavia le masse popolari Ita rimasero escluse dalla conoscenza diretta dei testi sacri e dalla comprensione della liturgia in latino, spettatrici più che partecipi di cerimonie a carattere spettacolare ed emotivo, avvolte in una rete di divieti che sfioravano la superstizione; essi coltivarono una religiosità intensa,sincera, ma povera di sostanza ed ingenua. 5. L’egemonia spagnola in Italia: La pace di Cateau-Cambresis del 1559 tra Sp e Fr segnò un’egemonia Sp in Ita destinata a durare fino al 1700. La Sp controllava mezza Ita e dei restanti stati solo Ven era indipendente. Savoia e Toscana dovevano i loro titolo alla Sp, Gen era legata commercialmente a Madrid, i Ducati padani erano troppo piccoli per contare e lo Stato pontificio doveva mantenere i legami con la potenza Sp,maggior baluardo del cattolicesimo. E’ troppo semplicistico però ridurre l’Ita del 1500 ad un’egemonia culturale della Chiesa ed una politica della Sp; ripresa economica- demografica e stabilizzazione politico-territoriale tra Stati favorì all’interno di quelli Ita ammodernamenti e cambiamenti oggi rivalutati dalla storiografia moderna: A. Possedimenti diretti della Spagna: l’autorità sovrana era rappresentata da un viceré (Palermo, Napoli, Cagliari) o governatore (Milano) e dai comandanti dell’esercito (alti nobili Sp). Tuttavia le magistrature giudiziarie e finanziarie erano costituite da elementi indigeni, grazie alla loro esperienza sul campo, che con l’appoggio dei reggenti riuscivano spesso a contrapporsi al rappresentante reale. A Napoli grande autorità aveva il Consiglio collaterale, cui il viceré doveva sottoporre tutti gli affari di rilievo; a Milano il tribunale supremo (Senato) fungeva da interlocutore con l’autorità sovrana. Entrambi erano composti da togati, ovvero laureati in giurisprudenza e rappresentanti i ceti nobili delle città ed i loro interessi. Nelle campagne del sud e delle isole il peso economico e sociale della feudalità rimase alto ma la giustizia regia Sp riuscì a mettere un po’ di ordine e limitazioni ai vari soprusi. B. Toscana e Piemonte: qui fu più accentuata l’evoluzione verso lo Stato Assoluto, perché il principe risiedeva in loco e agiva direttamente. Ai Medici, riportati a Fi dagli Sp, fu concesso nel 1569 il titolo di granduchi di Toscana. Alle magistrature repubblicane furono sovrapposti consigli formati da esponenti delle famiglie importanti: il Consiglio dei 200 ed il Consiglio dei 48 (o Senato). Ma fu soprattutto Cosimo 1 a sviluppare il regime in senso assolutistico, svuotando questi organi di ogni potere effettivo e governando attraverso i propri segretari e la “Pratica Segreta”, un consiglio informale. Considerevoli successi del principato mediceo furono l’annessione di Siena e del suo territorio e la fondazione del porto di Livorno. C. Stato Sabaudo(Ducato di Savoia): dopo l’occupazione Sp e Fr durante le guerre d’Ita, toccò al duca Emanuele Filiberto ricostituire lo Stato: spostò la capitale da Chambèry a Torino; soppresse le autonomie locali; centralizzò il controllo finanziario; costituì un piccolo ma disciplinato esercito. Il successore, Carlo Emanuele 1, cercò di sfruttare la nuova compattezza del ducato per una serie di avventure espansionistiche. D. Repubbliche oligarchiche: nonostante la loro natura conservatrice furono coinvolti dai cambiamenti. 1) Genova: i contrasti tra fazioni nobiliari sfociarono in gravi disordini nel 1575 che indussero i vecchi nobili a fuggire, lasciando la città ai nuovi nobili e al popolo, alla richiesta di sgravi fiscali e aiuti alle arti. Dopo un anno si rivoluzionò il sistema di elezione e sorteggio all’interno del complicato sistema di governo genovese; si vide una ricomposizione dei “magnifici” (nobili genovesi), con una stratificazione secondo ricchezza e non per alleanze tra nobili. Questa rivoluzione portò ad affidarsi sempre più alla finanza genovese e alla crisi del manifatturiero. 2) Venezia: qui vi è una contrapposizione tra i partiti dei “vecchi” e dei “giovani” nel patriziato. L’incremento numerico di questi – tra 400/500 – si era accompagnato ad una forte differenziazione economica tra famiglie ricche e nobiltà povera. La concentrazione del potere nelle mani dei primi si vide nel rafforzamento del Consiglio dei 10 e la creazione di un’alta polizia (i 3 Inquisitori di Stato). Nel 1583 l’opposizione dei giovani portò però a una crisi che vide la restituzione al Senato dei poteri rubati dal Consiglio dei 10 e l’adozione di una politica estera energica, indipendente da Sp e Chiesa. 35 commerciale. Approfittando del fermento il principe Guiglielmo di Orange-Nassau – fuggito all’estero per scampare al duca – allestì una flotta e invase le provincie del nord dal mare, facendosi proclamare statolder, governatore militare, di Olanda e Zelanda (1572) e convertendosi al calvinismo. In quelle zone acquitrinose (difesa naturale) i rivoltosi resistettero e con l’aiuto di ugonotti Fr e protestanti Ingl e Ger resero le coste della Mancia impraticabili ai nemici. Per la Sp rifornire l’esercito via terra fu un costo eccessivo, così Fil2 fece bancarotta; ai primi del 1576 i soldati – senza paga – si ammutinarono e saccheggiarono Anversa, mettendo fine alla sua ricchezza. Nel 1579 si giunse alla definitiva scissione del Paese: 10 provincie meridionali tornarono all’obbedienza, 7 settentrionali continuarono la lotta, accogliendo profughi calvinisti dalle Fiandre e Brabante. Neanche l’assassinio di Orange nel 1584 modificò la situazione, che virava verso l’indipendenza dell’Ol e delle provincie del nord. Ogni possibilità di restauro per la Sp fu frustrata dall’apertura di nuovi conflitti in Ing e Fr. 4. L’Inghilterra nell’età elisabettiana: Nata nel 1533 dalla II moglie di Enrico8(Anna Bolena)fu dichiarata subito figlia illegittima e conobbe in giovinezza la prigione e l’esilio, diventando maestra nella dissimulazione ed il calcolo politico. Salì al trono nel 1558 dopo la morte di Maria Tudor ed il suo governo fu caratterizzato da un equilibrio tra mantenere buoni rapporti con il Parlamento e accentrare i poteri decisionali nel Consiglio privato della corona. Il problema più urgente per lei era quello religioso; per dare pace al Paese adottò un compromesso, stabilendo i tratti della Chiesa anglicana: riaffermò la supremazia del sovrano in materia religiosa ma mantenne l’episcopato; con l’Atto di uniformità (1559) impose il Libro delle preghiere comuni (rispettoso della liturgia tradizionale); con i Trentanove articoli della fede (1562) accolse invece i motivi fondamentali della teologia calvinista. Il dissenso religioso fu tollerato ed i cattolici perseguitati solo dopo la ribellione dei “conti del nord” del 68 (a sfondo cattolico-feudale) e la scomunica lanciatale da Pio 5 (1570). Il compromesso lasciava insoddisfatti i calvinisti più intransigenti (puritani) che volevano l’eliminazione dei vescovi e del “papismo”, ma solo nel 17 sec essi si trasformeranno in una forma di opposizione al monarca. Altro problema spinoso era la successione: il rifiuto di Elisabetta di cedere ai pretendenti faceva temere una ripresa della guerra civile alla sua morte e la taccia d’illegittimità che l’accompagnava dalla nascita aumentava le speranze di chi auspicava un tale rovesciamento. Emblematica in questo senso era la figura della regina di Scozia, Maria Stuart, cattolica ed erede legittima di Enrico 7 Tudor, scacciata dalla nobiltà scozzese calvinista, riparò in Ing e continuò a tramare per rovesciare il regime. Questo convinse Elisabetta nel 1587 a firmarne la condanna a morte, atto che riaprirà le ostilità con la Sp; l’educazione protestante del figlio della Stuart in Scozia intanto garantiva una successione indolore alla morte della regina. In ambito finanziario merito del governo fu la stabilizzazione della moneta e la moderazione dei tributi; alle spese extra si rispose con la vendita dei beni della corona e la compartecipazione ai profitti di commercio e guerra corsa, piuttosto che con aggravi fiscali. Tal felice politica vide il raddoppio della popolazione ed una forte mobilità, con la presa di potere dei ceti intermedi (gentry [nobiltà rurale non-titolata], gruppi mercantili, uomini di legge) rispetto alla nobiltà titolata (stritolata da inflazione e costosa vita di corte, lontano dalle regioni d’origine). I nuovi proprietari terrieri spesso accorpavano gli appezzamenti in aziende compatte, recintavano la terra e dirigevano la produzione extra verso mercati esterni; dove avevano luogo le recinzioni terminava l’uso collettivo del suolo ed i contadini poveri si davano alla mendicità. Per far fronte a questo fenomeno Elisabetta promulgò le prime “leggi sui poveri”. Un’integrazione al lavoro agricolo fu garantita dalla filatura e tessitura della lana (tradizionale industria inglese per tutto il 1500) e dai progressi nell’esportazione del carbone (impiegato in Ing per il riscaldamento domestico), nella siderurgia e nella distillazione della birra. L’età elisabettiana dà inizio a una nuova era soprattutto nel campo del commercio e della navigazione con le Compagni privilegiate (di Moscovia, del Levante, delle Indie orientali) che non erano semplici corporazioni di mercanti ma società per azioni che avevano dalla corona il privilegio di commerciare esclusivamente in un’area del globo, in cambio di prestiti e compartecipazioni. Numerosi furono contrabbandieri e pirati anti-Sp nel mediterraneo e nell’Atlantico; alcuni di questi diventarono anche famosi, come Francis Drake che realizzò la seconda circumnavigazione del globo, mentre saccheggiava le coste dell’Am del sud, o Raleigh che nel tentativo (fallito) di colonizzare il nord Am battezzò quelle terre Virginia, in onore alla “regina vergine”. 36 I rapporti con la Sp si ruppero con l’appoggio di Elisabetta ai PB e l’esecuzione della Stuart: una gigantesca flotta (Invencible armada) di 130 navi Sp, con 30.000 soldati partì nel 1588 per l’Ing, ma fu distrutta dalle tempeste e le acque burrascose della Manica, in mezzo alle quali i pesanti galeoni furono vittima della piccola ma ben armata flotta Ing e dai veloci legni corsari Ing e Ol. Gli Sp rinunciarono, circumnavigarono le isole e solo metà flotta tornò a casa. La guerra si trascinò avanti fino al 1604 ma era chiaro il fallimento di Fil2 nel tentativo di stroncare la nascente potenza navale e commerciale Ing. Un’ondata di esaltazione e orgoglio patriottico strinse gli Ing alla loro regina, accompagnando la fioritura intellettuale e artistica che segna l’età elisabettiana in maniera ineguagliata, con palazzi maestosi e figure letterarie divenute col tempo fondamentali (Marlowe, Shakespeare, Spenser, Sidney, Bacone). 5. Le guerre di religione in Francia: Anche qui la religione è prima causa di conflitti interni, cui si trova a far fronte Caterina de Medici dopo la morte di Enrico 2 (1559) e dell’erede diretto Francesco 2, con a carico un figlio minore ed uno incapace. Il calvinismo allora andava facendo proseliti tra le province Ovest e Sud (meno integrate e ostili ai Valois) ed i nobili (non occupati in guerra e stretti tra inflazione e ascesa dei borghesi). In Fr i calvinisti erano detti ugonotti e rappresentavano la metà della nobiltà complessiva! Le più potenti fazioni nobiliari in lotta erano: i Guisa (cattolici intransigenti); i Borbone (ugonotti dell’Ovest e del Sud); i Montmorency-Chatillon (ugonotti). Per reagire allo strapotere dei I, Caterina concesse favori agli ugonotti con l’editto di S. Germano (01.1562) ma in risposta, il 01.03, i membri di una riunione protestante a Vassy furono massacrati dai Guisa e questo fu l’inizio di una prima guerra civile, conclusa nel 1570 con la seconda pace di S. Germano, che confermava le concessioni agli ugonotti. Nei 2 anni seguenti a corte divenne dominante l’ammiraglio Coligny (della III famiglia) che ebbe la fiducia di Carlo 9 (figlio di Caterina) e ottenne per il compare ugonotto, Enrico di Borbone (re di Navarra) la mano della sorella del re, Margherita di Valois. Durante i festeggiamenti Caterina, preoccupata per l’influenza di Coligny sul figlio, diede carta bianca ai Guisa e alla plebaglia parigina (antiprotestante) e , nella notte tra il 23-24.08.1572, la notte di S. Bartolomeo, più di duemila ugonotti vennero uccisi nelle loro case, un massacro che si estese poi nelle province. Molti calvinisti fuggirono all’estero ma la salda organizzazione protestante sud-occidentale resistette e trovò un capo forte in Enrico di Borbone (scampato alla strage con l’abiura e poi fuggito di corte per tornare calvinista); ad essa si oppose la Lega santa dei Guisa e della nobiltà cattolica. L’equilibrio tra le due forze si ruppe quando, alla morte del duca d’Angiò (ultimo figlio di Enrico 2), divenne erede Enrico di Borbone. Seguì la “guerra dei 3 enrichi”: il re Enrico 3, Enrico di Borbone e il duca Enrico di Guisa. Rafforzata dalle vittorie militari e dall’appoggio della Sp, la Lega andava sostituendosi al re, che nel 12.1588 si ritirò a Blois, vi attirò il duca di Guisa e il cardinale di Lorena e li fece uccidere; fatto ciò strinse alleanza con Borbone e insieme presero d’assedio Parigi nel 07.1589; un mese dopo, però, egli fu ucciso da un fanatico e prima di morire nominò suo successore Enrico di Borbone (Enrico 4). Il nuovo re era temprato delle armi e più forte dei deboli predecessori, tuttavia i leghisti lo rifiutarono e gli contrapposero la candidatura di Isabella, figlia di Fil2; truppe Sp penetrarono in Fr da PB e Pirenei. Questo fatto permise a Enrico 4 di presentarsi come il campione dell’unità e dell’indipendenza nazionale e di trasformare la guerra civile in guerra allo straniero ed i suoi alleati interni. Nel suo programma di pacificazione e restaurazione monarchica ebbe l’appoggio dei politiques, cattolici moderati che mettevano il bene dello Stato sopra quello delle fazioni religiose (raccolti tra la borghesia e la magistratura); a suo favore giocavano anche la stanchezza per le stragi continue e la paura per la violenza dei movimenti di insurrezione popolare che le avevano accompagnate, in spontanea reazione alle prepotenze di nobili e soldati. Con la pubblica conversione al cattolicesimo di Enrico 4, l’ingresso trionfale a Parigi (22.03.1594) e l’assoluzione di papa Clemente 8 le sorti della lotta erano segnate; Fil2 – vecchio e infermo – riconobbe la sconfitta con la pace di Vervins (2.03.1598) ed un mese dopo l’editto di Nantes di Enrico sancì la pace religiosa, ammettendo il cattolicesimo come religione di Stato ma riconoscendo la libertà di professione e culto agli ugonotti (eccetto a Parigi) e concedendo loro la facoltà di mantenere un centinaio di roccaforti militari in giro per il Paese, a garanzia di tale libertà. 37 6. L’Europa orientale: la Polonia e la Russia: L’immenso territorio oltre la linea tra Baltico e Mar Nero era diviso nella II metà 1500 tra Regno polacco- l i tuano e Russ ia moscov i ta. La Polon ia era un crog io lo d i popol i (polacchi,lituani,tedeschi,lettoni,ucraini,bielorussi) e religioni (cattolici, greco- ortodossi,luterani,calvinisti,anabattisti,antitrinitarie,ebrei). Il principio di libertà religiosa venne ribadito nel 1573 facendone un’oasi nella Ue dominata dall’intolleranza. Già queste complessità rendevano difficile l’affermazione di un’autorità statale, il cui ostacolo maggiore era però la presenza di una nobiltà numerosa e fieramente attaccata ai propri privilegi e tradizioni militari. Questo ceto fu protagonista della notevole fioritura intellettuale e artistica dell’età rinascimentale (Copernico) e dell’aumento della produzione cerealicola, risultato che fu però ottenuto con il semischiavismo dei contadini e l’indebolimento della monarchia (asservita a Senato e Camera dei deputati, espressione della nobiltà). Nel 1572 morto senza eredi il re Sigismondo 2 venne affermato definitivamente il carattere elettivo e non ereditario della corona; da allora la nobiltà elesse principi stranieri, senza basi, che dovevano quindi appoggiarsi a uno o l’altra fazione. La Polonia era quindi una repubblica aristocratica che si dimostrerà poi incapace di reggere alle nuove monarchie assolute. Nella Russia le condizioni economico-sociali erano simili a quelle Pol: territorio sconfinato e spopolato; scarsissimo sviluppo di vita cittadina e traffici (gestiti da stranieri); economia agricola basata su grandi aziende signorili alimentate dal semischiavismo contadino. L’evoluzione politica tuttavia fu inversa e andò verso la concentrazione del potere nel monarca, nei cui confronti i nobili erano in soggezione servile. I motivi furono: minore compattezza e forza della nobiltà russa; potere della Chiesa ortodossa, legata alla tradizione bizantina, che vede lo zar come sacro e ordina ai sudditi l’obbedienza incondizionata. La Moscovia si liberò del giogo mongolo e fu protagonista di una grande espansione territoriale con Ivan 3 il Grande e Basilio 3, i quali posero le basi di un’associazione stretta tra Chiesa e Stato e nella creazione di una nuova nobiltà, che in cambio di terre da servizio militare e civile. Ivan 4, diventato zar (da “caesar”) nel 1547, seguì una politica di rafforzamento monarchico e alleanza coi ceti inferiori in funzione antinobiliare: nel 1550 convocò il zemskij sobor, assemblea nazionale contrapposta alla Duma (consiglio reale composto da boiari); creò un esercito professionale; riordinò l’amministrazione con lotta alla corruzione ed estendendo il reclutamento di una nuova nobiltà di servizio. All’esterno Ivan intrecciò rapporti commerciali con l’occidente (in particolare con l’Ing) e condusse vittoriose campagne militari contro i tartari, fino a conquistare tutto il bacino del Volga. Dal 1560 (morta la moglie che aveva buon influsso sul suo carattere instabile) Ivan 4 diede segni di squilibrio mentale e si diede ad atti di gratuita ferocia: stragi a migliaia, confische, case saccheggiate, terre confiscate; il terrore raggiunse il culmine nel 1570 il massacro della gente di Novgorod, città un tempo fiorente. Conseguenza furono le fughe di massa e la sconfitta nella guerra contro Polonia e Svezia nel 1582, con la rinuncia allo sbocco sul Baltico. A Ivan succedette il figlio Fedor (disabile mentale)ma il potere fu esercitato dal cognato, Boris Godunov, che riuscì poi a diventare zar e continuò la politica antinobiliare di Ivan, diede impulso alla colonizzazione della Siberi e consentì ai proprietari terrieri di catturare i contadini fuggiaschi per evitare lo spopolamento delle campagne. Carestie e pestilenze segnarono gli ultimi anni del suo regno e alla sua morte la Russia cadde nell’anarchia (epoca dei torbidi) che ebbe fine solo nel 1613, con l’elezione a zar di Michele Romanov, dinastia che durerà fino al 1917. 