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Riassunto "STORIA MODERNA", Renata Ago, Vittorio Vidotto, Sintesi del corso di Storia Moderna

Riassunto di 69 pagine di tutto il libro "Storia moderna", curato, preciso e dettagliato

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
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Scarica Riassunto "STORIA MODERNA", Renata Ago, Vittorio Vidotto e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! 1 POPOLAZIONE, ECONOMIA, SOCIETA' 1.1CRESCITA DELLA POPOLAZIONE, DELLA CITTà, DELLA DOMANDA DEI BENI La crescita e la diminuzione della popolazione sono una variabile fondamentale nello sviluppo della società europea moderna. All'aumento della popopolazione si collegano la crescita della profuzione agricola, manifatturiera, le innovazioni tecnologiche, trasformazioni sociali e familiari. Si stima (in modo lacunoso, incerto) che dopo un secolo di grave declino demografico, dal 1450 al 1600 la popolazione aumentò, da 59 a 89 milioni, anche grazie alle immigrazioni dalle campagne ai centri urbani. L'Europa era prevalentemente rurale: la popolazione delle campagne era l'80 % di quella totale. Le cause dell'aumento della popolazione sono ipotizzate: l'attenuazione delle pestilenze con il calo della mortalità, una ripresa economica che abbassò l'età del primo matrimonio; L'aumento della popolazione comportò l'incremento della domanda di generi alimentari e beni di prima necessità, il che provocò l'aumento del del prezzo (causa tecnologie e condizioni sociali non adeguate a soddisfarla). L'ascesa dei prezzi, la "rivoluzione dei prezzi", fu aggravata poi dal fenomeno che riguardava le monete e metalli preziosi di cui erano fatte. L'oro e l'argento divennero più abbondanti (grazie alle miniere americane) e persero così parte del loro valore, e le autorità continuarono a coniarne con un contenuto di metallo prezioso sempre più basso (-> diminuzione del potere di acquisto, determinato dal rapporto tra prezzi e salari: dal 1540 in molte aree i lavoratori non potevano permettersi altre spese se non quelle legate alla sopravvivenza; la domanda degli altri beni era elastica: dipendeva dall'andamento dei prezzi del grano e pochi altri alimenti). 1.2LE CAMPAGNE La struttura agraria più diffusa in Europa era la signoria: insieme organico formato da terre appartenenti al signore, il proprietario, e altre a disposizione dei contadini che per usarle dovevano pagare o lavorando gratuitamente nei campi del signore o cedendogli una parte del raccolto, o in denaro: si versava un canone annuo per poter usare i campo a loro piacimento. Queste terre erano poi ereditate, vendute, comprate dai contadini. C'erano terreni signorili o liberi (appartenevano o a contadini stessi o a cittadini che le davano a lavorare in cambio di una quota), in Europa. Le condizioni di vita variavano di zona in zona: il prelievo fiscale esercitato dai signori sui contadini poteva essere così pesante da non lasciar loro risorsa per investire nella produttività della terra (se in città aumenta la domanda, le campagne rispondevano estendendo le dimensioni del terreno coltivato o intensificando lo sfruttamento peggiorando la produttività). A rendere le cose ancora più difficili erano i meccanismi del mercato: se il raccolto era abbondante, i prezzi scendevano; quando i prezzi erano alti (annate cattive), gli stessi raccolti bastavano a malapena a soddisfare i bisogni delle famiglie contadine e esse non potevano vendere. Per questo esse coltivavano ciò di cui avevano bisogno: l'obiettivo primario era l'autosufficienza, in secondo piano veniva il guadagno. La società rurale non era omogenea: anche in campagna esistevano poveri e ricchi. I proprietari terrieri cedevano le terre a fittavoli; ma se il contratto era a breve durata, l'affittuario tendeva a sfruttare al massimo terre e animali (-> distruzione di risorse). Se era di lunga durata, interveniva l'inflazione. Per questo le differenze sociali si radicalizzarono: la mobilità sociale era quasi inesistente; le famiglie povere si riempivano di debiti, perdevano proprietà e diventavano dipendenti dai signori e proprietari terrieri. Il divario tra prezzi e salati era sufficiente a guarantire invece guadagni ai più ricch che non erano portati dunque a investire per migliorie nei mezzi e colture. 1 La produttività della terra era modesta, e diminuì il numero di bestiame (e diminuì il concime), non furono migliorate le tecnologie agricole: era necessaria una domanda di prodotti più regolare, consistente e differenziata dalle città. 1.3IL SISTEMA MANIFATTURIERO La produzione manifatturiera avveniva nelle città, incentrata su botteghe e associazioni del mestiere. Il sistema delle corporazioni regolava il lavoro degli artigiani che svolgevano lo stesso lavoro per garantire una certa omogeneità e sfavorire la concentrazione della ricchezza in poche mani (regole di accesso al mestriere, numero massimo di lavoranti, paghe, norme sulla qualità dei prodotti...). Ad inizio 500 le più importanti città d'Europa erano centri manifatturieri legati ad attività come quella tessile (più diffusa: altissimo n. di uomini e donne impiegati; primato di Firenze, Milano, Bergamo, poi Paesi Bassi e Inghilterra dove i tessuti si fecero meno costosi e più leggeri e si imposero su tutti i mercati: Italia già in difficoltà per guerre interne, ora di più). Dopo la pace, a metà secolo, le città italiane si convertirono alla lavorazione della seta impiegando manodopera femminile (+ flessibile ed economica), producendo tessuti di lusso. Si formarono però anche nuovi settori: l'industria della carta si diffuse con la stampa a caratteri mobili (Gutenberg, metà 400). Venezia diventò la capitale europea della stampa (trasformazione del libro da oggetto unic, raro e di lusso, a manufatto riproducibile e alla portata di più consumatori). L'aumento dei prezzi interessò anche i prodotti manifatturieri, ma la loro domanda era elastica e queste contrazioni danneggiavano gli artigiani più deboli che si caricavano di debiti non riuscendo a vendere e diventarono alle dipendenze dei più ricchi. Nel sistema manifatturiero ci furono grandi cambiamenti e polarizzazioni della ricchezza che fecero perdere alle corporazioni il loro originario carattere egualitario; fuori dalla giurisdizione delle corporazioni erano le donne, i sobborghi e le campagne, manodopera impiegata perché meno costosa dagli imprenditori ricchi che fornivano attrezzi e materia prima (putting out system, manifattura domestica: fino alla rivoluzione industriale). 1.4COMMERCIO E FINANZA La circolazione delle merci era in gran parte affidata a mercanti itineranti che si spostavano con le mercanzie raggiungendo i luoghi più remoti. Il cuore commerciale era il mercato, al centro dello spazio urbano. Arrivavano lì i prodotti del contado e si scambiavano merci; ma il commercio avveniva anche nelle botteghe e magazzini. Il commercio ambulante si integrava con le strutture stabili; i mercanti sedentari spesso erano imparentati con quelli itineranti che giravano a cavallo o piedi con merci non deperibili e poco voluminose, portando le manifatture urbane anche nei luoghi più isolati. Il grande commercio internazionale muoveva spezie, tessuti preziosi e denaro. Nelle comunità mercantili si misero a punto i nuovi strumenti finanziari e societari, come la lettera di cambio (pagavi in una città e riscuotevi in un'altra). Alle società private su base familiare si aggiunsero le compagnie mercantili privilegiate (con privilegi conferiti da un'autorità cittadina o statale: diritto dell'esclusiva del commercio di un determinato profotto o in una determinata area), come la Compagnia delle Indie. Con il tempo la struttura si perfezionò: nel 1602, in Olanda varie compagnie si unirono nella Compagnia Unificata delle Indie Orientali (monopolio dei traffici con l'Oriente, funzionava come una società per azioni, distribuendo dividendi invece di restituire il capitale). I prodotti più costosi viaggiavano per mare (vino, grano, olio, fibre, legno da costruzione). 2 delle Bahamas, lasciata per arrivare poi in quelle che chiamò Cuba e Hispaniola (Santo Domingo). Tornato in Spagna nel 493 con un ricco assortimento di monili d’oro, fu accolto con entusiasmo e poco dopo era pronto a ripartire. Nel frattempo Isabella si era rivolta a papa Alessandro VI perché stabilisse i legittimi possessori delle terre appena scoperte. Nel 1494 si stipulò il Trattato di Tordesillas con i Portoghesi: l'Oceano Atlantico era diviso da una linea longitudinale a 370 leghe da Capo Verde. Tutte le terre ad est sarebbero state portoghesi, ad ovest spagnole. La seconda spedizione di Colombo non ebbe successo: furono scoperte nuove isole ma non oro, argento o cose preziose. La terza spedizione di Colombo (1498) era ridotta di numero: 6 navi, non più 17, approdarono alla foce dell'Orinoco (Venezuela) dove trovò oro e perle. Ma la sua cattiva amministrazione creò disordini e Isabella lo fece arrestare e riportare in Spagna. Nemmeno il quarto viaggio (1502) ebbe fortuna, e poco dopo Colombo morì povero e dimenticato. Tra il 1501 e il 1507 Vespucci concluse che le terre scoperte da Colombo non erano propaggini dell'Asia ma un nuovo continente, che chiamò America. Questa notizia diede inizio a nuove imprese oceaniche: 1497 Giovanni e Sebastiano Caboto esplorarono per gli inglesi le coste del Labrador e la baia di Hudson; 1524 Giovanni da Verrazzano completò per i francesi l'esplorazione delle coste del nord America. La spedizione più clamorosa fu di Magellano. Convinse Carlo V a finanziare l'impresa e nel 1520 doppiò la punta meridionale dell'America (lo stretto che attaversò prese il suo nome). Da lì si inoltrò nel Pacifico, allora sconosciuto, raggiungendo le Marianne e le Filippine dove fu ucciso dagli indigeni. La spedizione continuò ma tornò solo una nave su cinque, a bordo di cui vi era Antonio Pigafetta (ne la "Relazione" narra l'esperienza, descrivendo Brasile, Patagonia, Filippine, Molucche, Giava, Oceano Indiano e Capo Verde). 2.3I VIAGGI IN ORIENTE Nel 1500 il portoghese Cabral scoprì il Brasile, che sarebbe diventato la più grande colonia del Portogallo. Non avendo però trovato materie preziose, non destò interesse; l'India era molto più interessante per questo. Dal 1498 (Vasco da Gama arriva a Calicut) si iniziò a formare un impero marittimo (Estado da India) vastissimo che voleva rompere il monopolio arabo e indiano delle spezie e assicurare il controllo portoghese su ciò che era inviato in Europa. L'impero era costituito da una serie di piccoli insediamenti in posizione strategica (nelle isole delle coste orientali africane e sud-occ. dell'india fino a Ceylon, Malacca e Macao). Alcuni erano fortificazioni, altri scali commerciali. Sfruttando le rivalità tra i signori locali, i portoghesi penetrarono (in modo tutt’altro che pacifico) in Oriente ricorrendo alla forza in terraferma e mare. Egitto, turchi, sultani di India ed Indonesia cercarono di coalizzarsi contro i portoghesi ma senza successo (marina meno potente). Con la propria supremazia militare, i portoghesi imposero ai convogli marittimi orientali il pagamento di una serie di pedaggi (anche tramite pirateria). Ma non riuscirono a controllare il Mar Rosso (lì buona parte del commercio tra Occidente e Oriente). Ad est dell'Indocina penetrarono con difficoltà, ma nel 1557 ottennero il permesso della Cina di installarsi a Macao e commerciare con Cina, verso India, Occidente e Giappone. Il Portogallo riceveva dall'Africa oro, schiavi e pepe rosso, ma guadagnava con le spezie dell'Oriente. La corona portoghese lasciò il monopolio africano a compagnie private ma dichiarò monopolio reale il commercio indiano, convogliato obbligatoriamente alla Casa da India di Lisbona (fondata dopo il rientro di Da Gama). Da lì le spezie eranno inviate ad Anversa e i diritti di commercializzazione furono appaltati a compagnie di mercanti-banchieri (italiani, tedeschi, ebrei sefarditi). Era 5 monopolio difficile e i costi di trasporto erano alti, ma gli introiti derivati dal commercio delle spezie costituivano il 40% delle entrate della corona nel 1520. 2.4LA CONQUISTA DELL'AMERICA I 500 uomini che accompagnarono colombo nella sua seconda spedizioni e gli altri che seguirano appartenevano ai ceti poveri e non privilegiati. Vi erano hidalgos, cavalieri non insigniti ufficialmente di titoli nobiliari, broghesi, artigiani e commercianti alla ricerca di fortuna, e donne. Si sognava il potere, oro e gloria. Dal 1508 i viaggi si trasformarono in imprese di conquista. I primi territori conquistati furono isole: Portorico, Giamaica, Cuba dove si trovò molto tanto oro da permettere alla Castiglia di sostituirsi al Portogallo come fornitore. Gli spagnoli seguirono il modello portoghese in spedizioni ed insediamenti. A Siviglia, inoltre, Isabella fondò la Casa de Contrataciòn nel 1503 (come Casa da India). Le cose cambiarono quando dalle Antille la conquista si estese al continente. La seconda fase dell'occupazione spagnola vide nel 1519 Cortés, che esplorando lo Yucatàn, si imbattè in prove di civiltà ricchissime, si lanciò alla loro conquista (aztechi). Dopo due anni, sottomise un vero e proprio impero e la notizia stimolò spedizioni continentali. Così nel 1527 de Montejo partì per la conquista dei Maya e nel 1529 Pizarro e de Almagro iniziarono l'invasione degli Incas (Perù). 2.5GLI AZTECHI Allo sbarcare spagnolo in America, si stima ci fossero 80-100 milioni di abitanti, di cui 25 nel Messico centrale dove erano insediati gli Aztechi. In origine, erano nomadi, stabilitisi sull'altopiano messicano nel 14 secolo, dove avevano fondato la capitale Tenochtitlàn (Città del Messico). Con un'efficiente organizzazione militare, avevano esteso il territorio sotto il loro controllo imponendo alle città-stato della regione di pagare tributi (oro, gioielli, piumaggi preziosi, tessuti, vittime per sacrifici umani). Il dominio consisteva nell'estrarre risorse dalle poplazioni assogettate, che si ribellavano spesso. La capitale era un enorme centro urbano con acquedotti, canali (spagnoli la paragonano a Venezia), divisa in 4 quartieri ciascuno composto da circa 80 calpulli, a metà tra clan familiari e associazioni di mestiere, detenevano la proprietà collettiva della terra e organizzavano la vita dei membri in ogni ambito. Chi vi apparteneva era libero, ma vi era una ridotta mobilità sociale. Ai vertici era la nobiltà da cui provenivano i capi militari, i funzionari pubblici e l’alto clero. La carica di imperatore era ereditaria. Alla base della società vi erano gli schiavi (prigionieri di guerra o condannati per delittti/debiti) e vi erano ampi mercati con prodotti locali e di luoghi lontani. Le città erano ricchissime, tuttavia non si conosceva la ruota, gli animali da soma, usavano il bronzo ma non il ferro, il calendario era di 13 mesi (ognuno: 20 giorni, fausti o infausti che incidevano sugli eventi e destini dei nati nei giorni: arte della divinazione e interpretazione dei presagi della casta sacerdotale. La vita sociale e individuale erano regolate da principi di ordine cosmico. Al suo arrivo Cortés fu accolto pacificamente, e gli fu facile insediarsi, prendere in ostaggio il sovrano Moctezuma e assumere il controllo politico. In pochi mesi, la sua brutale politica di governo provocò ribellioni e gli abitanti cacciarono gli occupanti spagnoli, che riconquistarono la città dopo aver stretto alleanze con tribù interne ostili. 2.6I MAYA E GLI INCAS. I primi insediamenti dei Maya risalivano al II millennio a.C. Il loro terrirorio era costellato da luoghi di culto dove viveva il clero e si tenevano cerimonie religiose e mercati; accanto al clero, la nobiltà aveva il monopolio della terra e imponeva pesanti 6 tributi ai contadini. Il sistema di scrittura era molto complesso, l'astronomia profondamente studiata (calendario solare di 365 giorni). La resistenza all'occupazione spagnola fu tenace e Francisco de Montejo impiegò quasi 20 anni per la conquista. L'Impero Inca invece era fondato sulla continuità territoriale e sul controllo politico, grazie all'inserimento dei governanti locali in un sistema di potere centralizzato. Al vertice della società vi era il sovrano, l'Inca, con potere assuluto su un'organizzazione piramidale gerarchica: ogni popolo assogettato aveva i suoi governanti, come ogni clan, come ogni gruppo di 10 persone aveva un capo. La terra dei villaggi era collettiva e i contadini dovevano coltivare anche i campi dei signori e del clero, lavorando gratuitamente alle strade e canali di irrigazione. Gli Incas erano ingenieri (ponti e gallerie, terrazzamenti, acquedotti come i romani). Davano grande importanza alla divinazione e come gli Aztechi e Maya, gran parte delle divinità erano solari. Non avevano un sistema di scrittura ma con cordicelle colorate contavano e comunicavano informazioni. La struttura ordinata e gerarchica dell'Impero ne provocò la caduta: gli spagnoli rapirono l'Inca e la famiglia reale e riuscirono ad assoggettare l'intera popolazione. 2.7GLI STRUMENTI DELLA CONQUISTA. I grandi imperi americani, ordinati e strutturati, non riuscirono a sconfiggere poche centinaia di uomini per il superiore equipaggiamento militare spagnolo dotati di armi da fuoco, cannoni, archibugi, cavalli, e per il favore con cui furono accolti dalle popolazioni che erano state sottomesse da Aztechi e Maya. In Perù, Pizarro approfittò di una crisi dinastica e della lotta per la sucessione al trono. Oltre a ciò, le popolazioni autoctone parlavano lingue diverse ed erano ignare di ciò che accadeva al di fuori dei propri imperi: gli Incas non sapevano della caduta degli Aztechi. Oltre alla distruzione bellica, ci fu quella causata dalle malattie. Gli indiani non avevano difese immunitarie contro il vaiolo, morbille e le influenze. Oltre a ciò, ci fu una "paralisi cognitiva" degli amerindi: non erano più improvvisamente capaci di interpretare la parola divina e pensarono che gli dei fossero morti. Ciò li colse totalmente impreparati, attaccati alla tradizione com'erano, a causa della mancanza della scrittura che conferiva un ruolo fondamentale alla memoria: di fronte alla totale diversità degli spagnoli, li credettero dei (funesti presagi annunciavano la venuta del dio Quetzalcoatl, che sarebbe venuto a riprendere il regno). Molti si uccisero o si lasciarono morire per non essere testimoni del periodo di caos. Nel 1605 gli abitanti dell'America centrale (25 milioni nel 1519) erano poco più di 1 milione. 2.8LA NUOVA ORGANIZZAZIONE DEI TERRITORI. Il popolamento europei dei nuovi territori e la loro colonizzazione spagnola si basò sul modello urbano castigliano. Nel 1523 Carlo V stabilì le regole relative alla dislocazione territoriale delle nuove città e alla distribuzione e organizzazione del loro spazio interno, mentre gli spagnoli introducevano la parrocchia perché accanto all'autorità civile ci fosse anche quella religiosa. Nacque l'encomienda nel 1502: Isabella ordinò di assegnare a ogni comunità indigena uno spagnolo di provata moralità che amministrasse la giustizia e proteggesse gli abitanti da qualsiasi abuso (da cui l’idea di esportare un "senorio", feudo, castigliano). L'encomienda era una serie di villaggi, centri abitati, città sottoposti al dominio reale il cui governo era affidato dalla corona a una persona meritevole in cambio del diritto di riscuotere tasse e prestazioni. Chi viveva nell'encomienda lavorava gratuitamente per l'encomendero, nelle miniere o nei campi. In cambio, egli garantiva l'istruzione religiosa e la protezione. 7 3.3MARTIN LUTERO Lutero, nato a Turingia, a 22 anni fu colpito da un fulmine. L'esperienza lo sconvolse e ebbe una profonda crisi esistenziale. Entrò nel convento agostiniano iniziando un periodo di studio e penitenza. Si formò sulla teologia di Sant'Agostino (visione pessimistica della natura, la salvezza raggiungibile solo tramite la grazia di Dio). Dottore in teologia, insegnò a Wittenberg meditando sul problema del peccato e della salvezza. La salvezza era nella fede. Le buone opere, devozioni, mortificazioni della carne non potevano sortire alcun merito. La fede era una conquista e solo la parola di Dio nel Vangelo poteva aiutare. Le basi della teoria della salvezza erano sola gratia, sola fide, sola scriptura (base della teologia protestante). Lutero iniziò a esprimerla pubblicamente, tenendo opinioni contrarie al libero arbitrio nelle discussioni universitarie. Nell'ottobre 1517 affisse le 95 tesi alla porta della cattedrale di Wittenberg, sulla dottrina delle indulgenze: denunciava gli abusi e affrontava per demolire l'indulgenza stessa, poiché solo Dio, non il papa, poteva rimettere le pene da Lui inflitte. 3.4LA DIFFUSIONE DEL LUTERANESIMO Le 95 tesi ebbero successo e furono vendute migliaia di copie. Non tutti le capivano, ma tutti capivano che erano un attacco a Roma, e molti erano pronti a condividerne le posizioni. Il vescovo lo denunciò immediatamente e nel 1520 fu concluso contro Lutero un processo per eresia con la sentenza della scomunica. Lutero reagì con “Alla nobiltà cristiana di nazione tedesca“, dove si rivolgeva alla nobiltà invocando una riforma della chiesa e contestando l'esistenza del clero (intermediario tra Dio e gli uomini). In “Della cattività babilonese della Chiesa“ riconosceva solo i sacramenti del battesimo e dell'eucarestia, gli unici istituiti da Gesù nel Vangelo. Ne “La libertà del cristiano“ sosteneva il principio della libertà interiore dell'uomo, padrone della sua anima e libero dalle costrizioni delle pratiche esteriori. I tre scritti ebbero enorme successo anche tra letterati, cavalieri, artigiani, contafini, principi. Si trapassò dal piano religioso a quello politico. Dopo l'elezione di Carlo d'Asburgo a imperatore, nel 1521 fu confocata la Dieta della nazione tedesca di Worms,cioè l'assemblea degli "stati" dell'Impero, composta dai 7 principi elettori. Venne affrontato il problema di Lutero (l'imperatore avrebbe dovuto rendere la scomunica effettiva) ma Federico il Savio di Sassonia (Lutero era suo suddito) ottenne per lui un salvacondotto affinché potesse comparire di fronte all'assemblea e fare atto di sottomissione. Lutero si presentò, ma rifiutò ogni contestazione e fu bandito alle terre cristiane. Federico il Savio lo fece nascondere in un suo castello dove Lutero continuò a studiare e tradusse la Bibbia in tedesco. A Wittemberg i seguaci riformavano la liturgia tenendo conto dei suoi insegnamenti, e la situazione si radicalizzò, nonostante Lutero volesse una riforma e non attaccare il potere secolare. Le sue parole vennero però interpretate politicamente e avvennero una serie di rivolte: la prima dei cavalieri, tra il 1521 e 1523, contro i grandi feudatari che li sconfissero. La seconda fu la guerra dei contadini. 3.5. LA GUERRA DEI CONTADINI. Nella Germania del 500, le comunità rurali si erano sviluppate acquisendo consapevolezza dei propri diritti. Il rapporto con i signori feudali era regolato da un patto inviolabile da entrambe le parti. Con l'espansione del mercato e l'aumento dei prezzi, i signori adotarono una politica per alterare quei patti per accrescere la propria quota di prodotto (aumentando le tasse, confiscando le terre dei vassalli, limitando la libertà personale e divenendo offensiva contro i diritti delle comunità riguardanti l'uso delle risorse collettive). 10 Le prime rivolte scoppiarono nel 1524, estendendosi dal sud-ovest al centro-sud. I contadini cercarono di organizzarsi con regole e programmi (come fu descritto ne I dodici articoli dei contadini tedesci). Questo manifesto politico (grazie alla stampa) si diffuse enormemente; si apriva con due rivendicazioni: il diritto delle comunità a scegliere il proprio parroco, e che le decime dovessero servire solamente al sostentamento del parroco. Tutto ciò era volto ad ottenere una riforma della Chiesa. Si aggiunse la predicazione di un ex allievo di Lutero, Muntzer, molto più radicale. Predicava l'avvento di una teocrazia in cui i santi governassero il mondo e sottomettesero gli empi. A differenza di Lutero, metteva in discussione l'ordine sociale politico, mentre Lutero cercava l'approvazione delle autorità civili. La sua reazine fu violenta: ne “Contro le bande brigantesche e assassine dei contadini“ scrisse che era diabolico pretendere di trasferire la libertà interiore sul piano politico e sociale e violare il precetto evangelico di obbedire alle autorà volute da Dio per garantire pace e ordine, e incitò i principi alla repressione, che fu terribile. Furono più di 100.000 i morti. 3.6LA RIFORMA DELLE CITTÀ. Altri che portarono avanti l'esigenza di una riforma furono Zwingli, con formazione umanistica, influenzato da Erasmo e spinto verso un cristianesimo depurato dalla superstizione (credenza nel ptere miracolistico di riti, immagini, devozioni). Parroco di Zurigo, iniziò una riforma della chiesa locale basata sull'abolizione del culto dei santi, la condanna della dottrina del Purgatorio e la contestazione della gerarchia ecclesiastica e del celibato. Provocò tensioni, risolte nel 1523 nel Consiglio della città in cui Zwingli presentò i suoi 67 articoli di fede. Dimostrò filologicamente che la messa non era un sacrificio in cui pane e vino si trasformano nel corpo e sangue di Cristo ma una commemorazione dell'Ultima Cena. Nessuno riuscì a contraddirlo, gli articoli furono adottati a fondamento dela Chiesa di Zurigo. Le riforme furono religiose, ma accompagnate da provvedimenti politico-sociali quali la creazione di una cassa municipale per l'assistenza ai poveri, di un tribunale dei costumi e di una scuola di studi biblici. L'indipendenza politica di queste città-Stato imperiali (Norimberga, Basilea, Strasburgo, Augusta) contribuì alla nascita e sviluppo di correnti di pensiero riformato. Zwingli si distingueva da Lutero anche per quanto riguarda la messa. Anche per Lutero non era un sacrificio, ma il pane e il vino erano sangue e corpo (consustazione) in virtù dell'onnipresenza del corpo del Signore, mentre per Zwingli erano un mero simbolo senza commistione tra spirito e corpo. Entrambi condannavano gli anabattisti, che predicavani il battesimo degli adulti (consenzienti), che sostenevano fosse cristiano chi seguiva alla lettera il Vangelo (chi non uccideva, non giurava, non andava in guerra). Contro di loro si scatenò la repressione: furono massacrati nella città da loro fondata, Munster. 3.7RIFORMA RELIGIOSA E POTERI POLITICI. Le vicende della Riforma si intrecciarono con questioni politiche ed econoniche. Federico il Sassone elettore di Sassonia appoggiò Lutero chiedendo fosse processato in Germania per affermare la propria autonomia rispetto a Roma e così lo salvò. L'ostilità antiromana, le tensioni con l'imperatore si aggiunsero alla questione economica (smantellamento della gerarchia ecclesiastica accanto alla confisca dei beni della Chiesa). Le autorità politiche di Zurigo appoggiarono Zwingli perché rafforzava la loro giurisdizione, sottratta alle gerarchie ecclesiastiche. Gli innumerevoli conflitti tra città cattoliche e protestanti e tra principi filoromani e filoluterani si scatenarono dagli anni 20 per entrambi i fattori (religioso e politico). La Riforma aveva dissolto la tradizionale gerarchia della Chiesa (fondata su autorità locale ma con capo sovranazionale, il papa) affidando alle autorità laica la protezione delle Chiese locali. 11 La divisione religiosa creava però problemi: furono convocate Diete per trovare un assetto giuridico-religioso per raggiungere la pace. Nella Dieta di Spira (1526) si formulò il principio di territorialità: ogni principe era libero di decidere se applicare l'editto di Worms e bandire il luteranesimo. La Dieta del 1529 introdusse la tolleranza verso le minoranze cattoliche nei territori luterani: questi protestarono per affermare la propria fede, e da qui il nome protestanti. Carlo V, raggiunta la tregua in Italia, tornò in Germania per occuparsi della questione. Nel 1530 ad Anversa fu convocata la Dieta. I Luterani presentarono tramite Filippo Melantone la Confessio augustana in 28 articoli. I primi 21 sottolineavano i punti di contatto tra cattolicesimo e luteranesimo, gli ultimi i punti più controversi (matrimonio dei preti, natura della messa...). I cattolici lo rifiutarono e Carlo V ordinò di applicare l'editto di Worms e di restituire i beni confiscati alla Chiesa e ripristinare l'autorità dei vescovi. I protestanti si unirono nella Lega di Smalcalda, opponendosi ai suoi ordini. Minacciato dai turchi e in contrasto con la Francia in Italia, Carlo V negoziò una tregua ma non mise fine al conflitto: i cattolici si unirono in una lega sotto la guida del duca di Baviera. L'imperatore scelse dei colloqui di religione perché le due parti si confrontassero. Nel 1541 Melantone e Contarini, cardinale, si incontrarono a Ratisbona, ma fallirono. La guerra riprese, e nel 1555 si arrivò alla Pacificazione di Augusta con cui l’imperatore accettava lo stato di fatto della frattura religisa e lo regolava secondo due principi: cuius regio eius regio (sudditi seguono la confessione del principe territoriale) e il reservatum ecclesiasticum, secondo cui la Chiesa rimane proprietaria dei benefici di chi era passato al luteranesimo dopo il 1552, mentre perdeva quelli confiscati prima. 