Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Riassunto Supersocietà - Chiara Giaccardi e Mauro Magatti (Cap. 2, 3, 6, 9), Dispense di Sociologia Dei Media

Riassunto dei capitoli 2, 3, 6 e 9 del libro Supersocietà, di Chiara Giaccardi e Mauro Magatti, utile per sostenere l'esame di Sociologia e antropologia dei media

Tipologia: Dispense

2021/2022

In vendita dal 03/03/2023

oasis_
oasis_ 🇮🇹

4.2

(13)

20 documenti

1 / 11

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto Supersocietà - Chiara Giaccardi e Mauro Magatti (Cap. 2, 3, 6, 9) e più Dispense in PDF di Sociologia Dei Media solo su Docsity! SUPERSOCIETÀ – GIACCARDI, MAGATTI Capitolo 2: Entropia, antropia, shock 1. Dal rischio agli shock La spinta che si è prodotta nella seconda metà del secolo scorso ha cambiato il mondo: all’inizio a guadagnarci sono stati un po’ tutti  i consumatori occidentali potevano godere di più beni a prezzi vantaggiosi e le imprese vedevano lievitare i profitti. Oggi quel modello è in crisi a causa del suo stesso successo, il mondo è cresciuto così velocemente che si sono determinati degli squilibri (11 settembre; crisi finanziaria; emergenza sanitaria; attacco all’Ucraina; cambiamento climatico)  è diventato disordinato, sfruttato e squilibrato. 2. Entropia e antropia Attraverso l’interazione con l’ambiente, gli organismi si sostentano e si rinnovano in continuazione: attingono energie e risorse e le restituiscono poi nella forma di scarto, rifiuto, calore  dissipano la loro entropia a spese dell’ambiente ≠ L’essere umano costruisce organizzazioni sociali capaci di ridefinire la relazione con l’ambiente (sociale e naturale) e accrescere così le possibilità di vita a disposizione dei propri membri  con l’industrializzazione c’è stato un aumento demografico (meno di 1 miliardo all’inizio del ’900  8 miliardi di oggi), nell’allungamento della speranza di vita (nei Paesi più evoluti supera ormai gli 80 anni), nel miglioramento della dieta alimentare e nella varietà delle attività quotidiane. Tutto ciò ha stravolto l’equilibrio entropico esistente tra la vita umana organizzata e l’ambiente naturale, in quanto la crescita delle possibilità di vita ha portato anche a quantità crescenti di CO2, scarti, rifiuti, riduzione della biodiversità, distruzione delle materie prime e squilibri atmosferici  Stiegler suggerisce il termine «antropia» per indicare la varietà degli effetti entropici che si producono nell’era dell’Antropocene, cioè nel momento in cui le conseguenze dell’organizzazione sociale diventano così rilevanti da cambiare le condizioni della vita sulla terra. Tali effetti si sviluppano su tre piani diversi: 1. La consapevolezza di questi effetti sta crescendo, eppure siamo ben lontani dall’agire 2. Sul piano informativo c’è un aumento dei flussi che a loro volta producono caos, perdita di pluralità, indifferenziazione, semplificazioni e polarizzazioni. I messaggi diventano sempre meno capaci di produrre senso, aumentando l’incertezza: l’esito complessivo è quello dello smarrimento 3. La disorganizzazione sociale sta portando a forti disuguaglianze 3. Biforcare Dalla teoria dei sistemi sappiamo che esiste una soglia oltre la quale il sistema non è più in grado di adattarsi, cioè di dissipare l’entropia per mantenere il proprio equilibrio e la propria crescita  la modernità liquida ha portato l’organizzazione sociale a una nuova biforcazione = un punto di instabilità in cui possono emergere nuove forme d’ordine, è un cambiamento profondo e inaspettato della traiettoria del sistema che può aggravarne l’instabilità oppure favorire l’emergenza di un nuovo ordine (l’esito non è prevedibile, poiché in ogni punto di biforcazione c’è un elemento di casualità). 1 Nel modello di società degli individui si dà centralità alla relazione con l’oggetto materiale piuttosto che con l’altra soggettività, si tratta di una soluzione che ha permesso all’umanità un grande salto in avanti, ma che affermandosi su scala globale fa anche emergere nuovi problemi  fino a che si fa coincidere l’idea di libertà con l’indipendenza dagli altri, l’esito non può essere che l’aumento della dipendenza da apparati e dispositivi istituzionali, burocratici, tecnici, di mercato da una parte e la crescita dell’entropia dall’altra. Ciò che dovremmo fare dunque è trasformare i nostri modi di produrre, consumare e vivere insieme, a partire dalla crescente consapevolezza dei legami che costituiscono la vita sociale. Capitolo 3: Sostenibilità e digitalizzazione nella super società 1. Il Covid come acceleratore Il Covid è stato un potente acceleratore che ha portato al crollo di una serie di certezze, abitudini e modi di fare che fino a quel momento erano dati per scontati  è emersa la relazione che ci lega gli uni agli altri e all’ecosistema. Sostenibilità e digitalizzazione sono i driver principali della super società: possono portare ad una maggiore consapevolezza, ma se non si riflette attentamente su quanto sta accadendo gli esiti potrebbero essere molto diversi, se non addirittura opposti, rispetto a quelli auspicati. 