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Riassunto The other side of the seventies, Schemi e mappe concettuali di Storia Contemporanea

Riassunto The other side of the seventies più commento

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2019/2020

Caricato il 23/05/2022

renato-fontanarosa
renato-fontanarosa 🇮🇹

4.5

(19)

8 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto The other side of the seventies e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! Gli anni settanta, ricordati principalmente come “anni di piombo”, sono stati un periodo di grande diffusione culturale e in cui la società muta radicalmente: il movimento femminista si rafforza e le donne riescono ad ottenere nuovi diritti (esemplare quello sull’aborto nel ’78), la morale si distacca da quella cattolica, nascono nuovi modi di comunicare, la televisione si evolve, il corpo cambia e l’alimentazione migliora e diventa più articolata, il cinema cerca di essere specchio di quegli anni, la radio, che registrava un calo di ascolti a causa della diffusione della televisione, si reinventa. In questa relazione, cercherò di sintetizzare tutti gli argomenti sopracitati partendo dai saggi di “The Other side of the Seventies. Media, politica e società in Italia”, libro a cura di Elio Frescani e Mariangela Palmieri. Seguirò l’ordine dei capitoli del libro. -The Other side of the Seventies. Media, Politica e società italiana di Pietro Cavallo- Il professor Cavallo ci illustra i perché della scelta del titolo, che rimanda sia a The dark side of the moon, ottavo album dei Pink Floyd, uscito nel ’73, sia a The Other side of the wind, film di Orson Welles, girato negli anni settanta ma distribuito solo nel 2018. Un titolo simbolico per un libro che si prefigge come obiettivo raccontare gli anni settanta attraverso materiale audiovisivo. Presenta, poi, alcune opere che meglio hanno rappresentato quegli anni: dal romanzo La Storia di Elsa Morante a C’eravamo tanto amati di Ettore Scola, una storia, lunga trent’anni, di tre amici che avevano combattuto insieme nella Resistenza e che, arrivati nel ’74, si accorgono del fallimento della loro generazione: “Volevamo cambiare il mondo e invece il mondo ha cambiato noi”. Anche Nuntereggae più di Rino Gaetano, canzone del ’78, rappresenta una mentalità sempre più diffusa: la sfiducia nei confronti della politica. Sempre del ’78 la canzone I versi di Cuba in cui Finardi canta quell’atteggiamento, definito riflusso, che consiste nell’abbandonare l’appartenenza a gruppi o a ideologie collettive, privilegiando una dimensione più individuale. Tenendo in considerazione questi atteggiamenti, appare naturale che un film come La febbre del sabato sera (Saturday night fever) abbia spopolato. Il film vede il protagonista, Tony Manero, commesso e di origini umili, trovare il suo momento di evasione nei balli sfrenati in discoteca il sabato sera: una realtà in cui molti giovani si riconoscevano. -L’Italia Democratica 1960-1976 di Simona Colarizi- La professoressa Colarizi toglie quell’etichetta che bolla gli anni settanta come un decennio di crisi generalizzata, passando in rassegna tutte le conquiste politiche e sociali di quegli anni e datando, secondo il suo parere, l’inizio della crisi socio-politica nel biennio 1978-1979. La sua analisi parte dal ’62 con lo sciopero dei dipendenti Fiat a cui contemporaneamente si affiancano le proteste studentesche alla Sapienza di Roma nel ’62 e quelle di Torino nel ’63, fino ad arrivare nel ’68. Il filo rosso che collega tutti questi eventi è una contestazione autoritaria: si voleva combattere un rigido ordine gerarchico per democratizzare la società. La conquista di nuovi diritti, durante tutti gli anni settanta, rappresenta la vera vittoria di questi movimenti: diritto al divorzio, statuto dei lavoratori, formazione delle regioni, voto ai diciottenni, diritto alla famiglia, alla scuola, alla sanità, all’aborto ecc. La vera crisi si inizia a intravedere nel ’77 quando la spirale dell’inflazione tocca un vertice altissimo, che porta come conseguenza una stagnazione economica e un aumento della disoccupazione, soprattutto