3.8GIOVANNI CALVINO Filosofo, con una vastissima formazione umanistica, si con convertì alla Riforma nel 1533 e nel 1534, a Parigi, fu quasi arrestato come eretico e fuggì. Dopo Strasburgo e Ferrara, arrivò a Ginevra nel 1536 dove gli evangelici avevano appena vinto nello scontro con i cattolici. Giungeva dopo la sua fama derivata dalla pubblicazione dell'“Institutio Christianae Religionis“. I rapporti con la città si fecero difficili e se ne allontanò; tornò nel 1541 e la trasformò in una città governata dai suoi principi e centro propulsore di una dottrina religiosa destinata a diffondersi. La sua dottrina si ispirava a quella luterana: condivideva il principio della giustificazione per sola fede ma come Zwingli considerava i sacramenti puro segno della fede interiore e la messa come semplice rito di commemorazione dell'Ultima cena. Riguardo alla salvezza, condivideva la posizione di Butzer. Data la natura umana, viziata da orgoglio e egoismo, la grazie era un dono gratuito di Dio che in base ai suoi disegni la elargiva ad alcuni e la negava ad altri secondo la dottrina della predestinazione: alcuni erano destinati alla salvezza, altri alla dannazione. L'individuo, di fronte al mistero del proprio destino predestinato, doveva fare del suo meglio per per fare del bene e adoperarsi per la salvezza di tutti acquisendo la speranza di essere tra i giusti. Poiché ogni cosa è come Dio la vuole, anche il successo tereno doveva essere usato a maggior gloria del Signore. Tutto ciò non rendeva superfluo la predicazione, la lettura della parola di Dio e l'esistenza di una Chiesa istituzionalizzata. Al ritorno a Ginevra, Calvino riformò gli ordinamenti politici e religiosi per trasformarla in una comunità cristiana dove i pastori avrebbero amministrato la parola di Dio e amministrato i sacramenti, i diaconi curavano i poveri e gli anziani e vigilavano sull'osservanza dell leggi. A capo della Chiesa ginevrina il Concistoro (organo collegiale di pastori e anziani che vigilava sulla condotta delle magistrature cittadine). I comportamenti dei cittadini dovevano conformarsi a una severa disciplina cristiana. Ginevra diventò un punto di riferimento e attrazione per tutti gli evangelici costretti a fuggire dalle persecuzioni dai loro paesi. Ma Calvino fu intransigente: nel 1553 fece 12 costumi ascetici ed egualitaria). Nel 1498 morì Carlo VIII e il nuovo Luigi XII proseguì la politica espansionistica (l’Italia era ricca, anche culturalmente e ciò le dava prestigio). Dopo l'attività diplomatica, arrivò la guerra. Luigi XII voleva Napoli e cercò di perseguirlo accordandosi con Ferdinando il Cattolico (a scapito del legittimo: Ferdinando III). Si sarebero spartiti: la Francia avrebbe avuto la Campania e l'Abruzzo e alla Spagna la Calabria e Puglia. Il trattato non resse e la guerra vide come sconfitto Luigi XII che riconobbe la sovranità di Ferdinando il Cattolico sul Regno di Napoli. Nel frattempo i piccoli Stati avevano continuato a vedere mutamenti: il papa aveva investito il figlio Cesare Borgia della signoria delle Marche e della Romagna (potere effimero). Venezia conquistò la Romagna ma contro di lei si costituì una lega formata dal nuovo papa Giulio II della Rovere e i sovrani europei; la Repubblica fu sconfitta e perse tanti possedimenti nella terraferma. A Firenze vi fu nel 1498 la messa al rogo di Savonarola e l'instaurazione di un regime repubblicano oligarchico. Nel 1512 Firenze fu sconfitta da un'alleanza guidata dal papa e furono rimessi al potere i Medici. Succedette a Giulio II Leone X, non bellicoso come lui: con la pace di Noyon (1516) pose fine a 20 anni di guerra. Ma nel 1521 l'Italia fu di nuovo invasa (30 anni di guerra). 4.2CARLO V E L'IDEA IMPERIALE Con la pace di Noyon, 1516, a Giulio II era succeduto Leone X de' Medici, a Luigi XII Francesco I di Valois e a Ferdinando d'Aragona Carlo I d'Asburgo. Carlo regnava sui domini aragonesi di Ferdinando ma anche quelli castigliani di Isabella (e i nuovi possedimenti americani), sui Paesi Bassi, la Franca Contea (orientale) e altri territori del Ducato di Borgogna. Regnava su territori immensi e variegati, oltre al fatto che da un secolo gli Asburgo avevano monopolizzato la carica di imperatore del Sacro Romano Impero Germanico. Al trono si accedeva eletti da un collegio di sette principi elettori (re di Boemia, principi di Brandeburgo, Palatinato e Sassonia, i vescovi di Colonia, Magonza e Treviri). Carlo fu eletto imperatore nel 1519, comprando i voti grazie all'appoggio economico dei Fugger (sconfiggendo Francesco I di Francia e Federico il Savio di Sassonia). Si aggiunsero ai suoi possedimenti quelli austriaci e tedeschi. Fu paragonato a Carlo Magno, e l'opinione dei contemporanei ne fu profondamente influenzata; ciò sembrava attribuirgli il compito di guidare la cristianità, mantenerla unita. Non riuscì (riforma) sul piano religioso e su quello politico cercando di creare un impero sovrastatale entrò in conflitto con i suoi stessi progetti egemonici. L'esercito e la burocrazia dovevano essere finanziati e l'oro e argento americani non bastavano. Il drenaggio di risorse imposto ai vari territori e i modi di controllo generarono tensioni che si trasformarono in ribellioni. 4.3LE ISTITUZIONI STATALI ALL'INIZIO DEL 500 La Germaia del 500 era suddivisa in centinaia di Stati, città-Stato indipendenti e sottomessi all'autorità imperiale (governati da un signore laico, uno ecclesiastico o un organo collegiale). Accanto all'imperatore vi era la Dieta Imperiale (principi territoriali elettori e non + rappresentanti delle città). Tra i due vi era tensione politica: mentre la Dieta cercava di accrescere la propria competenza giurisdizionale, i ceti difendevano la loro espressa attraverso l'assemblea. Il potere della Dieta rimase fondamentale: fu riunita 19 volte in 26 anni. Anche nella penisola iberica, in Francia, Inghilterra, Paesi Bassi, Italia i sovrani erano affiancati da assemblee degli "ordini" del regno (clero, rappresentanti delle città e in alcuni anche campagne). Spesso vi erano attriti tra questi organi, anche spesso per il controllo sulle cariche pubbliche, per quelle ecclesiastiche egemonizzate dai poteri laici. Gli uffici pubblici 15 erano di fondamentale importanza per nobiltà e patriziati, poiché facevano accrescere le loro entrate e la loro influenza. Dovendo sostenere uno stile di vita adatto alla loro posizione (dispendioso), i membri delle élites erano sempre alla ricerca di fonti di guadagno; per i più poveri l’impiego al servizio di un potere pubblico era l'unica garanzia del non sprofondare nella miseria. La rivendicazione delle loro politiche accompagnava la difesa delle proprie fonti di sostentamento e l'attacco a una delle due era visto come la rottura dell'antico equilibrio tra i potere del sovrano e dei ceti (delle leggi fondamentali del regno, ordine e giustizia). Sovrani e assemblee avevano anche motivi per collaborare: il re non poteva governare se non affidandosi all'autorità di un signore feudale o consiglio cittadino a causa delle ridotte dimensioni dell'apparato burocatico. Gli eserciti erano forniti dalla nobiltà, le entrate del re dipendevano largamente dal contributo che otteneva dalle sue città. Nel re tutti vedevano il supremo arbitro delle controversie, garante di pace e giustizia. Il rapporto di forte interdipendenza tra gli organi del regno si poteva risolvere in competizione o cooperazione a seconda delle circostanze. I regni iberici di Carlo V (Castiglia e Aragona) avevano delle assemblee rappresentative, le Cortes, formate da clero, nobiltà e rappresentanti delle città. Loro stesse avevano organi di autogoverno e eccetto dover pagare tributi e rispettare le leggi non erano sottoposte a altre forme di dipendenza dal sovrano. Alla fine del XV secolo accanto ai magistrati cittadini fu introdotta la figura del corregidor (di nomina regia), con funzioni amministrative e il compito di amministrare la giutizia (esautorando i tribunali controllati dalle élites locali). Il potere della corona aumentò e dopo l'ascesa di Carlo V aumentò la pressione sulle Cortes e l'invadenza dei suoi cortigiani fiamminghi che monopolizzarono le cariche pubbliche. Quando Carlo V lasciò la Spagna per recarsi in Germania a ricevere la corona imperiale scoppiò la rivolta dei comuneros (1520-1521). Il rivale di Carlo, Francesco I di Valois, gestiva con meno difficoltà una struttura politica analoga; in Francia vi era l'assemblea rappresentativa, gli Stati Generali, e le città avevano una larga indipendenza. Come in Spagna, ciascun regno (in francia provincia) aveva conservato le proprie istituzioni; il regime fiscale, la legislazione e i sistemi di misura variavano da una provincia all'altra. Ma gli Stati Generali vantava un'autonomia minore nei confronti del re, e i domini del re costituivano un'unità territorialmente compatta dove il re poteva essere sempre presente. STATO: da status, in molte lingue indica una forma di ordinamento politico in cui si vive. I passato, lo status era però la condizione, e se ne trova traccia nel Principe di Machiavelli dove al sovrano si indicano gli strumenti per accrescere il suo status (condizione). L'evoluzione dal significato passato a quello odierno fu graduale, di pari passo con l'affermazine dei principi ad oggi costitutivi dello Stato (territorialità dell'obbligazione politica e impersonalità e universalità del comando politico). Gli Stati del 500 erano molto lontani da questo modello: ognuno con i propri ordinamenti, il dominio politico prescindeva dall'unità territoriale, i sudditi erano sottoposti diversamente all'utorità del sovrano in base alla loro condizione. La formazione degli Stati non fu costante, non fu l'evoluzione di una struttura imperfetta verso forme meglio definite e più compiute. I meccanismi e principi che muovevano il sistema politico di allora erano semplicemente diversi da quelli di oggi. La trasformazione fu causata da scontri, tensioni, alleanze e collaborazioni tra il potere monarchico e gli altri (Chiesa, signori feudali, governi locali...). 4.4LA RIVALITà TRA FRANCIA E SPAGNA E LA SECONDA FASE DELLE GUERRE D'ITALIA. L'elezione di Carlo d'Asburgo a imperatore alterò l'equilibrio ottenuto con la pace di Noyon. La Francia era accerchiata e Carlo V doveva riconquistare il Ducato di Milano. 16 Le ostilità in Italia si aprirono nel 1522 quando i francesi furono cacciati da Milano e Massimiliano Sforza ne riprese possesso. La disfatta militare era stata anticipata da quella diplomatica. Era stato eletto papa Adriano VI l'ex precettore di Carlo V. Francesco I mandò un esercito a marciare su Milano in risposta, per assediare Pavia, ma fu sconfitto e fatto prigioniero, costretto ad accettare la pace di Madrid (1526) dove rinunciava per sempre a Milano e cedeva la Borgogna. Tornato in Francia, denunciò il trattato e convinse gli Stati italiani preoccupati dal potere di Carlo V a unirsi a lui nella Lega di Cognac (Firenze, Venezia, Milano, Clemente VII). Un esercito di lanzichenecchi nel 1527 invase Roma (non pagati) e la saccheggiò. Le armate cristiane si distruggevano a vicenda mentre in Ungheria gli ottomani sbaragliavano gli ungheresi e il Mediterraneo era infestato da pirati ottomani, e l'imperatore cristiano lasciava Roma bruciare. Il Sacco di Roma destò scalpore ovunque, con il significato simbolico di punizione divina atribuitogli. Una conferma per i luterani per ciò che dicevano da anni e per i cristiani il segnale che era giunto il momento di porre fine ai mali della Chiesa. Dopo mesi di saccheggio l'esercito si ritirò e papa e Carlo V raggiunsero un accordo: l'imperatore avrebbe restituito al papa i suoi domini e avrebbe restaurato la signoria medicea a Firenze e Clemente VII gli avrebbe riconosciuto i diritti sui territori italiani, incoronandolo nel 1530 a Roma, imperatore. Con la pace di Cambrai del 1530 si sanzionava lo stato: Milano restava a Carlo V e la Borgogna a Francesco I. La guerra tra Francia e Spagna però riprese nel 1536 e dopo una breve tregua nel 1542. Nella pace di Crépy, 1544, Francesco I riconobbe il dominio imperiale su Milano e si vedeva riconosciuta la sovranità sulla Savoia e Piemonte. Ma morto Francesco I gli succedette il figlio Enrico II che riprese la lotta ma invece di accanirsi sull'Italia spostò il conflitto in Germania alleandosi nel 1552 con i principi luterani. La pace di Augusta del 1555 chiuse le ostilità in Germania riaprendole in Italia. Dopo decenni di guerra, dopo che tutte le parti avevano dichiarato bancarotta, la pace di Cateau-Cambrésis del 1559 chiuse il conflitto, ma non fu siglata da Carlo V: aveva abdicato nel 1556 dando al figlio Filippo II i territori spagnoli e americani, i domini italiani e di eredità borgognona (Franca Contea e Paesi Bassi). Al fratello Ferdinando I i territori degli Asburgo in Austria, la Boemia e Ungheria e i domini imperiali. Tutti gli Stati italiani erano entrati nell’orbita spagnola: Milano, Orbetello e lo Stato dei Presidi, Napoli, Sicilia e Sardegna erano dminati da spagnoli; il Ducato di Savoia, Granducato di Toscana, lo Stato pontificio, la Repubblica di Genova erano legati alla sua politica anche se indipendenti. Gli Stati più piccoli (Ducato di Parma, di Piacenza, Ferrara, Mantova, Repubblica di Lucca) non erano autonomi; solo la Repubblica di Venezia aveva maggior libertà, ma dipendeva dall'alleanza con la Spagna per la lotta contro i Turchi nel Mediterraneo. 4.5GUERRE E POTERI MONARCHICI L'impero di Filippo II era ridotto rispetto a quello del padre Carlo V, ma aveva enormi problemi di gestione. Fin dagli anni 20 erano stati istituiti o riorganizzati gli organi collegiali (Consigli di Castiglia, d'Aragona, delle Finanze e delle Indie) con il compito di istruire tutte le pratiche riguardanti quel territorio. Nel 1555 si aggiunse un Consiglio d'Italia. Al Consiglio di Stato erano affidate le questioni di politica generale e al Consiglio di guerra quelle militari, al Consiglio delle Finanze la gestione delle entrate e del patrimonio dell'impero. I Re Cattolici, convinti che solo l'unità religiosa potesse garantire l'unità politica, avevano cacciato gli ebrei nel 1492; fu la volta i moriscos nel 1499 dopo le conversioni forzate e il Tribunale dell'Inquisizione che fin dal 1483 vegliava sulla purezza della fede cominciò a occuparsi delle eresie interne alla Chiesa cattolica. Nel 1543 Carlo V aveva 17 L'istruzione fu un punto fondamentale. Negli anni 30 nuove istituzioni, la Compagnia di Sant'Orsola per l'istruzione femminile, e la Compagnia di Gesù (fondata da Ignazio di Loyola) dei gesuiti che osservavano i tre voti consueti (castità, obbedienza e povertà) e un quarto di obbedienza al papa. Nel 1540 quest'ultima fu ufficialmente da egli riconosciuta. I gesuiti si occupavano dell'istruzione e delle missioni. I giovani venivano educati alla disciplina (con istruzione di alto livello) nei collegi che si diffusero nei paesi cattolici. Si studiava anche la danza, la musica e il teatro che furono usati anche nelle missioni popolari per catturare e coinvolgere il pubblico. Le missioni furono anche oltremare: Francesco Scaverio e Matteo Ricci si fecero accettare nelle corti di India, Cina e Giappone e studiarono la cultura locale. I gesuiti credevano nella propaganda artistica e promossero una nuova tipologia architettonica (facciata maestosa, navata rettangolare). Altri vescovi impegati nella riforma cattolica si occuparono di arte: Carlo Borromeo e Gabriele Paleotti elaborarono delle norme per l'arte sacra per garantire che le opere fossero conformi all'ortodossia dominante (censura pervasiva: libri e arte). 5.4L'IRRIGIDIMENTO DELL'ORTODOSSIA: LA CREAZIONE DEI GHETTI EBRAICI. La repressone del dissenso avvenne anche nelle altre scienze e arti (diritto, filosofia, scienza) con la censura e la persecuzione degli studiosi con posizioni in contrasto con quelle della Chiesa (rogo, abiura, arresti). Anche le minoranze fino ad allora tollerate subirono la stessa sorte. Venezia per prima impose agli ebrei la residenza in un apposito quartiere, il ghetto. Nel 1555 ciò avvenne anche a Roma (quartiere circondato da mura e cancelli aperti solo di giorno). Si cercò di limitare il contatto tra ebrei e cristiani tramite la loro segregazione. I sovrani seguirono il papa e in tutte le città ci fu presto un ghetto. Si intensificò il proselitismo: gli ebrei erano costretti ad ascoltare prediche volte a convertirli e a chi abbandonava la loro religione venivano accordati dei privilegi. 5.5LA RIFORMA DEL CRISTIANESIMO POPOLARE Il cristianesimo tradizionale era comuitario: la partecipazione ai sacramenti e ai riti liturgici era essenziale per integrarsi nella comunità. Battesimo, matrimonio, funerale erano sacralizzazioni dei momenti di passaggio della vita ma anche riti di conferma dei legami comunitari, dalla famiglia alla comunità. Partecipare era appartenere alla comunità e la comunità si costituiva tramite la partecipazione. Secondo lo studioso John Bossy, al centro dell'etica cristiana vi era la dottrina dei sette peccati capitali e i più gravi mettevano in discussione la sopravvivenza della comunità. Questa interpretazione suscitò le critiche degli umanisti tra XV e XVI secolo (allontanamento dalle Sacre Scritture) e fu sostituita dall'etica fondata sul rispetto della legge di Dio e centralità dei 10 comandamenti. La carità e l'amore per il prossimo erano sostituiti dall'obbedienza incondizionata (fondamentali Lutero e Calvino con le dottrine della giustificazione per sola fede e predestinazione; anche per i cattolici). 5.6LA CACCIA ALLE STREGHE. Anche gli ortodossi usarono censura e repressione per difendere le proprie dottrine (Michele Serveto). Ugualmente perseguitaronno gli ebrei (ghetti o espulsioni) e cercarono di estirpare i culti popolari e le commisioni tra magia e religione, con particolare attenzione verso la stregoneria. Alla base della stregoneria vi erano accuse prive di fondamento, lanciate contro persone marginali o invise alla comunità. La Chiesa a lungo ritenne che credere nelle streghe fosse una superstizione e condannò chi lo faceva; ma nel 400 due inquisitori tedeschi scrissero “Il martello delle streghe“ (come individuarle e farle confessare) e l'atteggiamento cambiò. Chi veniva arrestato era torturato 20 (fisicamente/psicologicamente) fino a confessare. Il culto fu costruito più dagli inquisitori che dagli imputati: le streghe stringevano un patto con il diavolo e partecipavano ai sabba (si accoppiavano con lui) e compivano all'inverso gli atti della liturgia ufficiale (impurità derivate dalla sfrenatezza sessuale, profanzazione della liturgia, adorazione del male). La componente sessuofobica spiega perché la maggior parte fossero donne: a loro si chiedeva la castità, di preservare la purezza; e se vecchie e sole erano marginalizzate e esposte alla miseria (stereotipo della strega). La sensazione di trovarsi di fronte a un complotto del male aumentò in tutti i livelli della società: la comunità era minacciata ed esposta alla contaminazione. La caccia alle streghe peggiorò con la Riforma e la rottura dell’unità religiosa (Europa fu centrale; in Italia meno: ai primi decenni del 17 secolo i magistrati dubitavano delle accuse e validità dei metodi usati per confessare). DIFFERENZE: dal 700 la società europea si comincia a considerare come universale (cittadini di cittadinanza universale). Prima le teorie morali e politiche e gli scambi quotidiani si basavano sull'idea della partecipazione alla comunità fondata sulle differenze più che uguaglianze. I diritti e doveri di ognuno si definivano in base all'appartenenza ai corpi intermedi (tra individuo e società): ordini (clero, nobili, Terzo stato), città, villaggi, associazioni di mestiere, collegi professionali, famiglie. Le azioni dei membri erano disciplinate da leggi e regole diverse; vi erano differenze non solo di prestigio, ricchezza e posizine sociale. Chi aveva determinate qualità poteva compiere o meno determinate azioni e sopportare determinati obblighi. Ciò anche per il genere: donne e uomini non avevano gli stessi diritti politici, economici. Appartenere a un gruppo etnico o comunità religioa conferiva un particolare statuto giuridico. Gli ebrei non avevano le stesse regole e leggi dei cristiani e dove si era diffusa la Riforma, cattolici e protestanti avevano privilegi giuridici diversi. La legge alimentava le differenze e la suprema giustizia del sovrano e dei tribunali stava nell'armonizzarle (a ciascuno il suo). L'appartenenza a un corpo intermedio era fondamentale nel determinare l'identità, i diritti e i doveri; il rimescolamento dei confini tra un corpo e l'altro era una minaccia all'ordine. 6 IL RINASCIMENTO MATURO: LE ARTI, LE LETTERE, LE SCIENZE. 6.1LE CORTI ITALIANE DEL RINASCIMENTO. Il Rinascimento in Italia è collegato all'intensa vita artistica e culturale nelle corti principesche (Firenze, Milano, Urbino, Roma; Mantova, Napoli): il principe al centro della corte di dame e cavalieri, intellutali, decorata da pittori, scultori, orafi, architetti e musicisti. Anche le città repubblicane (Venezia, Genova) crearono una propria ritualità cerimoniale. Il ruolo del gentiluomo di corte fu modellato su quello descritto ne Il libro del cortegiano, di Baldesar Castiglione: capace di combinare l'amore per il bello, la raffinatezza dei modi e la sapienza mondana e diplomatica. L'Italia era l'avanguardia in questo processo, per l'accumulazione delle ricchezze e la riscoperta dell'antico e dei classici (avviata da Petrarca e altri) che portarono alla fioritura artistica e letteraria. Soprattutto gli autori classici furono riportati in vita, scoperti nelle biblioteche dei conventi; Cicerone era modello della lingua contemporanea, per il recupero dell'elegante lingua classica (abbandonato il latino medievale). Nel XV secolo si diffuse la conoscenza del greco e di autori fino ad allora mal conosciuti (Platone). La stampa permise la circolazione di circolazione di copie e il raggiungimento dell'intera comunità dei letterati. 6.2LO SVILUPPO DELLA VITA URBANA E LE ARTI DEL DISCORSO. 21 Nelle signorie e nelle repubblihe, profonde trasformazioni nel mondo dei letterati furono causate dallo sviluppo della vita urbana e la crescita dei compiti riguardanti la politica e la sfera pubblica. La cultura stava uscendo dalle università e dai luoghi ecclesiastici; mentre si precisavano le funzioni pubbliche cresceva la domanda di personale preparato ad argomentare e disputare (ceto: segretari, cancellieri, ambasciatori...). Nelle dispute universitarie si padroneggiava la logica; ma il mondo in cui essi si muovevano non ruotava attorno a principi certi e immutabili. Gli eventi e i fenomeni nelle signorie e repubbliche erano incerti e si sentiva il bisogno di persuadere, piuttosto che dimostrare. Dovevano restare sul terreno del possibile e del probabile con strumenti di orgaizzazione e di argomenti adatti al verosimile. Non potendo dimostrare, si argomentava costruendo discorsi ordinati ed efficaci a partire da caratteristiche costanti. I maestri dell'arte del costruire discorsi convincenti furono visti in Cicerone e Quintiliano. Nelle loro opere vi era un sistema di assunti in successione coerente da cui si poteva attingere per qualsiasi discorso. La costruzione di essi diventò una disciplina da studiare e apprendere e con la stampa si moltiplicarono i manuali, repertori per un pubblico sempre più vasto. L'industria tipografica subito provvedé a fornire strumenti agili e maneggevoli: opere complesse furono disarticolate e ridotte a raccolte di argomenti con fine pratico. I libri erano letti a salto: solo le parti che interessavano. 6.3LE ARTI FIGURATIVE. La riscoperta dell'antico riguardò anche la pittura, con soggetti mitologici (Apollo e Dafne, la nascita di Venere) e l'ordine classico architettonico; il suo recupero non fu solo teorico: furono riscoperti resti di monumenti antichi e frammenti di statue che scatenarono una corsa al reperto archeologico. Lo stesso collezionismo si ispirava alla descrizioni delle ville romane e dei giardini adorni di statue. Esibire collezioni di marmi diventò segno di prestigio e una moda. Nelle corti, la vita quotidiana diventava opera d'arte: Trattati sulle virtù sociali di Pontano e Il libro del cortegiano di Castiglione insegnavano come comportarsi, adornare se stessi e la propria casa. 6.4LA DIFFUSIONE DI NUOVI MODELLI DI CONSUMO. La nuova estetica a livello quotidiano trasformò gli edifici, le abitazioni, la disposizione delle stanze, l'arredamento, gli oggetti di arredamento. Le corti e i cortigiani volevano novità e raffinatezze e i mercanti e artigiani offrivano prodotti nuovi o provenienti da luoghi lontani. Si innescò la continua riceca dell'innovazione, sia culturalmente che economicamente. Le porcellane orientali furono imitate dagli Europei. Aumentò la produzione di vasellame e il consumo. Si diffusero (Venezia all’avanguardia) specchi, bicchieri, vetri, le posate e le stoviglie fino ad allora non usate e nuove abitudini di socievolezza. I dipinti si affrancarono dai mobili diventando quadri per decorare le pareti. I mobili diventarono più vari ed elaborati; dall'Oriente i tappeti, l'Europa cominciò a produrre arazzi. Il contatto con l'antico stimulò l'imitazione (oggetti decorativi) e con i nuovi mondi il gusto per l'esotico (piante esotiche). La diffusione di cose belle incoraggiava la competizione con gli antichi per superarli. Il possesso di tutto ciò conferiva la presunzione di possedere l'eccellenza del mondo classico; così anche per i libri (biblioteca di Alessandria: sensazione di dominare la cultura) e le collezioni di curiosità naturali (accesso ai segreti della natura). I dispendi di risorse erano enormi, in cambio si aveva prestigio culturale e sociale. Molti letterati cercavano di avere uno studio dove mettere in mostra i loro tesori, i principi dovevano raccogliere oggetti preziosi e stipendiare persone che li producessero per loro. 22 La debolezza della corona aveva portato al rafforzamento dei grandi casati nobiliari. Francesco di Guisa, duca di Lorena che assunse le redini della politica, si oppose a qualsiasi concessione degli ugonotti. I Borboni di Navarra avevano aderito invece alla Riforma e si opponevano alla sua influenza sul re; le ostilità furono interrotte dalla morte di Francesco II e l'ascesa del fratello Carlo IX. La madre diventò reggente, con serie intenzioni di esercitare le proprie prerogative: suscitò le ostilità dei partiti nobiliari che ebbero intenzione di affermare il principio di divisione del potere tra nobili e sovrani. Ma Caterina sedò i conflitti ed evitò che uno dei due partiti prendesse troppo potere, facendo sì che il sovrano mantenesse il ruolo di supremo arbitro. Intanto la diffusione del calvinismo creava sempre più tensioni: Caterina fece incontrare cattolici e protestanti in un colloquio di modo che tutti potessero ascoltarsi, ma le posizioni dottrinali erano troppo distanti e il tentativo fallì. Come compromesso, Caterina decise di concedere agli ugonotti libertà di culto solo fuori dalle grandi città: i cattolici, guidati da Francesco di Guisa, scatenarono la guerra massacrando un gruppo di protestanti riuniti per una funzione religiosa. Il conflitto divideva le famiglie aristocratiche di tradizione feudale e chi apparteneva a ceti diversi. Ma la questione diventò internazionale: accanto ai cattolici si schierò Filippo II di Spagna, con gli ugonotti i principi tedeschi e Elisabetta I. La sconfitta protestante e la morte di Francesco di Guisa permisero di emanare l'editto di Amboise, 1563, col quale si ribadiva la concessione di una limitata libertà di culto: no tolleranza, ma concessione di speciali privilegi al corpo meritevole di benediciare di diritti tutelati dal re). Dopo alcuni anni di apparente pace, si giunse alla guerra, poi breve pace, poi terza fase di guerra che presto lasciò il posto al conflitto religioso vero e proprio. I cattolici si organizzarono in associazioni di devoti e di reti di solidarietà e alleanza come gli ugonotti avevano già fatto. L'ostilità diventò sempre più violenta e fanatica: da entrambe le parti gli eretici erano una minaccia alla purezza della comunità e bisognava usare la forza purificatrice della violenza per difenderla. I massacri reciproci furono ritualizzati: acqua e fuoco, purificatori dal peccato, erano strumenti di morte e tortura. A corte, il fratello più giovane del re aveva aderito al partito cattolico e anche Caterina (avendo fallito il compromesso) era sempre più propensa a una politica repressiva ispirata a Filippo II (Paesi Bassi). Lo scontro era ormai tra le due fazioni aristocratiche, la rivolta degli ugonotti contro la corona, con una serie di rovesciamenti di alleanze e favori. Quando i cattolici caddero in disgrazia, l'ammiraglio Coligny (protestante) iniziò ad avere una grande influenza a corte e la sorella del re Margherita di Valois fu promessa in sposa all'ugonotto Enrico di Borbone. Ma la situazione si concluse con la sconfitta protestante: gli ugonotti riuniti a Parigi per le nozze furono sterminati (prima i nobili; poi la popolazione parigina cattolica, i sospetti eretici e diede fuoco ai libri sospetti dell'università). Le stragi si ripeterono in tutta Francia; ma gli ugonotti furono risollevati dall'elezione del duca di Angiò, fratello di Carlo IX, a re di Polonia a condizione che mantenesse la pace tra religioni diverse. Iniziò un periodo di relativa libertà di culto, e i protestanti si riorganizzarono in congregazioni e assemblee politiche democratiche. La riscossa ugonotta fu aiutata da strumenti ideologici: l'antica costituzione del regno prevedeva la spartizione del potere tra re e assemblea degli orgini. Il governo di una donna era fonte di corruzione; la rivolta era dunque un dovere morale, non solo necessità. La morte di Carlo IX, nel 1574, portò al successore: il duca d'Angiò, re di Polonia ora tornato in Francia come Enrico III. Accanto a ugonotti e cattolici si stava inserendo il partito dei politici, formato da tutti coloro che temevano l'ingerenza della Spagna e la guerra civile più della divisione religiosa e che volevano una pace fondata sulla separazione di unità politica e di unità di fede. Il re concesse ampie prerogative agli ugonotti; e i cattolici reagirono costituendo leghe di appartenenti ai ceti municipali che avevano fino ad allora gestito il governo locale e 25 si sentivano minacciati dall'ingerenza degli ufficiali del re. La burocrazia regia era rifiutata perché tendeva a costituirsi come corpo fuori dal controllo delle élites urbane. Capo militare della riscossa cattolica era Enrico di Guisa, che poteva anche aspirare al trono dopo Enrico III, cosa favorevole a Roma e Madrid che però provocò un'altra fase di combattimenti: la guerra dei "tre Enrichi" (Enrico III, Enrico di Guisa, Enrico di Borbone). I primi due furono uccisi; rimaneva il Borbone, primo nella successione al trono, che era stato però scomunicato dal papa. Parigi era insorta dandosi un governo autonomo; la situazione degenerò: truppe straniere invasero la Francia e lui sembrava essere sul punto di essere sconfitto. Il rischio del trionfo spagnolo lo aiutò. Il partito dei politici guadagnava consensi ed Enrico indebolì gli oppositori abiurando il calvinismo e convertendosi al cattolicesimo. Il papa lo assolse e diventò legittimo re di Francia, Enrico IV: dopo venti anni si giunse alla pace di Vervins con gli spagnoli nel 1598 e all'Editto di Nantes (concessione di libertà agli ugonotti). Ai protestanti si concedeva la facoltà di praticare la propria religione nelle città dove fino ad allora lo era stata, eccetto a Parigi e a corte. La fede era una questione pubblica che spaccava la comunità e creava disordini: si divise quindi la Francia in città cattoliche e protestanti, assegnando piazzeforti agli ugonotti (la Rochelle) così da potersi di difendere in caso di altri attacchi. 