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Riassunto TECNOLOGIE PER L'EDUCAZIONE - Rivoltella (2019). Completo e dettagliato., Sintesi del corso di Tecnologia Dei Sistemi Integrati

Per sostenere l'esame di TECNOLOGIE DIDATTICHE. Rivoltella P. C. e Rossi P. G, (a cura di), Tecnologie per l'educazione, Pearson, Torino, 2019. (piccolo errore titolo primo capitolo: *scuola informazionale, non società)

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

In vendita dal 26/01/2020

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Scarica Riassunto TECNOLOGIE PER L'EDUCAZIONE - Rivoltella (2019). Completo e dettagliato. e più Sintesi del corso in PDF di Tecnologia Dei Sistemi Integrati solo su Docsity! Tecnologie per l’educazione Introduzione Umano e tecnologie oggi 1. La società informazionale Quando internet nasce negli anni 80 del secolo scorso, la cifra che consente di comprendere il suo significato è lo sganciamento rispetto allo spazio e al tempo, soprattutto rispetto allo spazio. Internet rappresenta l’esito ultimo di un percorso di evoluzione della tecnologia in Occidente, che era iniziato già con l’invenzione della scrittura. Prima dell’avvento della scrittura, che limitava fortemente le opportunità di comunicazione, si potevano raggiungere solo poche persone e le si costringeva ad essere presenti per aver accesso alla comunicazione. La scrittura avvia un processo di progressiva e sempre più veloce ed efficace separazione della comunicazione dalla necessità di avvenire in un luogo preciso e in un certo tempo. Internet in questo senso rappresenta il risultato ultimo di questo processo poiché la sua invenzione si portava dentro il everywhere any-time ➔ cioè la p ossibilità di essere raggiunti dalla comunicazione dappertutto ed in qualsiasi momento. Il dispositivo che viene portato in gioco è la possibilità di una vita sullo schermo che si libera del peso del corpo. Internet sgancia la comunicazione dallo spazio e la rende accessibile dappertutto e in ogni momento perché non ci chiede più di essere fisicamente presenti da qualche parte. La vita sullo schermo che internet rende possibile è una vita potenziata perché avviene senza il corpo. Come dice Floridi non siamo più noi ad essere online/offline, ma i media ad essere onlife cioè la tecnologia è quindi diventata una dimensione naturale della nostra vita, una dimensione del corpo. Un cambiamento epocale che porta una comprensione della tecnologia a diversi livelli: • epistemologico (nuovi modelli di conoscenza), • organizzativo, • didattico (l’esperienza aumentata e la robotica), • educativo (l’educazione digitale come educazione ad una nuova cittadinanza). La Generazione Z quelli nati dopo il 2000 sono i primi che vedono la tecnologia come la normalità, non avendo vissuto in precedenza. Questa è ormai una società informazionale e non più dell’informazione 2. Un nuovo rapporto tra cultura e natura: Gli sguardi che la nuova tecnologia apre, attivano nuove prospettive con cui vivere la realtà, con cui agire. La ricorsività tra natura e cultura apre nuove strade, tutte da esplorare. Occorre esplorare un nuovo umanesimo digitale, che potrebbe essere visto con le lenti del post-antropocentrismo. La tecnologia è il luogo di tale divenire che traccia connessioni trasversali. La nozione chiave non è la separatezza, ma la trasversalità delle relazioni, che traccia connessioni lungo le linee materiali e simboliche. Il post-antropocentrismo: La trasversalità non riguarda solo la relazione tra umano, animale e tecnologico, ma anche la relazione tra linee e forze materiali e simboliche, concrete e discorsive. Guattari parla di auto-poiesi come collegamento tra la materia organica e gli artefatti tecnologici e macchinici. La trasversalità è prodotta dal dialogo tra le componenti materiali e le informazioni e i linguaggi, tra il corpo meccanico (hardware) e il contenuto numerico (software) che trasformano l’artefatto attuale da mediatore – tra umano e ambiente – ad altro con cui l’umano dialoga. Conoscenza e azione: Il digitale propone la ricorsività tra conoscenza e azione e modifica il rapporto tra conoscere e esperire. Oggi l’esperienza avviene durante l’attività in quanto il modo in cui si esperisce è lo stesso che si sta costruendo, proprio a causa della relazione natura-cultura. L’azione diviene processo che organizza e manipola i concetti e produce e modifica modelli mentre agisce sul mondo. 3. Aggregazione e multimodalità: La prima pagina del primo numero del corriere della sera presentava due articoli da leggere dalla prima all’ultima riga. Nel 900 la prima pagina cambia, sono presenti alcuni articoli spesso meno di 5, accompagnati da immagini o disegni. Negli ultimi quindici anni la prima pagina cambia profondamente e contiene spesso oltre 20 input che più che essere simile a un testo, è un riquadro, oggetto grafico-testuale. Il riquadro sembra l’icona di un articolo. Come cambia il lettore? Il lettore delle pagine pre 2000 doveva decostruire il testo per ricostruire il senso. Non aveva altri supporti. Oggi invece il lettore si confronta con i quadri, mentalmente costruisce un puzzle le cui tessere sono le icone dell’articolo. Se precedentemente la lettura era per singolo articolo, ora l’interpretazione richiede una visione “trasversale“ che coinvolge larga parte delle icone-input presenti. Tale passaggio è descritto da Kress da una lettura come decostruzione a una lettura come aggregazione che riguarda la multimodalità, che non riguarda solo la presenza di più linguaggi ma l’interazione di multiple tipologie di azione. Tecnologie e didattica 4. Complessità e Information Literacy L’Insegnante vive in un contesto d’azione a elevata complessità. Tale complessità è dovuta alla una visione analitica, che descrive i singoli componenti, e una olistica che coglie il funzionamento del sistema. ✓ Ogni tecnologia ha una sua logica e le differenti logiche interagiscono grazie al digitale. ✓ La connessione degli artefatti in reti→ Vale per i cellulari ma anche per gli ambienti digitali per la formazione che aggregano le produzioni e le persone che le producono. ✓ Il morphing→ ovvero la possibilità di modificare il livello di zoom o la granularità dei concetti (es: Google Maps e la possibilità di passare dalla visione di un singolo edificio a quella dell’intero globo). Aggregazione, connessione e morphing producono quella che Floridi chiama Infosfera➔ una realtà in cui lo scambio di dati digitali crea un ambiente dove l’informazione è il nucleo fondante ma anche il valore aggiunto; Infosfera è un concetto che può essere utilizzato anche come sinonimo di realtà, laddove interpretiamo quest’ultima in termini informazionali. Il “reale” diviene un’ibridazione tra il mondo percepito con i sensi e quello prodotto dai dati. I comportamenti o modi di pensare degli umani riflettono oggi la cultura digitale anche quando non sono fisicamente a contatto con artefatti digitali. Il mondo digitale è costituito dall’interazione di tre elementi: società, cultura e tecnologie→non sono traiettorie autonome, ma tre facce della stessa medaglia; questi tre elementi sono influenzati dal rapporto circolare e ibrido tra natura e cultura. 1.2 Il frammento e il layout: Aggregazione, connessione, macchine complesse e morphing hanno in comune due elementi: ❖ Frammento→ i frammenti sono espressione della complessità e sono tra loro non riducibili (ogni notizia del giornale o ogni opera in un museo ha una sua identità e una sua specificità). Inoltre ogni frammento è complesso, ovvero leggibile con più logiche. I frammenti sono tra loro distanti, per capire come possano interagire a distanza senza perdere le loro caratteristiche può essere d’aiuto il concetto di ambiguità proposto da Merleau-Ponty, egli afferma che il soggetto della percezione rimarrà ignorato finché non sapremo evitare l’alternativa. Evitare l’alternativa fra diversi e distanti, cioè capire come possono dialogare e avviare la comunicazione senza perdere la propria identità sono processi presenti anche nella logica del non-uno. ❖ Layout→ non è solo un organizzatore che supporta la conoscenza, ma è azione che permette di semplificare la complessità del pensiero. 1.3 Pensare in formato corporeo Da sempre il pensiero ha dato forma a concetti astratti. Nel mondo pre-digitale→ la codificazione dell’astratto riguardava soprattutto la rappresentazione e l’elaborazione avveniva all’interno della mente umana. Nel mondo digitale→ invece, la codificazione coinvolge i modi con cui agire sui concetti. I concetti vengono rappresentati fisicamente con parole, disegni, schemi e grafici. Le app richiedono l’azione, per cui concettualizzare è maneggiare i concetti come se fossero oggetti per costruire nuove idee. Azione multimodale➔ significa che viene eseguita neurologicamente usando substrati neurali usati sia per l’azione che per la percezione e che le modalità di azione e percezione sono integrate a livello del sistema motorio stesso e non tramite aree di associazione più alte. Il digitale rende sempre più diffuso il processo del pensare in formato corporeo in quanto crea uno spazio cognitivo in cui i concetti sono visualizzati. Essi divengono oggetti che possono essere modificati nello schermo con processi senso-motori (avvicinarli, allontanarli, collegarli, manipolarli). Attività senso-motorie➔ utilizzare le mani e il corpo per gestire oggetti astratti. I mondi aumentati, più che virtualizzare il reale, danno corpo a concetti astratti e permettono di muoversi con idee e concetti nello stesso modo con cui si opera con gli oggetti reali. 1.4 Il frammento, il layout e la didattica Il frammento che caratterizza il digitale non porta con sé un valore aggiuntivo, la sua presenza però è collegata con il contesto culturale e produttivo quindi non può essere rimossa se non rinunciando al mondo attuale. Il problema diventa quindi saper interagire con esso e soprattutto come operare nella relazione tra frammento e layout. Cosa significa frammentazione in educazione? Gli elementi chiave sono il ruolo centrale assegnato alle attività degli studenti e i layout. Da ciò Rivoltella genera il metodo EAS (Episodi di Apprendimento Situato) nel quale il docente e, attraverso lui, il sapere sapiente hanno il compito di far emergere e valorizzare i frammenti per poi riorganizzarli. Se la conoscenza è liquida e presente in vari contesti, se gli studenti arrivano a scuola con un sapere a macchia acquisito in contesti non-formali, al docente spetta il compito di far emergere tale sapere per poi sistematizzarlo. I metodi di insegnamento attuali spesso propongono degli schemi rigidi incapaci di produrre aggregazioni situate coerenti con il sapere degli studenti. Il ruolo del docente cambia, infatti opera come un tutor che accompagna lo studente nella formazione dei suoi “quadri”. Il micro-learning è uno spazio d’azione delimitato e pertanto sostenibile, che funge da contenitore (layout) per portare a sistema la varietà. Con i dispositivi multimodali lo studente opera sulle proprie conoscenze e le confronta con gli altri costruendo sintesi condivise. Cosa sono il layout e il frammento nell’azione didattica? Sono connessi alle attività, alle competenze e ai compiti autentici. Sono connessi alle discipline, agli obiettivi e ai contenuti. 