giovanile. Si inizia anche a percepire una sfiducia, che aumenterà nel corso dei decenni a venire, nei confronti della politica: esemplare il referendum del ’78 sul finanziamento ai partiti che vede una vittoria con pochi punti in percentuale di distacco. La società degli individui comincia a formarsi. -Dal West alla Via Emilia. La nascita dell’individualismo narcisista negli anni Settanta di Marco Gervasoni- Il professor Gervasoni analizza la nuova figura che si afferma negli anni settanta: quella dell’individuo narcisista. Si allaccia ai pensieri e considerazioni degli intellettuali di quel periodo per definire questa nuova figura, frutto del boom economico che aveva “pompata soldi in tutte le classi” e che aveva reso l’uomo diffidente nei confronti dei suoi simili, in ognuno di questi si vede un rivale. Questo atteggiamento porta a una frattura tra movimenti ideologici e classi operaie, evidente nelle elezioni americane del ’68 quando i voti della classe operai vanno al candidato Repubblicano Nixon. Insomma, questi anni, videro la scomparsa dell’uomo pubblico e vengono messe in crisi le credenze istituzionali. L’Italia non è estranea a questa nuova tendenza, dato che i giovani frequentavano le barricate di giorno ma poi, a ora di cena, tornavano a casa dalla mamma, come nota Thomas Wolfe nel suo viaggio in italia del ’71. Francesco Alberoni, nel suo L’Italia in Trasformazione, descrive alcuni degli atteggiamenti di questo uomo individualista: “scomparsa della vita religiosa come fatto centrale”; “la vocazione politica subordinata all’etica”, “la riduzione della fecondità femminile”; “il cadere delle necessità oggettive, materiali”. Nel ’73, in un articolo su “L’Espresso”, Umberto Eco spiega che in America si sta affermando un nuovo atteggiamento: dove domina “l’autenticità pubblicitaria” che non è “storica, è visiva. Tutto sembra vero e dunque è vero, in ogni caso è vero il fatto che sembri vero, e che la cosa sia data per vera anche se […] non è mai esistita.” Infine, la crisi economica del ’74 catalizza i comportamenti individualistici. -Gli anni Settanta, svolta nella storia della televisione italiana di Pierre Sorlin- Il professore Sorlin ci illustra come lo svilupparsi della televisione abbia tolto audience al cinema. Gli italiani erano i più fervidi cinefili d’Europa ma due eventi, ovvero i giochi Olimpici del ’60 e il Concilio Vaticano II, trasmessi entrambi in televisione, fecero triplicare gli abbonamenti a discapito dell’affluenza in sala. Il 12 dicembre 1969 una bomba esplode in Piazza Fontana a Milano, da questo momento la televisione diventerà la maggior narratrice degli eventi terroristici in Italia. Le immagini della strage scioccano gli spettatori. I terroristi furono i primi a capire le potenzialità propagandistiche di questo mezzo e nel corso di tutti gli anni Settanta provocarono omicidi o sequestri che consentivano loro di essere la notizia principale sulle emittenti televisive e sulle testate giornalistiche. Si iniziarono a girare film sul terrorismo, primo fra tutti Mordi e fuggi di Dino Risi. Ma il filone ebbe vita breve, dato che le immagini risultavano sempre una blanda imitazione di quello che si vedeva tutti i giorni attraverso i telegiornali. Gli anni settanta videro anche una rivoluzione all’interno della Rai, che ringiovanì la sua gamma di presentatori, fece allungare i tempi delle trasmissioni e raddoppiò i programmi. Il secondo canale arrivò nel ’75, tre anni prima dell’avvento del colore (molto discusso, in quanto considerato frivolo: si pensava che il colore avrebbe distratto lo spettatore dalle immagini). I programmi si suddividevano in contenitori, programmi aperti al pubblico e trasmissioni sperimentali. Il contenitore più famoso era “Domenica in” (implicitamente “Domenica in casa”) che registrava 6 milioni di spettatori. Un altro programma degno di nota è “Portobello” che dava la possibilità di lanciare appelli per ritrovare amici o parenti in giro per l’Italia, inoltre metteva in relazione offerte di oggetti o di servizi, con aspre trattative attraverso lo schermo. Infine, gli anni Settanta, videro l’avvento di Silvio Berlusconi nel