7.2L'OFFENSIVA DELLE MONARCHIE E LA DIFESA DELL'AUTOGOVERNO: FILIPPO II E I PAESI BASSI. Mentre la Francia affrontava le guerre di religione, l'impero spagnolo affrontò la rivolta di alcune province rivendicanti la propria autonomia politica e religiosa. Carlo V aveva cercato di rispettare istituzioni e prerogative di tutti i territori del suo impero; il sovrano garantiva l'unità, e l'assenza della supremazia di una regione si manifestava anche nell'assenza di una capitale. All'ascesa di Filippo II, cresciuto in Castiglia (educazione spagnola) venne fatta capitale Madrid, e la sua residenza, l'Escorial, fu costruita non lontano. Potenziò il sistema di consigli di Carlo V per occuparsi personalmente delle questioni riguardanti i suoi domini: erano organi consultativi che lo assistevano nelle decisioni e i vertici di un sistema burocratico a cui facevano riferimento i 9 viceré e i governatori a capo dei territori. Nel Consiglio di Stato si prendevano le vere decisioni politiche. Il conflitto più violento riguardò la politica nei Paesi Bassi, tra i "falchi" (intransigenti) e "colombe" (negoziatori). Il territorio era composto da 17 province indipendenti, unite da un'assemblea degli Stati Generali cui ciascuna inviava i propri rappresentanti. Tutte potevano nominare i propri governanti e amministrare la giustizia in modo autonomo; ognuna aveva un governatore. Anche nei Paesi Bassi si erano diffuse le dottrine riformate e vi erano state repressioni che non avendo coinvolto le élites non avevano turbato i rapporti tra i governi locali e il sovrano. Ma quando Filippo II abdicò, la reggenza andò a Margherita d'Austria (sorellastra) e al consigliere cardinale di Granvelle. Il calvinismo stava conquistando le classi dirigenti e all'Inquisizione spagnola si opponeva l'élites locale (violava il privilegio dei Pesi Bassi di essere giudicati solo dai propri magistrati). Una bolla papale di riforma della Chiesa dei Paesi Bassi, che divideva la regione in 15 sedi episcopali per cui Filippo II aveva diritto di presentazione (diritto di scegliere il vescovo). La popolazione pensò a un tentativo di rafforzare la struttura della Chiesa e accrescere l'intromissione del re negli affari locali; si formò una coalizione tra piccola e grande nobiltà che costrinse la reggente a ritirare tutti i provvedimenti contro i riformati. I più radicali uscirono allo scoperto, gli iconoclasti che consideravano superstizioso il culto delle immagini; mentre Filippo II preparava la rivincita armando l'esercito e affidandolo al falco duca d'Alba, a Bruxelles, egli costituì un tribunale contro gli eretici e condannò tutti i protestanti a morte. Ma i capi della rivolta, come il principe 26 d'Orange, erano fuggiti in Germania e si allearono con gli ugonotti francesi, i principi protestanti tedeschi e Elisabetta I. L'esercito spagnolo era il più forte d'Europa, ma la popolazione resisteva adottottando forme di guerriglia. I costi della guerra erano altissimi e pesavano sulle finanze spagnole finché nel 1575 Filippo II dichiarò bancarotta. L'esercito, non pagato, si dedicò all’autofinanziamento e saccheggiò Anversa (forte valore simbolico: capitale finanziaria d'Europa, i cui mercanti erano legati a tutte le più importanti comunità mercantili). Nel 1576 gli Stati Generali delle 17 provincie si accordarono con Guglielmo d'Orange e i ribelli unendosi contro Filippo II nella pacificazione di Gand. Con il fallimento dei falchi, le colombe del Consiglio di Stato convinsero Filippo II a cambiare politica; fu inviato Alessandro Farnese nei Paesi Bassi che e riuscì a convincere i cattolici a staccarsi dall'alleanza con i protestanti e a dichiararsi fedeli al re. Le sette province del Nord continuarono la guerra (Olanda) finché nel 1581 si proclamarono indipendenti con Guglielmo d'Orange come governatore. Nel 1609, quando Filippo II era morto, si raggiunse la tregua tra la Repubblica delle Province Unite e l’impero spagnolo, riconosciuta nel 1648. 7.3L'INGHILTERRA ELISABETTIANA. A Maria Tudor, figlia di Enrico VIII e Caterina d'Aragona, successe nel 1559 la sorellastra Elisabetta I (figlia di Anna Bolena). Maria aveva aderito alla fede cattolica e perseguitato i protestanti che con Edoardo VI avevano visto crescere la propria influenza. L'ascesa di Elisabetta rovesciò le sorti: i protestanti riguadagnarono ascendente sulla Camera dei Comuni. Elisabetta era conscia dell'importanza dell'avere una sola fede nel regno e non voleva scontrarsi con la nobiltà e clero cattolico. La sua prima preoccupazione fu quella di risolvere la questione religiosa in modo meno conflittuale possibile, emanando l'Atto di supremazia, proclamandosi suprema reggente della Chiesa d'Inghilterra e un Atto di uniformità approvando il Book of common prayer (compromesso calvinisti radicali-liturgia cattolica). La sovrana perseguì l'uniformità religiosa tramite l’uso del sistema clientelare, favorendo i fedeli della Chiesa d'Inghilterra e escludendo i non conformisti dalle cariche pubbliche dai benefici. I tentativi di far tornare l'Inghilterra al cattolicesimo aumentarono con l'arrivo della regina di Scozia, Maria Stuart, nel 1568. Gli scozzesi erano calvinisti e l'opposizione contro la regina cattolica aveva acuito le ostilità dovute al governo di una donna, che fu dunque costretta ad abdicare e lasciare il paese. In Inghilterra, Maria Stuart diventò il riferimento del cattolici che tentarono una rivolta fallimentare nel 1569; le trame contro Elisabetta terminarono però solo quando Maria fu condannata a morte, 1587. Elisabetta fu costretta a schierarsi nella lotta religiosa anche internazionale: nel 1584 fu dichiarato erede di Francia un ugonotto, e l'appoggio spagnolo alla lega cattolica francese la portò a schierarsi con Enrico di Borbone e appoggiare i Paesi Bassi contro Filippo II. Abbandonando la linea prudente, diede sostegno a Walter Raleigh (voleva fondare una colonia inglese in America), alle imprese piratesche di Francis Drake ai danni delle navi spagnole e mandò un esercito in aiuto ai ribelli nei Paesi Bassi. Filippo II mandò nel 1588 una flotta di 130 navi in Inghilterra, ma l'Invicibile Armata fu sconfitta dalla tempesta e dall'artiglieria inglese. Economicamente e fiscalmente Elisabetta fu abile. Con il temporaneo rallentamento dell'inflazione ripristinò l'originario valore delle monete e la popolarità le permise di raccogliere fondi per l'esercito e la flotta mercantile (utilizzabile anche in guerra). Mantenere la pace nei territori inglesi, il coinvolgimento contro la Spagna e la repressione delle rivolte irlandesi (1579-83; 1594-1603) minarono le finanze, ma favorirono la nascita di un esercito moderno basato sull'arruolamento diretto, non più basato sulla leva feudale ma con un’evoluzione dell'assetto sociale: ridotto il potere locale dei signori feudali (basato sul numero dei seguaci in arme che riuscivano a mobilitare). 27 A Napoli l'introduzione di una gabella sulla frutta nel 1640 scatenò la rivolta popolare del pescivendolo Tommaso Aniello detto Masaniello. Parte della nobiltà e del popolo civile (ceti medi nel governo cittadino) la appoggiarono per poi distanziarsi. La folla fu accusata di violenza, anche se si limitò a colpire persone e cose degli addetti alla riscossione delle imposte. Nel popolo civile, si decise di eliminare Masaniello, la cui morte peggiorò le cose: si divisero tra i moderati che chiedeva riforme fiscali senza messa in discussione della lealtà alla Spagna e i radicali che proclamarono la repubblica, La rivolta si estese alle campagne, con carattere antibaronale, alimentata dalle notizie di ciò che succedeva nei Paesi Bassi, Francia (Fronda), Portogallo e Catalogna. Una parte dei ribelli si appellò al duca di Guisa, ma esso fu sconfessato da Mazzarino e gli avversari, alleatisi con gli spagnoli, riacquisirono in breve il controllo su Napoli. 8 LA GUERRA DEI 30 ANNI. 8.1LA GUERRA DEI TRENT'ANNI. La pacificazione di Augusta del 1555 aveva terminato le guerre cattolico-protestanti, ma non aveva risolto la questione dell'unità religiosa. Seguirono anni di relativa tolleranza: nelle città a confessione mista dell'impero furono riconosciuti a entrambi uguali diritti. Ma già nel 1575 tutto cambiò. Si concluse il Concilio di Trento e iniziò l'attività della Compagnia di Gesù con posizioni sempre più intransigenti (anche nei protestanti; calvinisti guadagnavano consensi tra i principi luterani). L'elettore del Palatinato e l'università di Heidelberg diventarono il centro del calvinismo tedesco. Nel 1608 i protestanti diedero vita all'Unione evangelica (alleanza militare) cui rispose la Lega cattolica. Della crescente intolleranza soffrirono le fiorenti comunità ebraiche dell'Impero come quella di Francoforte e la stessa caccia alle streghe peggiorò. Anche il potere imperiale si rivoluzionò. L'imperatore Massimiliano II voleva la pace religiosa fondata su una politica di compromesso, con concessioni ai protestanti. Il figlio Rodolfo cercò di revocarle ma dovette scendere a patti con la nobiltà protestante, in veste di re di Boemia. Il Regno di Boemia era diventato possesso degli Asburgo dall'inizio 500 ma aveva conservato una assemblea rappresentativa dei ceti, la Dieta, molto forte e combattiva; e il protestantesimo si era diffuso grazie alla vicinanza dottrinaria con la tradizione locale. Rodolfo, nel 1609, fu costretto a emanare una Lettera di Maestà con la quale riconosceva ai protestanti il diritto di costruire chiese e professare la loro religione. Nel 1602 le cose cambiano quando fu eletto imperatore Mattia d'Asburgo, il fratello; dal 1617 le cose si aggravarono: Ferdinando d'Asburgo salì al trono di Boemia, intransigente cattolico e candidato al trono imperiale. Nobili furono arrestati, chiese incendiate, vietata la riunione del consiglio che si occupava delle questioni ecclesiastiche. Nel 1618 i diritti calpestati spinsero un gruppo di nobili a invadere il castello di Praga, assalire i governatori asburgici, gettarli fuori dalla finestra nella "defenestrazione di Praga". Ciò scatenò una delle guerre più violente moderne: la guerra dei 30 anni. Poco dopo, la Dieta di Boemia elesse a re Federico V del Palatinato, capo dell'Unione Evangelica. Accanto all'imperatore si schierò la Lega cattolica, guidata dal duca Massimiliano di Baviera. Questi ultimi vinsero i boemi-palatini nella battaglia della Montagna Bianca nel 1620. La repressione decimò i nobili protestanti, sostituiti da un'aristocrazia cattolica fedele agli Asburgo (composta da ufficiali italiani, spagnoli e tedeschi di Ferdinando II). Nel frattempo la Spagna era entrata in guerra e i cattolici avevano invaso il Palatinato e conquistato Heidelberg. La Biblioteca Palatina fu sequestrata e spedita a Roma e Federico V fu privato del titolo di elettore, conferito a Massimiliano di Baviera. 30 L'intervento spagnolo e l’aggressiva politica di Ferdinando II portarono il conflitto all'esterno dell'Impero; la Repubblica delle Province Unite era particolarmente preoccupata, perché con la Spagna era stata stipulata solo una tregua, senza firmare una pace definitiva. L'Olanda si alleò con l'Inghilterra e Federico V del Palatinato e sostenne l'intervento in guerra di Cristiano IV di Danimarca, sconfitto però dall'esercito del capitano di ventura Albriech von Wallenstein. L'impero sembrava invincibile e Ferdinando II cominciò a progettare la restaurazione cattolica e l'affermazione asburgica nell'Impero. L'editto di restituzione del 1629 vide restituito alla Chiesa il patrimonio secolarizzato dopo il 1552 e tutte le signorie ecclesiastiche pervenute ai laici. Venivano rimescolati i diritti di proprietà definitisi in un secolo; per di più venne emanato senza l'approvazione della Dieta imperiale, in quanto Ferdinando rivendicava a se il diritto di agire da solo. Per i principi, cattolici e protestanti, era una violazione della prassi costituzionale dell'Impero, ostili anche ai favori e protezione accordati a Wallenstein (divenuto duca). Un avventuriero straniero non poteva usurpare i diritti dei legittimi eredi al trono. Il trionfalismo di Federico II fu percepito come ingiustizia e unì i nemici. La Francia, avversaria degli Asburgo, guidata da Richelieu, aveva convinto il luterano re di Svezia ad entrare in guerra e nel 1630 quando le truppe svedesi sbarcarono alla foce dell'Oder, anche Brandeburgo e Sassiona, neutrali, si schierarono con lui. La Svezia aveva deciso così perché la guerra in Germania aveva avuto grandi conseguenze sulla sua economia (sviluppatesi industrie siderurghiche per le armi; Svezia avanzata nell'equipaggiamento e nelle navi). Gli svedesi arrivarono a Monaco di Baviera. La morte del re in battaglia non fermò l'avanzata, ma essa spinse i principi ribelli a cercare un accordo con l'imperatore, nella pace di Praga del 1635. Ciò indusse la Francia ad entrare in guerra, e la violenza raggiunse l'apice: furono ripresi i tentativi di pacificazione che sfociarono nella Pace di Westfalia del 1648. Cattolici, a Osnabruck, e protestanti, a Munster, furono divisi in sedi diverse: per la prima volta si affermava il principio dell'accordo multilaterale e le basi del diritto internazionale tra Stati. Religiosamente, la Pacificazione di Augusta estese le clausole anche ai calvinisti. Si riaffermò il principio cuius regio eius religio (anno di riferimento 1624): ogni territorio avrebbe assunto come sua religione quella prevalente in quell’anno, ma se ne mitigò la portata come riconosciuta libertà del culto privato. Si stabilì che la chiesa cattolica sarebbe tornata in possesso delle proprietà sequestrate dopo il 1624, rinunciando a quelle precedenti. Politicamente, i signori territoriali furono dichiarati sovrani nel loro territorio, con il diritto di stringere alleanze e relazioni diplomatiche. L'Impero era distante dal sogno degli Asburgo: si accettava la divisione dottrinaria, la piena sovranità di ciascuno Stato tedesco e la ridimensionalità dell'autorità imperiale fuori dai domini ereditari. La Germania uscì dalla guerra dei 30 anni devastata. Sul suo territorio avevano combattuto eserciti di ventura a spese della popolazione locale (saccheggi, distruzioni), diffondendo epidemie (norme sanitarie inesistenti): scoppiò infatti la peste nel 1628, che si diffuse in tutta Europa e in Italia (1630). Gli Stati tedeschi persero metà della popolazione. Solo nel 1750 si raggiunse di nuovo il livello di popolamento del 1600. Il calo demografico comportò mutamenti sociali: i signori feudali adottarono misure sempre più rigide per legare i contadini alla terra perché i loro possedimenti fossero coltivati e ne ricavassero della rendita. Peggiorò dunque la condizione giuridica dei contadini: non avevano libertà di movimento e furono costretti a prestazioni di lavori gratuite. Si allearono nobiltà terriera e sovrani territoriali, che influenzarono le strutture sociali e politiche degli Stati della Germania quali l’elettorato del Brandeburgo. 8.2LA SPAGNA DI OLIVARES 31 Da guerra imperiale, la guerra dei 30 anni era diventata europea, coinvolgendo Francia e Spagna. In Spagna gli alti costi della politica imperiale di Filippo II lo costrinsero a dichiarare bancarotta nel 1596 e imporre nuove tasse alla Castiglia. Nel 1598 gli succedette Filippo III con una nuova politica estera aggressiva. Introdusse la figura del primo ministro: il re non gestiva più direttamente tutte le questioni di governo ma le affidava al "favorito", che aveva un potere superiore a qualsiasi altro nobile. Il favorito di Filippo III, il duca di Lerma, promosse amici e parenti ad alte cariche e la sua politica rischiò di far precipitare il paese nella rovina. L'inflazione aveva fatto raddoppiare i prezzi e l'argento americano che affluiva andava diminuendo. Il peso fiscale era distribuito in modo diseguale e l'espulsione dei moriscos del 1609 causò un'emorragia di forza lavoro. La caduta del duca di Lerma fu provocata dall'opposizione delle fazioni interne alla nobiltà. Poco dopo, diventò re Filippo IV con un nuovo favorito, Gaspar de Guzman conte di Olivares che avrebbe governato la spagna dal 1621 al 1643. Era riformatore (voleva dare nuovo assetto istituzionale) ma era anche convinto di una politica estera aggressiva che restaurasse l'egemonia spagnola. Perciò, la Spagna entrò in guerra con i cattolici. Olivares effettuò una serie di ordinanze che avrebbero dovuto ridurre gli sprechi nei settori della vita pubblica; ma i risultati furono scarsi, perché subito si pose il problema dell'equa distribuzione delle imposte nella Castiglia per poi espanderla agli altri territori. A pari passo con la perequazione del sistema fiscale sarebbe andata l'uniformazione giuridica e istituzionale, da un lato imponendo il modello istituzionale della Castiglia, dall’altro chiamando agli uffici del governo sudditi provenienti da tantissimi luoghi. Il processo di unificazione sarebbe partito dalla formazione di un esercito unificato che intervenisse in aiuto di qualsiasi territorio. Ma ciò incontrò le resistenze delle province fino ad allora grandemente autonome e la congiura internazinale che spingeva la Spagna sempre più in guerra. La corona fu costretta a imporre nuove tasse, sequestrare parte delle rendite del debito pubblico e condizionare Catalogna e Portogallo a esserle favorevoli. La situazione si aggravò nel 1635 quando la Francia dichiarò guerra alla Spagna. Nel 1640 si scatenò la rivolta della Catalogna, che si costituì repubblica indipenente, protetta dalla Francia. Si ebbe poi quella del Portogallo che voleva recuperare l'indipendenza persa nel 1580. Nel 1647 Olivares si era recato in esilio; la sua politica accentratrice era fallita. Solo il Portogallo conservò la propria indipendenza; in Italia e Catalogna, le rivolte contro Madrid erano diventate anche sociali. A Napoli e Palermo i rivoluzionari furono sconfitti. Nel 1652 Barcellona fu riconquistata e in Catalogna finì l'esperienza separatista. 8.3LA FRANCIA E LA RIVOLTA DEI PRIVILEGIATI. In Francia, Enrico IV, figura molto simile a Olivares, aveva cercato di sollevare le condizioni del paese stremato dalla guerra civile durata 40 anni. Ridusse la taglia, l'imposta sulla proprietà fondiaria, e introdusse la paulette, tassa che rendeva ereditare gli uffici pubblici venali (quelli maggiori conferivano lo stato di nobile e garantivano una promozione sociale). Si creò una nuova nobiltà di toga. Gli aristocratici si sentirono minacciati: gli uffici pubblici erano fonte di entrate e consentivano di arricchirsi, e chi le deteneva si trovava invidiato. I contemporanei accusarono gli ufficiali di essere borghesi abili a trattare solo affari privi di ascendenze. L'assassinio di Enrico IV nel 1610 per mano di un fanatico cattolico provocò un altro periodo di reggenza di una regina madre. La nobiltà ne approfittò per riacquisire visibilità e riuscì a convocare gli Stati Generali nel 1614. Ma le rivendicazioni non proseguirono, di fronte alla promessa di essere ammessi nel Consiglio del re. 32 Da entrambe le parti si cominciò ad armare l'esercito. I Parlamentari a favore delle armi erano pochi ma guadagnarono sufficienti consensi, alleandosi con gli scozzesi. Nel 1645 l'esercito parlamentare riformato sconfisse clamorosamente il re nella battaglia di Naseby dove fu fondamentale Oliver Cromwell (Camera dei Comuni, distinto per capacità strategiche). Il re poco dopo si arrese e si consegnò agli scottish. Nei mesi successivi in Parlamento ci fu un aspro dibattito. La minoranza favorevole alla tolleranza religiosa (Indipendenti) si opponeva alla maggioranza presbiteriana che voleva una rigida ortodossia. I presbiteriani erano anche favorevoli alla ricerca di una pace negoziata con il sovrano, gli Indipendenti con un esercito forte volevano a tutti i costi la vittoria. L'esercito, guidato da generali indipendenti come Cromwell, era ostile a un accordo con il re ma mentre gli ufficiali di antica nomina cercavano un accordo ispirandosi alle posizioni parlamentari, quelli più giovani simpatizzavano con i Livellatori. Erano una costellazione di gruppi radicali di ceti medi e medio bassi (artigiani, contadini) che volevano tolleranza religiosa, il diritto di voto esteso a tutti i maschi adulti (tranne servi e mendicanti), riduzione dei dazi e abolizione dei monopoli commerciali e la democratizzazione della società. Tutto ciò era contenuto nel documento An Agreement of the People (Patto del popolo) che accese la discussione attorno la natura del potere politico e le caratteristiche che il Parlamento avrebbe dovuto avere. La fuga del re, che cercò l'accordo con gli scozzesi, e lo scoppio di una seconda fase della guerra civile interruppero questo dibattito ma non le divisioni esercito- Parlamento. Il re fu nuovamente sconfitto e imprigionato e le truppe invasero la Camera dei Comuni per arrestare circa 40 parlamentari presbiteriani che avrebbero voluto l'accordo con il re. La Camera si ridusse a un Rump Parliament, Parlamento troncone, con solo circa 50 membri che dichiararono supremo potere della nazione. Costituì un'alta corte di giustizia per processare il re, Carlo I fu condannato a morte e decapitato nel 1649. Fu abolita la Camera dei Lord e proclamato il Commonwealth, la Repubblica. 9.4IL PROTETTORATO DI CROMWELL Movimenti radicali mettevano a dura prova l'autorità del Parlamento, in campagna, città ed esercito dove i Livellatori erano forti. Scoppiarono disordini ma Cromwell mise fine ad essi e marciò verso l’Irlanda dove mise fine alla rivolta con metodi spietati. Pacificò la Scozia e si dedicò alla situazione internazionale, in particolare la guerra contro l'Olanda. Nel 1651, un Atto di navigazione vietava l'approdo in porti inglesi a navi il cui equipaggio non fosse inglese o del paese di provenienza delle merci. Era un attacco ai traffici olandesi e un tentativo di inserirsi nel commercio del Baltico da loro monopolizzato: erano specializzati come intermediari commerciali nel Baltico ed Europa occidentale. Il rifiuto dell'Olanda fu immediato ma la guerra vide vincitrice l'Inghilterra la quale fece trattati commerciali con Svezia, Portogallo e Danimarca. Cromwell voleva espandersi: egli prevedeva un attacco alla Spagna e le sue colonie e l'alleanza con la Francia antispagnola. Così conquistò la Giamaica. Nel frattempo le navi inglesi si inserirono nei commerci mediterranei e l'Inghilterra diventava potenza marittima e commerciale di prim'ordine. La situazione costituzionale non si stabilizzava: nel 1653 Cromwell fu nominato Lord Protettore della Repubblica e si trasferì a Whithall, residenza di Carlo I. Tra il nuovo Parlamento repubblicano che voleva maggior potere e le trame dei realisti, impose una dittatura militare, ma fu costretto dall'esercito a rifiutare la corona nel 1667. L'instabilità del suo regime si manifestò quando alla sua morte il figlio cercò di assumere la successione ma si dimise subito per i disordini scoppiati. Dopo una serie di conflitti incrociati, nel 1660 il generale Monk restaurò la monarchia Stuart mettendo al trono Carlo II, erede di Carlo I. 9.5LE INTERPRETAZIONI DELLA RIVOLUZIONE INGLESE. 35 La tradizionale interpretazione vi vedeva un'eroica lotta per la libertà, un processo di affrancamento dall'assolutismo monarchico. Nel 900 si diffuse quella che fece leva sulle grandi trasformazioni sociali che avevano preceduto la guerra: lo sviluppo economico e commerciale aveva fatto nascere una nuova classe sociale, mercanti e proprietari terrieri intraprendenti portatori di esigenze di libertà economica e partecipazione politica (contro l’aristocrazia feudale). Avevano cercato l'appoggio popolare, poi, causa il loro radicalismo, erano stati rinnnegati e repressi. Gli sprechi di Giacomo I e l'autoritarismo di Carlo II avevano alienato alla corona le simpatie del paese, con la formazione di due fronti: la corte (the court) e il paese (the country). Recentemente, altre idagini sugli atti parlamentari e sulla diffusione di analisi e proclami politici hanno spostato l'attenzione sulla seguente ideologia: l'Inghilterra degli anni 40 e 50 fu luogo di elaborazione di discorsi politici che avrebbero avuto grandissima influenza sulla cultura europea e atlantica successiva. Le trasformazioni sociali seguirono la rivoluzione: il primato è della politica. Le interpretazioni storiografiche sono legate al contesto culturale in cui sono fomulate: sono perciò diverse. 9.6LA RESTAURAZIONE STUART E LA GLORIOSA RIVOLUZIONE. Nonostante gli sconvolgimenti, il re continuava ad essere l'unica incarnazione legittima del potere politico (principio dell'autorità); il problema costituzionale consisteva nell’individuare i contrappesi necessari a mantenere la sua azione nella legalità e nell'impedirgli di diventare un tiranno. Con la Dichiarazione di Breda, Carlo II aveva visto con favore un'amnistia generale e una larga libertà di coscienza religiosa. Ma il Parlamento fu meno incline alla tolleranza: diversi atti approvati esclusero i non anglicani dalle cariche pubbliche e misero al bando le sette non conformiste. La gerarchia episcopale della Chiesa fu ristabilita come baluardo dell'ordine e pace sociale. Carlo II continuò a dimostrarsi tolerante e scontrarsi con i parlamentari intransigenti che temevano complotti cattolici, soprattutto dopo il 1672 quando gli inglesi si schierarono con Luigi XIV contro l'Olanda: il sovrano cattolico e assolutista spinse il Parlamento a rafforzare la difesa delle proprie prerogative e contenere i poteri del re. Con l'Olanda, protestante, fu firmata la pace. Fu emanato il Test Act: chiunque ricoprisse cariche pubbliche doveva giurare fedeltà alla Chiesa anglicana e fu definito il principio dell'Habeas corpus (diritto degli arrestati di comparire entro breve tempo di fronte a un giudice). Si aprì la campagna contro la successione al trono del fratello del re, Giacomo, cattolico destinato a succedergli. Il Parlamento si divise: i whigs (oppositori) e tories (fautori), termini dispregiativi adottati poi da loro che si sarebbero alternati nel secolo sucessivo al governo. La maggioranza risultò favorevole: nel 1685 salì al trono Giacomo, ma la sua politica autocratica e filocattolica portò a sospendere il Test Act ed emanò una Dichiarazione di Indulgenza, vonvrfrnfo libertà di culto a tutti (ciao a simpatia tory). Nacque un erede maschio: si rischiava la restaurazione cattolica. L'opposizione si rivolse a Guglielmo d'Orange, governatore protestante marito di Maria, primogenita di Giacomo. Quando Guglielmo sbarcò in Inghilterra, Giacomo fuggì e il Parlamento lo destituì offrendo la corona a Gueglielmo. Guglielmo e Maria salirono al trono grazie alla Gloriosa Rivoluzione, incruenta, a patto che accettasero il Bill of Rights (libertà di parola e discussione o di stampa in Parlamento); il re perdeva il diritto di sospendere le leggi, imporre tributi e mantenere un esercito senza il consenso del Parlamento. 9.7LO SVILUPPO DEL PENSIERO POLITICO. 