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Riassunto Vicerè parte II, Dispense di Letteratura Italiana

Riassunto molto dettagliato Vicerè parte II

Tipologia: Dispense

2021/2022

Caricato il 16/05/2023

francescorosarioluca
francescorosarioluca 🇮🇹

4.6

(10)

66 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Riassunto Vicerè parte II e più Dispense in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Parte II Cap I - Raimondo torna a Firenze in casa Uzeda solo, senza Matilde. Il fidanzamento tra Lucrezia e Giulente aveva provocato un risveglio dei partiti in cui i famigliari del principe erano divisi. Donna Ferdinanda e Don Blasco non si tolleravano e non venivano più al palazzo disapprovando il matrimonio. Ma più i parenti si mostravano contrari al matrimonio maggiori dimostrazioni di affetto ella faceva a Benedetto. Per ingraziarsi tutti quegli Uzeda egli ne assecondava incoraggiava le pretese. Nonostante ciò, non riuscivano ad accettare il fidanzamento: il principe diede il consenso, ma era freddo. Successivamente arriva il Barone Palmi, nominato senatore dopo la rivoluzione, che accompagnava il duca con lo scopo di accomodare l’imbroglio del contino. Cap II - L’angoscia e il dolore sfigurano Matilde, la prosciugano, la consumano. Tutto era pronto per il matrimonio di Lucrezia, ma né Don Blasco né donna Ferdinanda vennero a Palazzo il giorno del matrimonio. Il notaio di famiglia aveva già steso in base alla transazione i capitali matrimoniali e Benedetto per ingraziarsi il principe si era accontentato di 5000 onze invece di 8000 ma il principe, dopo varie settimane, aveva pagato. Dopo il parto, Chiara crede di essere di nuovo incinta, ma era una ciste all’ovaia. Cap III- Le voci relative alla prossima soppressione dei conventi erano state confermate da Roma; il governo degli usurpatori avrebbe messo le mani sui beni della Chiesa. Don Ludovico era preoccupato perché la soppressione dei conventi distruggeva tutti i suoi sogni di rivincita. Garibaldi era già in Sicilia e pose il suo quartier generale a San Nicola. Don Blasco parla con il nipote Benedetto per chiedergli di intervenire per fermare Garibaldi. Arriva una lettera del duca che era impedito nel discendere in Sicilia da molte gravi faccende di interesse del paese. Se voleva trovarsi tra i propri concittadini era per avvertirli di non lasciarsi trascinare da Garibaldi. Il duca scriveva come Don Blasco parlava; il monaco borbonico era d’accordo con il deputato liberale. Finalmente Garibaldi si imbarcò con tutti i volontari. Ma dopo la partenza lo scontento restò nella città una sorda. Per quanto riguarda gli altri fratelli Uzeda, Giacomo, avido di denaro, si orienta solo in base alla bussola del guadagno; Lodovico è preoccupato dell’ostilità del neo governo italiano verso la chiesa e le istituzioni ecclesiastiche, teme che possa arrestare la sua carriera religiosa dunque la sua rivincita, per questo motivo lascia il monastero e si rivolge al Vescovato, dove diviene subito il braccio destro del capo della diocesi; Lucrezia costringe il marito Benedetto, grande patriota, ferito sul campo di battaglia, a una lenta, ma inesorabile degradazione morale; Raimondo finalmente abbandona la moglie per unirsi a donna Isabella. La dimostrazione era diventata sommossa e le fiamme consumavano il casino dei nobili circolo dell’aristocrazia. Don Blasco tornò a sbarrarsi al convento e non lo lasciò più se non quando le truppe regolari rioccuparono la città. Ma l’eccitazione degli animi prodotta dall’avvenimento d’Aspromonte non pareva cessata e il principe non si muoveva del Belvedere e Benedetto tornava a supplicare il duca di farsi vivo ma il duca non venne anche per ciò che era avvenuto a Firenze. 4. Raimondo chiede ed ottenere il doppio annullamento di matrimonio era per gli Uzeda una cosa semplicissima; nessuno poteva negare ai viceré ciò che volevano. Per lo scioglimento del proprio matrimonio e di quello di donna Isabella, Raimondo è costretto a rivolgersi a Lodovico. Chi si oppone all’unione è Giacomo, ma, naturalmente, dopo aver raggiunto un accordo economico muta opinione (ciò che è accaduto già con Lucrezia e il suo matrimonio con Benedetto Giulente). La povera Matilde muore qualche mese dopo la loro unione, trovando finalmente quella pace per lei impossibile in vita. Lodovico ricevette a braccia aperte Raimondo che invocava il suo appoggio perché Isabella era incinta. Il priore non svelava l’intima soddisfazione di vedersi dinnanzi sommesso e supplice il ladro che lo aveva spogliato per il quale era stato bandito dalla famiglia e dal mondo. 