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Riassunto sul Verismo e Verga e analisi opere, Maturità, Schemi e mappe concettuali di Italiano

Riassunto breve e completo sui generi letterari post-romantici, il verismo e Verga con analisi delle opere come i Malavoglia o Rosso Malpelo, adatto all'esame di Maturità.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

Caricato il 28/11/2022

Saratmz
Saratmz 🇮🇹

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Scarica Riassunto sul Verismo e Verga e analisi opere, Maturità e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Italiano solo su Docsity! I GENERI LETTERARI POST-ROMANTICI La Scapigliatura La Scapigliatura fu una corrente letteraria che nacque da un gruppo di scrittori che si raccoglievano soprattutto a Milano, e che volevano una rottura dalla poesia romantica, diventata eccessivamente romantica e sdolcinata. Rifiutano quindi l’impegno civile, politico e patriottico, la visione cristiana di Manzoni, il sentimentalismo. Essi mirano a rappresentare “il vero”, ovvero gli aspetti più crudi della vita. Utilizzano toni e temi provocatori, un linguaggio vicino a quello quotidiano che unisce termini prosaici a termini rari, disarmonia e contrasto. Il trionfo del romanzo e la letteratura per l’infanzia In Italia il romanzo sostituisce la poesia e diventa il genere più diffuso e amato. Infatti il romanzo in questo periodo di realismo è la forma letteraria più adatta, perché è oggettivo, mentre la poesia è soggettiva. Nasce e si diffonde inoltre la letteratura per l’infanzia con il libro “Cuore” di De Amicis e “Pinocchio” di Collodi. Il Naturalismo francese Gli scrittori veristi italiani si rifanno al Naturalismo, corrente letteraria che si affermò in Francia negli anni Settanta dell’Ottocento. Il Naturalismo nacque durante il periodo del Positivismo che fu una corrente di pensiero, espressione dello sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica. È caratterizzato dal rifiuto di ogni punto di vista religioso o idealistico e dalla convinzione che tutta la realtà sia formata da forze materiali spiegabili scientificamente. La letteratura quindi ha il compito di fare un’analisi scientifica della realtà. La caratteristica principale del Naturalismo è l’impersonalità: lo scrittore Flaubert sosteneva che l’artista dovesse essere invisibile nella sua opera, come Dio per il creato, che lo si possa sentire ma non vedere. Inoltre l’arte deve andare oltre i sentimenti e le passioni personali. Quindi il narratore delle opere naturaliste non è più onnisciente ma impersonale e la realtà viene descritta così com’è e non per come l’artista la vede soggettivamente. Tra i naturalisti più conosciuti ricordiamo Balzac, Flaubert e Zola. Il Verismo Il verismo è una corrente letteraria che prende influenza dal Naturalismo Francese, ma è un genere tutto italiano, in particolare nato nel Mezzogiorno d’Italia. Esso, rispetto al naturalismo, ha caratteri più regionali legati alla situazione italiana dei moti risorgimentali, della leva militare obbligatoria per i ragazzi, il divario tra Nord e Sud ecc. Capuana, noto teorico verista, sostiene infatti che la letteratura non ha lo scopo di dimostrazione scientifica; la scientificità non sta nel tema ma solo nella forma artistica con cui lo scrittore rappresenta la realtà. La forma artistica deve seguire la teoria dell’impersonalità: l’autore si “eclissa” cioè non è più il narratore onnisciente che commenta e critica le vicende, ma il narratore impersonale che si limita a narrare gli eventi (la mano dello scrittore non si deve vedere). Il verismo è anche la poetica del pessimismo sociale: per i veristi la società è controllata da un forte determinismo in quanto l’uomo per natura vuole migliorare la propria condizione ma, nel momento in cui ci prova, la legge che lo controlla non lo permette, anzi lo porta a una condizione peggiore (teoria dell’ostrica -Verga). Il progresso, dice Verga, è come una fiumana che travolge l’uomo e lo porta indietro. Un’altra questione è quella della lingua, che non è ancora unificata in Italia. Verga verrà accusato di non saper scrivere perché, per essere attinente al vero, scelse di utilizzare la lingua parlata realmente dai suoi personaggi. GIOVANNI VERGA La vita Giovanni Verga nacque a Catania nel 1840, da una famiglia di ricchi proprietari