36 Dal 1640 al 1690 ci fu uno straordinario fervore intellettuale e teorico-politico. Si rifletté sulla natura del potere, la partecipazione e l'organizzazione politica destinate ad avere influenza nelle epoche successive, con posizioni variegate. Alcuni furono repubblicani, altri sostennero l'idea dell'origine divina dei sovrani, o della sovranità come controllo totale e assoluto del potere politico; altri gettarono le basi per teorie liberali e la divisione del potere. I repubblicani (James Harrington e Algernon Sydney) si mossero dalla tradizione aristotelica passando per i temi dell'umanesimo italiano: se l'uomo è animale politico e la partecipazione alla vita pubblica è il fine più alto della sua esistenza, solo un governo equilibrato (con responsabilità condivise da più soggetti) può garantire libertà e giustizia nella Repubblica. Solo la virtù assicura la sopravvivenza delle istituzioni repubblicane di fronte al caso e ai rovesci della fortuna. Il cittadino idele è indipedente e virtuoso disposto a prendere le armi per difendere la libertà (nemico: corruzione quanto la tirannia). Altre teorie riguardo all'origine delle comunità politiche si diffusero; molti sostennnero il diritto naturale degli uomini alla libertà e sovranità e affermava che essi vi avevano volontariamente rinunciato per creare gli Stati. Queste furono sviluppate in modi diversi: Milton scrisse difendendo il Parlamento e il diritto del popolo a riappropriarsi della sovranità ribellandosi a un sovrano empio e ingiusto; Hobbes invece le usò per giustificare l'assolutismo monarchico. Non è la virtù a spingere gli uomini ad associarsi in comunità politiche, ma l'egoismo e il bisogno di difendere la propria vita. Allo stato di natura gli uomini sono uguali tra loro con lo stesso diritto a dominare su tutto, compresi i corpi altrui. Il pericolo di questa libertà assoluta portò gli uomini a stringere un patto, un contratto con cui scelsero un'individuo o assemblea per eleggerli come sovrano cedendo la propria libertà naturale per la tutela delle loro proprietà e vita. Con questo patto reciproco si costituisce la comunità politica dove gli individui spogliandosi volontariamente dei propri diritti naturali si trasformano in sudditi e chi è da loro scelto diventa sovrano con potere illimitato. Il suo volere costituisce le leggi: è l'unico giudice di giusto e ingiusto. Rifiutarlo sarebbe come ribellarsi contro se stessi in quanto rappresentante di ogni singolo membro della comunità politica. Altri come Robert Filmer sostennero che il potere politico derivi dall'autorità paterna, conferita da Dio ad Adamo (e poi ai discendenti). Il volere divino, non un patto, è all'origine della sovranità del re; questa idea fu poco condivisa in Inghilterra e Europa, ma in Fancia sotto Luigi XIV fu popolare, tanto che John Locke intervenne a contestarla per l'assimilazione tra autorità paterna e politica. Nei Trattati sul governo, del 1690, Locke riprende l'idea di uno stato di natura dove gli uomini sono liberi e ugualali; ma in esso non vi è arbitrio e disordine, perché gli uomini hanno solo tre diritti specifici (alla vita, alla libertà e alla proprietà) il cui rispetto è garantito dalla legge naturale (fondata sulla ragione). Il rischio di cadere nell'anarchia però spinge gli uomini a stringere un patto e distribuirsi in una comunità politica, lo Stato, con la funzione e il fine ultimo di garantire i diritti di natura di ogni uomo. Gli uomini conservano la propria libertà e sono legittimati a opporsi a un'autorità che non rispetti i propri doveri (e sostituirla). Così il potere politico deve anche distinguersi in due poteri separati e distinti (legislativo ed esecutivo) per controllarsi rciprocamente. 10 IL DISAGIO DELL'ABBONDANZA: L'OLANDA DEL 600. 10.1 LA REPUBBLICA DELLE PROVINCE UNITE. Nel 1581 le province settentrionali dei Paesi Bassi dichiararono decaduta la sovranità di Filippo II di Spagna e costituirono una repubblica indipendente, con un'organizzazione poco strutturata. Il potere centrale (limitato alla politica estera e ripartizione delle imposte) fu assunto dagli Stati generali, cui ciascuna delle 7 province (Olanda, Zelanda, Frisia, Gheldria, Groninga, Utrecht e Overijssel) inviava i propri 37 l'etica dell'onore fondata su valori comunitari e condannnare l'indivisualismo egoistico. I predicatori elaborono valori per il vero mercante cristiano. La vanità del mondo e dei suoi piaceri spesso era raffigurata, come l'accumulazione del denaro, percepita come torbida. 10.6 IL PRINCIPIO DI TOLLERANZA. La Repubblica delle Province Unite accolse e difese esiliati di ogni lingua, paese, religione, sette minoritarie, perseguitati, minoranze politiche. Si sviluppò la convinzione che le idee e la ragione non si possono istituzionalizzare, reprimere o forzare. Il giurista Ugo Grozio, arminiano, sostenne nel De iure belli ac pacis l'esistenza di un diritto fondato sulla ragione valido universalmente e in grado di imporre le sue regole anche ai politici e nelle relazioni tra stati (le basi del diritto internazionale). Spinoza, ebraico-portoghese, criticò ogni pretesa dell'autorità religiosa di immischiarsi in politica, rivendicò la libertà di pensiero e teorizzò la superiorità della democrazia rispetto alle altre forme di governo. Ad Amsterdam furono accolti gli intellettuali presi di mira dalla censura; si pubblicarono qui libri che altrove erano proibiti (Spinoza, Trattato teologico-politico: a noi il privilegio di vivere in una Repubblica garante della piena libertà di giudizio e di onorare Dio secondo il proprio criterio. Perciò dimostrò che la libertà è compatibile con la ragione e con la pace dello Stato, e non può essere soppressa senza pregiudizio della stessa religione e della stessa pace dello Stato). 11 LO SVILUPPO DELLE SCIENZE. 11.1 UN EPOCA DI CRISI. Nell’Europa del 500 si pensava di vivere in un'epoca di crisi: i tradizionali fondamenti dell'autorità si crepavano. Bisognava trovare una nuova chiave di interpretazione del mondo e del rapporto uomini-Dio. Alcuni pensavano si potesse uscirne solo tornando all'antico (sapienza dei classici, virtù civile romana, cristianesimo degli apostoli...) restaurando la purezza dei valori originari. Altri erano convinti che solo una nuova filosofia e scienza potessero permettere agli uomini di leggere il grande libro della natura e affrancarsi dall'ignoranza secolare. Giordano Bruno sostenne l'esigenza di una nuova filosofia. C’era il bisogno solo di un pensiero nuovo che penetrasse al di là dell'apparenza fino alla sostanza delle cose e che potesse ricomporre l'armonia dell'essere e dell'apparire e fornire agli uomini li strumenti della loro liberazione. Copernico aveva sostenuto che la Terra era uno dei tanti pianeti che giravano attorno al sole, seppur pensando che i corpi celesti fossero più perfetti di quelli terrestri e che un solo spirito e materia permeavano tutte le cose in un inestinguibile prodursi della vita e in un universo infinito. Bruno aveva rivendicato e difeso la novità della propria posizione; non vi rinunciò ma fu condannato a bruciare vivo sul rogo. Galileo, che alla fine abiurò, era convinto di essere un innovatore e che la scienza moderna si aprisse al progresso solo liberandosi dalla tradizione. Ma la fiducia nella superiorità dei moderni non fu condivisa da tutti: molte scoperte furono compiute partendo da concetti tradizionali. L'idea di una "rivoluzione scientifica" deve essere considerata con prudenza. 11.2 LA RIVULUZIONE SCIENTIFICA. I calcoli di Copernico e le sue rivoluzionarie teorie sui moti dei pianeti intorno al sole interessarono molti in Europa. Gran parte delle scoperte scientifiche compiute dopo 40 furono tentativi di trovare conferme empiriche alle sue ipotesi (ottenute solo tramite calcoli). La sua teoria eliocentrica metteva in discussione due fondamenti della fisica aristotelica: il valore dell'esperienza dei sensi (uomini vedono il sole ruotare attorno alla Terra) e l'idea che la sostanza che forma la terra fosse pesante e la trascinasse al centro dell'universo (i cieli e corpi celesti formati di una sostanza e natura divera: ruotano attorno); e anche l'assioma che sosteneva che il mondo terrestre e celeste fossero di sostanze diverse: i corpi celesti erano perfetti e regolati da leggi fisiche diverse. La teoria era così diversa da quella tradizionale e faticò ad essere accettata (anche se i calcoli erano esatti). Tycho Brahe elaberò un sistema per spiegare il movimento degli astri che salvasse la centralità della Terra e accogliesse i calcoli di Galileo. Ma nei primi del 600 si scoprì che i pianeti si muovono lungo orbite ellittiche (Giovanni Keplero) e si scoprirono le macchie solari (Galilei con il telescopio): si accorciarono le distanze tra cielo e terra e si cominciò a screditare la visione tradizionale dell'ordine naturale. Si ruppero così gli schemi tradizionali; e alcuni (Bacone e Galilei) ebbero la sensazione soggettiva di essere innovatori ribellatesi alla presunta autorità della fisica aristotelica per accettare i risultati pervenuti tramite l'osservazione diretta e ragionata dei fenomeni. 11.3 LA SCIENZA SPERIMENTALE. La critica di Galilei alla fisica aristotelica si svolse su più piani, e in ognuno usò un metodo di indagine diverso da quello tradizionale. Costruì il cannocchiale (su modello di uno strumento olandese) e lo puntò verso il cielo. Tra il 1609 e 1610 scoprì la montuosità della luna, le macchie solari, i satelliti di Giove ("medicei" in onore ai suoi protettori) e studiando Venere, concluse che i pianeti sono privi di luce propria e la ricavano dal sole ruotandogli attorno (con la verifica di Copernico). Ebbe la sensazione di aver radicalmente rinnovato le scienze, come Bacone che nel Novum Organon illustriò un nuovo metodo di indagine della natura (contrapposto all’ Organon aristotelico). Una autentica filosofia della natura doveva avere a fondamento un catalogo di tutti i fatti della storia naturale (sia i fenomeni normali che i "mostri",le eccezionalità), sia quelli naturali che prodotti dall'uomo negli esperimenti. Solo partendo da questo insieme di fatti individuali si raggiunge la conoscenza certa del modo di operare della natura. La volontà di procede a catalogare i fenomeni osservabili rimandando la loro teorizzazione era motivato dalla prudenza politica e mondana. Erano nate diverse Accademie scientifiche (dei Linnei a Roma, 1603) su volontà di privati o per mecenatismo. Ma bisognava evitare di incorrere nella censura o contrariare i protettori, accendendo discussioni troppo accese. Così ci si distanziava anche dallo stile verboso delle università dove tutto si risolveva in dispute interminabili spesso più prove di retoriche che ragionamenti scientifici. Si iniziò a registrare e osservare i risultati di fenomeni rimandando la loro elaborazione e discussione. 11.4 LA METAFORA DELLA MACCHINA. Grazie alla traduzione e diffusione di testi scientifici e tecnici antichi, già nel Rinascimento le scienze matematiche avevano acquisito una dignità mai avuta prima (infatti si svilupparono studi alla ricerca di rigore e precisione). Il libro della natura, scriveva Galilei, è scritto nel linguaggio della matematica e i suoi caratteri sono figure geometriche senza i quali è impossibile capirlo. Nel 17esimo secolo nacque una nuova metafora: la natura era una macchina e le conoscenze derivate dalle macchine potevano essere utili per spiegare i fenomeni naturali. L'oggetto usato per esprimere questa analogia era l'orologio, complesso, capace di muoversi da sé, i cui meccanismi rimanevano però nascosti alla vista. 41 Il più grande teorico del meccanicismo fu Cartesio: non c'è differenza tra il modo in cui la natura, gli oggetti e gli uomini sono costruiti; i meccanismi di azione e reazione sono propri di qualsiasi macchina. Ideò un nuovo metodo di speculazione scientifica espresso nel Discorso sul metodo per ben condurre la propria ragione e cercare la verità nelle scienze (si affronta il problema nelle sue componenti via via più semplici ed elementari; la soluzione è fornita all'inverso). 11.5 I PROGRESSI DELLA MATEMATICA. Cartesio influenzò i matematici, medici e fisiologi. Molti approvarono la sua analogia tra macchina e corpo umano, ma alcune grandi scoperte furono effettuate da chi non aveva rinnegato la tradizione. Nel 1543, l’anno del De revolutionibus di Cartesio e le tavole anatomiche, Andrea Vesalio aveva pubblicato una serie di tavole anatomiche dove descriveva gli organi del corpo umano. La sua conoscenza dell'anatomia era superiore a quella precedente (fino al 16 secolo la dissezione dei cadaveri era vietata). Corregeva così errori antichi ma non li rinnegava totalmente (organi sessuali maschili e femminili complementari, teoria di Aristotele). William Harvey arrivò a scoprire la circolazione del sangue partendo dall'idea tradizionale della perfezione del moto circolare. 11.6 IL PROBLEMA DELLA CENSURA. L'abbandono della visione aristotelica tradizionale fu graduale e non generale. A lungo convissero i due sistemi, teoricamente incompatibili nonostante i vari tentativi di trovare collegamenti, soprattutto a causa della resistenza di vari studiosi di rinunciare totalmente agli schemi su cui si erano formati. Il prestigio degli antichi era grande e molti continuarono a difenderlo. Oltre a ciò, vi era la censura. Nel 500, la Chiesa cattolica e quelle riformate irrigidirono i confini dell'ortodossia precisando le loro dottrine: ogni posizione che si distaccasse diventava difficile da sostenere. Per breve tempo fu possibile agli scienziati sostenere che nelle pubblicazioni si limitavano a presentare i dati delle osservazioni empiriche e dei calcoli senza mettere in discussione le dottrine; ma dopo l'estirpazione delle eresie, la censura si concentrò anche nei settori non rigorosamente attinenti alla religione (il conformisco culturale e religioso era considerato come "garante" di unità politica). Molti furono costretti a rinnegare le proprie tesi (Galileo condannato all'abiura nel 1633) o a lasciare il paese (Cartesio va in Olanda). Alcuni ricorsero all'autocensura (le Università) o alla protezione di importanti personalità. Tutte le opere di questo periodo furono dedicate a sovrani o persone di grande influenza per ripararsi dalla censura. I sovrani e i papi protessero scienziati e promossero la formazione di accademie scientifiche: anche a Roma il gusto per il nuovo, mai visto, inaudito era caratteristico; in campo scientifico, artistico e letterario i committenti cercavano l'innovazione. Il mecenatismo diventò strumento di governo: i sovrani facevano a gare per strapparsi artisti e letterati, consapevoli dell'apporto della matematica e delle altre scienze alla navigazione e al campomilitare in quanto garantivano vantaggi pratici dallo sviluppo delle conoscenze. 11.7 IL PERFEZIONAMENTO DEL METODO MATEMATICO. Nelle università, la filosofia naturale aveva dato luogo a dispute teoriche; ma anche in questo ci si distanziò dalla tradizione. Le nuove scoperte scientifiche dovevano crere un corpo di conoscenze condiviso, sulle cui cause ci fosse l'accordo comune degli studiosi. Il problema diventò individuare uno strumento per arrivare a questo risultato. Bacone lo individuò in un metodo, un codice di procedura per la raccolta e descrizione di fatti individuali. 42 umane e capitali ma politicamente fu un trionfo politico e dimostrò che la minoranza non poteva più scatenare come pochi anni prima una guerra civile. La sola reazione armata fu la rivolta popolare dei Camisards: tra il 1702 e 1704, fino al 1713, la regione della Cervenne fu infiammata dalla protesta per la persecuzione ugonotte e le imposizioni fiscali, appesantite. Un'eccezione fu quella dei bonnets rouges (berretti rossi) che presero di mira l'intervento degli intendenti (volto a modificare le consuetudini locali) che gli eccessivi prelievi. Ma nel 1675 le rivolte si spensero. 12.3 MERCANTILISMO E POLITICA ESTERA FRANCESE. Nel primi decenni del 14esimo secolo lo Stato intervenne anche in economia, nella manifattura e nelle attività mercantili. Colbert fu artefice del colbertismo, la più completa realizzazione del mercantilismo, teoria e politica economica praticata da molti stati europei. Era fondato sulla convinzione che la ricchezza di uno Stato derivasse dalla quantità di metalli preziosi al suo interno; tramite l'intervento diretto dello Stato, il saldo attivo della bilancia sarebbe cresciuto, favorendo esportazioni e penalizzando le importazioni. Colbert patrocinò la fondazione di compagnie commerciali privilegiate e l'espansione coloniale (Africa, India, Antille), istituì le manifatture sovvenzionate dallo Stato per fabbricare beni di lusso (per esportarli) e introdusse controlli di uniformità che avrebbero dovuto agevolare lo smercio dei prodotti. Il colbertismo era la risposta alla politica commerciale delle Province Unite (Olanda), avversaria, e riuscì a promuovere la manifattura francese anche grazie all'egemonia politica culturare (moda, gusto, beni di lusso francesi si diffusero in tutta Europa). L'esercito fu rafforzato, arrivando a 300.000 soldati (di cui 200.000 permanenti). Il ministro della Guerra costituì un'amministrazione centralizzata, potenziò le strutture organizzative, introdusse il reclutamento per sorteggio e aprì il corpo degli ufficiali ai cadetti borghesi, fornì le divise, definiì criteri di addestramento e dotò i fucili di baionette; fu costruito un sistema di piazzeforti in tutto il paese. La politica perseguita fu espansionistica, venne rafforzato l'esercito verso la Spagna e e l'Impero nord-occidentale. Nel 1665 salì al trono di Spagna Carlo II, bimbo malaticcio, figlio di secondo letto; l'unica sopravvissuta tra quelli di primo era Maria Teresa, moglie di Luigi XIV che al matrimonio aveva rinunciato ad ogni pretesa ereditaria per conto della moglie per una dote che mai era stata completamente versata. Luigi XIV diede inizio nel 1667 a una guerra di devoluzione (operazioni militari) per occupare parte dei Paesi Bassi spagnoli. Furono conquistate città sul confine, sancita dalla pace di Aquisgrana del 1668. La guerra contro le Province Unite fu più tosta, dal 1672 al 1678. La Repubblica era uscita dal successo della II guerra dell'Atto di Navigazione contro l’Inghilterra grazie al Gran Pensionario olandese Jan de Witt, nemico dei D'Orange, che aveva ottenuto la carica a loro tradizionalmente conferita, Stadhoulder. Fino al 1674 (nella prima fase) la Francia ottenne l'alleanza inglese e gli olandesi furono in difficoltà; ma per ostacolare la loro avanzata, furono aperte le dighe e allagate zone sottratte al mare. La flotta olandese riuscì a sconfiggere i nemici e ci fu un risveglio patriottico antifrancese e una sommossa popolare, con la morte di de Witt (ucciso dalla folla: considerato favorevole alla pace). Gli Orange tornarono al potere con Guglielmo III (futuro re inglese) come Stadhoulder. Le Province si coalizzarono in un'alleanza antifrancese con Inghilterra e Spagna; la guerra proseguì nel Paesi Bassi e Mediterraneo (rivolta francese antispagnola di Messina). Nel 1678 con la Pace di Nimega le Province Unite mantenevano intatti i loro territori e vedevano abolita la tariffa protezionista di Colbert del 1667; la Francia annetteva la Franca Contea e le piazzeforti dei Paesi Bassi spagnoli. La politica aggressiva di Luigi XIV proseguì con annessioni nei Paesi Bassi spagnoli, in Alsazia e Lorena; più importante fu la conquista della città imperiale di Strasburgo nel 1681. Nel 1683 si aprì un conflitto con la Spagna concluso l'anno dopo con una tregua; 45 in Italia nel 1681 era stata acquistata la fortezza di Casale e nel 1684 fu bombardata Genova. Poco dopo con l'ascesa di Guglielmo d'Orange al trono inglese la situazione politica si modificò: i francesi trovarono avversari agguerriti. 12.4 LA GUERRA DI SUCCESSIONE SPAGNOLA E IL NUOVO ASSETTO ITALIANO. Nel 1686, ad Augusta, si costituì una lega antifrancese tra Spagna, Impero, Svezia e Olanda. Luigi XIV riprese l'espansione verso i Paesi Bassi e il Palatinato, devastandoli. La guerra della Lega d'Augusta (o della Grande Alleanza) andò avanti fino alla pace di Rijswijk del 1697 dove furono restituiti i territori della Lorena e Alsazia dati ai francesi. Fu la successione spagnola a porre grandi problemi. Carlo II d'Asburgo-Spagna era in pessima salute e senza eredi. Nel 1698 Olanda, Inghilterra e Francia prevedendone la morte imminente si accordarono sulla spartizione della Spagna. Nel 1700, alla morte di Carlo II, Luigi XIV scoprì che il nipote Filippo d'Angiò, figlio del delfino, era stato nominato erede universale a patto che accettasse che le monarchie (Francia e Spagna) rimanessero separate. Accettò e il nuovo re, Filippo V, si insediò a Madrid. Ma nessuna potenza si fidava del re francese che aveva cominciato a occupare i presidi spagnoli nei Paesi Bassi e in Lombardia; soprattutto Leopoldo I’ imperatore, che per il figlio cadetto, l'arciduca Carlo d'Asburgo, aspirava all’intera eredità spagnola. L'esercito degli Asburgo d'Austria sotto il generale Eugenio di Savoia presero l'iniziativa in Italia, nel 1701, mentre la Baviera si alleava con Francia e Spagna. Nel 1702 l'Impero, l'Inghilterra e le Province Unite si schierarono contro la Francia. A loro si aggiunsero Prussia, Portogallo, Svezia e il Duca di Savoia. La guerra di successione spagnola (1702-3) combattuta in Italia, Paesi Bassi, Germania e Spagna non vide battaglie decisive finché Luigi XIV iniziò le trattative di pace, per poi riprendere le ostilità. Nel 1711 la guerra subì una svolta. L'arciduca Carlo ereditava i domini asburgici diventando imperatore. Una sua ascesa al trono di Spagna avrebbe ricreato un impero di dimensioni quasi superiori a quello di Carlo V, cosa non auspicabile da nessuna potenza. In Inghilterra, il comandante dell'esercito aveva perso i favori di Anna Stuart (succeduta a Guglielmo) e i tories vincitori delle elezioni volevano porre fine alla guerra iniziata dai whigs. La pace fu firmata a Utrecht nel 1713 da Francia e Spagna, Inghilterra, Olanda e Savoia; e nel 1714 a Rastatt con Carlo VI. L'Inghilterra ottenne privilegi commerciali da Spagna e Olanda e il riconoscimento delle conquista di Gibilterra e Minorca e territori nell'America settentrionale. Luigi XIV vide riconosciuta l'attribuzione della corona spagnola a Filippo V con la conferma di due dinastie separate e accettò i protestanti sul trono inglese. L'Austria ebbe maggiori vantaggi: i Paesi Bassi spagnoli diventarono austriaci, l'assetto della penisola italiana vide la fine del dominio spagnolo (da 1 secolo e mezzo): gli Asburgo ottennero Mantova e Lombardia, Regno di Napoli, Sardegna e lo Stato dei presidi. I Savoia acquisirono il Monferrato e Lomellina, Sicilia (che portò loro il titolo di re). Grazie a Vittorio Amedeo II lo Stato sabaudo uscì dalla sudditanza francese che durata dalla pace di Cateau Cambrésis del 1559, e affermarsi come piccola potenza. 12.5 LA FORMAZIONE DELLA PRUSSIA E IL PROBLEMA DEL BALTICO. In Germania ci fu l'ascesa della Prussia. Il nucleo originario era la Marca del Brandeburgo concesso a Federico VI di Hohenzollern nel 1415. Nel 1618 la Prussia era entrata nei possedimenti dell'elettore del Brandeburgo. Gli Hohenzollern, avendo già Germania Occidentale e Basso Reno, con la pace di Vestfalia avevano ottenuto la 46 Pomerania. A metà 600 la frammentazione territoriale appariva come principale caratteristica del principato elettorale, evidenziata dalla distanza e diversità tra Prussia e Brandeburgo che poneva problemi di accentramento e uniformità). Alla soluzione ci pensò Federico Guglielmo il Grande Elettore, formando un esercito permanente e sostenendo le spese con entrate regolari costituite dai finanziamenti della Francia disposta ad assoldare i principi protestanti, e sconfisse i privilegi delle città e della nobiltà con un efficiente sistema fiscale. Il Brandeburgo-Prussia fu presto dotato di un'efficace burocrazia ai cui vertici c’era una nobiltà piegata allo Stato, senza autonomie rappresentative. Gli Hohenzollern erano calvinisti dal 1613, governando su territori luterali. Federico Guglielmo accolse i profughi ugonotti che trasformarono la Berlino burocratica in manifatturiera. Federico Guglielmo si inserì nel conflitto tra Svezia, Danimarca e Polonia per la supremazia sul Baltico (Guerra del Nord, 1654-60) ottenendo la fine della dipendenza feudale della Prussia dalla Polonia. Il figlio Federico, poi Federico I, sarebbe poi stato re di Prussia; alla sua morte, nel 1713, Federico Guglielmo I riconsegnò al figlio Federico II l'esercito rafforzato. Con la fine della Prima guerra del Nord nel 1660, la Svezia ottenne il controllo sulla costa a nord dello stretto di Sund (danese). Il Baltico era stabilmente inserito negli scambi conl'Europa occidentale, da dove arrivavano i prodotti necessari per la costruzione delle navi delle potenze marittime (legname, pece, canapa) e cereali. La Svezia instaurò la sua egemonia nel 1648 e 1660 sul Baltico. Ma i re, luterani, volevano altri territori, soprattutto volevano la Polonia. Negli ultimi decenni del 600, Carlo XI aveva trasformato la Svezia in uno Stato assoltuto come la Francia (meno potere ai nobili, requisite parte delle terre, demanio fiscale per costruire l'esercito). Così Carlo XII potè disporre di un esercito potente e pronto per fronteggiare l'attacco congiunto di Danimarca, Polonia e Russia (Seconda guerra del Nord, 1700-21). 12.6 LA RUSSIA DI PIETRO IL GRANDE. A 50 anni dalla morte di Michele Romanov e durante il regno del figlio Alessio, si evidenziarono tratti caratteristici dell'organizzazione sociale russa. Il Codice del 1649 cercò di dare un ordine alla società dividendola in 3 ceti: uomini di servizio (nobiltà al servizio dello Stato), uomini del borgo (mercanti e artigiani) e uomini del distretto (contadini). Il Codice definì il carattere permanente della servitù della gleba e abolì i limiti temporali al diritto dei proprietari di ricercare e perseguire i servi fuggiti. I servi videro peggiorare le loro condizioni (schiavi a vita o a termine, condizioni terribili). Pose anche dei vincoli religiosi a ogni forma di mobilità (i mercanti erano vincolati all'attività esercitata e al luogo). L'irrigidimento della società provocò malcontento e rivolte. Nel 1656 i mercanti i mercanti si sollevarono contro le limitazioni imposti e la svalutazione della moneta, ma diventarono una vera minaccia quando furono innescate dalle rivolte dei cosacchi sempre in contrasto con l'estendersi dei possessi delle nobiltà e delle strutture di controllo statali. Nel 1670 un capo cosacco del Don, Stenka Razin, dopo anni di razzie si pose a capo di una ribellione (con servi, fuggitivi, disertori) per liberare il popolo dalla servitù e dai soprusi; dopo poco le campagne e le città del Volga insorsero. Solo dopo massacri l'esercitò la spense e Stenka Razin fu giustiziato a Mosca nel 1671. A quello sociale si aggiunse il contesto religioso: la riforma della Chiesa russa promossa da Nikon dal 1652 determinò uno scisma tra le minoranze degli oppositori, Vecchi credenti, e i fedeli della Chiesa ufficiale (il contrasto era su usanze rituali, non teologia). L'opposizione dei Vecchi credenti si tradusse in opposizione allo Stato. Dalla fine del 600, Pietro I il Grande rafforzò l'Impero russo internamente e internazionalmente. Divenne zar a 10 anni con il fratello Ivan sotto la reggenza della sorellastra Sofia. Lui si formò con la cultura occidentale tedesca e si unì a una spedizione per l'Olanda (lavorò in un cantiere navale), Inghilterra e Vienna. 47 Tra il 600 e 700 l'Europa originò una crisi del sistema militare ottomano. Dopo varie sconfitte, i turchi riconobbero la sua superiorità: l'esercito era numeroso ma lento e le armi non erano al livello di quelle europee. Nel 17 secolo furono tentate alcune riforme: sotto Maometto IV, i gran visir Koprulu (padre e figlio) risanarono parzialemente il bilancio, e riorganizzarono l'amministrazione. Negli stessi anni vi fu una ripresa dell'espansionismo ottomano con la conquista di Creta (strappata ai veneziani nel 1669) dopo l'assedio di Candia (durato 24 anni). Ma a Vienna, nel 1683, furono sconfitti dal re polacco Sobieski e si ritirarono umiliati. Persa l'Ungheria, l'Impero si trovò circondato su più fronti: Venezia, Austria, Polonia, e la nascente potenza russa che gli si opponeva sul Mar Nero e sul Caucaso. Dopo vari periodi di conflitto, la pace di Carlowitz (1699) sancì la pace con l'Ungheria e la cessione a Venezia della Dalmazia. Alla fine del 700, l'Impero si ridusse: i suoi domini balcanici erano i territori a sud del Danubio (estensione sotto Solimano I il magnifico). La Russia aveva il Caucaso, nord del Mar Nero e Crimea. La Turchia, indebolita, riconobbe all'Austria e alla Russia la tutela dei sudditi cristiani dell'impero: si formalizzava la questione d'Oriente (insieme dei problemi attorno al destino dei territori e popolazioni balcaniche). Sotto Ahemd III fu tentata una riorganizzazione delle istituzioni: è l’epoca conosciuta come il periodo dei tulipan (detto così per la moda di coltivare questo tipo di fiore importato dall‘Olanda nell’alta società). Ci fu apertura e interesse verso l'Occidente (ambasciatori dell’Impero vennero inviati in Europa affinchè riportassero ogni notizia utile a restaurare i passati splendori); i rinnegati europei vennero accolti per riformare esercito e marina e la vita intellettuale fu stimulata dall'apertura di 5 biblioteche e della stampa. La tendenza all'occidentalizzazione fu ostacolata dai giannizzeri, corpo militare scelto che si trasformò in una associazione i cui membri (non più devsirme) praticavano anche artigianato e commercio e funzioni di polizia. La loro protesta fu appoggiata dagli ulema (teologi e giuristi) tradizionalisti ottomani che riuscirono ad influenzare l’opinione die ceti popolari nei riguardi delle riforme viste come un pericoloso tentativo di abbandonare i principi basilari della fede e tradizione dell‘Islam. Il periodo dei tulipani si concluse nel 1730 con una rivolta sanguinosa che poi venne repressa. Lo sfaldamento istituzionale ottomano si aggravò; solo sotto Mahmud II (ad inizio 800) furono avviate una serie di riforme (tanzimat) ma il declino dell'Impero non si fermò. 13.3 L'INDIA MOGHUL tra 15 e 17 secolo, India, Cina e Giappone si trasformarono politicamente. Nuove dinastie posero fine a disordini sociali e istituzionali (in India e Cina erano straniere, invasori giunti dalle frontiere con l'Iran per la prima e del Nord per la Cina, dove mongoli, manciù e tartari erano in movimento). Questi furono alla fine assorditi negli Stati in decadenza: le frontiere si chiusero e non ci furono più invasioni e scorrerie. Le compagini statali occuparono lo spazio che era stato dei nomidi sbarrando loro la strada. Nel 1526 un esercito composto da tribù turco-mongole guidate da Babur il conquistatore invasero il continente subindiano per creare l'Impero moghul. Non era la prima invasione dell'India: 10 secolo, islamici si insediarono a Delhi. Nel corso dei secoli, il potere del Sultanato di Delhi era così decaduto che Babur sottomise l'India del Nord. La sua espansione fu portata avanti dai successori fino a comprendere quasi tutti i territori a nord di Bombay. Fin dai tempi del Sultanato, il territorio indiano era diviso in province e distretti, con un'amministrazione capillare ad assicurare la riscossione delle imposte. Questo sistema fu mantenuto dagli imperatori moghul che si adoperarono concretamente per migliorare l'economia delle singole province. Ma la vera forza era l'esercito, 8000 ufficiali nobili di origine e un numero variabile di mercenari. In ogni villaggio erano stanziati minimo due soldati: vi era controllo amministrativo e politico. 