40 agricoltura) contribuirono sgravi fiscali, soppressione di molti dazi e un programma di costruzioni stradali. La grande nobiltà venne guadagnata con una politica di favori ed elargizioni, ma anche intimidita da condanne esemplari mentre ai governatori provinciali – espressione della nobiltà – vennero affiancati dei “commissari” straordinari (futuri intendenti). I detentori di uffici, si videro riconoscere nel 1604, dietro tassa annua moderata (paulette) il diritto di ereditarietà della carica, mentre le più elevate cariche giudiziarie e finanziarie conferivano automaticamente la nobiltà; ciò portò alla formazione di una nobiltà di toga avversa a quella di spada. Negli anni seguenti evitò interventi militari, cercando di esercitare influenza in Ger ed Ita mentre si accingeva a muover guerra agli Asburgo. Tuttavia fu ucciso da un prete fanatico mentre girava in carrozza per Parigi (1610). L’erede al trono, Luigi 13, aveva 9 anni e il potere andò alla vedova, Maria de’ Medici, che inaugurò una politica filoSp e si circondò di favoriti dalla Toscana, come Concino Concini. La sudditanza alla Sp e la presenza di stranieri alterarono la nobiltà di sangue che al solito, approfittando delle reggenze, cercò di riguadagnare il potere politico perduto. Per le proprie rivendicazioni convocarono gli Stati Generali (1614-15) con scarsi risultati [furono gli ultimi fino al 1789]. Nel 1616 Maria affidò quindi il potere al governo Concini, che fu fatto assassinare l’anno dopo dal re, stanco della tutela. Nel confuso periodo seguente si affermò il giovane vescovo Armand-Jean du Plessis, duca di Richelieu, abile intermediario nelle liti madre-figlio. Nel 1622 fu fatto cardinale, nel 24 inserito dal re nel Consiglio della corona, che Richelieu dominò accentrando la direzione della politica Fr in sé in pochi mesi. Due erano le linee possibili per Richelieu: 1) sostenuta dalla regina madre, consisteva nell’appoggio alla restaurazione cattolica degli Asburgo, avrebbe evitato impegni militari a favore di riforme e finanze; 2) vedeva come inevitabile la contrapposizione all’egemonia Sp. Egli scelse questa II strada. Il ritorno Fr alla politica aggressiva presupponeva il rafforzamento monarchico interno e l’eliminazione dei focolai d’opposizione. Furono perciò stroncate con decine di condanne a morte le trame nobiliari e d’anarchia feudale; con una guerra (presa di La Rochelle, roccaforte calvinista, 1628) furono debellati gli ugonotti. Ai protestanti venne concessa una “pace di grazia” che manteneva la libertà di culto nei limiti dell’Editto di Nantes ma annullava le garanzie militari (roccaforti nel Paese)da esso previste. Questa campagna e quelle successive in Ger ed Ita portarono ad un aumento della pressione fiscale (+ taglia delle campagne). Questa fu la causa dell’ondata di rivolte che scosse la Fr dal 1625, estendendosi a intere regioni, su stimolo della nobiltà; in risposta il bisogno di mantenere l’ordine, garantire le entrate, controllare la giustizia e assicurare provvigioni e logistica all’esercito fu all’origine dell’estensione a tutto il paese degli intendenti di giustizia, polizia e finanza, gli ex commissari di Enrico 4, che divennero l’espressione della volontà sovrana nelle province. A questo sforzo di accentramento del potere si possono ricondurre gli interventi di Richelieu in campo culturale (Accademia di Fr), economico (Compagnie privilegiate e cantieri navali), coloniale (presa del Senegal, delle Antille e del Canada). Tutto però nella sua mente era subordinato al confronto con gli Asburgo. 5. La Spagna da Filippo III al duca di Olivares: Con l’inetto Filippo 3 inizia in Sp l’era dei privados o validos, i “favoriti onnipotenti” a cui sovrani incapaci affidarono tutti i poteri; il suo favorito fu Francisco Gòmez de Sandoval, duca di Lerma, un cortigiano che accumulò una fortuna e arricchì parenti e amici. Egli mise fine alla guerra con Ingl (1604) e Provincie Unite (1609) ma scacciò anche, lo stesso anno, i moriscos che in alcune regioni erano una risorsa specializzata la cui mancanza aggravò il declino economico e demografico in corso. Con il nuovo re Filippo 4 si affermò il potere di Gaspar di Guzmàn, il “conte-duca”. Egli era energico, pieno di zelo per il bene pubblico e persuaso della necessità di riformare le strutture economiche e politiche della monarchia; al tempo stesso però era erede della tradizione imperiale Sp e non poteva restare indifferente al saccheggio delle colonie dagli Ol o al conflitto tra cattolici e protestanti. Così fu deciso di non rinnovare la tregua con le Provincie Unite inaugurata dal predecessore. Convinto che non fosse possibile finanziare la guerra con ulteriori aggravi sull’economia esaurita, Olivares nel 1626 presentò il progetto Union de las armas (Unione delle armi), che assegna a ogni provincia un contingente di soldati da reclutare e equipaggiare a proprie spese, fino a raggiungere i 140.000. Per un momento la cosa sembrò funzionare – vittorie contro Ol e Ger, sgravi del debito della corona – ma nel 1628 l’apertura di un nuovo fronte in Ita (successione di MN) e la cattura degli Ol della flotta che portava l’argento dalle Am portarono al tracollo della finanza, mentre il suo progetto veniva sempre più ostacolato 41 dalle regioni periferiche. Gli anni successivi la ricerca affannosa di denaro, gli insuccessi militari e il malcontento delle provincie daranno una serie di rivolte ed il via al crollo della monarchia spagnola. 6. L’impero germanico e la Svezia: Germania: Morto Ferdinando I il titolo andò (con Boemia, Ungheria e ducati austriaci) a Massimiliano I e poi a Rodolfo II. Questi era un rigido sostenitore del cattolicesimo e dovette far fronte alla diffusione di luteranesimo e calvinismo, cui si convertirono più della metà della nobiltà, non tanto per coscienza quanto per la rivendicazione di poteri per le assemblee a scapito del potere regio. Rodolfo pose la residenza a Praga, si circondò di scienziati e artisti e presto divenne uno squilibrato tant’è che nel 1611 venne deposto e in un anno il titolo passò al fratello Mattia. La debolezza interna acuì i contrasti tra cattolici e protestanti e nel 1608 i principi luterani e calvinisti, preoccupati dalla Controriforma, formarono l’Unione evangelica, cui si contrappose una Lega cattolica, guidata dal duca di Baviera. L’uno e l’altro cercavano protettore e alleati fuori dall’impero e la situazione si fece tesa. Svezia: Tra i Paesi del Baltico il più potente era la Pol-Lituania che si estese ancora nel 1592 quando Sigismondo Vasa – re di Pol – nel ereditò anche la corona di Svezia. Lo zio Carlo, però, formò una opposizione aristocratica anticattolica e con la guerra civile fece deporre il nipote dalla Dieta; nel 1604 assunse per sé la corona (Carlo 9). Egli manifestò subito mire espansionistiche verso Pol e Danimarca, che furono fallimentari ma aprirono la strada al figlio Gustavo Adolfo, che in 20 impose la supremazia Sve su tutto il Baltico. Oltre al suo genio militare quali furono le cause dell’immensa espansione Sve, che prima contava 1 milione di abitanti ed un’economia naturale? Primo, la Sve possedeva estesi giacimenti di ferro e rame, sfruttati sistematicamente dal 500 e che favorirono commercio con l’esterno e aumento degli armamenti (l’artiglieria Sve divenne un incubo)! Secondo, nelle campagna esisteva una massa consistente di piccoli proprietari che – caso unico in Ue – aveva rappresentanti nella Dieta e forniva ottimi soldati. Terzo, l’aristocrazia collaborava con la monarchia, grazie ai patti della specie di carta costituzionale firmata nel 1612, all’inizio del regno di Gustavo. Egli riorganizzò l’amministrazione interna, creò una flotta da guerra e potenziò l’esercito con la coscrizione obbligatoria (primo in Ue). Alla falange Svi o Ger sostituì linee lunghe e poco profonde, con un fuoco continuo (una fila spara, l’altra ricarica). Le prime prove militari di Gustavo furono: in Russia, approfittando della “epoca dei torbidi”, dove riuscì a conquistare le città che saldano il territorio estone a quello finlandese, assicurandosi il Golfo di Finlandia (1617); approfittando dello scontro Pol-Turchi invase la Livonia e prese il porto di Riga. La lotta per il Baltico sarà il motivo principale che spingerà poi la Sve a intervenire nella guerra dei 30 anni. 7. Le prime fasi della guerra dei Trent’anni (1618 – 1629): A Mattia – vecchio e senza eredi – doveva succedere il nipote Ferdinando, duca di Stiria, gesuita pro Controriforma. Nel 1617 ottenne la designazione dalle Diete di Boemi e Ung che però, essendo in maggioranza protestanti, alle prime misure a favore dei reggenti cattolici si indignarono e si autoconvocarono nella primavera del 18. Il 23.05 una folla di delegati invase il palazzo reale e defenestrò 2 odiati reggenti col loro segretario, formò un governo provvisorio per la formazione di esercito pronto a far fronte agli Asburgo; atti simili seguirono nelle provincie del regno (Moravia, Slesia, Lusazia) e in Austria. Nel 05.1619 Vienna si ritrovò circondata. A marzo era morto Mattia e la Dieta di Francoforte aveva eletto Ferdinando imperatore (Ferdinando 2) [28.08.19]; due giorni prima i boemi lo avevano dichiarato invece deposto, offrendo la corona all’elettore del Palatinato, il calvinista Federico 5. 42 Ciò spinse l’imperatore a chiedere aiuto a Sp e Lega cattolica tedesca; nella primavera del 1620 gli eserciti imperiali sottomisero l’Austria ed invasero la Boemia; l’8.11 sconfissero i ribelli boemi vicino a Praga (Montagna Bianca). Seguì una dura repressione: Federico “il re di un inverno” fuggì senza titoli; in Austria e Boemia i protestanti vennero espulsi, i capi della ribellione uccisi e la nobiltà messa di fronte alla scelta convertirsi o emigrare. Le terre confiscate furono date a cattolici sicuri e stranieri. Alla ricattolicizzazione forzata (gesuiti) si accompagnò una nuova costituzione in Boemia (1627) che dava la corona ereditaria agli Asburgo e limitava i poteri dei ceti. Nel 1621 si riaprirono le ostilità tra Sp e PU ma le operazioni ristagnarono finché dal 24 la Fr si spostò da neutrale a favore dei protestanti e il re di Danimarca Cristiano 4 entrò in guerra. Entrambe le iniziative sembrarono fallire. Una spedizione Fr in Valtellina, occupata dagli Sp, fu ritirata per la guerra con gli ugonotti; Cristiano 4, interessato all’Impero, superò l’Elba nel 25 e si trovò davanti l’imponente esercito di Albrecht von Wallenstein. Questi era un giovane servitore degli Asburgo, convertitosi al cattolicesimo e che con i territori confiscati ai boemi si era costruito un vasto dominio nel nord (Ducato di Freidland, 1624). Grazie alle capacità imprenditoriali armò un esercito personale di 30.000 uomini, che viveva di saccheggi, ed invase Macklemburgo, Pomerania e Jutland (1627). Cristiano dovette chiedere la pace, firmata nel 05.1629: la Danimarca riotteneva i territori perduti e saccheggiati ma si impegnava a non interferire più con l’Impero, dove ormai il potere di Wallen (duca di Mackleburgo e generalissimo) rivaleggiava già con gli Asburgo. La vittoria cattolica sembrava ormai decisa ma protestanti e Fr non potevano rimanere inermi. 8. Dalla guerra di Mantova alla pace di Vestfalia: Tra 1628-30 il centro della politica Ue si spostò dalla Ger all’Ita nord. A fine 1627 era morto senza eredi il duca di MN Vincenzo 2 Gonzaga; erede designato era Carlo duca di Nevers, Fr di famiglia ma gli Asburgo rivendicarono la dipendenza dall’Imp del Ducato di MN e del Marchesato di Monferrato. Nel 29-30 un esercito imperiale saccheggiò MN mentre il II, protetto dai Fr, resisteva agli Sp. I problemi interni di Richelieu (in disgrazia) e di Olivares (senza soldi) e la terribile peste in Ita, indussero all’accordo di Cherasco (31): MN e Monferrato andavano a Nevers che si riconosceva suddito dell’Imp mentre la Fr conservava il Pinerolo. Quell’anno entrò in guerra la Sve di Gustavo, appoggiata finanziariamente dalla Fr, per difendere la causa protestante e controllare il Baltico; la vittoria a Breitenfeld (7.07.31) contro l’Imp aprì la via verso il sud Ger. Mentre i sassoni – suoi alleati – entravano in Boemia e prendevano Praga, Gustavo prese la Magonza e la Baviera, saccheggiandole (32). Wallen raccolse la richiesta dell’imperatore, formò un esercito di 100.000 uomini, espulse i sassoni e si scontro con gli Sve, con i quali però perse a Lutzen, Sassonia, 17.11.32. Gustavo morì in battaglia e Wallen fu ucciso due anni fa dai sicari dell’imperatore, accusato di patti segreti coi nemici. Per scacciare gli Sve l’imperatore contò allora su un esercito – frutto di enormi sacrifici – Sp che li sconfisse a Nordlingen (6.09.34). I principi protestanti si affrettarono alla resa e così la Sve, pronta a deporre le armi, quando ci fu l’intervento diretto della Fr contro l’Imp. Lo scopo di Richelieu (cattolico) nell’unirsi a protestanti, Sp e Imp era impedire il consolidamento della forza imperiale asburgica che era già stata nel fianco a Carlo 5; l’intervento rinnovò la determinazione di Sve (Baltico) e PU (indipendenza e riconoscimento dei territori coloniali). Di fronte a tali forze gli Asburgo avevano scarse speranze. La flotta Sp fu distrutta dagli Ol nella battaglia di Dune (39); gli Sve devastarono la Ger; l’esercito Fr sconfisse quello Sp (fino ad allora invincibile) nella battaglia di Rocroi (43). I negoziati di pace sfociarono nel 48 in una serie di trattati (Ol-Sp; Fr-Imp; Sve-Imp) collettivamente noti come “pace di Vestfalia”. Scontato fu l’ok all’indipendenza delle PU,che la secessione del Prtg lasciò libere di dominare in Brasile e nell’Indiano. La Fr otteneva definitivamente Metz, Toul e Verdun, gran parte dell’Alsazia e roccaforti sul Reno ed in Piemonte. La Sve rimase padrona della Pomerania ovest e di Haland. L’Imp modificò la pace di Augusta e ammise il calvinismo accanto a cattolici e protestanti. I principi ottenevano il diritto a stringere alleanze e guerre per proprio conto, purché non contro l’imperatore. La guerra tra Fr e Sp si concluse invece nel 59 con la pace dei Pirenei, flagellate entrambe dal conflitto. La Ger aveva perso il 30% della popolazione; molti villaggi rimasero disabitati, i terreni incolti, le città in rovina, distrutte dalla violenza dei soldati, le epidemie, requisizioni e tasse. La guerra dei 30 anni rimase insomma nella memoria della Ue come un’epoca di violenza e orrore, che solo le tragedie del 1900 supereranno . 45 predestinazione, alla divisione in dannati e beati, convinti che Dio si rivelasse direttamente alla gente e, nei casi radicali, dubitavano della divinità di Cristo, dell’Inferno, del peccato originale e delle necessità di sottoporsi ad una legge morale nella propria esistenza. Da questo crogiolo di idee nasceranno nel 50 movimenti religiosi destinati a mettere radici nella società anglosassone: i quaccheri (“coloro che tremano” di fronte a Dio) e i battisti. Evidente per gli storici il legame tra queste tendenze religiose ed il radicalismo politico dei livellatori (levellers). Il termine prima del 50 indicava coloro che potano le siepi e riempiono i fossati a difesa dei terreni recintati; dopo indicò quanti erano accusati di voler cancellare le distinzioni sociali e livellare le fortune. In verità i livellatori non erano contro la proprietà privata (eccetto il piccolo gruppo dei diggers) ma reclutavano adepti tra artigiani e piccoli proprietari terrieri, non avversi alla monarchia, ma che chiedevano: sovranità popolare; soppressone dei privilegi; istruzione per tutti; semplificazione delle leggi; allargamento del voto a tutti i maschi adulti, esclusi mendicanti e servi (termine ampio, indica anche i salariati a dipendenze altrui). Dopo la vittoria del re la loro propaganda raggiunse molti del New Army, soprattutto dopo che, nel 47, fu chiara l’intenzione del Parlamento di scioglierlo o mandarlo in Ir a combattere i cattolici, senza il saldo degli arretrati. I reparti nominarono vari “agitatori” (“rappresentanti sindacali”) incaricati di trattare coi capi per giungere ad un accordo; a 06 l’esercito occupò infine Londra e prese il re. Il dibattito che seguì dimostrò che il problema insormontabile era la questione del suffragio, osteggiata da Cromwell come un rischio di sovvertimento delle gerarchie sociali. Le discussioni furono interrotte dalla fuga del re, che con l’aiuto scozzese riaprì la guerra civile, ottenendo però solo una nuova sconfitta in poco tempo. Questa volta Cromwell perse la pazienza, epurò il Parlamento salvandone solo un mozzicone (Rump) di suoi seguaci, decretò con le armi l’istituzione di un’Alta commissione di giustizia, processò il re ed il 30.01.49 lo condannò a morte. Era la prima volta in Eu che un re venivano condannato a morte dal popolo ma il gesto fu troppo radicale per essere metabolizzato; il re salì al patibolo con coraggio e dignità, passando come un martire per il popolo Ingl, troppo legato alla monarchia e a una concezione gerarchica della società. 4. Il decennio repubblicano: Cromwell al potere: L’esecuzione del re fu seguita da: creazione di un Consiglio di Stato che sostituì il Consiglio privato della corona (02.49); soppressione della Camera dei Lord (03); proclamazione della Repubblica unita (Commonwealth) di Ing, Sco e Ir (05). Non erano però risolti i contrasti tra moderati, capi dell’esercito e livellatori. Il figlio di Carlo, salvo nei PB, fu intitolato re Carlo 2 da Sco e Ir; per scongiurare l’invasione realista e sottomettere quei due Stati c’era bisogno di un’armata compatta, fedele ai generali per cui nel 49 seguirono: arresto dei capi livellatori; repressione sanguinosa dell’ammutinamento dei reparti di Burford; campagna contro gli insorti Ir, con il massacro dei cattolici, considerati “spregevoli barbari” e seguita da deportazioni di massa e confische a beneficio dei soldati protestanti Ing. Fu un genocidio (600.000 morti su 1.400.000 abitanti)da cui ebbe origine l’inestinguibile odio dei cattolici Ir per il dominio Ing. Altrettanto rapida e vittoriosa fu la campagna in Scozia; per la prima volta si apriva la via all’unificazione politica reale delle isole britanniche. La nuova potenza militare inglese non tardò a rivolgersi altrove; nel 09.51 venne promulgato l’Atto di navigazione, che riservava alla madrepatria il commercio con le colonie nordAm e ammetteva nei porti inglesi solo navi britanniche. Era un colpo diretto agli Ol e al loro commercio di intermediazione e causò le tre guerre navali (tra il 52-74) anglo-Ol, che finiranno con sancire la superiorità marittima Ingl. Nel 55 entrò in guerra con la Sp – segnata dal conflitto con la Fr – e le strappò l’isola di Giamaica, fulcro della tratta di schiavi, quindi fece patti commerciali con Prtg e Paesi baltici; questi eventi segnarono la ripresa dell’espansione marittimo-commerciale iniziata con Elisabetta e inaugurarono l’era dell’imperialismo britannico. Meno soddisfacenti i risultati interni: nel 53 venne sciolto il “Lungo Parlamento” e venne insediata un’assemblea di 144 membri, capi dell’esercito (“Parlamento all’osso”) che durò solo 5 mesi per i contrasti interni; a fine anno Cromwell fu dichiarato Lord Protettore del Commonwealth e sciolse il Consiglio di Stato, assumendo tutto il potere politico all’interno di quello militare. Con il protettorato ebbe fine la libertà di stampa e di dissenso religioso; l’esercito venne epurato dei radicali ed il territorio Ing diviso in 11 distretti al comando di un maggiore generale. La dittatura militare non rispondeva però ai desideri della gentry, stanca di mantenere esercito e marina con tasse sui beni di largo consumo e imposte fondiarie. Alla morte di Cromwell (3.09.58) lo succedette il figlio Richard, un incapace che presto abdicò; l’unica soluzione fu il richiamo di Carlo 2 che firmò la dichiarazione di Breda (04.66) e si impegnò a 46 governare di concerto col Parlamento, concedere l’amnistia e tollerare una certa libertà religiosa. 