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riassunto su marziale, quintiliano e giovenale, la vita e le opere e contesto storico, Dispense di Latino

MARZIALE: la poetica gli epigrammata le prime raccolte QUINTILIANO: l'istitutio oratoria la decadenza dell'oratoria IL CONTESTO STORUCO (domiziano. I e II secolo ecc...) GIOVENALE: la poetica le satire dell'indignatio (con approfondimento su satira 1, 2, 3, 4, 5, 6) il secondo giovenale (con approfondimento su satira 10, 14) i caratteri

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 04/03/2024

Sjmpson
Sjmpson 🇮🇹

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Scarica riassunto su marziale, quintiliano e giovenale, la vita e le opere e contesto storico e più Dispense in PDF di Latino solo su Docsity! MARZIALE LA POETICA La poesia di Marziale è caratterizzata da affinità con la poesia di consumo, ma è anche dotata di consapevolezza critica che lo porta ad essere contrario alla mitologia, che è falsa e inverosimile, e ad avvicinarsi ad una poesia che ruota attorno alla quotidianità e all'essere umano. Essa è una poesia di componimenti brevi, che, come nella satira, si schiera contro la vacuità della letteratura contemporanea e mira a rappresentare i mores, proprio come Persio, ma, a sua differenza, non cerca di correggerli ma, senza alcun intento moralista, mira solo all'intrattenimento del lettore, e per fare ciò ammette una propensione ai termini volgari (in nome della schiettezza d parola, dell'immediatezza espressiva del genere epigrammatico), con carattere ludico e scherzoso, senza mirare a danneggiare nessuno: egli attacca i vizi, non le persone, la culpa e non i colpevoli, come Persio. GLI EPIGRAMMATA La sua opera più matura sono i 12 libri di Epigrammi, che arrivano ad un massimo di 51 versi. Nonostante egli privilegia la poesia della realtà, durante i secoli il genere epigrammatico aveva subito una stratificazione tematica che gli permetteva di spaziare tra tutti i temi. Egli pone la sua attività sotto l'auspicio di alcuni predecessori, tra cui Catullo, di cui riprende la vivace aggressività, tralasciando però l'attacco personale. Così come le nugae di quest'ultimo sono scritte in metri vari, così gli epigrammi di Marziale utilizzano il distico elegiaco di tradizione, gli endecasillabi faleci, i trimetri giambici e altri metri così che l'unico carattere distintivo che i suoi epigrammi mantengono è quello della concisione e della pregnanza. Anche nella forma i suoi epigrammi si riallacciano alla tradizione esteriore: gli elementi comici si concentrano nella parte finale, un fulmen in clausola, conclusi da una battuta inaspettata. Questo si chiama effetto sorpresa, aprosdoketon, la punta epigrammatica. Questa caratteristica è molto accentuata, tanto da far pensare che i suoi componimenti abbiamo una struttura bipartita, costituita da un momento di attesa e da una conclusione. Un'altra caratteristica è quella dell'uso delle enumerazioni, o cataloghi, volti ad accentuare spiritosamente le caratteristiche di un personaggio o una situazione, a volte smentendola con una battuta finale. La tematica principale è quella della vita quotidiana, ai suoi livelli più semplici e bassi, con insistenza sui particolari concreti, reinterpretata in modo spiritoso, con ricorso all'iperbole e al paradosso, in cui Marziale ritrae un certo tipo umano o una determinata circostanza cogliendone gli aspetti comici. A volte insiste sugli aspetti butti, a volte usa uno spirito più fine. A volte i suoi componimenti sono dotati di carica aggressiva e tono mordace, satirico e beffardo, e prendono di mira categorie umane e manie tipicamente romane, ad esempio l'istituto della clientela. Oltre a questo filone comico-realistico, se ne trovano di altri, che proseguono altri settori della tradizione epigrammatica, come i carmi celebrativi, rivolti ad amici o ad altre persone (quelli encomiastici dedicati a personaggi potenti), gli epigrammi funerari, quelli descrittivi, che rievocano tramite oggetti fatti di attualità, ma anche epigrammi del filone retorico, in cui l'amore non è sentito come passione profonda ma come desiderio fisico ed eccitazione sessuale, ma anche con accenti delicati e gentili. Infine ci sono gli epigrammi di riflessione personale, in cui l'autore ammette di aspirare ad una esistenza semplice, costruendo un'altra versione della metriores dell'ideale oraziano del giusto mezzo: il rus verum barbarumque, ovvero la campagna vera che l'autore contrappone a Roma, è un luogo di rifugio ma anche di opportunità di condizioni di vita più accessibili. Questa antitesi tra città e campagna diventa spesso opposizione tra l'urbe dispendiosa e la frugale Spagna nativa. Non mancano carmi di argomento letterario in cui si danno spunti di poetica e si polemizza contro i critici e si fanno riflessioni sulla situazione del letterato, in una prospettiva realistica che vede il benessere economico come condizione necessaria a questa attività, per questo è necessaria la generosità dei ricchi, riducendo quello del letterato ad