50 La struttura sociale dello Stato moghul era feudale (aristocrazia opulenta, che derivava i suoi poteri dal sultano ma non erano ereditari; e base contadina povera; no borghesia imprenditoriale, anche se mercanti e artigiani acquisivano fortune). L'artigianato era sviluppato (tecniche arretrate): l'industria tessile faceva fronte ad ogni aumento della domanda, basandosi su un ristema di produzione e commercializzazione disseminato nei villaggi. Fino alla rivoluzione industriale, le stoffe indiane furono superiori a quelle del resto del mondo. L'arrivo dei nuovi dominatori musulmani ripropose il problema della convivenza islamica-indiana. Islamismo e induismo erano espressione di due visioni del mondo differenti, con diverse regole di vita, tradizioni, modi di onorare i morti; il proselitismo era sconosciuto agli indù (per cui si appartiene a una religione per nascita). I musulmani inorridivano di fronte alle caste della società indiana. Anche gli imperatori moghul fomentarono le discordie e l'odio di religione; ma i rapporti furono sanati durante il regno di Akbar: coinvolse l'aristocrazia indù nell'amministrazione e nella politica limitandone le tendenze autonomistiche. Furono emanate riforme (abolita la tassa imposta ai non musulmani) che attenuarono le discriminazioni contro gli indù (anche i successori consolidarono la sua politica). Il periodo di pacificazione fu interrotto dalla politica intollerante dell'ultimo imperatore moghul, Aurangzeb, fanatico. Revocò le leggi emanate in favore degli indù: i rajput si sentirono traditi e negarono l'appoggio all'imperatore, e i sikh, setta guerriera, si ribellarono. I successori non riuscirono a opporsi al potere screscente dei maratti, sultanati indù: si dichiararono autonomi, e i nuovi Stati regionali indù non riuscirono però a unirsi contro la minaccia inglese tra il 18 e 19 secolo. 13.4 LA CINA DEI QING. La Cina conobbe diverse dominazioni straniere: dal 907 al 1368 sul trono si succedettero imperatori barbari discendenti dai nomadi del Nord costituitisi nel 10 secolo come Regni. Ma i conquistatori stessi venivano conquistati e sinizzati al punto da perdere i tratti della cultura di provenienza. Nel 14 secolo si affermò la dinastia Ming fino all'ultima invasione dei nomadi (dalla Manciuria). I mancesi erano nord-orientali; dopo la metà del 500, crearono un regno guidato dai Qing. La debolezza dei Ming (malcontento contadini e della piccola nobiltà di provincia, corruzione dilagante) favorì la loro penetrazione. Il consolidamento del potere dei Qing fu lungo: al sud, la vecchia classe dirigente resistì. All'inizio i Qing furono repressivi e si imposero violentemente; ma iniziò il processo di integrazione nella cultura e civiltà cinesi: l'apparato burocratico a base dell'amministrazione rimase intatto (come il sistema di reclutamento degli alti funzionari, fondati sugli Esami di Stato) fondato sul confucianesimo: insieme di norme etiche-filosofiche con scopo la tutela dell'ordine gerarchico regolato da relazioni paternalistiche. I giovani educati al confucianesimo (con abbastanza soldi) potevano entrare nell'apparato e ricambiare con favori ed elargizioni il gruppo familiare che l'aveva sostenuto (-> burocrazia sempre più legata agli interessi dei ceti abbienti e proprietari terrieri). I Qing assicurarono prosperità: ci fu uno sviluppo demografico (da 143 milioni di abitanti a 313, dal 1741 al 1794); soprattutto perché i conflitti erano combattuti da eserciti professionisti e le campagne non subirono danni. Furono migliorate le tecniche di coltivazione e allevamento (doppio raccolto; rete idraulica, selezione dei tipi di riso - > 2 o 3 raccolti in un anno). Il 18 secolo fu per la Cina periodo di benessere, anche per il commercio. Promossero scambi e furono agevolati i traffici commerciali. Il ceto mercantile non si sviluppò però come in Europa (ostacolo: il predominio del ceto dei letterati-burocratici e la loro più alta espressione, i mandarini, che non volevano ridimensionato il proprio prestigio). Sotto Kangxi, fu rafforzata la burocrazia tradizionale e depotenziata l'aristocrazia mancese (tendeva a insubordinarsi). Tentò di stabilire buoni rapporti con l'élite dei 51 letterati-burocratici, condividendo il loro confucianesimo; fu conciliante verso le minoranze religiose. Negli ultimi anni dei Ming, i gesuiti (Matteo Ricci) erano stati accolti presso la corte (apprezzata cultura scientifica). Si fercero accettare dai Qing; ma il rapporto a inizio 700 si deteriorò a causa della questione dei riti. Nella Chiesa cattolica, si era aperto il dibattito sulle forme di evangelizzazione. Domenicani e francescani erano convinti che la conversione fovesse comportare il netto rifiuto di ogni credenza e tradizione rituale; i gesuiti erano più tolleranti verso la cultura di provenienza. I padri gesuiti in Cina accettavano la sinizzazione di alcuni aspetti del cattolicesimo (si uniformarono all'abbigliamento a corte) e tolleravano che nuovi cristiani venerassero Confucio, l'imperatore e gli antenati. Mz nel 1704 la Santa Sede diede ragione agli intransigenti: Kangxi la interpretò come un'ingerenza di Roma nei suoi affari e revocò ogni concessione ai cattolici. Nel 17 e 18 secolo i contatti con l'Europa avvennero tramite il commercio. A Canton nel 1685 fu istituita una dogana marittima. Nel 1760 alcune corporazioni di mercanti furono autorizzate a trattare con la Cina (scambi a suo favore: Cina era autosufficiente e le importazioni dall'Europa furono scoraggiate con restrizioni). La Cina regolò con prudenza i rapporti con l'Europa, ma l'Occidente ne subì il fascino. Diventò uno dei migliori esempi di buon governo (despota illuminato di un impero agricolo). La moda cinese fu introdotta in Europa da madame Pompadour (bere il té; porcellana; dipinti; abiti di foggia cinese; giardini con padiglione cinese). Anche la filosofia e la morale cinese dilagarono, con i racconti esotici dei padri gesuiti (ma solo passione per esotico, non vero interessete: solo i missionari capirono la complessa civiltà a fondo). 13.5 IL GIAPPONE TOKUGAWA. Ad inizio 16 secolo, il Giappone era un'insieme di domini con a capo un signore, daimyo, ciascuno (avevano trasformato i possedimenti in un principato dove avevano potere quasi assoluto). Il loro legame di obbedienza e fedeltà al mikado (imperatore) e allo shogun (comandante in capo: chi esercitava il governo) si era allentato. Tutto ciò cambiò con l'introduzione delle armi da fuoco portoghesi a metà 500 polvere da sparo già nota: archibugi). Il fucile diventò parte dell'equipaggiamento dei samurai; esse modificarono l'assetto politico del paese, poiché il potere di un daimyo si misurava sulla quantità di fucili posseduti (-> sua capacità offensiva). Solo i feudi più vasti e ricchi sopravvissero alle lotte per la supremazia: si innescò un processo di accentramento che portò all'unificazione del peaese. Protagonisti furono Nobunaga Oda, Heyoshi Toyotomi e Ieyasu Tokugawa: i tre unificatori. L'ultimo dei re, Tokugawa, si impadronì del potere nel 1600 e ottenne dall'imperatore il titolo di shogun e il diritto di trasmetterlo agli eredi (gli altri due no): iniziò la dinastia che governò il Giappone per 250 anni, fino alla restaurazione imperiale Meiji (1868). Scopo principale dei Tokugawa fu garantire la pace e l'ordine sociale: l'apparato burocratico-amministrativo fu reso efficiente per funzionare anche nei tempi di crisi. Per ottenere pace, bisognava reprimere e controllare l'eversione interna e difendersi da ogni possibile attacco e minaccia esterna: il Giappone dal 1639 al 1854 visse in isolamento. Si chiuse verso anche il cristianesimo inizialmente accettato con favore, perché sospettato di precedere e favorire la penetrazione commerciale europea. Mantenne i rapporti solo con la Cina (ritenuta patria di ogni civiltà), e gli olandesi (finché non sconfinassero con le attività commerciali oltre l'isola di Deshima di fronte a Nagasaki). Fu ridimensionato il ruolo e il prestigio dei samurai, troncando il rapporto tra loro e le campagne dove avevano goduto di un potere indipendente notevole come soldati- agricoltori. Diventarono professionisti stipendiati dipendenti da un daimyo perdendo la loro funzone di pacificatori dello shugunato. Molti diventarono burocrati o altri funzionari; altri si impoverirono e diventarono contadini, artigiani, mercanti e banditi (il governo vietò l'uso delle armi ai contadini: pace). 52 spagnoli nati in America, i creoli, e ogni iniziativa che riducesse l'autonomia e prestigio della caricha (molti elusero questi divieti e tramutarono le cariche in fonti di guadagni). Per ridurre corruzione e arbitri la spagna adottò dal 1782 un sistema di controllo affidato agli intendenti. Il Brasile, scoperto nel 1501 e colonizzato sulle coste, si organizzò a livello amministrativo tardi, su modello spagnolo (Spagna e Portogallo uniti tra il 1580 e 1640). Acquisì importanza al ridursi della supremazia portoghese nei traffici con l'Oriente. Nel 1604 fu istituito il Conselho de India; nel 1640 il governatore generale del Brasile assunse la carica di viceré (vicereame istituito nel 1714). maggiore autonomia fu concessa ai coloni brasiliani rispetto ai creoli, e il monopolio commerciale della madrepatria fu meno rigido. Nel 600 e 700 il Brasile diventò dinamico e vinse contro gli olandesi che avevano occupato la regione di Pernambuco e si erano espansi oltre la linea del trattato di Tordesillas (1494). a fine del 18 secolo il suo confine raggiunse le Ande; la sua superficie era più grande di tutta l'America meridionale. I portoghesi misero in atto il sistema delle piantagioni basato sulla manodopera schiavizzata africana. 13.8 LO STATO CRISTIANO-SOCIALE DEI GESUITI. Vicenda unica nella conquista dell'America fu la costruzione degli Stati missionari. Fin dall'inizio della penetrazione spagnola fu evidente la contrapposizione vilenta tra il brutale sfruttamento degli indigeni e i tentativi di protezione degli ordini religiosi. La loro difesa era possibile solo tramite l'isolamento degli indiani secondo i religiosi; si scontravano utopie teocratiche e problemi reali. I più attivi furono i gesuiti: in Paraguay, tra il 1610 e il 1628 furono istituite 13 comunità o riduzioni (reducciones) dove vivevano oltre 100.000 indios (preval: guaranì). Esse erano basate su principi come eguaglianza sociale e comunità dei beni: tentativo di costruire una repubblica cristiana dove fossero davvero vissuti i principi evangelici. Ma presto questi villaggi diventarono preda dei bandeirantes, meticci brasiliani cacciatori di schiavi (indios convertiti educati al lavoro). Ne furono catturati 60.000: le comunità si spostarono a sud. Altrove, i gesuiti risposero con le armi e nel 1641 sconfissero i bandeirantes. Conosciute come un tentativo di realizzare forme di colletivismo economico-sociale su base religiosa (Stato ideale della controriforma), le reducciones gesuite furono esperimento culturale e sociale che mirava a convertire, educare al lavoro (agricolo, artigianale) e a una nuova organizzazione di vita le popolazioni. I gesuiti introdussero le più moderne tecnologie rispettando le loro tradizoni: il lavoro seguì la via del gioco e della competizione, con l'aiuto di fattori magici e rituali. Obiettivo era il tenere le riduzioni lontane dalla civiltà e controllarne le relazioni umane e commerciali; ciò scatenò l'ostilità europea che non potevano usarne la manodopera e le proprie regole di mercato. Lo Stato cristiano-sociale oppose resistenza armata (indios+gesuiti) quando la Spagna cedette nel 1750 il Paraguay al Portogallo; questo e l'avversione per i gesuiti fornì il pretesto al primo ministro portoghese per chiudere le riduzioni. La Compagnia di Gesù fu soppressa in Portogallo e Spagna: i gesuiti furono espulsi e le missioni furono chiuse. 13.9 METALLI PREZIOSI, PIANTAGIONI E SCHIAVI. Nell'economia del Nuovo Mondo decisivo fu lo sfruttamento delle risorse di metalli preziosi: prima l'oro nei fiumi delle Antille, poi anche argento in Messico e Perù (bacino del Potosì). Dal 1560 l'uso del mercurio agevolò l'estrazione dell'argento dai minerali che lo contenevano. La produzione d'argento aumentò all'80% nelle esportazioni di preziosi in Europa (dal 500 al 600 introdotte 81 tonnellate d'oro e 16000 d'argento). Dal 1630-40 l'argento peruviano si esaurì, mentre riprese quello 55 estratto dalle miniere messicane, al ciclo dell'argento messicano corrispose poi anche l'oro brasiliano (scoperto nel distretto di Minas Gerais). L'esportazione di preziosi dominava i rapporti con la madrepatria, ma altre organizzazioni economiche furono fondamentali. Si rafforzò la grande proprietà nella produzione per il mercato interno e internazionale (dove più agevoli erano le vie di comunicazione). Altrove si accentuarono forme di specializzazione produttiva: allevamento bovino a Santo Domingo e nella Plata (-> esportato il cuoio). Si diffusero le piantagioni (zucchero, caffè, cacao, tabacco esportati); anche in America latino con l'inizio della coltivazione della canna da zucchero in Brasile (originaria del Golfo del Bengala, dal 400 anche nelle isole a ridosso dell'Africa: lavoro degli schiavi) a metà 500. per la sua coltivazione serve un clima caldo-umid, energia idrica o animale, legnale, capitali per i mulini di spremitura e manodopera per la raccolta (anticipi dalla madrepatria per i capitali: il resto dal Brasile e la manodopera nera dall'Africa). Gli insediamenti commerciali portoghesi sulle coste d'Africa diventarono centri di raccolta dove si convogliava i neri prigionieri di guerra o razzie. Il loro status di prigionieri giustificava la schiavitù come nella guerra da corsa tra cristiani e musulmani: la schiavitù era preesistente ma gli europei la ampliarono nel mercato offrendo in cambio prodotti richiesti e diprestigio. I portoghesi li caricavano in Africa e vendevano in America riportando in Europa le cariche di zucchero e melassa: commercio triangolare (caratteristico del sistema mercantile atlantico). Le piantagioni, fondate sugli schiavi, si diffusero in Brasile, Antille, America del nord. La mortalità degli schiavi era elevata: la manodopera doveva essere continuamente rinnovata. La forzata immigrazione degli afticani produsse trasformazioni sociali, economiche e una rivoluzione etnica e demografica (inizio 800: von Humboldt traccia quadro statistico della popolazione americana: i neri di origine africana erano il ceppo più numeroso in Brasile e maggioritario nelle Antille). 13.10 OLANDESI, FRANCESI ED INGLESI IN AMERICA. Lo sfruttamento monopolistico delle ricchezze del Nuovo Mondo prevedeva che le colonie potessero avere rapporti commerciali solo con la madrepatria: questo sistema fu aggirato dal contrabbando e pirateria inglese, francese e olandese. I pirati depredavano le navi con i metalli preziosi; i contrabbandieri arrivavano nei porti americani e complici le autorità scaricavano e vendevano beni richiesti nelle colonie. I guadagni erano elevatissimi. Le isole delle Grandi e Piccole Antille erano l'appoggio dei contrabbandieri e pirati. Gli spagnoli contrallavano solo le maggiori, e in parte. Nel 600 olandsi, inglesi e francesi vi si stabilirono per iniziativa delle compagnie commerciali. Gli olandesi a Curacao nel 1634 (compagnia olandese delle indie occidntali amministrava la Guiana a lungo contesa con inglesi e francesi); su tutto l'arco delle Piccole Antille vi erano i possedimenti inglesi (+ isole dell'arcipelago Bahama e poi 1655 la Giamaica); i francesi (espansione commerciale stimolata da Richelieu) occuparono altre isole: Guadalupa, Martinica nel 1535; Sannto Domingo (haiti) che nel 1697 sarebbe stata ceduta alla Francia ufficialmente. Le Antille furono prese nella lotta per il monopolio commerciale e si sviluppò con le piantagioni; i possessi inglesi e francesi in America settentrionale seguirono processi diversi per il clima e collazione geografica e perché come colonie di popolamento non erano ben inserite nelle dinamiche commerciali. Da fine 600 vi si riflessero i conflitti politici e dinastici europei. Gli inglesi erano insediati sulle coste atlantiche; si rafforzarono a nord e sud, subentrando a olandesi e svedesi. Nelle singole colonie si rafforzò la presenza della madrepatria con la nomina del governatore e dei pubblici funzionari (vs autonomie amministrative e autogoverni locali). Le colonie francesi nel Canada erano più controllate dal governo centrale e meno popolate (divieto di immigrazione per ugonottiimpedì che la colonia fosse meta di dissidenti religiosi disposti a fuggire alle persecuzioni). Erano state scoperte dai 56 mercanti di pellicce (traffici con India lungo il fiume San Lorenzo). A metà 600 fu fondato Queébec, Montréal. I rapporti tra colonie e indigeni furono buoni il governatore francese Frontenac in Canada voleva costruire un'alleanza con gli indiani dei Grandi Laghi e controllare il Mississippi (esplorato fino alla foce nel 1628) per contenere gli inglesi. La sua impresa apparve realistica durante la guerra di successione spagnola (1702-13): francesi e inglesi erano contrapposti, ma nello scontro in America i francesi riuscirono a fronteggiarli. Con la pace di Utrecht, la Francia rinunciò a Terranova e la "Nuova Scozia" (non ancora chiamata così) ma conservò il Canada e il bacino del Mississppi chiamato Louisiana in onore di Luigi 14. 13.11 IL COMMERCIO ALANTICO E LA SUPREMAZIA INGLESE. Ad inizio 700 l'espansionismo commerciale e territoriale frncese si scontrò con l'Inghilterra in America, India e nell'Atlantico. Alla morte dell'ultimo Asburgo di Spagna, il trono avrebbe potuto andare a un re di origine francese e Luigi 14 avrebbe potuto impadronirsi dell'impero spagnolo minacciando gli inglesi. Nel 600, l'Inghilterra con gli Atti di navigazione e la Francia con la politica protezionista avevano ridotto l'egemonia commerciale olandese. Amsterdam si trasformava in un centro finanziario, Amburgo si sviluppava come mercato di spezie e zucchero; slancio avevano avuto i porti francesi, Nantes e Bordeaux impegnate con la tratta degli schiavi. Molti europei partecipavano al commercio triangolare atlantico; anche le colonie inglesi nel nord america vi entrarono rivaleggiando con la madrepatria poiché favorite dalla minor distanza con le Antille e dalal capacità produttiva in grado di soddisfare la domanda europea, quella dei Caraibi e dell'America spagnola e portoghese (+importatrici di schiavi africani e melassa delle Antille). Si allargava l'area controllata dagli inglesi e si rafforzava il loro predominio originatosi dal dinamismo commerciale e finanziario e dalla maggior potenza navale rispetto a ogni altro avversario. Con la pace i Utrecht del 1713 l'Inghilterra ottenne acquisizioni territoriali e il monopolio della tratta verso le colonie spagnole, l'asiento de negros, fino al 1750. l'asientos faceva affluire 4800 schiavi l'anno; fu stipulato con la South Seas Company associata con la Royal African Company. L'asiento era stato concesso dalla Spagna a mercanti genovesi, tedeschi, compagnie portoghesi e francesi dal 1701; alla tratta partecipavano armatori di Bristol e Liverpool. L'Inghilterra era la prima per alri prodotti coloniali che smerciava nella riesportazione. A metà 700 si inserì nel triangolo il cotone inglese. La rivalità anglo-francese diventò conflitto aperto con la guerra dei Sette anni che si concluse con vittoria inglese: aveva conquistato Guadalupa, Martinica, espugnato L'Avana a Cuba, teneva Pondichéry e Mahé in India e aveva occupato Québec e Montréal. Il governo britannico condusse una pace moderata e restituì alla Francia le isole dello zucchero, ma otteneva il Canada e i territori della Louisiana ad est del Mississippi, la Florida dalla Spagna che aveva i territori a ovest con Nuova Orléans. I domini francesi si ridussero alle Antille; l'Inghilterra con il quasi-monopolio nei traffici con Portogallo e Brasile e manteneva una posizione privilegiata nel commercio con i domini spagnoli. L'Atlantico inglese avrebbe visto poi il conflitto inglese con le colonie dell'America settentrionale che esercitavano un ruolo simile e alternativo a quello inglese. 13.12 ESPANSIONE EUROPEA E IMPERIALISMO ECOLOGICO. Daniel DeFoe (1719: Robinson Crusoe) è simbolo dell'entusiasmo legato al commercio delle attività mercantili. Ma nel corso del 700 iniziò una nuova fase del dominio commerciale europeo: accanto ai tradizionali generi di consumo (caffè, spezie, zucchero, tè) l'Europa importò materie prime (cotone) per alimentare il nuovo slancio industriale. 57 cambio della Slesia (ceduta alla Prussia) e il Ducato di Parma a Filippo (fratello del re di Napoli Carlo di Borbone); i Savoia si ampliarono un poco in Lombardia, e la Francia uscì a mani vuote. In Italia iniziò la pace (interrotta da Bonaparte nel 1769). In Europa centrale la situazione si sviluppò ancora: l'Austria non si rassegnò alla perdita della Slesia e voleva costruire un fronte che abbattesse la Prussia. In cambio della cessione dei Paesi Bassi, si alleò con la Francia che voleva l'Hannover inglese. Francia e Austria si allearono con la Russia, mentre la Prussia con l'Inghilterra. Francia e Inghilterra ne uscirono mutilate nei possessi francesi e venne riconosciuta la supremazia inglese (pace di Parigi, 1763). La Prussia iniziò la guerra dei Sette anni (1756-63). Alle vittorie prussiane seguirono le sconfitte e Federico II era sul punto di capitolare quando ascese al trono Pietro III (morta la zarina Elisabetta sua avversaria) che salvò la Prussia. Nel 1762 fu stipulata una pace separata con la Russia; a Hubertusburg nel 1763 fu firmata la pace tra Austria e Prussia. Nulla cambiò: la Slesia rimase alla Prussia, riconosciuta potenza europea. Le guerre del 700 dimostrarono che uno Stato piccolo ma militarmente forte e politicamente ben guidato poteva espandersi sfruttando le debolezze delle maggiori potenze. Federico II trasse vantaggio anche dalla Polonia che non aveva una struttura statale moderna (monarchia elettiva, liberum veto, anarchia nobiliare): fragile mira della Russia. Nel 1772 Federico II concluse con Russia e Austria un accordo che privò la Polonia di un terzo del territorio (prima spartizione). A fine 80s, il tentativo di trasformarla in una monarchia costituzionale e redarre una Costituzione suscitarono opposizioni interne, che furono il pretesto per una seconda spartizione tra Russia e Prussia (attuata nel 1793). Tadeusz Kosciuskzo guidò una sollevazione popolare a sfondo democratico per rovesciare il predominio russo nel 1794; ma si giunse nel 1795 alla terza spartizione tra Russia, Austria e Prussia: Polonia scomparve come Stato autonomo e si ricostituì solo dopo la prima guerra mondiale. 14.3 L'INGHILTERRA. La supremazia inglese non poggiò solo sul partito whig, dominante il Parlamento tra 1715 e 1760 (durante il regno di Giorgio I e Giorgio II), ma i contemporanei insistettero su una contrapposizione tra i whigs, rappresentanti del moneyed interest, e i tories, esponenti del landed interest, ossia fra interessi del denaro e quelli del territorio. In realtà è difficile tracciare tra i due partiti, linee di demarcazione di tipo socio- professionale. Nessuno aveva interesse a ostacolare lo sviluppo commerciale né mettere in discussione i capisaldi del sistema (come il predominio fiscale del Parlamento; o la confessione protestante dei sovrani), i tories mai sostennero la monarchia di diritto divino o la restaurazione giacobina al punto da schierarsi attivamente a favore dei cattolici Stuart. Sia tories e whigs si originavano dall'aristocrazia terriera: più che un contrasto sociale le differenze tra i due erano politico-religiose. Concordavano nell'approvare il Black Act del 1723 (dura legge contro la caccia di frodo e altre offese alle proprietà rurali). I whigs vinsero le elezioni del 1715 (erano interpreti dei principi della Gloriosa rivoluzione, sostenitori della monarchia costituzionale e controllata dal Parlamento e di un governo non controllato dal sovrano). La Camera dei Comuni contava (dopo l'unione con la Scozia: 1707) 558 membri (45 scozzesi). Le circoscrizioni elettorali variavano per dimensione (no in rapporto alla popolazione): talvolta avevano diritto a seggio località disabitate con pochi elettori. Cinque contee si assicuravano un aquarto dei seggi. Alcuni parlamentari erano nominati dai Lords; altri avevano il seggio per acquisto o per una proprietà che lo conferiva loro. Il diritto di voto era concesso ai proprietari terrieri con rendita minima di 40 scellini e comprendeva i contadini indipendenti (spesso soggetti all'influenza di 60 un signore perché loro affittuari). Dodici borghi avevano il suffragio universale maschile (ma uno di questi era composto di sole sei case e un solo elettore). La Camera dei Comuni era una somma di secolari privilegi e nuovi diritti e prerogative. I comuni erano dominati da clientele e parentele (espressione dell'oligarchia). Per fare carriera bisogava entrare nell'orbita di chi esercitava il patronage (protezione e facoltà di nomina alle cariche militari e civili). Gli intrecci di interessi sfociarono nella corruzione, strumento di controllo della vita parlamentare, mentre affari e politica erano legati. A fine 600 l'Inghilterra (e l'Olanda) si dotò degli strumenti per la gestione e lo sviluppo delle attività finanziarie. Fino a fine 700 non esisteva un luogo come la Borsa di Amsterdam dedicato alle attività, ma Londra vide lo sviluppo di quelle mercantili e la crescita delle azioni delle compagnie commerciali. Accanto alle banche private nel 1694 fu creata la Banca di Inghilterra: effettuava le abituali operazioni di un istituto di deposito e di credito ed aveva la facoltà di emettere cartamoneta, tesoreria dello Stato, riconosceva la moneta metallica e le dava stabilità. Fu il canale di raccolta della ricchezza privata (risparmiatori investivano nel debito pubblico e il governo trovava le finanze per le guerre estere: guerre con obiettivi sempre più commerciali -> Francia vs Ing. per supremazia internazionale). Nel 1720 la Compagnia dei Mari del Sud che aveva convertito parte del debito pubblico in azioni proprie (trasformando i creditori dello Stato -> in azionisti) fallì: scoppiò lo scandalo South Sea Bubble e solo l'abilità politica di Robert Walpole salvò il governo. Emerse come leader dei whigs e si impose alla guida del paese fino al 1742. A inizio 700 la struttura e i modi di funzionamento del governo erano poco definiti (poteri del re e dei ministri e loro rapporti non erano chiari). Giorgio I non conosceva l'inglese; Walpole cominciò a presiedere le riunioni del comitato dei ministri e a riferirne al re. Si formò la tradizione del governo di gabinetto (governo con re assente, con ministri in suo nome scelti dal leader della maggioranza: iniziava il passaggio dalla monarchia costituzionale alla monarchia parlamentare). Gli anni 20s e 40s furono prosperi e di pace. Walpole risanò le finanze, adottò una politica fiscale moderata, mirò all'intesa con la Francia e tenne il paese fuori dalla guerra di successione polacca. Ma a fine 1730 le pressioni di chi voleva una più impegnata politica internazionale provocarono la ripresa delle ostilità con la Francia nella guerra di successione austriaca; ed infine Walpole si dimise. Dopo tensioni legate a una rivolta stuardista (-> terminata con annientamento dei clan scozzesi e ribelli nella battaglia di Culloden Moor) l'Inghilterra mirò a rafforzare l'impero coloniale. Campione di questa politica (opposta a Walpole) fu il whig William Pitt che ebbe successo contro la Francia. Il 1759 fu trionfale: gli inglesi vinsero in India, Atlantico, Canada e Antille, aggressivi e dinamici volti allo sviluppo commerciale e al dominio mondiale contro i francesi. Nel 700 incrementò la stampa quotidiana e periodica. Si passò dai 7 milioni ai 9 milioni di copie; a Londra erano pubblicati quattro quotidiani, cinque-sei trisettimanali e una novantina di periodici. Gli strumenti di informazione, moltiplicatisi, si accompagnarono ai luoghi di incontro e discussione: caffè, club, sale da tè (scambiate notizie, discussi problemi del giorno...). Si sviluppò un attivissimo mercato editoriale: gli autori per la prima volta vivevano dei diritti di autore svincolandosi dalla dipendenza die mecenati. Pitt fu costretto a dimettersi nel 1761; Giorgio III, al trono nel 1760, cercò di imporsi contro i whigs e sostenne una politica moderata con la Francia (pace a Parigi: 1763). 14.4 LA FRANCIA. Alla morte di Luigi 14 (1715) la Francia ebbe una serie di sconfitte: la guerra per la successione polacca e poi austriaca portarono solo all'acquisizione della Lorena. Rimanendo la maggior potenza continentale europea dopo la Guerra die Setti Anni, fu sconfitta oltremare dall'Inghilterra. 