5. La Francia a metà Seicento: il governo di Mazzarino e la Fronda: L’aumento della pressione fiscale imposto da Richelieu ai Fr aveva provocato rivolte popolari estese. Un carattere particolare ebbero i disordini della “Fronda” (da fronde, fionda) che videro protagonisti le classi dirigenti e interessarono la maggior parte del Paese. Morti Richelieu (12.42) e Luigi 13 (05.43) la reggenza del piccolo Luigi 14 venne affidata alla vedova Anna d’Austria, che la girò a Giulio Mazzarino, cardinale abruzzese, creatura di Richelieu del quale mantenne l’indirizzo politico, sostituendo la durezza con la diplomazia ed il compromesso ed ereditandone l’impopolarità, aumentata dalla provenienza straniera. Come già con Maria de Medici la nobiltà prese ad agitarsi: gli officers protestavano contro l’autorità degli intendenti e la continua creazione di nuove cariche; i rentiers (detentori di cartelle di debito pubblico) lamentavano i ritardi nei pagamenti dei loro interessi; tutti denunciavano l’arricchimento smoderato di finanziari e appaltatori di imposte. La situazione si fece esplosiva nel 48 quando, di fronte a un nuovo pacchetto di misure fiscali, il Parlamento prese la testa dell’opposizione e concertò con le corti della capitale un programma di riforme. Le rivendicazioni dei 27 articoli avevano analogie con quelle Ing, sebbene i due Parlamenti fossero molto diversi (in Fr era solo un tribunale d’appello, senza carattere rappresentativo): soppressione degli intendenti; diminuzione delle imposte; rifiuto del sistema di appalti; invalidità delle tasse senza approvazione parlamentare; illegalità degli arresti arbitrari. Un programma che avrebbe potuto bloccare il progetto di assolutismo della monarchia per cui Mazzarino decretò l’arresto di un popolare esponente della magistratura, Pierre Broussel, scatenando la ribellione della piazza (27-28.08), che costrinse la corte a lasciare Parigi e fermare la Dichiarazione regia del 22.10, con cui cedeva alle richieste. La pace di Saint-Germani del 1.04.49 chiudeva la Fronda “parlamentare”, con l’apparente sconfitta del re, ma le ambizioni dei nobili ed il loro odio verso Mazzarino accesero la Fronda “dei principi” (50-53). A differenza della prima in questa non si vede un disegno politico organico per via delle mutevoli alleanze. A pagarne il prezzo furono le campagna, colpite da violenza, saccheggi e la carestia del 51-52. Alla fine fu l’esaurimento generale a riportare la pace nel paese e consentire a Mazzarino e regina di tornare trionfalmente nella capitale (02.53). Il fallimento della Fronda aveva dimostrato al Paese che solo la monarchia era garanzia contro l’anarchia. Rimaneva aperta la questione Sp, ma grazia all’intervento militare di Cromwell e alla situazione di crisi Mazzarino fu in grado di imporre a Madrid la pace dei Pirenie (69) e veniva stipulato il matrimonio tra Luigi 14 e la figlia di Filippo 4, Maria Teresa, cui sarebbero dovuti andare 500.000 scudi in cambio della rinuncia di questa a qualunque parte dell’eredità Sp. 6. Le rivolte nella penisola iberica: Tra 37-43 le sorti della guerra Sp-Ol girarono a favore della II. Questo anche per via delle rivolte popolari scoppiate all’estremità est e ovest della penisola iberica, in Catalogna e Prtg. La I si considera tutt’oggi una nazione distinta dalla Castiglia, diversa per lingua, tradizione, cultura, istituzioni, privilegi ed autonomie così quando nel 40 Olivares volle imporre mutamenti centralisti ella insorse con l’appoggio della Fr; nel 01.41 si firmò l’unione alla monarchia Borbone, pur col mantenimento di leggi ed istituzioni originarie. Intanto anche il Prtg approfittò della situazione e alla chiamata alle armi dell’1.12.40 rispose con un’insurrezione che portò alla proclamazione dell’indipendenza, con re Giovanni 4. La monarchia Sp, esausta, non fu in grado di reagire e Filippo 4 fu costretto a licenziare Olivares per il disastro (43). Nel 47 nuove rivolte scoppiarono a Napoli e in Aragona ed il governo cadde in bancarotta per debiti. Nel 49 infine una pestilenza ridusse di un terzo la popolazione di Castiglia! La riconquista della Catalogna fu possibile con il mutamento della situazione internazionale (Pace di vestfalia e Fronda Fr) ma soprattutto per timore dei nobili catalani, intimoriti del mutamento della rivolta da separatista a sociale, tra ricchi e poveri. Vani invece furono gli sforzi in Prtg che, dopo una lunga guerra, verrà riconosciuto indipendente nel 68. La Castiglia uscì distrutta e finanziariamente spossata da 40 anni di guerre e segnò la fine della grandezza dei re di Sp. 47 13. L’Italia del Seicento 1. La popolazione e le attività economiche: Demografia e vita economica sono i settori in cui più evidenti appaiono le tendenze involutive dell’Ita nel 600. La prosperità si era basata sull’esportazione di articoli di lusso (+ tessuti) e furono queste attività ad essere più colpite dalla crisi. Il declino fu particolarmente grave nel settore laniero ed in quello dell’industria serica, salvo poche eccezioni (tessuti con oro e argento a Mi e Ven; garze e veli a Bologna). Altri elementi potrebbero attenuare l’idea del crollo generale dell’economia urbana (mantenimento di industrie di alto livello come le carrozze di Mi o i vetri di Murano) ma è incontestabile la fortissima contrazione complessiva delle lavorazioni industriali d’esportazione e la conseguenze perdita di attività commerciali-bancarie-assicurative ad esse legate. Quali furono le cause? Le manifatture di Ven, Mi, Fi, Gen furono vittime della concorrenza dell’Ue nord-ovest. In queste aree era avvenuta la conversione verso prodotti meno costosi e più richiesti (new draperies) e le attività lavorative si erano spostate nelle campagne. L’Ita rimase invece attaccata all’orgogliosa tradizione di pezzi eccellenti ma fuori moda, vincolata anche dai rigidi regolamenti corporativi. Minor rilievo invece ebbero le esigenze fiscali dei governi, a seconda delle zone ovviamente. Effetti devastanti ebbero anche la guerra dei 30 anni (la Ger era uno dei mercati più importanti per l’Ita) e delle pestilenze del 30-31 (nord) e 56-57(centro e mezzogiorno) che ridussero di un quarto la popolazione e colpirono in particolare le città. I vuoti della peste tuttavia furono colmati abbastanza rapidamente, tanto che a fine secolo si era tornati ai livelli normali (13 milioni). Furono le campagne, più che le città ad essere ripopolate; nel complesso l’agricoltura resse meglio di industria e commercio, nonostante le frequenti carestie climatiche. La diminuita richiesta di grani – per via del calo demografico – favorì la vite, il riso, il gelso ed il mais (+ Veneto). Il gelso in particolare proliferò con l’allevamento del baco da seta, il settore più dinamico in quel momento e che stimolò la diffusione delle prime fasi della lavorazione della seta: la trattura (estrazione della seta dal bozzolo in acqua calda) e la torcitura del filo(per renderlo uniforme). La II sfruttava i mulini “alla bolognese”, a forza idraulica, che davano da lavorare a 10ne di operai. Oltre a queste vi erano altre attività industriali che divennero fiorenti: filatura e tessitura di lino e canapa; produzione di tessuti di lana e cotone; fabbricazione di chiodi e attrezzi in ferro. Sono tutti elementi positivi ma che non compensano il crollo dell’economia urbana; bisogna inoltre considerare che il Mezzogiorno rimase fuori da questi sviluppi, schiacciato da baroni e Sp. 2. La vita sociale e la cultura: Con l’involuzione economica si allarga il baratro tra i ricchi fondiari (nobiltà e clero) e le classi subalterne (contadini e bottegai). Tipica del 600 è la tendenza a preferire il profitto di rendita (terra e titoli di debito pubblico) a quella di industria e commercio; il fenomeno è dovuto all’ascesa, dal 20, de prezzi agricoli e poi dalle difficoltà di mercanti e manifatturieri ma anche alla diffusione nell’aristocrazia dell’ideale Sp: disprezzo per il lavoro manuale, onore, duelli, “bravi” mandati dal nobile a dar bastonate. 50 che rafforzò il controllo del governo centrale e diede impulso a diverse iniziative di carattere mercantilistico. Nel Granducato di Tosca invece i progressi verso lo Stato moderno di Ferdinando 1 si arrestarono coi successori, che si appoggiarono alle vecchie famiglie aristocratiche ed ai legami con la Santa Sede. Le arti cittadine andarono in declino, mentre nelle campagne dominò il rapporto mezzadrile, che ostacolava le innovazioni e creava rapporti semifeudali tra coloni e proprietari. Al clima conformista e bigotto della corte si sottrasse solo l’Università di Pisa, mantenendo una linea galileiana, giusnaturalistica e cartesiana. 6. Le repubbliche oligarchiche e lo Stato della Chiesa: Gli indirizzi politici adottati dal partito dei “giovani” nella Repubblica di Ven determinarono una tensione con la Chiesa, che contestava il suo dominio dell’Adriatico e le nuove leggi (come la proibizione di costruire chiese senza consenso governativo) lesive della libertà ecclesiastica. Così l’arresto di due preti – rei di reati comuni – ed il rifiuto di consegnarli portò la scomunica da parte di papa Paolo 5 dei due governanti Ven e l’interdetto (1606), cioè la proibizione di celebrare funzioni ecclesiastiche in Veneto. Il clero veneto non ubbidì – eccetto i gesuiti che furono scacciati – ma l’intervento delle maggiori potenze cattoliche (Fr e Sp) portò ad un compromesso da cui Ven usciva a testa alta. Per il resto non ci furono risultati di rilievo, se non l’aver convinto gli Asburgo a togliere l’appoggio agli uscocchi, pirati slavi nell’Adriatico. Il declino di traffici e manifatture, la perdita di concorrenzialità e la fuga dei capitali verso terra, indusse i dirigenti Ven a una politica neutrale e di conservazione; non fu certo per iniziativa ma per difesa di uno degli ultimi avamposti nel Mediterraneo est che combatterono (e persero) la lunga e costosa guerra di Gradisca (64-69) contro gli ottomani. Importante ripercussione di questa guerra fu l’aggregazione – per necessità finanziaria – di famiglie dell’entroterra nel patriziato Ven, dietro pagamento; poteva essere l’inizio di un’apertura della città dominante a quelle suddite ma fu solo un caso isolato, prima che l’emergenza finisse e si tornasse alla classica chiusura. La perdita di peso economico alimentò le tendenze centrifughe e Ven, ridotta a porto regionale, contrastata nell’Adriatico da Ancona e Ragusa, colpita da alta mortalità e dalla crisi manifatturiera; tuttavia mantenne un tessuto artigianale ricco e variegato e attirava sempre più visitatori col suo splendore e le sue feste. Quanto allo Stato Ponteficio anche qui si esaurisce la spinta all’accentramento. Dopo l’annessione di Ferrara seguì nel 31 quella del Ducato di Urbino, con l’estinzione dei Della Rovere ma il largo territorio rimase diviso: mentre a nord dell’Appennino dominava il sistema mezzadrile, in Lazio vi erano enormi latifondi delle casate romane. A questa desolazione faceva contrasto lo splendore della capitale, mantenuto con imposte e vendita di “luoghi di monte” (titoli del debito pubblico a rendita vitalizia o perpetua). Nella II metà 1600 il prestigio internazionale del papato andò declinando, per la mancanza di una continuità dinastica in contrasto coi tentativi di accentramento del potere interno. 51 14. Imperi e civiltà dell’Asia tra XVI e XVIII secolo 1. La Cina sotto le dinastie Ming e Manciù: Nel 1600 almeno 370 milioni di abitanti (2/3) del mondo erano in Asia. I suoi popoli avevano generato grandi e millenarie civiltà, per certi aspetti più evolute di quelle occidentali e con profonde differenze economico-sociali, di religione e cultura. La più antica, prestigiosa e fiorente in quel periodo era quella del “Celeste Impero” cinese. Il suo popolo era raddoppiato per via del perfezionamento della coltura del riso che, grazie all’irrigazione, poteva dare due raccolti l’anno, occupando un gran numero di persone e rispondendo alle esigenze della gran densità. Inoltre si coltivava frumento, soia, tè, cotone e si allevavano per lo più suini, pollame e pesce, senza utilizzo del bestiame da lavoro, a differenza della Ue. La centralità dell’agricoltura non impedì l’accumulo di sofisticate conoscenze tecniche e artigianali: bussola ad ago magnetico, carta, stampa, polvere da sparo. I cinesi erano irraggiungibili anche in: fusione del ferro, manifattura di porcellane, tessitura serica. Grande impulso subì il commercio verso l’interno, il Jap, l’Indonesia e l’India. Le condizioni di pace e stabilità erano assicurate dalla dinastia Ming e alla loro diffusione del confucianesimo, che esaltava l’obbedienza e la sottomissione gerarchica. Essi trasfeirono la capitale da Nanchino a Pechino. Il potere, teoricamente, era in mano all’imperatore – “Figlio del Cielo” – ma l’esecuzione dei suoi ordini nelle 15 provincie toccava a una classe di letterati- burocratici, eletti per concorso con esami difficilissimi; essi si rifacevano poi delle fatiche con corruzione e malversazione. Andavano inoltre acquisendo potere gli eunuchi di corte, che influivano sugli affari e formavano una sorta di polizia segreta. Il crescente prelievo fiscale, l’incremento demografico e le carestie portarono al peggioramento delle condizioni di vita dei contadini, provocando estese rivolte. Dell’anarchia approfittarono i manciù (dalla Manciuria, salda unità statale) che invasero Pechino. L’ultimo imperatore Ming si uccise nel 44 ed ebbe inizio la dinastia Q’ing, destinata a regnare fino alla fine del Celeste Impero (1911). I manciù imposero il loro dominio obbligando i cinesi a portare come segno di riconoscimento il cranio metà rasato ed il codino; il loro numero però era troppo scarso per mantenere una distinzione etnica e la burocrazia cinese si rivelò indispensabile. Gli esami di concorso furono così ristabiliti come anche la tradizione confuciana. La popolazione riprese a crescere a fronte dell’introduzione di mais e patete e del perfezionamento della risicoltura. Nel 1700 la Cina raggiunse la massima estensione, suscitando in occidente ammirazione per la sua immagine di ordine, prosperità e potenza che nascondeva invece un irrigidimento crescente delle strutture economico-sociali ed un esasperato tradizionalismo intellettuale-tecnologico, che condanneranno alla stagnazione e al declino la civiltà. 2. Il Giappone nell’<<era Tokugawa>>: Lo Stato giapponese si era costituito nel 1600 su modello cinese, prendendo anche il buddhismo e mischiandolo allo scintoismo (religione indigena politeista). Diversamente che in Cina nel medioevo l’autorità dei funzionari regi venne eclissata da quella dei grandi signori feudali (daimyo), che contavano sulla devozione dei sudditi ed i servizi della classe di guerrieri di professione (samurai o bushi). La frammentazione del potere, il vassallaggio e le guerre 52 continue determinarono qui una situazione a quella della Ue feudale. Dal 1100 accanto all’imperatore (mikado) – remoto e inaccessibile a Kyoto – troviamo il “generalissimo” (shogun), esponente della maggior casata feudale, che deteneva il vero potere. Questo portò a una serie di guerre intestine finchè nel 1603 non divenne shogun Tokugawa Ieyasu, che lo tenne in famiglia fino al 1867. Questo periodo è noto come “Era Tokugawa” o Edo, dal nome della nuova capitale (Tokyo). Essa fu caratterizzata da una coesistenza di strutture feudali e accentramento statale: la Famiglia controllava direttamente 1/3 del Paese, gli altri 2 erano suddivisi tra 250 daimyo. Questi esercitavano potere assoluto nelle loro terre e prelevavano tributi ai contadini per mantenere la corte e i samurai; la loro fedeltà era assicurata dall’obbligo di lasciare dei familiari a Edo come ostaggi e di trasfervisici periodicamente essi stessi. Altro carattere distintivo fu la chiusura delle frontiere: era proibito ai Jap di andare all’estero e i missionari Ue furono scacciati o uccisi. I rapporti commerciali vennero ridotti al minimo ma l’economia continuò a svilupparsi grazie al vasto mercato interno. Benchè i mercanti fossero all’ultimo posto della gerarchia le esigenze di beni e credito dei damyo e l’introduzione di colture da mercato (cotone, tè, canna da zucchero) favorirono la crescita di una borghesia degli affari e di attività manifatturiere. Parallelamente si allargava nei villaggio lo spacco tra coltivatori facoltosi – detentori di grandi tenute – e le masse di contadini poveri – ridotti a braccianti. Nel Jap quindi maturano le condizioni per il sistema capitalistico, ma ci vorrà il crollo del feudalesimo e la riapertura dei contatti con l’esterno per realizzarlo, solo a 800 inoltrato. 