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Riassunto Vi sono molte strade per l'Italia, Sintesi del corso di Etnologia

Vi sono molte strade per l'Italia: ricercatori e fotografi americani nel Mezzogiorno degli anni Cinquanta

Tipologia: Sintesi del corso

2022/2023

Caricato il 28/01/2024

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nina-skerl 🇮🇹

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Scarica Riassunto Vi sono molte strade per l'Italia e più Sintesi del corso in PDF di Etnologia solo su Docsity! Vi sono molte strade per l’Italia: riassunto Introduzione: Ricerche sociali e fotografie nel Mezzogiorno degli anni Cinquanta A partire dal secondo dopoguerra il Mezzogiorno è stato percorso da studiosi di scienze sociali e da fotografi, due campi che hanno un rapporto stretto in quanto la fotografia è un potente strumento di indagine scientifica e di dimostrazione di produzione portando a contribuire in modo determinante al ritratto complessivo della zona studiata. Tra gli studiosi si distinsero per la quantità e complessità dei loro rilievi, quelli proveniente dagli Stati Uniti. Il libro ci presenta diversi studiosi con il loro contesto intellettuale, nella convinzione che esso sia parte essenziale del processo di comprensione disciplinare. Anzitutto le ricerche degli studiosi stranieri nel Sud sono state trascurate nel nostro paese, venendo oscurate dall'esperienza e dalla critica di Ernesto DeMartino. La sua inchiesta puntava il dito sulle carenze dell'Italia liberale e fascista portando l'attenzione su nuovi soggetti sociali, il tutto con forme e modelli euristici nuovi nell'Italia degli anni 50 sfruttando una vasta gamma di teorie filosofiche e modelli interpretativi. Ma nel decennio successivo la sua presenza si è affievolita proprio per non aver assunto la complessità e pluralità della ricerca sociale nel Mezzogiorno, perdendo di vista il fatto che quest'ultimo stesse cambiando con notevole rapidità. L'indugiare dell'antropologia italiana nel recinto dei fenomeni culturali e degli orizzonti ermeneutici demartiniani, tenendosi inoltre orgogliosamente distanti dagli studiosi stranieri, ha comportato un distacco della realtà della trasformazione. Gli antropologi italiani della generazione successiva, come Cirese e Satriani che seguivano teorie Gramsciane, hanno avuto lo stesso risultato, astraendosi dal mutamento in atto nel Paese. Questo perché per quanto ci fosse un'attenzione per i processi acculturativi e per le pratiche di etnocidio culturale vi è stata una distanza rispetto alle strutture sociali di riferimento che erano presupposte. L'influenza demartiniana ha portato anche ad una visione univoca del Mezzogiorno, il quale veniva rappresentato con un'impronta Neorealista, ovvero con una vistosa alterazione dei tratti indicali dell'immagine, lo vediamo questo con Franco Pinna per la fotografia e Gianfranco Mingozzi per il cinema etnografo. Ci sono stati però altri studiosi che hanno guardato il Mezzogiorno da altri punti di vista, soprattutto stranieri. Questi tuttavia spesso scivolavano verso un'elementare percezione sociologistica dei gruppi osservati. Nella loro visione l'Italia era ancora quella dei primitivi villaggi isolati, mentre sappiamo che era ormai un paese attraversato da mille connessioni e da forti relazioni tra città e campagna. La loro percezione e il loro conseguente approccio ha provocato un'inaccettabile semplificazione dello scenario politico e un dannoso impoverimento della restituzione storiografica. Gli studiosi stranieri, che a volte erano anche fotografi, giunsero nel Mezzogiorno attraverso un vario programma di aiuti alla ricerca finanziati da diversi enti, istituzioni pubbliche o private, collegandosi a correnti di pensiero, ad esempio quella di Rossi Doria. Egli strinse i maggiori rapporti con il riformismo americano. Altri lavorarono per conto di programmi di aiuto allo sviluppo come l'European Recovery Program o il Comitato amministrativo soccorso ai senza tetto, o l'unione nazionale per la lotta contro l'analfabetismo, o l'ente regionale per la lotta anti anofelica in Sardegna. I ricercatori stranieri ed italiani non ebbero facili rapporti, soprattutto per fattori storici, come il clima della guerra fredda e l'emegonia culturale della sinistra marxista. Gli studiosi Americani erano comunque pervasi anche da un interesse politico. Infatti l'amministrazione statunitense non solo aveva interesse ad essere presente in un'area del mondo in cui il malessere e la protesta sociale tendevano a costruire ordini diversi da quello capitalistico ma vi era anche un'interesse da parte degli ambienti industriali e finanziari a plasmare un mondo a loro immagine e far abbracciare al sud arcaico nuove forme produttive e modelli di vita. In generale alle spalle di questi studiosi vi era un'alleanza ben riconoscibile di interessi, persone, orientamenti politici e istituzioni. L'interesse a livello scientifico vero e proprio per il Mezzogiorno d'Italia statunitense si consolidò solo quando le prime posizioni di Redfield e Friedman relative allo studio dei contadini nelle società complesse, si andava consolidando divenendo materia acquisita. Con gli anni Settanta, il boom economico e lo svuotamento delle campagne meridionali il conflitto sociale e politico si spostò in altre aree del Paese, rendendo più accademica la configurazione della ricerca sul Mezzogiorno e più specialistica la sua ricezione. Ci furono principalmente due approcci di ricerca: un radicalismo, fortemente dottrinale ma sostenuto da un impianto teorico forte, sul versante italiano con DeMartino, e un riformismo, empiricamente connotato, aperto al rilievo sociologico delle società osservate e notevolmente vincolato da cornici istituzionali, pervaso da una serie di pregiudizi, con gli studiosi Americani. In questa introduzione infine si parla di quale apporto la fotografia sociale ebbe nel configurare la fisionomia del Mezzogiorno negli anni Cinquanta. Soltanto alcuni studiosi stranieri dedicarono particolare attenzione alle località, ad esempio Rasmissen, uno studioso danese che condusse indagini etnologiche ed etnografiche in Calabria e in Lucania e utilizzando la fotografia illustrò aspetti della vita locale soprattutto per quanto riguarda la cultura materiale. Weiss Bentzon che condusse ricerche nei villaggi sardo attorno a Cabras soffermandosi moltissimo sulle launeddas e i loro suonatori la cui ricerca porto anche ad una inchiesta sulle forme complessive della vita sociale locale. E infine Cancian a Lacedonia. Altri studiosi si servirono della fotografia ma analizzarono aree più estese, ad esempio Alan Lomax e il suo Italienische Reise. Una cosa da sottolineare degli studiosi Americano fu che loro ebbero uno stile narrativo che fu tra i più contigui con le scienze umane, un esempio è Milton Gendel, un fotografo, che compì un viaggio in Sicilia assieme a Marjory Collins per documentare gli effetti del piano Marshall, ovvero l'investimento culturale statunitense nel sud. Molti di questi studiosi erano anche accompagnati da fotografi italiani, che fino ad allora avevano usato la fotografia principalmente per documentare gli universi magico religiosi, le pratiche rituali o le forme espressive legate al canto e alla musica popolare, ad esempio Pinna o Girardi. Per quanto riguarda la documentazione su un circoscritto universo locale un esempio è il lavoro di raffigurazione comunitaria promosso da Cesare Zavattini. Queste immagini tuttavia non avevano un ruolo importante nei reportage degli studiosi, erano spesso un mero accompagnamento agli scritti. Scritti che appunto erano concentrati sull'analisi della comunità e dei suoi meccanismi sociali e politici e infatti è stata una scienza di parole, con dati quantitativi e schemi statistici. Con i Cultural Studies della letteratura angloamericana si è rivisto l'approccio sino ad ora usato sul Mezzogiorno e anche come esso si sia concretizzato attraverso l'attività scientifica e la fotografia sociale. (Mezzogiorno=Costruzione=diverse forme in cui si è costruito) + atteggiamento di diffidenza verso gli americani, in america politica maccartista= ricercatori sono Cia. A typical Hill Town in the province of Matera - George Terhune Peck in Lucania Peck fu uno studioso americano che come altri cercò di approcciare il Mezzogiorno d'Italia attraverso la ricerca dei tratti sociali e culturali di una sua definita località, in particolare Peck sceglie come suo fieldwork il paese di Tricarico in cui porta anche sua figlia. La vicenda di Peck è importante in quanto esemplare per comprendere il movimento di attenzione al Sud di quegli anni. Peck era nato nel 1916 a New York ed apparteneva ad una famiglia di imprenditori tessili molto famosa, proprietaria della Peck&Peck, un'azienda di moda che aveva moltissimi rapporti con l'Italia. Egli prenderà un laurea in Storia e Scienze Politiche a Yale e Chicago, diviene prima assistente di storia e poi professore ma poi decide di abbandonare tutto questo per una vita di studio e ricerca. Così finisce nel Mezzogiorno d'Italia attraverso il Fulbright Program, la mediazione di Rossi Doria, il sostegno lettera del settembre 1951, nella quale Peck è rientrato in america. Indirizzato a Rossi Doria, informa sugli sviluppi dello scritto su Tricarico. Peck afferma di aver scritto tre capitoli e di averne cinque in progress: un capitolo introduttivo che descrive il comune di Tricarico in una maniera quasi turistica, il secondo capitolo che contiene la produzione e la topografia del comune, il terzo che tratta della distribuzione di reddito, proprietà, e consumo delle diverse classi agricole. Poi ci sarebbero stati un capitolo sull'artigianato, due sulle aspirazioni sociali e vita comune della contadinanza e dell'artigianato, due sulle classi dirigenti, uno sulla chiesa e uno riassuntivo con conclusione. Il carattere dell'opera sarebbe stato quindi una presentazione per il pubblico generale americano con confronti tra le condizioni loro e dei contadini di Tricarico. Nella stessa lettera tuttavia sono comunicati i problemi familiari, le dimissioni dall'università e l'inizio di una nuova vita lontana dagli studi. Sul piano delle considerazioni antropologiche viene rilevato un desiderio di cambiamento che serpeggia nella comunità e un forte senso di insicurezza individuale e collettiva. L'indagine di Peck testimonia prioritariamente l'utilità dell'inchiesta di comunità, anche nella prospettiva di comprendere fenomeni politico-sociali che si svolgono su un'ampia scala territoriale e in un'ottica di riferimento nazionale. David Chim Seymour in Calabria Seymour è nato a Varsavia nel 1911, lo ricordiamo principalmente tra le esperienze legate alla fotografia sociale nel contesto storiografico e critico della investigazione straniera nel Mezzogiorno. Egli aveva l'incarico di documentare la campagna governativa di lotta all'analfabetismo, centrata sull'azione dell'Unione nazionale per la lotta contro l'analfabetismo. Ed è anche interessante perché alle spalle del reporter c'è Carlo Levi. L'indagine fu compendiata in un album in cui sono stati raccolti i provini analogici realizzati dal fotografo, accompagnati da apparati di contestualizzazione. L'operato di Seymour è indicativo nei confronti di un modello di conoscenza, appoggiato alla fotografia, contiguo agli studi di scienze sociali. Di loro si è avuto un saggio molto ristretto ma significativo, prova della forte relazione tra Seymour e Levi che condividevano anche l'appartenenza alla cultura ebraica e un orientamento politico e sociale, nonché un comune sentimenti della vita e del tempo. Il loro rapporto inizia nel 1948 quando il fotografo aveva documentato la campagna elettorale del partito socialista italiano. Nello stesso anno Seymour andrà al Sud influenzato proprio dal libro di Levi "Cristo si è fermato ad Eboli" per assolvere al suo incarico per conto dell'Unesco UNICEF nell'ambito del progetto Children of Europe, che aveva come obiettivo la documentazione dei danni fisici, psicologici, materiali, sociali e affettivi subiti dai bambini per via del conflitto mondiale. Nel frattempo il rapporto con Levi era proseguito, da delle lettere sappiamo di alcune iniziative editoriali e piani di lavoro con anche argomenti antropologici che a quanto pare interessavano a Seymour. E infatti fotograferà gli universi cerimoniali e festivi del Mezzogiorno sino al 1956, anno della sua prematura morte. In generale né Seymour né Levi sono antropologi ma si intuisce che le tematiche disciplinari li interessano e li affascinano. La assidua frequentazione dell'Italia di Seymour è anche testimoniata dalla ciclicità delle permanenze a Roma. Quando Seymour quindi ricevette il suo incarico per la Calabria il suo riferimento obbligato fu Levi. Infatti parte cospicua della ricerca meridionalista italiana e straniera degli anni cinquanta risente della sua influenza. Sappiamo che il libro di Levi fu molto criticato nel senso di semplificatore dell'universo rappresentato, immobile. Persino DeMartino che prese moltissimo spunto da Levi lo denigrò a idoleggiatore del primitivo. Tutte queste prese di posizione contro Levi derivano anche dall'attacco politico che l'autore stava subendo a opera del partito operaio per la sua vicinanza alle posizioni azioniste e per la sua collaborativa amicizia con Scotellaro e Rossi Doria. Ora, Faeta si sofferma su Levi per capire se la sua prospettiva filosofica fosse immutabile, sappiamo infatti che il Cristo è stato scritto sette anni prima del viaggio in Calabria con Seymour, e quindi afferma che il volgere della vicenda del movimento contadino, l'intensa partecipazione politica alle lotte civili e politiche che si svolsero al Sud dall'immediato dopoguerra, il costante confronto con intellettuali, ricercatori, operatori culturali e assistenti sociali interni allo schieramento progressista portarono Levi a mitigare la percezione diffusa del Cristo di un mondo senza storia e senza divenire, sprofondato nell'immobilità e risultato di secoli di subalternità, immobilizzato in un sistema culturale perfetto nella sua ripiegata autosufficienza. Il Levi quindi che incontrò Seymour era quindi diverso dalla visione dei critici sull'autore del Cristo. E infatti l'impostazione che lo scrittore ebbe rispetto al problema della lotta all'analfabetismo era dinamica e fattiva. Levi rileva come la lodevole iniziativa politica del governo nazionale per portare i contadini del sud a leggere e a scrivere fosse necessaria ma non sufficiente e per avere pieno successo avrebbe dovuto confrontarsi con la realtà di una società di cultura orale. Il testo dimostra una cultura e una sensibilità antropologiche notevoli, si parla infatti di antropologia leviana, una comprensione profonda dei meccanismi culturali e sociali delle comunità contadine meridionali. Secondo Levi l'analfabetismo non andava considerato soltanto come un gap culturale da colmare in tutta fretta, ma come la forma espressiva di una civiltà antica vivente. Una visione del problema dell'analfabetismo attenta quindi a comprendere il mondo che si andava a cambiare. Levi non desiderava che i contadini imparassero semplicemente la lingua italiana, liberandosi dalla cultura orale e del dialetto come d'ingombranti fardelli, per andare al servizio nell'industria del nord Italia o del nord Europa. Dopotutto l'alfabetizzazione comportava anche uno sradicamento delle lingue locali a favore di quella nazionale con tutte le connesse conseguenze d'impoverimento culturale complessivo. Infine Levi nella sua ricerca aveva in mente una cosa che né la ricerca italiana né quella americana prevedevano: l'autonomia contadina. Egli puntava ad una profonda revisione del concetto di modernità, liberandolo dai suoi presupposti industrialisti e urbano-centrici. Dell'impostazione Leviana in Seymour vi è riscontro nelle immagini e nei minuziosi testi didascalici che le accompagnano. Immagini che già ad un primo sguardo appaiono dirette, schiette, acute e modeste nella loro proposta di conoscenza critica di quanto osservato. Seymour appunto era nato a Vienna ma era naturalizzato statunitense a 31 anni. Il suo vero nome era David Szymin e nella sua vita affrontò numerose tragedie familiari proprio per le sue origini ebraiche. Nel 45 infatti scoprì che i suoi genitori erano morti nei campi di sterminio. Appunto lui era naturalizzato americano, ma Faeta fa una precisazione su cosa volesse dire essere americano all'epoca. Essere americano significava essere del tutto fuori da quel mondo compromessi che aveva partorito i fascismi e i loro regimi. Per alcuni europei significava essere Parigini, per le varie relazioni intessute tra Parigi e New York, nonché per le alleanze nelle due guerre. Anche Seymour passerà per Parigi e da lì andrà a New York seguendo un itinerario di crescita intellettuale. Percorso che si concretizza con la collaborazione con la rivista Regards e poi con l'agenzia magnum, che congiunge lo spirito resistenziale francese con lo spirito liberale americano. Szym diviene quindi americano attraverso la strada di Parigi e per mezzo della fotografia e approda in un mondo in cui proprio la fotografia significa eguaglianza, giustizia sociale, per riparare il mondo. Arruolandosi nell'esercito statunitense Szyn diventa Seymour e così guadagna sia la sua posizione privilegiata da fotografo, sia il suo sguardo pacato e acuto sulla realtà. Realtà che per Chi è quella degli ultimi, degli oppressi e degli indifesi e infatti inviterà spesso Levi a visitare assieme Israele per documentare le conquiste del nuovo Stato. Le fotografie realizzate in Calabria si focalizzano sulle scuole per bambini e per adulti e sull'esperienza dei Centri di Cultura Popolare dell'Unls, con la loro capacità di radunare gli insegnanti per metterli a disposizione delle popolazioni rurali. È da sottolineare la minuziosità con cui Seymour guarda i centri sui quali maggiormente di sofferma per cui si potrebbero creare delle vere e proprie monografie. Il viaggio del fotografo tocca diversi comuni e paesi in particolare Roggiano è descritto nei suoi caratteri generali con cenni essenziali relativi alla struttura sociale, alle lotte per la terra che vedevano coinvolta un'ingente parte della popolazione contadina. Sono poi riportati i dati esaltanti del successo nella lotta contro l'analfabetismo che vede tra i banchi 1000 bambini e 700 adulti su 6000 abitanti. Attenzione è poi dedicata al rapporto tra campagna di alfabetizzazione e più ampia considerazione culturale, presentando l'esperimento del centro di Cultura Popolare che divenne vero centro della vita del paese. Anche qui è sottolineata l'importante della riforma agraria e la grande attesa della popolazione nei suoi confronti. Nelle didascalie ci sono poi informazioni preziose tra cui ad esempio la particolare importanza che il lavoro d'istruzione riveste per l'emancipazione delle donne. Sempre a Roggiano molti raggiungevano la scuola serale a piedi, camminando anche 8 chilometri, un esempio è Emilia che iniziò a studiare per comunicare con il figlio emigrato in Francia. È poi tratteggiata la figura del maestro locale che ritroviamo in una foto a bordo di una vespa. Vi sono anche molte fotografie di donne che trasportano i pesi sulle loro teste sulle quali Seymour porta un giudizio gentile e composto: ne parla infatti come foto simboliche in quanto queste donne usavano le loro teste per portare pesi mentre ora hanno scoperto di poterle usare per l'educazione. L'attenzione ai più deboli è costante e infatti vediamo una foto dall'interno di una scuola in cui si vede invece all'esterno un bambino pastore che osserva, due mondi quindi a contatto e in opposizione, foto esplicativa per il grande problema che Seymour denuncia in Calabria: il fatto che i bambini qui debbano lavorare e non possano permettersi di andare a scuola. In generale la realtà interpretativa del fotografo assume un carattere di evidenza discorsiva a prescindere da ogni enfasi enunciativa. Il realismo per Seymour non vuol dire verità, ma aspirazione a essa e soggettiva capacità di ascolto. Quest'abilità di esprimere al meglio una poetica realista si manifesta nella continua alternanza nel reportage tra pacate immagini circostanziate, che hanno il compito imprescindibile di narrare una storia, nei suoi più minuti e umili dettaglia, e altre immagini sintetiche, di grande impatto visivo, che hanno la funzione di assumere i significati più profondi. Un solo aspetto manca in Seymour: una scelta del rifiuto del folklore: la Calabria di Seymour ha due sole feste laiche, quella dell'alfabetizzazione e quella dell'occupazione delle terre. Immagini di Seymour su cui soffermarsi: Immagine bambino cartina punta il nulla con sguardo interrogativo e incerto + bambina polacca che disegna la sua casa con linee in disordine ===> scuola inadatta in cui un ragazzino compie lo sforzo di immaginare "I nevel left Lacedonia" Frank Cancian in Irpinia. Prologo Questo saggio contribuisce a fare luce su uno degli episodi più importanti della ricerca sociale americana nel Mezzogiorno italiano, dando conto dei risultati di un'indagine condotta nel 1957 da Frank Cancian. Essa fu unica tra le iniziative legate alle prospettiva degli studi di comunità realizzate nel secondo dopoguerra. Il lavoro di Cancian realizzato con la macchina fotografica a Lacedonia, in Irpinia, può considerarsi a pieno titolo, un'etnografia centrata sull'analisi della dimensione locale. Non soltanto per la consapevolezza dello studioso dell'importanza della fotografia come strumento di esplorazione della realtà, ma anche per la completezza e la chiarezza dell'osservazione antropologica relativa alla vita sociale e culturale umanitaria. Il corpus documentale e l'Archivio Cancian pratiche della rappresentazione, per le dinamiche economico sociali legate all'immigrazione negli Stati Uniti, o Michael Burton con l'antropologia economica e i suoi studi su household and family, oppure Bill Maurer con i suoi studi di antropologia legale e della finanza. Visione innovativa di Cancian appunto quella sulla fotografia che secondo lui era valutata in modo negativo all'interno della compagine accademica e la sua pratica era poco considerata soprattutto nell'antropologia economica. In una forma quasi di autodifesa Cancian quindi manteneva rigorosamente separati i due campi di osservazione, quello della scrittura e quello della fotografia. Cancian lavorò in Italia con una Rolleiflex nuova, perché gliene avevano appena rubata una e portò con sé in Lacedonia anche una tanica di sviluppo per i film. Questi furono trattati a Roma nella stanza da bagno di un piccolo appartamento nei pressi del vaticano e la sistemazione complessiva dei materiali avvenne al rientro negli Stati Uniti. L'attività di Cancian in paese è stata registrata nei suoi taccuini che ci fanno dedurre il suo stile di lavoro. Esso consisteva in un lasciarsi andare al ritmo della vita locale e all'iniziativa degli ospiti, condividendo il cibo, momenti festivi e giochi di carte e portando spesso con sé la sua fotocamera. C'era uno scambio serrato con le sue guide native e con gli assistenti sociali di Tentori e una frequentazione sistematica di alcuni interlocutori privilegiati. Le modalità di questo stare sul terreno ricordano molto Friedmann e Peck e quel loro ritenere più feconde per la conoscenza la comprensione e la condivisione che l'erudizione. Ci sono alcune cose importanti che emergono dai taccuini. Anzitutto l'attenzione al lavoro di Vogt che dota l'approccio a Lacedonia di una base di coerenza notevole. Poi i taccuini ci trasmettono un focus tematico della ricerca molto differente da quello che guidava De Martino. De Martino si dedica alla vita magica, Cancian si sofferma invece sugli aspetti della vita tradizionale, ad esempio l'usanza di mettere gli spiccioli in tasca ai morti. Ma per le feste l'attenzione nelle fotografie è dedicata alla coesione collettiva della comunità in festa, mentre nei taccuini è dedicata al gioco sociale che si svolge attorno alla loro attuazione. La dimensione folklorica quindi è del tutto assente. Anche la stratificazione sociale dei due luoghi è diversa: l'Albano di De Martino è abitata da contadini poverissimi mentre la Lacedonia di Cancian ha una struttura più complessa a cui lui dedica molta attenzione: vi sono braccianti, contadini, possidenti, piccola borghesia rurale, intellettuali