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Riassunto su Alfieri e il Saul, Sintesi del corso di Letteratura Italiana

Riassunto sul pensiero di Vittorio Alfieri e di alcuni atti del Saul

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019
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Caricato il 22/07/2019

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Scarica Riassunto su Alfieri e il Saul e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Vittorio Alfieri L’Alfieri è visto come un personaggio abbastanza isolato e statuario. I suoi predecessori possono essere considerati gli intellettuali dell’Accademia dell’Arcadia, ovvero Conti, Gravina, Maffei e Muratori. Alfieri sviluppa per la prima volta l'idea di un teatro nazionale, ed egli viene considerato un punto di arrivo in questo ambito, ovvero in una maggiore organizzazione della materia teatrale. Si assiste in questo periodo al carteggio dei fratelli Verri, dove Alessandro Verri racconta al fratello Pietro “L’Antigone” di Alfieri, messa in scena all’interno del palazzo dell’ambasciatore di Spagna, ed egli afferma che finalmente aveva assistito ad un’opera che rappresentava veramente il teatro tragico nazionale. La tragedia all'epoca, essendo più che altro un genere di nicchia, si preferiva metterla in scena in edifici privati (a differenza delle commedie, che avevano teatri a loro disposizione). Si attribuiscono due lavori autobiografici ad Alfieri: il primo è “Vita”, diviso in cinque momenti, e il secondo è “Giornali”, pagine di diario in francese (il quale veniva spesso usato come lingua di stesura dall'Alfieri). Egli vuole mettere in risalto la sua originalità facendo un tentativo di processo destoricizzante: i suoi personaggi sono visti come una continua ricerca da parte dell’autore dell’uomo universale. Coesiste una certa dialettica tra mito, storia e contemporaneità. L’autobiografia è strutturata come un romanzo vero e proprio. Per esempio, nella terza epoca parla della sua giovinezza, ponendo una particolare attenzione alla sua vocazione per il teatro. Questo può essere considerato il periodo più itinerante dell’Alfieri. È persuaso dal fatto che una rivoluzione sia necessaria, anche se in seguito ne rimarrà deluso. Infatti, una volta tornato in Italia, assume un atteggiamento prettamente reazionario per due motivi: • Per gli ideali, che ormai non corrispondono più alla rivoluzione; • La rivoluzione è imprescindibile dalla violenza. Alfieri però ha avuto sempre un rapporto abbastanza travagliato con quest’ul�ma. Di fa�o la morte è una presenza costante all’interno delle sue tragedie (“Mirra” e “Saul” in par�colar modo). Il critico Raimondi riconosce che Alfieri ha precorso i tempi con uno studio sull'inconscio. Saul, ad esempio, non è in conflitto con sé stesso per cause esterne, ma per cause interne, e per questo avviene una scissione in lui. Inoltre, l'arte ha come radici alcuni “dolori innominabili”, riferendosi al fatto che esista una parte dell'individuo su cui non si ha pieno controllo. Umberto Saba nel 1946 si trova affascinato da Alfieri e fa proprio il giudizio di Leopardi: quest'ultimo sosteneva che molti autori prediligono il barricarsi dietro la letteratura al fine di non avere a che fare direttamente con la politica. Come si è potuto intuire, Alfieri preferirà non intervenire in ambito politico. Prende coscienza del fatto di essere un privilegiato (aveva origini aristocratiche) e di sperperare il suo tempo nella noia, proprio come il giovin signore in Giuseppe Parini. La sua scelta di mettere in scena la morte esprime una funzione catartica, che serve appunto a purificarsi. Alfieri, nella “Mirra” decide di rappresentare una giovane donna borghese che è coinvolta in un amore incestuoso, ovvero Mirra con suo padre Ciniro. Questo amore è rappresentato con una tale delicatezza che non risulta scabroso agli occhi dello