1.5 Il digitale come terzo spazio La gestione del micro-learning viene supportata dalla presenza di artefatti digitali che forniscono un supporto insostituibile. La presenza di frammenti ha posto l’esigenza di uno spazio diverso in cui sia possibile ibridare processi, in cui connettere concetti per formare nuove emergenze. Flessner propone il terzo spazio, per Gutierrez il terzo spazio è un luogo di apprendimento trasformativo che crea numerosi punti di accesso sia per i linguaggi sia per le modalità operative. Nella pratica educativa e non solo, troviamo il digitale sia nella presenza (LIM), sia nella distanza (internet, Wikipedia). Il valore aggiunto però è quando produce un terzo spazio ibrido e blended che connette formale ed informale. È un terzo spazio in quanto in esso interagiscono significati e processi, teoria e pratica. Le tipologie di attività interpretabili come terzo spazio sono: − Aggregare note e scrittura collaborativa: Inglobano la possibilità di interagire in tempi diversi sui testi e operare contemporaneamente con più media pone al centro il processo rispetto al prodotto. − La stratificazione dinamica dei documenti digitali e il tracciamento in itinere. − La progettazione tramite app che permettono di aggregare diversi livelli. Questi artefatti sono uno spazio di mediazione tra docente e studente utili per l’allineamento delle traiettorie, essendo digitali. − Infine molti ambienti blended che sono uno spazio intermedio tra le pratiche in aula ed esperienze esterne, quasi una terza aula, svolgono un ruolo di ponte che non solo connette ma garantisce la nascita di una prospettiva diversa. Il digitale è un terzo spazio quando permette ai docenti e studenti di raccogliere materiale differente, recuperato da rete, da produzione in classe, organizzarlo e strutturarlo, costruendo quel sapere situato e condiviso che è il prodotto dell’agire didattico e dell’identità della classe. 2° CAP: Storia e principi delle tecnologie educative 2.1 Introduzione: La parola tecnologia rivela lo stretto legame tra strumenti e modalità di utilizzo con il pensiero o in senso lato con la cultura. La parola greca techne si è ampliata assumendo una riflessione filosofica legata al concetto di guida del ragionamento, quindi in senso più ampio di forma del conoscere. 2.2 Avvento dell’educational technology: La tecnologia da sempre ha fatto parte dell’educazione ma si è soliti indicare come data simbolica di nascita di una specifica area di ricerca su queste tematiche il 1954, anno di Le tecnologie diventano veri e propri ambienti (virtuali) per la costruzione attiva, partecipativa e collaborativa delle conoscenze. Con internet il modello esce dalle classi e diventa globale. 3° CAP: Le tecnologie per la progettazione didattica e la gestione dell’aula. La presenza delle nuove tecnologie ha spostato l’attenzione da una relazione docente-discente a una triangolare in cui il terzo polo è rappresentato da ambienti e artefatti digitali che svolgono due funzioni diverse: ▪ alcuni artefatti sono mediatori didattici e supportano il docente nella trasposizione, ▪ altri invece sono degli aggregatori e forniscono la rappresentazione esplicita del percorso, rappresentazione che, nel passato, era garantita dal manuale o dall’azione spesso implicita dell’insegnante. 3.2 Le tecnologie a supporto della progettazione del docente Scrivere un contributo utilizzando la matita e un foglio o farlo utilizzando un word processor è differente: il ricorso al digitale, fornisce schemi e percorsi guidati che indirizzano la produzione di documenti. La necessità di disporre di un supporto esterno alla mente umana dipende dalla complessità della struttura da costruire. Nell’ambito della progettazione didattica le prime realizzazioni di dispositivi autoriali digitali iniziano sotto la spinta della diffusione di percorsi di formazione online: • ADL (advanced distributed model) propose SCORM, una standard utile a guidare la progettazione di oggetti didattici riutilizzabili. Limite di SCORM era quello di fornire e richiedere molte indicazioni tecnologiche, che rendevano oneroso il lavoro del progettista, mentre scarse risultavano quelle di carattere pedagogico e didattico. • Per rispondere a tale limite, all’inizio del 2000 l’IMS LD ovvero uno standard che poteva supportare il docente nella realizzazione di percorsi didattici, ma che diversamente da quello SCORM, lo guidasse anche sul piano pedagogico. Anche questo si rivelò praticabile solo per la progettazione di percorsi complessi ma che sarebbero rimasti immutabili. • Soluzioni successive furono le API quelle che permettevano di far dialogare componenti di diversi applicativi al fine di produrre aggregazioni di materiali. ➢ La seconda fase Dal nuovo millennio è emersa una nuova attenzione alla progettazione didattica supportata da applicazioni digitali che ha riguardato non più percorsi online, ma la didattica nel suo complesso. Il gruppo di lavoro Learning Design Group ha individuato quattro progetti che hanno alimentato la ricerca: questi avevano in comune la visione che il miglioramento dell’insegnamento e dell’apprendimento passasse attraverso lo sviluppo di framework descrittivi dei processi e dell’azione didattica. In particolare, gli autori condividono il fatto che la tecnologia supporti la riflessione sulla progettazione dei percorsi didattici e la formazione di comunità e di repositori di Learning Design (LD). Il Learning Design Support Environment è un supporto digitale all’organizzazione delle attività didattiche del docente attraverso una scansione delle azioni. La possibilità di descrivere il proprio progetto permette al docente in fase di progettazione di distanziarsi e dialogare con il proprio artefatto per attivare quei processi di simulazione dell’azione. ➢ Gli aggregatori multimediali: L’attenzione si sposta dalla progettazione pre-azione alla costruzione di aggregatori utilizzabili anche in classe. Si pensi ad esempio a Edmondo o a TesTech (la web app che permette al docente di organizzare le risorse multimediali selezionate in rete e di condividerle con i propri studenti all’interno della classe). Tale ambiente mette insieme due delle condizioni inerenti all’utilizzo degli artefatti digitali nella didattica: la facoltà di aggregare media differenti e la possibilità di manipolare e modificare gli artefatti stessi. La funzione dell’artefatto progettuale quindi è quella di supportare sia il docente nell’elaborazione del percorso, raccogliendo e organizzando tutto ciò che egli utilizzerà a lezione, che gli studenti orientandoli e fornendo loro una visione organica del percorso didattico e i materiali da utilizzare per lo svolgimento delle attività. L’uso di applicazioni esistenti nate per scopi non educativi porta a dei problemi: se nascono fuori dal mondo educativo si portano dietro logiche che non sono proprie di questo mondo. Laurillard rivendica ai docenti il ruolo di progettare, con il supporto di informatici, le applicazioni per la didattica evitando deleghe pericolose e fuorvianti. ➢ La reificazione della progettazione L’artefatto digitale assolve contemporaneamente alla funzione di contenitore flessibile e a quella di ambiente reticolare. Il ruolo di contenitore non va inteso come una cosa da riempire con oggetti digitali che vanno catalogati (come nello SCORM) per un successivo e uguale utilizzo. L’aggregatore può essere infatti utilizzato in classe per organizzare i materiali di studio da sottoporre agli studenti, dare consegne, raccogliere e gestire le restituzioni, archiviare i prodotti di attività e documenti di valutazione. Si tratta infatti di un organizzatore grafico flessibile che può essere costantemente modificato in azione. La dimensione reticolare invece espande la progettazione del docente sia in termini di apertura verso contenuti esterni, presenti nel contesto o in rete, sia in termine di correlazione tra i diversi punti di vista da approcci disciplinari differenti. Permette anche un’estensione in dimensione inclusiva attraverso la possibilità di personalizzare percorsi. L’artefatto digitale risponde all’esigenza di soddisfare le diverse richieste provenienti dalla classe, permette infatti una visione multiprospettica. La possibilità di condividere i propri prodotti estende la possibilità di incontro e di conoscenza di altre realtà permettendo il confronto e lo scambio peer to peer, in dimensione orizzontale e partecipativa. La struttura reticolare, garantisce quella flessibilità e quella possibilità di essere generativa che le strutture lineari non hanno e che invece è richiesta nella complessità attuale (il prof lo ha spiegato, concetto di cultura partecipativa). 3.3 Le tecnologie per supportare l’inclusione Un particolare contributo delle tecnologie alla progettazione e gestione della classe può essere visto nell’ottica dell’inclusione. Sebbene personalizzazione è una parola chiave della formazione, essa va connessa alla sostenibilità dell’azione didattica in classe. Infatti non sarebbe didatticamente sostenibile, né per il singolo docente nè per l’intera comunità scolastica, un approccio che intendesse la personalizzazione come la realizzazione di percorsi differenti per ogni studente. L’apprendimento infatti è un processo al contempo individuale e sociale che prende l’avvio dalle interazioni che avvengono nella classe e che supportano in modo generativo tale processo; la moltiplicazione di percorsi didattici, uno per ciascuno studente, potrebbe inibire tali interazioni. Perché la personalizzazione sia sostenibile va intesa come la predisposizione di dispositivi unici ma aperti, all’interno dei quali ciascuno studente possa agire in modo diverso in base alle proprie abilità, alle proprie competenze e ai propri bisogni. Personalizzare quindi significa predisporre dispositivi inclusivi che riescano a far dialogare traiettorie differenti. In questa prospettiva le tecnologie permettono di: • presentare lo stesso contributo attraverso formati diversi • avere diverse app ciascuna delle quali consente di lavorare e interagire secondo le proprie abilità (per il recupero in ortografia, per le mappe concettuali per soggetti con DSA) • costruire gruppi di lavoro che permettono la diversa contribuzione di ciascun utente • realizzare percorsi di scrittura collaborativa e interagire con altri attori del processo formativo attraverso le applicazioni online. Se poi l’artefatto progettuale è costruito secondo una logica “mappale” rende visibile allo studente il proprio percorso, in una dimensione che gli permette di cogliere il particolare nel generale e il generale nel particolare. Tale approccio può favorire anche lo sviluppo di una dimensione inclusiva, all’interno della mappa ciascuno studente potrà soddisfare la necessità di ricorrere a linguaggi comunicativi alternativi, avendo ben chiara la dimensione comune della classe, del percorso che gli si presenta davanti. Porre attenzione alla dimensione inclusiva, secondo questa chiave di lettura significa realizzare un artefatto che coniughi micro e macro, generale e particolare (macro-progettazione: il percorso annuale, i moduli; micro-progettazioni: singole attività didattiche in cui è articolata la lezione). Possibili disagi che suggeriscono l’uso di tecnologie: ➢ Disabilità fisico-sensoriali Per gli studenti con questo tipo di disabilità, ausili software e hardware possono: • consentire l’uso facilitato di computer e attraverso questo partecipare a molte attività in aula (scrivere, disegnare, comunicare con gli altri studenti). • Provvedere alla traduzione di gesti semantici, basata sul riconoscimento e l’interpretazione di semplici movimenti del cursore sullo schermo. • Produrre una semplificazione dei contenuti attraverso l’analisi automatica della complessità dei media presentati allo studente, proponendo modalità di lettura/visualizzazione alternative. In questo caso, si chiede alla tecnologia di consentire allo studente di interagire con le risorse didattiche (uso compensativo della tecnologia: audio-libri, calcolatrici, mouse e tastiera adattati) e di entrare in comunicazione con il contesto circostante (uso partecipativo della tecnologia), primo passo per una partecipazione attiva e collaborativa alle vicende della classe. ➢ Disabilità cognitive/Disagio psico-sociale Nel caso di studenti con difficoltà di apprendimento, con il supporto delle tecnologie è possibile: • Mettere a loro disposizione ambienti di studio personalizzati, basati cioè su software semplificati e/o tarati sulle abilità cognitive del singolo. • Consentire lo sviluppo di attività che risultino chiare, ben focalizzate e stimolanti. • Supportare attività finalizzate allo sviluppo del linguaggio, favorendo processi di apprendimento multi-sensoriale. Nel caso di disabilità fisico-sensoriali le problematiche da affrontare sono facilmente riconoscibili, nel caso invece di disabilità cognitive/disagio psico-sociale le problematiche riguardano la sfera personale, conseguentemente vanno affrontati sia sul piano della facilitazione d’uso delle risorse tecnologiche e didattiche, sia su quello della personalizzazione degli approcci sulla base del particolare deficit cognitivo. Nel caso poi di studenti con difficoltà emotive e/o di disturbi del comportamento, è possibile che le risorse tecnologiche possano: • Proporre attività in cui i discenti non si sentano intimiditi o sotto giudizio nel compiere azioni o commettere errori. • Proporre attività attraverso l’uso del computer che facilitino gli studenti nel raggiungimento di risultati altrimenti impensabili. • Offrire al singolo la possibilità di sentirsi responsabile del proprio percorso di apprendimento. • Assegnare agli studenti compiti differenziati ovvero adeguati al loro particolare status. Anche in questo caso la tecnologia può aiutare, ma è la capacità progettuale a fare il resto. ➢ Patologie che impediscono la normale frequenza scolastica Ci sono gravi patologie croniche che costringono gli studenti a lunghe assenze a scuola, come nel caso della sensibilità chimica multipla. Si tratta di numeri importanti tanto da spingere il Miur a istituire, nel 2003, il servizio di Istruzione Domiciliare , che nasce proprio con l’obiettivo di consentire agli studenti costretti a importanti degenze al di fuori di un istituto di cura. Non prevede fra le sue prassi il mantenimento del contatto tra la classe di provenienza e lo studente costretto a casa (homebound). L’assenza o la riduzione di relazioni sociali può essere fonte di ulteriore malessere psicologico per lo studente che non può frequentare. Infatti la relazione con gli altri svolge un ruolo centrale nello sviluppo della mente e delle abilità sociali, cognitive... È stato lanciato il progetto TRIS (Tecnologie di Rete e Inclusione Socio-educativa)➔ la finalità del progetto è stata ideare, mettere a punto e sperimentare un modello eco- sistemico centrato sul concetto di classe ibrida inclusiva. Dietro il concetto di classe ibrida dunque, c’è un mix di aspetti tecnologici, progettuali, didattico-pedagogici, metodologici e organizzativi→ sono elementi portanti di un qualsiasi processo di introduzione delle tecnologie nella didattica e questo indipendentemente dalla presenza o meno di uno studente in situazione di disagio. Tornando alla classe ibrida inclusiva vediamo che ciò che la caratterizza non è tanto la meccanica composizione di spazi reali e digitali, quanto piuttosto l’essere sede di processi di insegnamento-apprendimento centrati su strategie didattiche che favoriscano l’inclusione. Le strategie didattiche che sono state più efficaci sono quelle centrate sul coinvolgimento attivo e partecipativo dello studente remoto, cosi come degli studenti in aula. Le tecnologie che occorrono per realizzare una classe ibrida inclusiva sono una webcam brandeggiabile (ossia orientabile direttamente dallo studente a casa in modo da dargli la possibilità di provvedere in modo autonomo alle inquadrature all’interno dell’aula remota) e l’insieme delle risorse e dei servizi di internet. 4.4 Le situazioni speciali come crogiolo d’innovazione La didattica speciale da sempre ha rappresentato uno straordinario crogiolo d’innovazione, un terreno privilegiato per condurre sperimentazioni sull’uso didattico delle tecnologie. Sperimentazioni che spesso hanno portato a modelli didattico-pedagogici e organizzativi efficientemente esportabili anche nella didattica “normale”, benché più restia a introdurre tecnologie nelle proprie prassi educative. E questo, soprattutto quando meno pressata da esigenze specifiche che portano a vedere nella tecnologia stessa un alleato, ossia qualcosa che può risolvere/attenuare un problema o migliorare una situazione, più che creare disturbo o complicazioni. Obiettivo dell’aula ibrida inclusiva→ è fare in modo che lo studente non fruisca passivamente le lezioni da casa ma si senta come se stesse in classe. Le classi ibride si sviluppano negli spazi ibridi→ ossia spazi dinamici prodotti dalla costante connessione delle persone alla rete internet attraverso i propri dispositivi mobili o fissi, includendo così spazi e contesti remoti in quello percepito/vissuto al momento. Stimolando la ricerca di soluzioni basate sull’uso di risorse tecnologiche per affrontare il problema dell’inclusione socio-educativa, viene implicitamente favorita una riflessione su come utilizzare analoghi strumenti e metodi per innovare e migliorare anche la didattica “normale”. 5° CAP: Valutazione, feedback, tecnologie L’uso delle tecnologie è un elemento che può interagire con i cambiamenti in atto nelle pratiche di valutazione, rendendo quest’ultima un’esperienza più significativa per gli studenti e migliorando la gestione dei tempi e dei modelli per i docenti. Nel capitolo verranno prese in esame diverse pratiche di utilizzo delle tecnologie in aula e nell’online, che introducono nuove prospettive di azione e di relazione tra docente e alunno. Vi sono diverse linee di lavoro che mirano ad indagare i seguenti processi: • comunicare la consegna, presentare il compito, correggere il compito e assegnare in automatico un punteggio, discutere con lo studente le valutazioni assegnate • valutare collaborativamente, anche grazie a strumenti per la comunicazione online (wiki, blog, forum) • riflettere sui propri compiti e auto-valutare la propria traiettoria individuale e professionale • attuare pratiche di valutazione inclusive e rispettose delle differenze dei diversi alunni. 5.2 Valutazione e tecnologie Contemporaneamente alla diffusione di nuove modalità tecnologiche di comunicazione didattica abbiamo assistito alla diffusione di molteplici strategie per il monitoraggio e la certificazione di competenze e diverse modalità di apprendimento e di interazione mediate digitalmente. Tutto questo ha condotto a un ripensamento nel tradizionale modello valutativo fondato sulla triade informazione, studio, verifica, considerate non più adeguate alla situazione attuale degli studenti e del contesto. × Gli stessi insegnanti notano che molti compiti del passato vengono svolti in maniera meccanica e poco significativa da parte degli alunni, in quanto, grazie all’utilizzo della ete e della tecnologia, possono essere svolti con operazioni di copia-incolla in nessun modo rilevanti e formative. La tecnologia può essere utilizzata per la preparazione, l’erogazione e la misurazione di una prova strutturata→ esistono applicazioni che consentono di costruire quiz, definendo il peso e la tipologia di domande e la raccolta dei risultati. Alcuni software (Quiz faber – Hot potatoes – Online quiz creator – My quest base – Quizizz – Kaboot – Google moduli) supportano il docente nella costruzione di prove che possono essere svolte dalla classe e forniscono un prezioso aiuto nella visualizzazione dei dati raccolti, dando così al docente la possibilità di ripensare il proprio lavoro e di comprendere se siano necessari Far di necessità virtù In queste pratiche si ritrovano diverse caratteristiche fondamentali: 1) proporre agli studenti di valutare il proprio lavoro e quello dei colleghi, significa metterli in una posizione di responsabilità rispetto al proprio operato. 2) è necessario condividere criteri di valutazione, esplicitando i punti chiave e le dimensioni del lavoro che andranno valutate. 3) l’attività di peer assessment infine permette di ricevere dai colleghi feedback che hanno un impatto diverso rispetto ai feedback forniti dal docente. Le indicazioni del docente infatti vengono recepite in modo acritico e portano a una correzione immediata, mentre le indicazioni fornite dai pari sono accolte in maniera problematizzante e conducono a un ripensamento più profondo dell’intero elaborato. Web-PA → software specifico che permette di valutare i lavori sulla base di un set di criteri condivisi e di ricevere una valutazione calcolata automaticamente, ricavata dalla somma delle valutazioni del gruppo docenti. 5.4 La tecnologia per la riflessione e l’autovalutazione Da diversi anni, per la riflessione e la valutazione si utilizzano strumenti come il portfolio e l’ePortfolio, che supportano studenti e docenti in esperienze di valutazione autentica. L’ePortfolio→ è la versione digitale del portfolio e nasce come strumento per la raccolta di materiali significativi che documentano la crescita e lo sviluppo personale e professionale del soggetto che lo costituisce. L’ePortfolio può contenere prove dell’apprendimento costituite da materiali audio e video oltre ai documenti cartacei, dunque, è un luogo dove si può apprezzare non solo la competenza oggetto di attenzione, ma anche un’espressione personale e ricca della voce dello studente e delle proprie visioni personali. Può essere utilizzato in modi differenti: si può incentrare sulla verifica di come sia stata trattata e compresa una singola disciplina, può servire per rilevare interesse e la motivazione dello studente, per comprendere come si acquisisce nel tempo consapevolezza della propria crescita professionale. Il focus è quello di mettere in luce le competenze dello studente e non sottolineare le fragilità e le mancanze. Può essere mostrato a un pubblico esterno alla classe e tale caratteristica “social” lo rende uno strumento capace di favorire il dialogo tra studente, docente e altri soggetti. 5.5 Valutazione e inclusione Le attività scolastiche più comuni rappresentano spesso delle barriere per gli studenti. È stato stimato che circa il 10% degli studenti presenta un “print impairment”→ ovvero la difficoltà specifica ad apprendere attraverso il canale testuale: − di questa categoria fanno parte tutti coloro che hanno un deficit nella visione, ma anche i soggetti con dislessia, − a questi soggetti si aggiungono tutti coloro che hanno difficoltà linguistiche, ad esempio gli studenti stranieri. − Per tutti questi studenti l’utilizzo delle tecnologie offre una molteplicità di risorse che consentono una partecipazione più personalizzata e individualizzata alle attività. Attività di ascolto, lettura, scrittura, possono essere ampliate e differenziate fino a coprire meglio un ventaglio di compiti di diversa natura. Tutto ciò permette di valutare un ampio specchio di abilità negli alunni grazie alla presenza di tipologie diverse di compiti. 5.6 Open badge, Blockchain e Blockcert Badge➔ è una sorta di “distintivo virtuale” che precisa chi ha assegnato un riconoscimento. ✓ Può essere collocato in uno spazio pubblico di cui è proprietario il soggetto, svincolato dalle istituzioni formali. ✓ I badge sono definiti da uno standard aperto. Open badge➔ possono essere utilizzati per supportare l’apprendimento e la valutazione, introducendo caratteristiche che tipicamente non appartengono al contesto scolastico. 1° caratteristica: raccogliere badge durante il percorso di apprendimento lo rende simile ad un gioco dove completare le sfide significa ricevere attestati di competenza e questo può risultare molto motivante per l’alunno. 2° caratteristica: è la loro visibilità pubblica, chi guadagna un badge può mostrarlo nel suo profilo social o nel suo curriculum. 