5. Il duca d’Oragua, l’illustre deputato, ormai non si reca più nella capitale, dedicando tutto il tempo ai propri affari, sindaco, di fatto, della città, attraverso l’elezione di Benedetto Giulente a primo cittadino. «Ora che l’Italia è fatta, dobbiamo fare gli affari nostri» : questa frase, attribuita al duca d’Oragua dai suoi avversari, rivela tutta l’«ereditaria cupidigia viceregale», la «rapacità degli antichi Uzeda». L’opposizione a don Gaspare è alimentata dal malcontento generale. - De Roberto smaschera gli intrallazzi che caratterizzano la politica, rivela come siano esclusivamente gli interessi personali a muoverla, orientarla, e, nonostante l’impassibile e distaccata veste naturalistica, dai Viceré ne emerge una condanna netta, decisa, spietata. Il governo, ogni governo, borbonico o liberale, repressivo o democratico, non è altro che «una lega di birbanti contro gli uomini da bene, e di vili contro i generosi». Non solo, De Roberto, proseguendo idealmente l’operazione critica iniziata da Leopardi con i Paralipomeni della Batracomiomachia, sgretola il mito dell’Unità d’Italia, rappresentata, attraverso il punto di vista degli Uzeda, come una mera questione di convenienza, di conservazione, di camaleontico adattamento alla realtà storica. - Don Gaspare, politico tiepido, funambolico, trasformista, distante da qualunque ideologia, o meglio, a metà strada da ogni ideologia, si adatta semplicemente alle necessità del momento, riuscendo persino a trarne un vantaggio individuale enorme, le mani in pasta ovunque. Lo stesso farà il principino Consalvo, suo degno erede. [vicenda Chiara- Rosa Schirano e vicenda della giovane Teresa] Raimondo senza dire niente a nessuno partì per Palermo. Poi partì il duca diretto a Firenze e conducendo via anche Teresa e metterla in collegio. Poi partì il cavaliere Don Eugenio per Palermo: la ragione di questa partenza non si seppe bene il cavaliere aveva detto che certi grandi case palermitane lo avevano chiamato per associarlo in grandi nuove speculazioni dove c’era da arricchire in poco tempo. 6. La pestilenza secondo i pochi che non credevano al veleno veniva dalla rivolta di Palermo, importata dai soldati accorsi a sedare l’insorta città: il colera era la pena dei tempi peccaminosi. Consalvo lasciata la tonaca cominciò a prendersi tutti gli spassi che aveva sognato. Non aveva perdonato la cugina Graziella di essersi opposta al suo ritorno nella casa paterna e vedendola domiciliata lì come una persona della famiglia, prendere il posto della madre, la sua antipatia cresceva. Consalvo fu sorpreso con la moglie di Massaro Rosario Farsatore dal fattore: egli non si mostrò per nulla turbato e la cosa venuta all’orecchio di donna Ferdinanda lo rialzò nella stima della zitellona mentre il principe finse di non saper nulla. Quando la famiglia tornò in città una lettera del duca a Benedetto annunciò che la camera sarebbe stata sciolta da lì a poco. Egli non si dava neppure questa volta la pena di venire incaricava i suoi amici di lavorare per lui. Al principio dell’estate benché la camera fosse ancora aperta arrivò il duca che commentava i vantaggi dell’opera del parlamento: la soppressione delle società religiose. Egli frattanto si preparava a comprare qualche lotto e dicevano anzi fosse venuto proprio per questo e consigliava a Benedetto di fare altrettanto. Don Blasco quando ne ebbe sentore fece cose da pazzo. Donna Ferdinanda era contraria per scrupolo religioso e minacciava anche lei pene infernali ai compratori dei beni della Chiesa. La principessa che stava peggio in salute appoggiava la zia; Lucrezia spingeva Benedetto a comprare, ad arricchirsi perché adesso non lo credeva solo ignobile ma anche miserabile. Frattanto il parlamento discuteva un’altra legge a vantaggio dell’incremento pubblico e privato: quella relativa allo svincolo delle cappellanie dei benefici laicali e il principe cominciava a tenere conferenze col notaro e col procuratore legale preparava i suoi titoli per ottenere i beni di tutte le fondazioni degli antenati specialmente della cappellania del sacro lume; Quando un bel giorno Don Blasco andò a Palazzo dicendo che se si svincolava la cappellania la roba andava divisa fra tutti i consanguinei. Giacomo obiettò che i beni rientravano nel fedecommesso. Don Blasco minacciava di trascinarlo in tribunale. Ma non ci fu tempo di approfondire la questione che scoppiò nuovamente il colera e la salute di Margherita peggiorava e all’alba del domani arrivò Baldassarre ad annunciare che la principessa era morta di colera. 