3. L’impero moghul in India: Il subcontinente indiano era un grande serbatoio di gente (160 mln di persone nel 1700) ed un crogiolo di razze, lingue e religioni diverse. Dall’8 sec si diffuse, con le conquiste turche, l’islamismo che aveva il vantaggio di rifiutare la divisione della società in caste (tutt’oggi fortemente radicata nella mente indù). A complicare la situazione si aggiunsero il movimento sikh (monoteismo con proselitismo militante)e la comparsa del cristianesimo, portato da mercanti e missionari Ue. Al pluralismo religioso faceva riscontro la frammentazione politica: 1) a nord (Delhi) c’era un sultanato turco-musulmano che doveva fare i conti con la bellicosa aristocrazia semifeudale e guerriera dei rajput; 2) a sud l’impero di Vijayanagar; 3) nel centro una dozzina di Stati minori nel centro-ovest. Il precario equilibrio fu rotto dal capo militare afghano Babur che tra il 1526-30 gettò le fondamenta dell’impero moghul, che durerà fino al 1700. Il suo maggior esponente fu Akbar il Grande che sottomise l’india centro-ovest e diede a questo territorio una forma statale relativamente salda, grazie alla formazione di una burocrazia civile-militare mista tra conquistatori musulmani e aristocrazia indiana. Egli si sforzò per la integrazione tra le due religioni abolendo l’imposta islamica sugli infedeli e promuovendo un nuovo culto che univa elementi di entrambe e si centrava sulla divinizzazione del monarca. L’arretratezza dell’agricoltura, il prelievo fiscale, la pressione demografica e le calamità naturali (inondazioni) mantenevano le masse contadine in estrema miseria. Notevole fu invece lo sviluppo manifatturiero, stimolato dallo sfarzo della classe dirigente e dalla crescente domanda Ue; con gli scambi si formò una classe media di mercanti,usurai e armatori di navi che alcuni paragonano alla borghesia Ue. L’apogeo moghul coincise con il regno di Aurangzeb (Gran Mogol) che unificò quasi tutto il subcontinente e favorì uno splendore artistico che impressionava gli Ue. Con la morte nel 1712 dell’erede l’impero si sfasciò; nel 1736 Delhi fu presa dai persiani, mentre nuove invasioni partivano dall’Afghanistan e Fr e Ing cominciavano la loro penetrazione. 4. La Persia e l’impero ottomano: A dividere la Persia non era solo il Caucaso ma la lotta religiosa tra sciiti e sunniti. Successi importanti furono quelli di Abbas il Grande che ottenne successi militari, trasferì la capita a Isfahan, diede impulso ad architettura e all’economia (tappeti pregiati e sete), fece costruire porti e canali per l’irrigazione; gran parte della popolazione rimase però allo stato nomade- pastorale. Nel 1722 la dinastia safawide venne rovesciata da Nadir Shah e ne seguì un periodo di lotte intestine. La preoccupazione per il fronte orientale spinse gli 8mani a chiudere nel 1606 senza vantaggi la guerra con gli Asburgo; la fine dell’espansione portò a crisi per questa formazione politica basata su “guerra santa” e conquista: i giannizzeri persero la disciplina e si ribellarono spesso per avere aumenti di paga e privilegi; i timar vennero concessi a cortigiani e nobili invece che ai guerrieri; gli uffici statali furono corrotti. 55 d’origine; gli stessi governatori provinciali (+nobili) vennero trattenuti per dare carta bianca agli intendenti. Fatto sta che non ci furono episodi di anarachia feudale come la Fronda durante il regno di Luigi; i nobili cercavano il sorriso del re piuttosto che la lotta. Fuori di qui vi erano 20 mln di Fr (1/5 del totale Ue) da cui il Re traeva soldati e denaro. Oltre l’80% di loro viveva della terra. Le tecniche agricole non erano variate dal Basso Medioevo e scarseggiava il concime visto il poco allevamento. Tra le colture specializzate la più importante era la vite, che esigeva molto lavoro contadino. Investimenti consistenti si vedevano solo nelle aree contigue ai PB. La scarsa produttività agricola era legata alla struttura della proprietà, alle arretrate forme di conduzione e ai forti prelievi fiscali. Il “contadino tipo” si occupava di un fazzoletto di terra, allevava qualche animale da cortile e arrotondava con lavori a giornata o a domicilio (filatura e tessitura). A parte la rendita riscossa dal padrone del fondo il frutto di queste attività andava in prelievi in quote del 20-60%. Il feudatario del luogo esigeva un censo annuo delle sue terre e localmente una quota del raccolto (champart), servizi gratuiti (corvèes), tasse di successione, percentuali sulla compravendita dei poderi; monopolio delle attività di trasformazione dei prodotti del suolo (mulini, frantoi, forni), della caccia e della pesca. A questi diritti signorili si aggiungevano le decime ecclesiastiche e il prelievo statale con imposte dirette(taglia)o indirette(dazi,gabelle su sale e alcolici). Non stupisce che la maggioranza dei campagnoli vivesse ai limiti della sussistenza, in preda a cattive annate e carestie. Se a queste si aggiungono la scarsa industria, le lunghe guerre, la crisi economica si capisce come lo sfarzo e la gloria del Re Sole portarono scarsi benefici ai contadini. 3. La direzione dell’economia: Colbert prese il controllo delle finanze con due obiettivi: rimadiare al debito dei conti pubblici e rilanciare l’economia stagnante. Una delle prime e clamorose iniziative di Luigi fu l’apertura di una Camera di giustizia straordinaria per indagare sugli illeciti di finanzieri, appaltatori e riscossori; fu possibile, con multe e confische, rastrellare decine di milioni. L’incremento delle entrate permise di ridurre di 1/3 la taglia e raggiungere un pareggio entrate-uscite (che tornerà poi in rosso con le nuove guerre). Nella visione mercantilista di C il risanamento finanziario doveva eliminare i debiti ma anche favorire un deciso intervento dello Stato a favore dell’economia. L’agricoltura aveva il compito di fornire viveri a basso costo per mantenere bassi i salari della manodopera(per questo i contadini furono ignorati) e concentrare le finanze sul commercio con l’estero. Per arrivare a questo obiettivo C fissò diversi punti: A) Controllo sulla qualità dei prodotti (stretti regolamenti, ispezioni e marchi di fabbrica) e sulla manodopera (disciplina ferra e reclusione coatta dei mendicanti nelle case di lavoro). B) Sovvenzioni e privilegi agli imprenditori che introducono nuovi rami d’industria e creazione di imprese con capitale pubblico (manifatture regie). C) Protezionismo doganale: alti dazi su manufatti stranieri per scoraggiare le importazioni. D) Costituzione di Compagnie privilegiate per il commercio con le varie aree del globo. E) Sviluppo della marina mercantile e militare; F) Potenziamento delle infrastrutture per la circolazione delle merci: strade, canali, porti, uffici postali. L’attività di C non ebbe immediato successo – a causa della sua precoce morte (83), della crisi e delle guerre interminabili – ma molte sue iniziative, in un futuro clima più favorevole, fruttarono molto: nel 1800 l’impulso dato ai trasporti e al commercio con le colonie divennero i settori più dinamici dell’economia Fr. 4. La direzione delle coscienze: Il regno di Luigi è caratterizzato dallo sforzo (vano) di formulare regole per tutti, imporre ordine e uniformità nei comportamenti ma anche nei gusti e nelle idee. A questo puntano le Accademie Reali, i precetti e divieti in materia di stampa e insegnamento. Lo stesso valse per la vita religiosa dove Luigi dovette vedersela con 3 problemi: la diffusione dei giansenisti a Parigi; gli ugonotti; i contrasti con Roma. I giansen(tra i simpatizzanti, Blaise Pascal) sostenevano l’interiorità della fede contro le devozioni esteriori, seguivano S. Agostino e sostenevano la teoria della grazia come dono di salvezza concesso a pochi. La condanna di questo movimento da Roma avvenne nel 1711, con la sua dispersione e la distruzione del loro convento; il giansen ormai però era diffuso nel medio-basso clero, come forma di opposizione al centralismo papale e rivendicazione dell’autonomia di vescovi e parroci. 56 Il giansen godette di una tregua grazie al suo sostegno alla monarchia nella questione della régale, il diritto regio di percepire le rendite ed i benefici ecclesiastici dei seggi vescovili vacanti fino all’arrivo del successore. Nel 1673 Luigi estese questo diritto a tutte le nuove diocesi; nell’82 un’assemblea del clero francese approvò una dichiarazione in 4 articoli che affermava la superiorità del concilio sul Papa e negava la sua infallibilità. Ne venne una controversia con Roma che si concluse dopo 10 anni con il riconoscimento della régale ma senza risolvere la questione spinosa di fondo dei 4 articoli. Una questione più grave era quella della forte presenza protestante: gli ugonotti erano un milione in Fr e a sud-ovest costituivano la maggioranza della popolazione. Dopo varie restrizioni interpretative all’Editto di Nantes nell’85 venne emanato l’editto di Fontainebleau, che annullava il precedente e faceva obbligo a tutti i Fr di praticare il culto cattolico. 200ml ugonotti (artigiani,mercanti,professionisti) fuggirono, portando le loro conoscenze in Ol, Ing e Prussia. In Fr il calvinismo sopravvisse dunque clandestinamente. 5. La gloria militare: le guerre di Luigi XIV: La coesione interna serviva a Luigi per ottenere l’egemonia esterna. Ingenti somme vennero spese dai sui agenti per comprarsi (con corruzioni e rivolte istigate nei Paesi nemici) l’alleanza dei ted, degli Stati baltici e del re di Ing Carlo 2. Assai maggiori furono ovviamente quelle militari. L’esercito fu riorganizzato: i suoi effettivi passarono da 65ml a 400ml in 50 anni; alle v e c c h i e f o r m e d i r e c l u t a m e n t o ( v o l o n t a r i a t o ; a r r u o l a m e n t o f o r z a t o d i vagabondi,disoccupati,orfani; acquisto di mercenari) si aggiunse nell’88 un embrione di coscrizione obbligatoria, la “milizia” con compiti di difesa locale, basata sul sorteggio tra i celibi di ogni parrocchia; i soldati ottennero uniformi, armamenti, equipaggi e logistica efficienti; grande sviluppo ebbero l’artiglieria ed il genio; le piazzaforti vennero fortificate dal più grande architetto militare di allora, Sebastien Le Prestre. La I occasione di prova fu la “guerra di devoluzione” contro la Sp,basata sulla rivendicazione di parte dell’eredità Sp da parte di Luigi, in quanto marito di Maria Teresa, figlia del defunto re di Sp Fil4. L’occupazione Fr del sud PB (67) preoccupò Ol, Ing e Imp, che esercitarono pressioni per cessare la lotta; con la pace di Aquisgrana (68) vennero riconosciute le conquiste Fr nelle Fiandre. Ma il risentimento di Luigi verso l’Ol – che aveva sabotato la politica di Colbert – li riportò presto in armi. Nel marzo 72 Fr, Ing e Sve dichiararono guerra alle PU; all’invasione l’Ol rispose aprendo le dighe di Utrecht e Gheldria, trasformando l’Ol in un’isola. Infine la forza del statolder Guglielmo 3 d’Orange; l’entrata in guerra di Sp e Imp contro la Fr; la decisione Ing di firmare una pace separata con l’Ol e la sconfitta della Sve, costrinse Luigi a firmare la pace di Nimega (78), con cui comunque otteneva la Franca Contea e altri lembi di Fiandre dalla Sp. Luigi riprese subito la sua politica d’espansione, mirando all’Imp (occupazione di Strasburgo e Casale) e alla Sp (bombardamento via mare di Gen, sua alleata). Di fronte all’aggressione si formò una nuova coalizione Ue, spinta dalla persecuzione degli ugonotti: nel 07.86 ad Augusta nacque una lega difensiva tra Sp, Imp, Sve e Ol. Erano poste le basi per un nuovo conflitto continentale. Il fattore scatenante fu l’invasione del Palatinato nell’88. Nell’89 si unirono anche Ing – con il nuovo re Guglielmo d’Orange – e il duca di Savoia –per liberarsi della tutela Fr. All’inizio la Fr era in vantaggio ma poi subirono sconfitte a Boyle, contro la flotta Ing ed incontrarono una dura resistenza nei PB. Nel 96 Luigi fece una pace separata con i Savoia, dando loro il Pinerolo. A Ryswick nel 97 venne firmata la pace generale, che ristabiliva gli assetti iniziali e annullava molto annessioni Fr degli anni 80. 6. Il tramonto del Re Sole: Il peso della guerra divenne per il popolo insostenibile. Non bastando i vecchi espedienti per far denaro vennero introdotte nuove tassi: la capitazione (sull’individuo) e il decimo (prelievo percentuale di qualsiasi reddito). Al malessere generale (carestie e miseria) fa riscontro l’incupirsi di Versailles, con il re vecchio preda di gesuiti e amanti. L’opposizione al suo assolutismo si manifestò con: sommosse popolari spontanee; condanne degli economisti a una politica che sacrificava l’agricoltura e imbrigliava ogni attività con divieti e regolamenti; richieste pressanti di partecipazione politica dall’alta aristocrazia e dal clero. Gli ultimi anni furono segnati dalle guerre dinastiche Sp, dai lutti e dal declino finchè alla morte di Luigi (1.09.1715) a Parigi e dintorni ci furono feste per la sua morte. Il successore era un bambino, 57 Luigi d’Angiò, II figlio del duca di Borgogna; si prospettava quindi un’altra reggenza (3 in 100 anni e +). 16. I nuovi equilibri europei tra Sei e Settecento 1. La “gloriosa rivoluzione” e l’ascesa della potenza inglese: La monarchia Stuart fu restaurata nel 1660 con un compromesso col Parlamento, dal quale dipendeva per le spese extra. Carlo 2 ebbe una certa autonomia grazie all’incremento delle entrate (nuovi traffici) e al patto con la Fr (Dover, 70) per cui, in cambio di un forte sussidio annuo, garantiva appoggio contro l’Ol per restaurare il cattolicesimo oltremanica. Il patto era segreto ma le inclinazioni filo cattoliche del re furono presto evidenti e suscitarono il malcontento popolare, aumentato dal fatto che non c’erano figli maschi e l’erede era il fratello Giacomo, fervente cattolico. Di fronte ai problemi religioso-dinastici si formarono due schieramenti destinati a diventare i maggiori partiti Ing: i tories (sostenitori della monarchia per diritto divino, del diritto dinastico e della chiesa anglicana) e gli wighs (sostenitori del Parlamento, a favore dell’allargamento religioso a un vasto fronte protestante). Dopo l’80 la politica regia prese indirizzi assolutistici, il Parlamento venne sciolto più volte per contrastare una legge diretta a escludere i cattolici dalla successione al trono, mentre gli oppositori venivano perseguitati dai giudici del re. Morto Carlo, Giaco 2 rafforzò subito l’esercito, ne mise a capo i cattolici, abolì il Test Act (che vietava le cariche militari-pubbliche ai cattolici) ed ebbe un figlio maschio, dando luce al radicamento di una dinastia cattolica. I capi dei partiti si appellarono allora allo statolder Guglielmo 3, che aveva sposato la figlia di Giaco (Maria Stuart); egli mandò subito una spedizione militare che nell’88 sbarcò, costringendo Giaco alla fuga in Fr. Il Parlamento dichiarò il trono vacante e offrì la corona a Guglielmo e Maria, con la condizione della Dichiarazione dei diritti (89) la quale riaffermava l’illegalità di atti legislativi, prelievi,arruolamenti non autorizzati dal Parlamento e ristabiliva il carattere libero delle elezioni, delle discussioni parlamentari e dei giudici. Alla Dichiarazione seguirono l’Atto di tolleranza (abrogava le pene per il dissenso religioso, eccetto che verso i cattolici), il Triennal Act (64, imponeva l’elezione di un Parlamento ogni 3 anni); abolizione della censura di stampa (95); Act of Settlement (1701, fissava l’ordine di successione al trono in modo da escluderne i cattolici). La “gloriosa rivoluzione” dell’88-89 (così chiamata perché non comportò stragi di sangue) fu una svolta decisiva nella storia Ing perché sbarrò per sempre la strada all’assolutismo e apriva la via a un governo di tipo parlamente. Fautore di questa teoria fu il filosofo John Locke. Il cambio al vertice portò a lunghe guerre contro la Fr, fino al 1713. L’espansione delle spese militari portò a novità in campo fiscale e amministrativo. Fu introdotta la “accisa” una tassa su generi di largo consumo (cuoio e sale) ed una tassa fondiaria basata sul reddito presunto. Ci fu una forte crescita del debito pubblico per la cui gestione venne fondata la Banca di Ing. L’amministrazione di finanze, flotta, esercito chiese la costituzione di una burocrazia statale mai vista. Il fatto che le imposte pesassero molto sulla gentry vide questa appoggiarsi ai tory contro la politica estera aggressiva degli wighs. Questo conflitto assunse i toni di un conflitto, per tutto il 1700,tra il “Partito del Paese” (contro le spese, gli abusi e la corruzione) e quello “della corte”, formato da coloro che beneficiavano del favore del re e dei suoi ministri. Le guerre e le spese non incisero però sull’economia Ing, che continuò a svilupparsi a ritmi sostenuti: la stasi della popolazione e l’incremento della produttività agricola lo trasformarono in un Paese esportatore di cereali; il ribasso dei prezzi diede maggior potere d’acquisto agli 60 Il Brandeburgo – allargato per effetto della pace di Vestfalia- era costituito da territori discontinui ed eterogenei, ciascuno dei quali aveva i propri “ceti” che si occupavano di amministrazione e imposte, ignorando gli interessi generali. Solo dopo lunghi negoziati e in cambio della riconferma dei loro privilegi e giurisdizione sui contadini, l’elettore Federico Guglielmo di Hohenzollern ottenne dai nobili della Dieta i mezzi per formare un piccolo esercito permanente. Nel 1660 approfittando della debolezza Sve acquisì la piena sovranità della Prussia. Nelle campagne i grandi proprietari terrieri (Junker) esercitavano un dominio assoluto sui contadini, che lavoravano gratuitamente, e da questo patto uscirono rafforzati e impiegati al servizio del re come ufficiali dell’esercito. Nel 1701 Guglielmo – figlio di Federico – ottenne dall’alleanza antiFr (Imp) nella successione Sp, il titolo di re di di Pr. L’ascesa della Pr si vide tuttavia con Federico Guglielmo il “re sergente” per la sua passione militare. Federico ridusse al minimo le spese di corte, curò un forte esercito, introdusse la coscrizione obbligatoria e divise il regno in distretti militari ed una ferrea disciplina. I mezzi per il mantenimento si ottennero dal demanio regio (terre dello Stato in affitto) e dalla riorganizzazione delle due imposte principali. Per il reclutamento e la riscossione furono istituiti nuovi commissari regi nelle città e commissari rurali dei Junker nelle campagne, che furono tutti sottoposti alle Camere provinciali della guerra e del demanio. Al vertice dell’amministrazione fu istituito nel 23 il Direttorio generale della guerra, delle finanze e del demanio. La burocrazia era scelta tra la borghesia colta e sottoposta alla volontà del re. 17. Una nuova epoca di espansione 1. L’aumento della popolazione europea: I fenomeni di regresso ebbero termine nella I metà del 1700. In seguito tutta la Ue ha un moto espansivo irreversibile – a differenza di quello del 500 – perché non gli segue una fase di arresto ma un’ulteriore accelerazione, + demografica (dal 700 all’800 la popolazione passò da 115mln a 188,63.5%). Crebbero anche Asia e Am quindi non si devono scartare spiegazioni globali, come la teoria di un generale miglioramento del clima dopo la “piccola glaciazione” secentesca. Gli studiosi spiegavano la crescita demografica con un calo della mortalità dovuto a miglior alimentazioni, condizioni igenico-sanitarie e alla minor incidenza dei 3 flagelli (peste, guerra,fame). In effetti: 1) la peste scomparve a inizio 1700 per immunizzazione degli organismi, efficienza dei cordoni sanitari governativi e rarefazione del ratto nero; rimanevano però altre malattie epidemiche allora incurabili (infezioni polmonari, tifo, difterite,vaiolo). 