3° caratteristica: è di natura più didattica, il badge può semplificare la comprensione del rapporto tra attività svolte e traguardi conseguiti. Blockchain➔ può essere definita come un registro digitale che tiene traccia, in maniera sicura e anonima, delle transazioni che avvengono tra diversi utenti. Per valorizzare al massimo le caratteristiche di Blockchain hanno proposto il Blockcert➔ che permette il controllo e la verifica delle credenziali. Lo standard Blockcert consente di verificare l’emissione di un titolo senza dover contattare direttamente l’istituzione scolastica o l’università che lo ha emesso, ma semplicemente sfruttando la prova crittografica della validità del titolo. 6° CAP: Documentare per creare nuovi significati: i musei virtuali 6.1 Patrimoni in ambienti digitali. Contesto di riferimento. Rispetto all’evoluzione degli ambienti digitali in ambito museale, il patrimonio può essere considerato un sistema complesso, costituito da un rimando continuo tra spazi fisici e virtuali, che garantisce alle diverse tipologie di visitatori (insegnanti, gruppi scolastici, famiglie) di conoscere ed esplorare i beni, di sperimentare nuove attività attraverso le tecnologie e anche collaborare per costruire percorsi museali. Le opere culturali trasmettono nuove informazioni, conoscenze, emozioni e si trasformano nel tempo. Questo aspetto di ridefinizione pone al centro il visitatore e la sua capacità di ricreare contenuti “aggiungendo al patrimonio altro patrimonio”. Dunque, l’UNESCO definisce il patrimonio come “l’insieme delle prassi, delle rappresentazioni, delle espressioni, delle conoscenze, come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali, che le comunità, i gruppi e, in alcuni casi, gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale trasmesso di generazione in generazione. Gli ambienti digitali, nello specifico i musei virtuali, giocano un ruolo essenziale nella relazione tra visitatore/comunità, patrimonio/tecnologie. È così che Jenkins parla di “culture partecipative” che si definiscono nello spazio aperto della rete grazie agli strumenti web e social networking con l’obiettivo di favorire l’espressione artistica, l’impegno civico e il senso di appartenenza. 6.2 Musei virtuali: linee di sviluppo Museo virtuale➔ può essere definito come un’entità digitale per la comunicazione e valorizzazione di beni culturali accessibile al pubblico. Ha lo scopo di ampliare l’esperienza museale tradizionale attraverso forme di interazione, personalizzazione e creazione dei contenuti. Gli elementi che caratterizzano i musei virtuali riguardano fondamentalmente i seguenti aspetti: ✓ La multimedialità→ in quanto permette un tipo di comunicazione attraverso differenti codici espressivi (immagini, testi, suoni) ✓ La multimodalità→ intesa come possibilità di agire, scegliere e strutturare in modo personalizzato una varietà di percorsi. ✓ La connettività→ come parte di un sistema di rete che favorisce l’accesso a una o più realtà museali. Il museo virtuale si costituisce di riproduzioni digitali di oggetti/opere reali oppure di elaborazioni di artefatti creati ex novo digitalmente. La sua diffusione ha portato alla distinzione di due tipologie: musei reali su digitale e musei digitali per l’allestimento di oggetti reali e/o virtuali. 6.3 Musei reali su digitale Sono ampliamenti in digitale delle più importanti collezioni del museo reale. Consentono: o l’esplorazione degli oggetti, o l’approfondimento tramite l’accesso a differenti contenuti informativi o la creazione di gallerie personali da condividere sui social network. Ogni opera può essere visualizzata ad alta definizione con eventuali contenuti audio di approfondimento. Alcuni musei reali su digitale permettono di visitare opere che, andate distrutte, sono state CONCLUSIONI: il diffondersi di ambienti digitali di progettazione e produzione di contenuti ci fa considerare il museo virtuale come terzo spazio in cui contesti formali e informali, spazi reali e digitali si incontrano. Le sale bianche (gli spazi personali di produzione) fungono da mediatori iconici e simbolici per dare concretezza alle concettualizzazioni che derivano dalle esperienze museali di ogni utente. L’elemento centrale è proprio l’interazione tra il vissuto personale e gli oggetti condivisi, che svolgono il ruolo di spazi di incontro e confronto costituendo il presupposto fondamentale per la costruzione di una cittadinanza attiva, originale e responsabile per la crescita di giovani generazioni. 7° CAP: Mediamorfosi dell’e-learning 7.1 Mediamorfosi dell’e-learning E-learning➔ processo di apprendimento che si sviluppa ricorrendo alle tecnologie per sostenere la “mediazione” del sapere. La complessità di questo fenomeno sta proprio nel comprendere come, all’interno del triangolo didattico costituito dalle relazioni che intercorrono tra insegnante – allievo – contenuto culturale, si inserisca un quarto elemento, un media, che trasforma profondamente tali relazioni. Per capire come in questo processo si colloca il digitale, occorre percorrere lo sviluppo storico e concettuale dell’e-learning analizzando le tre età dei media e introducendo il processo di mediamorfosi, così come Rivoltella ha modellizzato in una prospettiva continuista. 7.2 Agli inizi era la FAD La prima età dell’e-learning coincide con la formazione a distanza (FAD). Come direbbe McLuhan, i media servono per protesizzare i nostri sensi, aiutandoci a ridurre le distanze spazio temporali che per alcune persone sono un reale impedimento all’attivazione del processo di apprendimento. Tra i fattori di stampo storico – sociale che spingono la FAD, troviamo :  La necessità di rivedere continuamente i contenuti scolastici, a causa dei rapidi cambiamenti che deve affrontare la società industriale.  L’incremento dell’obbligo scolastico, in una società dove l’istruzione non è privilegio di pochi, ma diritto e necessità.  Le nuove forme di analfabetismo che sfidano il sistema formativo.  La richiesta di competenze professionali ormai mutevoli.  La necessità di comprendere il cambiamento culturale in corso. Il sistema formativo a distanza risponde alla necessità di specializzare e diversificare l’offerta per tenere in considerazione utenti con esperienze e situazioni diversificate dello studente “standard”. Storicamente si tende a far coincidere la FAD di prima generazione con i corsi per corrispondenza sviluppatosi tra il 1830 e 1960. Si apre una seconda generazione quando nasce nel 1960 la Open University, un’università a distanza con lo scopo di offrire opportunità educative ad adulti che intendono o possono studiare solo costruendosi spazi e tempi di appropriazione di contenuti non convenzionali. A metà degli anni 80, mediante l’uso di collegamenti via cavo o via satellite, si riesce a ristabilire il contatto “face to face” che era impossibile nei primi sistemi a distanza. Si ripristina così la comunicazione bilaterale tra docente – studente che consente di uscire da forme classiche di apprendimento. Unici due svantaggi di questo sistema sono riconducibili all’alto costo dei sistemi di videoconferenza e alla difficoltà di monitorare i progressi degli alunni. Proprio in questi anni si assiste all’affermarsi del ruolo chiave della FAD, possiamo evidenziare diverse possibilità che si aprono grazie allo sviluppo tecnologico: ricorrendo ai dispositivi audiovisivi si può simulare la presenza fisica e facilitare l’interazione docente-studente. Si scopre che qualsiasi corso può trasformarsi in un sistema a distanza, ma non tutti sono a giusto diritto corsi FAD perché: ➢ Occorre un preciso e coerente disegno didattico alla base del corso (disegno pedagogico) ➢ Non si deve identificare la FAD con la soluzione tecnica impiegata per ridurre la distanza. 7.3 Poi vennero le piattaforme Rileggendo la terza fase della FAD, troviamo in essa alcuni elementi che confermano la prospettiva continuista: i rapidi cambiamenti tecnologici degli anni 90 hanno amplificato la velocità del processo didattico, ma hanno apportato un cambiamento sui sistemi a esso connessi. In particolare hanno avviato tre rivoluzioni: ❖ l’interattività ❖ la rivoluzione cognitiva ❖ la gestione dei sistemi educativi. L’interattività sostenuta dalla tecnologia, così come il potenziale pedagogico delle reti, consente di parlare di “apprendimento elettronico”. Le autostrade dell’informazione consentono un esplosione del mercato multimediale che vede nell’ipertesto la massima espressione. In questa fase, il termine online diventa corrispettivo di “possibile” nel senso di conoscere, di esplorare secondo un proprio percorso e di comunicare. La novità non consiste tanto nel tipo di supporto, ma come funzioni diverse e spazi virtuali che possano essere esplorati a partire dalle decisioni personali del fruitore. Cambia profondamente lo scenario, anche sul piano istituzionale, con la necessità di realizzare collegamenti tra le diverse istituzioni educative in una prospettiva europea in cui l’e-learning rappresenta il “sistema integrato di azioni formative”. Le piattaforme sono usate come : ❖ ambiente di comunicazione, ❖ ambiente di progettazione didattica, ❖ ambiente di fruizione didattica, ❖ ambiente di valutazione, ❖ ambiente di monitoraggio, ❖ ambiente di amministrazione , ❖ ambiente di gestione. L’ambiente di apprendimento viene concettualizzato come spazio pedagogico. In tale scenario ambientale, l’apprendimento da individuale si apre alla collaborazione e cooperazione recuperando la dimensione di “classe”. 7.4 Digital Learning Lo scenario attuale dell’e-learning non si limita solo ad un’introduzione degli strumenti 2.0, ma produce un cambiamento di prospettiva. I media sono portabili, la portabilità li fa scomparire ai nostri occhi e non permette di percepire come il digitale ormai attivi naturalmente i processi di “ibridazione“ in qualsiasi campo della nostra esistenza. I media digitali sostituiscono lo spazio fisico sociale che essi stessi rappresentano, la loro diffusione pervasiva, la loro portabilità, il loro essere sempre connessi, fa si che attraverso di essi sia possibile “cucire“ i lembi di una comunità ai diversi livelli: familiare, gruppale, di territorio. La portabilità chiama da subito in causa il mobile learning , da una parte, e il blended learning, dall’altra. ❖ Il mobile learning rimette in discussione la priorità degli apprendimenti formalizzati a discapito di quelli maturati nei contesti informali. Un apprendimento in mobilità oggi permette di avere sempre a disposizione non solo il sapere, ma anche le forme in cui questo viene strutturato e manipolato. Le app stanno rivoluzionando la nostra modalità di accesso e risoluzione di problemi e il sapere diventa assistitivo. Esempio: fenomeno MOOC (Massive Online Open Course) ❖ Il secondo concetto, blended learning, non è nuovo. Lo ritroviamo nei primi anni 2000 come combinazione di modalità di istruzione, di metodi in presenza e online. Il blended oggi potrebbe essere esteso a qualsiasi scenario formativo e in quanto “apprendimento ibridato“ ha sicuramente connessione con fenomeni dello scenario di oggi: • l’apprendimento intervallato • apprendimento immersivo • la capacità di navigare nelle società della post-verità • l’apprendimento aperto guidato a partire dal sistema studente. CONCLUSIONI: Tre età dei media che ci hanno permesso di vedere la loro evoluzione da tecnologie della distanza a tecnologie di gruppo, alle attuali tecnologie di comunità. ❖ La prima età→ è rappresentata dalla formazione a distanza dove il problema è la aule dotate di strumenti digitali, i quali intervengono sulle modalità operative degli attori e sui canali comunicativi tra docente e studente e tra pari. L’introduzione delle tecnologie può produrre un cambiamento del setting oppure no (ad esempio: la semplice proiezione di un PowerPoint di per sé non comporta nessun cambiamento del setting, poiché non modifica il formato dei processi di apprendimento- insegnamento). Guardiamo le varie tipologie di setting di aule digitali