61 La politica francese era incerta: la monarchia assoluta entrò in crisi durante la reggenza del duca Filippo di Orleans. Le opposizioni si rafforzarono: la grande nobiltà, i parlamenti, i giansenisti (si trattò di fenomeni di breve durata). Fu tentata una riforma finanziaria da John Law tra il 1716 e il 1720: propose una riforma monetaria e fiscale, la prima basata sulla sostituzione della moneta metallica con quella cartacea garantita dalle azioni della Compagnia d'Occidente (poi delle Indie), la seconda sull'abolizione delle imposte dirette e indirette a favore di un'imposta fondiaria unica e sull'abolizione degli appalti. Voleva annullare il deficit del bilancio statale con una conversione dei titoli del debito pubblico in azioni della Compagnia e di aumentare la ricchezza per una più rapida circolazione del denaro. Cominciò a realizzarsi; Law fondò una banca, Banque royale, di deposito ed emissione. Ma presto iniziò l'accaparramento speculativo che portò le azioni alle stelle senza rapporto con il loro valore reale. Gli avvertiti cominciarono a vendere e chiedere la conversione della moneta cartacea in metallica: crollò il sistema. Le intuizioni di Law erano valide, ma le basi dell'economia francese non potevano sostenere una trasformazione così rilevante e in tutto il 700 il debito e la finanza pubblica rimase un problema irrisolto. Il meccanismo decisionale della monarchia era bloccato: Luigi 15 era frivolo e condizionato dalle amanti, era impossibile rafforzare le strutture dell'assolutismo per l'opposizione dei ceti privilegiati e restituire le antiche pregorative senza minare le basi della monarchia. Il conflitto con i Parlamenti e l'irrisolto problema fiscale furono gli aspetti di una situazione stagnante. 14.5 L'ESERCITO PRUSSIANO E LE FORME DELLA GUERRA. Federico II e la Prussia furono protagonisti delle guerre continentali dal 1740 al 1763; ma il loro esercito era già formato: Federico Guglielmo il grande elettore (disponeva di 45.000 soldati); Federico Guglielmo I li portò a 80.000 e introdusse il servizio militare obbligatorio, con una maniacale attenzione alla disciplina militare, estesa ad ogni altro aspetto della vita. Federico II, figlio, proseguì nel rafforzare l'esercito (195.000 uomini) e ampliò l'organizzazione burocratico-amministrativa con l'obiettivo di mantenere la macchina bellica. Voleva un esercito con uno Stato. Se l’esercito era una macchina così preziosa e costosa, bisognava evitare le battaglie distruttive e disporre non solo la manovra, ma anche il sicuro approvigionamento delle truppe. Tutti gli eserciti del tempo erano disciplinati, per la maggior parte composti da professionisti e non volontari.  Disciplima e addestramento furono metodici nell'esercito prussiano e consentirono a Federico di avere vittorie su avversari più numerosi. Le guerre del 700 furono meno sanguinose (perchè non più animate dai contrasti religiosi del secolo precedente), e i minori saccheggi risultarono dalla necessità di evitare che gli eccessi fossero distruttivi anche per le forze occupanti. I generali furono più razionali per quanto riguarda la vita dei loro soldati; non si voleva dissipare una risorsa così importante come l'esercito (reclutamento costoso). Le esenzioni al servizio militare erano diffuse (tra i ceti privilegiati). Le popolazioni locali erano arruolate nella milizia, non nell‘esercito: questo perchè l‘addestramento era meno rigoroso e la ferma era più breve. I volontari erano spesso criminali, poveri, sbandati. Molti venivano da altri paesi ed erano stranieri. I disertori erano numerosissimi: si evitava di accampare le pattuglie vicino a boschi durante le campagne militari. Le punizioni erano durissime e prevalse la paura verso di esse con la disciplina (questo accompagnato a fattori di aggregazione elementare: spirito di corpo, solidarietà collettive, accettazione di un capo). 15 LA SOCIETA' DI ANCIENT REGIME 15.1 DEMOGRAFIA E STRUTTURE FAMILIARI. 62 Questo era il feudalesimo classimo in Francia settentrionale e Germania occidentale, e rappresentava un‘evoluzione rispetto alle strutture medievali funzionali a un'economia rurale chiusa e a una debolezza dell'autorità statale. Nel 18 secolo il regime feudale aveva attenuato molti caratteri originari, ma era un insieme di diritti e privilegi che pesavano sui contadini. In Francia ai censi e ai vincoli posti sui possessi contadini si aggiungevano gli obblighi di lavoro gratuito (corvées) sulle terre signorili e i divieti di caccia e pesca; furono spesso sostituite (le corvées) da compensi in denaro. I contadini dovevano rispettare il monopolio feudale della trasformazione delle risorse alimentari e avvalersi del mulino del signore. Ad accrescere i poteri di controllo feudale dei signori contribuiva l'amministrazione della giustizia (esercitata dal signore e delegati). Ai prelievi feudali, si sommavano le tasse pagate allo Stato (imposte dirette come la taglia sulle proprietà, e indirette come la gabella, tassa sul sale). Altre corvées erano dovute per la manutenzione delle strade; e nei paesi cattolici doveva essere versata la decima alla Chiesa. I contadini-servi erano vincolati al signore che poteva venderli o scambiarli (realtà marginale in Francia orientale; il servaggio era scoparso in Europa occidentale). In Italia meridionale e Sicilia i prelievi in denaro e natura e le prestazioni personali erano così forti da far intuire che il regime feudale fosse particolarmente vessatorio. La feudalità si conservava in Lazio e settentrione; i contratti agrari prevalenti erano l'affitto e la mezzadria (padrone e contadino associati per la conduzione di un podere il cui prodotto era diviso secondo una quota fissa, metà circa) edmerano esterni alla rendita fondiaria feudale (signori feudali diventavano semplici proprietari terrieri, il mercato della terra diventava libero. Rapporti senza scadenza come enfiteusi e colonìa perpetua erano testimoni del sopravvivere delle antiche consuetudini legate all'origine feudale. In Italia vi erano molte situazioni, ma tutte prevedevano prestazioni lavorative e donativi (come agnelli, polli…) al signore. In Germania occidentale vigeva un sistema feudale simile a quello francese, con più schiavi. Nell'Europa orientale i contadini erano ridotti allo stato servile (coltivavano gratis le terre del signore e ricevevano piccoli appezzamenti con cui sostentare la famiglia). La servitù aveva regole rigide: il servo contadino doveva ottenere il permesso del signore per spostarsi e sposarsi. Tutto ciò fino al 1848. la condizione di servaggio fu motivo di tensioni sociali e rivolte: in Boemia, 1775, una violenta sollevazione contadina mirò ad abolire la servitù; ciò spinse Maria Teresa d'Austria a emanare delle riforme. Anche in Russia ci furono ribellioni al servaggio; tra il 1773 e 1774 Paugacev guidò i cosacchi, nomadi organizzati militarmente e ostili ad essere vincolati dalla servitù della gleba. Pugacev, presentandosi come il redivivo zar Pietro III (ucciso), sollevò i contadini fingendosi zar liberatore e riuscì a tenere in sacco l'esercito governativo per un anno. Sconfitto nel 1774, fu decapitato e squartato a Mosca a gennaio 1775 (elemento ricorrente: vedere nel sovrano il protettore dei poveri e riparatore delle ingiustizie sociali). 15.4 LA NUOVA AGRICOLTURA: "ENCLOSURES", NUOVE TECNICHE E NUOVI PRODOTTI. La società preindustriale era statica, ma al suo interno emersero fattori di mutamento destinati a rovesciare l'assetto tradizionale. L'Inghilterra fu dove le strutture agrarie cambiarono profondamente tra 600 e 700, in seguito alle recinzioni dei campi aperti e delle terre comuni, con nuove tecniche e colture. Il sistema a campi aperti caratterizzava la metà delle campagne inglesi, con appezzamenti non recintati ma in proprietà individuale. Le consuetudini prevedevano che su essi, dopo il raccolto, tutti gli abitanti del villaggio potessero spigolare e far pascolare. Di proprietà comune, erano le terre comuni destinate al pascolo, alla raccolta della legna etc; i diritti d'uso di queste terre erano di chi aveva proprietà nel 65 villaggio e su di esse risiedevano, in cottagers (capanne), spesso contadini poveri senza proprietà. Con le recinzioni, la proprietà era meglio definita e coltivata più razionalmente, libera dagli obblighi consuetudinari della comunità e dall'autoconsumo. Richiedevano investimenti, capitali per la riconversione colturale: i cottagers diventarono braccianti e i piccoli proprietari diminuirono. L'agricoltura tradizionale lasciava la terra a maggese (riposo per un anno per recuperare sali minerali) un anno ogni tre; la rotazione triennale però fu superata con l'introduzione delle piante da foraggio da alternare ai cereali (cicli di 7 anni) che permettevano rotazioni più lunghe e maggiore produttività. L'allevamento era fondamentale per il concime, carne e latte. Rotazioni complesse, integrazione di agricoltura e allevamento si diffusero in Francia settentrionale e Germania nord-occidentale; in Lombardia e Fiandre vi erano già aziende agrarie moderne. L'agricoltura capitalistica (imprenditore che investe, nella terra, capitali con manodopera salariata per produrre nel mercato) era in lenta espansione: le innovazioni convivevano con la vecchia struttura feudale. I nuovi sistemi produttivi e le innovazioni colturali, trovarono diversi ostacoli come: la frammentazione fondiaria e le sue difficoltà organizzative, l'assenteismo dei proprietari, le consuetudini dei contadini. Tardi si introdussero la patata e mais: - Patata: all’inizio del 700 furono le carestie della seconda metà del secolo ad imporla dall'Inghilterra alla Polonia (Irlanda presto diventa base della dieta contadina) - Mais: fu coltivato un po' prima nei paesi mediterranei. La farina di mais diventò con la polenta cibo quotidiano; il frumento era per i ceti più agiati. Nel 700 si diffuse anche il riso, il tabacco. Tè, caffè e cacao continuarono a essere importati. 15.5 INDUSTRIA RURALE E MANUFATTURIERA. Le campagne del 700 furono sede della produzione industriale eseguita a domicilio dai contadini nelle pause del lavoro: l'industria rurale domestica, dedita alle operazioni tessili (filatura e tessitura). Era iniziata a fine Medioevo e sviluppata tra 500 e 600 con l'irrigidirsi delle corporazioni e l'affermazione del mercante imprenditore. Le norme rigide sull'organizzazione del lavoro e sul reclutamento della manodopera delle corporazioni, ostacolavano il rinnovamento produttivo e la mobilità del lavoro data la presenza di fasi di secializzazione e gerarchie produttive molto definite: il ciabattaio poteva riparare le scarpe ma non fabbricarle, i calzolai viceversa. I costi di produzione era anche elevati. A fine 500 ci fu un declino della capacità produttiva. Le campagne offrivano manodopera a basso costo in modo elastico alla richiesta del mercato. Il mercante imprenditore forniva la materia prima, ritirava il prodotto e lo smerciava. Questo putting-out system si diffuse soprattutto presso le città con consolidate tradizioni artiginanali (nelle Fiandre per la produzione i lino, Italia settentrionale: seta, Inghilterra: lana). L'industria domestica rispondeva con una certa efficienza allo sviluppo della domanda interna e internazionale e offrì ai contadini l'occasione di sfuggire al precario lavoro agricolo e raggiungere più alti livelli di vita; ciò favorì il rovesciamento del rapporto risorse-popolazione e attivò lo slancio demografico. In alcune regioni d’Europa, si parla di protoindustria(lizzazione): pur essendo svolto a domicilio, il lavoro aveva le caratteristiche dell'attività industriale (materia prima e macchinari appartenenti all'imprenditore; la produzione avveniva su larga scala; il prodotto finito dato ai mercati internazioni e nazionali). Nell'Europa preindustriale si affermò accanto all'antica struttura artigianale e all'industria domestica il sistema della manifattura. La manifattura è l'organizzazione del lavoro in cui un imprenditore concentra in un unico 66 laboratorio/officina più operai che svolgono (manualmente) tutte le fasi del processo (Colbert le promuove per prodotti di lusso, arazzi e porcellane). Spesso furono costuite per fornire armi e divise; molte si installarono negli ospizi dei poveri e nei penitenziari. La manifattura non fu mai l’organizzazione dominante; il settore tessile era dominato dalla manodopera (fecero eccezione i mulini da seta nell'Italia settentrionale, anche se, più che manifatture, sono assimilibili al sistema di fabbrica). Il passaggio alla fabbrica avvenne direttamente dall'industria a domicilio, non dalla manodopera. 15.6 SOCIETA' PER CETI E FORME DI GOVERNO. L'elemento ordinatore della gerarchia sociale dell'ancien régime è il ceto che caratterizza una società basata sull'appartenenza per nascita, dalla staticità e diseguaglianza giuridica. La società per ceti è il trionfo dei privilegi, delle leggi private e delle giurisdizioni particolari. CETO/CLASSE: a lungo sono stati sinonimi; ma a inizio 800 "classe" perde l'originaria connotazione classificatoria prevalente per passare ad individuare tutti i gruppi socioeconomici. Classe designa l'appartenenza sociale degli individui in base alla loro posizione nei rapporti di produzione (capitalisti: proprietari dei mezzi di produzione; proletari: proprietari del proprio lavoro). Ma ciò non è applicabile all'ancien régime: molti lavoratori possedevano mezzi di produzione e le differenze sociali erano non economiche ma giuridiche e politiche. I nobili erano esenti da leggi e assogettate ad altre, e così gli ecclesiastici, borghesi, e ogni categoria. Il prestigio derivava dalla nascita, legami di parentela, che definivano la posizione più che la ricchezza. Tutto ciò salvaguardava la piramide sociale dove ciascuno doveva stare al proprio posto. "Ceto" ha una definizione incerta: affidata al prestigio e reputazione. La classe si restringe all'ambito economico, alla collocazione dei gruppi sociali nel processo produttivo, alla posizione die singoli nel mercato del lavoro. Si apparteneva al ceto per nascita, eccetto che nel clero: ogni ceto aveva diritti e obblighi propri. Cambiare ceto significava aver ricevuto particolari privilegi. La società per ceti era rappresentata negli Stati da rappresentanze e assemblee per ceti che determinavano un dualismo di poteri (sistema più noto  clero, nobiltà, Terzo Stato: e tutti gli altri). Il ceto dominante in Europa era la nobiltà; prevalentemente feudale, ma anche nobiltà delle cariche amministrative e giudiziarie (nobiltà di toga francese). Collegato al ruolo delle singole nobiltà era la capacità delle assemblee dei ceti di rappresentare e difendere i propri privilegi difronte al potere centrale. In Francia il successo della monarchia assoluta in rapporto alla resistenza dei ceti fu assoluta, come in Spagna, Prussia, nei domini di Casa d'Austria, e Regno di Sardegna. Nell'Impero germanico il governo centrale era invece quasi inesistente. La Dieta (3 Camere: dei principi elettori, principi territoriali e rappresentanti delle città) perveniva a decisioni formali e politicamente inefficaci. Negli Stati territoriali e nelle città, saldo era il potere della nobiltà, clero e borghesie cittadine mentre le magistrature e i principi erano autonomi all'imperatore. Le repubbliche, le Province Unite e le repubbliche aristocratiche come Venezia e Genova e Ginevra, strutturavano il governo sulla diversità dei ceti e non sull'uguaglianza dei diritti politici. Nell'Europa del 700 convivevano la monarchia costituzionale inglese, le monarchie assolute, le repubbliche oligarchiche e patrizie, il feudalesimo aristocratico polacco. La presenza delle assemblee dei ceti (con antichi privilegi e tendenti all'autonomia) indicavano il processo di formazione incompiuto dello Stato moderno. 15.7 POVERTA' E CONTROLLO SOCIALE. 67 La realizzazione dell'Illuminismo più significativa fu l'Enciclopedia o Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri (17 volumi tra 1751 e 1765); la figura del philosophe si identificò con quella dell'enciclopedista (dure battaglie contro la censura e contro l'ostilità degli ambienti culturali tradizionalisti). L'Enciclopedia (pensata come traduzione di un'opera enciclopedica inglese) diventò presto un progetto autonomo, espressione di un partito filosofico: il carattere impresa editoriale rese necessaria una conciliazione tra investimenti, costi di produzione, aspettative del pubblico e novità dei contenuti. Grazie a Diderot, curatore principale, affiancato all'inizio dal matematico d'Alembert, ciò fu raggiunto.  L'Enciclopedia ebbe un grande successo, prima presso i ceti più abbienti, poi con i volumi più maneggevoli e meno costosi si diffuse in modo più esteso. All'Enciclopedia parteciparono i maggiori intellettuali; molte voci furono redatte da Diderot e collaboratori; le linee direttrici facevano capo alle filosofie di Bacone, Cartesio, Locke, la scienza di Newton. La diffusione combatté i pregiudizi della cultura tradizionale. Si pose attenzione alla tecnologia, scienze e arti. L'impianto fu aperto e meno sistematico di quanto previsto da D'Alembert; rappresentò il momento organizzativo più alto dell'Illuminismo. Nello stesso periodo maturò il pensiero di Jean-Jacques Rousseau (1712-1778), il più problematico illuminista. Dopo una giovinezza irrequieta entrò a Parigi nei circoli intellettuali e collaborò all'Enciclopedia redigendo la voce dell'Economia politica. I primi scritti che attirarono una certa attenzione furono Discorso sulle Scienze e le arti del 1750 e il Discorso sull'origine e i fondamenti dell'ineguaglianza tra gli uomini (critica alle società e istituzioni; guardava alla storia come progressiva decadenza e corruzione rispetto ad uno stato originario in cui gli uomini erano innocenti e uguali). Fondamento dell'ineguaglianza era la proprietà privata. Queste posizioni rovesciavano la visione illuminista della società come in progresso e incivilimento; lo portarono a rompere con philosophes ed enciclopedisti. Elaborò una proposta di rifondazione della società e dell'uomo (nel Cotratto sociale 1762) e un progetto pedagogico (Emilio, 1762). Un nuovo ordine politico poteva, secondo Rousseau, originarsi da un contratto sociale fondato sull'alienazione da parte di ciascun associato di tutto se stesso e di tutti i suoi diritti in favore della comunità. L'organismo sociale da esso nato, un io comune in cui ciascuno si identifica e tutti sono uguali grazie all'alienazione dei diritti; si esprime ed esercita la sovranità tramite la volontà generale, volontà del corpo sociale intero che persegue il bene generale e l'utilità pubblica. Questo modello si realizza solo in un regime di democrazia diretta (sovranità inalienabile; nessuno può essere delagato a esercitarla in nome del popolo). Il Contratto sociale fu uno dei testi che maggiormente ispirarono il pensiero politico democratico e rivoluzionario; poneva la questione del rapporto tra utilià sociale e interesse dei singoli e tra rappresentati e rappresentati. La monarchia temperata dalle libertà nobiliari e dal controllo dei corpi intermedi descritta da Montesquieu, il dispotismo illuminato di Voltaire e la democrazia diretta di Rousseau non furono gli unici risultati dell'Illuminismo: vi furono anche le correnti utopistiche (favorevoli alla soppressione della proprietà privata), con Morelly (Codice della natura, 1755) e bonnot de Mably (pensiero oscillante tra utopia comunistica e realismo riformatore, voleva una monarchia basata su istituzioni repubblicane e rappresentative con max potere legislativo e minimo esecutivo). 16.3 L'ECONOMIA POLITICA, LA STORIA E LE ALTRE SCIENZE. Altro aspetto del pensiero illuminista è la nascita della nuova scienza, l'economia politica (disciplina autonoma ad opera di Adam Smith e della scuola fisiocratica francese: individuarono il campo di indagine della produzione per costruire un modello di funzionamento che rendesse ragione degli elementi del sistema economico e della loro interdipendenza). 70 Quensay (1694-1774 medico e naturalista) fu maggior rappresentante della fisiocrazia (dottrina che considerava la terra come fonte unica e primaria della ricchezza). Nel Tableau économique, 1758, descrisse il meccanismo economico come struttura dinamica circolare il cui motore principale è l'attività agricola che produce il sovrappiù di ricchezza (prodotto netto) basilare per l'allargamento del sistema. Gli agricoltori sono gli unici lavoratori produttivi (mercanti e artigiani: classe sterile, non producono ma trasformano la ricchezza). I fisiocratici pensavano si dovesse riconoscere e assecondare le tendenze spontanee dell'attività economica (per far si che potesse esprimere tutte le sue potenzialità) senza alterarne il normale funzionamento: proposero riforme per favorire l'agricoltura capitalistica incentrate sulla libertà dei commerci, l'abolizione dei dazi doganali, soppressione dei monopoli e privilegi e introduzione di una imposta unica sulla rendita fondiaria. Nasceva la concezione che l'analisi dei meccanismi produttivi consentisse di comprendere l'intera organizzazione sociale. Adam Smith superò gli elementi naturalistici della fisiocrazia; come Hume e altri scozzesi, rintracciava nel sentimento (simpatica, interesse…) il movente dell'agire e dell'associarsi e nell'utile individuale e sociale il fondamentale criterio di comportamento. Nel suo capolavoro "richerche sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni" postulò l'esistenza di un ordine naturale dove, se ciascuno è lasciato agire liberamente secondo il proprio interesse particolare, contribuisce al benessere collettivo, secondo una provvidenziale volontà che domina le azioni dei singoli: la "mano invisibile". Al centro del modello economico di Smith il concetto di lavoro produttivo (miura del valore di scambio delle merci e unica fonte di ricchezza sociale). L'espansione del sistema è data dall'incremento della produttività, garantita dalla divisione del lavoro, dal reinvestimento continuo di profitti e innovazione tecnologica. Come i fisiocratici, pensava che il libero mercato e il libero scambio fossero le condizioni ottimali per lo sviluppo economico; fu il fondatore dell'economia classica e primo teorico del liberismo. I settori di studio vennero arrichiti dall'illuminismo, furono gettate le basi di nuovi campi di indagine come quelle dell'antrolopologia culturale ed etnologia (descrizioni di viaggi, luoghi e popolazioni lontane). Si superò la concezione provvidenzialistica della storia arrivando a una visione laica, con un nuovo interesse per la società e i modi di vita (esemplari di questo orientamento, le opere di Voltaire: Il secolo di luigi 14 e il Saggio sui costumi e lo spirito delle nazioni)). Importante fu Gibbon (autore di Storia della decadenza e caduta dell'impero romano; sostenne che il declino dell'impero romano era stato causato dall'emorragia di uomini e mezzi provocata dal trionfo del cristianesimo). Hume pubblicò la Storia di Inghilterra; rifondò la teoria della conoscenza in termini empiristici riconducendo alle capacità associative del soggetto le relazioni spaziali, temporali e causali tra i fenomeni, negò il carattere universale e necessario delle leggi scientifiche. Le ricerche scientifiche e le tecnologie si svilupparono con Galvani e Volta (in campo dell'elettrologia), e Lavoiser (fondatore della chimica moderna; studi su gas ed elementi). 16.4 COSMOPOLITISMO E CIRCOLAZIONE DELLE IDEE: LA DIFFUSIONE DELL'ILLUMINISMO. tutti i paesi parteciparono al movimento illuminista. Fiorirono opere, periodici, gazzette, accademie. Intellettuali, riformatori e pubblico colto si sentivano partecipi di un'opera di rinnovamento internazionale. Il cosmopolitismo e la circolazione delle idee furono le basi della cultura delle élites; ma tutto questo senza dimenticare il pensiero inglese e l'egemonia culturale francese, legata a iniziative dinamiche come l'Enciclopedia. Un ruolo egemonico spettò anche a singole opere: Esprit des lois di Montesquieu e Dei delitti e delle pene di Beccaria. 71 L'illuminismo tedesco si fondò sulla lotta al dogmatismo e l'autoritarismo della Chiesa luterana. Lessing fu fautore della tolleranza e nemico dell'assolutismo. Baumgarten costruì l'estetica (dottrina filosofica della conoscenza sensibile); Kant nella Critica della ragion pura attuò la rivoluzione copernicana nella conoscenza. Per lui la conoscenza scientifica è il risultato di una sintesi tra realtà empirica e categorie universali del soggetto. Definì l'illuminismo: come uscita dell'uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. In Italia, ad inizio 700 Muratori (sacerdote esponente del cattolicesimo illuminato: polemizzò contro le superstizioni ed eccessi esteriori del culto; sostenitore di riforme dello Stato e società moderate), Vico (opera maggiore la Scienza Nuova: riconosceva le regole costanti di un divenire storico scandito da fasi identiche cicliche, identiche per tutti i pooli) e Giannoni (opera Istoria civile del regno di Napoli: rivendica supremazia dello Stato sulla Chiesa e pose le basi del giurisdizionalismo. Le sue teorie lo portarono alla persecuzione ecclesiastica e alla morte in prigione). Nel Regno di Napoli ci fu Genovesi, seguace di Locke, studioso di filosofia ed economia (il problema dei rapporti tra il regno e la chiesa, insieme all'analisi delle condizioni economiche accompagnarono l'opera di rinnovamento culturale intrapresa dagli illuministi). Galiani raggiunse fama internazionale con la sua opera Della moneta (contiene un'originale teoria del valore; e osservazioni sulla circolazione monetaria); Filangeri con la Storia della legislazione reclamò una codificazione delle leggi e una riforma della procedura penale e attaccò gli abusi del sistema feudale meridionale. Altro grande centro illuminista italiano fu Milano dove intorno alla rivista Il caffè si raccolsero Cesare Beccaria, Alessandro e Pietro Verri (legato a questo ambiente vi fu anche il volume Dei delitti e delle Pene del 1764, che si diffuse i centinaia di copie anche in America: analisi del sistema giudiziario, argomenti contro la pena di morte e tortura, a favore della pubblicità del processo e prevenzione del delitto. Giustizia e pena poggiano sulla concezione contrattualistiche dello Stato. Il messaggio umanitario ispirò tentativi di riforme giudiziarie dell'assolutismo illuminato). Le idee e opere circolarono internazionalmente; grande importanza ebbero i contatti epistolari e vi fu un aumento del numeri di giornali e periodici. La massoneria fu uno dei maggiori centri propulsivi (setta inglese nata sulla base di riti e tradizioni delle antiche corporazioni di liberi muratori) accolse nobili, borghesi e intellettuali che volevano tolleranza, lotta al fanatismo e all'oscurantismo religioso in nome della filantropia, fratellanza universale. Le élites riformatrici si servirono di questo strumento di pressione nutrito dalle solidarietà esoteriche e fascino della segretezza. 16.5 L'ASSOLUTISMO ILLUMINATO. l'Illuminismo portò avanti un disegno riformatore che mirava alla modernizzazione dello Stato e al raggiungimento della "felicità pubblica". La politica riformatrice si inseriva nel processo di formazione dello Stato moderno. La lentezza con cui si erano definiti i poteri e le competenze dello Stato, era data dal dualismo nei nuovi organismi politici: lo Stato si fondava sui ceti e le assemblee, ma vi era il conflitto tra loro e il principe assoluto. La conflittualità in Francia aveva raggiunto l'apice a metà 600 con le guerre della Fronda. Il problema dell'assolutismo, dell'amministrazione finanziaria e fiscale era in Francia risolto con la centralizzazione regia. Le altre monarchie avvertirono la necessità di aver maggior efficienza e razionalità nell'amministrazione e di allargare i poteri dello Stato; questa esigenza li portò a scontrarsi con i privilegi fiscali e giuridici della nobiltà e del clero che costituivano il fondamento del consenso alla monarchia da parte dei ceti dirigenti, ma anche un limite allo sviluppo della società civile e dell'economia. Nel 700 si rafforzò lo Stato e vi fu una ridefinizione dei privilegi. I sovrani aderirono ai programmi riformatori illuministi tra 50s e 80s: stagione del dispotismo/assolutismo illuminato. 72 Anche Caterina II di Russia (1762-1796) fu legata da rapporti di amicizia e culturali con i philosophes. Nel 1767 reclamò davanti a un'assemblea un nuovo codice; voleva attenuare il predominio aristocratico. Il programma riformatore fu diffuso in Europa, era favorevole alla libertà di stampa e alla tollerenza, ostile alla servitù contadina; ma tutto si risolse in nulla di fatto. La requisizione dei beni della Chiesa greco-ortodossa, l'abolizione dei monopoli e dei vincoli alle attività commerciali e manifatturiere favorirono lo sviluppo economico, più significativa fu la riforma amministrativa del 1775 (concesso alle assemblee nobiliare un largo peso; obiettivo di fondo: rafforzare l'autorità centrale). Gli interventi riformatori di Caterina, permisero di organizzare una società per ceti attribuendo le competenze ai suoi organi allargando però le dimensioni del privilegio e il sistema di produzione fondato sul servaggio. Mentre la società per ceti era in crisi nel resto dell'Europa, in Russia si rafforzava (significativa fu la carta della nobiltà del 1785 che estendeva i privilegi nobiliari) nonostante i contadini volessero la libertà (coinvolti nel 1773-74 nella rivolta di Pugacev). 16.8 IL MOVIMENTO RIFORMATORE IN ITALIA. Stati Riformatori furono: Russia, Prussia, Austria; in parte Spagna e Portogallo; limitati all'aspetto giurisdizionale Danimarca e Svezia. In Italia l'iniziativa riformatrice fu limitata solo ad alcuni Stati e regioni (come Lombardia e Toscana: domini austriaci o imperiali, e il Regno di Napoli). Da ricordare le lotte giurisdizionaliste (1767-1769) del ministro Du Tillot a Parma, l'impegno per l'istruzione di Modena, il catasto descrittivo di papa Pio 6 e l'avvio alla bonifica delle Paludi pontine nello Stato pontificio. Nel Regno di Sardegna si rafforzò la struttura statale; un catasto fu terminato nel 1731. 