mondo dell’imprenditoria televisiva. Il futuro premier, attraverso Edilnord, subaffittò l’installazione di un canale di servizio, Telemilano, a una ditta specializzata. Continuò comprando rete locali a basso prezzo e fondò una rete televisiva. Il palinsesto prevedeva serie tv americane e telenovelas che si alternavano con la pubblicità, una delle forme del capitalismo già presente in America ma sconosciuta in Italia. La Rai cercò di fermare l’ascesa della tv privata, che con Berlusconi sembrava destinata a superare l’audience della tv pubblica, ma la Corte Costituzionale riconobbe che il monopolio statale dell’etere non aveva basi legali. -I migliori anni della nostra vita. Considerazioni sul cinema italiano anni Settanta di Vito Zagarrio- Il professor Zagarrio delinea gli aspetti generali del cinema anni ’70, partendo dalla sua esperienza personale al Centro Sperimentale di Cinematografia, all’epoca diretto da Roberto Rossellini. Quest’ultimo fu uno dei primi a sperimentare le nuove tecnologie e nuove tecniche di ripresa. Poi, attraverso le considerazioni di Lino Miccichè, massimo storico di quegli anni, spiega il motivo della decrescente affluenza in sala che si ritrova nell’ascesa della televisione privata. Tuttavia, l’industria cinematografica è fortemente assistita dallo stato italiano che vara nuove riforme: cambiano gli statuti dell’Ente Autonomo Gestione Cinema (1971), della Biennale di Venezia (1973) e del Centro Sperimentale di Cinematografia (1977). Artisticamente, invece, è un periodo molto florido per la cinematografia italiana: gli italiani si cimentano nel western (C’era una volta il West, 1968), il cinema d’autore emerge (Una giornata particolare di Ettore Scola, -Il comune senso del pudore. Commedia erotica famigliare, sessualità e ruoli di genere nella società italiana degli anni settanta di Gabriele Rigola- Il professore Rigola si sofferma sulla commedia erotica familiare, che è prodotto di una crescente liberalizzazione sessuale. Essa è costituita da molti filoni e sottogeneri, che, tuttavia, subiscono una standardizzazione dei contenuti e dei personaggi che finiscono per banalizzare l’argomento. All’interno di queste pellicole si trova un particolare attenzione per il cambiamento dei ruoli di genere, infatti “Il corpo” si trova “al centro delle strategie di significazione, oltre che delle prassi produttive”, vede riconosciuto il suo valore simbolico e “l’innalzamento del livello di “visibilità” del corpo diventa sintomo di un innalzamento del livello di percezione sociale della sessualità”. In Italia, dunque, si iniziano a produrre film erotici incentrati sulla famiglia che vedranno il loro picco di produzione tra il 1975 e il 1976. Non c’è da stupirsi se la famiglia diventa un topic molto diffuso nella cinematografia di allora, siccome era soggetta a molte trasformazioni: basti pensare al diritto al divorzio del 1970 o alle leggi sul diritto di famiglia del 1975. I temi principali di queste pellicole sono tre: i rapporti intergenerazionali, l’iniziazione sessuale e la specificità e i cambiamenti della mascolinità. Obbiettivo implicito di questi film è rappresentare i cambiamenti del contesto sociale, con una particolare attenzione sulla corruzione dei rapporti, in moda da intrecciare la sessualità ai giochi di potere. Per quanto riguarda l’iniziazione sessuale, questa viene rappresentata come una grande conquista, in particolare la perdita della verginità di giovani donne con un uomo più adulto viene inteso come conquista di consapevolezza del potere seduttivo femminile. L’ultimo macro-tema riguarda la virilità, che viene rimessa in discussione e viene rappresentata in maniera fallace e impotente. -“Alcune donne in guerra”. Percezione e autorappresentazione del neofemminismo nel cinema italiano degli anni Settanta Di Maurizio Zinni- Il professor Zinni spiega come, quando si parla di femminismo, bisogna tenere anche in considerazione l’immagine, spesso distorta, che la società ha e rappresenta delle femministe e del loro movimento. Bisogna distinguere, infatti, il cinema sul femminismo e quello del femminismo: rappresentazione e autorappresentazione. Il