terrieri nobili. Compì i suoi primi studi in privato presso il letterario Antonio Abate, da cui venne influenzato per il patriottismo e il gusto letterario romantico, caratteri che sono alla base delle sue prime opere. Si iscrisse alla Facoltà di Legge a Catania ma abbandonò gli studi per dedicarsi alla letteratura e al giornalismo politico. In seguito si reca a Firenze per venire a contatto con la società letteraria italiana degli scrittori romantici e ampliare la sua cultura di provincia. Si trasferisce in seguito a Milano, dove entra in contatto con la Scapigliatura, e scrive romanzi come “Eva”, “Eros” e “Tigre reale”, ancora legati al clima romantico. Il 1878 è una data che svolta la vita dell’autore, in quanto avviene la “conversione al verismo” con la pubblicazione del romanzo “Rosso Malpelo”, primo romanzo interamente verista preceduto da “Nedda” che già aveva in sé dei caratteri veristi. Torna, in seguito, definitivamente a Catania, dove si chiude in un solipsismo totale, e ha un contatto con l’esterno prettamente epistolare. Morirà nel 1922. Il pensiero Alla base della visione di Verga c’è un radicale pessimismo: la società umana per lui è dominata dalla legge del determinismo, ovvero la lotta per la vita (darwinismo) per cui il più forte schiaccia sempre il più debole. Gli uomini sono infatti mossi dall’interesse economico e dal volere essere superiori agli altri. Secondo “la teoria dell’ostrica”, nel momento in cui l’ostrica si stacca dallo scoglio che la manteneva in vita, può essere mangiata da un pesce più grande. Quindi l’uomo per natura vuole migliorare la propria condizione ma, nel momento in cui ci prova, la legge del determinismo non lo permette, anzi lo porta a una condizione peggiore. Il progresso, dice Verga, è come una fiumana che travolge l’uomo e lo porta indietro. (tematica “globalizzazione”) Questa legge del determinismo è universale, governa qualsiasi società umana e mondo animale o vegetale, è immodificabile, non c’è possibilità di riscatto. Egli parla infatti di “Vinti”: tutti sono vinti, tutte le classi sociali, operai, poveri, borghesi e nobili (da non confondere con gli umili di cui parlava Manzoni che erano per lo più persone del popolo che però avevano possibilità di riscatto con la Divina Provvidenza). Dato che è impossibile modificare la propria condizione, il narratore non può dare critiche e giudizi ma può solo riprodurre la realtà così com’è (poetica dell’impersonalità). (tematica “humanitas”) Questa visione pessimistica nasce dalle radici del sud di Verga, che ha quindi ereditato la visione fatalistica del mondo agrario e arretrato in cui viveva. Il governo italiano del periodo, infatti, non faceva nulla per migliorare le condizioni arretrate del Mezzogiorno, anzi le peggiorava investendo al Nord; da qui Verga si convince che nulla mai può cambiare. (tematica “Intellettuali e potere”) La poetica e la tecnica narrativa (tematica “Forme del realismo”) La poetica di Verga è chiamata “poetica dell’impersonalità”: secondo lui, la rappresentazione artistica deve essere aderente al vero e la storia deve essere raccontata in modo che il lettore non la veda attraverso “la lente dello scrittore”. Lo scrittore quindi si “eclissa”, non è più onnisciente ma impersonale; scompaiono le sue riflessioni e le sue spiegazioni o critiche e l’opera sembrerà “essersi fatta da sé”. Quindi non vengono spiegati gli antefatti a una vicenda, né descritto il carattere o la storia dei personaggi, non ci sono descrizioni dettagliate dei luoghi in cui si svolge il racconto, i fatti vengono presentati direttamente così come sono. I personaggi si fanno conoscere con le loro parole e le loro azioni. Per rimanere aderente al vero, l’autore adotta lo stesso modo di pensare, usa gli stessi principi morali, lo stesso modo di parlare ed esprimersi dei personaggi che presenta, quindi è come se a raccontare fosse qualcuno di loro ma che resta anonimo e non compare nella vicenda direttamente. Il linguaggio di conseguenza si adatta ai personaggi e perciò la sintassi è elementare e qualche volta scorretta, viene utilizzato il discorso indiretto libero, troviamo tanti modi di dire, proverbi, imprecazioni, termini dialettali (Verga infatti venne accusato di non saper scrivere). I romanzi pre-veristi e la svolta verista I romanzi giovanili furono prodotti a