proposte da Ferrari e Garavaglia: ❖ One to one computing: si tratta del setting con le tecnologie più tradizionali, cioè mantenendo l’aula con i banchi frontali e sostituendo il materiale classico con un notebook per discente. ❖ Small group seating: si privilegia il lavoro di coppia, quindi due discenti che si confrontano e lavorano insieme con un solo pc, attivando forme di collaborazione. ❖ Subject areas: classi organizzate in aree specifiche dove singole tecnologie vengono utilizzate per specifici scopi didattici. ❖ Media areas: in questo caso la variante non è più la disciplina ma la tipologia di tecnologia, differenziata a seconda degli strumenti e delle operazioni che si possono svolgere. ❖ Multi- screen classrooms: variante delle precedenti con la presenza di due o più grandi schermi che permettono agli studenti di lavorare a geometrie variabili: piccolo, medio e grande gruppo. ➢ Il setting online Presenta 6 diverse forme-tipo che possono essere integrate come sezioni di un unico applicativo: ❖ Setting dedicati alla trasmissione della conoscenza per l’erogazione di materiali multimediali. ❖ Setting dedicati al lavoro asincrono: per favorire il lavoro di gruppo ❖ Setting dedicato al lavoro sincrono: generalmente identificabili nei sistemi di webconference e videoconferenza. ❖ Setting dedicati agli apprendimenti informali online: generalmente identificabili negli ambienti che ospitano comunità di apprendimento informali. ❖ Setting dedicati alla formazione sul campo con device mobili. ➢ Setting immersivi Presentano la caratteristica di coinvolgere il discente in uno scenario che richiede elevata attenzione contemporaneamente ad almeno due sensi del soggetto (generalmente vista e udito). Slater e Wilbur in diversi studi sulle prime tecnologie immersive hanno proposto due categorie: immersività e presenza. Per presenza➔ si intende il livello di consapevolezza che il soggetto ha di essere in un ambiente virtuale; Per immersività➔ la capacità di un ambiente di essere: ✓ Inclusive: livello di esclusione dal mondo fisico ✓ Extensive: numero di sensi coinvolti ✓ Surrouiding: estensione del campo visivo ✓ Vivid: risoluzione e fedeltà della riproduzione dell’ambiente. Tra le tecnologie immersive disponibili sul mercato, alcuni prodotti sono usciti dalla fase prototipale: ❖ i CAVE , che permettono di visualizzare su tutti i muri della stanza un ambiente attraverso l’uso di più videoproiettori. ❖ In crescente sviluppo e diffusione negli ultimi anni vi sono percorsi didattici basati sulla Realtà Virtuale (RV), nei quali attraverso un visore il discente è immerso in uno spazio generato da un computer. Quando si indossa un visore di Realtà Virtuale è necessario ricordare che ci si sta muovendo in uno spazio fisico cioè reale mentre si sta percependo qualcosa d’altro (virtuale) e questa dissonanza può portare ad un malessere temporaneo. (buon esempio di utilizzo della realtà virtuale in ambito didattico è Google Expeditions , una libreria di field trip virtuali dedicata ai luoghi più belli e importanti del mondo utilizzabili a basso costo a scuola. ❖ La Realtà Aumentata (AR) a differenza della realtà virtuale, non copre l’intero campo visivo, ma sovrappone ad esso immagini digitali, come se ci fosse un foglio lucido interattivo sovrapposto a ciò che stiamo guardando. È una soluzione i cui i costi sono molto più bassi perché basta avere uno smartphone e un applicativo in grado di riconoscere posizione e inquadratura. Con la AR è possibile arricchire l’ambiente con delle informazioni e tutorial utili per capire la situazione e si candida come soluzione didattica particolarmente interessante. Nonostante gli enormi passi la tecnologia presenta delle problematiche determinate da due fattori: il primo riguarda i limiti della tecnologia attuale che non permette di percepire pienamente alcune sensazioni; il secondo è la presa di coscienza del fatto che le emozioni suscitate dalla realtà virtuale non sono esattamente le medesime, ma sono altre, sostanzialmente differenti rispetto a quelle prodotte da una relazione non aumentata. Questo determina che gli usi didattici della Realtà Aumentata e della Realtà Virtuale non dipendano dalla fedeltà della simulazione, quanto dalla possibilità di: • Adottare diversi punti di vista per comprendere le caratteristiche di un oggetto o la natura di un concetto • Fare esperienze compiendo azioni su una base di opzioni che non sarebbero possibili nella vita reale (es: attività sulla sicurezza ambientata in un ufficio in fiamme) • Aumentare le condizioni di autenticità di un compito. 9.3 Sistemi adattivi e ambienti per la didattica automatica Sistemi adattivi➔ sistemi che si riorganizzano in base ai feedback degli utenti (esempio: gli Intelligent Tutoring System nei quali il percorso si riprogetta in itinere in base all’utente, al suo profilo e alle sue risposte). I sistemi più recenti puntano a realizzare forme di tutoring simulate dal computer→ Adaptive Intelligent Tutoring System, consistente nel simulare nel modo più accurato la risposta di un tutor in carne ed ossa. CONCLUSIONI: la categorizzazione degli ambienti Una categorizzazione degli ambienti costruiti almeno in parte attraverso tecnologie digitali può essere realizzata attraverso tre dimensioni: 1) La natura dell’ambiente, che può essere costruita come combinazione degli stati presenza o rete, a loro volta integrati in processi blended, transmediali o di realtà aumentata. 2) L’immersività dell’ambiente: considerata secondo livelli di aderenza degli strumenti e dello stesso ambiente. 3) Il tempo dell’azione didattica: considerato secondo possibilità che l’ambiente possa configurare setting sincroni e/o asincroni. Le tre dimensioni non possono essere concettualizzate come fattori inscindibili. Il continuo sviluppo delle tecnologie nei diversi intrecci tra presenza e online, e l’incidenza che possono avere nel concorrere a costruire le caratteristiche del setting in relazione agli obiettivi formativi, impongono pertanto una costante riflessione in ottica progettuale. PARTE SECONDA: La Media Education 9° CAP: Media Education 9.1 Comunicazione ed educazione: una storia lunga La comunicazione umana evolve sulla base di due istanze: − Istanza burocratica (facilitare e rendere più efficaci le pratiche) − Istanza educativa (favorire la trasmissione culturale) Oralità e scrittura: Platone Platone critica la scrittura nelle vesti del re Thamus perché la scrittura: × non promuove ma inibisce la memoria, × costruisce un sapere superficiale, × non è utile per comunicare cose serie, × è di facile fraintendimento. Platone cresce con Socrate e riconosce che nell’oralità è possibile una didattica della presenza e una pedagogia della relazione; la scrittura invece porta a una didattica della distanza e a una pedagogia dell’auto-apprendimento (la scrittura espropria l’educatore, non ha il controllo su modi e tempi di apprendimento dei propri allievi). Preoccupazioni che oggi caratterizzano la riflessione educativa sui media. ❖ Intervista − Strumento di indagine a carattere qualitativo che assume un taglio narrativo e un andamento discorsivo. − Il fine è la comprensione di una realtà sociale vissuta e valutata in prima persona dai soggetti coinvolti. − Il campione è di norma molto contenuto. ❖ Focus group − Condivide con l’intervista l‘approccio qualitativo e discorsivo. − A rispondere alle sollecitazioni del conduttore è qui un piccolo gruppo (dai 4 agli 8 individui). − Tende a riprodurre una situazione controllata le dinamiche di discussione che accompagnano naturalmente le pratiche di consumo mediale. ❖ Etnografia (o autoetnografia) − Consiste nell’intuizione che i processi attivi di consumo e di interpretazione dei media avvengono nei contesti naturali della vita quotidiana dei loro fruitori. − A carattere qualitativo. − Il metodo di tale processo è appunto l’etnografia del consumo cioè la cosiddetta osservazione partecipante. − Si tratta di una forma di immersione del ricercatore nel proprio campo di indagine. − Instaurazione di un rapporto di fiducia tra osservante e gruppo dei soggetti osservati. 11° CAP: Il virtuale: identità, relazioni, apprendimento 11.1 Quotidianità virtuale L’attuale uso della tecnologia si intreccia con la quotidianità attraverso i dispositivi mobili che ci consentono facilmente e con costi contenuti un collegamento a internet e nei quali è possibile installare i social network per essere istantaneamente condivisi con la comunità di utenti. Le interazioni che oggi hanno luogo attraverso i social fanno parte della quotidianità e non sono una sorta di attività di svago e risulta ovvio quanto la quotidianità della presenza della tecnologia possa influire anche sulla postura identitaria. Oggi più che mai il controllo sulla disseminazione dei nostri dati biografici risulta un obiettivo complesso che comporta un controllo esperto della propria interazione con l’altro. 11.2 Identità Con l’avvento dei social media è cambiata la sempre più profonda interconnessione tra mondo fisico e virtuale tanto da non poterli più delimitare nettamente. Data la vastità di ambienti online assistiamo spesso oltre che a creazione di identità plurime (stesso soggetto – ambienti diversi – nickname diversi) anche alla rivendicazione di tali soggetti all’autonomia nell’uso di tali identità online in ambienti diversi da quelle in cui sono nate. Perciò in molti social gli utenti si presentano con nomi diversi da quelli anagrafici perché l’utente ha acquisito una reputazione con la propria identità online e nonostante l’abbia acquisita in uno specifico ambiente (es. YouTube) ne reclama la validità e la riaffermazione anche in contesti diversi. L’apertura di Google alla registrazione senza restrizioni di scelta di identità segna un profondo cambiamento nel rapporto tra realtà e virtualità. Il desiderio di autoaffermazione online non si limita solo a presentarsi con un nickname ma si esplicita con auto-narrazioni con strumenti linguistici nati in determinati social (es: hashtag): dunque, gli utenti si appropriano dei linguaggi dei social e contribuiscono alla loro espansione. Spazio di interrealtà➔ spazio sociale ibrido in cui l’identità diventa un canovaccio a cui il soggetto lavora costantemente attraverso l’integrazione delle auto-narrazioni e delle narrazioni altrui, dei sistemi di relazioni, delle appartenenze, dei prodotti mediali che l’individuo crea o che consuma. 11.3 Gestire rappresentazioni e relazioni Rivoltella e Garavaglia evidenziano che le tecnologie sono un prodotto culturale e la scuola non può ignorarne l’esistenza. La facilità nel creare identità false, disseminatrici di info denigratorie e lesive della dignità altrui è uno dei limiti del web di cui la scuola è chiamata a prendere consapevolezza. Fondamentale sarebbe indirizzare la formazione del docente anche al saper fornire ai propri studenti gli strumenti per saper arginare i rischi legati a una gestione insicura e irresponsabile delle tecnologie→ attraverso un percorso educativo-didattico con lo scopo di sviluppare le competenze necessarie a gestire la propria presenza online e le interazioni sociali progettando: attività didattiche di guida all’analisi dei comportamenti online, attività di analisi, simulazioni e discussioni aperte in base al grado e livello scolastico dell’apprendente. Azioni sinergiche tra le diverse istituzioni e coinvolgimento dei pari possono contrastare i rischi legati a comportamenti disfunzionali in rete. 11.4 Immersione e apprendimento Ambienti immersivi 3D➔ come mondi virtuali (es: Second Life), giochi di ruolo e sandbox games, ambienti in cui vi è un profondo processo di immersione attraverso l’embodiment dell’utente in forma di avatar. Quando tali ambienti (o mondi) offrono esplorazioni e interazioni aperte per l’utente-avatar le opportunità educative possono essere molteplici. Vi sono due tipologie di mondi ampiamente utilizzati nel contesto scolastico: • Minecraft (internazionale)→ è un sendbox game che ha avuto successo per la grafica simile ai lego e per la sua semplicità; la società che l’ha creato dunque è stata spinta a creare una versione Education che offre la possibilità al docente di disporre di una piattaforma per la comunità degli educatori e di gestire l’ambiente in base alle esigenze dei propri alunni e degli obiettivi didattici. • Edmondo (italiano)→ è un mondo virtuale 3D che a differenza degli altri mondi virtuali è specifico per docenti e studenti, è gratuito e il docente può gestire gli account per i propri alunni. Le attività di simulazione così diventano accattivanti grazie alla possibilità di manipolazione dell’ambiente e di avere un avatar ma anche nelle scienze con la simulazione di fenomeni fisici o chimici lo studente è coinvolto. 