2) il calo delle carestie è motivato non solo dal miglioramento del tenore di vita ma anche dalla maggiore rapidità nei trasporti e negli interventi governativi nelle aree colpite; 3) le guerre del 1700 fecero meno danni e vittime perché ebbero carattere localizzato e furono segnate da una maggior disciplina degli eserciti. Di recente però altri vedono nell’aumento della natalità la causa principale dell’incremento demografico, che si può spiegare con il calo dell’età del matrimonio della donna (da 26 a 24 anni) e nella diminuzione del celibato; tali fenomeni sono legati alla diffusione del lavoro salariato, che fece saltare gli ostacoli economici che impedivano le nozze. Rimane da chiarire il primato di paesi demografici arretrati, come l’Ir che – pur essendo povera e sfruttata – in un anno triplicò la sua popolazione. Il motivo può essere la diffusione della patata che oltre a costituire una dieta equilibrata con il latte dava alti rendimenti che permettevano alle famiglie di guadagnare oltre che di sussistere. Tutto ciò condurrà a matrimoni precoci mentre il fallimento di 2 anni di raccolti dal 1846 darà una catastrofe demografica. 2. L’evoluzione dell’agricoltura: Non solo la patata ma anche mais, granoturco e grano saraceno – cereali dai grandi rendimenti – si diffusero nella Ue popolare e accompagnarono il balzo demografico; per il resto furono l’estensione della superficie coltivata e l’intensificazione del lavoro contadino a dare un aumento di produzione agricola. I rendimenti rimasero invece modesti, con una generale scarsità di concime animale, cui si cercava di supplire con materiali vari (alghe,rifiuti,calce, cenere) e con la ripetizione di arature e vangature; ancora predominanti erano la rotazione triennale e il sistema dei campi aperti. Rispetto al 600 però si allargano le aree ad agricoltura intensiva e produttiva. In Ita si riscontra un’espansione verso Veneto e Piemonte delle tecniche lombare: l’abbondanza di acqua permette la coltivazione del riso e delle piante foraggere, che danno più fieno, più 61 mucche e più concime. Le proprietà fertilizzanti di piante come trifoglio,erba medica e lupinella – che restituiscono alla terra l’azoto prelevalo dalle cerealicole – elevano i rendimenti delle II. Con rotazioni complesse di 9-12 anni si possono così coltivare nello stesso terreno mais e frumento o desinare una parte del fondo a marcita (un prato coperto da un velo d’acqua per evitare il gelo). Questo tiipo di gestione richiede però: aziende di notevoli dimensioni; affitto a imprenditori agricoli (in grado di pagare l’anticipo ai proprietari, comprare il bestiame e pagare la manodopera); presenza di una rete commerciale e di sbocchi di vendita; elementi che mancavano in Ita, il che spiega la lentezza della modernizzazione. Questo può valere – con i dovuti casi – anche ad aree di Fr, PB, Ger, Danim e Sp, caratterizzate dall’eliminazione del maggese e dalla stretta associazione agricoltura-allevamento. Un caso particolare l’Ing che pur partendo dagli stessi presupposti ha una maggior estensione territoriale e si lega al processo dell’industrializzazione. Il fenomeno delle “recinzioni” iniziato in era Tudor raggiunse il picco dalla II metà del 1700, quando coprì i ¾ del territorio. La chiusura delle proprietà era solo l’ultimo atto di un generale processo di redistribuzione e accorpamento delle terre. Nel 5-600 le recinzioni avevano riguardato +villaggi con un solo o pochi Grandi proprietari, che d’accordo compravano le parcelle dei piccoli. Nel 700 invece i Grandi presentavano domanda al Parlamento che emetteva un “decreto di recinzione” e nominava un perito per la redistribuzione delle terre. I piccoli – schiacciati dai costi e danneggiati dal divieto di pascolo – spesso vendevano e lavoravano come salariati o fittavoli per i Grandi. I benefici andarono quindi + ai Grandi – con l’aumento dei canoni d’affitto – che ai piccoli, che comunque poterono introdurre migliorerie e innovazioni. In queste aziende venivano applicate le nuove rotazioni, l’incrocio di razze animali, la selezione delle sementi e il perfezionamento degli attrezzi (dal legno al ferro). Gli incrementi di produttività consentirono di mantenere più persone non addette all’agricoltura (+della metà della popolazione) e assieme alla fornitura di materie prime e all’aumento di domanda di manufatti da parte di coltivatori e fittavoli benestanti, contribuirono allo scoppio della Rivoluzione industriale. 3. Prezzi e salari, moneta, trasporti: L’universale interesse del 700 per l’agricoltura si spiega con l’ascesa dei prezzi e l’aumento di profitti derivanti da derrate e possesso di terra: i prezzi dei cereali subirono rincari superiori a qualsiasi altra merce. Nella rincorsa tra prezzi(+62%) e salari(+26%) i II rimasero indietro. All’origine del rialzo dei prezzi sta l’aumento di domanda per l’incremento demografico ed anche l’ingrossarsi delle città, il cui raggio di approvvigionamento si estende in proporzione, facendo aumentare le spese di trasporto. Tal situazione portò in molte aree all’impoverimento e alla proletarizzazione di vasti strati sociali. Altri motivi dell’inflazione furono: aumento di metalli preziosi dalle Am in circolazione (10 tonnellate d’oro all’anno); diffusione dell’economia monetaria (banconote e cambiali); maggior disponibilità di capitali per i più diversi impieghi; stabilizzazione della moneta nei maggiori Paesi Ue; miglioramento dei trasporti (strade ampie, diritte, convesse, sopraelevate dal terreno, lastricate o con ghiaia; aumento dei canali; diffusione dei servizi di posta, con cambio di cavalli a ogni stazione). 4. Il boom del commercio atlantico: Questi fattori fecero del 1700 un’età aurea per il commercio internazionale. Fr e Ing duplicarono gli scambi, mentre l’Ol rimase indietro, perdendo il suo ruolo di emporio internazionale a favore di Londra e Amburgo. Anche il Med ebbe una notevole ripresa dei traffici. I maggiori vennero però dall’Atl con il raddoppiamento del commercio di Fr e Ing con le colonie. Colonizzazione e sfruttamento ebbero una accelerazione e la popolazione aumentò con l’immigrazione (di Ue e neri Afr) e un tasso di riproduzione alto (+in nord Am). La parte centro-sud dell’Am rimase divisa tra Sp e Prtg. La I si espanse verso nord (attuali Texas e California) e dalle Ande all’interno, con un’economia differenziata a seconda di latitudini e geologia. Lungo le coste del Pacifico prevalevano cereali, frutta e vite; in Messico estrazione mineraria, industria tessile e lavorazione di pelli. La concentrazione terriera in poche mani creò grandi latifondi (estancias) con coltura intensiva e allevamento allo stato brado, la cui manodopera era costituita da indios e meticci, non schiavi ma schiacciati da contratti iniqui ed indebitamento. Furono soprattutto Fr e Ing a sviluppare la produzione di zucchero e caffè in un sistema di monocultura che richiedeva continue importazioni di neri, data l’altissima mortalità per il clima e lo sfruttamento. Il 1700 vide l’apogeo del traffico di schiavi, che partiva da Brasile e Caraibi; solo a fine secolo si creò un movimento umanitario contro di esso e solo nella II metà dell’800 si 62 arriverà all’abolizione della schiavitù. Caratteri peculiari delle colonie Ing del Nord furono il dinamismo demografico e la mancanza di commistione razziale (indiani scacciati e neri sempre in minoranza). 5. Le origini della Rivoluzione industriale: Si definisce Riv Ind un complesso di trasformazioni nel modo di produrre manifatti, che portò a un proofndo cambiamento di consumi,stile di vita e rapporti sociali. Tali trasformazioni sono: macchine azionate da energia inanimata (vapore e forza idraulica); concentrazione del lavoro nelle fabbriche; rapido incremento della produttività per addetto; produzione in serie per mercato vasto. Non successe in pochi anni ma ebbe origine a fine 1700 in Ing, mentre la Ue dovrà aspettare il 1800 inoltrato. Il termine “industria” indicava ancora “operosità”, “ingegno pratico”; per parlare di processi produttivi di trasformazione delle materie prime si usava il termine “manifattura” dove la concentrazione di molti operai in un solo luogo implicava ancora, comunque, la superiorità dell’abilità manuale rispetto al ruolo dell’utensile nella lavorazione. La manifattura è quella che chiamiamo “industria a domicilio” o “protoindustria”: produzione di filati,tessuti,oggetti nelle case dei lavoranti, che ricevevano la materia I dai mercanti imprenditori, la lavoravano ed ottenevano in cambio un compenso in proporzione alla quantità prodotta. I vantaggi rispetto all’artigianato erano la fuga dai vincoli delle corporazioni urbane e la manodopera a basso costo; i limiti però la rendevano poco adatta alla produzione di massa: se aumentavano le vendite l’imprenditore aumentava i domicili impegnati, perdendo in controllo della qualità e non potendo tutelarsi da furti di materia prima; inoltre l’aumento delle paghe spingeva i tessitori a passare più tempo all’osteria che al lavoro. Di qui la spinta verso le macchine infaticabili e alla concentrazione della produzione nelle fabbriche, dove era possibile imporre una ferrea disciplina. Per fare questo salto era necessario: un mercato vasto e in continua espansione; ridurre la manodopera in certe fasi della lavorazione; la capacità tecnica e inventiva per creare i congegni meccanici; fonti di energia per il loro funzionamento facili da reperire; disponibilità di capitali per correre il rischio di comprare macchine e locali; fiducia nella stabilità politca e legislativa (+tutela della proprietà). Solo in Ing si trovò tutto, a partire dal settore cotonifero. 6. Dall’età del cotone all’età del ferro: Nei primi del 700 la manifattura più importante rimaneva la lana (pecore nazionali). Il cotone accrebbe la sua popolarità (a partire dai calicò indiani) e fu variamente contrastato finchè non superò in esportazione la lana (1810). Il successo del cotone si deve a 3 fattori. 1) il cotone – benché non prodotto all’interno – costava pochissimo e poteva essere importata con facilità grazie al controllo Ing dei mari; 2) aveva maggior resistenza alla trazione ed era più facile lavorarlo a macchina; 3) i tessuti erano leggeri, economici, anti-usura, facilmente lavibili e resistenti al caldo quindi ebbero un mercato più ampio. Tutto ciò rese il cotone settore di punta della Riv fino al 1830 e creò il modello del sistema di fabbrica che si estese poi alle altre lavorazioni. Le innovazioni che permisero di accrescere la produttività cotonifera furono opera di abili artigiani e della divulgazione degli insegnamenti scientifici nell’Ing del 6-700; esse si evolsero nel tempo, migliorando le fasi della lavorazione una ad una. Questa serie di invenzioni portò al filatoio meccanico a vapore con cui un solo operaio poteva fornire tanto filo quanto un tempo ne fornivano 200 filatori e di qualità migliore; nel 1825 un ragazzo azionando due telai poteva produrre 15 volte di più di un tessitore a mano(che sparirono). Le esigenze tessili spinsero tutta la tecnologia, in primo luogo la chimica (utilizzo del cloro come candeggiante). Due serie di innovazioni saranno al centro della Riv: 1) Il carbon fossile, di cui il sottosuolo Ing era ricco, era usato come combustibile ma non si prestava alla fusione dei minerali perché i vari generati dalla sua combustione si mescolavano al metallo, rendendolo fragile; la legna era scarsa e costosa; l’impiego del coke (si ottiene dal carbon fossile con un raffinamento) introdotto da Abraham Darby nel 1709 risolverà il problema pur stentando a diffondersi per varie cause (difficoltà a mantenere gli altiforni a temperatura per la fusione perfetta), perfezionato poi dagli altiforni di Henry Cort. La siderurgia crebbe così rapidamente in Ing che da Paese importatore di ferro ne divenne esportatore, essendo ormai in grado di produrne a sufficienza per macchine, utensileria, uso civile e militare. 65 sperimentazione matematica e perché esse divennero il simbolo dei Lumi, una sorta di vangelo per le persone colte. N rimase fermamente legato alla religione tradizionale ma le sue scoperte spinsero chi limitava l’intervento di Dio nel cosmo all’atto della creazione del mondo come un orologio perfetto, i cui meccanismi e leggi l’uomo poteva scovar da solo. Ci sarebbero mille inventori da citare ma quel che più conta è osservare come nel 700 la scienza e gli scienziati godettero di un prestigio senza precedenti, nelle istituzioni – Accademie di Stato – e agli occhi di un pubblico colto, entusiasta delle nuove scoperte, dei viaggi di esplorazione e delle invenzioni sorprendenti. 3. La << pubblica felicità >>: La politica non ebbe un movimento unitario nell’Illum ma comunque partì da queste premesse generali: il tramonto della ragion di Stato e della teoria del diritto divino del re; l’idea che il potere andava esercitato nell’interesse comune dei sudditi; la delimitazione di una sfera di libertà privata in cui l’autorità sovrana non potesse agire. Gli orientamenti fondamentali sono rappresentati da: Montesquieu; Voltaire; Rosseau. Il barone di M affermò che “le leggi sono i rapporti necessari che derivano dalla natura delle cose”; se prima il concetto di legge significava norma stabilita dalla società umana ora diviene un principio scientifico insito nella natura umana. A M interessava non fornire una forma di governo ideale ma analizzare i caratteri dei vari ordinamenti politici, che si riassumono in 3 generali: 1) il dispotismo, basato sulla paura; 2) la monarchia, basata sull’onore; 3) la democrazia, basata sulla virtù dei cittadini. Ogni forma si adatta meglio a un clima e un’estensione territoriale (1=vasto;2=medio;3=stretto). Traspare la sua preferenza per le monarchie temprate, con Londra come modello, dove la garanzia della libertà individuale sta nella divisione dei poteri (giudiziario, legislativo ed esecutivo). Nelle monarchie esistono dei corpi intermedi (nobiltà e magistratura) che fanno argine al potere sovrano. La seconda corrente era quella dell’assolutismo o “dispotismo illuminato”, spinta da V, per cui solo chi è al di sopra di tutti può avere una visione chiara degli interessi generali e agire senza essere condizionato da egoismi, per eliminare privilegi e particolarismi. Si giustificava così la concentrazione di tutti i potere in un monarca saggio. La terza, esposta da R, è la democrazia. Secondo R il passaggio dell’uomo da stato “di natura” a “sociale” – assieme alla proprietà privata – aveva dato inizio a un processo di degenerazione morale i cui sintomi erano le disuguaglianza sociale, la corruzione e il lusso dei ricchi; per uscirne si deve rifondare la società con un patto che trasformi i sudditi in cittadini, attraverso la cessione dei propri diritti alla comunità. L’unione delle volontà individuali in quella comune potenzia la libertà individuale e lo protegge con la forza comune. La sovranità sta nel popolo e non può essere delegata in maniera permanente: ammette la necessità di governi e magistrati, come anche di governi monarchici o aristocratici, ma l’essenziale è che essi si limitino a seguire la volontà generale dell’assemblea cittadina e che i governanti siano revocabili all’istante. Il collante della comunità è la virtù – intesa secondo i moduli classici di Sparta e Ro repubblica – che può essere inculcata nell’uomo a partire dall’educazione (vedi l’Emilio). I suoi scritti ebbero successo per la forza del sentimento rispetto alla sterile ragione, la denuncia delle ipocrisie della società corrotta ed il vivere secondo natura; il suo pensiero politico infiammerà la Riv Fr, quello pedagogista precede il Romanticismo. 4. Una nuova scienza: l’economia: Fino a metà 700 le idee economiche si riducevano al mercantilismo (i governi operano per lo sviluppo della popolazione e dell’economia nazionale, per formare una politica di potenza); in seguito si diffonde (+ in Ing e Fr) la concezione della vita economica come un sistema di rapporti tra uomini e classi sociali reglato da “leggi naturali” che i governi non possono violare. Tali idee furono raccolte nella Fisiocrazia di Francois Quesnay. Essa ha 2 presupposti: 1) l’agricoltura è la sola produttrice di ricchezza, mentre manifatture e commercio semplicemente la elaborano e trasferiscono i prodotti; la massima produttività agricola è garantita da aziende grandi e compatte, condotte da fittavoli con manodopera salariata; 2) il surplus ricavato – o prodotto netto – è la retta che i fittavoli devono ai proprietari, a copertura delle anticipazioni fondiarie (spese fatte per rendere le terre coltivabili). Da queste condizioni si crea il Tableau économique o schema di circolazione delle ricchezze tra le 3 classi economica: “proprietaria”; “produttiva” (addetti all’agricoltura) e “sterile” (artigiani e commercianti). Le conseguenze per la politica economica erano due: i governi: 1) non dovevano intralciare l’agricoltura con tasse inutili; l’unica lecita è un prelievo diretto del prodotto netto, dovuta al re come 66 “comproprietario” del terreno; 2) dovevano lasciare libero il commercio – interno ed esterno – delle derrate, perché solo il libero gioco di mercato contentiva ai prodotti agricoli di conservare il “giusto prezzo” (remunerativo cioè per i coltivatori): le carestie si combattono con l’incremento della produzione agricola. La tendenza liberista dei fisiocratici sfociò nella visione +ampia di Adam Smith nella Indagine sopra la natura e le cause della ricchezza delle nazioni (1776). I +importanti fattori di progresso economico sono: 1) proporzione dei lavoratori produttivi sul totale della popolazione; 2) divisione del lavoro: specializzandosi in una sola operazione l’operaio diventa più rapido e bravo, diminuendo il tempo di produzione ed il costo del bene (che per Smith si basa sul tempo necessario a produrlo, oltre che sul salario dei lavoratori e la remunerazione – profitto – che va agli imprenditori per il capitale investito e alla rendita per i proprietari del suolo). Egli crede nell’esistenza di un ordine naturale benefico: ogni operatore economico agisce per il suo tornaconto ma promuove allo stesso tempo l’interesse generale della società, come guidato da una “mano invisibile”; è quindi necessario che i governi lascino liberi i mercanti di domanda e offerta di beni e servizi. Le sue idee ebbero grande successo, per la vicinanza alla nuova società industriale e la giustificazione scientifica che forniva alla ricerca del profitto. 