spettatore, sebbene abbia tutti i presupposti per esserlo. La prima edizione delle opere alfieriane è in francese. La prima ad essere messa in scena è la “Cleopatra”, affidata alla compagnia Medebach. Al tempo, però, non esistevano ancora compagnie specializzate nelle tragedie, di conseguenza si incontrarono non poche difficoltà nella rappresentazione. Alfieri trova un escamotage per riuscire a mettere in scena ciò che nel ‘700 solitamente era difficile trovare sui palchi. Uno dei primi critici che commenta le sue tragedie è Ranieri di Calzabigi, che dimostrò il suo essere favorevole alle opere. Il testo alfieriano presenta una mancanza di armonie ed è meno lineare (a differenza dello stile di Goldoni, più chiaro e armonico). Nelle tragedie di Alfieri, spesso la punizione data agli antagonisti non è la morte, come si era sempre fatto nell'antichità, bensì il rimorso. Luigi Russo scrive il saggio “Vittorio Alfieri e l’uomo nuovo europeo”, nel quale individua due sentimenti determinanti nei personaggi alfieriani: ira e malinconia, e inoltre questi vennero trattati anche da Vico. Russo ritiene che Vittorio Alfieri sia un autore eternamente contemporaneo. Alfieri stesso ammette di porre delle distanze dalla tirannide, andando chiaramente contro il pensiero del “Despota Illuminato” che predomina il XVIII secolo. SAUL PERSONAGGI (dal Primo Libro dei Re nell’Antico Testamento): • Saul, primo re degli Ebrei; • Gionata e Micol, figli di Saul; • David, un personaggio posi�vo, ma che diviene in maniera involontaria un antagonista dal punto di vista di Saul, ed è lo sposo di Micol; • Abner, cugino di Saul e consigliere malevolo; • Achimelech, sommo sacerdote che verrà fa�o uccidere da Saul. Saul è visto come un “eroe perplesso” da parte dei critici, ma anche come “gigante dai piedi di argilla”. Nonostante tutto ad Alfieri sta molto a cuore, in quanto lo considera come un eroe verosimile nelle sue esagerazioni. L’unità del tempo viene rispettata, di fatto tutto è ambientato nella notte prima della battaglia tra Filistei e Ebrei. ATTO I SCENA PRIMA La scena inizia con un monologo di David, il quale rievoca gli eventi antecedenti alla storia (in epoca classica tale ruolo era affidato al Nunzio). In questo monologo Saul (che appare nel secondo atto) viene evocato come un’ombra, che sembra essere sempre presente. Si stabilisce un confronto tra il passato e questo momento: un tempo infatti riusciva ad andare a dormire con la certezza della vittoria, mentre adesso sente il rimpianto della giovinezza. Abner lo rassicura. La “nobil palma” citata è un simbolo di vittoria. Saul riflette ancora circa la sua giovinezza. Ricorda infatti che quando reggeva con forza lo scettro aveva la certezza del vigore e della vittoria, ma ora riesce a tenerlo a malapena. Purtroppo oltre alla giovinezza, ha perso la protezione divina, anche i sacerdoti vogliono David come re, e ha anche la consapevolezza di aver perso il suo guerriero più valido. Abner continua a sostenere che la presenza di David non sia necessaria, di fatto in un primo momento lusinga Saul, per poi insinuare che David sia un traditore. È qui che si può notare uno dei discorsi più lucidi di Saul. Non è solo David il problema, ma anche la perdita della giovinezza e anzi, David rappresenta tutto ciò che è stato, e a maggior ragione lo odia. Le responsabilità verso i suoi figli lo trattengono dal compiere certe azioni (come buttarsi subito in guerra), e questo è un tratto tipico del padre borghese. Riconosce il germe della follia: ormai è diventato refrattario alle attenzioni dei figli, dunque sa che sta perdendo il controllo. Ha un conflitto con sé stesso, a causa del quale non riesce nemmeno a godere dei tempi di tregua. Saul teme che ci sia del veleno nei calici: ormai vede intrighi e complotti ovunque. È diventato paranoico e pensa che ci siano nemici anche tra le file dei suoi alleati. Nei suoi