12° CAP: Progettazione di percorsi di Media Education 12.1 Media Education e New Media Education Il concetto di Media Education➔ si è evoluto parallelamente allo sviluppo dei media stessi e delle tecnologie che li supportano e a tale concetto si sono sovrapposti e sostituiti concetti come New Media – Social Media – Media Literacy – Mobile Media. Media Studies New Media Studies Gli effetti della tecnologia sono socialmente determinati La natura della società è tecnologicamente determinata Pubblico attivo Utenti interattivi Interpretazione Esperienza Spettatori Immersione Rappresentazione Simulazione Media centralizzati Media ubiquitari Consumatori Partecipante/co-creatore Lavoro Gioco ➢ La Media Education nella vita quotidiana Piano di Sviluppo delle Tecnologie Didattiche (PSTD)➔ venne avviato il primo nel 1995, con cui vennero architettati e costruiti i primi laboratori multimediali nelle scuole e la rete cominciò a entrare a scuola con l’ISDN (la prima rete veloce). Si cominciò ad utilizzare contesti e condurre i partecipanti a leggere profondamente e costruire consapevolmente il mondo dei media. ➢ COME si progetta un percorso di Media Education? La Media Education→ tocca e abbraccia sia gli aspetti disciplinari che quelli trasversali all’educazione. È comunemente considerata naturalmente multidisciplinare, in quanto tocca campi relative alle scienze dell’educazione, alle scienze sociali, alle discipline letterarie e scientifico-matematiche. Oggi è importante fare in modo che i progetti di Media Education affrontino decisamente la sfida delle discipline, entrando nei loro campi specifici: la matematica, il Greco, la filosofia, il diritto, la geografia… E, contemporaneamente, facciano emergere le competenze digitali, il pensiero critic, l’imprenditorialità e tutti gli aspetti accennati in precedenza che formano l’humus, il terreno fertile in cui accompagnare la crescita di un cittadino consapevole. Le linee guida per la progettazione dei percorsi di Media Education si fondano sulla didattica esplorativa, a scoperta guidata o collaborativa. I modelli di progettazione più adatti sono quelli per mappe concettuali o percorsi di ricerca- azione rappresentati in particolare dagli EAS (Episodi di Apprendimento Situato). I fattori che determinano la riuscita di un percorso di Media Education sono molteplici, da sottolineare in particolare quello relative ai tempi→ un percorso mediaeducativo ha bisogno di tempi distesi che facciano emergere I diversi aspetti, però esso deve essere inserito in un contesto scolastico che presenta molti vincoli temporali e spaziali; di conseguenza è necessario bilanciare l’ideale svolgimento di un percorso di Media Education con la sua fattibilità. ➢ COSA contiene un progetto di Media Education? Gli oggetti di un percorso di Media Education sono infiniti. ― Ci sono aspetti molto specifici, legati direttamente ai media e alle loro caratteristiche (es: utilizzo dello spazio sullo schermo, individuazione del ritmo e del linguaggio più funzionali a una narrazione mediale). Questi aspetti presentano un rischio: essere considerati come settoriali, adatti solo per alcune discipline scolastiche e pensare che servano delle competenze specifiche. Perciò è importante fare in modo che gli aspetti specifici della Media Education non sovrabbondino e non oscurino le discipline stesse, anzi far emergere i punti fondamentali e critici delle discipline stesse. Esempi: all’interno della disciplina di chimica l’insegnante chiede agli alunni di preparare dei video divulgativi diretti ai bambini della primaria e alle secondarie di primo grado su aspetti della chimica. Insegnante di inglese chiede di realizzare dei tutorial per l’apprendimento diretti agli adulti. ➢ DOVE si progetta un percorso di Media Education? Un percorso di Media Education non ha un luogo specifico ma piuttosto si sviluppa in ambienti ibridi. L’aula è il luogo comune dove può partire un percorso scolastico di Media Education ma non può rimanere stretta nei confini dell’aula e necessita di confrontarsi con altri contesti educative o sociali e culturali. Di conseguenza, travalica le mura scolastiche per proiettarsi in ambienti ibridi. Ambiente ibrido (o terzo spazio) ➔ è composto di spazi, azioni e momenti dove gli studenti e gli insegnanti possono sperimentare svariati modi per creare apprendimento. È dove avviene e si realizza la Media Education ed è un luogo di literacy events (= luoghi per azionare/mettere in moto la competenza). Dunque la Media Education è un apprendimento disciplinare e trasversale che connette la scuola e il territorio. ➢ PERCHÈ si progetta un percorso di Media Education? La capacità di leggere e interpretare i media e I messaggi mediali si integra con la capacità di produrre media e messaggi mediali. Saper leggere criticamente un prodotto mediale (notizia, serie tv..) si inserisce in un nuovo contesto dove gli utenti possono produrre una molteplicità di artefatti digitali e mediali, in maniera pressocchè continuativa. CONCLUSIONI: oggi, produciamo tanti artefatti digitali ma abbiamo perso la significatività della riflessione sui media. È per questo che progettare una situazione mediale significa→ non imparo solo quella cosa ma imparo più cose in modi diversi. L’uomo attraverso la Media Education dialoga e costruisce il mondo e le sue rappresentazioni. 13° CAP: La Media Education in classe Sono 4 le dimensioni che emergono quando la Media Education entra in classe: ❖ dimensione contenutistica→ si costruisce uno sguardo sul presente dei bambini e dei ragazzi, ma anche sulle proprie letture del mondo; ❖ dimensione linguistica→ si introduce in aula una pluralità di linguaggi che nutrono il nostro rapporto con i media e il nostro modo di scrivere/leggere/partecipare; ❖ dimensione metodologica e architettonica→ si producono riflessioni attraverso la pratica e il confronto in piccolo gruppo; ❖ dimensione tecnologica→ ciò che serve per fare Media Education in classe. 13.1 La dimensione dei contenuti In tale dimensione la Media Education entra in classe con 3 prospettive che hanno a che fare con:  Competenze tecniche (i media sono linguaggi e come tali occorre impararli)  Consapevolezza critica  Dimensione autoriale (oggi non siamo più solo fruitori/consumatori ma prosumer cioè produttori e consumatori) I contenuti della Media Education in classe sono: ❖ Attualità→ fare Media Education in classe significa guadagnare uno sguardo sull’attualità e sul presente e tale aspetto è il contenuto per eccellenza del lavoro media- educativo in classe. ❖ Empowerment→ è ciò che la Media Education intende costruire in classe, si tratta di rendere il soggetto capace di scelta; chi ha potere possiede il grande privilegio di poter scegliere senza accontentarsi. Però, non significa solo esercitare il potere di scelta ma soprattutto esprimersi e dare voce ai propri pensieri. Le interconnessioni tra Media Education e discipline sono molteplici: − la storia è anche storia dei media − si può scrivere un testo o una sceneggiatura − si collocano articoli e video all’interno di aree geografiche o politiche per riconoscerne i tratti salienti tipici di una zona locale o di un pensiero. Il senso della Media Education in classe è quanto mai interdisciplinare e sconfina, integrando e stimolando, spazi di sapere che naturalmente sono in comunicazione profonda. 13.2 La dimensione linguistica Portare i media in classe significa accedere a un mondo di linguaggi composito, ibrido, in evoluzione, dinamico e che vive di continui rimandi reciproci. La cultura del libro trova la sua organizzazione nella successione delle parole, delle righe di testo, dei paragrafi e delle pagine→ adotta un modella lineare e costruito sulle relazioni di temporalità e causalità. Vantaggi: riduzione dei costi di investimento, maggiore cura da parte dei soggetti interessati, minori costi di aggiornamento, familiarità con i dispositivi perché personali e una maggiore flessibilità organizzativa. Svantaggi: definizione di policy d’uso, compatibilità delle app, la disuguaglianza tra studenti con possibilità di acquisto diverse, connettività, resistenza di molti genitori. Il BYOD implica il superamento della barriera della disponibilità materiale degli strumenti e favorisce la libertà didattica dell’insegnante. ➢ Carta e matita: si possono attivare percorsi di Media Education che toccano la questione dei media e delle relazioni mediate in chiave progressiva, per abilitare la riflessione, la scelta e non alimentare quella curiosità morbosa che il divieto sollecita attraverso la censura. Si tratta di un lavoro che sollecita la riflessione e la presa di decisione responsabile. PARTE TERZA: Percorsi e strategie 14° CAP: Social teachers, social families: le tecnologie nelle comunità di docenti e nel rapporto con le famiglie 14.1 Competenze digitali nella società della conoscenza Il terzo millennio è visto come la culla della società della conoscenza in cui quest’ultima pervade ogni ambito di vita. Vivere la società della conoscenza significa avere a che fare con identità, relazioni, modi di comunicare e di apprendere, luoghi e contesti del tutto diversi da quelli che caratterizzavano le epoche precedenti. Lo stesso concetto di apprendimento acquisisce nuovi significati→ il lifelong learning definisce la necessità di promuovere strategie di apprendimento lungo tutto l’arco della vita. E sono appunto i nuovi strumenti digitali ad ampliare le opportunità di apprendimento continuo e a dover essere considerati una risorsa strategia per l’innovazione e lo sviluppo. Ma, le tecnologie da sole non bastano, non garantiscono sviluppo e apprendimento continuo e neanche la qualità della didattica, della comunicazione, della condivisione→ è sempre necessaria una formazione all’utilizzo delle ICT, una sperimentazione e una riflessione continua. Diventa quindi necessario fornire a tutti le competenze digitali per vivere a pieno titolo in questa società: ✓ Agenda Digitale Europea 2020➔ propone di sfruttare le potenzialità delle ICT per faborire l’innovazione, la crescita economica e il progresso e propone l’alfabetizzazione e le competenze digitali come priorità formativa e professionale. ✓ European Digital Competence Frame Work For Citizens (DigComp)➔ è un progetto Internazionale, avviato dalla Commissione Europea, che ha l’obiettivo di migliorare le competenze digitali di tutti i cittadini europei e di orientare le politiche a supporto dello sviluppo di tali competenze. 