Catania, erano fondati su ideali patriottici e sul modello del romanzo storico manzoniano. Ricordiamo tra questi “I carbonari della montagna”, ambientato nel periodo della carboneria in Calabria precedente alle guerre d’indipendenza, e “Sulle lagune”, ambientato a Venezia e narra della fuga di Garibaldi con Anita. I Malavoglia I Malavoglia è il primo romanzo del ciclo dei Vinti, è diviso in 15 capitoli e narra la storia dei Toscano, una famiglia di pescatori siciliani di Aci Trezza, chiamati “Malavoglia” in modo antifrastico perché in realtà erano grandi e onesti lavoratori. Essi posseggono una casa, chiamata “la casa del nespolo” e una barca, “la Provvidenza”. Un giorno il giovane ‘Ntoni, figlio di Bastianazzo e nipote di padron ‘Ntoni che è il patriarca, parte per il servizio militare, lasciando la famiglia priva di mano d’opera e in difficoltà. (tematica “il viaggio”) A ciò si aggiunge una cattiva annata per la pesca e in più la figlia maggiore Mena doveva sposarsi e aveva bisogno della dote. Padron ‘Ntoni decide quindi di comprare a credito un carico di lupini dall’usuraio zio Crocifisso, per rivenderli in un porto. La barca però naufraga in una tempesta, Bastianazzo muore e il carico va perduto. Inizia una serie di sventure: Luca, il secondogenito, muore nella battaglia di Lissa, la madre Maruzza muore per il colera, la “Provvidenza” naufraga ancora e i Malavoglia sono costretti a vendere la casa e ad andare a lavorare a giornata. ‘Ntoni torna ad Aci Trezza ma, abituatosi alla vita delle grandi città, non si adatta più, quindi inizia a frequentare cattive compagnie, si dà al contrabbando e viene scoperto, perciò uccide don Michele, una guardia doganale che corteggiava la sorella minore Lia. Lia, disonorata, fugge dal paese e finisce per diventare una prostituta. Padron ‘Ntoni, consumato dalle sventure, muore in ospedale. L’ultimo figlio, Alessi, riesce a riscattare la casa del nespolo. ‘Ntoni esce di prigione, torna in famiglia ma si rende conto di non poter più restare e si allontana per sempre. Il romanzo è una fotografia del mondo di quel tempo: l’azione si svolge nei tempi dopo l’Unità d’Italia e mette in luce un piccolo villaggio siciliano che è vittima dei cambiamenti in Italia. La leva obbligatoria di 7 anni sottrae braccia al lavoro, infatti proprio alla partenza del giovane ‘Ntoni la famiglia entra in crisi per le difficoltà economiche e diverse sventure e subisce una declassazione: da pescatori proprietari di una casa e una barca diventano nullatenenti. A completare il quadro di questo periodo si aggiungono anche le pesanti tasse per ristabilire il pareggio di bilancio e la crisi della pesca, il problema dell’usura e del contrabbando, problemi riguardanti prettamente il sud e non il resto d’Italia. Infatti il romanzo è nato dalla lettura della questione meridionale di Sonnino. (tematica “la concezione della temporalità” e “l’universo e noi”) Nella storia ci sono due personaggi opposti: il giovane ‘Ntoni, che viene a contatto con la realtà moderna, e il padron ‘Ntoni, che rappresenta la tradizione e l’attaccamento ai valori antichi. Saranno proprio queste due forze opposte a disgregare la famiglia: il vecchio consente il pignoramento della casa per saldare il debito con lo zio Crocifisso e mantenere il proprio onore, mentre il giovane, uccidendo la guardia doganale, getta la famiglia nel disonore e nella vergogna. (tematica città e campagna”) Nonostante ci sia uno spiraglio di riscatto quando Alessi recupera la casa e la famiglia si riunirà, non c’è un ritorno perfettamente circolare alla situazione iniziale: il racconto si apre e si chiude con la partenza del giovane ‘Ntoni ma il nucleo familiare non è ricostruito perché Bastianazzo, Maruzza, Luca, padron ‘Ntoni sono morti, Lia e ‘Ntoni sono lontani. Si tratta di un romanzo corale, pieno di personaggi, senza un vero protagonista, ma questo coro si divide in due: da una parte ci sono i Malavoglia, fedeli ai valori puri; dall’altro la comunità del paese, pettegola e mossa solo dall’interesse. Per questo si parla di una costruzione bipolare del romanzo. I valori dei Malavoglia agli occhi della collettività sono strani e vengono deformati dal senso comune (come in Rosso Malpelo) (es. padron ‘Ntoni viene considerato uno stupido perché ha pignorato la casa per saldare il debito invece di fare appello alla