2. Sostenibilità Il pianeta si trova esposto a un problema che, almeno nell’arco di tempo che ci serve, non ha soluzione. Abbiamo capito che dobbiamo raggiungere un obiettivo ma non sappiamo ancora esattamente come, e soprattutto non siamo disposti a cambiare le nostre abitudini e stili di vita  questi effetti entropici hanno delle conseguenze anche sulle persone, infatti al giorno d’oggi non è più possibile separare la questione ambientale da quella sociale, economica, politica. 112 nazioni hanno preso impegni precisi in tema di transizione ecologica, contro 85 (soprattutto appartenenti alle aree meno sviluppate). Anche nel mondo economico e finanziario si riconosce ormai che il problema dell’entropia non può più essere messo tra parentesi  molti osservatori temono si tratti di un’operazione di greenwashing: in quanto esposte al mercato, le imprese avvertono prima di altri soggetti i cambiamenti del contesto circostante e cercano, a modo loro, di adattarsi mediante nuove strategie commerciali. Apparentemente oggi tutti sono per la sostenibilità, basta dare un’occhiata alle pubblicità, in cui c’è una gara per accreditarsi come più sostenibili degli altri. Ma il significato di questo termine, con gli impegni che ne conseguono, rimane vago, si riscontrano infatti diversi problemi:  Problema di tempo: l’obiettivo del 2050 per le emissioni zero rimane un miraggio / la situazione è peggiorata a causa del Covid / le previsioni per i prossimi anni dicono che le emissioni di CO2 saliranno almeno fino al 2030 / le temperature sono destinate ad aumentare nel 2050 di oltre 3 °C  solo l’accelerazione del processo di transizione energetica può evitare l’impatto, ma per farlo è necessario toccare interessi, mettere in discussione posti di lavoro, aggiornare competenze di lavoratori, manager, imprenditori, amministratori pubblici ecc…  Problema di costi: l’impatto della transizione è asimmetrico, sia a livello internazionale che di singolo Paese, questo perché è sui più poveri che si scaricano i costi maggiori dell’aggiustamento  2 4. Supersocietà Ad oggi senza una correzione di rotta le condizioni che hanno reso possibile la vita sulla terra sono destinate a cambiare in modo irreversibile. Ciò che si profila è una nuova relazione tra soggetto e organizzazione sociale  progettare una «umanità aumentata» all’altezza della supersocietà. La società è dunque «super» in un triplice senso: 1. È caratterizzata dalla tensione all’efficienza, all’eccellenza, alla crescita e alla performance 2. È superiore a qualunque sovranità (pubblica o privata, individuale o collettiva, territoriale o organizzativa), creando così nuove tensioni strutturali e nuove logiche di dominio, integrazione, conflitto 3. Integra nella propria dinamica l’intera vita (biologica e sociale, locale e universale, individuale e collettiva) dentro un’unica realtà ibrida, immersiva, complessa dalla quale derivano le sfide del nostro tempo 5. Faust 4.0 La supersocietà nasce dall’eredità della modernità liquida, dai suoi successi e fallimenti. Di fronte a queste sfide, la risposta non può che essere un nuovo, più elevato livello di complessità che tende a spingere la supersocietà verso una più spiccata verticalizzazione  per fronteggiare la complessità dei sistemi abbiamo bisogno di saperi esperti, competenze specialistiche, interventi regolativi e procedurali sempre più dettagliati e capillari. Quest’ultimi però al tempo stesso tendono a disattivare l’intelligenza e la responsabilità diffuse, considerate inutili se non dannose. L’esperienza quotidiana è infatti palesemente inadeguata per capire il mondo in cui viviamo, tanto più per governarlo  non solo i saperi popolari ma anche quelli professionali, politici e religiosi diventano inservibili, se non di ostacolo. È evidente come l’obiettivo di un modello di sviluppo sostenibile non possa essere raggiunto senza il contributo della digitalizzazione, ma questo potrebbe portare a inedite possibilità di efficientizzazione basate sul controllo e a nuove forme di potere. La verticalizzazione