14.2 Essere genitori e insegnanti social ➢ Comunicare, collaborare, condividere Acquisire competenze digitali è possibile a patto di esercitarsi e di sperimentare la cittadinanza digitale sentendosi parte di una comunità, collaborando. Le competenze da sviluppare sono 6 e riguardano: ✓ L’interazione attraverso le tecnologie digitali ✓ La condivisione attraverso tecnologie digitali ✓ L’impegno nella cittadinanza attraverso le tecnologie digitali ✓ La collaborazione attraverso tecnologie digitali ✓ La netiquette (capacità di comportarsi correttamente negli ambienti digitali) ✓ La gestione dell’identità digitale Le tecnologie non sono semplici strumenti per distribuire conoscenza e saperi, ma veri e propri ambienti per la costruzione attiva e significativa delle conoscenze. In un ambiente virtuale è possibile lavorare insieme per costruire conoscenza, per produrre cultura, per raggiungere insieme obiettivi, per risolvere problemi, per sostenersi comunicando e ascoltando gli altri→ ambiente collaborativo. • I social media vengono utilizzati anche per mantenere i legami familiari (gruppi whatsapp) • Solo nel 53% delle famiglie le tecnologie diventano argomento di conversazione tra genitori e figli e questa stessa percentuale afferma di aver dato al figlio alcune regole sul consumo di ICT • Si evidenziano scarse capacità critiche e competenze digitali delle famiglie italiane. • L’utilizzo dei social media rimane una questione critica della loro professionalità • Se da un lato è aumentato l’utilizzo delle tecnologie in ambito scolastico nella comunicazione con le famiglie (obbligatorietà registro elettronico), dall’altro questa comunicazione spesso si limita a contesti digitali ufficiali (in quelli non ufficiali i docenti preferiscono evitare la comunicazione sia per mancanza di controllo sia perché questi ambienti sono utilizzati dai genitori superficialmente) • Anche gli insegnati hanno scarsa consapevolezza delle opportunità date dai social e delle potenzialità di partecipazione attiva e di coinvolgimento reciproco negli ambienti digitali formali e non. 14.3 Comunità collaborative virtuali Vengono sempre più utilizzati i social network come strumenti di comunicazione, collaborazione e condivisione. Essi consentono di creare una rete sociale online e un equo ambiente collaborativo in cui diventa possibile superare quei limiti che spesso i comportamenti sociali possono generare (lingua, spazio, tempo, genere..). Vi sono diverse tipologie di comunità collaborative che si sviluppano grazie alle tecnologie: ➢ Gruppo di lavoro • È caratterizzato da un’adesione formale dei suoi membri alla comunità stessa, orientato al compito e caratterizzato dall’alternanza di incontri in presenza e di lavori/comunicazioni a distanza. • I membri si conoscono tra loro o se non direttamente tramite altri membri. • Nella maggior parte dei casi vengono utilizzate tecnologie per facilitare la comunicazione o per veloci scambi di documenti (gruppi whatsapp). • In questi tipi di comunità spesso si perde l’oggetto primario del gruppo stesso che non riesce più a gestire la comunicazione in modo efficace e a condividere obiettivi (problema più evidente quando i gruppi whatsapp vengono sommersi di messaggi inutili facendo perdere di vista quelli più importanti). ➢ Comunità di pratica • Sono luoghi reali o virtuali in cui la crescita professionale non è data da un percorso formativo tracciato ma da una continua condivisione di esperienze, idee, consigli, percorsi che si vengono a creare grazie all’aiuto reciproco e all’individuazione collaborativa delle migliori strategie operative. • Tipicamente molte comunità di pratica sono un’evoluzione di comunità di apprendimento (quindi di un gruppo che rimane in contatto dopo un corso di formazione/aggiornamento, dunque i membri in larga parte si conoscono). • Strumento molto utilizzato→ gruppo chiuso di Facebook o su Edmodo • Anche in questo caso, accanto alle modalità online, sono spesso previsti incontri in presenza, di tipo tematico, ma anche ricreativo. ➢ Comunità delle migliori pratiche • Sono comunità molto vaste, nate allo scopo di condividere buone pratiche in ambito professionale o genitoriale, valorizzando le specificità di ognuno dei membri e socializzando le esperienze considerate migliori. • È possibile utilizzare questo tipo di comunità anche solo come consumatori di buone pratiche, ma l’intento principale è quello di partecipare attivamente condividendo le proprie buone pratiche e contribuendo alla crescita e allo sviluppo di nuove competenze. • Portali come Edutopia.org o Insegnantiduepuntozero raccolgono esperienze reali, testimonianze di genitori e ricerche svolte. 15.3 Il cervello: dalla smart school alla smart organization Bisogna superare la separazione organizzazione/didattica. Per un’organizzazione che supporta gli apprendimenti, il termine distintivo è l’apertura: ✓ lavorare a classi aperte ✓ insistere sulla verticalità ✓ utilizzare spazi/metodologie/strumenti comuni in modo da confrontarsi continuamente sugli obiettivi comuni della scuola, non solo intorno a documenti, ma a pratiche didattiche da costruire. Accountability→ rendicontazione sociale sia sulla regolarità dei conti che sull’efficacia della gestione. Un pensiero che si fonda sull’accountability in ambito didattico è la valutazione autentica→ la capacità di generalizzare, di trasferire e di utilizzare la conoscenza acquisita a contesti reali. A partire dal PTOF, darsi o riflettere su un’idea di scuola può essere il punto di partenza per un approccio sistemico, per evidenziare i 2 fattori di rischio più ricorrenti: l’autoreferenzialità e il velleitarismo. 15.4 Gambe e braccia: gli strumenti operativi e la strada Per una scuola che ha acquisito le Google apps personalizzate, già avere indirizzi personali e spingere qualcuno a sperimentarne le valenze didattiche, è un bel salto. Un punto di partenza è usare app online come Dropbox, semplici, immediate, utili anche per condividere i documenti degli organi collegiali e dei lavori di gruppo o i dati raccolti. Gli aspetti su cui costruire un’idea di scuola: 1) Congruità scientifica, organizzativa e strutturale dell’idea di scuola. 2) Leadership educativa: riorganizzazione per competenze, specificando i ruoli di ogni organismo e le interrelazioni, valorizzarne le competenze organizzative. 3) Riorganizzazione degli ambienti fisici dell’istituto scolastico: trasformazione degli ambienti di apprendimento e realizzazione di spazi alternativi all’aula e al laboratorio, svincolare l’aula dalla classe realizzando aule disciplinari in cui personalizzare lo spazio di insegnamento o trasformare le aule normali in laboratori scientifici, musicali, informatici, umanistici, linguistici in cui rielaborare in digitale il dato reale. Diventa importante dunque la realizzazione del Piano digitale. 4) Riorganizzazione del tempo-scuola: creare un’organizzazione dei tempi di insegnamento/apprendimento coerente con l’idea Scuola aperta di scuola. 5) Innovazione didattico-metodologica: attraverso attività di apprendimento laboratoriale (didattica attiva) che permettano la personalizzazione dei percorsi degli studenti. Oggi è necessario “mettere le mani in pasta” favorito dal digitale, che per sua natura unisce sempre pensiero e azione. 6) Innovazione curricolare: realizzazione di un curricolo digitale in cui a ogni età corrisponda l’applicazione o il dispositivo adatto; l’obiettivo è di sperimentare quotidianamente e in maniera flessibile una didattica laboratoriale che possa essere anche il prolungamento o l’integrazione in aula dei percorsi già attivati nei laboratori specifici. 7) Utilizzo di contenuti didattici digitali: creazione di contenuti integrativi sia come prodotti che come processi didattici. 8) Tipologia o caratteristiche generali degli strumenti: assume un ruolo centrale la scelta della tipologia di adozione dei dispositivi tecnologici, dei sistemi operativi, dei contenuti digitali, delle scelte di connessione… 9) Strumenti di valutazione della qualità della didattica e dei suoi risultati e strumenti di analisi dei processi e di rendicontazione sociale: PTOF – Rapporto di Autovalutazione – Invalsi – monitoraggi interni – Piano di Miglioramento. 10) Strumenti e modalità di comunicazione scuola-famiglia: adozione del sito – registro elettronico – bacheche digitali. 11) Iniziative di formazione per il personale della scuola: va prevista anche la formazione dei genitori e degli studenti non solo nelle tematiche più abusate ma anche in ambiti specifici dell’idea che ognuno coltiva. 12) Modalità di raccordo con i servizi di Rete presenti sul territorio: accesso a una banda garantita e sicura nell’area di pertinenza della scuola, ma anche in continuità con hotspot wifi in spazi pubblici e privati. 16° CAP: Le competenze digitali per la formazione dei cittadini TIC➔ Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione. Ad oggi abbiamo assistito alla rapida digitalizzazione di gran parte delle nostre attività, dal lavoro allo studio, al tempo libero. Literacy➔ tradizionalmente associata alle conoscenze e abilità di base (saper leggere, scrivere), si sta oggi ampliando per comprendere nuove literacy (competenze), in particolare quelle necessarie per agire con e nei nuovi media digitali. 16.1 Le origini della competenza digitale Competenza digitale (digital literacy)➔ capacità di utilizzare senza incertezze e in modo critico le TIC in una varietà di situazioni, dal lavoro, al tempo libero e alla comunicazione interpersonale; essa comporta una buona conoscenza della natura, del ruolo e delle opportunità che le tecnologie digitali offrono nella vita quotidiana, privata, sociale e lavorativa ed in particolare delle potenzialità di Internet per lo scambio di informazioni e la collaborazione in rete, l’apprendimento e la ricerca; si aggiunge inoltre che il loro uso richiede un atteggiamento critico e riflessivo. È stata ufficialmente introdotta nel lessico istituzionale europeo tra le competenze chiave per l’apprendimento permanente→ Ciò modifica il quadro delle competenze di base e dunque dei sapere che la scuola deve insegnare, innalzando il numero delle competenze di base da 3 (saper leggere, scrivere e far di conto) a 8. Le tradizioni di ricerca che hanno condotto ad un’evoluzione del concetto di digital literacy sono: ❖ Computer literacy: si nota un progressivo slittamento da dimensioni di carattere tecnicistico ad aspetti di natura più riflessiva e critico-cognitiva. ❖ Information literacy: ha da sempre enfatizzato l’importanza di promuovere competenze critico-cognitive di uso consapevole dell’informazione, oggi declinate in chiave sempre più processuale e contestualizzata. ❖ Media literacy: pone al centro lo sviluppo della consapevolezza critica nella fruizione di media e la capacità di produzione mediale come dispositivo utile alla comprensione stessa dei media e alla espressione creativa. Conoscenze e capacità necessarie per poter usare e comprendere i media (in particolare quelli audio-visivi come cinema e tv) e capacità di analisi, valutazione e riflessione critica. Dunque, la competenza digitale ha un’eredità che passa dal versante più marcatamente tecnico- cognitivo, a quello più strettamente cognitivo, fino ad arrivare a quello etico-sociale. 16.2 Le competenze digitali: modelli e definizioni. La varietà di definizioni di competenza digitale: È la combinazione di una serie di capacità: aspetti tecnici, competenze intellettuali, e relative alla cittadinanza responsabile. 17.4 Gamification: meccanismi e strategie I processi di gamification possono essere descritti facendo riferimento a 3 aspetti: • Meccanismi ludici→ riprendono una visione del gioco legata alla sfida, alla competizione guidata da regole. Alcuni dei più consolidati meccanismi ludici sono: punteggio – livelli – classifiche – badge (premi di una competizione). • Strategie e processi in cui i meccanismi ludici sono utilizzati→ i meccanismi ludici richiedono di essere inclusi in processi guidati da specifiche strategie: il flusso (cioè il punto di equilibrio tra ansietà e noia) - l’alternanza tra realtà fisica e virtuale – la narrazione. • Il contesto e le sue variabili→ importantissimo è adattare i processi di gamification ai contesti. Valutazione delle attività realizzate tramite gamification: si possono notare le differenze attraverso la experimental comparison cioè il confronto dei livelli di apprendimento finali tra un gruppo in cui si utilizzano metodologie ludiche e un gruppo con metodologie non ludiche. PARTE QUARTA: Le didattiche disciplinari e le tecnologie 18° CAP: Le tecnologie e la didattica dell’italiano 18.1 Quale educazione linguistica per i mondi digitali? Competenza alfabetica funzionale➔ indica la capacità di individuare, comprendere, esprimere, creare e interpretare concetti, sentimenti, fatti e opinioni, in forma sia orale sia scritta, utilizzando materiali visivi, sonori e digitali attingendo a varie discipline e contesti. Essa implica l’abilità di comunicare e relazionarsi efficacemente con gli altri in modo opportuno e creativo. 