un mestiere meramente intellettuale. La molteplicità degli argomenti è accompagnata dalla molteplicità delle forme: negli epigrammi encomiastici è presente l'elemento mitologico, che non c'è in quelli comico-realistici, che invece utilizzano frequentemente la battuta finale, quasi del tutto assente nei carmi funerari e di riflessione. Un carattere ricorrente è quello della voce recitante del personaggio del poeta, che da al componimento movenze dialogiche con frequenti apostrofi e interrogazioni. Il lessico varia da alto per le poesie encomiastiche a quello colloquiale per i componimenti comico- realistici. Questo materiale linguistico aderente alla realtà viene trattato con raffinatezza ed abilità. LE PRIME RACCOLTE Anche se le prime raccolte da lui scritte sono tematicamente più semplici e artisticamente più monotone degli epigrammi, questa concezione della poesia è presente. Il Libero de spectaculis è una raccolta di 30 carmi dedicati ai giochi dell'80 che servirono ad inaugurare l'Anfiteatro Flavio: sono poemi d'occasione che vertono sul divertimento rappresentato dai giochi del circo. La realtà, spettacolare, viene trattata come motivo di glorificazione dell'imperatore sia come esperienza memorabile del pubblico. Il motivo adulatorio è presente e si scorge la volontà dell'autore di lavorare gli eventi in modo da coglierne aspetti magnificenti da riferire al mito. Gli Xenia e gli Apophoreta si riferiscono alla festa dei saturnali, che andava dal 17 al 23 dicembre e durante la quale ci si scambiavano doni con annessi dei biglietti. Anche questa è poesia di consumo e di occasione, volta all'immediata fruizione dei lettori. Gli Xenia sono 127 epigrammi, tranne 3 proemiali, costituiti da un unico distico, e si riferiscono a cibi e bevande rappresentati in modo attraente. Gli Apophoreta sono costituiti da223 epigrammi che si riferiscono a regali estratti a sorte tra i convitati ai banchetti dei Saturnali. Nonostante l'eleganza, questa materia epigrammatica, cheha il suo antecedente nell'epigramma votivo ellenistico, risulta limitata. QUINTILIANO L'ISTITUTIO ORATORIA Essa è un trattato in 12 libri dedicato a Vittorio Marcello, un personaggio in vista alla corte di domiziano, di cui Quintiliano vuole fare un'opera completa e sistematica dedita a delineare la formazione dell'oratore dall'infanzia e trattando di tutti gli argomenti e problemi della scienza retorica e dell'attività oratoria. Questo è perciò un trattato didascalico, organico e precettistico, da assimilare al'Ars. Quintiliano si tiene sulla scia di Cicerone: per lui la retorica è una scienza che si propone di formare, insieme all'oratore, il cittadino moralmente esemplare. Parla anche del problema tra retorica e filosofia, dicendo che, anche se i filosofi volevano essere gli unici ad educare, la filosofia è solo una delle scienze che deve conoscere l'oratore, perché solo chi possiede l'arte dell'eloquenza può trattare bene di argomenti filosofici. Poco ciceroniana è invece la sua Questa tematica si avvicina dunque ai pantelles mores di Persio, al cui contrario però Giovenale non ha 9ntento di educare e correggere ma solo di denunziare, utilizzando il mezzo dell'indignatio e non del ludus. LE SATIRE DELL'INDIGNATIO Le prime sette satire sono quelle che meglio esprimono il feroce moralismo che caratterizza Giovenale, volto a provocare l'indignazione del pubblico, e per fare ciò egli nasconde quasi ogni aspetto della sua individualità, presentandosi come generico gentiluomo infiammato dallo sdegno.. Queste costituiscono dunque un nucleo omogeneo caratterizzato da una concezione negativa della realtà, espressa da una requisitoria accanita contro i marci aspetti della società contemporanea. Egli fa riferimento al mos maiorum romano, essendo un tradizionalista, ma mai citandolo direttamente. C'è da ricordare che l'autore considera i costumi non in riferimento alla sfera individuale ma ai loro riflessi sociali, ovvero nelle loro conseguenze, Ad esempio le divitiae, un motivo ricorrente: la tradizione stoica diatribica giudicava un uomo in base alla sua brama o al suo disprezzo delle ricchezze, non alle ricchezze in se, mentre Giovenale considera le conseguenze delle divitiae sul vivere associato, soprattutto per come chi le possiede si rivolge ai poveri. I divites appaiono come persone detentrici ingiusti di patrimoni derivanti da attività indegne. Assume quindi grande importanza il tema della clientela, quasi assente nei satirici precedenti, poiché egli individua nel mos maiorum l'elemento centrale dell'antico istituto de patronato, in grado di garantire armonia tra ricchi e poveri, e quindi la degradazione di questo istituto significa la corruzione moderna. -SATIRA 1 C'è una sezione dedicata alla salutatio mattutina e alla distribuzione della sportula, poi la umiliante vita dei clienti fino al mancato invito a cena. -SATIRA 2 L'autore si scaglia con sdegno contro l'omosessualità maschile vista come vizio grave e tradimento all'ideale di fierezza virile degli antenati. -SATIRA 3 Come già fece Orazio, dopo una