deliri arriva anche a vedere i tappeti come punte ispide. Nel 1789 il pittore Füssli espone il suo quadro più celebre, “L'incubo”, che rappresenta il turbamento dell’inconscio. Vi sono analogie tra quel dipinto e i versi del “Saul”. Adesso teme la tromba che dà inizio alla guerra, quando prima era baldanzoso. “Vedi, se ormai Dio sta meco”, indica che nell’Antico Testamento vengono mostrati gli uomini nel momento in cui Dio si distacca da loro. Con l'espressione “Di Rama egli esce” Abner sta infangando la casta dei sacerdoti (Rama è il luogo in cui si trova il santuario). Egli attribuisce a tutti loro i suoi turbamenti. Lo lusinga ulteriormente, dicendogli che la sua unica colpa è quella di essere benvoluto dal popolo. Egli ha smesso di essere l’eletto di Dio quando non ha più accontentato il gran sacerdote Samuele. “Guerriero di braccio egli era, ma di cor, sacerdote”, con queste parole si sta riferendo a David, con disprezzo. Nei versi di Abner si evince una posizione anticlericale, questo è lo stesso pensiero che aveva Alfieri, poiché ritiene che la casta sacerdotale limiti la libertà. Saul odia David, ma comunque si sente combattuto poiché gli ha dato la figlia in sposa. All’inizio sentiva la voce di Dio come un tono soave, ma ora per lui è tuonante e terribile: questo denota una certa lontananza da Dio. Inizia la descrizione onirica di un incubo di Saul, ispirato dai “Canti di Ossian”, nei quali vi è un gusto romantico per l’orrifico. In una valle cupa e orribile, egli vede David inginocchiato davanti a Samuele mentre costui gli versa l’unguento sul capo. Un braccio di Samuele si allunga per tutta la valle per togliere la corona da Saul e porla sul capo di David: nonostante la decisione di Samuele, David urla e grida, poiché non vuole la corona e cerca quindi di restituirla a Saul. Tutto ciò rappresenta un barlume di inconscio sano nel re: una piccola parte di lui è consapevole che David gli è in realtà fedele, e tutto ciò è proiettato nel sogno. Vi è un altro episodio dove viene raccontata la fedeltà di David: Saul si era addormentato nella grotta in cui c'era anche David. Quest’ultimo avrebbe potuto ucciderlo facilmente, essendo privo di difese, ma non lo fece. Abner gli consiglia di non augurare la morte a Samuele, bensì a David. “Sogni, sventure, visioni, terrori”, questa serie di nomi vanno a costituire un chiasmo. SCENA SECONDA Gionata e Micol vanno in avanscoperta da Saul e Gionata interviene nel discorso del padre, incoraggiandolo con l'espressione “oggi si vinca”. Esso è un endecasillabo spezzato, che accompagna “oggi si pugna”. Micol interviene con toni sommessi: mentre il padre rientrerà vittorioso, lei sarà infelice perché non vedrà il suo sposo. Saul ribatte che non vuole scontrarsi con il dolore della figlia riguardo l’allontanamento di David. “Spirto guerrier”, questa espressione rimanda a Foscolo e alle riprese foscoliane (sintagmi). Ugo Foscolo infatti riprenderà alcuni termini usati da Alfieri. Per Saul è una giornata funesta, in contrapposizione al fatto che in passato era una “quercia maestosa”, ma ora sente che verrà sradicato. Il suo umore è già cambiato, poiché prima era ottimista, ma dopo le lacrime di Micol e l’inutile incoraggiamento di Gionata si sente più abbattuto. Sono presenti riferimenti ai segni di lutto dell’antichità, come stracciarsi le vesti e il cospargersi il capo di cenere. Secondo Saul saranno proprio queste le azioni che farà il suo popolo in giornata. Abner cerca di allontanare Micol e Gionata, ma Saul in un momento di lucidità interviene e lo ferma. Ogni volta che Micol interviene, fa chiari riferimenti a David. Quando Gionata e Micol ricominciano a parlare, Saul si dissocia di nuovo, ripercorrendo la sua giovinezza: ormai non segue più i discordi dei figli che gli fanno presente quanto sia pesante l’assenza di David.
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