18.2 Il rapporto tra lingua e tecnologie nel contesto scolastico Indicazioni Nazionali – sezione dedicata alla disciplina Italiano→ hanno mantenuto la tradizionale frammentazione del curricolo linguistico in oralità, lettura, scrittura, lessico e grammatica, ignorando la visione olistica della comunicazione e la sua inevitabile integrazione con linguaggi altri, in primis quello digitale e tecnologico, di cui non si fa cenno. Invece una progettazione didattica relativa all’insegnamento della lingua dovrebbe partire dall’esigenza di conoscere in modo appropriato i cambiamenti in atto. 18.3 Mondi linguistici e identità La lingua è contemporaneamente: • Lingua - soggetto: è il vissuto linguistico. • Lingua - mondo: è l’insieme delle prassi e forme linguistiche che caratterizzano la nostra immersione in un determinato mondo. Esempi: lingua-mondo della classe, della squadra di calcio, che emerge da un social network, del gruppo whatsapp, della comitiva. • Lingua - oggetto: rappresenta il momento del distanziamento dalla lingua per osservarla e riflettere su di essa. È un sistema di incroci tra lingue-oggetto e lingue-mondo. L’utilizzo pervasivo delle tecnologie per gli atti linguistici quotidiani, scolastici e non, fa ovviamente parte delle dimensioni attraverso cui è possibile esplorare le identità linguistiche. 18.4 Le pratiche didattiche per l’insegnamento-apprendimento della lingua Le questioni che la didattica può mettere al centro nella riflessione linguistica con gli studenti:  Supporto: gli atti di lettura e scrittura possono essere compiuti ed esercitati nel momento in cui le parole sono depositate su un oggetto materiale. Il dispositivo digitale (smartphone o tablet o pc) che oggi contiene scrittura ci permette di percepirla come quasi immateriale. Sul piano didattico la riflessione rispetto ai cambiamenti indotti dal supporto su cui si appoggiano le parole è stata condotta attraverso azioni di confronto fra testo cartaceo e testo digitale.  Multimodalità.  Integrazione tra analogico e digitale nelle prassi scolastiche: nella quotidianità della classe è impossibile ignorare la trasformazione che la lingua sta subendo grazie all’influenza della scrittura social e di rete. Quanto di queste lingue entra nella quotidianità linguistica degli alunni? − La tendenza all’abbreviazione imposta dai limiti di caratteri previsti in alcuni social o dall’esigenza di comunicare veloce, ciò fa riscontrare nelle scritture scolastiche l’uso di simboli al posto di gruppi di lettere o consonanti singole al posto di quelle doppie (che/ke, per/x). − Si trasferiscono nello scritto le modalità di enfatizzazione introdotte dalla mimesi del parlato, dell’intonazione, della contestualità come i puntini di sospensione o i ? e !. Non è sufficiente liquidare come errati tali usi ma bensì cogliere tali elementi come punti di partenza per una riflessione sulla fluidità e sull’evoluzione della lingua, sui registri linguistici, sulle varietà, sulle opportunità comunicative che i vari mezzi di comunicazione mettono a disposizione degli utenti. Sembra infine opportuno prendere in carico la lingua digitale come oggetto didattico: il dialogo e l’argomentazione in rete hanno una propria netiquette, regole di scrittura condivise nelle varie comunità. Vista la pervasività delle scritture di rete, esse dovrebbero rientrare tra le varietà fatte oggetto di curricolazione didattica entro l’insegnamento dell’italiano a scuola. 18.5 Alcuni esempi di tecnologie per la didattica dell’italiano Esempi di tecnologie e risorse digitali che i docenti possono utilizzare nella prassi quotidiana, favorendo così l’integrazione tra analogico e digitale che l’insegnamento della lingua oggi chiama e incoraggia, sono: − Banche dati, portali, collezioni − Dizionari online tra cui treccani − Esistono tanti siti a cui attingere anche per la preparazione stessa dell’insegnante − Esperienze di lettura aumentata e social reading, molto importanti anche in classe perché consentono di sperimentare vari tipi di lettura: o Lettura aumentata→ rimanda all’idea per cui il testo digitale permette di ampliare il contenuto del libro sia grazie a una serie di rimandi a info a esso connesse in forma ipertestuale, sia alle annotazioni che i singoli lettori possono aver registrato e condiviso con altri. o Social reading→ fa riferimento esplicitamente alla possibilità di una dimensione sociale della lettura. − Word − Blog, per la pubblicazione di materiali elaborati dagli alunni − Strumenti per costruire mappe mentali o concettuali − App per prendere appunti − Spazi wiki per lavorare alla scrittura collettiva o collaborativa Le modalità con cui le tecnologie sono state inserite nelle attività scolastiche, prima fra tutte la scrittura, fanno pensare a un collocare a fianco, a un aggiungere, più che a un ripensare le pratiche. 19° CAP: Le tecnologie e la didattica della matematica 19.1 Tecnologie digitali e matematica Le conoscenze matematiche e tecnologiche contribuiscono alla formazione culturale delle persone e delle comunità, sviluppando le capacità di mettere in stretto rapporto il pensare e il fare e offrendo strumenti adatti a percepire, interpretare e collegare tra loro fenomeni naturali, ➢ Strumenti ICT per la didattica attiva→ esperimenti in linea con l’elaboratore, attività di modellizzazione e di simulazione si integrano naturalmente con l’uso di lavagne interattive multimediali (LIM) che favorisce il coinvolgimento personale degli studenti e attiva la memoria di lavoro condivisa e l’interattività favorendo i processi collaborativi di apprendimento. 21° CAP: Le tecnologie e la geostoria 21.1 Insegnare geostoria al tempo del digitale L’insegnante di geostoria deve comprendere come l’insegnamento della storia possa avvalersi positivamente delle risorse digitali (intese sia come strumenti per connettere spazio-tempo, orientare, rappresentare, sia come repertorio di fonti e di narrazioni strutturate e semi- strutturate). 21.2 La storia come disciplina pubblica narrata dalla rete Public History➔ è una forma peculiare di storiografia, che però non può produrre una configurazione unitaria del mondo raccontato e soprattutto ingenera un mutamento nelle gerarchie e negli schemi percettivi attraverso cui la gente si approccia alla storia. Bisogna educare gli studenti a cercare piste di comprensione che li aiutino a districarsi e orientarsi onlife, senza soccombere al caos di informazioni→ una Digital Media Literacy virata sul piano geostorico che prenda in carico il problema dell’autorialità e della validazione delle fonti utilizzate per le scritture in rete. Wikipedia→ sta dimostrando che è possibile superare le problematiche di validazione e attendibilità proprie di un sistema ad autorialità opaca e collettiva (attraverso l’indirizzo IP dei compilatori richiama la responsabilità personale rispetto a ciò che si scrive). Attività possibili: Controllo ed eventuale integrazione di voci già esistenti, identificando le parti di notizia evidenziate in rosa mancanti di fonti Presa in carico degli “Stub”, controllo e completamento attraverso una ricerca storiografica Compilazione di una voce nuova, non presente nell’enciclopedia. Acquisizione di competenze: ✓ Valutare criticamente il grado di affidabilità e di accuratezza delle fonti ✓ Ricercare e citare l’informazione ✓ Editare una voce in modo coerente e comprensibile ✓ Argomentare le proprie scelte ✓ Rispettare norme e persone Laboratorio storico L’elemento che da’ senso a questo processo è la necessaria attesa di una validazione esterna prima della pubblicazione. Ciò consente di smontare processi che generano fake news per riconoscerli ed essere in grado di distanziarsene in maniera critica→ esistono giochi online che fanno cimentare gli studenti sulla produzione e sullo smascheramento di fake news. 21.3 La mediazione didattica Una volta chiarito il processo di smontaggio – analisi – ristrutturazione della narrazione storica, l’insegnante si trova ad affrontare la questione della mediazione con il digitale. Le domande da porsi sono: ❖ L’orientamento nello spazio e nel tempo ❖ La presa in carico delle fonti in termini di selezione – interrogazione – comparazione storiografica. ➢ Strumenti digitali per insegnare lo spazio Mappe digitali e interattive: implicate nella costruzione del sapere storico, interpretazione del fatto storico, contestualizzazione dei fatti e della loro evoluzione.  What was here? Put History in its place! → è uno strumento aperto e collaborativo che consente di inserire foto storiche in Google Street View.  Worldmapper → mette a disposizione degli utenti una serie di carte tematiche, gli alunni possono osservare la rappresentazione grafica concreta del concetto di scala e di tematizzazione, utilizzati come organizzatori del sapere. ➢ Strumenti digitali per insegnare il tempo Timelines: coniugano la striscia temporale con la possibilità di inserire oggetti per rendere profondo il concetto. Attraverso le coordinate temporali l’alunno impara a comprendere il testo storico e a produrlo a sua volta, utilizzandolo sia come schema interpretativo, sia come struttura per pianificare e scrivere narrazioni storiche.  Timegraphic → generatore di infografiche o di contenuti digitali multimediali organizzati sulla fascia del tempo, attraverso cui è possibile raggruppare per data, distinguere eventi di brevi/media/lunga durata e costruire statistiche su base temporale.  TikiToki online maker → generatore di linee del tempo, che dà anche la possibilità di strutturare le linee in maniera comparata e di distinguerle per luogo, per tema o altro.  Myhistro → gli eventi sono linea rizzati sulla striscia temporale e contemporaneamente localizzati sulla mappa interattiva.  Journey of mankind → è un’animazione multimediale sul processo di Ominazione che consente di osservare contemporaneamente evoluzioni spaziali o temporali. ➢ Insegnare a produrre storiografie attraverso le fonti Altro momento della mediazione didattica che la rete aiuta a risolvere è quello del reperimento delle fonti per insegnare la ricostruzione storica: la digitalizzazione delle risorse, delle tracce, degli archivi storici, ha reso accessibili nell’immediato e a chiunque fonti storiche in forma di metafonti. Gli archivi messi in rete ampliano l’accesso alle fonti, ciò rende estremamente semplice attuare in aule metodologie di ricostruzione storica come il laboratorio storico o l’archivio simulato.  Storiadigitale.it  Archivio di Stato di Roma  Memoranea → museo virtuale della Resistenza e della lotta di Liberazione, che permette di comprendere i criteri di selezione e tematizzazione delle fonti.  Remembering WWL → consente una riflessione sui rapporti tra storia e memoria.  Nagasaki archive → in cui la memoria dei testimoni è il ponte tra le due dimensioni, passato e presente. Il docente, oltre a trovare strumenti e risorse per arricchire i percorsi proposti in classe, può rendere la storia insegnata una disciplina che coniuga teoria e pratica, riflessione e azione.
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