disoccupati, benestanti e amministratori. Ma non è un caso questo, i due paesi infatti sono stati proprio scelti in base alle loro caratteristiche e in base alle ricerche fatte. De Martino infatti ricerca i relitti del magismo popolare da individuare come causa e conseguenza della miseria e dell'arretratezza del Mezzogiorno. Cancian guarda alla situazione economica di base del paese, legata alla terra, al suo possesso, alle migliorie agrarie, alla capacità cooperativa, alla mentalità rispetto al possesso e alla conduzione delle proprietà, ma guarda con eguale attenzione al movimento che trascina gli abitanti per le strade del paese oziando. Infine la dimensione comunitaria per Cancian è altamente significativa rispetto a una condizione generale e rivelatoria di meccanismi socio culturali che altrimenti sfuggirebbero, mentre per De Martino è solo una tessera sussidiaria. C'è anche una differenza sulla scrittura delle note sul terreno: i taccuini di De Martino sono ricchi di appunti e dati ma non mettono in scena il ricercatore né la sua squadra. Esso appare solo nelle note di viaggio. In Cancian costituiscono un insieme di appunti, spessi approssimativi in cui il soggetto compare con tutta la sua quotidiana vicenda, con la sua curiosità e con la costante interferenza nella vita dei mediatori culturali. I suoi taccuini sono fatto per elaborare successivi stato della ricerca e non sono destinati a tradursi in alcuna narrazione letteraria. Durante la ricerca in Italia di Cancian c'erano anche altre situazioni di ricerca in corso svolte da studiosi stranieri: in particolare con Friedmann troviamo diverse affinità, tra cui l'idea di un:impossibilità dei contadini del sud di considerare la storia in termini oggettivi e la loro inabilità a costruire comunità. Una cosa importante da ricordare è che la rappresentazione di Lacedonia che scaturisce dallo scritto di Cancian si distingue da quelle che identificano le comunità del Mezzogiorno come comunità distinte da una compatta e chiusa impronta cittadina. L'interpretazione attenta e perspicace di un microcosmo meridionale ha un suo preciso ed esteso riscontro nell'ampia ricerca fotografica realizzata da Cancian. L'antropologo infatti osserva con grande attenzione la vita sociale comunitaria e lo fa con un sentimento di curiosa apertura, che si manifesta nei suoi testi, non disgiunto da un desiderio di comprendere il lato oscuro della società osservata, quello dell'arretratezza, della disoccupazione e della disparità sociale e quello di un rapporto problematico con l'incombente modernità. Lacedonia è descritta con metodicità, tanto che nessun antropologo che abbia studiato il Mezzogiorno d'Italia in quegli anni ci ha lasciato un più vivido e completo ritratto fotografico di comunità. L'impianto metodologico e linguistico dell'antropologo alle prese con il suo terreno italiano appare radicalmente nuovo e sostenuto da una volontà di sperimentazione evidente: Cancian è in anticipo di molti anni su molte tecniche: ad esempio il ritratto è spesso tradotto in più scatti per una percezione profonda e complessa dei soggetti, ovvero una dimensione interpretativa; a volte i ritratti sono incorniciati in un tratto urbanistico per evidenziare alcuni loro tratti caratterizzanti; le situazioni sono seguite nel tempo con una serie di immagini e sono utilizzate sequenze con inquadratura fissa; spesso il particolare prende il posto del tutto con una rinuncia alla compiutezza estetica. Cancian mostra di credere profondamente nel potere di svelamento etnografico della fotografia, che deve possedere un suo preciso punto di vista e deve contribuire a rendere esplicito tale punto di vista agli altri. Nelle fotografie sono spesso rappresentate le feste descritte nelle loro dinamiche emozionali e nella loro capacità di creare uno spazio di espressione della dimensione sentimentale. Importantissima la mancanza di didascalie in tutto l'archivio, perché secondo Cancian bisogna saper fare parlare la realtà piuttosto che discutere di essa.
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