implicita nella supersocietà si trova a misurarsi con due potenti controeffetti: 1. Aumento delle tensioni e dei conflitti per la supremazia economica e tecno-scientifica (e quindi politica) nel quadro dei limiti dell’ecosistema terrestre 2. Dinamica di esclusione a cui sono esposte quote significative di popolazione: interi gruppi sociali e aree territoriali non riescono più ad accedere ai benefici dello sviluppo Per ovviare a questi problemi si può rigenerare il «sapere neghentropico», come lo ha chiamato Bernard Stiegler, cioè qualsiasi sapere come il saper vivere (come saper arricchire e individuare l’organizzazione sociale in cui vivo senza distruggerla) e il sapere concettuale (come saper ereditare dal proprio passato mettendolo sistematicamente in discussione). La questione della sostenibilità chiede di modificare non solo le tecnologie che impieghiamo, ma anche gli assetti di potere esistenti, buona parte degli stili di vita, dei nostri modi di produrre e consumare e dei nostri modi di pensare  altrimenti la supersocietà è destinata a procedere oscillando tra le fortissime spinte verso la verticalizzazione, tensioni e conflittualità. La sostenibilità e la digitalizzazione delineano dunque i termini con cui la supersocietà affronterà le tensioni che la attraversano. 5 Capitolo 6: Complessità e intelligenza vivente nella supersocietà 1. La libertà al tempo della supersocietà Senza libertà anche un mondo perfetto non sarebbe umano, forse somiglierebbe più a un inferno che a un paradiso  la ricerca di un punto di equilibrio tra l’io e la società va sempre rinnovata Ha ancora senso, nel mondo che si va formando sotto i nostri occhi, scommettere sulla libertà? È oggi pensabile che sia proprio la libertà il dono che l’Occidente può portare al futuro del pianeta? Di fronte all’aumento esponenziale della complessità e dei problemi entropici e antropici che scuotono il nostro tempo, la verticalizzazione e la centralizzazione appaiono rimedi necessari ed efficaci. È necessario diventare sostenibili, anche grazie alla digitalizzazione, rafforzando ancora di più la spinta verso la razionalità strumentale e il controllo che ne deriva. Oggi si dà per scontato che il semplice cittadino non sia in grado di portare alcun contributo significativo alla risoluzione delle questioni più urgenti  è un sentiero che prosegue nella direzione di una infantilizzazione dell’umano, sgravato e privato di ogni responsabilità nel costruire condizioni di vita buona. Nella supersocietà nessuno è più responsabile perché si pensa che siano i sistemi esperti i soli in grado di prendere le decisioni più opportune, ma procedere per questa via è molto pericoloso soprattutto per due motivi: 1. Come la vicenda della pandemia ci potrebbe aiutare a riconoscere, la supersocietà soffre di un grave difetto cognitivo: la cultura contemporanea è impreparata ad affrontare gli effetti collaterali che produce 2. Un modello normativo sempre più esigente tende ad aumentare il numero di quelli che non ce la fanno e ad aggravare la fatica di tutti Abbiamo bisogno della tecnica per risolvere i problemi sempre più complessi che dobbiamo affrontare, ma questo spinge verso una verticalizzazione che, oltre a porre problemi di democrazia, rischia di aggravare disuguaglianza ed esclusione. 2. Il nodo del dualismo L’ordine sociale implica sempre un’episteme, cioè un insieme di presupposti e logiche implicite che orientano la conoscenza e le danno forma. Ogni episteme comporta un’interpretazione parziale e unilaterale della realtà, che ciononostante mira a presentarsi come universale. Se non riconosce il proprio limite e si assolutizza, ogni punto di vista scivola inevitabilmente verso la mistificazione  Paul Valéry: «ogni punto di vista è falso». Altre logiche, pratiche, storie, tradizioni, voci dissonanti restano invisibili e delegittimate, costituendo nello stesso tempo un potenziale perturbante che può intaccare la stabilità dell’ordine dato e rendere così possibile il cambiamento. L’episteme che ha dominato in Occidente è basata sulla separazione soggetto/oggetto e sull’impianto dualista che ne consegue, con i suoi esiti: una visione strumentale della ragione (definita in base alla capacità di raggiungere un determinato fine); una visione sostanzialista della realtà (come sintesi compiuta di materia e forma); una capacità di astrazione che ha enormemente potenziato il potere di agire dell’umanità  In quanto separabile dalla realtà, dal contesto, dalle relazioni, persino dalla stessa natura il soggetto (individuale o collettivo) può intervenire su ciò che lo circonda, separare e scomporre per controllare è la logica tipica della modernità. 