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Riassunto Vittorio Alfieri, Appunti di Italiano

Comprende: Biografia Le rime Saul- (+ La trama) I personaggi e l’analisi Il titanismo + (Il titanismo in Vittorio Alfieri) Le opere politiche Del principe e delle lettere Il Misogallo

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 03/04/2022

ric.cardo.b
ric.cardo.b 🇮🇹

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Scarica Riassunto Vittorio Alfieri e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Vittorio Alfieri Biografia  Nacque ad Asti il 16 gennaio 1749, da una famiglia della ricca nobiltà terriera.  a nove anni fu mandato a compiere gli studi presso la Reale Accademia di Torino Più tardi diede giudizi durissimi sulla formazione che vi aveva ricevuta, ispirata a modelli culturali del tutto antiquati.  Alfieri si spostava spinto da un’irrequietezza continua, che non gli consentiva di fermarsi in alcun luogo, ed era perpetuamente accompagnata da un senso di scontentezza, di noia, di vuoto.  seguendo un costume diffuso tra i giovani aristocratici del tempo, quello del grand tour, Vittorio Alfieri compì numerosi viaggi per l’Italia e l’ Europa aderendo allo spirito cosmopolita e all’ ansia di conoscenza che erano propri dell’età dell’Illuminismo. Grazie ai viaggi, aveva potuto prendere coscienza delle condizioni politiche e sociali dell’Europa contemporanea.  l’Europa dell’assolutismo provoca in lui reazioni di insofferenza, sdegno, repulsione.  Questi anni furono decisivi anche per la sua formazione culturale. Lesse opere di Machiavelli, Rousseau e Voltaire, Montesquieu e Plutarco. Nel 1771 durante un secondo viaggio in Europa, lesse i più grandi scrittori italiani. In particolare Dante,Petrarca,Boccaccio,Ariosto,Machiavelli,Tasso  Nella letteratura europea del XVIII secolo l’attività di Vittorio Alfieri si distacca un po’ dalla cultura illuminista. Tra gli aspetti che dividono Alfieri dalla cultura illuministica, spicca il rifiuto della scienza. Egli cova un’avversione profonda, tanto profonda da sconfinare nel ribrezzo, per l’«evidenza gelida e matematica», per i «gelati filosofisti, che da null’altro son mossi, fuorché del due e due son quattro». Alfieri si ribella all’illuministico dominio della Ragione, che tutto regola e misura, esaltando invece la dismisura, la passione violenta che erompe senza freni, che distrugge gli argini razionali e si diffonde libera, incontrollabile e incontrastabile nella sua potenza irrazionale  In quegli anni Vittorio Alfieri fece varie e talvolta movimentate esperienze amorose. Queste esperienze accrescevano la sua sofferenza e la sua irrequietezza.  Nel 1774 la donna a cui era legato, la marchesa Gabriella Falletti Turinetti, era ammalata e Vittorio Alfieri le tenne compagnia. Paragonando il dominio esercitato su lui da Gabriella con quello di Cleopatra su Marco Antonio, ricavò la sua prima tragedia, “Cleopatra”  il proposito di conquistare la «palma teatrale» divenne la ragione fondamentale della sua esistenza.  Gli era però indispensabile munirsi dell’adeguato bagaglio culturale: con volontà caparbia si immerse nella lettura dei classici latini e italiani, si applicò allo studio della lingua italiana per impadronirsi di un linguaggio adatto alle tragedie che intendeva scrivere, e giurò di non proferire più una sola parola di francese.  soggiornò a lungo in Toscana, a Pisa, a Siena, a Firenze. Qui conobbe Louise Stolberg, contessa di Albany,e trovò in lei il «degno amore» che, insieme con la poesia, può dare equilibrio alla sua vita.  Nel 1778, rinunciò a tutti i suoi beni in favore della sorella Giulia, riservandosi una rendita vitalizia.  Sperimentò in prima persona gli eventi della Rivoluzione Francese. All’inizio guardò con viva simpatia il movimento rivoluzionario e celebrò con entusiasmo la presa della Bastiglia nell’ode “A Parigi sbastigliata” . Ma poi di fronte agli sviluppi violenti della rivoluzione, agli eccidi, al disordine politico e morale, Vittorio Alfieri fu assalito dal disgusto e profonda amarezza: gli sembrò che alla tirannide del sovrano si sostituisse una non meno funesta tirannide, quella del popolo ignorante e inferocito.  Nel 1792 assieme alla contessa d’Albany si recò a Firenze, dove visse i suoi ultimi anni animato da un odio sempre più feroce contro i francesi, che si erano ormai impadroniti dell’Italia con le campagne napoleoniche. Le rime Sono divise in due parti:  la prima pubblicata nel 1789  e la seconda postuma nel 1804  comprendono 351 componimenti, scritti dal 1776 al 1799.  Tra cui sonetti, canzoni, epigrammi, capitoli in terzine e stanze  Di carattere fortemente autobiografico, ogni componimento reca l’indicazione di una data e di un luogo. La forma privilegiata è quella del sonetto:  Molti tra i sonetti sono d’ispirazione amorosa: l’amore è lontano e irraggiungibile, dà tormento e infelicità.  In altri sonetti troviamo il sentimento della solitudine,  In altri ancora troviamo la polemica contro un’epoca vile e meschina; il disprezzo dell’uomo che si sente superiore a quella mediocrità, che domina il mondo; l’amore fremente per la libertà;  La morte appare come unica possibilità di liberazione e prova dinanzi a cui si deve dimostrare la saldezza magnanima dell’io. sacrificio e la morte pur di affermare la sua scelta di libertà e la sua incontaminata purezza. Le opere politiche:  Della tirannide. È un trattato steso di getto e conduce una critica contro l’ideale settecentesco del dispotismo illuminato e riformatore. Alfieri identifica la tirannide, con ogni tipo di monarchia che ponga il sovrano al di sopra delle leggi e critica l’ideale del dispotismo illuminato. Le tirannidi moderate, secondo l’autore, tendono ad addormentare i popoli; quindi preferibili sono quelle estreme e oppressive perché, con i loro intollerabili abusi, suscitano il gesto eroico dell’uomo libero, provocando così l’insurrezione del popolo e portando, attraverso la violenza, alla conquista della libertà. Le basi su cui si appoggia il potere tirannico le individua:  nella nobiltà (strumento nelle mani del despota)  nella casta militare (mediante cui viene soffocata ogni possibilità di ribellione)  e nella casta sacerdotale (che educa a servire con cieca obbedienza). Alfieri affronta, inoltre, il modo di comportarsi dell’uomo libero sotto la tirannide per non farsi contaminare dalla generale servitù: 1. potrà ritirarsi dalla vita sociale, chiudendosi nella più totale solitudine 2. potrà ricorrere al gesto eroico del suicidio 3. oppure potrà uccidere il tiranno, andando anche in questo caso incontro alla morte. Nel discorso alfieriano si delineano due figure gigantesche: il tiranno e il liber’uomo, in fondo molto simili fra loro, in quanto entrambe tese all’affermazione assoluta della loro individualità superiore, al di là e contro ogni limite; per questo, oltre che nei confronti dell’uomo libero, si può cogliere una segreta ammirazione da parte di Alfieri anche nei confronti del tiranno, che, sia pure nella sua negatività, viene a incarnare l’affermazione del proprio io; a suo modo, anche il tiranno è un uomo libero, in quanto la sua volontà non conosce vincoli. Panegirico di Plinio a Traiano Si nota qui l’affievolirsi dell’impeto rivoluzionario di Alfieri. Immagina un principe che spontaneamente deponga il potere facendo dono della libertà ai cittadini e guadagnandosi così l’eterna gloria. Della virtù è un dialogo dedicato alla memoria dell’amico Francesco Gandellini. Sviluppa il tema del modo di comportarsi dell’uomo libero, che ora non può far altro che ritirarsi in sdegnosa solitudine, rinuncia all’eroismo e sceglie volontariamente la non azione. Del principe e delle lettere Divisa in tre libri, l’opera si dedica ad esaminare il rapporto tra lo scrittore ed il potere assoluto, e contiene una denuncia del mecenatismo.  Nel primo libro Alfieri prende in considerazione, per smentirla, la possibilità che il principe (cioè il sovrano) protegga gli intellettuali: il potere e la libera espressione artistica sono del tutto inconciliabili.  Nel secondo libro mette in guardia i letterati dal cercare la protezione di qualunque potente, che finirebbe per condizionarli.  Nel terzo libro, dopo aver passato in rassegna gli antichi autori «liberi», Alfieri sostiene che in un regime assolutistico si possono dedicare alle «vere lettere» solo gli spiriti nobili, quelli cioè non «contaminati di corte». Lo scrivere sostituisce totalmente il fare, non è più un debole surrogato (come l’autore esplica nella Tirannide). Il trattato difende strenuamente gli ideali illuministici di uguaglianza e di libertà intesa da Alfieri soprattutto come indipendenza da un potere tirannico: di qui la grande ammirazione per George Washington, artefice dell’indipendenza americana, e l’esortazione agli italiani a liberarsi dall’oppressione straniera; Il trattato contiene anche importanti dichiarazioni di poetica: secondo Alfieri, il poeta nello scrivere deve essere mosso da un «impulso naturale» e guidato da un «forte sentire», poiché egli è uno spirito elevato e superiore, libero da qualsiasi condizionamento esterno. Il poeta si dedica esclusivamente alla poesia, che la suprema realizzazione dell’essenza umana. Solo nelle lettere si manifesta quindi la libertà, la dignità eroica dell’individuo. La poesia è superiore all’azione perché “il dire altamente alte cose, è un farle in gran parte”. Maggiore grandezza si richiede a inventare e a descrivere una cosa che non a eseguirla. Alfieri assegna pur sempre al letterato una funzione di guida e di illuminazione, ma è un’azione destinata alle generazioni future, non rivolta immediatamente ai contemporanei, per esortarli e sollecitarne le coscienze. Il Misogallo In un primo tempo, Alfieri aveva guardato con simpatia alla Rivoluzione Francese come affermazione di libertà, ma poi, visto la degenerazione, si chiude in un atteggiamento di disprezzo, e si schierò contro. Nel Misogallo: come rivela eloquentemente il titolo (miséin in greco significa “odiare” e i Galli stanno ad indicare i Francesi), essa esprime un odio furibondo contro la Francia, che in realtà è odio contro la Rivoluzione, contro i princìpi illuministici.
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