5. La circolazione delle idee: Due fenomeni tipici dell’Illum furono la circolazione di idee e conoscenza in strati sociali molto + ampi del passato e la formazione di un’opinione pubblica fiduciosa in ragione e progresso, che si atteggia sempre + come un tribunale della verità su questioni estetiche, morali, filosofiche e politiche; essa esprime il consenso delle persone colte e illuminate e si forma con la lettura, la conversazione, gli scambi epistolari e le manifestazioni di socialità. Largamente diffusa rimase la tradizione scolastica dell’Università tripartita (giurisprudenza, medicina e teologia) ma qui e là si fondarono nuove cattedre e si ammodernarono contenuti e metodi. L’alfabetizzazione fece progressi ma non va confusa con il numero di lettori di libri (+ esiguo), anche se questo deve esser cresciuto (+ di pubblicazioni). Si diffusero le opere di divulgazione come la Enciclopedia di Diderot e d’Alembert, in 17 volumi di testo e 11 di illustrazioni, pubblicato nel 1751-72, superando crisi interne e censure e a cui parteciparono anche i più celebri philo del tempo; nonostante il costo, superò probabilmente le 30.000 copie. Posto di rilievo nell’editoria 700sca ebbe la stampa periodica con le gazzette (notiziari) e i giornali letterari (novità libraie, memorie scientifiche, saggi, articoli di attualità o costume) ma l’espressione caratteristica dei Lumi si vede nei nuovi centri di aggregazione sociale: i salotti, le accademie e le logge massoniche. Quest’ultime uniscono mistero e riti iniziatici a ideali di fratellanza, rinascita morale e filantropia. La I fu la Grande Loggia di Londra (1717); il nome (“libera muratoria”); i simboli (martello,compasso,squadra..); l’obbligo di segreto e la distinzione in tre gradi (maestro, compagno, apprendista) richiamano le corporazioni medievali, in particolare quella dei muratori. Dall’Ing si diffusero in Ue negli anni Trenta, furono condannate dalla Chiesa (38) ed ebbero in alcuni casi sviluppi eversivi o mistici; tali deviazioni non devono però cancellare il fatto che ne fecero parte i migliori ingegni del secolo e i sovrani, né il fatto che avessero una cultura di alto livello. La loro esistenza confuta il rigido collegamento Illum-borghesia: ne facevano parte nobili, ecclesiastici e borghesi, legati da letture e gusti. 67 19. Francia e Inghilterra nel Settecento: un duello secolare 1. La Francia dalla Reggenza al ministero Fleury: Morto Luigi 14 nel 1715 si passò a una reggenza perché l’erede – Luigi 15 – aveva solo 5 anni; il Parlamento proclamò il nipote, Fil d’Orleans, che in cambio restituì al Parlamento la facoltà di avanzare rimostranze prima del registro degli atti reali. Anche l’aristocrazia chiedeva la sua parte nel governo dopo il dispotismo del Re Sole; in un I tempo Fil accolse le richieste ma presto tornà al sistema dei ministri segretari di Stato. Rispetto al clima tetro e bigotto degli ultimi anni, la Reggenza fu segnata da una relativa libertà di opinione e critica ed è da questi anni che si può parlare di Illum vero e proprio in Fr. Il problema più assillante per Fil era finanziario, per via dell’enorme debito pubblico; per risanarlo diede carta bianca a John Law, un avventuriero Sco. Alla base del “sistema Law” c’era l’idea che l’aumento della massa dei mezzi di pagamento, ottenuto con l’emissione di carta moneta, avrebbe stimolato la circolazione di denaro ed il commercio. Nel 19 egli creò una banca che ottenne il diritto esclusivo di emettere monete ed una Compagnia di commercio, che assorbì tutte le compagnie privilegiate esistenti e assunse il nome di “Compagnia delle Indie”; le sue azioni andarono a ruba. Egli ottenne inoltre l’appalto delle imposte indirette e venne nominato “controllore generale delle finanze”. Ma il suo piano si reggeva sulla fiducia degli investitori e quando questi videro che la Compagnia non rendeva gli utili sperati andarono in panico, svendendo le azioni; Law fu costretto a fuggire all’estero, molti caddero in rovina e fu solo il Tesoro a sgravarsi di gran parte dei suoi debiti, ricaduti sugli investitori. Alla morte improvvisa di Fil il suo posto fu preso dal Duca di Borbone ma poi, nel 26, Luigi 15 fu maggiorenne. Egli si affidò al suo precettore, l’ecclesiastico André Hercule Fleury. Il suo governo fermo e prudente assicurò un lungo periodo di pace, stabilizzò la moneta e riportò le finanze in pareggio (30). L’economia ebbe un’espansione, trainata dal boom di importazioni di zucchero e generi coloniali. Ma dal 32 sorsero i problemi religiosi che avrebbe scatenato un contrasto tra corona e Parlamenti, destinato ad avvelenare tutta la II del governo di Luigi 15. 2. La Gran Bretagna nell’età di Walpole: Morta la regina Anna (14) salì al trono l’elettore di Hannover, Giorgio 1. Vani furono i tentativi del partito giacobita (coloro che ritenevano illegittima la deposizione di Giaco 2 Stuart)per riportare al potere gli Stuart in esilio. Giorgio 1 e poi il figlio Giorgio 2 si preoccuparono più del Paese d’origine che dell’Ing, lasciando il potere al governo di gabinetto, che assicurava a un primo ministro e ai suoi collaboratori il compito di governare in nome del re. Per assicurarsi la maggioranza in Parlamento il governo manipolava le elezioni con favori, pensioni, distribuzioni di posti per assicurarsi l’appoggio della Camera dei Comuni, cosa facile perché i boroughs, le cittò che eleggevano ¾ dei membri della Camera avevano un elettorato di poche 100ia o poche 10ne di persone. L’estendersi del ricorso alla corruzione (management) fu favorito anche dall’attenuarsi di differenze ideologiche tra i due partiti – wigh e tory – in lotta indiscriminata per il potere. Non bisogna esagerare questo fenomeno ma nemmeno ignorarlo. Tra il 21-42 fu primo ministro Robert Walpole, gentiluomo di campagna maestro di management, mediazione e affari; egli mantenne buoni rapporti con la Fr e si adoperò per la riduzione del debito e la protezione di commercio ed industria. La stabilità politica e sociale dell’Ing del 1700 è segnata dalla egemonia dei grandi proprietari terrieri, rappresentati da 200 lord ca che controllavano ¾ della superficie, la politica nazionale attraverso il Parlamento e quella locale 70 20. Assolutismo illuminato e riforme 1. La Prussia di Federico II: Il termine “assolutismo illuminato” fu coniato dagli storici ted a metà 800 ma già a fine 1700 si parlava di “despoti illuminati” con riferimento ai sovrani che dichiaravano di voler usare il potere per il bene dei sudditi e si professavano amici e discepoli dei philosophes. Il più famoso di questi forse fu il re di Pr Federico 2 il Grande: scrittore, musicista, irreligioso, amico di Voltaire, dichiarò che il re “è solo il primo servitore dello Stato”; tuttavia continuò la politica di rafforzamento militare, mantenne la servitù della gleba e preferì i nobili per le cariche militari e civili. Il suo genio militare si vide nella guerra di Successione e dei 7 anni; in seguito non fu +impegnato in grandi operazioni ma continuò ad accrescere l’esercito (200ml) e ottenne nuove terre con la I spartizione della Pol (72) e l’annessione della Pr orientale. Alla sua morte (86) aveva raddoppiato la superficie e triplicato il popolo della Pr. L’aumento demografico si deve alle annessioni e ad un’intelligente politica di popolamento dei territori a est da parte di coloni ted a fronte della maggioranza slava. L’immigrazione era favorito dall’ampia tolleranza religiosa. In campo amministrativo riformò la burocrazia: per farne parte bisognava avere un titolo di studio e superare un esame. Di rilievo furono le riforme giudiziarie: abolizione della tortura; limitazione della pena di morte; getto delle basi del codice civile. Altri meriti furono l’estensione della libertà di stampa e dell’istruzione elementare, resa obbligatoria. 2. La monarchia austriaca sotto Maria Teresa e Giuseppe II: Le guerre di Successione avevano segnato una grave crisi per gli Asburgo ma fu la prova a spingere Maria Teresa che non era possibile che l’Aus rimanesse una potenza dominante senza un potenziamento dell’esercito e forti mutamenti amministrativo-fiscali. Ella unì buon senso, determinazione, uomini capaci e amore del popolo. Nel 48 costrinse i ceti di ogni Land a votare le imposte non +ogni anno ma ogni decennio e introdusse organi regi – governatorati – per il riparto e l’esazione dei tributi. La nobiltà fu esautorata dalla politica e costretta a pagare l’imposta fondiaria da cui era prima esente ma fu compensata con cariche civili e militari. Il gettito di imposte dirette aumentò del 60% e crebbe una nuova concezione unitaria dello Stato austro-boemo. Se nella I parte del regno ci si concentrò sulla riforma amministrativa, la II mirò alla “pubblica felicità”. Autore ne fu +Wenzel Anton von Kaunitz-Rittberg, artefice del “rovesciamento” del 56. Fatto cancelliere di corte e Stato (ministro degli esteri) nel 53, approfittò poi dell’emergenza bellica per istituire un Consiglio di Stato (60) attraverso cui influenzò anche la politica interna. Nel 65 morì Francesco Stefano, marito di Teresa e Imp (Francesco 1); gli succedette il figlio Giuseppe 2 che fu contemporaneamente nominato “correggente” degli Asburgo dalla madre. Nell’80 morì Teresa e Giuseppe cambiò la monarchia, non tanto gli indirizzi politici quanto lo stile, ora molto +dispotico e intransigente. Da lui prese nome la politica religiosa detta “giuseppinismo” in cui confluiscono istanze di riforma interna della Chiesa cattlica e la volontà di affermare l’autorità statale sul clero e di chiamarlo a contribuire in maniera equa ai pubblici pesi. Nell’81 emanò la “patente di tolleranza” che permetteva il culto protestante e greco- ortodosso, oltre a cancellare +discriminazioni contro gli ebrei; quindi si concentrò sugli ordini regolari e le loro grandi ricchezze. Vennero inasprite le condizioni per prendere i voti e cancellati 700 tra monasteri e conventi; i loro beni vennero confiscati dallo Stato e convertiti in scuole e attività assistenziali. Quanto al clero secolare le cure si concentrarono sulla sua formazione: Giuseppe aspirava all’ideale del “buon parroco”, guida intellettuale e civile oltre che religiosa della comunità (a questo scopo furono donati dall’83 dei seminari statali). Anche le pratiche di culto cambiarono: diminuite le feste di precetto; limitati pellegrinaggi, processioni, esposizione di reliquie o immagini sacre; soppresse le confraternite; bandite le pompe magne e 71 le manifestazioni superstiziose; i cimiteri furono allontanati dall’abitato e i riti per battesimi, nozze e matrimoni vennero regolati per ridurre al minimo gli sprechi. Dell’intensa attività riformatrice in campo civile ricordiamo: nel 74 introduce l’obbligo scolastico e prescrive l’apertura di una scuola elementare in ogni parrocchia; gli studi superiori furono riformati; si abolirono dazi e si sostennero con agevolazioni le nuove manifatture; si regolarono i rapporti tra feudatari e contadini. Nell’81 egli abolì la schiavitù personale e fece redigere un catasto dei beni fondiari, per meglio distribuire le imposte e di una commutazione delle corvée in pagamenti in denaro; misure che non furono attuate per l’opposizione nobiliare e la morte del re. Nell’87 infine promulgò il suo celebre codice penale che pur mantenendo pene dure introduceva i principi della legalità della pena e dell’uguaglianza dei sudditi di fronte alla legge. Le riforme – assieme al peso in denaro e uomini della guerra nell’87 assieme alla Rus contro i turchi – scatenarono malcontento e resistenze, soprattutto nei territori periferici; i PB belgi insorsero nell’89, scacciando i rappresentanti Aus e proclamando l’indipendenza; l’Ung fu a un passo dalla rivolta quando Giuseppe morì (20.02.90). Gli succedette Leopoldo 2 – fratello minore - che fu costretto a scendere a patti coi privilegiati; con Francesco 2 – suo figlio – si chiude infine l’era dell’assolutismo Illum in Aus, lasciando il posto all’immobilismo e allo stato di polizia del I 1800. Il bilancio delle riforme era però positivo per l’Aus, che godeva ora di buon esercito, amministrazione, burocrazia ed un forte incremento di popolo, manifatture e traffici. 3. La Russia di Caterina II: L’eredità di Pietro il Grande passò per una serie di mani poco capaci fino a Pietro III, un uomo instabile che fu deposto con un colpo di Stato organizzato dalla brillante moglie Caterina, che si nominò “autocrate di tutte le Russie”. Il lungo regno di Cate 2 fu segnato da evoluzione interna ed espansionismo; amica dei philos aprì la Russia all’influenza Ue, permise ai nobili di viaggiare e diede una libertà di espressione e critica notevole. Primo bersaglio della riforma fu la Chiesa ortodossa – bastione del tradizionalismo e proprietaria di immense terre – con il suo clero ozioso e ignorante. Nel 1764 furono confiscate tutte le loro proprietà per risanare la finanza e finanziare istituti di istruzione; ai ministri di culto venne assegnato uno stipendio e molti conventi (500 su 900) vennero soppressi. L’iniziativa +clamorosa fu l’istituzione (67) di una commissione legislativa composta da rappresentanti di nobili, cittadini, contadini e nazionalità non russe che doveva elaborare un nuovo codice di leggi con obiettivi quali: pubblica felicità, libertà,, tolleranza, umanizzazione delle pene. Questi progetti rimasero +sulla carta per le forti dispute interne e lo scioglimento della commissione da parte di Cate 2 nel 68, con il pretesto di una nuova guerra contro gli ottomani. Una serie dei 3 flagelli aumentarono il malcontento nelle campagne. Nel 09.73 Emeljan Pugacev – un cosacco delle tribù sul fiume Ural – si spacciò per Pietro 3 redivivo, denunciò l’oppressione nobiliare e diede il via a un’insurrezione che raccolse migliaia di persone e fu sedata solo nell’estate 74 (un anno dopo Pugacev verrà giustiziato). Il timore dell’anarchia portò ad un nuovo inasprimento delle condizioni contadine; a merito del regime va tuttavia una riforma amministrativa, con l’articolazione della Russia in 50 governatorati in cui si cercò di arrivare ad un equilibrio tra nobiltà e funzionari regi; la riforma scolastica (insegnamento elementare gratuito); lo sviluppo di manifattura, estrazioni minerarie e commercio con l’estero. Importanti furono anche i successi in politica estera. La guerra del 68 con gli ottomani si concluse con la geniale manovra della flotta navale russa, che circumnavigò la Ue e distrusse quella turca a Cesmè; il conflitto si concluse nel 74 a vantaggio russo. Nel frattempo le spartizioni della Polonia (72,93,95) portarono la Russia ad annettere tutta la metà est del suo territorio. L’annessione della Crimea nell’83, dopo una II guerra russo-turca (finita nel 92 con l’Aus come alleata) vide la Russia (con 37.5 mln di abitanti) diventare il Paese +popoloso d’Ue. 4. Le spartizioni della Polonia e le riforme in Scandinavia: Pol: lo sconvolgimento della “grande guerra del Nord” aveva determinato un ulteriore regresso e il rafforzamento delle grandi famiglie magnatizie, che controllavano la nobiltà; il continuo ricorso al diritto di veto da parte dei nobili rendeva inconcludente il Parlamento. Morto Augusto 3 di Sassonia divenne re Stanislao Poniatowski che lanciò un programma di riforme per la soppressione del “veto”; ciò provocò l’interveto armato della Russia e dei nobili polacchi (ostili sia al condizionamento russo che alle riforme): ne seguì un periodo confuso di lotte. Le 3 grandi potenze confinanti si accordarono nel 72 per la “prima spartizione” della Pol: alla Rus andò la 72 Bielorussia; all’Aus Galizia e Lodomiria; a Federico il Grande la Prussia ovest. Pur indebolito Poniat continuò le riforme; nel 91 il Parlamento Pol approvò la riforma per trasformare la monarchia da elettiva a ereditaria e abolire il veto; nuovamente la Russia intervenne, fino alla II spartizione tra Rus e Prussia. Nel 95 la Pol fu smembrata del tutto; questo evento dimostra che l’assolutismo illum era +un’ideale che una realtà; il profitto dominava sempre nelle scelte. Sve: Alla morte senza eredi di Carlo 12 seguì “l’era della libertà” in cui al principe ted cui fu offerta la corona – Federico I d’Assia-Cassel – fu importa una Costituzione che dava alla Dieta molti dei poteri sovrani. Le guerre fallito contro Rus e Pr non compromisero il progresso del Paese che ridusse l’analfabetismo quasi a 0. Nel 72 il re Gustavo 3 attuò un colpo di stato per l’abrogazione della Costituzione e la restaurazione dell’assolutismo. Il suo governo – ispirato all’Illum – attuò delle riforme per: abolizione della tortura e della venalità delle cariche; azione livellatrice per togliere privilegi ai nobili. Danim: l’assolutismo era fondamentale dal 1665; i nobili si rifacevano con un regime signorile sui contadini. Le cose cambiarono con Cristiano 7 (1766) che attuò riforme per l’abolizione del servaggio e la trasformazione dei coloni in liberi proprietari, dando grandi impulso ad agricoltura ed allevamento, settori in cui la Danim divenne traino d’Ue. 5. La crisi del papato e i regni iberici: Chiesa: Nei Paesi cattolici il rafforzamento dei poteri statali con le riforme comportarono uno scontro con la Chiesa di Roma e il tentativo di affermare l’autorità dello Stato sul clero (“giurisdizionalismo”). Il cattolicesimo era una struttura sovranazionale, sotto l’autorità assoluta del Papa che comandava re, ecclesiastici e laici su temi della sfera spirituale, compresi legislazione matrimoniale, stampa e pubblica assistenza. La giustizia era osteggiata dall’immunità del clero e dal diritto d’asilo; l’amministrazione dal fatto che i beni ecclesiastici (“manomorta”) comprendevano il 10-30% dei terreni, non erano tassabili ed ogni contribuito andava vagliato e concesso dal Papa. Fu +il clero regolare il bersaglio degli attacchi degli scrittori Illum. Anche all’interno della Chiesa fiorirono correnti e idee che rivendicavano la dignità e l’autonomia di vescovi e parroci rispetto all’autorità assoluta del Papa e della curia (“anticurialismo”). I pontefici Clemente 12 e Benedetto 14 parvero disponibili a un compromesso con queste tendenze, per un cristianesimo ragionevole, la tassazione del clero, l’abolizione dell’asilo; questi dimostrarono anche un atteggiamento meno chiuso in campo teologico e intellettuale. Ma con Clemente 13 i rapporti tra Roma e potenze cattoliche peggiorarono di nuovo. Questa situazione e la forte campagna antireligiosa di Voltaire portarono alla battaglia contro i gesuiti, che furono espulsi da Prtg, Fr, Sp, Nap e Ducato di Parma, fino a spingere papa Clemente 14 a firmare lo scioglimento della Compagnia di Gesù (1773). All’attacco antigesuita seguì una serie di misure per: imposizione dell’autorizzazione regia per decreti e nomine da Roma; limitazione di Inquisizione, diritto d’asilo, immunità fiscale; divieti di ulteriori acquisti di manimorte; eliminazione di conventi superflui e incameramento dei loro beni; rivendicazione civile di settori come censura e istruzione. Prtg: Nella I metà del 1700 fu segnato dall’arretratezza fino all’arrivo di Giuseppe I e del suo ministro Sebastiao marchese di Pombal. Sospettoso e autoritario epurò nel sangue la grande aristocrazia, con il pretesto di un attentato al re del 59, riformò gli studi con docenti dall’estero, rafforzò l’esercito, promosse lo sfruttamento delle colonie e diede impulso a manifatture e commercio; il suo ministero coincise però con una crisi aurifera in Brasile. Sp: L’assolutismo dei Borbone fu contrastato dai nuovi re riformatori, tra cui Carlo 3 il quale espulse i gesuiti, ridusse le immunità ecclesiastiche, riformò gli studi universitari, liberalizzò commercio ed artigianato e fondò le “società economiche degli amici del Paese”, sorte di accademie in cui si discutevano misure per l’incremento delle attività produttive. Da queste riforme trasseo vantaggi l’aumento demografico, l’economia periferica e l’agricoltura, con l’abolizione dei tradizionali privilegi della Mesta. 