6 L’astrazione separa e contrappone ciò che nella concretezza del reale è in una relazione di tensione dinamica, dove gli elementi in tensione sono pensabili solo uno per mezzo dell’altro  Simmel la chiama «inseparabilità», una posizione antidualista che ritroviamo anche in Gilbert Simondon  Simondon lo chiama «realismo delle relazioni», dove la relazione precede la realtà individuata. Simondon sceglie di non partire dall’«individuo individuato» con la sua identità (il «prodotto»), per cercare di spiegare le relazioni, bensì dalla relazione, per comprendere gli individui nel loro diventare tali: è il processo relazionale dell’individuazione. Quando non tiene viva la tensione tra le polarità che la costituiscono, ma cerca di cancellarne una radicalizzando l’altra, la vita sociale si ritrova impoverita. Per non finire prigioniera della logica autoreferenziale verso cui è fatalmente attirata, la supersocietà ha dunque bisogno di un diverso approccio epistemologico, capace di superare le prospettive, ormai inadeguate, della modernità. E tuttavia, noi non sappiamo ancora se e quando questa svolta epistemologica, che ci rimette in una prospettiva relazionale troverà ascolto, inaugurando il processo di cambiamento di cui sempre più si sente la necessità. 3. Ragione, calcolo e spirito Il nostro senso di inferiorità nei confronti del sistema tecnico si è ulteriormente accentuato: di fronte alle meraviglie tecnologiche la nostra inadeguatezza (i nostri errori, le nostre pigrizie, i nostri particolarismi ecc…), componente ineliminabile della libertà degli esseri limitati. è sempre più difficile da sostenere. L’uomo contemporaneo trasla sui dispositivi e i sistemi tecnici la propria proiezione di compiutezza, ma questa esternalizzazione si ribalta poi sulla vita delle persone e delle comunità in termini di richieste sistemiche sempre più ardue da soddisfare  la ragione si riduce a ratio, cioè a calcolo, per quanto sofisticato. Tale riduzione del nous a ragione calcolatrice e strumentale ha portato, insieme agli straordinari risultati del progresso moderno, a un deterioramento sociale e culturale, da cui la gravissima crisi entropica e antropica che minaccia la vita sulla terra al tempo della supersocietà. La conoscenza, intermediata dai sistemi che abbiamo costruito, tende a diventare sempre più astratta  una parte di realtà viene dimenticata e il sapere diffuso viene perso. I sistemi esperti non sono comunque in grado di raggiungere le prestazioni ottenute dagli umani che hanno accumulato una lunga esperienza: mentre i primi operano applicando una sequenza di regole, i secondi agiscono in base alla capacità di comprendere intuitivamente un intero complesso di fatti  La crisi dello spirito produce un impoverimento generalizzato (Paul Valéry). Stiegler chiama «desimbolizzazione» la «miseria simbolica causata dal capitalismo consumerista». Da queste critiche derivano almeno due implicazioni: 1. La ragione non è mai astratta, ma sempre incarnata, la sensibilità umana non è mai solo logica, ma sempre anche simbolica ed emotiva  c’è un «di più» nella vita umana che la logica dell’astrazione non riesce a cogliere, e che anzi cerca di cancellare 2. La ragione va intesa come «l’organo della novità, l’impulso ad andare al di là»  mentre gli animali si adattano, gli esseri umani, proprio in quanto noetici, «sono attivamente impegnati a modificare il loro ambiente». È qui che si radica la capacità di mettere al mondo, di continuo, qualcosa di inedito, è quella che chiamiamo libertà generativa. L’intelligenza umana non è dunque riducibile alla facoltà cognitiva (indispensabile ma insufficiente) che si limita a spiegare il mondo, né tanto meno a calcolarlo. 7 Dunque, sostenibilità e digitalizzazione sono fattori che rimettono in discussione il modo in cui lo spazio sociale, economico e istituzionale viene pensato e praticato. La direzione che si percorrerà rimane ancora ampiamente indeterminata, anche perché i modelli a cui sono ispirati i percorsi di trasformazione sono molto diversi. A un estremo c’è la smart city, la città tecnologica tutta digitale, interconnessa, veloce, datificata. Dall’altro, c’è la città conviviale, della socialità e della mobilità corta, della cittadinanza attiva e del recupero del rapporto con gli altri e con la natura. 