40 anni dopo un sovrano non illuminista, Carlo Emanuele III, abolì i diritti feudali nelle terre Savoia. Nel Regno di Napoli Carlo di Borbone fu anticlericale e giurisdizionalista; al trono di Spagna come Carlo III, ci fu la reggenza di Tanucci. Fu redatto un catasto onciario (fondato sulle dichiarazini dei proprietari), realizzati interventi a favore degli scambi commerciali. Dalla Nuova descrizione storica e geografica delle Sicilie (1786-1794) di Giuseppe Maria Galanti emerse la povertà e arretramento del Meridione, un mondo rurale, con un sistema oppressivo tradizionale di sfruttamento e percezione delle rendite da parte dei borghesi. Nel Ducato di Milano (dominio dell'impero asburgico) furono realizzate riforme per l'istruzione, politica ecclesiastica e fiscale; ridotti i poteri degli antichi organismi rappresentativi, riscattate le regalìe ossia diritti (di dogana etc) spettanti allo stato ma col tempo ceduti ai nobili, sottratta agli appaltatori la riscossione delle imposte e promosso libero commercio dei grani. Tra il 1749-59 fu redatto il catasto, che incoraggiò l'attività agricola (terra tassata come al momento della stima catastale: un aumento della produzione non portava all'aumento dell'imposta). Il catasto incentivava a migliorare le tecniche e le messe a coltura dei terreni incolti, e fornì un efficace strumento fiscale allo stato e, ai proprietari, la certezza dei diritti. Tutti gli Interventi illuminati furono sperimentati nel Granducato di Toscana durante i 25 anni del governo di Pietro Leopoldo (secondogenito di Maria Teresa d'Austria, erede al trono). Il riformismo toscano fu contraddistinto da una mancata propensione per soluzioni pratiche e tecniche e da una certa insofferenza per gli eccessi di teorizzazione. Nella politica ecclesiastica furono soppressi conventi, osteggiate manimorte e attività non socialmente rilevanti del clero. Si riformò la Chiesa toscana e l'organizzazione ecclesiastica fondata sull'autonomia dei vescovi e parroci da Roma. I tumulti popolari in difesa delle tradizioni dopo il sinodo di Pistoia (1786) costrinsero Pietro Leopoldo a desistere da questo programma. 75 La Toscana accolse nel codice penale nel 1786 i principi di Beccaria: pena di morte e tortura furono aboliti; riconosciuto il diritto alla difesa e obbligatoria la motivazione e pubblicazione delle sentenze. Economicamente fu perseguito il liberismo: libertà del commercio dei grani, abolizione delle corporazioni; fu migliorata l'agricoltura (bonifica della Maremma). Si cercò di costruire allivellazioni: un ceto di piccoli proprietari contadini con la concessione in affitto delle terre requisite ai conventi; ma fallirono (le mezzadrie rimasero il contratto base del sistema agrario in Toscana). Ci fu una riforma municipale negli anni '80: decentramento dei poteri dello Stato affidato al ceto dei proprietari (definito indipendentemente dalla nascita) che minava i privilegi nobiliari tradizionali e che rappresentò un risultato anomalo nel quadro dell'assolutismo illuminato europeo. Ancora più anomalo fu il progetto costituzionale (1779-1782) di Pietro Leopoldo che voleva fondare su un rapporto contrattuale i poteri del sovrano.  Le opposizioni gli fecero abbandonare questa riforma troppo audace. 17 ALLE ORIGINI DELLA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE. 17.1 LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE. In Inghilterra la rivoluzione industriale ebbe inizio tra 18 e 19 secolo. Con "rivoluzione" si indica il suo carattere irreversibile e radicale  in breve tempo un assetto economico-sociale stagnante fu sostituito da una fase di sviluppo senza precedenti, con una crescita gradualmente accelerata. Si passò da una economia agricolo- artigianale a una di fabbrica, industriale (si affermò con diverse modalità nel continente europeo) avviando una trasformazione dell'organizzazione sociale, dei sistemi politici, dei modelli culturali e dei comportamenti individuali. La diffusione del sistema di fabbrica, lo sviluppo dell'industria e dei servizi a scapito dell'agricoltura, la formazione di nuovi strati sociali (operai, ceti medi) sono gli aspetti più significativi delle trasformazioni avvenute in occidente a partire dalla fine del '700. Per questo con la rivoluzione industriale ha avuto inizio una una nuova età: contemporanea (nei paesi industrializzati si è usciti dalla povertà e penuria alimentare); età dominata dall'ideologia del progresso e da una nuova mentalità (disponibile al mutamento). La rivoluzione industriale ha portao al benessere e ricchezza materiale; non sempre alla "felicità" che per riformatori e utopisti era il principale obiettivo del progresso economico-sociale. La rivoluzione industriale iniziò in Inghilterra, che alla fine del '600 aveva caratteristiche comuni agli altri Stati europei: attività economica prevalentemente agricola, attività industriali organizzate su scala domestica, e l'unità tipica di produzione era la famiglia. Una quota notevole del prodotto (in tutti i rami di attività) era destinata all'autoconsumo e quella parte che veniva commercializzata entrava nel mercato locale (molto ristretto). La popolazione era dispersa nelle campagne, i contatti e gli scambi erano precari. La ricchezza oscillava nel tempo; la crescita economica si scontrava con le "leggi naturali" dell'equilibrio fra popolazione-risorse disponibili. A questa condizione malthusiana si aggiungeva il ridotto rendimento delle fonti disoponibili (acqua, aria, animali, lavoro umano). Ma molte erano le differenze tra Inghilterra ed Europa: era un paese ricco (commercio, spirito di iniziativa); potente (marina, commercio), presenti la libertà e tollerenza , a loro volta collegate al commercio e alla classe media, con un'economia tra le più fiorenti e di spicco nei campi scientifici, letterari e tecnologici. 17.2 I FATTORI DEL MUTAMENTO. Le peculiarità dell'inghilterra rispetto all'Europa consistevano nello sviluppo raggiunto dal commercio, nelle caratteristiche della sua agricoltura, nell'incremento della popolazione, e nella particolare organizzazione politica. 76 Nei primi 50 anni del 18 secolo, il commercio si rafforzò su scala mondiale, eccetto durante la guerra di indipendenza degli USA (1775-1783). La riduzione dei rischi legati al commercio oltremare, l'aumento dei profitti e la politica tesa a ridurre il potere delle compagnie privilegiate, consentirono il dispiegarsi della libera iniziativa. Londra, al centro dei traffici, sviluppò una rete di servizi di credito e assicurativi (era capitale finanziaria d'Europa!). Il controllo del mercato internazionale fornì alle manifatture britanniche la possibilità di un rapido e poco costoso approvvigionamento di cotone grezzo (essenziale alla nasita della moderna industria tessile) e garantì un ampio mercato di vendita per i prodotti inglesi. Si formarono nuovi operatori economici con mentalità imprenditoriale, disponibilità al rischio e spirito di iniziativa. Nel 700 l'assetto proprietario e le strutture produttive agricole inglesi cambiarono: il possesso delle terre si concentrò nelle mani di grandi e medi proprietari (vennero costituite ampie unità di produzione gestite da fittavoli con criteri imprenditoriali, basate sul lavoro di salariati). I piccoli e piccolissimi proprietari diminuirono, sostituiti dal ceto dei braccianti. La trasformazione causata dalla privatizzazione delle terre comuni e dalle recinzioni, fu accompagnata dalle nuove tecniche agricole e dai nuovi sistemi di rotazione. L'insieme di questi fattori, determinò un aumento della produzione (al quale contribuirono l'incremento della produttività e l'estensione delle aree coltivate). Si ridusse l'autoconsumo al diffondersi del lavoro salariato; si formò un vivace mercato interno con il miglioramento delle vie di comunicazione. Le strade diventarono percorribili anche nella cattiva stagione; l'istituzione die pedaggi sulle principali strade e l'ingresso dei privati nella gestione (prima affidata alla comunità locale) incentivarono la manutenzione e il miglioramento delle reti viarie. Dal 1750 aumentarono i consorzi privati indirizzati a fini di pubblica utilità. Si espasero i canali navigabili (attraverso questi si svolse il traffico di materiali pesanti: carbone, ferro). In generale, la rivoluzione agricola avviò e sostenne l'industrializzazione. Sopperì al fabbisogno alimentare della popolazione in crescita; contribuì a formare il mercato interno (aumento della domanda dei prodotti inglesi, soprattutto a inizio 19secolo: con le guerre contro la Francia). I capitali per impiantare le prime manifatture vennero dai piccoli e medi produttori. Decisivo fu il ruolo della rivoluzione agricola, la quale favorì l'esodo dalle campagne che consentì lo sviluppo del proletariato industriale. Intrecciata a queste trasformazioni vi fu l'aumento della popolazione: dai 6 milioni nel 1740 ai 14 milioni nel 1830 grazie all'aumento della natalità legato all'abbassamento dell'età del matrimonio e allo sviluppo di raccolti favorevoli: disponibilità alimentare. L'aumento della popolazione fu sostenuto dalla crescita economica, e rese disponibile una crescente manodopera, a basso costo (manodopera che divenne sempre più dipendente dal mercato per soddisfare i bisogni). La rivoluzione industriale avvenne anche grazie alle peculiarità del sistema politico e del clima culturale presente in inghilterra nel '700: stabilità politica, rafforzamento del Parlamento, vivacità della società civile (colta e dinamica, aperta alle innovazioni). Ruolo fondamentale nell'introduzione di nuove organizzazioni produttive e tecnologie: venne dalla domanda espressa dalla società. Ad inizio 700 arrivarono i generi coloniali in Europa: tabacco, caffè, tè, cioccolata; si diffusero le pipe, tabacchiere, tazzine e piattini; di conseguenza ci fu una ripresa delle manifatture della ceramica e porcellana. Dopo la gloriosa rivoluzione un maggior benessere si era diffuso in quasi tutti gli strati della popolazione. I tessuti indiani, più economici e pratici, si diffusero; elementi decorativi come quadri, stampe e porcellane erano sempre più richiesti. Con l'alfabetizzazione era aumentata la domanda di libri e giornali. Tutto ciò furono le condizioni che consentirono il decollo industriale; ma le innovazioni tecnologiche e l'introduzione del sistema di fabbrica segnarono l'avvio della rivoluzione industriale. 17.3 IL PROGRESSO TECNOLOGICO. 77 sovraffollati, case fatiscenti, alimentazione povera, scarsa igiene. La fabbrica e il quartiere operaio resero più omogenei bisogni e condizioni e diffusero la consapevolezza di un destino comune; posero le basi per nuove forme di analisi e azione politica. Tra gli artigiani e lavoratori nel settore tessile si diffuse il luddismo (prima manifestazione di opposizione sociale): era organizzato in segrete bande di guerriglia, da Ned Ludd che nel 1779 distrusse un telaio. I luddisti adottarono come tecnica di protesta la distruzione delle macchine (che erano causa di disoccupazione e bassi salari). I luddisti rifiutavano la nuova produzione, le condizioni di vita e la reazione di repressione del governo nei primi dell'800 (la legislazione penale inglese venne inasprita nel 1812: pena di morte ai luddisti). Le agitazioni luddiste lasciarono il posto alle società di mutuo soccorso o leghe di categoria (obiettivi sindacali; richieste di riconoscimento dei diritti politici). 17.7 PROBLEMI E PROSPETTIVE DELLA SOCIETA' INDUSTRIALE. Le trasformazioni economiche e sociali favorirono la riflessione teorica sulla partecipazione politica e riforma sociale. Tra fine 700-inizio 800 si sviluppò il radicalismo inglese che rifondò la filosofia politica (criterio dell'utile: parametro di riferimento per l'attività del singolo/istituzioni). Secondo il principale esponente di questo orientamento utilitarista, Jeremy Bentham (Introduzione ai princìpi della morale e della legislazione, 1789): l'utilità è la base dell'azione morale, giudicata in funzione del piacere o dolore che arreca all'individuo. Essa guida l'attività legislativa con lo scopo dell'utile comune (massima felicità del maggior numero possibile di persone). Su ciò deve fondarsi l'azione politica (efficacia misurata in relazione ai miglioramenti concreti). A questa ideologia aderirono molti: laici, industriali liberali, parte delle nascenti organizzazioni operaie in vista di un progetto riformatore volto ad adeguare la legislazione inglese alla mutata situazione sociale. Questa esigenza riformatrice nasceva in bentham e nei suoi seguaci, dalla presa di coscienza che l'interesse generale non scaturiva più da una spontanea armonizzazione degli interessi individuali (come aveva invece ritenuto Adam Smith); e la spinta alle riforme era rafforzata dagli squilibri e costi sociali contrastanti con l'idea del progresso illimitato. Molti presero le distanze da una visione ottimistica dello sviluppo economico: David Ricardo (Principi dell'economia politica e delle imposte): analizzò gli elementi che concorrono alla formazione del prodotto complessivo e sulla sua distrubuzione tra le varie classi sociali, per chiarire la struttura e il funzionamento del modo di produzione avviato dalla rivoluzione industriale. Le categorie del sistema economico sono la rendita, profitto e salario in base a cui si definiscono i 3 gruppi sociali: proprietari terrieri, capitalisti industriali e i lavoratori salariati. Tra loro si distribuisce la ricchezza sociale e da ciò nasce la conflittualità economica e sociale. Secondo Ricardo il profitto è la molla del nuovo sistema: ne deriva che una sua compressione dovuta a benefici eccessivi riguardo alla rendita fondiaria o al salario intralcerebbe lo sviluppo economico generale. Si iniziava a vedere i caratteri fondamentali di un nuovo sistema produttivo, che vedrà affermarsi nel resto d'Europa e in America il capitalismo industriale come principale elemento propulsivo delle trasformazioni dell'intera realtà economica e sociale. Dal 1815 a metà secolo l'Europa preindustriale è fondamentalmente arretrata rispetto alla rivoluzione industriale inglese. 18 LA NASCITA DEGLI STATI UNITI DI AMERICA. 18.1 IL SIGNIFICATO DI UNA RIVOLUZIONE. La guerra di indipendenza tra 1775 e 1783 oppose alla madrepatria 13 colonie inglesi del nord america. La rivoluzione americana fu il primo esempio di lotta di liberazione vittoriosa contro una potenza europea; fece nascere un nuovo organismo statale 80 protagonista nel mondo contemporaneo. Aprì l'età delle rivoluzioni liberali e democratiche (da cui sarebbero usciti gli ordinamenti che reggono le democrazie moderne). La rivoluzione americana non si sviluppò solo in base a parametri di matrice europea e illuminista: ma si sviluppò in un contesto sociale, geografico e culturale ben diverso, sulla base di valori ricondotti a quelli europei del 700. Per capire le origini e le dinamiche bisogna ricostruire la storia delle 13 colonie e il loro rapporto con la madrepatria. 18.2 LE TREDICI COLONIE. A metà 700, la GB controllava la fascia costiera atlantica limitata a nord dei Grandi Laghi, a sud dalla Florida spagnola, a ovest dalla catena degli appalachi. In questo territorio vivevano 1,5 milioni di coloni in numero crescente, tendenti ad allargare le aree di insediamento (lottando con le tribù indiane nomadi, cacciatori e allevatori). La colonizzazione inglese del nord america era stata lenta (inizio '600 metà '700), ed era stato il risultato di una somma di azioni: l'iniziativa delle compagnie commerciali, la consistente emigrazione dalla GB di minoranze politiche e religiose da altri paesi europei. Sia le iniziative economiche che le migrazioni furono incoraggiati per controstare la presenza sul contintente di Francia e Spagna. La Virginia fu la prima colonia fondata nel 1607 (da Virginia Company, compagnia commerciale) passata nel 1624 ad amministrazione regia (da una nutrita immigrazione di realisti che sfuggivano al regime di Cromwell). Tra 1620 e 1640 gruppi puritani perseguitati dalla corona e dalla Chiesa anglicana diedero vita a insediamenti a nord, nel Massachusetts: il primo fu quello di New Plymouth (fondato dai padri pellegrini dalla Mayflower nel 1620) fino al 1691 fu uno Stato indipendente (sogno dei padri: nuova società e Chiesa sui precetti delle sacre scritture). Nel 1630-40, dissidenti puritani si separarono dando vida a Rhode Island e Connecticut (primo ad avere costituzione scritta democratica). Il New Hampshire si separò nel 1679 dal Massachusetts, indipendente sotto il controllo regio. Queste 4 colonie (che occupavano la regione detta Nuova Inghilterra) mantennero l'impronta puritana nell'organizzazione sociale e ordinamenti politici. Diversa fu l'origine delle colonie a sud della Virginia; La prima a sud fu il Maryland (concessa, 1632, da Carlo I a Lord Baltimore; divenuto poi meta di consistente emigrazione cattolica). Da una concessione fatta da Carlo II a otto proprietari nacquero la Carolina del Nord e del Sud (dove affluirono ugonotti francesi e coloni poveri dalla Virginia). Carlo II concesse al fratello duca di York (futuro Giacomo II) i territori alla foce dell'Hudson dove gli olandesi avevano fondato New Amsterdam, e nel 1664 essa fu occupata dalle truppe del duca e diventò New York. Alcuni territori sud dell'Hudson furono concessi a dei proprietari e si formò il New Jersey. Nel 1681 il mercante quacchero William Penn ricevette una regione boscosa tra NY e Virginia: Pennsylvania, con capitale Filadelfia (Penn attirò nella colonia pietisti tedeschi, scozzesi, irlandesi, svedesi). Penn acquistò le regioni a sud di NY: nel 1703 si formò il Delaware. Dopo il 1730, la regione tra Carolina del Sud e Florida fu acquisita: e prese il nome di Georgia (destinata a rifugio per poveri, riabilitazione per criminali). Con tempi e circostanze diverse, con popolazioni dismogenee (per religione, etnia), le colonie del Nord America differivano in economia e organizzazione sociale -> si possono identifiare 3 zone distinte. - Le quattro colonie della Nuova Inghilterra : agricoltura basata sulla coltivazione dei cereali (piccole e medie aziende familiari raccolte attorno a villaggi rurali che riproducevano il modello puritano) volta all'autoconsumo e integrata all'economia dei centri urbani (dove fioriva la pesca, i commerci, e l'industria cantieristica forniva il 50% del tonnellaggio alla flotta britannica). 81 - Nelle cinque colonie del Sud (Virginia, Maryland, Carolina nord e sud, Georgia): centri urbani assenti, economia incentrata sulle piantagioni di tabacco e in parte di riso (prodotti destinati alle esportazioni). L'economia delle piantagioni si fondava sulle grandi proprietà e il lavoro degli schiavi africani (500.000 neri schiavi). - Le quattro colonie del Centro (NY; New Jersey, Pennsylvania, Delaware): cerniera tra nord e sud, con varietà etnica. L'economia era simile a quella del nord (nuova inghilterra) ma con colture differenziate, con commercio più sviluppato. La proprietà terriera si basava su latifondi e la terra era coltivata da piccoli affittuari, con maggiori squilibri sociali. Nel complesso l'economia delle colonie era integrata con quella della madrepatria: con gli Atti di navigazione e in base al mercantilismo si riservava il monopolio sui commerci. Solo le navi inglesi potevano accedere ai loro porti; le merci dirette alle colonie dovevano passare per la GB. Quasi tutti i prodotti coloniali erano diretti al mercato britannico; mentre l'industria locale era ostacolata per evitare che entrasse in concorrenza con quella della madrepatria. Accanto alla dipendenza economica (attenuata dal Commercio clandestino soprattutto con i caraibi) vi era autonomia politica. Da inizio 700 le colonie furono controllate da un governatore a nomina regia affiancato da Consigli di nomina regia composti da un ristretto numero di notabili. A loro si aggiungevano le assemblee legislative elette dai cittadini con criteri più ampi rispetto alla madrepatria. Esse (le assemblee) ottennero sempre più potere nel gestire gli affari delle colonie (realizzando esperienze di un governo rappresentativo). Ampie forme di autogoverno si realizzavano nelle comunità locali con grandi autonomie, in parte per le condizioni geografiche (difficoltà di comuncazione: problematico l'esercizio del potere centrale) e per i valori politico-religiosi dei coloni (molti erano emigrati per sfuggire a persecuzioni o vivere secondo nuovi modelli di convivenza civile e religiosa). Il pluralismo, la tolleranza, la difesa delle autonomia locali erano valori condivisi (ma applicati nel mondo bianco e cristiano), radicati nella mentalità. I coloni si consideravano un popolo protagonista di un sacro esperimento destinato a realizzare in terra i veri principi cristiani (-> su questa base ideale si sarebbe fondata la lotta delle colonie per l'indipendenza). 18.3 IL CONTRASTO CON LA MADREPATRIA. Fino al 1760 il problema dell'indipendenza nel nord america non si pose. I coloni si sentivano sudditi della GB; le minoranze religiose intrattenevano stretti rapporti con le comunità d'origine. Troppo forti erano i vincoli con la madrepatria e troppo deboli i legami reciproci tra le 13 colonie perchè si crei un'identità americana in modo spontaneo. I contrasti col governo britannico erano resi meno drammatici dalle larghe autonomie di cui godevano le colonie e dalla facilità con cui potevano eludere i controlli sui commerci. Il sostegno militare della madrepatria era ritenuto indispensabile per proteggersi contro le potenze cattoliche e gli indiani. La guerra dei Sette anni vide i coloni, impegnati contro gli indiani alleati coi francesi, in apparente unione con la madrepatria. Ma fu essa a porre le premesse per il contrasto. Dopo la pace di Parigi del 1763 la GB era padrona di un vasto impero nordamericano. Per consolidarlo la GB dovette aumentare la sua presenza militare sul continente (ma finanze già esauste per la guerra). Ciò portò a aumentare una parte crescente delle spese sulle spalle delle colonie. Giorgio III nel 1763 emanò un proclama: vietò ai coloni di spargersi al di là oltre gli Appalachi e affidava ai rappresentanti del governo britannico la questione del rapporto con gli indiani. Nel 64 lo Sugar Act (legge sul commercio dello zucchero): poneva un dazio sulle importazioni dai Caraibi francesi (zucchero serviva come materie prima per la distillazione del ruhm prodotto nella Nuova Inghilterra) inasprendo i controlli. Con lo 82 poteri, la Costituzione creò nuovi organi federali in grado di esercitare la propria autorità su tutti i cittadini della Confederazione (che si trasformò così in Unione). Le Camere (elette secondo precise modalità diverse per ogni Stato) avevano il potere legislativo: - La camera dei rappresentanti (competenza in materia finanziaria) era eletta proporzionalmente al numero degli abitanti. - Il Senato (competenza in politca estera) era composto da due rappresentanti per Stato. Tutto ciò costituiva un compromesso tra gli Stati più popolosi e le preoccupazioni di quelli minori. La Corte Suprema federale esercitava il potere giudiziario (composta da giudici vitalizi nominati dal presidente con l'assenso del Senato). Si creò un forte potere esecutivo accentrato nel presidente della repubblica (eletto ogni 4 anni con voto indiretto: cioè da "grandi elettori" designati dagli Stati). Indipendente dal legislativo, aveva poteri amplissimi: comando delle forze armate, nominava i giudici della Corte Suprema e i titolari di importanti uffici federali, bloccava col veto le leggi approvate dal Congresso (termine con cui si designavano entrambi i rami del legislativo). Ma il Congresso poteva metterlo in stato d'accusa e destituirlo se avesse violato la legge la Convenzione operò in segreto e terminò i lavori nel 1787. Ma il testo costituzionale, redatto a nome dell'intero popolo delle ex colonie, che vincolava tutti ad osservare gli articoli, doveva essere approvato dalle assemblee dei singoli Stati, per diventare operativo: il dibattito costituzionale si sviluppò. In appoggio alla ratifica si schierarono in molti: Washington, Franklin, Hamilton, Madison, Jay  questi ultimi tre (in difesa della Costituzione) esposero le loro tesi in articoli (raccolti ne Il federalista). Favorevoli alla soluzione federalista vi erano i commercianti, gli industriali, i grandi proprietari (in genere i ceti più conservatori: che speravano in un esecutivo forte: per una migliore garanzia contro il disordine sociale e radicalismo). Gli antifederalisti spopolavano tra i ceti medio-bassi (che vedevano nel governo centrale uno strumento in mano alle oligarchie finanziarie e affariste; e temevano di non essere sufficientemente rappresentati da istituzioni lontane). Istanze di questo genere si fecero sentire nelle assemblee statali gelose della propria autonomia e tradizione di autogoverno. Le tesi federaliste prevalsero: tra 87 e 88 la Costituzione fu approvata da 11 Stati su 13, poi fu ratificata dal Congresso continentale nel 88. nel 89 si tennero le prime elezioni legislative: George Washington fu eletto presidente. Gli antifederalisti videro approvati dieci emendamenti aggiuntivi alla Costituzione tra l'89 e 91: emendamenti che avevano lo scopo di ribadire e tutelare i diritti individuali dei cittadini e le prerogative dei singoli stati contro qualsiasi invadenza federale. 18.6 CONSOLIDAMENTO E SVILUPPO DELL'UNIONE. Con la ratifica della Costituzione e l'elezione di Washington alla presidenza, gli USA iniziarono a consolidare le istituzioni: il governo federale (prima sede a Filadelfia, poi si trasferì a Washington) fu organizzato in dipartimenti (ministeri). Il Dipartimento del Tesoro fu affidato a Hamilton (leader federalista) che risanò le finanze (grazie all'addozione di nuove imposte federali) e riorganizzò il sistema creditizio attorno alla Banca degli Stati Uniti (banca nazionale). La politica di Hamilton favorì i ceti commercianti e finanziari del Centro-Nord: suscitò però proteste fra gli agricoltori del sud e i coloni dell'Ovest. Gli avversari di Hamilton si riunirono attorno a Thomas Jefferson (democratico, titolare del ministero degli Esteri). Si formarono due partiti: - il repubblicano-democratico con Jefferson e Madison (artefice della Costituzione), - e il federalista con Hamilton. Allo stesso tempo iniziò l'espansione territoriale (in un secolo: USA conquistano l'intero territorio tra gli oceani). Il Congresso continentale nel 1787 fissò i criteri e norme per 85 l'espansione: con l'Ordinanza del Nord-Ovest le regioni da colonizzare diventarono territori sotto la tutela del Congresso (vi avrebbe inviato giudici e governatori), nello stesso tempo vennero però incoraggiate a darsi organi di autogoverno (fino a che, una volta raggiunti i 60.000 abitanti: potessero trasformarsi in Stati dell'Unione). Così nacquero: Vernomt, Kentucky e Tennessee.  si formò un modello aperto, capace di conciliare le spinte espansionistiche, la tutela delle autonomie e la crescita della democrazia. 19 LA RIVOLUZIONE FRANCESE. 19.1 CRISI E MOBILITAZIONE POLITICA. La rivoluzione trasformò il sistema di potere, i contenuti e i metodi della politica in tutta europa: fu una trasformazione radicale che comportò sangue, violenza, propaganda di nuovi miti, passione civile e immigrazione politica. La rivoluzione affondava le radici nella crisi francese del 18 secolo; dalla morte di Luigi 15, 1715, l'assolutismo si era indebolito: costanti erano i conflitti tra sovrano e Parlamento senza che nessuno riuscisse a prevalere. La politica era in stallo nonostante il vivace dibattito culturale e la partecipazione delle élites. Soprattutto, sembrava impossibile riuscire a risolvere la crisi finanziaria: lo Stato era così indebitato che il re e i ministri propendevano per la tassazione dei ceti privilegiati. Nell'ordinamento tradizionale del regno, il clero e i nobili erano esenti dalle contribuzioni ordinarie (perchè preghiera e servizio militare già contribuivano al benessere del corpo politico). Ma i due (clero e nobiltà) si opponevano raccomandando un'improbabile riduzione della spesa pubblica (questi erano già esenti dalla taglia: legge fondamentale che li distingueva da qualsiasi altro ceto). In assenza degli Stati Generali (non convocati dal 1614) il Parlamento di Parigi (composto da magistrati nobili) si era arrogato il ruolo di rappresentare la nazione e contrapponeva al re e alle sue pretese;  il re Luigi 16 non riusciva a trovare il consenso a una riforma fiscale nè la forza per imporla. L'opposizione alla corona e alla corte era stata nutrita dall'elaborazione culturale e politica (crescita culturale, sviluppo dell'editoria, circolazione di letteratura clandestina): si era formata una opinione politica anticonformista distaccata dalla morale tradizionale. Nell'estate 1787 si iniziava a ponderare l'idea di affidare la questione fiscale agli Stati generali (unico organo costitituzionalmente legittimato a farlo). Si mobilitò la società e i corpi sociali: il re fu costretto a convocare gli Stati generali per il maggio 1789 (l'obiettivo di restaurare l'antica rappresentanza dei ceti registrò una provvisoria coincidenza di interessi fra nobiltà e terzo stato). La nobiltà era stata protagonista di un notevole dinamismo politico (non solo nobiltà di toga dei parlamentari ma anche quella di spada); alla morte di Luigi 14 ai nobili venne affidato nuovamente un ruolo di governo e il diritto di partecipare all'amministrazione pubblica. I nobili inoltre, si erano arricchiti economicamente (grande sviluppo dell'agricoltura) ma anche colturalmente: l'Enciclopedia, i salotti quotidiani (nei quali si formava l'opinione pubblica) anche se c'era comunque la presenza di una forte corrente antinobiliare. Il Terzo stato raccoglieva tutti i francesi che non erano nobili o appartenenti al clero quindi borghesi delle manifatture, della finanza, banchieri, gli avvocati, artigiani, lavoratori urbani, proprietari terrieri medi e piccoli, contadini, braccianti): il terzo stato rappresentava circa l'98% della popolazione. Le élites del terzo stato cominciarono a rivendicare la riforma degli antici criteri di rappresentanza e delle procedure di voto all'assemblea degli Stati: era previsto che si votasse per ordine e non per testa (unico voto collegiale per ordine che escludeva la libera espressione della volontà individuale del singolo deputato: in questo modo un'alleanza fra ceti avrebbe potuto farli prevalere nel terzo stato). Il re concesse a dicembre il raddoppio dei membri del terzo Stato, ma lasciò irrisolto il problema della votazione. Portatore delle richieste di raddoppio e di una diversa 86 procedura di voto fu il partito nazionaleraggruppamento eterogeneo del terzo Stato, nel quale confluirono anche nobili e clero illuminati, il partito mirava all'eguaglianza politica, ad un governo rappresentativo e al benessere del popolo. L'ambizione del terzo stato fu espressa più efficaciemente da Sièyes; abate che scrisse nel 1789: "che cos'è il terzo Stato? Tutto. Che cosa ha rappresentato nell'ordinamento pubblico? Nulla. Che cosa chiede? Di diventare qualcosa." Secondo Sieyès, la nazione si identifica con il terzo stato che è produttivo, mentre la nobiltà è estranea alla nazione perchè fannullona. I cahiers de doléances (quaderni di lagnanze) raccolsero le rimostranze e proposte espresse a livello locale, dopo la consultazione promossa dal sovrano per la riunione degli Stati generali; furono il simbolo della mobilitazione politica e l'espressione del malessere francese. Un esame die cahiers consente di capire come, mentre la monarchia voleva realizzare un'amministrazione più efficiente, i tre ordini si opponevano all'assolutismo e volevano definire le imposte. Il clero e i nobili volevano mantenere la società di ordini; il terzo Stato sosteneva l'eguaglianza giuridica, l'abolizione dei privilegi e della venalità degli uffici insieme all'addozione del criterio del merito e del talento come forma di promozione sociale. 