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Riassunto Teoria dell’educazione + autori, Appunti di Pedagogia

Riassunto di tutti i capitolo di “Teoria dell’educazione” e autori del libro “profili nell’educazione”.

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 27/01/2022

giorgia-artuso
giorgia-artuso 🇮🇹

4.8

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Scarica Riassunto Teoria dell’educazione + autori e più Appunti in PDF di Pedagogia solo su Docsity! METAFORE DELL’EDUCARE Metafora dell’ostetrica L’idea di paragonare l’opera dell’educatore a quella dell’ostetrica risale a un dialogo di Platone ( = morì ad Atene nel 347 a.C. ) nel Teeteto. Nel dialogo Platone immagina che l’anziano filosofo Socrate, che era realmente figlio di una levatrice, stia discutendo con un suo allievo Teeteto sulla vera natura della conoscenza. Il maestro cerca di far ragionare il giovane affinché sia lui stesso ad arrivare a capire ciò di cui stanno parlando , anche se Teeteto fa fatica e per questo motivo è dubbioso sulla sua capacità di ragionare, così decide di non esserne in grado. A questo punto Socrate interrompe il confronto e prova a spiegare all’allievo il suo modo di far lezione, ovvero quello di educare ( = infatti il maestro dice di non avere alcuna verità da insegnare ma di poter soltanto aiutare gli allievi a scoprire da soli il loro sapere ). Nel parto viene al mondo un qualcosa di vivo, che però esisteva già prima all’interno dell’utero della madre; l’ostetrica quindi non crea né trasmette nulla ma semplicemente aiuta a far venire fuori un essere che era già dentro e che da solo non sarebbe uscito con facilità. L’educazione non avviene quindi attraverso la trasmissione o la creazione di un sapere, ma attraverso il tirare fuori cose che sono già dentro. Nel caso di Socrate gli strumenti di questo “tirare fuori” sono quelli dell’ironia, dell’insinuare il dubbio, della domanda finalizzata a far riflettere. Alla base c’è l’idea che dentro ciascuno di noi è già riposto un qualcosa di prezioso che, per crescere, dobbiamo solo far emergere e maturare. Per Platone era possibile perché l’anima dell’uomo aveva contemplato in origine l’essenza più vera delle cose ( = le idee ), prima di essere precipitato dentro il corpo di carne. Metafora della pianta Questa metafora può essere vista in due modi: lasciare che venga fuori = il giardiniere pianta un seme e lascia che la pianta cresca: non è lui a farla crescere. Il seme ha già dentro di sé il suo progetto di crescita, va solo lasciato sviluppare e ciò che spetta all’agricoltore al massimo è il predisporre un ambiente circostante affinché ci siano tutte le condizioni ottimali per il suo sviluppo. Raddrizzare = il giardiniere in questo caso ha pensato di intervenire dall’esterno e di “correggere” la pianta, modificandone la direzione e imporre su di essa un proprio progetto di sviluppo, poiché egli ritiene che la pianta debba venire su dritta. L’immagine dell’albero da raddrizzare è il simbolo degli ortopedici, ossia di prevenire e curare le informazioni dell’apparato muscolo-scheletrico. Ma raddrizzare una pianta potrebbe somigliare anche a raddrizzare certi adolescenti ossia quelli che stanno venendo su male. Metafora del vaso Il recipiente è capace solo di ricevere ( = recepire in latino ) e non è in grado di interagire con chi lo sta riempiendo per dirgli cosa desidera ricevere per essere riempito. Un liquido quindi, messo in un certo recipiente, prende la forma di quel recipiente, mentre se viene travasato prende la forma dell’altro recipiente. Il recipiente ha una certa capacità di modificare quello che gli viene messo dentro, ma esiste anche una relazione tra il recipiente stesso e ciò che viene versato. Metafora dell’argilla Nella parola formazione è contenuta la parola “forma”. L’argilla viene impastata con un po’ di acqua così che le mani possono renderla sempre più liscia; essa prende quindi forma, si comincia intravedere una sagoma ed è l’artigiano che sa che cosa vuole creare. L’artigiano plasma quella materia in quanto l’argilla si lascia lavorare grazie alla “manipolazione”. Il gesto dell’artigiano ricorda il gesto del creatore, ossia il gesto di dare vita e dare forma. In conclusione: L’educazione ricorda diversi momenti che l’educatore può compiere nei confronti dell’educando; Educare è un gesto complesso che presenta molte facce.; Le metafore che sembrano contraddittori mostrano aspetti diversi dell’educazione; L’idea di educazione connessa ad altre idee importanti; In campo educativo si usano forme diverse di pensiero. EDUCAZIONE E I SUOI FALSI SINONIMI SVILUPPO: Il concetto di sviluppo ci fa osservare come l’essere umano non rimanga sempre uguale nel corso della sua vita; infatti lo sviluppo personale è quello che riguarda ciascun singolo soggetto da quando è nella sua fase embrionale in avanti. Lo sviluppo inizia prima della nascita e finisce con la morte. Lo sviluppo può essere perciò diviso in fasi: ● periodo prenatale; ● infanzia, suddivisa in prima infanzia (0-3 anni) e seconda infanzia (3-6 anni); ● fanciullezza (6-11 anni); ● preadolescenza (11-14 anni) ● adolescenza (14-20 anni); ● giovinezza (20-30 anni); ● età adulta (30-70 anni) ● età anziana (70 anni - morte). “Sviluppo” significa porre l’attenzione su un processo naturale e inevitabile. L’educazione è un qualcosa che nella vita di un soggetto potrebbe esserci o non esserci; Lo sviluppo, invece, è un processo che non può non avvenire e che nessuno può fermare perché c’è una sequenza biologica di crescita che l’organismo mette in atto da sé stesso, senza possibilità di interruzione. Sviluppo ed educazione evidenziano una precisa differenza: L’inevitabilità dello sviluppo e l’occasionalità dell’educazione che dipende da eventi storici che possono avvenire o no. Questa distinzione può essere correlata al tema del rapporto tra natura ( = tutto il patrimonio genetico, di conseguenza innato, che ognuno di noi possiede dalla nascita ) e cultura ( = tutto il patrimonio di influenze che ci vengono dall’esterno, quindi dal gruppo sociale in cui siamo inseriti, infatti esso ci fornisce il linguaggio, lo stile di vita… ) nello sviluppo dell’uomo, che negli anni ha aperto un dibattito tra nativisti ed empiristi. Secondo i nativisti, sono il patrimonio congenito, le attitudini personali e le inclinazioni naturali ad avere la principale influenza del processo di crescita di ciascuno. Secondo gli empiristi, invece, l’uomo è una sostanza malleabile ed è il contesto ambientale a provocare le direzioni dell’evoluzione futura. Lo sviluppo è quindi un gioco di influenze congiunte di natura e cultura. Nel corso del Novecento il dibattito si è arricchito di nuovi argomenti da diversi campi come l'antropologia culturale, le neuroscienze ecc. ed è caduto così lo schema rigido tra natura e cultura interagendo tra loro. Lo sviluppo umano è condizionato anche dal carattere culturale ed è un processo che varia a seconda delle interazioni sociali con i soggetti e cambia a seconda della mentalità del gruppo. I pedagogisti arrivano alla conclusione che lo sviluppo è influenzato da diversi fattori: i fattori ereditari e le capacità soggettive; l’influenza del contesto socioculturale; le esperienze fatte; gli eventuali interventi educativi. di base che costituiscono le strutture concettuali dei vari campi del sapere, ovvero le discipline, perché il loro possesso globale permette una conoscenza del mondo che è panoramica, ma non per questo superficiale e necessario per vivere bene. 5. Istruzione specifica : le conoscenze possono essere approfondite solo per uno o pochi ambiti. 6. Istruzione professionale : si fonda sulle differenti finalità che l’istruzione può perseguire, come per esempio la trasmissione di conoscenze e competenze che permettono al soggetto di affacciarsi sul mondo e sviluppare la sua personalità o che gli consentono di assumere un determinato ruolo lavorativo. Tutto questo permette di superare la dicotomia tra istruzione materiale ( =concentrata sui contenuti da trasmettere, ovvero l’insieme di informazioni, concetti e nozioni proprie delle varie discipline ) e istruzione formale (concentrato sul potenziamento delle capacità dell’educando ). Il punto dell’ “educatività dell’istruzione” per cui l’insegnamento di qualsiasi contenuto è educativo perché sviluppa certe attitudini, certe capacità, certe convinzioni e certi valori. L’istruzione è una categoria di azioni più ristretta e compresa nell’educazione: l’istruzione è un sottoinsieme dell’educazione, poiché tutte le caratteristiche di quest’ultimo appartengono all’istruzione, ma il campo dell’istruzione non esaurisce completamente tutte le possibili azioni catalogabili dall’insieme dell’educazione dato che essa comprende anche azioni che non sono di tipo “istruttivo”. Sulla base della distinzione e dello stretto rapporto tra educazione istruzione si fonda la distinzione tra: Pedagogia = disciplina che studia l’educazione o Didattica = disciplina che studia quel particolare tipo di processi educativi che abbiamo definito “istruzione”. In conclusione, l’istruzione è il campo dei saperi cristallizzati, ovvero i contenuti vengono filtrati da alcuni esperti sulla base di diversi criteri, al punto che si arrivano a formulare i programmi ministeriali. L’istruzione è qualcosa che si fa, è l’agire. L’istruito è il risultato del processo. FORMAZIONE: Nel lessico pedagogico, la parola formazione è spesso usata con significati diversi, almeno tre: 1. Formazione nel significato 1 = fa riferimento a una certa idea di educazione, tra le molte possibili, e in particolare a quella idea che considera l'educazione come un "dare forma", un plasmare, un modellare l'educando – che si presuppone imperfetto, disorganico, appunto in-forme, ma anche malleabile, plastico, aperto a perfezionamenti – secondo quell'idea di compiutezza che il plasmatore aveva in mente e voleva fargli raggiungere. 2. Formazione nel significato 2 = anche questo significato fa riferimento a una certa idea di educazione, e precisamente a quella che possiamo assimilare al concetto tedesco di Bildung. Esso corrisponde a quella forma di educazione che porta allo sviluppo integrale del soggetto umano in tutte le sue qualità e aspetti (intellettuale, spirituale, estetico, morale, sociale, civile...), secondo l’idea che l’uomo è un organismo complesso ma strutturalmente organico, in cui tutte le componenti sono interrelate fra loro. Secondo questa concezione, lo strumento primario attraverso cui si ottiene tale risultato è l’incontro con la cultura che l’umanità ha elaborato lungo i secoli, perché è la cultura che umanizza, che rende l’uomo – ogni singolo uomo – veramente e propriamente tale. 3. Formazione nel significato 3 = è quell’ambito dell’educazione (soprattutto degli adulti) finalizzata all’acquisizione di competenze utili a svolgere un certo ruolo o incarico professionale o sociale. È ciò che spesso viene anche indicato come training, formazione professionale o aggiornamento. SOCIALIZZAZIONE : Questo termine assume un significato diverso in base al campo disciplinare in cui lo si utilizza: ● In pedagogia, s’intende quell’ambito dell’educazione volto a formare nel bambino la capacità di interagire con gli altri in maniera positiva, imparando così a costruire relazioni umane. Quindi, socializzazione come educazione alla socialità. ● In psicologia, si parte dalla constatazione che il bambino è un essere sociale già dalla nascita ed è portato a relazionarsi con i suoi coetanei. Questa capacità cambia nel corso del tempo perciò la socializzazione diventa il processo evolutivo attraverso il quale gli individui sviluppano le competenze essenziali necessarie per costruire relazioni sociali. ● In sociologia, indica la trasmissione da parte di un gruppo sociale, delle norme e dei valori ai giovani soggetti di quel gruppo sociale. I valori si concretizzano poi in norme che, più o meno consapevolmente, rispettiamo. La socializzazione avviene in vari luoghi tra cui la famiglia, nel gruppo di coetanei, nella comunità di appartenenza, nella scuola e altri servizi educativi, attraverso diverse modalità: modi intenzionali e modi non intenzionali. A differenza dell’educazione che comporta sempre la consapevolezza, la socializzazione comprende anche tutte quelle forma di influenzamento (come il gruppo dei coetanei, la pubblicità ecc..). Si è diffusa l’espressione “educazione informale”, per indicare tutte quelle influenze provenienti dall’ambiente in cui si trova il soggetto che pur non essendo intenzionali, influiscono sui comportamenti del soggetto. Analogo al concetto di socializzazione c’è quello di inculturazione, ovvero l’insieme di valori, di norme e atteggiamenti che costituiscono la cultura del gruppo sociale. Inoltre indica il sistema di trasmissione e acquisizione di tutto ciò. La relazione tra cultura e società è molto stretta: una certa cultura implica anche un certo modello sociale e trasferire cultura significa anche trasferire tutta la relativa struttura sociale. ANIMAZIONE Animazione ha un ampio spettro di applicazione in settori anche molto diversi: o Ambito culturale; o Associazionismo; o Istruzione e formazione; o Formazione professionale; o Educazione preventiva e riabilitativa o Turismo e tempo libero. L’animazione è una forma di educazione che “da anima”, ridá vita a ciò che non la aveva più, è azione e produce azione. Il suo stile è opposto rispetto a quello della didattica tradizionale: uno stile caldo, empatico, finalizzata al coinvolgimento e alla partecipazione dei soggetti, attento agli aspetti emotivi e relazionali, con un setting flessibile e una valutazione effettuata insieme ai partecipanti. Guido Contessa sostiene che l’animazione è una professione che copra il cambiamento degli utenti, singoli o aggregati, mediante gli strumenti lucidi e di attivazione culturale. Lo scopo è quello di produrre un cambiamento nei soggetti, singoli o in gruppo, affinché cerchino e trovino una condizione di maggior benessere. Le sue finalità invece, sono impegnative e dense di significato, perchè tentano di cambiare la situazione di costrizione che il soggetto vive nella società contemporanea tramite l’utilizzo di mezzi come il teatro, il canto, l’arte e il dialogo. ADDESTRAMENTO : Etimologicamente vuol dire diventare destro, ovvero abili nello svolgere azioni specifiche. Fino a qualche decennio fa si usava questo termine per identificare l'insegnamento professionale finalizzato all'acquisizione di mansioni precise. Ora si utilizza la parola formazione nel significato 3. Questo termine si utilizza soprattutto in due contesti: ● Sia per gli animali che per gli uomini, l’addestramento è un insegnamento costrittivo caratterizzato da ripetitività e finalizzato all'acquisizione di comportamenti ben definiti, da ripetere in maniera rigida. ● quello dei militari. Storicamente, quando l'esercito di età moderna addestrava i soldati, non li voleva come esseri pensanti ma come corpi obbedienti senza una propria volontà e eseguire le azioni date senza lamentele. Lo storico e filosofo francese Foucault descrive le pratiche di addestramento dei soldati del cosiddetto “controllo microfisico”, ossia il controllo millimetrico del corpo. Esso è anche un controllo della mente perché lo abitua a pensare solo al movimento corretto che si deve eseguire e far si che sia automatizzato in modo da non pensare a nient'altro. Le situazioni in cui si applica la parola addestramento prevedono l’assenza della facoltà del pensiero perché si tratta semplicemente di ripetere un'azione in maniera meccanica e ripetitiva fino a che non diventa automatica da compiere per gli individui. L'addestramento è legato a capacità molto meccaniche, rigide, senza la possibilità di variare individualmente. L’addestramento non ti porta a pensare, bensì devi agire, fare ciò che ti hanno insegnato. CURA: il termine cura fa riferimento a due verbi inglesi: ● “to cure” ( = fornire terapia ). Questo significato di “cura” rimanda al lavoro del medico o dell’infermiere, i quali “curano” nel senso che compiono azioni finalizzate a guarire una persona malata. La cura in questo caso ha a che fare con la patologia e la terapia e di conseguenza si differenzia dall’educazione. Quando si tratta di soggetti con problemi, l’ottica dell’educazione non è quella di considerare tale problema come un guasto da riparare o una malattia da curare ma come una fase difficile all’interno di un processo di sviluppo mai del tutto compromesso. L’ottica medica tende a considerare il soggetto come un malato, di conseguenza un soggetto inabile passivo al quale somministrare qualcosa che gli procura un beneficio. Quest’ottica non tende a rendere attivo e autonomo il soggetto e per questo motivo la prospettiva medico-sanitaria si differenzia da quella propriamente pedagogica anche in quei contesti dove vivono a stretto contatto, come servizi riabilitativi. Emilio e l’educazione Emilio è un bambino ed è una specie di esperimento mentale e prova a raccontare la sua storia facendolo crescere in un certo modo. Prova così a descrivere la sua idea di educazione applicandolo a questo bambino per vedere cosa succede. Nel testo, il protagonista Emilio vive in campagna con il suo educatore, in quanto, secondo lo scrittore, il bambino ha bisogno di stare il più distaccato possibile dalla società, la quale avrebbe un'influenza negativa su di lui. Le cose come le ha fatte il creatore sono buone. C’è un'idea di uomo precisa e definita ma anche negativa: l’uomo che rovina e sconvolge la natura. Emilio deve essere difeso dalla società. Rousseau contrappone nel testo l’uomo civile e l’uomo naturale. L’uomo civile, come si può ben capire, è perfettamente integrato nella società, tanto da non considerarsi uno ma una parte. È una frazione che conta in funzione del denominatore; è semplicemente un pezzetto di un gruppo sociale. L'uomo naturale, invece, è colui che prima di divenire parte della società, diventa uomo, cioè capisce, crescendo, qual è la sua vera identità, sviluppando a pieno il suo vero essere, senza alcuna influenza esterna. Rappresenta l’unità numerica, uno è uno, è già in se stesso pieno della sua dignità, della sua dipendenza. Le istituzioni più valide sono quelle che massificano l’uomo, lo trasformano in un pezzo di società, ma in questo modo non è più uomo. Ai nostri tempi l’educazione non crea uomini ma crea francesi, inglesi, borghesi ecc.., dei soggetti che sono membri della società, ossia non saranno nulla. Non sono veri uomini. Non si può essere uomini e cittadini allo stesso tempo: o sei uomo o cittadino. La società e l’educazione o ti fanno uomo o cittadino. Questo è l’enigma di Emilio. Vogliamo che diventi un uomo o un cittadino? Nell’ordine sociale ciascuno deve essere educato per svolgere il proprio ruolo. Nell’ordine naturale gli uomini sono tutti uguali. Se uno è un buon uomo naturale poi saprà anche fare il contadino, falegname ecc perché prima era un vero uomo. Educazione naturale Alla base della concezione pedagogica di Rousseau si ritrova la forte opposizione tra natura e cultura: allo stato di natura l'uomo vive in una condizione di uguaglianza e libertà, nella società e con la cultura si trova costretto tra imposizioni e disuguaglianza. L'educazione debba necessariamente essere naturale. La natura per Rousseau consiste nell'insieme delle facoltà umane e intellettive proprie dello stato originario dell'uomo che vengono sistematicamente corrotte nella società contemporanea da civiltà e cultura. Per formare un uomo “naturale” bisogna semplicemente accertarsi che non si faccia nulla, non deve basarsi sui precetti, ma sugli esercizi. Esercitando in lui il corpo, i sensi e gli organi, ma mantenendo in ozio la sua anima si realizzerà un capolavoro di educazione. L'istruzione inizia nel momento stesso in cui iniziamo a vivere, l'istruzione comincia con noi stessi. Educazione negativa La prima educazione deve essere, secondo Rousseau, assolutamente negativa; bisogna preservare il cuore dal vizio e la mente dall'errore. Cominciando dal non fare nulla, si “creerà” il più saggio degli uomini. Secondo Rousseau, facendo l'opposto di ciò che è consueto, si farà sempre bene. Bisogna lasciar maturare l'infanzia nei bambini, astenendosi nell'impartire lezioni oggi che possono essere impartite senza danni domani. “Comportatevi come un fratello ed essi si comporteranno come figli.” Alexander Neill Amore e repressione Neill deve l’impostazione del suo pensiero educativo e l’ispirazione della sua attività pratica a tre fonti: Freud, Lane e Reich, del quale Neill era allievo. Ritiene vada attribuito a Freud il merito di avere presentato l’istanza della libertà come diritto della personalità a “vivere e crescere senza essere condizionato”. Da Reich riprende il principio dell’autoregolazione che rimanda ad una visione positiva della natura dell’individuo che, non subendo repressioni, trova sempre la via per la sua personale espansione. L’influsso di Reich è rintracciabile soprattutto all'insistenza con cui Neill contrappone una visione ispirata alla vita ad una profondamente minata dal senso della morte, e soprattutto riprende la connessione tra repressione pulsionale ed organizzazione sociale: ogni volta che ha luogo una qualsiasi organizzazione si verifica un arresto dello sviluppo positivo della personalità. La società e l'educazione “minacciano” le idee di gioia e di vita libera. Per questo, l'assenza di costrizione è la condizione della salute psichica e della realizzazione personale; l'organismo sa esattamente ciò che vuole e l'aspirazione alla felicità costituisce il dato sul quale orientare l'intervento educativo. Avere fiducia è l'imperativo pedagogico! La forza della bontà è l'amore e l'unica vera disciplina è fondata sulla speranza. Di Lane sostiene che l’autodeterminazione era impiegata come strumento principale per il recupero di delinquenti precoci. Il contributo di Lane consiste nel convincimento dell’assoluta perfezione dell’individuo e nella proposta dell’amore come regola educativa. Il mondo di Summerhill Summerhill era un istituto privato di educazione, luogo simbolo della pedagogia più antica, nel quale veniva praticato un sistema di educazione libertario e terapeutico, basato su fondamenti ottimistici, naturalistici e psicoanalitici. Si presuppone che una buona educazione, dentro un contesto formale come quello scolastico, prevede un autorità. Neill sembra che voglia scardinare questo principio. A Summerhill l’amore sostituisce l’autorità. Ecco perché è considerato tra i capostipiti del movimento pedagogico libertario, basato sul principio della libertà. Gli aspetti su cui si basa sono : - Presupposto: “fiducia totale nella bontà innata del bambino”. L’educatore sta a guardare, lascia che il ragazzo si sviluppi senza fare niente. I bisogni dei bambini sono buoni e devono essere lasciati soddisfare. Se io punisco ottengo un bambino malato. - Concentrazione primaria non sulla acquisizione culturale ma sull'auto-adattamento personale totale (felicità) dell’alunno: a scuola si va se e quando si desidera andarci; - Rapporto orizzontale tra adulti e minori, in quanto persone aventi gli stessi diritti; - Autogoverno mediante l’assemblea generale, nella quale vige il criterio della più assoluto uguaglianza e parità; - Accurata distinzione fra libertà (soddisfare il proprio desiderio nel rispetto altrui) e anarchia (libertà non significa mancanza di buon senso); - Impiego di interventi terapeutici individuali: a Summerhill è l’amore che opera guarigioni; - Realizzazione dell’autodisciplina. Neill, quindi, non punta sui metodi ma sui rapporti, sulle relazioni, sul coinvolgimento personale, sull’autenticità dei sentimenti, sul clima complessivo della scuola come ambiente di vita in cui si tengono presenti in primo luogo i valori ed i desideri del fanciullo. Fantasia o Proposta? Nonostante il riconoscimento del lavoro di Neill all'interno di Summerhill e i numerosi aspetti positivi del suo operato, molte sono state le critiche mosse nei suoi confronti. Neill viene accusato di mancare di profondità a livello di psicologia; il pedagogista sembra cadere nell'illusione di una possibile eliminazione dell'angoscia che, secondo i critici, può diventare la fonte dell'energia che apre l'individuo al mondo e alla storia. Un'altra critica è quella di un naturalismo pedagogico che sfocia nell'immobilismo sociale (“Lasciamo che le cose vadano come devono andare...”) e porta all'illusione di risolvere i problemi strutturali socio-politici soltanto in termini psicologici → Neill tende a scambiare la costruzione e la difesa di una società alla Peter Pan con una vera e propria impresa pedagogica. Secondo Neill occorre vivere felicemente qui edora piuttosto che sacrificarsi per il domani. Neill viene anche considerato come un “abile propagandista” ed un “eclettico” e viene accusato di essere arrendevole di fronte all'ordine sociale esistente. Nonostante tutte le critiche, l'opera di Neill e le sue idee hanno profondamente influito sul pensiero pedagogico inglese e molte innovazioni scolastiche ne hanno ripreso gli ideali. 2. L’EDUCAZIONE COME COLTIVAZIONE INTEGRALE DELL’UOMO Con il modello umanista, l’uomo è un essere poliedrico, cioè costituito da una serie di dimensioni che interagiscono l’una con l’altra. Queste dimensioni dell'uomo fanno riferimento sia alle strutture che lo costituiscono sia ad alcune sue funzioni o capacità. Perciò l’uomo integrale implica tutte le componenti che formano l’uomo, che sono: - sfera corporea; - sfera cognitiva; - sfera emotiva; - sfera sensoriale; - sfera morale (legata ai valori, alle norme che seguiamo, alle nostre credenze che guidano i nostri comportamenti); - sfera sociale (legata alle nostre capacità di relazionarci con altri); È quindi la persona che educa la persona, ma non solo una ma una molteplicità, a incominciare dai maestri, genitori fino a giungere a tutti gli uomini rappresentativi nei diversi campi dell’arte, cultura, religione, economia e politica coltivano un particolare aspetto dell’umanità. Maritain vorrebbe che nella scuola potessero entrare i rappresentanti dei diversi campi culturali, bisognerebbe che gli alunni incontrassero i rappresentanti delle più importanti scuole di pensiero, saggi, artisti, imprenditori... perché non è con i libri ma con gli uomini che gli studenti devono essere in grado di discutere e prendere posizione. ● Personalismo pedagogico = non disprezza i mezzi tecnici, che dalla stampa alla cinematografia hanno permesso all’educatore di usufruirne, utilizzandoli però solo come mezzi e non come sostituti alle persone. L’educazione resta un rapporto interpersonale tra l’educando e l’educatore. L’attivismo lo si intende come un attivismo bilaterale nel senso che l’educando è veramente attivo, in modo cosciente e libero solo se è attivizzato dall’attività dell’educatore. Secondo questa concezione l’uomo non è solo il fine e il mezzo dell’educazione ma anche in contenuto. ● Personalismo programmatico = perché l’educazione dev’essere un’enciclopedia per l’uomo, con contenuti non solo umanistici ma anche letterari, artistici, scientifici, classici e non solo europee ma anche extraeuropee; il concetto di educazione liberale permette di estendere il concetto di umanità a comprendere tutte le umanità secondo una visione non nazionalistica né classista. La scuola contemporanea deve riconoscere il valore del lavoro manuale, nel suo valore pedagogico, non esistente in una visione aristocratica dell’educazione umanistica. Il rispetto dell’educando non sarebbe completo però se non lo si considerasse, oltre che nei mezzi, fini e contenuti, anche nell’organizzazione scolastica: è importante che l’allievo sia chiamato a partecipare con mansioni di responsabilità personale alla vita della comunità scolastica. Non si può educare alla collaborazione se non la si favorisce, stessa cosa per l’iniziativa. ● Personalismo organizzativo = gli studenti dovrebbero creare dei gruppi di studio autonomi e delle squadre di disciplina spontanea, per la condotta morale e politica della vita scolastica. In questi gruppi gli studenti potrebbero esercitare le virtù civiche e sociali, cosicché la scuola sarebbe in grado anche di provvedere a quel tipo di educazione morale che, di fatto, spetta alla famiglia ed alla società, ma per la quale la famiglia non è preparata e la società è disinteressata. La formazione della persona si concretizza nel principio e nel programma dell'educazione liberale per tutti, intesa come educazione alla saggezza e alla libertà, che non può essere riservata solo ad alcuni enti sociali privilegiati.Un sistema scolastico democratico poi deve garantire a tutti i cittadini un’autentica educazione umanistica. Lo spirito di “umanità” nell’educazione liberale per tutti deve caratterizzare tutte le strutture scolastiche, da quelle infantili a quelle giovanili, ma nel corso del proprio sviluppo l’educando non solo deve trovare sé stesso ma anche il suo orientamento sociale. Pertanto, è possibile distinguere: - orientamento liberale indifferenziato, cioè uguale per tutti corrispondente alla nostra scuola dell’obbligo. - orientamento liberale differenziato, caratterizzato da un primo momento professionale, sempre inteso in modo umanistico, corrispondente alle nostre scuole medie e superiori, agli istituti professionali e industriali. Lo scopo di questo secondo grado dell’educazione liberale di base non è la professionalizzazione quanto mira a formare direttamente il lavoratore, ma è ancora umanistico disinteressato, impegnato nella formazione culturale del lavoratore. Questo atteggiamento fondamentale porta ad un superamento delle contrapposizioni lavoro/cultura, arti servili/liberali, mestieri/professioni, per poi considerare il lavoro a tutti i livelli ed in tutti i campi, come il risultato dell’opera dell’uomo, perciò è lavoratore non solo il falegname, il ferroviere ecc. ma anche il chirurgo, professore ecc. In conclusione, tutti devono essere educati al lavoro con uguale dignità sia per il lavoro manuale sia per quello intellettuale con una differenziazione tra attività di tempo occupato e attività di tempo libero. Le attività extra-curriculari sono importanti e costituiscono l'area delle “umanità” in contrapposizione alle attività del tempo occupato. Terminazioni specifiche Maritain, durante il suo studio, identifica anche vari aspetti specifici dell’educazione: 1. Educazione intellettuale: consiste nel trovare la verità, l’incontro, cioè, tra il soggetto e l’uomo, mediante il quale l’uomo in un certo senso diventa entrambe le cose. Bisogna superare le due forme di intellettualismo conosciute fino a questo momento (retorico e scientifico) e riportare il pensiero alla realtà e varare verso un’educazione alla libertà, alla verità e al tempo libero. L’educazione intellettuale, seguendo questa logica, costituisce le fondamenta del processo educativo in quanto porta il soggetto a liberarsi dai condizionamenti ambientali per poi adeguarsi alle verità che conosce, per realizzarsi secondo le proprie possibilità individuali. Così intesa questo tipo di educazione fa personalità la persona, in quanto si adegua alle verità che conosce. In sintesi l’educazione intellettuale deve essere un’educazione alla realtà e al rispetto delle diverse forme metodologiche attraverso cui la si può conoscere nelle sue diverse manifestazioni. Maritain, inoltre, fa una distinzione tra scienze naturali, ossia le semplici conoscenze che studiano il come, le “leggi” delle cose, e scienze umane che sono la saggezza e studiano il perchè, andando più in profondità e sono quelle che riguardano questa educazione. L’educazione liberale, infatti, insegna alla saggezza e deve essere un diritto di tutti. Negli uomini c’è un bisogno di sapere che spinge ad approfondire sempre più le conoscenze e le esperienze. 2. Educazione morale: Educare significa portare l’uomo a controllare i suoi istinti primitivi. La natura ci da delle tendenze che diventano nostre solo nel momento in cui agiamo su di esse, scegliendole o deviandole. In questo contesto si colloca la differenza tra libertà di scelta > consiste nel libero arbitrio che è proprio dello spirito ed implica l’intelligenza e la volontà; e libertà di spontaneità > è la capacità di agire secondo il proprio istinto. La prima libertà è in funzione della seconda. L’uomo, tende sempre, infatti, alla propria indipendenza. L’educazione è la conquista della personalità, ma il cuore della persona è la libera autonomia, dire persona equivale a dire indipendenza. Quando Maritain parla di indipendenza ha in mente questo discorso. La persona umana ha delle caratteristiche, secondo Maritain, che sono: ● conoscenza, intelligenza volontà; ● non è soltanto un essere fisico ma anche spirituale ; ● capacità di relazionarsi; ● è libero, autonomo indipendente; ● è unico; ● ha dei valori. 3. Educazione sociale = L’uomo è sociale e per la vita dello spirito ha bisogno di istruzione, educazione, amore e collaborazione con i suoi simili. Il fine della società è il bene comune. Il bene comune deve essere relativo sia al tutto che alle parti, cioè deve emergere dagli interessi e dai bisogni delle singole parti che formano il tutto sociale. L’uomo è quindi subordinato allo stato, ma come persona è superiore allo stato stesso. In questa visione di reciprocità tra il tutto e le parti emergono due esigenze della società democratica: • la diversità delle parti che devono collaborare tra di loro; • la gerarchicità del tutto e nel tutto, che deve subordinare a sé le parti. Per Maritain l’educazione sociale non è il fine principale dell’educazione ma uno dei suoi scopi essenziali. Il fine primo dell’educazione riguarda la persona umana nella sua vita personale e nel suo progresso spirituale, non nelle sue relazioni con l’ambiente sociale. Per evitare la subordinazione dell’uomo allo Stato, bisogna fare una distinzione tra educazione sociale ed educazione civica e politica. È necessario che il fondamento dell’educazione civica sia l’educazione sociale cioè l’educazione come libera convivenza delle persone nella comunità, impegnate nel bene comune e non in ciò che è utile all’individualismo. L'educazione per la comunità richiede l'educazione per la persona: bisogna educare i giovani a vivere nella comunità come persone interessate ed impegnate nel bene comune. L'educazione sociale deve suscitare il senso e la coscienza della giustizia, come rispetto dell'uguaglianza del valore delle persone anche nella diversità dei compiti sociali e delle opinioni individuali. Pestalozzi Quattro momenti ed esperienze educative che mette in atto in momenti diversi: 1. Neuhof (noeof) → Azienda agricola comprata con l'idea di sperimentare delle modalità nuove di agricoltura e di artigiano per provare a rilanciare l'economia e di offrire alle classi svantaggiate l'occasione per un riscatto economico e sociale. Dura una decina di anni ma fallisce perché faceva fatica ad organizzarsi. Comincia un periodo abbastanza lungo di quasi 20 anni e comincia a scrivere Leonardo e Geltrude (romanzo per il popolo); diventa un successo letterario, la sua idea è raccontare la storia dei due contadini come esempio da imitare. 2. Stans → É un orfanotrofio che gli viene dato dal governo e viene istituita questa scuola per 70/80 bambini. Applica il metodo del mutuo insegnamento (metodo basato sulla cooperazione tra i ragazzi). Fa tutto da solo, ma dopo 6 mesi il governo gliela requisisce perché la guerra ha cambiato le cose e serviva un ospedale militare.Pestalozzi va in stato depressivo e viene ospitato in una locanda. 3. Burgdorf → viene proposto a Pestalozzi di sostituire il maestro di una scuola che, in realtà, era un calzolaio. Nessuno pagava per le scuole, e i maestri erano occupati anche in altri lavori. Pestalozzi sperimenta metodi per insegnare davvero ai bambini, diventando quindi una piccola scuola di figli di borghesi che pagano. solo se si elimina qualsiasi presupposto interiorizzato, compiendo solo un’osservazione sistematica e casuale. I postulati di Skinner sono: - meccanicismo : il comportamento è prevedibile se si conoscono le variabili più importanti e se è libero da agenti che operano a capriccio; - operazionismo : il condizionamento operante soddisfa quello che l’organismo sta elaborando nei confronti dell’ambiente esterno; - contiguità animale : l’unica differenza tra un animale e un uomo sono le capacità verbali. Per quanto riguarda le modalità di apprendimento, Skinner ha ripreso, e successivamente migliorato da Pavlov, la connessione tra stimolo e risposta , mentre da Thorndike la legge dell’effetto. In merito allo stimolo e alla risposta Skinner ha perfezionato il condizionamento operante, facendo in modo che l’organismo, attraverso un’esplorazione attiva, possa esplicare diversi tipi di risposta e, grazie a dei rinforzi (positivi o negativi) operati dallo sperimentatore, possa scegliere quella più adatta. Quanto alla legge dell'effetto un individuo tende a ripetere e apprendere più velocemente reazioni che sono seguite da un effetto gratificante. Skinner rimane fedele a questo schema però sottolinea con più insistenza il rinforzo, cioè l’effetto conseguente, così da poter influenzare il comportamento e strutturare la personalità dell’organismo. L’idea di Skinner è quella di modellare il comportamento dell’educando attraverso dei rinforzi in maniera tale che venga insegnato qualcosa. Dato un certo tipo di rinforzo si può avere un certo tipo di comportamento, in modo tale che siano sempre dipendenti l’uno dall’altro: se non si verifica uno non si verifica nemmeno l’altro. Ci sono dei gesti, dei comportamenti che vengono prodotti nell’educando attraverso l’imitazione di comportamenti che vengono mostrati, serve anche l’approvazione o la negazione (rinforzo positivo e negativo). Si parte da qualcosa che il soggetto sa già, poi c’è una sequenza, uno spezzettamento delle cose da imparare in micro unità e vengono proposte una alla volta, in maniera sequenziale. Di mezzo c’è sempre il rinforzo, che è quello che serve per facilitare l’apprendimento. Cambia solo il tempo, la sequenza è sempre la stessa. Si può parlare di standardizzazione . La concezione Skinneriano dell’apprendimento può essere riassunta nei seguenti principi: a) Indifferenza metafisica → Non è la scienza ad essere sbagliata, ma il modo in cui quest'ultima viene applicata. b) Retroazione → Un determinato comportamento può avere come conseguenza che retroagiscono sull’organismo. Quando succede, mutano le probabilità che quel determinato comportamento si verifichi di nuovo. c) Rinforzo → Il rinforzo serve per rendere, più probabile e più frequente una risposta. d) Controllo totale → Ogni comportamento è il risultato di condizioni accertabili e una volta che queste ultime sono state scoperte, possiamo anticiparle e arrivare a determinare le azioni di un uomo. L’apprendimento dunque, consiste in un modellamento dei comportamenti dell’organismo, acquisito tramite un’esperienza attiva e esplorativa, che dipende soprattutto dai rinforzi. Skinner Riassume con chiarezza il processo. Anzitutto bisogna distinguere i comportamenti emessi e quelli suscitati. I primi sono comportamenti che l’organismo sceglie di compiere in virtù agli effetti di certi stimoli; i secondi, invece, sono suscitazioni di stimoli appositi e la loro manipolazione non porta nessuna nuova risorsa. Parlare di comportamento operante, invece di comportamento rispondente,significa spostare lo sguardo ad una dimensione molto più estesa, che comprende la possibilità di controllare e manipolare qualsiasi comportamento in previsione di effetti voluti. Skinner è molto legato al pensiero positivista, per cui è proiettato verso l’idea di un mondo utopico. Secondo lo psicologo, l’umanità potrà sopravvivere solo se sarà in grado di prendere in mano il controllo e se riuscirà a garantire uno sviluppo di un individuo felice, intelligente, altruista, produttivo e creativo. Tutto ciò può essere realizzato se si traduce in termini di organizzazione politico-sociale le risorse provenienti dalla psicologia scientifica del comportamento, la quale riesce a controllare le forze sociali. Skinner descrive la comunità ideale, Wolten Two, nella quale attraverso la programmazione comportamentale, l’individuo e il gruppo sono condizionati a vivere nel modo previsto per far sì che si affermi una modalità di vita felice. Come può una persona sentirsi libera, quando in realtà è controllata? Skinner afferma che questo può avvenire grazie al rinforzo positivo. Infatti, il comportamentismo non controlla il comportamento ma l’inclinazione a comportarsi in un determinato modo, cioè controlla i sentimenti, le passioni, i desideri. A Wolten Two, inoltre, si ha l'obiettivo di far diventare tutti coraggiosi e capaci di superare le barriere. A volte si può usare l’umorismo, coinvolgendo anche gli altri, per non prendere troppo sul serio una seccatura, altre bisogna fare affidamenti sulle proprie risorse personali. Secondo Skinner, la società possiede già i mezzi per costruire un mondo fondati su questi principi, ma non ci sono le persone giuste al governo, A Walden Two ci sarebbe solo un’agenzia per riuscire in questo compito. Per quanto riguarda la didattica skinneriana possiamo individuare dei fondamenti: 1. Fondamento critico: L’apprendimento scolastico è molto lento e si rivolge in ugual modo a tutti i componenti della classe, senza tenere conto delle loro diversità e dei loro caratteri personali. L’istruzione programmata, si propone come un metodo di apprendimento nuovo, capace di risolvere gli attuali problemi grazie a strumentazioni nuove e più adatte. 2. Fondamento politico-istituzionale: oltre ad un’espansione quantitativa, ci vuole anche un miglioramento qualitativo nei metodi di insegnamento, elaborando dei programmi che siano adatti alle esigenze e le capacità di ciascun allievo. 3. Fondamento scientifico: i contributi provengono soprattutto dalla psicologia dell’apprendimento. L’apprendimento è visto come un’acquisizione di forme di comportamento adatto, cercando di limitare sempre di più il numero di errori e rinforzando le risposte corrette. Elementi ineliminabili sono, dunque, lo stimolo-problema, dare una risposta e controllare subito l’esattezza o meno della sua risposta. Ogni soggetto compie tutto ciò da solo, sviluppando i propri progressi individualmente; il feed-back, cioè la correzione immediata che il sistema deve compiere e comunicare all’allievo. La retroazione può essere applicata anche alle macchine (teaching machine) che vengono pensate, non come utensili dell’operatore, bensì come sistemi capaci di spiegare un comportamento “addittivo”. L’istruzione programmata è quindi una tecnologia di apprendimento individualizzato, in cui lo studente può avere i propri tempi. Il programma deve ➔ avere ordine logico e aumento graduale della difficoltà ➔ essere costruito in modo tale da far compiere meno errori possibili ➔ esibire immediatamente l’esito ➔ permettere all’allievo di seguire i suoi tempi ➔ dare un rinforzo positivo in seguito ad una risposta giusta. La critica umanistica ha rimproverato Skinner di togliere l’uomo a sé stesso, cioè idealizzare un mondo privo di vita reale, svuotato dei caratteri più veri dell’esperienza. A queste osservazioni egli ha sempre risposto che l’utilizzo della libertà individuale non consente di prospettare in modo fattivo la soluzione degli immensi problemi che riguardano oggi l’umanità nel suo complesso. A Skinner inoltre è riconosciuto il merito di aver posto attenzione su argomenti quali: • La concezione dell’apprendimento • Identificazione tra la scuola e la vita • L’insegnamento • Non esiste soltanto il punto di vista dell’individuo e dei suoi bisogni strettamente singoli; • È necessario trovare un’armonia tra società democratica e società pianificata, • E’ puramente falso ed ipocrita lo scandalizzarsi di fronte ad una concezione che razionalizza e cerca di rendere umanisticamente produttivo il principio del controllo del comportamento. Jerome Bruner Al contrario di Skinner, Bruner, si oppone al comportamentismo, infatti pensa che i processi cognitivi vadano studiati con una metodologia psicologica, che sia anch’essa cognitiva, ossia omologa alla loro natura e la realtà umana vada studiata da un punto di vista umano, cioè integrale, dinamico e storico. L’attività percettiva si può studiare, quindi, basandosi sull’intera personalità del soggetto, il quale, di fronte ad un dato esterno, mette in atto un particolare comportamento, importante per riuscire a comprendere la percezione del soggetto. La percezione e il pensiero non possono essere considerati né un processo casuale, né puramente adattivo, ma sono delle attività basate sui principi di soluzione, strategicità e categorizzazione. Pensare è una procedura che nasce da un problema reale (ambientale) e si conclude in una categorizzazione. Pensare, in sostanza, vuol dire classificare, scegliere, ordinare e dominare una molteplicità di informazioni, creando dei concetti. Accanto al modo di pensare logico (mano destra) c’è anche un modo di pensare intuitivo-affettivo, più da uomo di cultura (mano sinistra). La mente, secondo Bruner, è un organismo multidimensionale, in cui ci sono due modi di pensare che sono complementari, ma non possono essere irriducibili l’uno all’altro. Ognuno di questi modi di pensare ha dei propri criteri di validità. Lo sviluppo intellettivo del soggetto cresce al crescere della sua indipendenza e della sua capacità di conservare le informazioni, mediante un linguaggio che esprime una sempre più sensibile crescita dall’esterno verso l’interno, che equivale a un padroneggiare le tecniche intrinseche alla cultura. Il soggetto codifica la realtà tramite un modello chiamato rappresentazione. In altre parole una rappresentazione è una trascrizione della realtà tramite delle categorie e degli schemi possibili al soggetto. Esse seguono un percorso di trasformazioni, le quali obbediscono al principio della evolutività rappresentazionale. Ci sono tre modelli rappresentativi: (principio della evolutività rappresentazionale): nel gruppo sociale è un presupposto che la società costruisca un modello positivo e che sia giusto proporsi l’obiettivo di farvi rientrare i soggetti più giovani. Questa idea di educazione implica una diversa idea di “cultura”: ● “Cultura” come patrimonio di conoscenze accumulate dall’umanità nel corso dei secoli consolidato nelle discipline accademiche come la filosofia, le scienze, le arti, la storia ( = idea di cultura come “cultura alta" ). ● “Cultura” come la mentalità di un dato gruppo sociale, ovvero l’insieme dei valori e delle norme condivise dei soggetti che vivono in un certo contesto storico-geografico ( = idea di cultura che proviene dalla sociologia dell’antropologia culturale: “cultura diffusa” ). I termini “socializzazione” e “inculturazione” equivalgono al concetto di educazione nel significato specifico di “educazione come ingresso nel gruppo sociale”. I principi connessi a quest’idea sono che: → il soggetto non è un individuo, ma un essere sociale, che si completa solo all’interno del gruppo sociale; → la dimensione comunitaria conta più di quella individualistica; → la società in cui si vive è una società buona e di conseguenza da preservare per vivere al meglio; → l’uomo non è un soggetto autosufficiente che ha già in sé tutte le potenzialità di cui necessita, ma deve acquisire la cultura per vivere bene; → tutti i gruppi sociali usano forme di trasmissioni a favore dei propri membri; → l’educazione non è uguale per tutti. Ogni gruppo sociale usa forme di trasmissione diverse. → L’educazione dipende dalla società e serve al suo mantenimento. Quindi, sono i valori della società a determinare le finalità dell’educazione. Una determinata società sviluppa determinati modi di vivere e ha bisogno che tutti i suoi membri siano formati in una precisa maniera. È un’idea abbastanza impositiva dell’educazione perché la libertà di un soggetto di crescere come vuole, viene impedita da una società che lo vuole plasmare secondo un progetto collettivo precostituito. -Poiché condivido i valori della società in cui mi trovo a vivere ⬇ -Identifico le caratteristiche che il buon cittadino di questa società dovrebbe avere ⬇ -Sperimento e propongo modalità educative che siano adatte a questo scopo. John Dewey Le sue opere si fondano sul principio fondamentale del concetto di “esperienza” dove incontrano tutti i significati di uomo, considerato sia essere individuale che sociale. L’esperienza poi può considerarsi progressista o regressista a seconda di come sono accentuati principi che le danno senso ( intelligenza, democrazia, libertà, personalizzazione della vita ). La cultura e l’educazione sono le funzioni fondamentali che conferiscono all’uomo qualità dell’esperienza, costruendola e consolidandola e si trasmette secondo le sue più intrinseche caratteristiche di umanità. L’educazione in particolare viene considerata come la ricostruzione o riorganizzazione dell’esperienza, che contribuisce a renderla significativa ed aumenta le capacità di saper dirigere quella successiva. Altri principi: - non esistono verità eterne ed assolute, ma la verità di un’ idea consiste nelle sue conseguenze, verificate attraverso la ricerca sperimentale; - lo spirito è una funzione dell’attività prodotta dall’esperienza; - la qualità morale dell’esperienza consiste nella capacità di connettere le esperienze secondo il principio di trasformazione del mondo; - l’intelligenza è lo strumento per eccellenza attraverso il quale l’uomo può risolvere i problemi della vita, compresi quelli di natura scientifica; - la democrazia rappresenta un modo di vivere superiore al piano etico e morale, una forma di comunità dove ognuno ha la possibilità di sviluppare le proprie competenze nel rispetto di una convivenza con l’altro. L’uomo ha senso nella natura e nel mondo perché non è irreversibilmente condizionato ma, piuttosto è libero e capace di trasformarla, trasformando anche se stesso. La dimensione individuale e ambientale è inscindibile, perciò l’educazione non è solamente un indottrinamento dell’ intelligenza ma una vera e propria transazione trasformatrice. Quindi se la legge della vita è dinamismo (cambiamento verso il meglio), l’apprendimento non può essere passivo ma dovrà collocarsi sul piano della ricerca, esplorazione, verifica continua. Conseguenzialmente: - l’idea di attività deve coinvolgere l’insegnamento e l’educazione: la scuola è educativa solo se è attiva; - il modello democratico deve essere applicato alla disciplina e alla conduzione della scuola; - la motivazione e l’interesse sono le grandi forze alle quali deve far appello l’ educatore poiché non si verificano in modo spontaneo e naturale nell’educando; -la soluzione di problemi deve avvenire in seguito ad un processo di ricerca libera; -l’insegnante deve assumere anch’egli le vesti di ricercatore e creatore, attraverso l’esperienza sperimentale controllata, delle proprie qualità professionali. Dewey scrive nel 1867 “Il mio credo pedagogico” un testo organizzato in punti il suo pensiero pedagogico. Il testo è diviso in cinque articoli. Articolo 1- Cos’è l’educazione? Il primo concetto di educazione si fonda sull’idea che essa sia un processo di socializzazione, tramite il quale, i giovani conquistano capacità, tratti, idee e ideali. L’uomo non è un individuo staccato da altri uomini. Deve far invece parte della coscienza sociale della specie. L’acquisizione dei caratteri sociali, inizia fin dalla nascita, grazie alle cure dei genitori che incarnano i costumi della società. Anche quando il processo educativo diventa più formale, mediante la scuola, quest’opera di formazione deve rimanere sempre alla base. Inoltre l’educazione si crea partendo dalle esigenze della situazione sociale, nel quale il bambino si trova. I bisogni della comunità lo stimolano ad agire come membro di un'unità. Per Dewey l’educazione è formata da un aspetto psicologico e da un’altro sociologico ed entrambi non possono essere subordinati l’uno all’altro. L’aspetto psicologico è basilare, infatti l'educazione parte dalle capacità, dagli interessi e dalle abitudini del fanciullo ed esse devono essere interpretate sulla base delle condizioni sociali e dello stato attuale della civiltà. Per conoscere veramente una facoltà, inoltre, bisogna conoscere il fine, l’impiego e la funzione, e tutto ciò non è possibile se non si considera l’individuo come attivo nei rapporti sociali. Se eliminassimo il fattore sociale si resterebbe con un’astrazione, se eliminassimo il fattore individuale si concederebbe la società come una massa inerte e senza vita. L'educazione è partecipazione alla vita sociale. Articolo 2 - Cos’è la scuola La scuola è un’istituzione sociale, nella quale, è presente una vita di comunità, in cui sono concentrati tutti i mezzi che serve al fanciullo per acquisire la cultura e per riuscire ad usare al meglio i suoi poteri per finalità sociali. La scuola è una versione protetta della società in cui l’alunno può fare esperienza, una realtà semplificata in cui il ragazzo può sbagliare senza che gli errori si ripercuotono gravemente sulla sua vita. La scuola deve rappresentare la vita attuale, altrettanto reale quanto quella che il fanciullo conduce a casa. L'addestramento morale migliore e più profondo è quello che si ottiene entrando in giusti rapporti con gli altri. L'educando deve essere controllato e stimolato all'interno di questa “comunità”. L’educazione è un processo di vita. Articolo 5 - La scuola e il progresso sociale L’educazione è il metodo fondamentale del progresso sociale, infatti mediante l’educazione si arriva ad una consapevolezza sociale e sulla sua base, tramite un adattamento dell'attività individuale ci può essere una ricostruzione sociale. Questa concezione tiene conto sia degli ideali individualistici sia di quelli sociali. Essa è individuale perché la formazione del carattere è alla base del giusto vivere, ma è anche sociale perché questo carattere deve essere formato anche tramite le influenze della vita istituzionale e comunitaria sull'individuo. La scuola, per Dewey, è lo strumento più efficace di progresso e riforma sociale . L'insegnante deve capire l’importanza del suo mestiere che non è solo l'educazione degli individui, ma anche la formazione della giusta vita sociale. L’insegnante è un uomo addetto al servizio sociale col compito di mantenere il giusto ordine e assicurare il giusto sviluppo sociale. 5. EDUCAZIONE COME LIBERAZIONE DEL SOGGETTO DALLE SCHIAVITÙ DELLA SOCIETÀ L’idea di educazione come ingresso nel gruppo sociale si basa sul presupposto che la società sia buona. L’educazione come “liberazione del soggetto dalle schiavitù della società” reputa ingiusta la società in cui si vive e vede nell’educazione la possibilità per liberare il soggetto dalla schiavitù della società, ponendo i presupposti per costruire una nuova società. Questa idea di educazione in un certo senso è funzionalista, ma funzionale non alla società attuale ma a una società futura, che adesso non c’è ancora ma che si immagina migliore dell’attuale. Il passaggio da uomo oppresso a uomo liberato si può avere se si mette in atto un procedimento liberante-problematizzante invece di uno di carattere depositario. L’orientamento depositario/bancaria si qualifica in quanto: - l’educatore trasmette il suo sapere in senso unidirezionale, sopprimendo il dialogo; - le nozioni vengono assimilate meccanicamente; - elimina la capacità critico-riflessiva in quanto non propone problemi da analizzare ma nozioni da memorizzare; - elimina ogni tipo di collaborazione; - tende a mantenere la situazione attuale, soddisfando il volere degli oppressori. L’orientamento liberatorio invece: ● mira ad eliminare la contrapposizione tra alunno e insegnante; ● elimina la distinzione fra momenti ricettivi e momenti creativi, infatti l’insegnamento viene visto come un'esplorazione dell’universo tematico degli allievi; ● ha come finalità la disalienazione e quindi di formazione rivoluzionaria; ● prepara gli alunni a cambiare la situazione. La didattica freiriana è composta da sette fasi di elaborazione: 1. Analisi dell’universo verbale: Gli insegnanti si recano sul luogo dove dovranno lavorare, ascoltando, partecipando alle conversazioni per registrare e analizzare il materiale lessicale; 2. Scelta della parola generatrice: Gli insegnanti determinano quali saranno le parole da utilizzare come stimolo di partenza. Queste parole vengono scelte in base a caratteri fonetici e psicologici, sono spesso parole legate alla vita degli allievi; 3. Processo di codificazione: Vengono mostrate delle rappresentazioni delle situazioni familiari agli alfabetizzati, in modo che essi possano codificare la realtà, cioè emergere dalla loro situazione, in quanto gli viene presentata in nuove modalità, e riuscire ad analizzarla e criticarla. Si avvia in questo modo il processo di appropriazione cognitiva; 4. Processo di decodificazione: In questa fase prende avvio il dibattito, mediante il quale l’alfabetizzazione arriva ad un livello critico di conoscenza, a partire da una situazione vissuta dallo stesso studente.Arrivati a questo punto si procede con l’acquisizione dell’alfabetizzazione a livello teorico; 5. Visualizzazione della parola generatrice e scomposizione sillabica: La presentazione della parola ha luogo dopo la discussione, sempre mantenendo il riferimento visivo alla situazione codificata. Dopodiché questo supporto viene eliminato e si inizia ad identificare le sillabe; 6. Identificazione delle famiglie vocaliche: Si preparano delle schede, mediante le quali gli studenti individuano le famiglie fonetiche, partendo dalle sillabe individuate precedentemente; 7. Composizione-riconoscimento di vocaboli: Gli allievi riescono a comporre e leggere e scrivere, Il processo di solito è molto rapido, in modo tale che i soggetti riescono, in breve tempo, a rendersi autonomi. Freire stesso dichiara che il suo metodo di alfabetizzazione è rivolto allo scopo di trovare una risposta pedagogica alle condizioni di vita del Brasile, cioè una società intrinsecamente caratterizzata dalla DIPENDENZA da una parte e dall’altra l’OPPRESSIONE, in virtù della quale qualsiasi progetto di liberazione è una preparazione alla lotta per una trasformazione rivoluzionaria radicale. Il condizionamento “locale” è una funzione sia determinante che limitante, ma all’interno di essa ci sono elementi che potrebbero essere usati anche in un contesto più generale. Il metodo educativo di Freire ha basi filosofiche esplicite, nelle quale c’è una continuità tra concettualizzazione e realizzazione operativa; Freire ha riscoperto le grandi regole del metodo naturale per l’apprendimento della lettura e della scrittura, adattandole al suo particolare problema di alfabetizzazione, tale metodo consiste nel binomio continuo tra la coscienza di un significato e la conquista di un meccanismo, far leva sull’intrinseco bisogno di espressione e la consegna di un’abilità strumentale che consenta di procedere nel minor tempo possibile da soli, ricordando sempre la connessione esplicita tra il progetto educativo e una situazione storica reale. EDUCARE PER LA LIBERAZIONE DEGLI OPPRESSI Dedica il libro agli straccioni del mondo. Fin da subito ci sono gli eventi basi dell'analisi base di Freire, l’attenzione al povero, alla dinamica di presa di coscienza e la lotta che vuol dire cambiamento. Giustificazione della pedagogia dell’oppresso Gli uomini si guardano e prendono coscienza comprendendo che l'essere uomini non è concreto ma si può problematizzare. La ricerca non finisce mai. L’uomo non si percepisce come un essere già arrivato, ma come un essere che sta cambiando, si sta sviluppando, quindi si percepisce come inconcluso. Anche la matrice cristiana di Freire > vocazione . Freire era un catto-comunista, sia matrice marxista sia cristiana. La vocazione dell'umanizzazione è negata, non sempre si realizza, non in tutte le situazioni, ma nel momento in cui ti accorgi che qualcuno vive in condizioni disumane autonomamente capisce che bisogna cambiare le cose perché non è giusto. Contemporaneamente qui c’è l’analisi della situazione, la diagnosi (c’è un ingiustizia) ma anche l’utopia (ingiustizia mi fa sorgere il bisogno di trasformarla in giustizia). Non solo gli oppressi sono coscienti della disumanizzazione ma lo sanno anche gli oppressioni. Per Freire, una delle caratteristiche dell’uomo è l’ incompletezza che ti porta a desiderare di essere di più, migliore. La storia non finirà con la disumanizzazione, finirà quando saremo tutti umanizzati (utopia che è speranza, immaginazioni). Se noi fossimo convinti che la disumanizzazione sarà il nostro destino possiamo disperarci. Freire si preoccupa anche degli oppressori, perché sono ‘meno uomini’ perché non hanno realizzato la loro aspirazioni alla giustizia. Per Freire la rivoluzione non è un sovvertimento delle classi sociali ma è un ordine nuovo dove gli uomini sono allo stesso livello. Chi può fare la rivoluzione amorosa? Solo gli oppressi. solo loro possono cambiare la società. La concezione depositaria/bancaria dell’educazione Cosa intende per concezione depositaria dell’educazione? La concezione narrativa, trasmissiva, presuppone dei soggetti che raccontano e degli oggetti che ascoltano passivamente. La vera vocazione della parola è comunicare tra due soggetti, ma in questa concezione bancaria dell’educazione la parola si svuota. Un educazione cosi sarebbe meglio non farla. Depositare nella testa di altri lezioni di vita (ecco perché il termine bancario perché nella banca si depositano i soldi continua a leggere tu. Questa è l’educazione che non dovrebbe essere. Allora qual è la concezione buona dell’educazione? è la concezione problematizzante dell’educazione. è la concezione educativa che l’educazione porta alla liberazione degli oppressi. Se vogliamo liberarci dobbiamo fare un educazione non bancaria che li tiene li passivi ma un educazione problematizzante. capace di far sorgere i problemi perché questo vuol dire essere coscienti. atto di conoscere > intende dire che la vera educazione non è io che ti dico cosa devi pensare e così tu conosci, ma è un tuo atto di conoscere,sei tu che devi farti delle domande e devi darti delle risposte, e questo atto di conoscenza, che è una tua esperienza, è ciò che ti rende libero, l’educatore si mette insieme agli educandi e insieme compiono un percorso di conoscenza. I MECCANISMI DEL PENSIERO PEDAGOGICO Le fondamenta della pedagogia La prima considerazione da fare è che ogni discorso pedagogico presuppone un’idea sull’uomo e sulla società. Per esempio se un educatore fa fare attività orientate allo sviluppo creativo, forse è perché pensa che l’uomo si sviluppi pienamente nel momento in cui coltiva le sue potenzialità espressive. Se guardiamo ad alcuni autori, soprattutto del passato, come per esempio Locke, Tommaso d’Aquino, Gentile o Kant, possiamo vedere che la pedagogia è strettamente collegata alla loro idea antropologica e che, la loro idea di educazione era basata su studi precedenti (a livello logico) di: ● Gnoseologia : mette a fuoco le possibilità della ragione umana; ● Ontologia e metafisica : definiscono la struttura ontologica del reale; ● Antropologia : studia essenza e caratteri dell’uomo; ● Etica : stabilisce i valori che dovrebbero guidare l’uomo; ● Politica : precisa quali sono le forme più adatte per il vivere sociale. Le posizioni preminenti della pedagogia In secondo luogo le varie educazioni possono essere distinte in puerocentriche, adultocentriche ed epistemocentriche: 1. Le pedagogie adultocentriche si basano su un approccio educativo e didattico in cui si chiede all’educando di imitare un modello di uomo richiesto dalla società, e di apprendere in modo forzato tutto ciò che l’adulto ha deciso di trasmettere. In questo caso, è evidente quindi, il ruolo direttivo dell’educatore, anche perché è lui il modello che il bambino deve imitare. 2. Le pedagogie puerocentriche si basano su pratiche educative che rispettano la specificità dell’infanzia e sono spesso antiautoritarie e basate sull’autogoverno. Gli educatori sono molto attenti ai sentimenti, agli interessi, alle modalità di apprendimento che più piacciono al bambino. Un esempio potrebbero essere le pedagogie naturaliste. il fine dell’educazione può essere la costruzione di una personalità equilibrata o la formazione del buon cittadino. Naturalmente, questi esempi non sono mete raggiungibili in poche ore di lezione, anzi talvolta non possono nemmeno essere pienamente raggiunte. Le finalità che ci prefissiamo, quindi, non sono sempre totalmente accessibili, ma hanno la funzione di idea regolativa, grazie alla quale l’educatore può comunque guidare l’azione educativa verso una direzione ritenuta sensata. È su questa base che alcuni hanno ulteriormente distinto fini e finalità. I primi indicano terminalità generali, ma comunque raggiungibili in tempi medio-lunghi, mentre le seconde vengono definite come terminalità formative ideali, mai appieno raggiungibili. ● Gli obiettivi costituiscono terminalità specifiche, raggiungibili in tempi brevi o attraverso azioni educative mirate. Per esempio, un obiettivo potrebbe essere quello di imparare a risolvere le equazioni. A loro volta essi, possono essere scanditi definendo dei sotto-obiettivi ancora più specifici. A differenza del gruppo fini/finalità, questo termine, è entrato in uso solo negli anni Sessanta, a seguito dell’elaborazione e diffusione dell’orientamento programmatorio-curricolare della didattica, che aveva come scopo quello di razionalizzare e scientificizzare i processi educativi, ottimizzando i percorsi e le tecniche dell’azione didattica. Secondo gli esponenti di questo orientamento, questo era possibile solo se si hanno di mira degli obiettivi, i quali a loro volta devono essere scientificamente individuati e scanditi (momento tassonomico) e se si hanno i mezzi devono essere valutati, per capire quali di essi sono stati raggiunti e quali no ( momento docimologico). Tutto questo si poteva ottenere elaborando dei sistemi di obiettivi di apprendimento sulla base principalmente, della ricerca psicologica. Questo orientamento ci fa notare, in primo luogo, come gli studiosi non abbiano più basato la pedagogia, solo, sulla filosofia, ma anche su una ricerca empirica-osservativo della conoscenza. In secondo luogo, ci fa capire che fini, finalità e obiettivi possono essere inseriti in un unico quadro, dal più generale al più specifico. Cinque idee di educazione: i fini Le varie scelte teologiche che ogni pedagogia apprende dipendono da due fattori: • CONTENUTO - mete indicate come degne di essere perseguite. • ORIGINE - modo di giustificare la preferenza di una meta rispetto all’altra. Le cinque idee di educazione corrispondono a 5 modelli pedagogici: PEDAGOGIE NATURALISTE Il principio fondativo di questo modello è quello che non sia né opportuno e né lecito stabilire dall’esterno (valori sociali / idee dell’educatore) un fine educativo da imporre all’educando. I fini sono intesi soprattutto come direzioni di sviluppo che il soggetto deve percorre liberamente. Ciò sottintende il fatto che l’essere umano abbia già una direzione di sviluppo intrinseca ad esso e per questo l’educatore non può imporre fini. L’educatore non deve ostacolare la propria azione con ulteriori scopi, il fine dell’educazione non deve intralciare lo sviluppo dell’educando. PEDAGOGIE UMANISTE Le pedagogie umaniste mettono al centro delle loro teorie, l’uomo. Ogni azione sociale ha come fine l’uomo. Per queste pedagogie, l’uomo non sarà mai un mezzo ma sempre un fine e l’educazione deve avere come fine sempre esso. Se l’educazione fosse subordinata da ciò, tradirebbe il proprio senso perché userebbe l’uomo come mezzo. Le pedagogie umanistiche accolgono la multidimensionalità dell’uomo, l’educazione deve essere coltivazione integrale di tutte le sue parti. Di conseguenza possiamo dire che il fine deve essere integrale ovvero quello di non tralasciare alcuna parte dell’uomo durante l’educazione. PEDAGOGIE CULTURALISTE La finalità ultima di questa educazione è quella della trasmissione della cultura, intesa come l’insieme delle conoscenze tramandate negli anni. Di conseguenza, questa educazione è facilmente scomponibile in fini ed obiettivi che vengono costruiti tramite l’apprendimento di concetti. Le pedagogie culturaliste selezionano i loro fini valutando: • CONOSCENZE NECESSARIE; • QUALI CONOSCENZE FORMINO MAGGIORMENTE LA PERSONALITÀ DI HABITUS MENTALI - ad esempio gli esercizi di bella scrittura o lo studio del latino... • CONOSCENZE NECESSARIE IN BASE ALL’ETÀ - la geografia si studia alle elementari e poi viene tendenzialmente abbandonata. • CONOSCENZE PREPARATORIE PER I FUTURI STUDI - nei licei la matematica è utile anche per altre materie. Tenendo in mente che per queste pedagogie “solo l’uomo colto è pienamente uomo”, i fini di questa educazione tengono conto delle abilità e competenze che formano l’uomo di cultura. In questa educazione vi è uno sbilanciamento legato allo sviluppo intellettuale dell’educando. PEDAGOGIA FUNZIONALISTA Queste pedagogie vedono l’educazione come funzione sociale, e sono guidate da mete fissate dalla collettività. L’uomo non è guidato da fini ma da scelte “politiche” alle quali deve adattarsi e conformarsi. Il fine è quello di integrare l’uomo all’interno del gruppo sociale di appartenenza per farlo diventare così un cittadino acculturato e partecipe. Nella società contemporanea, i fini dell’educazione sembra siano quello di trasmettere competenze e non saperi, poiché le competenze sono maggiormente applicabili al mondo del lavoro e permettono di fare aumentare l’economia di una azienda o di un paese. PEDAGOGIE CRITICO - EMANCIPATORIE Queste pedagogie puntano a liberare il soggetto dalle schiavitù della società. Come le pedagogie funzionaliste, anche quelle critico-emancipatorie evidenziano il bisogno del singolo di fare parte di un gruppo sociale; in questo caso, il gruppo sociale ha valori e norme differenti da quelle sociali “tipiche”. Anch’essa vuole educare gli uomini in vista di una nuova società che spesso rimane una visione utopica. I fini e la loro origine I pedagogisti hanno 3 fonti dalle quali possono ricavare i propri fini dell'educazione. ● La prima categoria è quella dei fini che hanno origine dai compiti evolutivi del soggetto umano, la quale comprende maggiormente le pedagogie di matrice psicologistica. Per esempio, Hubert affermava che bisognava partire dalle caratteristiche psicologiche del soggetto nei vari stadi evolutivi, per riuscire ad individuare gli interessi mentali predominanti nelle varie età e da quest’ultimi si ricavano i valori predominanti. In questo modo si stabiliscono quali sono i fini dell’educazione per ciascun uomo nelle diverse fasi della vita. ● Una seconda categoria deriva da un “dover essere” / “essere”, tendenzialmente viene da filosofie greco-cristiane che spingono l’uomo a ricercare la natura più vera e profonda. Secondo Mario Casotti, l’essenza dell’uomo può essere riassunta in 4 trascendentali (attributi generali che ha un essere esistente in quanto tale): l’ente > cioè partecipare alla sfera di ciò che è; l’uno > l’avere una propria unitarietà; il vero > partecipare alla verità, che l’intelletto può intendere; il buono > partecipare a un carattere morale che la volontà può conseguire. Al di sopra di tutti i trascendentali vi è Dio (Dio della metafisica e non quello della rivelazione). Se questa è la natura dell’essere umano, ne consegue che i fini di ogni vera educazione sono quelli che tendono a realizzare compiutamente tale natura, nella sua fisicità (l’ente), nella sua intelligenza (il vero), nella sua moralità (il buono) e nella sua relazione con Dio (principio dell’essere e quindi anche dell’educazione) ● La terza categoria è quella che basa la finalità dell’educazione sulla società e sulla cultura. L’educazione deve guardare nella stessa direzione in cui si sta dirigendo la società, cosicché possa guidare i singoli individui a seguirla. 3. Tre categorie di teleologie Le teleologie pedagogiche possono essere raggruppate in tre categorie: 1. le teleologie autoteliche: l’educazione non ha altri scopi se non quelli che l’educando si pone da sé. Di conseguenza le terminalità non possono essere stabilite né dall’educatore né dalla società, perché in entrambi i casi l’atto educativo non rispetterebbe l’educando. Dal punto di vista teorico, si creano due situazioni. Nella prima i fini dell’educazione vengono fatti derivare dalle caratteristiche psicologiche del soggetto, osservate nelle diverse età. In questo caso, non si può nemmeno affermare che i fini li decide l’educando, infatti si autodefiniscono da sé sulla base di quanto studiato in psicologia. È chiaro che dietro questo pensiero ci sia il presupposto che la natura dell’individuo sia il bene più prezioso, da preservare sopra ogni altra cosa. Il rischio delle teleologie autoteliche è presente, in quanto, si definisce come regola definitiva una descrizione a livello psicologico sugli stadi evolutivi che, in realtà, possono variare da soggetto a soggetto. Nella seconda situazione invece l’educando è lasciato totalmente libero, in quanto si presuppone che egli sia in grado di decidere da sé cosa sia meglio per lui. 2. le teleologie endoteliche: In questo caso i fini dell’educazione si formano da un’idea ben precisa ed elaborata di uomo e l’azione educativa mira alla creazione di un soggetto quanto più possibile somigliante a quel determinato modello ideale da raggiungere. Il problema di queste pedagogie risiede nell’idea di uomo iniziale. Potremmo davvero essere in grado di individuare l’essenza umana? 3. le teleologie esoteliche: L’ultima categoria è quella delle teleologia. Esse sono basate su un consenso sociale, che determina la funzione e gli scopi delle azioni 5) Idea di uomo come essere fisico, la sua materialità biologica e le sue connessioni neurali. 6) Idea di uomo olista, al centro di energie biopsichiche nelle quali deve trovare un equilibrio. 7) Idea di uomo relazionale, dove si pensa che il soggetto sia essenzialmente sociale. Il secondo è di carattere epistemico (mostra le diverse prospettive filosofiche e scientifiche che lo tematizzano). Per quanto riguarda quest’ultime il primo pensiero va: -all’antropologia culturale, che studia la cultura umana a partire dalle loro origini, per vedere quali sono le caratteristiche intrinseche ai meccanismi sociali. -l’antropologia pedagogica che, soprattutto in Italia con Maria Montessori, si pose il compito di studiare i processi di crescita dei bambini dal punto di vista fisico. A queste prospettive si possono aggiungere le psicologie comportamentista, cognitiva, sistematica e costruttiva, della psicoanalisi, della sociologia e così via. Queste discipline, anche quando cercano di essere il più neutre possibili, si basano sempre su una concezione dell’uomo. Cinque idee di educazione: il soggetto Varie visioni di educazione dell’antropologia pedagogica: “Sviluppo delle capacità innate del soggetto” (modello pedagogico naturalista) - presuppone che il processo educativo avvenga tramite un processo di sviluppo che migliori le potenzialità innate del soggetto e le porti a diventare caratteristiche mature e stabili. Non è necessario aggiungere nulla dall’esterno poiché il soggetto è completo sin dalla nascita e ogni intervento esterno porta con sé un effetto negativo, poiché lo sviluppare non seguendo la propria natura. Questa idea naturalista è supportata da almeno due idee: • L’antropologia anarchico-libertaria, che sostiene lo sviluppo dell’uomo come essere singolare che non deve essere subordinato dalla società. • Concezione materialista e biologistica dell’essere umano = l’uomo è essenzialmente costituito dalla sua dimensione corporea, di modo che anche le sue manifestazioni psichiche possono essere spiegate a partire da meccanismi biologici di tipo genetico, naturale o endocrino. Sia le pedagogie libertarie che le neuroscienze, hanno una base (passata) che riprende l’idea naturalista. Le neuroscienze stanno appurando che le nostre capacità mentali non funzionano secondo i processi strutturati, ma dipendono dalla conformazione anatomica e dalle modalità di funzionamento fisiologico delle cellule nervose nelle varie zone dell’encefalo. Le neuroscienze stanno mostrando che le cellule nervose ( = hardware ) e i processi mentali ( = software ) sono strettamente connessi. Cade anche la tradizione che separava spirito e materia. La ricerca delle “nuove scienze cognitive” sta dimostrando che non solo i processi cognitivi sono implementati nel sistema sensomotorio ma che tra i processi cognitivi e motori non vi è un rapporto gerarchico o di sequenzialità temporale, ma una circolarità tale per cui l’azione influenza sia la percezione che il pensiero astratto. Non cade solo la dicotomia mente/corpo, ma anche tra pensare e agire, tra emotività e razionalità, tra pensiero e parole, tra astrazione ed esperienza, poiché tutte queste facoltà hanno alla base i meccanismi neuronali di tipo sensomotorio, ossia quelli legati all’azione. La seconda idea di educazione, si basa su un modello pedagogico umanista, ossia “educazione come coltivazione integrale”, l’idea è di considerare l’uomo nella sua complessità di soggetto razionale, emotivo, corporeo, sessuato, morale, sostenendo la tesi che egli sia tutte queste cose insieme e che queste componenti non siano slegate o accostate, ma che interagiscono tra di loro. L’uomo è pienamente uomo quando coltiva tutte queste sue dimensioni in maniera integrata ed equilibrata. La terza idea di educazione, si basa su un modello pedagogico culturalista che vede l’ “educazione come processo di trasmissione/appropriazione della cultura”, qui il soggetto umano non nasce completo né autosufficiente e il suo processo di maturazione non può risolversi nel semplice esercizio delle facoltà che possiede. È il contatto con la natura a far sì che ciascun soggetto diventi pienamente uomo. L’individuo è un soggetto “vuoto”, che nasce povero e incolto e che necessita di ricevere dagli adulti quanto necessario per la propria realizzazione. Il modello pedagogico funzionalista vede il soggetto in funzione dell’organizzazione sociale di cui deve far parte, il soggetto deve mutare in base alle esigenze della società. L’idea funzionalista la possiamo trovare anche nella società moderna, l’istruzione è valutata con test quantitativi, cosa che serve per dare ordine e regole alle aziende. Antropologicamente, il modello pedagogico critico-emancipatorio, vede l’uomo come un essere sociale ma non come soggetto passivo, bensì come soggetto attivo capace di distinguere il dualismo bene/male e pronto a trasformare la realtà in cui si trova. I caratteri del soggetto umano La vita, l’unicità, la coscienza, il valore, la spiritualità, l’educabilità, la relazionalità, la libertà e la personalità sono caratteristiche dell’uomo che la pedagogia non può trascurare. Il primo carattere è che l’uomo è un CORPO DOTATO DI VITA Questo ha delle implicazioni nella teoria dell’educazione, in quanto segnalano che il soggetto non resta sempre uguale e che l’esistenza umana ha un inizio e una fine. La seconda cosa di cui si deve tener conto è che ogni persona è UNICA e proprio per questo deve esserci un’educazione individualizzata, che rispetta e comprende le differenze di ognuno di noi. L’uomo inoltre è caratterizzato da varie sfere (emotiva, relazionale, spirituale, sessuale, corporea..), ma questo non vuol dire che l’essere umano è divisibile, anzi, egli ha una sua unità. L’uomo, poi, è un ESSERE COSCIENTE. Questo significa affermare sia la sua capacità di intenzionare, intesa come apertura al mondo, sia la sua capacità di elaborare una cognizione progettuale, cioè mentre si mette in atto un’azione, si capisce il significato e gli scopi. C’è anche però una concezione di coscienza a livello filosofico, che la identifica come luogo nel quale avvengono le scelte su una base morale. In pedagogia si parla anche della SPIRITUALITÀ , che però non deve essere intesa come correlata alla fede religiosa. Questo argomento si può intrecciare, infatti, ad alcune tematiche pedagogiche come la cura di sé o l’educazione estetica. Bisogna tener conto, inoltre, della dimensione morale del soggetto. La pedagogia identifica l’uomo stesso come VALORE, cioè come soggetto che merita attenzione e non deve essere subordinato a nulla. Di conseguenza ogni educazione deve riconoscere l’uomo come meritevole di attenzioni e portatore di valori e diritti. Una delle caratteristiche più importanti dell’essere umano è la sua EDUCABILITÀ, che può essere considerata come il principio posto alla base di ogni teoria. Parlare di educabilità presenta due implicazioni. In primo luogo presuppone l’incompiutezza dell’uomo, infatti tutti noi, in ogni momento della nostra vita, possiamo renderci conto di essere carenti in qualcosa. In noi, però, è presente una voglia interiore a crescere e migliorare. L’educabilità in questo senso è incompiutezza e spinta a crescere. In secondo luogo l’educabilità rimanda al fatto che il soggetto umano è un soggetto malleabile e plastico. Se in passato, questa affermazione non era basata su un’osservazione sistematica dello sviluppo infantile, oggi grazie alla ricerca scientifica abbiamo delle dimostrazioni empiriche. Le neuroscienze, in particolare, hanno trovato una spiegazione dell’educabilità sul piano anatomo-fisiologico studiando la plasticità delle cellule nervose umane a livello sinaptico, soprattutto nei primi anni di vita. Questa plasticità è legata sia a caratteri propri del nostro genoma, sia alle nostre esperienze. Questo significa che le nostre potenzialità non sono innate, ma hanno un rapporto con la nostra capacità di imparare ed evolvere. Anche la psicologia evoluzionista, ha fatto degli studi inerenti all’educabilità. Definire l’uomo come possessore di questa caratteristica vuol dire, in questo caso, escludere che lo sviluppo dell’individuo avvenga solo in modo spontaneo e naturale, e affermare che in realtà questo processo avviene anche (non solo, però) grazie agli agenti esterni che lo influenzano. Infatti, oggigiorno, si ritiene che la mente individuale e il contesto sociale, ambientale, corporeo, temporale sono intrecciati, in modo così profondo, da non riuscire a dividerli. Quest’ultima argomentazione sull’educabilità ci permette di entrare in merito ad un’altra caratteristica del soggetto, ovvero, la RELAZIONALITÀ, cioè la sua capacità di creare forme complesse di relazione con gli individui intorno a lui. Nel Novecento, questo tratto è diventato una categoria portante di tutto il pensiero antropologico. Buber, per esempio, afferma che il dato primordiale non è l’Io, ma il rapporto. Gli uomini, infatti, fin dall’origine sono portati ad entrare in contatto con l’alterità, in un rapporto di reciprocità, nel quale l’alterità influisce su di loro e loro influiscono sull’alterità. Quest’ultima comprende non solo gli uomini, ma anche le entità immateriali, come Dio e i valori. Il rapporto dell’Io con l’alterità può stabilirsi in due modi: 1. Il primo, IO-ESSO, vede il soggetto porsi davanti all’altro come un oggetto per utilizzarlo. Di conseguenza si viene a creare un rapporto impersonale e strumentale, nel quale l’Esso viene finalizzata a servirne le intenzioni. 2. Nel secondo, che viene denominato IO-TU, il soggetto è aperto nei confronti dell’altro. In questo caso si creerà una relazione basata su un incontro autentico, rispettoso e pienamente coinvolgente. Le ricerche condotte in questi ambiti mettono in evidenza, già nei neonati, l’esistenza di comportamenti di imitazione e risposta a stimoli sociali esterni, che avvengono grazie ai neuroni specchio, specifiche cellule nervose, presenti in diverse aree del cervello umano. Questi fenomeni di imitazione precoce dimostrano che i legami interpersonali sono stabiliti dall’inizio della vita. Inoltre, gli studi evoluzionistici e comparativi hanno messo a confronto i comportamenti tra neonati e cuccioli di scimmie. Anche quest’ultime mettono in atto dei comportamenti imitativi, ma solo gli umani riescono a creare dei legami sociali attraverso LA RELAZIONE EDUCATIVA Analisi formale della relazione educativa Una cosa sottintesa dell’educazione è che quest’ultima implica sempre una relazione, intesa come setting e come strumento attraverso cui l’educatore opera. Herbert e Giriat, mettono a punto le caratteristiche che, solitamente, tutte le relazioni educative scolastiche hanno: → È presente un solo insegnante; → I rapporti sono regolari; → È presente un gruppo di educandi, adolescenti o bambini, che hanno l’obbligo di riunirsi con lo scopo di istruirsi; → L’ambiente deve essere funzionale per l’insegnamento. Sergio De Giacinto, ha provato a fare la stessa analisi, ma eliminando il contesto scolastico. Egli individua tre proprietà emergenti caratteristiche di ogni relazione educativa: 1. La pluralità e la presenza di variabili: L’educazione, anche nella sua struttura minima, è un sistema. È un tutto organico, una connessione multipla e multidirezionale per cui tutte le variabili sono connesse tra loro e si influenzano le une con le altre. Le variabili sono, in primo luogo, i due attori, educatore e educando, tra i quali è presente un rapporto caratterizzato da un’asimmetria funzionale, per il quale l’educatore ricopre un ruolo di superiorità. 2. La finalizzazione: Una relazione per essere educativa deve avere una precisa intenzionalità. Tutti gli attori devono accettare di essere coinvolti in una relazione che ha come scopo quello di educare. È inoltre necessario che tutte le variabili che entrano in gioco siano indirizzate al raggiungimento di quello scopo. 3. La processualità: Se l’educazione prevede uno scopo, prevede necessariamente che ci sia un passaggio da una situazione iniziale a una situazione finale e quindi una processualità. Ciò significa che l’educazione è un’azione che si distende e modifica nel tempo. Inoltre implica anche il fatto che l’evento educativo è calato in un determinato contesto temporale e avviene in condizioni storiche non scelte. La relazione educativa secondo gli educatori Per lunghi secoli, fino all’Ottocento circa, la pedagogia era costituita da una serie di riflessioni che i sapienti, maestri o filosofi svolgevano sull’attività dell’educare. Molte di queste avevano come tema la relazione educativa nelle sue diverse declinazioni. Alcuni stili entro cui si è pensato di costruirla sono paternità, familiarità, esemplarità, rispetto e personalizzazione: ● PATERNITÀ : In questo caso l’educatore è un padre per i bambini e i ragazzi che gli sono stati affidati. Il padre che si ha in mente però non è dispotico o violento, ma un padre amorevole. Nasce così lo stile dell’educatore autorevole. ● FAMILIARITÀ : spesso si è sottolineata l’utilità di vivere un contatto stretto tra educatore ed educando, proprio come in un rapporto tra genitori e figli. Un esempio efficace di quanto detto può essere l’esperienza del pedagogista svizzero Pestalozzi. Egli sostiene che il comportamento dell’educatore debba somigliare a quello di una brava mamma, la quale sa essere autorevole, all’interno di una relazione calda. Il vivere insieme, secondo lui, è educativo, poiché in questo scambio l’educando può vedere un esempio di uomini e donne adulti, maturi, interiormente risolti e capaci di assumersi le proprie responsabilità. ● ESEMPLARITÀ , nella quale l’educatore deve proporsi come un esempio di maturità. Ciò porta a due presupposti. Il primo è che l’educatore sia un individuo di alta moralità. La seconda è che i bambini apprendono attraverso l’imitazione. Ma non sarebbe più utile spiegare ai bambini come comportarsi? John Locke nel testo “Pensieri sull’educazione” (1693) afferma che non possiamo chiedere un ad un bambino di ragionare come un adulto, però, insieme a lui possiamo mettere in atto un ragionamento affettivo e intuitivo, cioè gli facciamo, vedere, notare e capire la bontà di un determinato comportamento. Spiegare le cose al bambino, ragionare e discutere con lui, significa anche riconoscerlo in quanto soggetto degno di essere considerato, e questo ci porta al quarto stile educativo, cioè quello basato sul rispetto. ● RISPETTO : al giorno d’oggi potrebbe essere una cosa scontata, ma in realtà solo nel Novecento si è iniziato a pensare all’infanzia da questo punto di vista. Korczak, pediatra e direttore della “Casa dell’orfano” nel ghetto di Varsavia, è il pedagogista che più lucidamente ha messo a tema il diritto del bambino al rispetto. Questo significa che il bambino deve essere libero di fare il bambino, cioè di vivere la sua infanzia, bisogna rispettarlo in quanto sta provando la fatica del credere e bisogna rispettare le sue idee, le sue paure, le sue tristezze. Tutti questi elementi sono utili per comporre un quadro dello stile della relazione educativa. ● PERSONALIZZAZIONE o INDIVIDUALIZZAZIONE : Con questo si intende l’essere consapevole, da parte dell’educatore, che ogni educando è diverso dagli altri. Dal Settecento, con la creazione di una scuola elementare obbligatoria, e fino ad oggi, con la scuola moderna si è perseguito l’obiettivo dell’uniformità dell’educazione, facendo perdere di vista l’importanza di questa caratteristica. Ma nell’ultimo periodo si è sentita l’esigenza di riscoprire tale connotazione dell’educando. A questo proposito oggi si fa una distinzione tra individualizzazione e personalizzazione. Il primo termine, viene usato in ambito scolastico ed vuole intendere che seppur si stanno perseguendo determinati scopi l’insegnante deve cercare di rendere i percorsi e i metodo il più possibile appropriati ai bisogni e alle capacità degli allievi. Personalizzazione, invece, è ancora radicali, dal momento in cui l’insegnante deve adattare alle capacità dell’alunno anche gli obiettivi, affinché ciascuno di essi possa raggiungere il pieno sviluppo delle sue potenzialità. La relazione educativa del contesto sociale: poteri, ruoli e rappresentazioni La relazione educatore-educando è asimmetrica, di conseguenza l’educatore ha una forza maggiore rispetto all’educando. È molto importante tenere conto dell’influenza che volente o no, l’educatore ha sull’educando. Gli effetti dell’influenza che l’educatore ha sull’educando possono essere duraturi. Secondo Bernstein, esiste un nesso tra relazioni sociali, relazioni educative e forme di comunicazione; Infatti, le diverse classi sociali parlano in modi diversi e ciò non solo tiene distanti i due ceti, ma fa sì che anche le relazioni che un educatore ha con i propri allievi siano diverse, a seconda che questi ultimi siano abituati a parlare un linguaggio alto o basso. L’insegnante che si rivolge alla classe sociale più bassa con un linguaggio alto, rischia di produrre un rifiuto a causa dell’incomprensione, però è anche vero che questa, è l’unica occasione per questa classe sociale, di avere un linguaggio un po’ più alto. La pedagogia attuale critica la volontà dell’istruzione di formare gli alunni con esclusive capacità professionali. Così facendo però, l’istruzione e l’educazione prendono le sembianze di un addestramento. Il sistema scolastico attuale trasforma la relazione educativa in un semplice “scambio”, come se fosse qualcosa di burocratico o mercantile. L’alunno non viene aiutato ad emergere nelle sue qualità individuali, infatti i voti, la disciplina ed i risultati diventano le uniche cose importanti. Anche l’organizzazione della didattica è orientata verso il gruppo e non verso il singolo. Questo tipo di istruzione porta ad avere un educatore come “insegnante autoritario” e un educando come “studente sottomesso” e ciò incrosta e disumanizza l’ambiente “scuola”. L’insegnante è costretto a essere contemporaneamente fiducioso e diffidente nei confronti dell’educando. Nel 1968 Rosenthal e Jakobson, descrissero “l’effetto Pigmalione” o “l’effetto della profezia che si avvera”, che nel campo dell’insegnamento mostra come i risultati migliori arrivino da chi ci si aspettasse un maggior miglioramento e viceversa. Questo effetto funziona poiché nella mente umana vi sono degli stereotipi che portano a soggettivizzare delle scelte che dovrebbero essere il più oggettive possibili. Se gli insegnanti credono che un bambino sia meno dotato, lo tratteranno, anche inconsciamente, in modo diverso dagli altri; il bambino interiorizzerà il giudizio e si comporterà di conseguenza; si instaura così un circolo vizioso per cui il bambino tenderà a divenire nel tempo proprio come l'insegnante lo aveva immaginato. La relazione come comunicazione La comunicazione è fondamentale in ogni contesto ma nella scuola e nell’educazione assume un ruolo primario. L’educatore può usare dei rinforzi verbali positivi o negativi. Questi rinforzi retroagiscono sul comportamento dell’educando. È stato visto come il rinforzo negativo, usato in una classe di studenti, possa inibire la partecipazione dell’alunno che si sente meno capace mentre, per gli alunni “considerati migliori”; questa inibizione non avviene. A causa di ciò si forma un circolo vizioso che porta solo alcuni alunni ad intervenire (i migliori) e lascia in silenzio un’altra fetta della classe, questa cosa gratifica l’insegnante perché sente solo le risposte corrette. Questo comportamento porta a due effetti indesiderati: spacca la classe in due gruppi ed impedisce all’insegnante la visione della reale situazione del gruppo. Anche i rinforzi positivi se usati troppo frequentemente perdono quell’efficacia e quel valore che hanno se usati con scrupolo. Franta e Colasanti sostengono che l’atteggiamento “incoraggiante” da parte dell’educatore debba essere un modo per spronare gli allievi e farli sentire sicuri per affrontare gli ostacoli che si troveranno davanti. Secondo i due, l’arte dell’incoraggiamento si concretizza in alcune precise tipologie di intervento comunicativo, tese a: • Attivare, promuovere il dinamismo facendo leva su motivazioni interne all’educando. • Comprendere, aiutare l’educando a capire la situazione da affrontare. • Sottolineare il positivo, riconoscere gli sforzi profusi dall’educando. • Ridimensionare, in caso di insuccessi bisogna mostrare la loro riparabilità. • Responsabilizzare, rendere man mano l’educando il diretto gestore della situazione educativa. Gli stili della relazione educativa Il modello educativo si basa su diversi principi: - ONORE, il valore tipico dell’aristocrazia, che è collegato alla rispettabilità e che si ottiene attraverso il rispetto delle leggi umane, le leggi divine e l’opinione pubblica, cioè le consuetudini. Gli stimoli per giungere a ottenere l’onore non sono i premi e le punizioni, che anche se sono importanti, sono sostituiti dall’amore per la stima e il timore della vergogna. Le punizioni di tipo esterno, quindi quelle corporali o le umiliazioni, creano solo dei caratteri timorosi da schiavi, non adatti al gentleman; - INTERIORIZZAZIONE reale dei principi che poi si trasferiscono nelle azioni esteriori; - ESPERIENZA e ABITUDINE, che si forma attraverso la ripetizione e che porta all’interiorizzazione. il bambino deve ripetere continuamente quello che sa in modo da acquisire abilità e senso di responsabilità. Nell’esperienza è importante la liberà iniziativa dell’alunno. Inoltre il precettore deve suscitare in lui interesse e scegliere il momento giusto per gli insegnamenti. - il DIALOGO, che è alla base dell’educazione. Attraverso il dialogo il bambino capisce l’importanza del sapere e memorizza concetti in modo permanente. Educazione Morale I contenuti dell’educazione sono differenti da quelli dell’educazione tradizionale, perché Locke voleva non tanto trasmettere conoscenze ma creare una personalità da gentleman. Esalta per i più piccoli il gioco, ma i materiali del gioco devono rappresentare cose piccole della vita quotidiana in modo da permettere in seguito di passare dal gioco al lavoro. Locke si distacca dalla mentalità del rinascimento esaltando il valore del lavoro, perché rafforza l’esercizio ed è salutare. Inoltre permette al futuro gentleman di crearsi un’identità, per cui il lavoro è antropogeno, e di conoscere abbastanza a fondo delle attività che in futuro potrebbe dirigere. CARL ROGERS L’uomo e il malato: antropologia e terapia Nell’opera di Rogers , l’uomo è considerato come un essere intrinsecamente unitario e coerente, ricco di spinte e di risorse autonomamente originarie, che si oppongono alla pura pressione ambientale capace di orientare la sua esistenza in ordine ad ideali ed a prospettive riflessivamente razionali e non soltanto succube dei suoi radicali impulsi. Olismo e organicismo rappresentano le due coordinate portanti della prospettiva di Roger. La base delle sue concezioni deve essere rintracciata in una vasta ed articolata esperienza personale di lavoro i cui risultati conclusivi si possono far consistere in una precisa serie di indicazioni: • La vita è un processo fluido e continuamente cangiante di esperienze; • L'individuo trae la fonte prima della sua sicurezza e del suo pagamento da sé stesso; • l’autenticità è la condizione prima perché possono instaurarsi validi e produttivi rapporti interpersonali; La visione umanistica rogersiana poggia sull’ autoattualizzazione dell’organismo vivente: l'individuo rappresenta un centro vitale di aspirazione allo sviluppo ed alla realizzazione pieno delle proprie potenzialità, mirante ad espandersi ed accrescere. Inoltre, l’individuo ospita nel Sé il luogo del riconoscimento dell’esperienza come realmente vissuta dal soggetto. La parola, il discorso rappresentano lo strumento mediante il quale il Sé esprime l’avvenuta integrazione del soggetto nel processo di esperienza di cui è attore. Concezione umanistica rogersiana: ● Organicismo = alla base di ogni motivazione sta la tendenza organismica al completamento; ● Ottimismo = l’individuo un sistema compiuto, dotato di una tendenza autonoma all’auto attualizzazione e delle energie per realizzarla; ● Razionalismo = l’individuo è un campo fenomenico di esperienza al cui centro si colloca il Sé, cioè quella porzione del campo fenomenico consistente in un insieme di percezioni coscienti e di valori; ● Antideterminismo = ogni organismo sano e matura possiede un’intrinseca capacità di autoregolazione; ● Intellettualismo = ogni parte dell’esperienza che l’organismo accetta riconosce come proprio può essere simbolizzata ed espressa nel linguaggio; ● Eudemonismo = l’ideale dato dalla vita piena; ● Dinamismo = l’esperienza è un processo, continuum vitale; ● Relazionismo = le relazioni con l’ambiente psichico interno e con quello storico- sociale condizionano lo sviluppo dell’individuo, aiutando od ostacolando l’espansione delle sue tendenze all’auto attualizzazione. Rogers elabora la “terapia centrata-sul-cliente” che esemplifica le modalità di attuazione di una relazione di aiuto. Si tratta di un rapporto in cui un soggetto, esplicando un atteggiamento di assoluta accettazione del vissuto che è un altro soggetto gli sottopone (Empatia) e reagendo nei suoi confronti secondo l’autenticità dei sentimenti che prova (congruenza) lo aiuta a ricostruire l’integrità della sua esperienza e ad accettarsi ed a modificarsi nel senso di una più piena funzionalità vitale. Caratteristica principale della relazione è il fatto di non essere incentrata sulla competenza tecnica del terapeuta ma sul suo reale atteggiamento di accettazione e di benevolenza nei confronti del malato. All’interno di questa situazione si colloca l’itinerario terapeutico il cui fine consiste nell’aiutare l’individuo a muoversi nella direzione dell’apertura dall’esperienza assicurandogli una relazione in cui egli si è apprezzato come persona autonoma. I passaggi essenziali nei quali si articola la prospettiva umanistica e terapeutica sono: ● La natura dell’essere umano, quando funziona liberamente, è costruttiva e degna di fiducia; ● Compito del terapista è quello di rafforzare le potenzialità intrinseche all’individuo stesso così da renderlo aperto alle complessità dei suoi bisogni e delle richieste ambientali e sociali; ● I soggetti evolvono lungo un continuum che ha come inizio un atteggiamento rigido, fisso non modificabile e come la modificazione e l’accettazione di sé; ● È necessario che l’uomo sia sé stesso e che viva una vita piena; ● Calore relazionale, sicurezza interna, assenza di minaccia sono le caratteristiche salienti di una relazione positiva. La scuola e lo studente: dall’impossibilità alla proposta Secondo Rogers, il vero apprendimento consiste nella capacità di comprendere meglio i propri problemi. L’insegnante deve presentare le caratteristiche di integrazione, di unificazione e di coerenza personale che si richiedono allo psicoterapeuta; l’insegnante deve porre in atto nei confronti degli scolari il medesimo atteggiamento empatico, avalutativo ed incondizionatamente accettante che il terapeuta usa verso il cliente. Gli alunni vanno posti in contatto con i problemi reali, che li toccano direttamente ed abbiano una rilevanza effettiva in ordine alla soluzione dei loro problemi esistenziali. L’insegnante deve concentrare i suoi sforzi sullo sviluppo di una relazione, di un clima che conduca ad una conoscenza autonoma, personale ed autentica. Condizioni generali di attuazione: - Insegnante = atteggiamento empatico positivo nei confronti degli studenti di una personalità congruente; capacità di vivere relazioni positive, genuinità, accettazione e fiducia; - Alunno = motivazione positiva risalente al fatto di sentire di essere in una situazione problematica di valore vitale e di trovare nell’esperienza della scuola un consistente aiuto per risolverla; - Contenuti = esame di problematiche aventi una effettiva consistenza ai fini dell’aiuto da dare agli alunni per la soluzione dei loro problemi vitali; - Strumenti e metodi = comprensibilità, disponibilità ed accessibilità in ogni momento. Rogers intende per apprendimento la particolare disposizione positiva al cambiamento che contraddistingue la personalità integrata e matura. Apprendere significa essere flessibilmente aperti alla ristrutturazione dei comportamenti delle attitudini. L’apprendimento deve essere acquisito attraverso l’impegno personale dello studente e deve assumere un significato realmente profondo ed incidente per la sua personalità; lo studente deve essere posto in grado di auto valutare il suo processo e deve venire valorizzato in quanto individuo dotato di capacità, di aspirazioni ed ideali. Rogers ha posto l’attenzione successivamente per gli aspetti operativamente concreti del lavoro didattico: la sequenza didattica di Rogers si presenta > presentazione della tematica di un determinato corso; presentazione del materiale di lettura prestabilito e precisazione delle tecniche di studio; attività di ricerca; autovalutazione del lavoro compiuto ed indicazione delle relazioni personali. Rogers è stato incline a volgersi nel settore della formazione permanente, sviluppando la tecnica degli Encounter groups o gruppi di addestramento umano. È una forma di esperienza di interazione personale nella quale si determinano le condizioni più adatte a farsi che un individuo prevenga a conoscere sé stesso ciascuno degli altri più compiutamente di quanto non sia possibile nelle usuali relazioni sociali o di lavoro. Questa interazione è resa possibile dalla presenza di un “conduttore” che assume il ruolo di “facilitatore” dell’espressione individuale e di gruppo e dalla comunicazione. Mediante questa esperienza è possibile acquisire una maggiore indipendenza personale, diminuzione dei sentimenti nascosti, maggiore volontà di innovazione e una maggiore capacità di opposizione alla rigidità delle istituzioni. da parte di un servizio che si incarica di mantenerlo in uno stato di allerta a beneficio del sistema industriale», cui bisogna reagire con una «lotta politica per il diritto all’intensità dell’atto produttivo personale» : diritto all’informazione, diritto all’esercizio non professionalizzato delle cure di normale applicazione e nel diritto di disporre liberamente del proprio corpo. ➔ LA RISPOSTA CONVIVIALE La società conviviale è una società nella quale lo strumento è al servizio della persona integrata alla collettività, e non al servizio di un corpo di specialisti. È conviviale la società nella quale l'uomo controlla lo strumento. La società conviviale è una società che offre all'uomo la possibilità di esercitare un'azione che sia il più autonoma e creativa possibile con l'aiuto di strumenti il meno possibile controllabili da parte di altri. La produttività si declina in termini di avere la convivialità in termini di essere. La società conviviale appare retta dai valori fondamentali della sopravvivenza garantita per tutti, della giustizia distributiva, della partecipazione generalizzata, del lavoro autonomo e creativo e del libero accesso agli strumenti della comunità. Lo strumento conviviale rispetta il principio dell'equilibrio multidimensionale della vita e quello della soglia-limite dello sviluppo. Lo strumento conviviale non altera mai la piena espansione delle potenzialità dell'organismo e si colloca nel punto più esatto fra l'impotenza e l'accumulazione tecnologico-industriale. La bicicletta è uno strumento perfetto che consente all'uomo di utilizzare nel miglior modo la sua energia metabolica per muoversi: in questo modo l'uomo supera il rendimento di qualsiasi macchina e di qualsiasi animale. Descolarizzazione La scuola è fondata sul presupposto che l'unico apprendimento possibile è quello che si attua tramite l'insegnamento formalizzato da parte di un docente autorizzato ad un allievo obbligato a prestargli ascolto e obbedienza. La scuola è un'istituzione che tende a monopolizzare il processo di formazione facendone una questione di parcellizzazione organizzativa, di settorializzazione contenutistica, di accumulo di competenza, di conseguimento di titoli di studio e di successo nella vita; è autoritaria, burocratica, passivizzante( in quanto privilegia l'esecuzione sull'inventiva, la ricezione sull'iniziativa, l'obbedienza sulla cooperazione) e non promuove l'uguaglianza sociale ma incrementa la disuguaglianza, diffondendo i modelli della classe media induce soltanto falsi bisogni. La scuola pubblica statale, universale e obbligatoria è uno dei più rovinosi mali della civiltà contemporanea. L'errore fondamentale consiste nel considerarla come l'unica istituzione specializzata nel campo dell'educazione e dell'istruzione. La reale soluzione sta nella despecializzazione del servizio educativo ed istruttivo a vantaggio della sua diffusione come attività propria sul corpo sociale in quanto tale. Bisogna sostituire agli imbuti dell'istruzione scolastica obbligatoria “trame” o “reti” di opportunità e di rapporti liberamente utilizzabili e gestibili sulla base dei bisogni personali. L'istruzione non soddisfa alle condizioni della vera educazione che possono invece essere soddisfatte attraverso processi di apprendimento spontaneo, libero, personale e fondato sull'esercizio e sulla pratica. Il rapporto educativo autentico si realizza soltanto nella gratuità della relazione e dell'interazione e non può essere diretto o governato da condizionamenti esterni per cui è necessario avviare una serie di processi di liberazione e “demonopolizzazione” delle risorse: liberare l'accesso alle cose e agli strumenti, liberare la trasmissione delle capacità, liberare le potenzialità critiche e creative delle persone, liberare gli individui dall'obbligo di uniformarsi alle indicazioni delle professioni precostruite. La “società educante” è un sistema di convivenza che sia nativamente e vitalmente volto all'attuazione di interventi di educazione-istruzione senza con questo renderli istituzionali in senso rigido. Una alternativa? Un' alternativa alla scuola potrebbe essere una rete o un servizio che offre a ciascuno la stessa possibilità di mettere in comune ciò che lo interessa in quel momento con altri che condividono il suo stesso interesse. Servizi che concentrano gli oggetti didattici e ne facilitano la consultazione (musei biblioteche), la creazione di centrali della capacità che consentano agli individui di esporre le proprie risorse e renderle disponibili ad un'ampia fruizione; l'instaurazione di una rete di assortimento degli eguali, cioè di un sistema che consente alle persone che lo desiderano di trovare un compagno con il quale condividere interessi e ricerche e l'istituzione di servizi che facilitino la consultazione di educatori in genere . “Descolarizzare” vuol dire sottrarre il servizio dell'educazione e dell'istruzione ad un canale troppo facilmente manipolabile e restituire l'intera azione pedagogica alla società in quanto scuola (una società conviviale). Critiche ➔ Eccessivamente REGRESSIVO ➔ REAZIONARIO: ad avvantaggiarsi del sistema conviviale sarebbero in misura ancora maggiore proprio i più fortunati e ricchi. Ottimismo illuminista di scarso peso effettuale. ➔ Illusione di riuscire a CAPOVOLGERE lo svolgimento della STORIA. ➔ Eccessi di IPERSEMPLIFICAZIONE quando ritiene la competenza specifica sostituibile senza danno con il semplice buon senso. PROGETTARE: ATTEGGIAMENTO E METODO DELL’AGIRE EDUCATIVO Un libro che ha cambiato il concetto di educazione fu quello di Dewey, “Le fonti di una scienza dell’educazione”, scritto nel 1929. Dewey sostiene che la disciplina che più assomiglia alla pedagogia è l’ingegneria poiché entrambi devono “costruire dei ponti”.Sia la pedagogia che l’ingegneria infatti, non esauriscono il loro compito nel comprendere a fondo l’oggetto che studiano, bensì devono orientare l’azione dei professionisti che agiscono; per questo sono definite “scienze pratiche”. Un altro punto in comune è che entrambe si definiscono “scienze progettuali”, nel senso che il loro modo usuale è quello di predisporre un progetto o piano d’azione che permetta di portare una situazione iniziale ad una situazione finale. Progettare, è la struttura alla base dell’agire educativo. Si segue sempre uno schema che permette di agire in modo consapevole e sicuro: Analizzare la situazione iniziale - stabilire gli obiettivi - definire le azioni da svolgere - verificare i risultati. Le radici teoriche del progettare Secondo il filosofo tedesco Martin Heidegger, l’esistenza umana sarebbe solo trascendenza, ovvero un oltrepassamento di sé verso il mondo; l’uomo infatti, percepisce e agisce nel mondo, modificandolo. Con il termine “progetto”, si intende l’uomo come progetto gettato in avanti, propenso a superare se stesso per essere nel mondo e prendersi cura delle cose e degli altri. Dalla filosofia esistenzialista (e quella di Heidegger) troviamo elementi importanti anche per quanto riguarda la teoria della progettazione: 1) L’essenzialità naturale del progettare per l’uomo. 2) Dinamismo circolare costituito da impulso di trascendimento e vincoli limitanti dati dalla concretezza dell’esistere. (L’impulso di trascendimento si scontra con i vincoli limitanti che a loro volta creano nuovi stimoli). 3) il progettare e progettarsi, può costituire un particolare modo di intendere l’educazione. Un’altra tradizione culturale che ha nutrito l’elaborazione di un pensiero chiaro sulla progettazione, è quella proveniente dalle teorie dell’organizzazione e del management che affondano le loro radici nel Taylorismo del primo novecento. In ambito educativo, questa programmazione didattica di impostazione comportamentista la troviamo nei lavori di Skinner, nella cosiddetta “pedagogia per obiettivi” che consiste nel dividere l’argomento in micro unità alle quali corrisponde una precisa azione didattica. A tali azioni corrisponde un’immediata verifica del risultato ottenuto, la quale produce un feedback che può essere positivo (l’educando potrà rispondere alla prossima domanda) o negativo (l’educando non può avanzare ma deve prima rispondere correttamente alla domanda sbagliata in precedenza). In questo senso, il progettare prende il significato di “programmare”, “gestire”, controllare le azioni verso uno scopo preciso, vedendo il soggetto come un protagonista in grado di controllare e prevedere un mondo conoscibile al 100%, ma nella realtà la previsione non è mai perfetto perchè è inevitabile scontrarsi con l’imprevisto. Lipari, sulla stessa linea di pensiero, ha individuato 3 grandi famiglie di teorie della progettazione: • TEORIE AD APPROCCIO INGEGNERISTICO, progettazione molto precisa a riguardo delle azioni da svolgere, è rigida, anticipatoria e standardizzata. • TEORIE AD APPROCCIO DIALOGICO, previsione minima, massima spontaneità, progettazione flessibile e totalmente aperta a variazioni in corso. • TEORIE AD APPROCCIO ADHOCRATICO (AD HOC) - teorie funzionalista che pongono l’obiettivo della risoluzione del problema, ha una dimensione fortemente pragmatica e ha una estrema personalizzazione in base al problema che si va ad affrontare. Progettare è necessario per il raggiungimento di obiettivi al lungo termine, contemporaneamente però questa progettazione non deve essere intesa come previsionalita e controllo. Bisogna ricordare che il progettare non è sufficiente, bisogna agire con la consapevolezza che le azioni che si faranno non saranno perfette. Le esperienze concrete da effettuare nel lavoro, possono diventare arricchimento soltanto nel momento in cui vengono messe come oggetto di riconsiderazione personale: non è dall’esperienza che si apprende ma dalla riconsiderazione dell’esperienza. La documentazione ha una propria funzione comunicativa, essa può essere mandata all’ente esterno (stampa, amministrazione ...)con la funzione promozionale. Essa può avere anche una funzione rendicontativa nei confronti del committente del progetto. L’azione documentativa comprende almeno tre momenti: • Raccolta dei materiali. • Analisi e interpretazione di questi materiali. • Socializzazione (diffusione, condivisione e studio comune) Valutare La valutazione è la fase terminale di un determinato processo educativo. Gli studi sulla valutazione in campo educativo sono talmente tanti che hanno dato il via ad un campo del sapere considerato ormai “parzialmente autonomo”: la docimologia. A dare il via a questo “movimento” fu il psicologo francese Henri Pièron, che negli anni 20 del ‘900 considerò il fatto che le verifiche di profitto in campo scolastico non fossero affidabili, poiché legati a criteri troppo soggettivi e discontinui. I motivi principali furono: • Degli esaminatori diversi valutano in modo diverso le stesse prove. • Degli esaminatori diversi usano la scala dei voti in modo diverso. • I giudizi degli esaminatori non sono costanti, valutano in modo diverso la stessa prova se analizzata in periodi diversi. Di conseguenza, Pieron pensava fosse necessario approfondire le modalità di valutazione scolastica, rendendola più rigorosa, obiettiva e affidabile. La valutazione educativa, nell’ultimo secolo, ha ottenuto un’evoluzione molto consistente, che l’ha portata ad assumere nuovi scopi, nuovi oggetti e nuovi metodi; ciò è stato determinato da almeno tre fattori: 1) La critica radicale a tutte le pratiche di valutazione scolastica, nelle quali erano evidenti le finalità selettive e classiste che portavano gli studenti non a migliorarsi ma a standardizzarssi sulle modalità di pensiero che più erano considerate opportune, ovvero quelle della classe borghese. 2) Il progressivo abbandono della mentalità positivista, che riteneva fosse possibile poter misurare il fattore umano in maniera precisa, oggettiva e generalizzante al pari dei fattori naturali. 3) l’assunzione di una molteplicità di punti di vista dell’educazione. Di conseguenza non si è guardato più unicamente all’idea adultocentrica dell’insegnante e dell’allievo, bensì si è guardato anche all’idea di autovalutazione dell’allievo. Oggi, la valutazione dell’educazione è intesa diversamente. La valutazione non avviene più solamente nella fase finale, bensì oggi vi sono delle verifiche in itinere. Le valutazioni oggi avvengono in 3 periodi: periodo iniziale, intermedio e finale; questo mostra l’importanza che si dà al processo piuttosto che l’importanza dei meri risultati. Dall’idea di valutazione SOLO dell’educando, si è passati ad una valutazione dell’intero processo educativo, compreso il lavoro svolto anche dall’educatore. Dobbiamo anche distinguere tra approcci: • GOAL BASED, intendono la valutazione sommativa come la distanza tra gli obiettivi preposti ed i risultati ottenuti. • GOAL FREE, hanno una funzione più comprensiva, non si limitano a verificare il raggiungimento degli obiettivi, bensì ad osservare se un percorso abbia portato al raggiungimento di codesti obiettivi, cercando di prendere in considerazione tutte le reali conseguenze che quel percorso ha portato (imprevisti, risultati positi o negativi...). La valutazione può essere vista come atto riflessivo dell’allievo che, con l’aiuto dell’educatore, esamina il proprio cambiamento e ne decide il futuro orientamento, come nel caso della “valutazione autentica”. È per questo motivo che la valutazione educativa ha preso le distanze dalla sola valutazione scolastica (che decide solo se promosso o bocciato). La valutazione educativa infatti, ha un ampio spettro davanti e considera molteplici valori; È per questo che nella stesura del piano educativo, è bene comunicare quali modalità di valutazioni si intenderanno usare in fase valutativa. Come dice Lipari, la parola “valutare” può assumere significati diversi in base alla modalità dell’azione educativa che si mette in atto: • Valutare come giudicare o misurare, ciò che succede nelle scuole. • Valutare come controllare, pilotare l’azione per adattarla il più possibile alla mutevolezza delle situazioni ed alle esigenze presenti in quel momento. • Valutare come interpretare, riflettere sull’insieme e contemporaneamente sfaccettato, del processo educativo, considerando il percorso reale e della sua complessità e presenza di variabili. PEDAGOGIA SOCIALE La pedagogia generale riguarda le fondamenta dell’agire educativo, cerca di scavare per capire quali idee ci sono, quali concenzioni/teorie dell’educazione ci sono. La pedagogia sociale è quella parte della pedagogia che prova a studiare le relazioni tra processi educativi e dinamiche sociali, tenendo in conto il fatto che le dinamiche sociale sono sempre diverse a seconda dei contesti. Nel nostro contesto, questo significa comprendere che l’educazione nelle nostre realtà è una funzione della società che non si colloca in u solo tipo di diversi educativo, ma in tanti con caratteristiche diverse. La pedagogia sociale ha due fuochi: 1. l’attenzione al rapoorto tra processi educativi e dinamiche sociale; 2. si occupa in maniera peculiare dei bisogni sociali, di quelle situazioni caratterizzata da problematiche di natura sociale. PROFILI NELL’EDUCAZIONE IDEALI E MODELLI PEDAGOGICI NEL PENSIERO CONTEMPORANEO La trattazione degli “ideali educativi” si colloca nell’area di interesse della storia del pensiero pedagogico. Questa collocazione si vuole segnalare e contraddistinguere per l’accettazione del principio per cui l’interesse storico-teoretico-critico, rappresenta ancora per la sua collocazione valori e principi della formazione in direzione professionale e per la visione selettiva dell’intero storico-pedagogico in una prospettiva di annodamento critico, una delle “chiavi” più preziose di interruzione di ingresso nel campo della formazione pedagogica. IDEALE EDUCATIVO Questa nozione può essere rapportata al concetto di “idealtipo” di Max Weber che ne parla come una costruzione che possiede il carattere di un’utopia, conseguita mediante l’accentuazione concettuale di determinati elementi della realtà. È un concetto concretizzato, un’organizzazione logica distintiva con lo scopo di ordinare e spiegare il materiale raccolto. È un’immagine mentale che consiste di una figura concettuale nella quale si mira a far convergere l’intera serie degli elementi di cui si compone il sistema del pensatore prescelto. È come per esempio lo “specimen” che serve a visualizzare in forma vissuta la core polarizzazione di un universo ideale, di una personalità del tutto mentale che è l'indice di un programma educativo storicamente definibile: un tipo d’uomo. Questa impostazione intende proporre una visione dello studio del pensiero pedagogico che si definisca attraverso una duplice distinzione: • Trattazione manualistica generale = troppo nozionistico ed appiattente • Monografia specialistica = troppo particolarizzante in quanto si può arrivare a sapere tutte di un determinato autore senza avere acquisito un principio o un quadro generale Il criterio degli “ideali” ha dei vantaggi: ● Si sgancia dalla corrente dell’uniformità manualistica per riportarlo ad una visione individualizzante e tipizzante dalla quale risulta la collocazione culturale e la specifica dimensione unitaria di ognuno dei sistemi prescelti. ● L’immagine proposta consente di ricondurre la trattazione da un punto di riferimento costante e di saldare la comprensione dello sviluppo teorico dell’idea di un modello che assume una dimensione vivente e quasi biografica. Prende così forma il “personaggio”. ● Possono essere prescelti alcuni autori che normalmente vengono trascurati, ma in realtà rivelano caratteristiche di completezza concettuale e di rilevanza culturale che consentono di considerare parte della schiera dei “maestri” del pensiero educativo. Il ricorso a questo criterio consente un’attualizzazione e ristrutturazione dei “quadri” storici tradizionali, introducendo nell’alveo della critica pedagogica pensatori dimensione di cultura fino ad ora non considerati. NB. Il criterio degli “ideali educativi” favorisce l’avvio alla riflessione pedagogica in chiave di attualità ed aiuta lo studente a confrontarsi subito con composizioni essenzializzare e culturalmente influenti. Per dare il contributo alla preparazione professionale dell’educatore la storia della pedagogia deve riunire scienza storica e la riflessione pedagogica. Clausse aggiunse che la motivazione pedagogica del ricorso alla storia pone in discussione la nozione che sia di civiltà, dell’uomo stesso, del suo significato e del suo destino. È
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