primo rappresenta la donna come corpo desiderabile e conquistabile o come minaccia sessuale alla virilità. Tuttavia, questo genere scade molte volte in estremizzazione o banalizzazioni di questa nuova figura della donna, come avviene ne La citta delle Donne di Federico Fellini (1980). Il secondo, invece, iniziato con buoni propositi e valide formulazioni teoretiche, non riesce mai a trovare un suo linguaggio, una sua codifica che lo inquadri come cinema del femminismo. Solo due sono film compiutamente femministi: Pianeta Venere di Elda Tattoli (1972) e Io sono Mia di Sofia Scandurra (1977); entrambe mettono al centro la donna, i suoi problemi e le sue prerogative individuali, anche se di femministe dichiarate non ne appaiono. Questa volontà di non creare un personaggio propriamente femminista manifesta l’intenzione delle militanti a non volersi tipizzare. Purtroppo, i film del femminismo non decollarono mai, non furono nemmeno un successo, né di critica né di botteghino. Un mancato cinema del femminismo in Italia appare ancora come un’occasione sprecata. -L’esperienza di Camion di Carlo Quartucci. Un esempio di cinematografia teatrale di Annamaria Sapienza- La professoressa Sapienza si sofferma sulla figura di Carlo Quartucci, artista eclettico e improntato alla sperimentazione, che, dopo il Convegno di Ivrea (1967), sul Nuovo Teatro, un gruppo di sperimentazione teatrale nato nel 1959, realizza che bisogna sperimentare nuove strade per non radicalizzare l’idea di un teatro elitario, privo di valore sociale. Nasce così, nel 1971, Camion: Quartucci compra un camion e lo dipinge di bianco ed inizia a girare le periferie italiane. Avvicina le persone dei luoghi che visita, allontanandosi dall’idea classica di spettacolo, recuperando, invece, una dimensione più aggregativa e popolare. Inizia anche a filmare questi incontri e le varie modifiche che apporterà, nel corso dei suoi viaggi, al veicolo. Il progetto gode di due dimensioni, quella creativa e quella quotidiana: si parte dall’occupazione di un luogo che diventa punto di osservazione della vita degli abitanti che, attraverso varie sollecitazioni, vengono invitati a raccontarsi. In specifiche occasioni, il veicolo diventa anche aiuto umanitario e dimora per persone con difficoltà economiche. L’esperimento s’interrompe nel 1975: cinque anni in cui Quartucci ha raccolto molto materiale audiovisivo con cui verranno realizzati vari film per la televisione. Dunque, Camion si può considerare come uno sguardo straniato sui disagi di alcune periferie italiane, che nel suo viaggio on the road ha fotografato le realtà più disparate. Come affermò lo stesso Quartucci: “Credo che Camion possa avere una faccia oscena, perché rispecchia l’oscenità della vita che rappresenta.” -Una Mostra in crisi per un’Italia in crisi? Il festival del Cinema di Venezia dalla contestazione alla riforma (1968-1978) di Stefano Pisu- Il professor Pisu analizza l’evoluzione istituzionale e organizzativa della Mostra del cinema di Venezia partendo dal 1968 fino al 1978. Le proteste studentesche arrivarono a toccare pure i festival cinematografici (quello di Cannes del ’68 verrà interrotto dagli studenti e dai cineasti della Nouvelle Vague), in particolare, quello di Venezia subì molte modifiche. Nel ’68, fu scelto come vicecommissario Ernesto G. Laura che abolì l’assegnazione dei primi, abolizione che durò fino al 1972 e che portò come conseguenza un minor interesse internazionale nei confronti della mostra. Contemporaneamente, si diede più spazio alla sezione documentaria e quella giovanile. Nel ’73, la Mostra non si tenne, siccome stava entrando in vigore il nuovo statuto, approvato il 26 luglio, di cui l’articolo 1 prevedeva che La Biennale di Venezia “è istituto di cultura democraticamente organizzato e ha lo scopo, assicurando piena libertà di idee e di forme espressive, di promuovere attività permanenti e di organizzare manifestazioni internazionali inerenti la documentazione, la conoscenza, la critica, la ricerca e la sperimentazione nel campo delle arti. L’ente agevola la partecipazione di ogni ceto sociale alla vita artistica e culturale e può