2. Milieux associati Gli storici sostengono che lo sviluppo della civiltà ha subito un potente impulso nel momento in cui si è passati dalle forme di vita nomadica a quella stanziale. È infatti con lo sviluppo dell'agricoltura che il territorio è diventato «luogo», cioè spazio sociale organizzato e caratterizzato da una «cultura» che letteralmente, è il deposito di una conoscenza locale, la memoria di una popolazione, con le sue vicende, i suoi modi di lavorare, le sue pratiche quotidiane, le sue credenze, le sue leggi. A partire dalla fine del XIX secolo l'industrializzazione ha portato con sé l'affermazione della grande città moderna. Alla fine del XX secolo, nei decenni della globalizzazione espansiva quando la vita è diventata sempre più nomadica grazie al potenziamento della mobilità (turistica, professionale, migratoria), i processi di dissipazione e omologazione diventano così potenti da far perdere a molti territori la propria connotazione di «luogo»  i territori diventano semplici piattaforme per l'estrazione di risorse. Il risultato è la progressiva distruzione delle culture popolari locali, che produce pesanti effetti in termini antropici. In un mondo dove tutto va veloce sia nel tempo (innovazione) sia nello spazio (circolazione) c'è un profondo bisogno di risignificare il luogo. Il contrasto all'entropia dipende da una conoscenza localizzata e differenziata che si dimostri capace di prendersi cura di un territorio, e cioè della sua storia, della sua specificità, della sua vitalità. Torna utile a questo riguardo il concetto di «milieu associato» che Gilbert Simondon definiva come un ambiente ibrido (con elementi naturali e artificiali) tale per cui l'oggetto tecnico «associa» strutturalmente e funzionalmente le energie e gli elementi naturali che lo compongono. È solo grazie alla mediazione tecnica, come condizione per la stessa dinamica relazionale, che oggi hanno luogo l'individuazione e la coindividuazione. Con l'avvento del digitale, la sfida è capire a quali condizioni questo nuovo ambiente tecnologico permette la creazione di nuovi milieux associati. A questo proposito giocano un ruolo di primo piano le piattaforme che, consentendo lo scambio di oggetti e servizi, mettono a valore l'interazione tra persone su base locale e sovralocale. La lotta contro l'entropia è perciò anche imprescindibilmente una questione locale, è infatti proprio il valore condiviso che permette di far emergere l'unicità di un luogo, cioè una differenziazione rispetto all'omologa- zione crescente lungo gli assi dei flussi globali  Un esempio interessante è quello della Motorvalley, in provincia di Modena, dove un'impresa leader nel settore automotive ha coinvolto gli attori locali nel ridisegnare i percorsi scolastici e formativi. 3. Contribuire I territori contributivi sono spazi sociali dove l'aria, l'acqua, l'ambiente, la salute, l'educazione, persino la gestione dei rifiuti tornano a essere ripensati come beni comuni attorno ai quali ritessere la trama delle 10 relazioni locali. I territori contributivi sono capaci di rendere i cittadini protagonisti di un percorso reale e originale di sviluppo sostenibile su base locale. Le imprese si stanno chiedendo se e quanto i modelli lavorativi possano cambiare  come nel passato, la risposta si troverà nella nascita di nuove modalità di lavoro. Al fondo c'è l'idea che ciascuno sia prima di tutto un contributore, non in quanto paga le tasse ma in quanto è membro attivo di una società alla quale offre il proprio contributo, in una pluralità di modi possibili. Il proprio impegno personale e collettivo acquista così un valore nuovo, al di là dell'impiego retribuito. Il territorio diventa il contenitore in cui sostenibilità e digitalizzazione possono convergere ridisegnando le condizioni per un ingaggio diffuso attorno a beni che hanno un significato collettivo e il cui perseguimento può avere, a certe condizioni, un impatto positivo tanto sulla dinamica economico-sociale quanto sui processi di coindividuazione. Nella supersocietà, il welfare costituisce una infrastruttura strategica che ha una funzione non solo riparativa e ridistributiva, ma di abilitazione, connessione e sicurezza, a livello personale e comunitario, quale elemento cardine per la generazione di sostenibilità e valore condiviso. Per riformare il welfare la strada è quella di generare intorno a un bene comune, basato su piattaforme digitali che permettano una più efficace valutazione delle risorse disponibili e del loro utilizzo, nuovi e più agili funzionamenti amministrativi e maggiori opportunità di benessere e inclusione per le persone e le famiglie. 11
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved