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Riassunto Totalità e infinito levinas, Sintesi del corso di Filosofia

Filosofia Teoretica

Tipologia: Sintesi del corso

2014/2015
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Scarica Riassunto Totalità e infinito levinas e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia solo su Docsity! TOTALITA’ E INFINITO = l’ opera di Levinas si sviluppa come una critica alla filosofia occidentale e alla sua ontologia: il termine totalità rimanda alla tendenza di fondo di tale filosofia ( nata con Platone e sviluppata poi con Hegel, Husserl e infine con Heidegger, che secondo Levinas l’ avrebbe riassunta e esaltata ) di racchiudere l’essere nella luce dell’ unico e totalizzante abbraccio della conoscenza. La critica a questa tendenza si presenta, nell’ opera, come critica all’ idea di totalità, acquisendo una portata non solo ontologico ma anche storico-politico: secondo Levinas infatti, la ragione totalitaria si “ concretizza “ nella considerazione della guerra come strumento risolutivo del confronto politico ( che distrugge l ‘identità del singolo individuo ) e nella giustificazione di tutti i regimi totalitari. Il termine infinito indica invece ciò che opera la rottura della totalità, ovvero l’ irrompere in noi della relazione etica tramite l’ appello che ci viene dal “volto” bisognoso dell’ altro uomo. L’ infinito si produce nella relazione del medesimo con l’ altro. Pur ammettendo la profonda ispirazione religiosa del suo pensiero, contrapponendo totalità a infinito Levinas non vuole contrapporre la filosofia occidentale alla tradizione religiosa ebraico-cristiana ma intende procedere, nell’ opera, filosoficamente quindi senza partire da dogmi ma dall’ esperienza stessa della totalità per risalire con metodo filosofico a quella situazione che rompe la totalità e ne condiziona il senso. Alla tradizione filosofica occidentale dell’ ontologia totalitaria contrappone un’ altra tradizione filosofica occidentale, che secondo lui compare già in Platone ( che nella Repubblica pone il Bene al di sopra dell’ essere e nel Fedro definisce il discorso vero come discorso con gli dei ), in Aristotele ( secondo cui l’ intelletto agente viene all’ anima “dall’esterno” ) e nella concezione cartesiana di Infinito. Con il termine infinito quale seconda parte del titolo, Levinas vuole quindi riallacciarsi a questa tradizione filosofica della trascendenza; staccandosi però da Cartesio, egli sosterrà che solo nella relazione etica, e non in quella conoscitiva, la struttura formale dell’ idea di infinito può trovare la sua realizzazione. Il rapporto con l’ infinito non può certo dirsi in termine di esperienza in quanto l’ infinito eccede il pensiero che lo pensa; ma se per esperienza di intende relazione con l’ assolutamente altro, ovvero con ciò che eccede il pensiero, allora il rapporto con l’ infinito è l’ esperienza per eccellenza. Questo libro si pone in difesa della soggettività ma non la coglie al livello della sua protesta contro la totalità ma come fondata nell’ idea dell’ infinito SAGGIO SULL’ ESTERIORITA’ = Levinas intende quell’ esteriorità radicale, trascendente ogni interiorità egologica, che incontriamo solo nell’ alterità caratteristica dell’ altro uomo. Esteriorità e alterità risultano quindi considerati come sinonimi. METODO FENOMENOLOGICO = come Levinas afferma nella prefazione, lo svolgimento dell’ opera procede con metodo fenomenologico o, meglio, di quel nucleo del metodo fenomenologico che ritiene valido e produttivo: esso consiste nel sottoporre ad analisi le nozioni oggettivamente date per scoprire quegli orizzonti di senso, dimenticati nel pensiero ingenuo, che ne condizionano il senso . Un metodo quindi che, rifacendosi a Kant e ad Husserl, può chiamare trascendentale, pur senza far propri i procedimenti tecnici dell’ idealismo trascendentale. La particolare forma di deduzione ( fenomenologica ) che questo metodo metterà in luce farà emergere un collegamento necessario tra i concetti ma non su base analitica bensì su base, appunto, fenomenologica. Del termine “produzione”, molto usato nell’ opera, Levinas distinguerà il significato di “effettuarsi dell’ essere” ( es. l’ automobile si produce ) e quello di “messa in luce dell’ essere” ( un attore si produce ). Questo termine vuole quindi connotare la tensione inerente ad un modo di essere come altro ( l’essere si produce, non sono io a farlo) che al tempo stesso è un modo di essere in relazione a me ( l’ essere si produce presentandosi a me ). Per esprimere tale relazione la fenomenologia husserliana va superata sostituendo all’ intenzionalità immanente del conoscere l’ intenzionalità trascendente dell’ etica, con un metodo filosofico capace di salvaguardare la verità della trascendenza metafisica radicale che si produce solo nel rapporto etico FENOMENOLOGIA DEL DESIDERIO = Levinas descrive la metafisica come un movimento che parte da un mondo che ci è familiare è va verso un mondo estraneo. Il termine di questo movimento è detto Altro e non c’è nulla che potrebbe soddisfare il desiderio che vi tende. Levinas analizza il desiderio umano e lo connota come desiderio dell’ invisibile o desiderio metafisico: è un desiderio che tende verso una cosa totalmente altra, verso il totalmente altro. Questo “altro” a cui il desiderio tende viene indicato da Levinas con il termine Altri per sottolineare che esso non è “altro” per alcune sue caratteristiche riconducibili a concetti generali ma perché l’ alterità stessa è positivamente il suo contenuto . Il desiderio non è la nostalgia di un qualcosa che è stato perduto né il bisogno di qualcosa che potremmo ottenere e che è visibile: è Desiderio in senso forte, la cui intenzionalità non può essere soddisfatta perché intende l’ allontanamento, l’ alterità, l’ esteriorità dell’ Altro. Il desiderio metafisico non aspira al ritorno e non si fonda su nessuna parentela preliminare: desidera tutto ciò che sta al di là di tutto ciò che potrebbe completarlo. E’ desiderio metafisico in quanto apre alla dimensione stessa della trascendenza, all’ alterità che non può essere in nessun modo riportata alla totalità del mio mondo. RELAZIONE METAFISICA = il Desiderio apre alla relazione metafisica, un tipo di relazione i cui termini non si legano tra di loro, non si completano a vicenda ma bastano a se stessi e sono in grado di assolversi dalla relazione: vivono la relazione positivamente separati, l’ uno nella medesimezza del proprio io, l’ altro nell’ alterità della propria esteriorità. Sono tra di loro in rapporto e nello stesso tempo si assolvono da questo rapporto restando assolutamente separati. L’ Altro è l’ infinito, il perfetto cui il Desiderio metafisico tende senza poterlo prefigurare. L’ io potrà stare nella relazione solo mantenendo la sua identità di io, che permane come il Medesimo, pur nelle proprie modificazioni. L’ io non è un essere che resta sempre lo stesso ma l’ essere il cui esistere consiste nell ‘ identificarsi, trovare la propria identità attraverso quello che gli succede. L’ io è identico anche nelle sue alterazioni. Pur criticando il concetto di rapporto con Dio in termini di partecipazione mistico-estatica, Levinas sceglierà proprio il termine “religione” per designare la natura della relazione metafisica, un legame che si stabilisce tra Medesimo e Altro senza costituire una totalità né una comunità di concetto. La relazione metafisica implica una tale separazione che può essere pensata solo come frattura dell’ essere stesso e quindi come trama di fondo dell’ essere ( “ l’ essere si produce come multiplo e come scisso in Medesimo e Altro” ). IDEA DELL’ INFINITO = per precisare la descrizione della natura della relazione metafisica, Levinas ricorre alla struttura dell’ “idea dell’ infinito” ( “il concetto di questa trascendenza si esprime con il termine di infinito” ). Il punto di partenza è Cartesio, che mette in luce la particolarità dell’ idea di Dio, o dell’ infinito, rispetto a tutte le altre idee: queste, infatti, si presentano come finite, non solo riguardo alla loro realtà formale ( come miei atti ) ma anche per la loro realtà oggettiva ( il loro contenuto rappresentativo ). Io posso comprenderle e potrei anche esserne l’ autore. L’ idea di infinito invece va al di là di quanto io stesso possa comprendere quindi non può derivare da me ma da una realtà attuale in se stessa infinita. Levinas non riprende questa argomentazione per spiegare l’ idea di Dio ma utilizza la struttura dell’ idea di infinito di Cartesio per indicare la natura della relazione tra Medesimo e Altro: l’ io penso ha con l’ infinito, che non può contenere e dal quale è separato, una relazione detta “idea dell’ infinito” . Con l’ idea di infinito emerge l’ idea della vera e propria trascendenza, dell’ esteriorità. Pensare l’ infinito non è pensare qualcosa riconducibile entro i limiti della comprensione o del possesso da parte del soggetto, né rapportarsi intenzionalmente a qualcosa che possa coincidere con l’ intenzione che lo pensa . La coscienza intenzionale non può quindi essere la struttura ultima della coscienza. Il rapporto con l’ infinito non può certo dirsi in termini di esperienza, l’ infinito infatti eccede il pensiero che lo pensa. Ma se per esperienza si intende la relazione con l’ assolutamente altro, allora il rapporto con l’ infinito costituisce l’ esperienza per eccellenza. esaurisce ogni volta nell’ istante presente del godimento senza sicurezza per il domani. Si tratta di un avvenire vissuto nella continua preoccupazione per il domani. L' insicurezza