75 sfruttamento di contadini (con conseguenti carestie del 63-65). La forte ascesa dei prezzi andò tutta a beneficio dei proprietari terrieri; i contadini subirono: a) aumento dei prezzi ma salari fermi; b) aumento dello sfruttamento da parte dei padroni, che volevano sfruttare il momento buono. Se a ciò si aggiunge l’usura ampiamente esercitata sui contadini in difficoltà si capisce come le condizioni dei contadini divennero ancora più misere per l’Ita del 1700. 22. Nascita di una nazione: gli Stati Uniti d’America 1. Gli inizi della colonizzazione inglese e francese nel Nord America: Ing: Le colonie hanno avuto diverse origini: a) donazioni o concessioni della monarchia Ing (come la Virginia); b) minoranze religiose in fuga (Massachussets dei puritani; Pennsylvania dei quaccheri); c) conquiste durante le guerre del 1600 (Nuova Amsterdam, ribattezzata New York nel 1664). Nel 700 le colonie britanniche erano 13: Connecticut; Carolina (North e South); Delaware; Georgia; Maryland; Massachussets; New Hampshire; New York; New Jersey; Pennsylvania; Rhode Island; Virginia. La popolazione toccò I 2 mln e mezzo nel 75, per la forte immigrazione (motivi religiosi, fuga dalla giustizia, speranza di migliori condizioni) e bassa mortalità rispetto ad alta natalità. Gli schiavi neri erano mezzo mln e concentrati al Sud; essi venivano importati dai Caraibi e dall’Afr e trattati come animali (andava meglio solo a quelli usati come domestici). L’economia delle colonie sud era quella che si integrava meglio con le esigenze Ing: forniva prodotti agricoli in cambio di manufatti e generi di lusso; solo qui si formò un’aristocrazia di medi-grandi proprietari, vicina a quella Ing. Le colonie centro-nord invece erano abitate da coltivatori diretti, artigiani, pescatori e mercanti, una società semplice e socialmente poco differenziata. Essi commerciavano +con le Antille che con la madrepatria, dato che producevano + o – le stesse cose di là (eccetto pellicce, legname e navi). A inizio 700 avevano istituzioni politico-giudiziarie molto simili: in quasi tutte c’era un governatore (nominato dal re) assistito da un consiglio da lui formato; egli nominava i giudici e aveva diritto di veto sulle decisioni legislative; queste erano prese da un’assemblea a largo suffragio (50/70% dei maschi). Ampie erano le autonomie rispetto all’Ing, viste le distanze ed i problemi concreti e particolari (lotta agli indiani, organizzazione del territorio e assegnazione di campi ai nuovi arrivi). Fr: Molto inferiore (65ml) era la popolazione della Nuova Fr (parte dell’odierno Canada); ebbe istituzioni simili a quelle di una provincia Fr, con un governatore ed un intendente; era ammesso solo il culto cattolico. Da qui missionari e esploratori si spostarono a sud lungo il Missisipi fino alla foce dove, nel 1720, fu fondata New Orleans. La presenza Fr in questo grande territorio (Louisiana, in onore a Luigi 14) si limitava ad una serie di forti in posti strategici ma limitava di fatto l’espansione Ing, soprattutto quando ottenne l’alleanza con alcune “nazioni” indiane (+irochesi). 2. I contrasti tra le tredici colonie e la madrepatria: Durante la guerra dei 7 anni gli Am combatterono con gli Ue contro i Fr. Ebbero così modo di realizzare la propria forza e l’incapacità degli Ing oltre che di vedere la Fr eliminata dal Nord Am e non avere quindi +bisogno dell’appoggio Ing per difendersi; inoltre l’Ing presentò un pesante conto alle colonie delle spese per difenderle. Altri motivi di malcontento erano la pretesa Ing di vietare il commercio delle colonie con terzi, di imporre alti dazi sull’importazione, una legislazione restrittiva in materia di denaro e credito e di proibire la produzione-esportazione di manufatti che potessero far concorrenza a quelli Ing. Ciò portò ad +di contrabbando e corruzione. Le assemblee legislative, largamente democratiche, mal vedevano i poteri oppressivi dei governatori. L’elemento +importante è che nelle guerre gli Am presero coscienza di se come popolo distinto, per carattere e cultura. La diffusione dell’istruzione; il “grande risveglio” degli anni 30 (rinascita del sentimento religioso ad opera di grandi predicatori); il crogiuolo di popoli che vivevano in Am; le tendenze all’individualismo, al far da sé, alla democrazia stimolate dalle nuove condizioni di vita, portarno ad allentare la fedeltà verso la madrepatria. A fine guerra era convinzione Ing che l’enorme indebitamento dello Stato richiedesse +contribuiti dai coloni e che fosse urgente regolare i rapporti con gli indiani, sempre +violenti. La zona vasta a nord degli Appalachi fu trasformata in riserva indiana; norme stringenti repressero il contrabbando mentre nuovi dazi furono messi su: zucchero, caffè, vino, carta, tè e una tassa di bollo su tutti i documenti legali ed i fogli periodici (65). I coloni reagirono con sdegno ed un’assemblea a New York di delegati di 9 colonie dichiarò incostituzionale il bollo, perché votato da un Parlamento in cui esse non erano rappresentate. Nel 02.66 gli Ing ritirarono il bollo ma l’anno seguente misero nuovi dazi su tè ed altri; i coloni risposero boicottando le 76 merci Ing, le cui vendite si ridussero di 2/3! Una serie di incidenti tra soldati Ing e civili coloni accrebbe la tensione, finchè il 16.12.66 un gruppo di patrioti travestiti da indiani salì su una nave della Compagnia delle Indie orientali a Boston e ne rovesciò il carico di tè in acqua; con il “Boston tea party” iniziano ufficialmente le ostilità tra le 13 colonie e la madrepatria. 3. La guerra di indipendenza: La durissima reazione Ing (chiusura del Porto di Boston fino al risarcimento) provocò l’insubordinazione generale: dovunque sorsero comitati e organismi che di fatto esautoravano l’autorità Ing. Nel 09.74 si riunì a Filadelfia il “primo Congresso continentale” dove fu deciso il boicottaggio delle merci Ing e affermato il principio per cui gli Am riconoscevano come valide solo leggi ed imposte votate dalle loro assemblee. Seguirono scontri sanguinosi tra coloni ed esercito finchè il 4.07.76, nell’esaltazione generale, fu approvata la “Dichiarazione di indipendenza” che proclamava il diritto degli Am a darsi un nuovo governo, sulla base dell’uguaglianza naturale tra gli uomini ed il diritto inalienabile di ognuno a vita, libertà e ricerca della felicità; benchè contradditori (schiavismo dei neri) questi principi furono un forte stimolo a portare a fondo la lotta. Il comando delle forze armate fu dato dal Congresso a Georga Washington (ricco possidente della Virginia). All’inizio l’esercito Ing (+disciplinato ed addestrato) vinse ma la tenacia degli insorti e la tattica della guerriglia (imboscate) finirono col logorare l’occupazione. Svolta importante fu la battaglia di Saratoga (10.77) in cui 8000 soldati Ing si arresero agli Am; questo convinse la Fr ad appoggiare la rivolta, che era ben vista dall’opinione pubblica anche grazie alla propaganda di Benjamin Franklin, scienziato e delegato del Congresso a Versailles, idolo dei philo. L’intervento di Fr e Sp servì a contrastare la flotta Ing, impedendo gli approvvigionamenti. Nel 10.81 il generale Ing Cornwallis fu costretto a capitolare a Yorktown. Col trattato di Versailles (83) la Gran Bretagna riconosceva l’indipendenza delle 13 colonie e restituiva alla Fr alcuni territori dei Caraibi e Senegal, alla Sp Florida e Minorca. La causa della libertà aveva trionfato, incoraggiando chi in Ue contestava l’autorità e la gerarchia dell’antico regime. 4. Una Costituzione per gli Stati Uniti d’America: Le conseguenze della lunga guerra – danni ad agricoltura e commercio, deprezzamento della cartamoneta, rivalità tra Stati per l’occupazione dell’ovest, la fuga dei lealisti (fedeli al governo Ing, 20/30% della popolazione!), il prevalere di interessi locali – erano per il Congresso duri problemi. Gli “Articoli di Confederazione” del 81 lasciavano al Congresso solo politica estera e difesa, mentre tutti gli altri poteri (tasse e moneta) andavano ai singoli Stati. Si fece strada l’esigenza di un governo centrale forte, capace di arbitrare tra gli Stati, regolare commercio e moneta e difendere l’interesse comune all’estero. Da qui partì la richiesta di una “Convenzione” incaricata di rivedere la Costituzione federale; essa si riunì tra 05-09.87 e approvò la Costituzione degli Stati Uniti d’America il 17.09 ed entrò in vigore nell’estate 88. Alla base vi era un duro equilibrio tra esigenza di rafforzare il governo centrale e quella –opposta– di salvaguardare l’autonomia dei singoli Stati. Il potere legislativo era detenuto da un Congresso, composto da Senato e Camera dei rappresentanti, entrambe elettive ma i Senatori erano 2 per Stato ed eletti per 6 anni;i rappresentanti erano in carica 2 anni e il loro numero era proporzionale a quello della popolazione del loro Stato. Il Congresso legiferava su: finanze, commercio, moneta, giustizia. A capo dell’esecutivo c’era un presidente eletto con sistema a doppio grado (il popolo designa gli elettori del proprio Stato), il cui mandato durava 4 anni (rinnovabile) e aveva potere di veto, nomina dei ministri, direzione (col Congresso) di politica estera ed esercito, designazione dei giudici della Corte suprema. Quest’ultima era il vertice giudiziario, con il compito di controllare la legittimità costituzionale delle leggi federali e dei singoli Stati. 5. Lo sviluppo degli Stati Uniti tra Sette e Ottocento: Superata la crisi della guerra gli USA ripresero lo sviluppo demografico ed economico (5.3 mln nel 1800). Era previsto che le terre dell’ovest colonizzate dai bianchi sarebbero diventate membri della Confederazione superati i 60ml abitanti; il I a farlo fu il Vermont (91), seguito da Kentucky, Tennessee e Ohio. In questa espansione non si riuscì a evitare speculazioni e conflitti (+tra Stati del Sud, alla ricerca di terre vergini per le piantagioni) e ne fecero le spese +gli indiani, espulsi dalle terre di caccia, decimati dalle malattie e dall’alcool. L’economia del sud ebbe grande impulso dalla diffusione del cotone, +richiesto dall’industria Ing, per cui mantennero aperti gli scambi con essa; le manifatture del centro-nord invece imposero dazi 77 protettivi e circoli mercantili-finanziari dei porti a difesa del proprio prodotto interno. Le navi triplicarono e le esportazioni crebbero di 5 volte in 10 anni. Il I presidente degli USA fu Washington, eletto nel 1789 (rinnovato 4 anni dopo) che seppe dare al govero l’autorità necessaria per imporre misure impopolari ma necessarie a pagare i debiti di guerra e mantenere l’esercito di difesa. Il controllo su moneta e credito venne potenziato con l’istituzione della Banca degli US (91). La tendenza all’accentramento e l’appoggio a industria e finanza +l’impopolarità del governo e si formò un partito repubblicano (appoggiato da proprietari terrieri, artigiani e piccoli mercanti) opposto al federale e guidato da Thomas Jefferson, che venne eletto nel 1800. Egli ridusse le spese per burocrazia, diplomazia ed esercito, ridiede i potere usurpati dal governo agli Stati e modificò la politica estera: negli anni 90 l’Am si era riavvicinata agli Ing contro la Riv Fr ma ora invece si allea con la Fr di Napoleone, che vende la Louisiana per 15mln (1803). La pretesa Ing – in guerra con la Fr – di impedire il commercio tra i 2 e di ispezionare le navi Am in mare portò a una nuova guerra dal 12-18, che si concluse con nulla di fatto, ma rafforzò l’orgoglio e la fiducia in se stessi degli Am, pronti a divenire una potenza continentale. 80 contrasti sociali prese forma la figura del “sanculotto” (sans-culotte, i calzoni attillati dei nobili): popolano, +da artigianato e piccolo commercio, attaccato a uguaglianza e solidarietà, ostile a nobili e ricchi, pronto alla rivolta violenta. Quanto alle pronvince, il territorio fu diviso in 83 dipartimenti delle stesse dimensioni, divisi poi in distretti, cantoni e comuni; a ogni livello vi erano consigli elettivi e autorità esecutive e la Guardia Nazionale a difesa. Dopo l’eliminazione delle leggi penali +inumane d’antico regime e lo scioglimento dei Parlamenti (11.89) la giustizia fu regolata dalla legge organica dell’08.90: il popolo eleggeva un giudice di pace per ogni cantone, un tribunale civile ed un criminale per distretto; nei processi il giudizio di colpevolezza era affidato ad una giuria di 12 cittadini estratti a sorte. L’elezione popolare dei giudici separò questo potere da quello legislativo ed eliminò la venalità delle cariche. Rimaneva irrisolto il problema finanziario; dal 2.11.89 l’Assemblea aveva confiscato i beni della Chiesa (3 mlrd di franchi) e l’emissione di “assegnati”, buoni del tesoro fruttiferi utilizzabili per il loro acquisto; l’emissione eccessiva di questi fogli portò però deprezzamento, inflazione e aumento dei prezzi, a danno dei lavoratori. Alle vecchie tasse si sostituirono un contributo proporzionale al valore delle proprietà, un’imposta sulla ricchezza mobile ed una patente per l’eserczio di professioni, arti e mestieri ma il loro gettito rimase basso per scarso controllo e permissività delle autorità locali. In campo economico il liberismo dominante portò alla soppressione di corporazioni di mestiere, proclamazione della libertà d’iniziativa e scioglimento delle associazioni operaie; vennero però mantenuto l’uso collettivo del suolo e l’esportazione di cereali per evitare la furia contadina. Quanto al clero nel 07.90 venne approvata la “costituzione civile del clero” che cambiò la Chiesa Fr: le diocesi vennero ridisegnate sulle linee dei dipartimenti; i vescovi erano eletti dai cittadini ed i parroci dalle assemblee distrettuali; essi ricevevano uno stipendio statale, divenendo pubblici funzionari. In questa logica fu imposto al clero un giuramento di fedeltà alla Rivoluzione, che la stragrande maggioranza rifiutò; la loro opposizione antirivoluzionaria si fece più forte con la condanna del pontefice nel marzo-aprile del 1791. 5. La caduta della monarchia: Da tempo il re aveva contatti con le forze straniere per ottenere un espatrio, lasciare la Fr nel caos e approfittare per un colpo armato giustificato; la notte del 21.06.91 Luigi, familiari e seguito fuggirono da un passaggio segreto verso la frontiera est ma furono fermati a Varennes e riportati a Parigi sotto scorta. Il 25 il popolo accolse la comitiva con gelo: il mito della regalità era definitivamente stato tradito. La fuga divise ancora i rivoluzionari: da una parte Robespierre e i suoi che chiedevano la deposizione del re; dall’altra la maggioranza che accettò la versione compromessa per cui il re era stato rapito! Una manifestazione popolare fu organizzata dai cordiglieri il 17.07.91 e la Guardia Nazionale la soppresse con trenta morti. Intanto erano conclusi i lavori per la Costituzione, votata il 4.09.91, alla cui base c’era la distinzione tra cittadini attivi (pagavano in imposte 3 giorni di lavoro) e passivi; solo i I avevano diritto di voto ma la soglia era abbastanza bassa (2/3 avevano voto). Il carattere “di censo” si vedeva nell’Assemblea legislativa, riunita in una sola camera: gli attivi disegnavano gli elettori, scegliendoli tra coloro che potevano pagare 10 giornate di lavoro e questi poi sceglievano i deputati. Il re manteneva un potere esecutivo minimo, ridotto alla facoltà di nominare ministri, diplomatici e generali; ogni azione di politica estera, però, doveva essere sottoposta al voto dell’Assemblea. Sciolta l’Assemblea Costituente il 1.10.91 si formò quella Legislativa, in cui la sinistra impose gradualmente la propria influenza perché: era meglio organizzata; disponeva di figure illustri dell’Illum; era spalleggiata dai giacobini, dove trionfava l’oratoria di Robespierre. Inoltre fu “aiutata” dal raccolto mediocre del 91, con innalzamento dei prezzi, e dall’ammanco di generi coloniali per una rivolta dei neri a S.Domingo, che comportarono nuove sommosse popolari. Infine l’arma vincente dei brissottini (seguaci di Brissot) fu l’atteggiamento intransigente, che faceva leva sull’orgoglio nazionale e rivoluzionario, verso le potenze straniere che minacciavano di immischiarsi nei loro affari interni; questi erano appoggiati dalla corte (che sperava in una disfatta!) e su proposta di Luigi il 20.04.92 l’Assemblea votò con favore la guerra contro l’Imp Francesco 2. Il fallimento delle operazioni in PB accrebbe le tensioni dell’Assemblea e +le accuse di tradimento agli aristocratici; il 20.06 i manifestanti invasero il palazzo e costrinsero il re a brindare alla nazione con un berretto frigio(simbolo della Riv). La tensione raggiunse il colmo con: la proclamazione della patria in pericolo (11.07); leva di nuovi volontari; arrivo a Parigi di federati da tutta la Fr (tra cui si diffuse la canzone che sarà poi inno nazionale); la minaccia del duca di Brunswick – capo delle armate nemiche – di distruggere 81 Parigi. Il 10.08 fu creata una nuova municipalità (la Comune Insurrezionale, con 288 rappresentanti delle 48 sezioni di Parigi) e fu assalito il palazzo Tuileries; l’Assemblea votò la deposizione del re, il riconoscimento della Comune e la creazione di un Consiglio esecutivo provvisorio. La caduta della monarchia coincise con un nuovo punto della Riv: lo scontro tra potere legale(Assemblea mista) e di fatto(sanculotti). 24. Dalla Repubblica giacobina al Direttorio 1. La lotta politica all’interno della Convenzione: 82 Il 10.08.92 segnò la svolta della Riv: caduta della monarchia; esautorazione della rappresentanza nazionale dalla piazza; Costituzione (di appena 1 anno) abrogata. La pressione popolare, l’ossessione del complotto aristocratico ed il panico per l’avanzata della Pr a nord-est sono all’origine del rigore di Assemblea e Comune: arresto dei sospettati; espulsione di preti refrattari; sequestro dei loro beni; requisizione dei grani per le città; leve forzate. In questo clima di paura tra 2-6.09.92 i sanculotti invasero le carceri di Parigi e uccisero +1000 detenuti, accusati di aver tradito mentre in realtà i +erano dentro per reati comuni. Il Consiglio esecutivo non intervenne. Il 20.09 l’esercito Pr fu fermato a Valmy; quello Riv prese coraggio e conquistò Belgio, Nizza, Savoia e la riva sinistra del Reno. Lo stesso giorno si riunì la Convenzione, che abolì formalmente la monarchia; benché le elezioni fossero a suffragio universale maschile solo il 10% votò; i sospetti furono impediti o si astennero dal farlo. Sotto il profilo sociale la nuova assemblea era simile alle precedenti ma politicamente era molto +spostata a sinistra: di 749 membri 200 erano brisottini (sinistra repubblicana, borghese,moderata) poi detti girondini perché dalla Gironda (Bordeaux) provenivano i suoi migliori oratori; 100 erano della “Montagna”, in alto a sinistra sulla gradinata, vicina alla sanculotteria; gli altri erano della Pianura/Palude, la zona di mezzo tra i partiti contrapposti.Tale divisione si fece +dura riguardo a come trattare il re, trattenuto nel Tempio templare; le carte dimostravano gli intrighi con le potenze straniere ma chi giudica un re? Robespierre lo riteneva nemico della nazione ma prevalse la proposta di processarlo davanti alla Convenzione. La Gironda cercò di ritardare il processo ma il 21.01.93 il re venne ghigliottinato, con voti ok a stretta misura. L’esecuzione del re e l’annessione di territori creò un largo fronte antiFr: in 02 la Convenzione diede guerra a Ol e Ing; in 03 alla Sp; si unirono anche +Stati Ita e ted. La disorganizzazione portò gravi sconfitte ai Riv: gli Ing presero le Antille e i territori a sinistra del Reno furono abbandonati. A ciò si aggiunse la primavera disastrosa e le rivolte in Valdea durante la leva; i contadini volevano difendere la religione e odiavano la città e i suoi interessi particolari; tutto si risolse in una strage di cittadini (presa di Machecoul, 11.03). La Convenzione reagì istituendo: un Tribunale rivoluzionario per processare i sospetti; Comitati di sorveglianza in tutti i comuni; Comitato di salute pubblica per controllare il Consiglio esecutivo. Lo scontro più aspro riguardò l’economia; l’assemblea era contro ogni restrizione della libertà di commercio e iniziativa ma i Montagnardi vennero incontro ai sanculotti, fermando il prezzo dei grani e provocando l’ira dei girondini, che fecero opposizione con l’aiuto delle province che erano loro favorevoli. In questa tensione i sanculotti di Parigi diedero nuova prova di forza: si raccolsero il 2.06 intorno alla Convenzione, fecero votare con le armi l’arresto domiciliare di 29 deputati girondini e due ministri. La Montagna aveva vinto ma di nuovo mortificando il principio parlamentare che era l’ideale della rivoluzione. 2. Il governo rivoluzionario e il Terrore: Nell’estate 93 Parigi è come una città assediata; la Fr è attaccata a nord dall’Aus, a sud dal piemonte; gli insorti vandeani assediano Nantes. Intanto si diffonde nei dipartimenti la protesta popolare contro la pretesa di Parigi di dettare gli indirizzi della politica nazionale (insurrezione federalista). Tolone si consegna agli Ing. I sanculotti intanto diventano +spietati contro i ricchi! La classe politica riuscì a superare le difficoltà e mantenere l’autorità nella piena anarchia. Da un lato fecero democrazia elaborando una nuova Costituzione (coi +i diritti di sussistenza, lavoro, istruzione e insurrezione); tutti i poteri legislativi andavano ad 1 assemblea, eletta a suffragio universale; per l’approvazione delle leggi importanti fu introdotto il referendum. Questa Costituzione fu approvata a larga maggioranza ma poi rinviata a tempi +tranquilli (di fatto, mai). Dall’altro lato la Convenzione rafforzò il governo e i suoi poteri: il Comitato di salute pubblica venne allargato a +Montagnardi, che lo trasformarono in uno strumento di dittatura e sostituzione ai ministri. Alla sua energia vanno attribuiti la riorganizzazione dell’esercito, la direzione dell’economia di guerra, la lotta infinita contro i nemici interni- esterni; ma l’accentramento era in contraddizione con la democrazia proclamata e l’appoggio borghese andava disperdendosi con la fine dell’emergenza. Il ricorso sistematico alla ghigliottina per eliminare gli oppositori non avrebbe funzionato a lungo. Le tensione sfociarono il 4-5.09.93 in una nuova invasione della Convenzione; questa volta Robespierre ne approfittò per far votare: la costituzione di un esercito rivoluzionario di sanculotti per requisire il grano nelle campagne; la legge che consentiva l’arresto dei sospetti da parte dei comitati di sorveglianza; il limite (maximum) fisso ai prezzi di tutti i generi di I necessità. Il Tribunale rivoluzionario lavorò a tutto ritmo: in 2 mesi furono ghigliottinate 177 85 l’attaccamento agli antichi sovrani, alle autonomie locali, alla religione perciò le plebi si rivoltarono non contro gli antichi padroni (come sperato dai patrioti) ma contro i Fr e gli odiati giacobini. Nella primavera 99, con le vittorie della II coalizione antiFr che prese Mi e To, moti legittimisti scoppiarono in tutto il resto d’Ita, facendo crollare le Repubbliche giacobine come castelli di carta tra la primavera e l’estate, alcune con grandi spargimenti di sangue (a Nap il fiore della nobiltà colta viene massacrata – 120 morti – per aver difeso la Rep contro i moti lealisti, scavando un solco infinito tra dinastia borbone e progressisti). 6. La seconda coalizione antifrancese ed il colpo di Stato di Brumaio: L’Ing era la sola nemica Fr rimasta, con il dominio dei mari ed il governo fermo di Pitt il Giovane. Nape ideò una spedizione in Egitto per minare gli interessi britannici in India; la Fr prese Malta e Alessandria nella battaglia delle Piramidi (21.07.98) dove però si vide anche distrutta la propria flotta ad Abukir, grazie all’Ing Horatio Nelson. Intanto Paolo I, zar di Russia, firmò con l’Ing la “seconda coalizione” nel 12.98, a cui poi si unirono Aus e Turchia. La guerra fu un disastro per i Fr in Ita (salvano solo Gen)ma in Svi e Belgio riescono a difendersi. Intanto il regime dittatoriale Fr era sempre +screditato: la destra monarchica raccoglieva gente, la chouannerie e il brigatismo imperversavano, i Consigli contrastavano di continuo il Direttorio. Bonaparte scampò miracolosamente agli Ing e Seyès lo contattò per salvare la Riv con un colpo di Stato. Il 9.11.99 (Brumaio): col pretesto di una congiura i Consigli furono trasferiti a Saint- Cloud sotto scorta armata; 3 dei direttori alleati di Nape si dimisero; le 2 Camere furono assalite dai soldati ed i pochi rimasti votarono la consegna dei poteri a 3 consoli: Nape, Seyès e Ducos. 25. La Francia e l’Europa nell’età napoleonica 1. Napoleone primo console. Le basi del regime: La Costituzione dell’anno 8, riveduta da Seyes e Nape, fu attiva il 25.12.99. Non conteneva la Dichiarazione dei diritti; vi era suffragio universale maschile ma privo di senso perché gli elettori potevano solo scegliere i membri di “liste di confidenza” ristrette tra cui il governo sceglieva gli amministratori locali ed i membri delle 2 assemblee legislative (Tribunato e Corpo legislativo) 86 che potevano discutere (I) e approvare o respingere(II) le leggi del governo; vanificava quindi la sovranità popolare e limitava molto il potere legislativo rispetto all’esecutivo. A capo c’era un console (Nape) – che sceglieva ministri, ambasciatori e giudici – aiutato da 2 subordinati ed un Consiglio di Stato da lui nominato. Questo rispondeva al forte desiderio di ordine e autorità Fr,e che consolidava: soppressione della feudalità; uguaglianza di fronte a legge e fisco; ricerca di talenti; intraprendenza; sostituzione della ricchezza alla nascita come indice di nobiltà; riconoscimento della proprietà privata tramite acquisto di beni nazionali. Questi, uniti alla gloria di Nape, diedero al regime molto consenso, finchè la sete di potere di questo non esaspererà. L’opposizione comunque non sarà +tollerata: sorveglianza della stampa e forte apparato di Polizia contro le manifestazioni. Per accentrare il potere ci furono +atti: il comando dei dipartimenti fu dato a prefetti con estesi poteri, che guidavano i funzionari inferiori (tutti nominati dal governo); a giudici pace e tribunali dipartimentali furono sostituiti corti d’appello (1 ogni 4 Dip) e una Corte di Cassazione (che poteva annullare la I per vizio di forma); i giudici erano inamovibili ma nominati dal governo (scelti tra vecchi servi della monarchia e la nuova nobiltà); nel 1804 fu pubblicato il Codice civile, che per I regolava tutti i settori del diritto su base degli ideali Riv (il suo linguaggio chiaro e netto fu modello poi per tutta la Ue); successivamente escono il Codice di Commercio, quelli di procedura civile e crimina, quello penale; la riscossione dei tributi fu data ad agenti di Stato efficienti; il peso delle entrate passò alle tasse indirette con il nuovo monopolio di sale, tabacco, bollo e alcolici (1802 = pareggio dei conti); furono create la Banca di Fr (1800) e la nuova moneta (franco germinale, 03). Nel 1800 la Rus si ritrae dalla coalizione antiFr e Nape punta a sconfiggere l’Aus per poi attaccare l’Ing isolata. Nel 05.1800 aggirò gli Aus, li battè in Piem, rioccupò Mi ed ebbe una definitiva vittoria a Maregno (14.06); l’Aus si arrese (Lunéville, 9.02.01) e in Ita tornò la situazione di Campoformio (con l’estensione della frontiera Cisalpina sull’Adige) e si riconosceva il controllo Fr sulla riva sx del Reno. Il 25.03.02 si arrivò anche alla pace con l’Ing ad Amiens che prevedeva: restituzione delle colonie e di Malta ai Fr; ritorno dell’Egitto ai turchi. Anche all’interno Nape portò la pace debellando le chouannerie e realizzando la pace religiosa. Nel concordato con Pio 7 (07.1801) il cattolicesimo era riconosciuto come “religione della grande maggioranza” e si assicurava libertà di culto e mantenimento statale degli ecclesiastici; in cambio il Papa dimetteva i vescovi in carica, non chiedeva la restituzione dei beni alienati e consacrava i prelati selezionati dal primo console. 2. Dal consolato all’Impero. La terza e la quarta coalizione antifrancese: I successi di Nape giustificarono gli aspetti autoritari del suo governo: il 2.08.02 fu dichiarato console a vita; poco dopo il Senato varò una riforma per aumentare i suoi poteri; il 4.04.04 venne nominato Imperatore dei Fr dal Senato. La trasformazione in ordinamento monarchico fu completa con l’ereditarietà del titolo imperiale e la creazione di una corte. Il 2.12 a Notre Dame il Papa stesso offrì la corona all’imperatore; un nuovo dispotismo Illum era iniziato, un misto tra tradizioni d’antico regime e spirito moderno Riv. Già nel 1803 l’Ing – temendo la grande influenza della Fr – aveva riaperto le ostilità; nel 1805 nacque la III coalx (Ing, Rus, Aus, Sve, Nap) contro Fr e Sp. Il 21.10 la flotta Fr-Sp venne sconfitta a Trafalgar da quella Ing di Nelson; sulla terra però (12.12) Nape sconfisse Aus-Rus ad Austerlitz; Vienna, senza difese, fu costretta alla pace di Presburgo (26.12.05) ad alto prezzo: cessione al Regno d’Ita (erede della Cisalpina) di Veneto, Istria e Dalmazia; aggregazione del Tirolo alla Baviera; ingente indennizzo. Nei primi del 1806 Nape scese a Nap, la conquistò, fece fuggire i borboni in Sic e mise sul trono il fratello Giuseppe. Intanto (07.1806) fu creata la Confederazione del Reno, associazione di Stati ted alleati della Fr. Ciò preoccupò la Pr di Federico Guglielmo III promotore della IV coalx (Ing, Pr, Rus); sulla terra però Nape era imbattibile: sconfisse la Pr a Jena e Auerstaedt, smembrandola, e nel 06.1807 costrinse la Russia all’accordo di Tilsir: Sassonia e Vestafalia andarono alla Confederazione (che ormai comprendeva tutte le terre ted eccetto un resto di Pr e l’Aus); lo zar si impegnava in +a fiancheggiare la Fr contro l’Ing. Le continue vittorie Nape furono possibili grazie al suo genio militare, all’imprevidibilità delle sue mosse, la velocità degli spostamenti e la capacità di cogliere i punti deboli nemici. La strategia della Grande Armata era frutto della Riv: la leva di massa del 93 e il misto tra vecchi e nuovi reggimenti aveva reso impossibile lo schieramento in linea (che necessitava di addestramento e disciplina) favorendo la colonna, l’assalto entusiastico all’arma bianca. Altro elemento era il grande potenziale demografico della Fr ed il sistema di coscrizione obbligatoria 87 del 98 per tutti i maschi di 20-25 anni. Si tenga conto che nel 1813 furono chiamati alle armi quasi 3 mln di uomini! 3. Il blocco continentale, la guerra di Spagna e la quinta coalizione: L’unica potenza ancora in guerra era l’Ing; nell’impossibilità di contrastarla in mar Nape la piegò con l’economia: dal 1806 istituì lo “stato di blocco”: i Fr non potevano commerciare con le isole Ing; vi aderirono Rus,Pr,Danim,Sp. Tuttavia per funzionare sarebbe dovuto essere applicato a tutte le coste il che era impossibile infatti vi era largo contrabbando e lo stesso Nape dovette concedere delle licenze per alcuni materiali(cotone) per l’industria Fr; inoltre non c’era modo di applicarlo ad Am e Asia. Con l’insurrezione iberica e la riapertura Rus l’Ing potè scamparla. Fallito nel 1808 il tentativo di conquistare il Prtg –tipico alleato Ing-Nape prese la Sp, spodestò Carlo 4 e fece re Giuseppe (05) ma il popolo di Madrid insorse, avviando una guerriglia di nobiltà e clero contro “Nape l’Anticristo”, che faceva leva sul nazionalismo e la fede Sp; Nape infatti a Gennaio aveva preso lo Stato Ponteficio, con la scusa di imporre il Blocco, mentre Pio 7 – che lo aveva scomunicato – fu imprigionato a Savona nel 1809. La guerriglia proseguì per anni, col sostegno Ing, rimanendo una spina nel fianco Fr. Intanto l’Aus – ansiosa di rifarsi dopo Presburgo – nell’04.1809 si alleò con l’Ing e invase la Baviera (alleata Fr); Nape rispose prendendo Vienna per la II volta (12.05) e sconfiggendo l’Aus a Wagram (6.07). Con la pace di Vienna (14.10) l’Aus perdeva la Galizia del nord, Carinzia, Carniola, Fiume e Trieste (dette Provincie Illiriche). Dal matrimonio offertogli con l’arciduchessa Maria Luigia nacque l’erede, Nape Francesco Carlo Giuseppe,”re di Ro”. Nape sembrava potente e proiettato nel futuro, ma la base cedeva(ginepraio Sp, lotta Ing, freddezza dello zar, rottura col Papa, sentimento nazionale in tutta Ue contro l’imperialismo, stanchezza degli stessi Fr). 4. La società francese all’apogeo dell’impero: Nel 1810 l’impero Fr raggiunse il massimo sviluppo (130 Dipartimenti,44 mln di abitanti). Al vertice della società c’era la corte imperiale, sempre più simile a quella d’antico regime. Nel 03.1808 fu creata una nobiltà imperiale con antichi nobili, borghesi ricchi e gente di estrazione popolare divenuti grandi nell’esercito. Il conferimento della libertà avvenne per censo(rendita a seconda del titolo) e proprietà fondiaria; le “liste di confidenza” erano composte dai maggiori contribuenti. Con il loro appoggio dopo l’impero scomparve ogni opposizione: il Tribunato fu sciolto (1807), il Corpo legislativo trasformato in un servo di Nape, così come i ministri (i forti sostituiti coi docili) ed i prefetti che dirigevano le province. La stampa fu asservita nel 1810 con la limitazione di giornali a uno per dipartimento e l’istituzione della “Direzione di stampa e libertà” per la propaganda imperiale. L’istruzione doveva formare il consenso a Nape e fu riorganizzata nel 1802 (fondazione dei licei) e nel 1806 (Università imperiale), entrambe sotto controllo dello Stato. I professori studiavano alla Normale e l’istruzione tecnica era data dalla Politecnica, entrambe riformate e controllate. Pilastro dell’Imp doveva essere per Nape la religione: nel 1806 fu imposto il “catechismo imperiale” che inculcava la venerazione dell’Imp, l’obbedienza, il servizio militare, le tasse. Ma l’annessione dello Stato Ponteficio, la deportazione del papa a Fonteinbleau e il rifiuto di questi di appoggiare Nape lo denigrarono. La sua popolarità fu messa male anche dalla crisi economica del 10-12(un misto di depressione tessile, mancanza di materie prime, cattivi raccolti, aumento dei prezzi, disoccupazione, miseria dei lavoratori). Anche le finanze pubbliche erano in rosso per l’arresto delle indennità di guerra; i dazi, le imposte e le leve continue per andare a suicidarsi in Sp e Rus +il malcontento generale. 5. La riorganizzazione politico-territoriale della penisola italiana: Dopo le conquiste di Nape si realizzò un “sistema continentale” che nel 1812 aveva 3 situazioni diverse: 1) territori direttamente annessi all’Impero (Belgio, Ol, Reno sx, Ita nord); 2) Stati separati dalla Fr ma sottoposti alla sovranità di Nape (Regno d’Ita); Stati vassalli affidati a famiglia o re amici (Nap, Sp, Vestfalia…). Ovunque furono imposti codici e strutture amministrative Fr, la coscrizione militare, i contributi finanziari e la politica estera fu subordinata agli interessi Fr. La Rep Cisalpina fu mutata in Rep Ita, con una nuova Costituzione su modello Fr 1799. I tre collegi elettorali dei possidenti, commercianti e dotti (nel complesso “organo primitivo della sovranità popolare”) eleggeva i membri del Corpo legislativo che doveva poi approvare le leggi del Consiglio legislativo, di nomina presidenziale. Presidente era Nape e vice il patrizio Mi Francesco Melzi. Nella Rep furono introdotti istituti Fr: prefetti; coscrizione
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