organizzare e gestire manifestazioni in collaborazione con enti e con istituti italiani e stranieri.” Si evincono, già dal primo articolo, nuove forme di apertura verso la sperimentazione. La Mostra, inoltre, inizia anche a riservare spazio ai prodotti televisivi e istituisce una programmazione interdisciplinare, ovvero diversi settori che trattavano un argomento comune. Nella pratica, questa interdisciplinarietà non parve esserci fino al 1977, anno della “Biennale del dissenso”, il cui argomento di base era, appunto, il dissenso culturale. Questa rassegna mise in crisi le relazioni politiche con i sovietici al punto da portare l’ambasciatore sovietico a chiedere l’annullamento della manifestazione. La rassegna, nonostante le proteste si tenne, e in particolare la sezione “Cinema e Paesi dell’est” ebbe particolare successo. Un seminario si concentrò sulla cinematografia di Sergej Paradžanov, regista sovietico in prigione dal ’73, con l’accusa di omosessualità, ma la motivazione reale si trova nella sua dissidenza intellettuale che infastidiva il regime. Il seminario si concluse con la richiesta della scarcerazione del regista, che ebbe buon esito. La Biennale del ’77 fu molto polemizzata, al punto che la mostra nel ’78 non si tenne. Prima del ’73 e del ’78, gli anni in cui non si tenne la mostra furono quelli compresi tra il 1943 e il 1945, gli ultimi anni della seconda guerra mondiale. -Un Paese in crisi? Gli anni settanta tra crisi economica, sociale e politica di Stefano Magagnoli- Il professor Magagnoli descrive il quadro economico dell’Italia anni settanta. Il boom economico, cominciato agli inizi degli anni sessanta, termina la sua ascesa. L’aumento dei consumi sei diffonde in tutto il territorio, ma, al contempo, il fenomeno della globalizzazione squilibra i rapporti import/export del prodotto italiano. Si aggiunge, inoltre, la crisi petrolifera, che fa impennare il tasso di disoccupazione che colpisce soprattutto le zone meridionali. Il Governo ammortizza i danni facendo ricorso alla spesa pubblica, ma quest’intervento farà aumentare l’inflazione. Si pensa che questo scenario di crisi economica abbia contribuito anche all’aumentare dei conflitti sul piano nazionale, a cui partecipano soprattutto ceti operai e popolari, che realizzano l’iniquità creata dal modello capitalistico: tanta ricchezza generata ma mal distribuita. Gli scontri, diventano ancora più feroci nella seconda metà del decennio. Tutte le classi vengono colpite dalla crisi. La politica risente di questo clima di tensione e si scinde in due fazioni: da una parte quelli che volevano cambiare il sistema capitalistico, dall’altra un mondo moderato, vicino agli ideali della chiesa cattolica e della DC. A proposito di ciò, Pier Paolo Pasolini, nei suoi Scritti Corsari, preannuncia che il mondo dei consumi è diventato il nuovo strumento per omogenizzare la nazione. Gli italiani, reduci da questi nuovi cambiamenti, cambiano modo di vedere il mondo. Ci si rende conto di aver consumato troppo cibo di qualità industriale: gli italiani impareranno a moderarsi e cercano di tornare a un modo di mangiare più genuino. Emblematica la risposta di Barilla, che fiuta questo cambio di tendenza e nel 1972 inaugura la Mulino Bianco, pubblicizzata come rispettosa della tradizione e dei buoni sentimenti. -Corre giovane, chi corre Agip! L’Italia cambia nei Caroselli Eni (1967-1976) di Elio Frescani- Il professor Frescani analizza l’evoluzione dei Caroselli prodotti dall’Eni dal 1967 fino al 1976; nel gennaio del 1977 cessò la produzione. Gli autori di queste pubblicità riuscivano a catturare i mutamenti dei gusti dei telespettatori. Nel 1967 va in onda Favole, una rivisitazione moderna di Biancaneve e i sette nani e de Il pifferaio magico. Le puntate sono girate in parte dal vero e in parte con disegni animati. Nell’episodio di Biancaneve vediamo la strega viaggiare su un’auto di lusso, mentre lo specchio magico assomiglia a un televisore. Biancaneve ha un look anni settanta e sulla maglietta ha un motore a scoppio che le animazioni mettono in movimento. Al termine dell’episodio, vediamo Biancaneve sulla sua chitarra elettrica volante atterrare in una stazione Agip, mentre viene recitato lo slogan “Corre! Corre! Corre giovane chi corre Agip!”