del godimento apre però nell’ interiorità una “frontiera” in virtù della quale è possibile attendere e accogliere la rivelazione della trascendenza. LA DIMORA, LA DONNA E L’ ECONOMIA = l’ idea dell’ Infinito non solo esige la separazione dell’ io ma è necessaria perché questi possa separarsi nell’ interiorità della sua dimora. L’ analisi della dimora costituisce il passaggio che permette di collegare la separatezza dell’ io, concretamente vissuta nel godimento, e il suo essere aperto alla rivelazione della trascendenza. L’ uomo si situa nel mondo come se fosse venuto verso di esso partendo da una sua proprietà, da una casa nella quale può in ogni istante ritirarsi, si pone all’ esterno partendo da un’ intimità. La dimora è la concretizzazione dell’ interiorità che rende possibile rapportarsi al mondo con il lavoro e con la rappresentazione. E’ un modo di attuazione della separatezza dell’ io che è nel mondo e dal mondo si ritrae raccogliendosi nella propria casa. Potrebbe sembrare che questo raccoglimento possa condurre l’io in un mondo di indifferenza: ciò non avviene perché tale raccoglimento è vissuto positivamente come un essere accolti nell’ intimità di qualcuno; l’ interiorità è del raccoglimento si riferisce a un’ accoglienza. La presenza di Altri che accoglie nell’ intimità della casa è una presenza singolare, che si rivela e si ritrae, come alterità “discreta”: questo particolare tipo di alterità che rende possibile l’ intimità della casa è l’ alterità femminile, la Donna . La donna è la condizione del raccoglimento, dell’ interiorità della casa e dell’ abitazione, e non è una o tante donne concrete, né l’ essenza astratta e universale ma la figura del rapporto con l’ altro che si fa accoglienza discreta coinvolgendomi in un rapporto familiare in cui posso raccogliermi come a casa mia, concretizzando in positivo la separatezza dell’ io. La relazione con l’ alterità femminile diventa così un’ imprescindibile condizione di possibilità della relazione etico-metafisica con Altri. Raccogliendosi nell’ intimità della casa l’uomo sospende il rapporto di godimento con gli elementi, cessa di esservi semplicemente immerso e, prendendone possesso con il lavoro, può farne delle “ cose “, fissandoli come sostanze durevoli nella rappresentazione. Il lavoro sottrae la materia prima dal suo anonimato e la inserisce nel mondo identificabile delle cose. L’ uomo è il soggetto che si pone nell’ esteriorità a partire dal raccoglimento in una casa e che quindi è al tempo stesso dentro e fuori dal mondo; e il mondo non è da intendersi come spettacolo da contemplare ma come un possibile possesso : ciò che rende possibili le cose non è il mondo ma la presa di possesso. La presa di possesso delle cose rimanda alla dimora dove le cose sono possedute, ovvero all’ economia nel senso etimologico del termine, cioè “legge, amministrazione della casa”: ma l’ economia si identifica per Levinas con l’ ontologia, il cui compito è quello di cogliere l’ essenza delle cose, di rapportarsi alle cose manifestandone l’ essere e strappandole all’ anonimato dell’ elementale. Ma mentre coglie l’ essere delle cose, il possesso lo sospende e lo trasforma in avere e quindi in essere fenomenico che è tale solo in rapporto a me o ad altri e non quindi “essere in sé”. La cosa che è mia o di un altro non è in sé. Entrando nelle relazione economiche, la cosa perde ogni identità e si trasforma in denaro. Ma proprio perché è scambiabile per denaro e quindi riconducibile a vari possessori, il possesso della cosa rinvia a delle relazioni metafisiche più profonde. RAPPRESENTAZIONE E DONAZIONE = la rappresentazione delle cose necessità di un’ “energia nuova”, che interponga spazio e tempo tra me e le cose. Una prima fonte di tale energia proviene dalla stessa separazione che si concretizza come intimità della casa, ma per poter rappresentare le cose in se stesse occorre un ulteriore distacco , non solo dal godimento delle cose ma anche dal loro possesso nella casa. A tal fine si richiede un energia ulteriore che può provenirmi solo dalla rivelazione di Altri: l’ incontro con il volto altrui non può avvenire a mani vuote, nella semplice contemplazione, ma ospitandolo nella propria casa e offrendogli ciò che possediamo. Così, se la relazione etico-metafisica è condizione di possibilità per la rappresentazione/possesso, la rappresentazione/possesso è condizione di possibilità per l’ incontro con altri, non di sola contemplazione ma di donazione. La soggettività egoistica dell’ interiorità del godimento, dell’ intimità della casa e del possesso delle cose viene come “ribaltata fuori” dalla relazione con altri, scoprendosi come soggettività responsabile di fronte ad altri, debitrice di quello che possiede.
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