legge dell’interesse). Il narratore non interviene né con giudizi né con presentazioni dei personaggi, né con indicazioni sull’antefatto. Il linguaggio è popolare, pieno di modi di dire, proverbi, paragoni, imprecazioni, caratterizzato da una sintassi elementare. Le Novelle rusticane Tra il primo e il secondo romanzo del ciclo dei vinti passa un po’ di tempo e Verga scriverà le Novelle rusticane, una raccolta di 12 novelle in cui i personaggi sono di diverse classi sociali e appartengono sia alla campagna che alle cittadine della provincia siciliana. Sono accomunati dall’essere figli di una società segnata da violenza e sopraffazione. Il pessimismo si estende all’intera collettività. Tra i romanzi che compongono la raccolta ricordiamo in particolare “La roba”. Il tema dell’opera è la bramosia del possesso, l’avarizia e l’attaccamento ai beni materiali. Il protagonista dell’opera, ambientata a Catania, è Mazzarò, un contadino. Un viandante che attraversa la pianura di Catania, contempla stupito la vastità delle proprietà di Mazzarò. Mazzarò era un povero bracciante sfruttato e sottopagato che riuscì a diventare proprietario di tutti i beni, sottraendoli a quello che una volta era il suo padrone. La sua scalata riesce grazie al sacrificio e alla furbizia, ma una volta guadagnata una posizione migliore, l’uomo sembra mandare in fumo ogni possibilità di crescita personale. Egli non ha famiglia, non ha nessuno con cui condividere la sua “roba” ed è così tanto avido che vive in condizioni di povertà per non sprecare le sue ricchezze, lavora come un mulo nei campi. Non ha vizi, non ha amici. Ha allontanato tutti nella sua vita, per paura che potessero sottrargli la sua roba. Durante la sua vecchiaia, il pensiero di non poter portare con sé i suoi beni nella vita ultraterrena lo fa addirittura impazzire e il testo si conclude con una scena pietosa e indimenticabile: lui che vaga nei campi, accecato dalla follia, distruggendo raccolti e colpendo animali e gridando "Roba mia, vientene con me!”. Il Mastro-don Gesualdo Mastro-don Gesualdo è il secondo romanzo del ciclo dei vinti, pubblicato a puntate della rivista “Nuova Antologia”. La vicenda si svolge prima dell’Unità d’Italia, nella cittadina di Vizzini, in provincia di Catania. Gesualdo Motta, da semplice muratore, riesce ad accumulare fortuna con intelligenza e furbizia, sposando Bianca Trao, discendente di una famiglia nobile in rovina, costretta a sposarsi per nascondere la relazione con il cugino. Gesualdo, però, rimane deluso dal mondo aristocratico che lo disprezza per le sue origini umili. Il disprezzo è infatti testimoniato dal suo nome: “don” è l’appellativo che veniva dato ai signorotti, “mastro” indica la sua provenienza di muratore. Dal matrimonio tra i due nasce Isabella che, crescendo, respinge a sua volta il padre vergognandosi delle sue origini. In seguito la figlia si innamora del cugino Corrado e scappa con lui perciò, per riparare, Gesualdo la dà in moglie al duca di Leyra, un nobile decaduto. A ciò si aggiunge anche l’invidia di suo padre e dei suoi fratelli che cercano di sottrargli i suoi averi e le spese eccessive del genero portano alla confisca di tutti i beni familiari. Gesualdo si ammala di cancro allo stomaco “per tutti i bocconi amari che ha dovuto mandare giù”, e viene accolto a casa della figlia e del genero ma viene relegato in disparte. Trascorrerà, quindi, gli ultimi giorni della sua vita in solitudine e morirà solo. In questo romanzo il livello sociale si è elevato rispetto ai Malavoglia: non è più un ambiente popolare ma un ambiente borghese e aristocratico. La narrazione è polifonica, ci sono molteplici classi sociali e di conseguenza il linguaggio si adatta e si fa più elevato. La struttura è come una parabola: si parte dalla condizione umile di muratore di Gesualdo, si passa per la sua ascesa sociale arrivando all’apice e poi si torna indietro con la decadenza economica e la morte. Non c’è nessuna possibilità di riscatto in questo romanzo, la fiumana del progresso ha distrutto la vita del protagonista che, nel tentativo di migliorare la propria condizione, alla fine l’ha solo peggiorata. Troviamo anche qui il principio dell’impersonalità: il narratore è interno al mondo rappresentato ma non coincide con un personaggio preciso.
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