. Mentre, nell’episodio rivisitato de Il pifferaio magico Biancaneve riesce a liberare un paese, governato da anziani, da un’invasione di topi. I governanti non tengono fede a patti pre-stipulati e, di conseguenza, la ragazza porta via tutti i giovani del paese sulle note del sassofono. Da entrambe le rivisitazioni emergono due elementi comuni: i giovani sono i nuovi destinatari delle pubblicità mentre i vecchi non riescono a stare al passo con i tempi. Dal 1968 al 1970 vanno in onda Cantanti vari e All’Agip c’è di più, di cui restano tre spot. Nel primo, oltre alla benzina, il cliente riceve anche una nuova audiocassetta. La voice over esclama: “Servizio Agip, un pieno di Supercortemaggiore e di canzoni.” Il cantante della cassetta, Mario Lusini, si materializza nell’auto e dice nel finale “Per un nuovo modo di viaggiare: felici nella musica. Servizio Agip. Una sosta fra amici.” Nel secondo, in cui recita il cantante francese Éric Charden, che diventa protagonista di un siparietto amoroso ambientata in un porto con una ragazza bionda (protagonista dello spot), il commento presenta l’olio per motore Sint 2000. La chiusura non è affidata al cantante e recita “Agip Sint 2000 combatte per il vostro motore e vince sempre.” Nel terzo, l’ambientazione è un luna park, la cantante Valeria Mongardini recita la parte della ragazza che offre il fucile per il tiro al bersaglio ai clienti. Segue un numero acrobatico in moto dentro la gabbia di ferro e si chiude con lo slogan “All’Agip c’è di più”. Queste sono storie che riflettono il mondo giovanile dell’epoca, che vedono come protagonisti anche auto e moto: simboli dell’emancipazione giovanile. Dal 1971 al 1975 l’Agip scegli come protagonista dei Caroselli Raffaella Carrà. Nel primo, sulle note di Chissà chi sei? la Carrà balla con altri danzatori, per poi spostarsi nell’autogrill Big Bon e recitare: “Big Bon è fantastico: trovi tutto quello che ti serve. All’Agip c’è di più.” Nei due anni successivi, negli spot Tuca Tuca e Piper, la Carrà danza in abiti succinti col ballerino Enzo Paolo Turchi. Nel 1975, la Carrà viene affiancata da Niki Lauda, appena diventato campione del mondo (l’Agip era tra gli sponsor della Ferrari). I due, dopo una performance di ballo e canto, si trovano in una stazione Agip, dove Lauda dice “Il tuo motore è prezioso. Assicuralo con Agip Sint 2000”. Gli spot con la Carrà sono specchio fedele di quegli anni in cui le donne diventano sempre più protagoniste, abbandonando le vesti di mogli-casalinghe, si riappropriano della propria identità. La Carrà incarna perfettamente questi nuovi ideali: donna giovane, sicura di sé e autosufficiente, che si veste come vuole, insomma, una donna emancipata. L’ultimo Carosello è del 1976 e s’intitola Ci puoi contare. Stranamente, torna a essere protagonista la famiglia; addirittura, la madre viene raffigurata mentre lavora a maglia. Questo sembra essere uno di quei primi sintomi del riflusso, che porterà sempre più italiani ad abbandonare la dimensione collettiva per privilegiare quella privata e familiare. -La radio che ascolta. Chiamate Roma 3131 di Anna Bisogno- La professoressa Bisogno spiega che durante tutti gli anni sessanta la diffusione del televisore aumenta incessantemente, a discapito della radio che, di conseguenza, necessitava di un cambio di direzione. In questa ricerca del nuovo, il 7 gennaio 1969 alle 10:40 nasce Chiamate Roma 3131, programma in cui l’ascoltatore, grazie al telefono, diventava narratore assumendo un ruolo attivo nel programma. Ogni giorno, per tre ore, i conduttori accoglievano chiamate che avevano come topic storie di ogni tipo: vita privata, amori, malattie, problemi personali, lavoro ecc. I numeri confermano il successo di questo nuovo format: 3 milioni di ascoltatori e 500 chiamate al giorno. Nei primi mesi si arrivarono a toccare anche 10 milioni di ascoltatori. Una mistificazione di radio e telefono che si rivela vincente. Questa nuova modalità era stata già intuita anni
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