introduzione cede la parola ad un altro personaggio: l'onesto e povero cliente Umbricio che accusa l'intera marcia vita romana. C'è anche concorrenza con i Greci e gli orientali, che sono pronti ad ogni bassezza e pensano di saper fare tutto (Graeculus esuriens, il Greco affamato), e ciò deriva dall'avversione dell'autore verso i popoli orientali, dettata dalla convinzione dei Romani fino a Cicerone che la cultura ellenica abbia rovinato il mos maiorum, e ciò conduce i modesti romani a ristrettezze economiche e ciò li espone ai pericoli della grande città e l'unica soluzione è emigrare in provincia. -SATIRA 4 Viene attaccata la corte imperiale di un imperatore defunto a partire dall'aneddoto di un regalo di un rombo a Domiziano, ed essendo il pesce troppo grande per la padella egli convoca il consilium principis: la sproporzione tra l'importanza data alla questione e la sua effettiva portata creano un motivo parodico. -SATIRA 5 Sfruttando ai fini dell'indignatio la satira narrativa oraziana che serviva ad intrattenere il pubblico, questa narra dei particolari di un banchetto offerto dal padrone Virrone e il motivo della cena, caro al genere satirico. Il clienes (Trebio) viene attaccato per la mancanza di dignità e poi viene mostrata l'indegnità del trattamento a lui riservato, e da ciò si evince l'idea di una ricchezza che diviene strumento di ingiusta e crudele discriminazione. -SATIRA 6 L'autore, nella sua satira più lunga composta da 661 versi, fa una feroce requisitoria contro la donna vista nel matrimonio, in occasione dello sposalizio dell'amico Postumo. Le nozze. A cui è iperbolicamente preferibile il suicidio, vanno evitate per la mancanza di pudicizia dei temi moderni (esempio di Messalina). Elenca poi tutti i vizi e i difetti che rendono la donna insopportabile al marito, e questi sono deviazioni rispetto all'antico costume che vedeva la donna subordinata al marito e senza interessi intellettuali. Il punto di riferimento a cui guarda è la sanità dello Stato antico repubblicano che imponeva certi boni mores ai cittadini, e ciò lascia trasparire le sue ascendenze culturali (la seconda guerra punica e la povertà e il timore del nemico, che determinano la moralità romana). IL SECONDO GIOVENALE Dopo la settima satira Giovenale riprende e rielabora alcuni modi e atteggiamenti della tradizione del genere satirico: la rinuncia ad una prospettiva totalmente negativa, in quanto denuncia ma suggerisce anche rimedi, riprendendo il filone moraleggiante prevalente nell'opera dei suoi predecessori, ovvero i motivi e i topoi diatribici; riappare la concezione di fondo di quest'ultima, ovvero che gli unici veri beni sono quelli interiori come la virtù; la ricchezza ora da fonte di potere ingiusto diviene un falso bene, desiderabile solo dalla stoltezza umana. Ma tali tendenze, seppure rendono i componimenti più pacati, non spengono l'impeto e la foga contro l'errore e gli illusi. Perciò all'indignatio subentrano l'ironia e lo scherno. Le più autentiche novità che apporta Giovenale e che persistono in tutta la sua opera sono l'abbandono della satira di puro intrattenimento, l'atteggiamento appassionato e concitato e la visione iperbolicamente negativa del mondo. -SATIRA 10 Di tematica filosofica, tratta di quale deve essere l'oggetto delle preghiere agli dei e mostra la stoltezza delle aspirazioni umane. -SATIRA 14 Parla dell'influenza negativa dei genitori sui figli: non hanno rispetto per loro e danno il cattivo esempio intorno all'avarizia. I CARATTERI Giovenale aderisce completamente alla realtà, ma allo stesso tempo ricerca nella quotidianità i segni dell'eccezionale e del mostruoso, proponendo una visione volutamente distorta che rappresenta i comportamenti umani secondo i canoni di una grandiosa negatività, riscrivendo la realtà sotto una deformazione espressionistica. L'assimilazione del mito alla vita reale comporta, in campo stilistico, aperture verso lo stile elevato rifiutato dai satirici tradizionalisti, che non corrisponde al sermo di Orazio ma alla vis, al vigore che questo rifiutava e che l'autore invece trova necessario per l'irruenza dell'indignatio. L'enfasi e il calore danno l'impressione di una requisitoria, per cui determinante è l'apporto della retorica, parte integrante della sensibilità dell'autore. Lo stile è quindi elaborato e ricco di artifici: perifrasi, iperboli, paradossi, nell'ultima fase anche figure dell'ironia e della concessione, ripetizioni, per indurre il pubblico a forti emozioni attraverso le interrogative retoriche, esclamazioni, apostrofi. Nell'aspetto linguistico ritroviamo la componente colloquiale, vocaboli volgari (come in Persio), grecismi e parole greche, barbarismi e voci infantili. Sullo strato basso si innesta, non soltanto nella parodia epica, una forte componente di vocaboli e costrutti elevati.. Ha perciò uno stile misto e composito, che coglie le bassezze della realtà trascrivendole in termini di mostruosa grandezza, adatti alla visione cupa ed esasperata che ha.
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