19.2 IL ROVESCIAMENTO DELL'ANCIEN REGIME. La rivoluzione fu causata dalla debolezza della monarchia e decisiva fu la mobilitazione politica del terzo Stato tra 1788 e 1789 nello stesso periodo cominciarono ad essere evidenti gli effetti della crisi economica (il pessimo raccolto agricolo del 1788 aveva determinato un'impennata dei prezzi del frumento: l'incremento del prezzo del pane che ve ne derivò ridusse la capacità di acquisto delle classi popolari e determinò una crisi produttiva e una diminuzione del numero di occupati). Nel 1789 le tensioni sfociarono in tumuli. A marzo si tennero le elezioni dei deputati agli Stati generali: i rappresentanti del clero e nobiltà furono eletti direttamente, ma per quelli del terzo stato gli elettori (di 25 anni e contribuenti) dovevano designare i loro delegati che confluivano in un'assemblea che avrebbe eletto i deputati. Alla fine, i deputati del terzo stato furono tutti borghesi (commercianti, uomini di legge, finanzieri, proprietari terrieri, uomini di scienza; anche due transfughi degli altri ordini: abate Sieyès e conte Mirabeau). Molti del clero aderirono ai programmi del terzo Stato; i più intransigenti erano nobili. Nella prima seduta degli Stati a Versailles la maggioranza era favorevole a un rinnovamento politico e amministrativo ma non riusciva a far valere il proprio peso (finchè non venisse riconosciuto il voto per testa). Il Terzo stato (e basso clero) il 17 giugno si proclamò Assemblea nazionale. Il 20, i deputati, riuniti nella Sala della Pallacorda (la loro sede fu trovata chiusa per ordine del re) giurarono di non sciogliersi prima di aver stilato una Costituzione. Il clero si aggiunse e dopo poco il re cedette ordinando il 27 giugno ai nobili e alla minoranza del clero di unirsi al terzo statoL'antico sistema rappresentativo della società per ceti, gli Stati generali, cessava di esistere e di lì a poco nasceva l'Assemblea nazionale costituente. Parigi era in subbuglio: il licenziamento di Necker, direttore generale delle Finanze (elemento moderato nel governo) fu preso come un tentativo (confermato da movimenti militari) di annullare con le armi i successi del Terzo stato. Si cominciò a formare una milizia borghese per contrapporsi alla repressione regia e tenere sotto controllo le iniziative popolari. Il 14 luglio, alla ricerca di armi, un corteo popolare arrivò alla Bastiglia (prigione- fortezza); si fece fuoco e un centinaio di uomini morirono ma la folla minacciò l'assalto e le guardie si arresero. Tre soldati e tre ufficiali furono massacrati, più avanti vennero uccisi il governatore della Bastiglia e il capo dei mercanti (che si erano opposto all'armamento del popolo): le teste infilzate su una picca girarono per la città. Prima di 87 socialisti/comunisti: rivoluzione del proletariato). La rivoluzione francese fu considerata borghese perché con essa si creò la base dell'avvento della borghesia (oltre che democrazia e capitalismo). In realtà gli ultimi studi storici hanno smentito la rivoluzione come realizzazione del passaggio feudalesimo-capitalismo: è una lotta di classe (la borghesia che prese potere non era imprenditoriale legata al profitto. Lo sviluppo verso il capitalismo fu ostacolato dall'egemonia dei notabili e dallo sviluppo dei proprietari terrieri con i beni nazionali). La rivoluzione francese fu rivoluzione politica della borghesia intesa più come ceto che classe sociale. 19.4 LA SVOLTA DEL 1792 Lo scisma religioso e la fuga del re minarono il consenso e l'identità del popolo francese. La nazione era priva del suo tradizionale punto di riferimento: il re. In questo contesto ipotesi di regimi politici alternativi (democratico, repubblicano) si svilupparono; ma presto la distanza tra moderati e radicali diventò insanabile. Il 30 settembre 1790 si sciolse l'assemblea nazionale costituente; il 1 ottobre si riunì il nuovo Parlamento: Assemblea legislativa (composta da 250 deputati moderati: chiamati foglianti; 350 costituzionali; 136 giacobini). Nessuno prevaleva; la corte e gli emigrati continuavano a organizzare la controrivoluzione all'estero (appoggiati da Austria e Prussia). Il 20 aprile 1792 fu dichiarata guerra all'Austria (certi che una vittoria avrebbe portato a diffondere gli ideali rivoluzionari in tutta europa). Alla minaccia del duca di Brunswick (comandante delle truppe nemiche) di vendetta in caso di oltraggio al re, il popolo, i sanculotti (chiamati così perchè non portavano i calzoni al ginocchio dei borghesi e degli aristocratici) e i federati si unirono a difendere la "patria in pericolo". (prevalevano su tutti i marsigliesi animati dalla marcia militare che diventerà in seguito l'inno nazionale die francesi, la Marsigliese). Il 3 agosto 1792: 47 sezioni parigine su 48 chiesero la deposizione del re. Dopo la raccolta alle armi, il 10 agosto il popolo (sanculotti e patrioti federati) giunsero davanti al palazzo reale (delle Tuileries); un primo assalto fu respinto da una nutrita fuciliera, ma il secondo assalto portò il re a ordinare di cessare il fuoco. L'Assemblea legislativa (dove il re si era rifugiato) decretò la sospensione del sovrano dalle proprie funzioni e decise nuove elezioni a suffragio universale. 19.5 LA REPUBBLICA E LA GUERRA RIVOLUZIONARIA: 1792-1793. La Convenzione nazionale (nome della nuova assemblea) fu eletta a settembre 1792 ma fino al 1795 l'esecutivo fu esercitato da organismi straordinari tra cui il Comune insurrezionale di Parigi che tenne prigioniero Luigi 16 e organizzò un'armata di volontari mentre i Prussiani si avvicinano a Parigi. In questa situazione, si diffuse la voce di un complotto controrivoluzionario iniziato nelle carceri. Dal 2 al 6 settembre 1792 i sanculotti attaccarono le prigioni; i massacri di settembre (non arginati dalle istituzioni) dimostrarono il potenziale e le dimensioni del radicalismo dei sanculotti con i quali, da allora, i borghesi rivoluzionari si dovettero misurare. I prussiani furono battuti a Valmy nel 1792 vittoria più simbolica che militare. Per la prima volta, un popolo in armi sconfiggeva un esercito organizzato di una potenza e dimostrava che anche in battaglia la rivoluzione poteva rovesciare l'ancien régime. Da allora guerra e rivoluzine si identificarono nel nome della nazione e del sentimento nazionale. Difesa della patria coincideva con la difesa della rivoluzione e delle sue conquiste. Il giorno dopo a Valmy la Convenzione abolì la monarchia dando vita alla repubblica. La Convenzione era stata eletta dalla sola Francia rivoluzionaria. Molti cittadini passivi non avevano votato; l'Assemblea fu egemonizzata all'inizio dai girondini (giacobini seguaci di Brissot), ai quali si contrapponevano i montagnardi fra cui Robespierre, Marat che sedevano in alto a sinistra rispetto al presidente dell'assemblea nascono i termini destra e sinistra. Al centro i moderati erano la Pianura chiamata "palude". 90 La lotta girondini-montagnardi proseguì fino al 93, il contrasto non era originato dalla diversa appartenenza sociale (i due erano formati da esponenti della media borghesia, ed erano guidati da giornalisti e avvocati) ma per natura politica e ideologica. Durante il processo al re Luigi 16 (10 dic 92- 20 genn 20) i girondini furono meno intransigenti (volevano appellarsi al popolo per confermare la condanna). Ma luigi 16 fu condannato a morte (l'appello venne respinto, la colpevolezza fu decretata all'unanimità); il 21 gennaio 1793 il re fu decapitato (di fronte alle Tuileries, accanto alla statua di Luigi 15). l'esecuzione accentuò le ostilità delle potenze europee. La Francia aveva sconfitto l'Austria a Jemappes ('92); in seguito conquistò il Belgio; la Convenzione approvò una politica volta alla "fratellanza e aiuto di tutti i popoli che vorranno rivendicare la libertà" la guerra diventava sempre più una guerra rivoluzionaria e di propaganda. Gli interessi inglesi e olandesi (interessi anche commerciali) erano minacciati: il 1 febbraio 1793 la Convenzione dichiarà guerra a loro e poi alla Spagna; contemporaneamente rompeva con gli Stati italiani (guerra a tutti i paesi europei tranne Russia e Svizzera). Le conquiste delle armate repubblicane diventarono annessioni (Savoia; Nizza; Belgio, Renania). Ma i nemici si ripresero nella primavera del '93: il generale vincitore di Valmy e Jemappes fu sconfitto a Neerwinden (passò al nemico: colpo alla credibilità dei girondini ai quali il generale era legato). A marzo 1793 la rivolta contadina nella Vandea nacque dal rifiuto della coscrizione, alimentata dall'opposizione di una parte del mondo rurale alla rivoluzione vissuta come predominio della borghesia urbana. La rivolta, appoggiata da nobili e preti, sconfisse le spedizioni volte a reprimerla. Il malessere economico e l'agitazione del popolo contro il carovita e la svalutazione dell'assegnato misero in difficoltà la Convenzione. Alcune sezioni popolari erano infiammate da sostenitori dell'uguaglianza sociale: gli "arrabbiati". La situazione di emergenza spinse la Pianura a trovare un accordo con i montagnardi: la nuova maggioranza creò un tribunale rivoluzionario contro i sospetti e comitati di vigilanza rivoluzionaria (affidati alle sezioni); emigrati furono banditi, i loro beni confiscati; fu stabilito un maximum dipartimentale (calmiere, che fissasse un prezzo massimo) per cereali e farina. L'esecutivo fu rafforzato dai rappresentanti in missione con ampi poteri presso dipartimenti e armate. Fu istituito il Comitato di salute pubblica (organo di governo: 9 membri rinnovabili ogni mese, scelti dalla Convenzione). Tutto ciò parve come l'inizio di una dittatura: i girondini volevano ridurre lo strapotere di Parigi e cercarono di decapitare il movimento popolare mettendone sotto accusa i leader più radicali (marat, Hébert) e si accordarono con i moderati. Realisti e moderati conquistarono Lione e Marsiglia; le sezioni a Parigi preparavano una "giornata" contro i girondini. Il 2 giugno, sotto la minaccia dalla Guardia nazionale (dal 10 agosto '92 composizione prevalentemente popolare) la Convenzione si piegò: decretò l'arresto di 29 deputati e 2 ministri girondini. 19.6 LA DITTATURA GIACOBINA E IL TERRORE: 1793-94. Il successo dei sanculotti aprì la strada all'egemonia giacobina con leader Robespierre (mediatore di una provvisoria convergenza tra movimento popolare e borghesia rivoluzionaria). Il culto della virtù, la sua intransigenza, lo avvicinavano ai sanculotti (universo mentale dei sanculotti dominati da miti dell'eguaglianza, e da una serie di contrapposizioni elementari: bene-male, poveri-ricchi, rivoluzionari-non). I girondini, estranei a ciò, ruppero con il movimento popolare e i sanculorri, allineandosi nella maggior forza di aggregazione e mobilitazione  ma furono sconfitti da ciò che avevano contribuito a suscitare. Ad inizio estate 93, il governo si basava sull'alleanza di due minoranze: militanti rivoluzionari e politici giacobini (l'ideologia di quest'ultimi discendeva da teorie democratiche degli illuministi; dal punto di vista economico volevano una società caratterizzata da piccoli produttori, contadini e artigiani, proprietari dei mezzi di produzione, nella prassi politica si vedevano interpreti del popolo, della volontà 91 generale inaugurando un modello di democrazia totalitaria-> che si svilupperà nei due secoli successivi: la Comune di parigi e la rivoluzione bolscevica). L'egemonia giacobina si basò sul governo rivoluzionario e il Terrore (eliminazione fisica degli avversari o sospetti). La Costituzione democratica del 93 (preceduta da una nuova Dichiarazione dei diritti) non entrò mai in vigore (prevedeva suffragio universale, diritto al lavoro e all'assistenza, diritto-dovere di insurrezione in caso di violazione dei diritti del popolo); furono sospese le più elementari garanzie dei cittadiniinstaurata una dittatura in nome del popolo e della libertà. I provvedimenti decisi tra marzo e aprile 93 erano volti ad assicurare stabilità al potere e sconfiggere eserciti nemici e insurrezioni controrivoluzionarie: il Comitato di salute pubblica fu rinnovato e allargato, guidato da Robespierre per un anno. Il 4 dicembre fu deciso un accentramento e organizzato l'esecutivo. I giacobini iniziarono il loro governo mentre dilagava in Francia l'insurrezione federalistada Marsiglia e lione fino al Mezzogiorno e Sud-Ovest, con Bretagna e Normandia. Ma in sei mesi le truppe della Convenzione reprimettero l'insurrezione. L'esercito fu riorganizzato e rafforzato (nel '93: decretata la leva in massa). Il radicalismo rivoluzionario celebrò i trionfi con misure a favore degli strati sociali più poveri e trasformazioni delle tradizioni civili e religiose. Dopo una nuova sollevazione sanculotta fu imposto il maximum nazionale dei cereali e poi quello generale dei prezzi e dei salari: il controllo rigido dell'economia rispondeva all'esigenza di evitare sommosse urbane e provvedere alle forniture per l'esercito sempre più numeroso. Il Terrore fu messo all'ordine del giorno sotto la pressione sanculotta: iniziò la politica repressiva. Le prigioni si riempirono, i tribunali e ghigliottine non avevano tregua. Furono decapitati Maria Antonietta e i capi girondini. L'arresto degli "arrabbiati" Varlet e Roux e la poibizione delle assemblee permanenti delle sezioni presagirono un attacco al movimento popolare. Sul piano politico, i sanculotti erano uniti sotto Hébert e i seguaci, promotori della scristianizzazione (la rivoluzione aveva favorito le feste laiche volte all'educazione e al coinvolgimento del popolo). Fu introdotto il calendario repubblicano (fino al 1805): sengò l'inizio di una nuova età e promosse la laicizzazione della società. Ma la scristianizzazione ebbe aspetti anche più radicali: furono distrutti i simboli religiosi (statue, campane); si diffuse il culto dei martiti rivoluzionari (Marat assassinato da realista Charlotte Corday)Robespierre non la approvò (scorgeva i rischi dell'attenuazione e del controllo morale e sociale: per questo impose il culto dell'Essere supremo nel 94). La scristianizzazione era legata alla mentalità rivoluzionaria, che univa volontà punitiva e osssessione per la controrivoluzione alla necessità di rovesciare il passato (con inversione dei ruoli: trionfo dei poveri sui ricchi, umili sui potenti; distrutti i simboli del passato), un rovesciamento che si presentò come esaltazione dell'eguaglianza e della fratellanza  che si tradusse in nuovi comportamenti come la generalizzazione del "tu"; del titolo di "cittadino" nei rapporti interpersonali, o in alcuni aspetti dell'abbigliamento: l'addozione della coccarda tricolore, berretto frigio; e introduzione del nuovo sistema metrico decimale...). Il Comitato di salute pubblica cominciò ad eliminare i fattori di instabilità e opposizione interna: gli hébertisti, e gli indulgenti (cappeggiati da Dalton). L'elimiazione delle fazioni ridusse la base del consenso all'intensificarsi del regime del Grande Terrore. L'ultima vittoria sul fronte belga a Fleurus tolse ogni giustificazione alla politica del Terrore: in questa situazione nacque una congiura tra moderati e estremisti. Il 9 termidoro (27 luglio) Robespierre e altri furono messi sotto accusa dalla Convenzione e arrestati. L'insurrezione del Comune fallì, e furono dichiarati furoilegge: Robespierre, Saint-Just, Couthon e 19 altri furono giustiziati senza processo (giorno dopo altri 71 robespierristi salirono al patibolo). In meno di un anno furono 17.000 i condannati a morte (+ vittime delle esecuioni di massa: 35.-40.000). 19.7 CONTINUITA' RIVOLUZIONARIA E TENTATIVI DI STABILIZZAZIONE: 1794-97. 92 Fin dal 1796 Bonaparte era intervenuto nell'organizzazione politica del nord Italia. Attento a usare tutti i mezzi di comunicazione per fare propaganda dei suoi successi, si impose all'opinione pubblica e al governo parigino. Nel 96 fu creata la Repubblica cispadana (emilia e Romagna);nel 97 la repubblica ligure, e quella cisalpina (Lombardia). Tutto ciò avvenne sotto il suo diretto controllo; la seconda fase 98-99 vide i francesi intervenire a Roma e proclamare la Repubblica romana (che comprendeva il Lazio, Umbria, Marche); Pio 6 fu deposto, trasferito in Toscana, portato successivamente in Francia, e dichiarato prigioniero (morte nel 99). a fine 98 le potenze europee alleatesi contro la Francia indussero il Regno di Napoli ad attaccare la Repubblica romana; ma i Borboni furono respinti e il generale Championnet proclamò la Repubblica partenopea (gennaio 1799). Passate alla storia come le Repubbliche giacobine (nome posto dai nemici), le Repubbliche Italiane non richiamarono mai il radicalismo rivoluzionario. Le Costituzioni furono modellate su quella francese del 95, alcune imposte dai francesi (cisalpina e romana) e altre preparate da commissioni italiane (napoletana: più democratica, lontana dal francese). La ligure e la cisalpina non rispettarono la separazione chiesa- stato presente nel testo del 95, ma dichiararono il cattolicesimo religione di Stato. Bonaparte e successori in italia, si appoggiarono a nobili e borghesi moderati (ma usarono, se serviva, elementi giacobini radicali contro di essi). I Francesi controllarono la politica: nomina diretta dei membri degli organi legislativi e di governo (ed eventuale loro sostituzione e reintegrazione). Ci furono profonde riforme anche fuori dalla politica: l'introduzione dello stato civile, l'abolizione di maggiorascati e fidecommessi (che impedivano la frammentazione e vendita dei beni feudali), la soppressione degli enti religiosi e l'inizio della vendita di beni nazionali. Molte riforme furono solo formali. Tra 96 e 99 si sviluppò un acceso dibattito politico. Utopisti e riformatori, rivoluzionari e moderati riflettevano sulle forme politiche, problemi economici, possibili destini della penisola. Si formò un personale politico che fu attivo durante l'impero napoleonico. I ceti popolari rimasero ostili al governo francese: nel 97 le truppe francesi a Verona furono aggretide (Pasque veronesi), e Napoleone intervenne contro la Repubblica di Venezia. A Napoli, nel 99, i popolani si opposero all'ingresso die francesi in città. Presto le repubbliche furono ostili e quando tra 98 e 99 il controllo francese vacillò, sollevazioni popolari si verificarono (la cosidetta insorgenza). Nell'italia meridionale, i contadini non videro alcun vantaggio alle loro condizioni per opera del nuovo regime repubblicano: il cardinale Ruffo, emissario dei Borbone, sollevò i contadini e li guidò nell'Armata della Santa Fede (con briganti) contro la Repubblica giacobina. I sanfedisti conquistarono napoli e i Borbone (tornati) effettuarono una durissima repressione. La repubblica partenopea durò solo sei mesi e Vincenzo Cuoco rivolse pesanti accuse alla passività della rivoluzione napoletana e all'astrattismo dei patrioti (difficile coinvolgere i borghesi). 19.11 LA SPEDIZIONE IN EGITTO E IL COLPO DI STATO: 1798-99 nella primavera 98, Bonaparte concesse l'organizzazione di una spedizione militare contro l'Egitto (-> colpiti interessi commerciali inglesi in Oriente). Il Direttorio accettò: Bonaparte stava diventando, dopo i successi in Italia, troppo potente. A maggio, oltre 300 navi salparono da Tolone. Dopo la conquista di Malta (cacciati i cavalieri di S Giovanni che la tenevano dal 1530) i francesi arrivarono ad Alessandria il 1 luglio. L'egitto era provincia dell'impero ottomano, autonoma e dominata dalla setta militare dei mamelucchi; con una durissima battaglia i francesi giunsero presso il Cairo, e lì nella battaglia delle Piramidi li sconfissero (12 luglio). La vittoria diffuse la moda egiziana e la fama di Napoleone in Europa; ma il 1 agosto l'ammiraglio inglese Nelson sorprendeva e distruggeva la flotta francese ad Abukir, isolandoli. 95 Il risultato concreto della spedizione fu l'alleanza generale antifrancese, con Inghilterra, Russia e Impero turco. In Italia e Germania i francesi ripiegavano sotto l'attacco austro-russo. A Parigi iniziò un'altra crisi politica (a causa delle difficoltà militari): i giacobini ripresero slancio. I parlamentari a giugno attaccarono il direttorio (nel quale era stato da poco nominato Sièyes) e imposero due nuovi direttori; nonostante i successi militari in ottobre 99 (Zurigo: fermata avanzata russa) le tensioni facevano presagire un colpo di Stato. Sièyes voleva infatti rivedere la costituzione per rafforzare l'esecutivo. A metà ottobre Bonaparte tornò a Parigi dopo la vittoria ad Abukir sui turchi e le sconfitte in Europa. Pur tornando sconfitto, fu accolto in un trionfo. Bonaparte diventò indispensabile al colpo di Stato: il 9 novembre 99 con il pretesto di un complotto i deputati furono trasferiti a Saint-Cloud sotto protezione militare. Il 19 Napoleone impose con le armi una riforma costituzionale; i deputati consenzienti votarono la creazione di una commissione esecutiva con pieni poteri formata dai tre consoli della Repubblica francese: Sièyesm, Ducos e Bonaparte. 19.12 MODELLO POLITICO E TRADIZIONE RIVOLUZIONARIA. Il colpo di Stato interruppe la dinamica rivoluzionaria; la stabilizzazione delle conquiste della rivoluzione fu poi realizzata dal 1800 al 1804 (anni del consolato di Napoleone). La rivoluzione francese fu un fenomeno politico: distrusse un'organizzazione del potere (monarchia assoluta) e le basi giuridiche della società per ceti; ai privilegi sostituì l'eguaglianza dei diritti, mise in atto nuovi rapporti tra società civile e Stato (fondati su estensione della partecipazione politica). Pose due problemi: con quali forme e forze garantire una rappresentazione della società civile e mantenere un consenso? L'incompiuto equilibrio tra rappresentanza e consenso fu uno dei motivi principali delle continue crisi dopo il 89. l'allargamento della partecipazione, il trasferimento della sovranità al popolo, la sua identificazione con la nazione mutarono i modi e contenuti della politica: la rivoluzione aprì l'età contemporanea. Il modello contemporaneo è infatti fondato sui partiti e sulla politicizzazione delle masse. La rivoluzione fuse aspirazioni ideali e realizzazioni pratiche realtà e mito fonte di aggregazione emotiva e politica. Su queste basi si costruì una tradizione fondata su libertà, eguaglianza civile e sociale, nata dai valori illuministi e antichi elementi popolari. Tutte le tendenze politiche dell'800 si caratterizzeranno in base al rifiuto o adesione alla rivoluzione francese (da essa si legittima ogni movimento rivoluzionario). 20 NAPOLEONE E L'EUROPA 20.1 IL CONSOLATO: STABILITA' INTERNA E PACIFICAZIONE INTERNAZIONALE. La conquista del potere di Bonaparte poggiava sul ruolo dell'esercito nella vicenda rivoluzionaria. Il popolo si era identificato con la nazione in armi e ciò era divenuto elemento portante della mobilitazione politica. Il controllo dell'esercito divenne fonte del potere e garanzia di stabilizzazione delle conquiste; Napoleone si legò sempre ai successi militari (ma il dominio francese susciterà l'emergere delle forze nazionali che ne provocheranno il crollo). La sua ascesa al potere fu sancita dalla nuova Costituzione dell'anno 8: sottoposta a plebiscito, entrò in vigore nel 99. il potere esecutivo fu interalmente attribuito al Primo Console (Napoleone); gli altri due membri del consolato avevano ruolo consultivo. Il Primo console deteneva anche l'iniziativa legislativa (proporre leggi) con il Consiglio di Stato (a sua nomina). I residui poteri legislativi erano affidati al Tribunato (100 membri: discutere le leggi senza votarle), il Corpo legislativo (300 membri: votava senza discutere e il Senato (60 membri a vita: controllava la costituzionalità). Si instaurò un governo dittatoriale attorno a Bonaparte, nuovo despota illuminato restauratore di ordine e libertà. Gli idéologues, intellettuali eredi degli illuministi, 96 contribuirono a questa immagine; ma Napoleone mirò a un ampio consenso tramite il ricorso al plebiscito, fondante nel suo regime: il plebiscito era inteso come delega diretta da parte del popolo. Furono recuperate figure dell'antico regime, tramite la riforma amministrativa. I prefetti (rappresentanti del governo in ogni dipartimento) erano strumento della centralizzazione burocratica e amministrativa. Loro dipendevano dal Primo console, con compiti politici e amministrativi (+ controllo dell'opposizione). Si prestò attenzione all'istruzione pubblica: potenziata l'Ecole polytechnique come prespecializzazione nei settori dell'artiglieria, costruzioni etc. I licei fornivano una cultura generale e letteraria al ceto dirigente; molti contenuti didattici dell'ancien régime furono ripresi; una parte di alunni erano "interni" con rigida disciplina di tipo militare. Nel 1806 Napoleone introdusse il monopolio statale all'istruzione universitaria. Lo Stato fu investito dei compiti di assistenza sociale e sanitaria e del controllo dei mendicanti, della raccolta di dati statistici, eocnomici e sociali. La riorganizzazione politica e amministrativa procedette senza ostacoli poiché le opposizioni furono spente: la guerriglia degli chouans, quella vandeana furono sconfitte, i giacobini deportati alle Seychelles. Ma il potere si poteva consolidare solo con la pace, e essa si otteneva con la guerra. Napoleone nell'800 varcò le Alpi, conquistò Milano e prevalse sugli austriaci a Marengo; l'Austria firmò la pace di Lunéville nel 1801 (riconosciuta ricostruzione della Repubblica cisalpina e cessione definitiva alla francia della riva sinistra del reno). Il conflitto rimaneva aperto con l'Inghilterra (Russia ritirata dalla coalizione antifrancese a causa di contrasti commerciali con gli inglesi). Le dimissioni del primo ministro William Pitt il Giovane, più strenuo avversario, consentirono le trattative di pace, conclusesi nel marzo 1802 con la pace di Amiens. La Francia restituiva l'Egitto agli ottomani, l'Inghilterra riconosceva le sue conquiste ma doveva consegnare Malta (presa nel 1800) ai cavalieri dell'ordine di s giovanni. L'eliminazione delle opposizioni politiche interne non garantì equilibrio: Napoleone pensava potesse farlo solo la riconciliazione con la Chiesa di Roma. Il Concordato del 1801 vide Pio 7 riconoscere la Repubblica francese e la vendita dei beni nazionali. Tutti i vescovi furono sostituiti (nominati dal Primo console e insediati dal papa), dovevano giurare fedeltà alla repubblica ma era loro concesso il nominare direttamente i parroci (lo Stato si assumeva l'onere della retribuzione del clero). Bonaparte propose un plebiscito sulla trasformazione della sua carica in consolato a vita: la maggioranza diede il consenso. Contemporaneamente la promulgazione di un senatoconsulto modificava la Costituzione (Costituzione dell'anno X): estendeva i poteri del primo console che poteva designare un successore. A marzo 1804 fu promulgato il Codice civile, stilato da 4 giuristi, discusso dal Consiglio di Stato. L'obiettivo era salvaguardare e dare certezza giuridica alle conquiste del 89 (aboliti diritti feudali, le libertà civili e difesa della proprietà). Venne mantenuto il divorzio; abolito il privilegio della primogenitura (eredità a tutti): garantita la circolazione delle proprietà (liberismo economico). Si formò un ceto dirigente di notabili, proprietari terrieri legati a un regime che impersonava la loro ascesa e la riconciliazione con il passato. 20.2 L'IMPERO E LE GUERRE DI NAPOLEONE. La pace di Lunèville non aveva interrotto l'espansione francese in italia  nel 1801 fu incorporato il Piemonte, nel 1802 il Ducato di Parma; ma Francia controllava anche Genova e Toscana. La Repubblica cisalpina era diventata Repubblica italiana nel 1802 con una Costituzione simile a quella dell'anno 8. Alla presidenza Bonaparte; vicepresidente: Melzi d'Eril. I francesi ripresero le Piccole Antille (vitali per la produzione di zucchero e caffè; venne reintrodotta la schiavitù) ma non santo domingo (controllata da ex schiavi neri ribelli). 97
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