7. La notizia fu annunciata per lettera alla piccola Teresa che si trovava in collegio a Firenze e Consalvo fin dal primo annuncio delle nozze aveva preso posizione contro la futura matrigna il padre. La lettera di Teresa si fece attendere ma espresse la sua gioia. Tutti riconoscevano che Giacomo sposava Graziella unicamente perché da giovane si era messo in capo di sposarla e la madre non aveva voluto. Lo scioglimento delle corporazioni religiose aveva dato a Don Blasco altri desideri e altre ambizioni. Gli era stato offerto un Vescovato a sua scelta ma egli che mirava più in alto aveva chiesto di andare a Propaganda. E giusto in quei giorni con la nomina di vescovo in partibus era stato chiamato alla grande congregazione: era sicuro di raggiungere i più alti gradi della gerarchia. Il duca parlava delle pubbliche faccende: le cose andavano male e gli amici lo pregavano di prenderne le redini e diventare sindaco ma egli obiettava che rivestiva già tante cariche. Per questo cercò di indurre Benedetto ad accettare la nomina. Egli non desiderava di meglio ma la moglie si opponeva. Nel frattempo tornò Consalvo che cominciò a narrare la storia di un accidente complicatissimo: il suo smarrimento, la fame sofferta per 12 ore, il naufragio della barca che lo portava. Benedetto riferiva sottovoce alla moglie l’offerta della sindacatura fatta dallo zio il proprio rifiuto ma a lei era parso che quel titolo avrebbe nobilitato in qualche modo il marito conferendogli l’importanza e il lustro che non aveva. 8. Consalvo si presentò ferito a casa di Lucrezia raccontando di essersi tagliato per aver rotto un vetro, la verità si seppe il domani: Consalvo andava dietro alla figlia del barbiere Marotta e nonostante gli avvertimenti e le minacce dei continuò a frequentarla. I fratelli lo avevano sorpreso di notte tagliandogli con una lama la mano e nuovamente i Marotta lo avvertirono di non avvicinarsi alla figlia. Gli Uzeda inquieti per la vita dell’erede si recarono dal duca il quale lo rimproverò per la sua sventatezza. L’affare del debito risaputo dai parenti divise in due campi la famiglia. Il duca e Benedetto erano dalla parte del principe che non voleva pagare il debito ma Lucrezia per il gusto di contraddire il marito esclamava che Consalvo aveva il diritto di svagarsi. Donna Ferdinanda se la prendeva con l’avarizia del principe e Chiara dava un poco ragione agli uni e un poco agli altri secondo l’umore di Federico. Don Blasco se la prese non solo contro Consalvo ma anche contro il principe alla cui debolezza attribuiva lo sfrenamento di Consalvo. Don Blasco non contento di aver comprato la tenuta di San Nicola aveva preso dal demanio una delle case appartenenti al convento. 9. Ferdinando deperiva da un anno e chiamarono un dottore, purtroppo la condizione dell’ammalato era molto più grave. Ferdinando credeva che pretendevano per forza che fosse ammalato perché aspettavano la sua morte per raccogliere l’eredità. Ma la sua roba era già andata. Il debito di Consalvo era stato finalmente pagato e tutti attribuivano donna Ferdinanda l’elargizione, ma a pagare erano stati il principe e la principessa Graziella. Scoppiò la guerra. Arrivavano i telegrammi annuncianti le vittorie tedesche; frattanto il duca sentendo crescere l’opposizione e comprendendo la necessità di fare qualcosa per rialzare il proprio prestigio preparava un colpo di mano. Una sera si recò al circolo nazionale ed espresse il suo pensiero: era venuto il momento di agire e spingere il governo a prendere Roma. Andò a mettersi al capezzale del fratello infermo, che alla vista del fratello ebbe un assalto di mania furiosa temendo che i prussiani volessero avvelenarlo. La seconda parte del romanzo si conclude proprio con la morte di
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