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RIASSUNTO VITTORIO ALFIERI, Schemi e mappe concettuali di Lingue e letterature classiche

riassunto di vittorio alfieri, vita e opere

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

Caricato il 30/09/2022

nancy-romeo
nancy-romeo 🇮🇹

4.5

(2)

22 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica RIASSUNTO VITTORIO ALFIERI e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Lingue e letterature classiche solo su Docsity! VITTORIO ALFIERI. IDEE POLITICHE, TITANISMO. Egli ha il culto della libertà, lotta contro ogni forma di tirannide tratti da studi e letture autori illuministi, però anche qui, poi, si stacca dall'illuminismo, soprattutto per quell'individualismo per cui è sempre portato a scontrarsi. Alfieri come soluzione politica rifiuta assolutismo monarchico, rifiuta qualunque regime che abbia origine borghese, per cui rifiuta qualunque soluzione politica perché in urto con la realtà esistente. Difatti non parte da analisi politiche o filosofiche ma da una posizione emotiva per cui ogni potere è una forma di costrizione ed è proprio questo che istintivamente lui rifiuta. L'odio per la tirannide non è contro la particolare forma di governo ma contro il potere in sé. E anche quando parla di libertà, non entra in una analisi politica con sbocchi concreti perché si muove su punto di vista istintivo: parla di una libertà astratta, lui che ha posizione estremamente individualistica. Per cui ecco che per Alfieri si parla di Titanismo Alfieriano: i Titani erano coloro che si erano ribellati agli dei e poi fulminati ed annullati; l'uomo di alfieri è un uomo titanico, grande con ansia di infinito che si scontra contro tutto e contro tutti e quindi è un uomo sempre in conflitto con realtà politica, sociale, che sono oppressive o mediocri, è un uomo che si sente estraneo al suo secolo, è un uomo che vive in una solitudine sdegnosa, sprezzante di tutti gli altri, in una malinconia, è un uomo che v iene raffigurato come un continuo ribelle a tutto e a tutti, la tipica figura di uomo romantico. ILLUMINISMO. Anche se la formazione di base era per lui illuministica e materialistica, Alfieri si pose contro il culto della scienza e contro il freddo razionalismo, perché la vera essenza dell’uomo è l’impulso passionale. La passionalità non può essere controllata dalla ragione, come sostenevano gli illuministi, ma deve essere completamente libera. Inoltre Alfieri ha un grande spirito religioso che lo portava a fermarsi di fronte a certe impotenze umane, al contrario degli illuministi che nutrivano grandi speranze nella potenza razionale e scientifica dell’uomo. Di conseguenza era contro il progresso scientifico che porta l’uomo ad essere freddo e cinico e a ambire solo all’interesse personale e al denaro. Quindi Alfieri visse il suo tempo, ma si sentiva completamente distante anche a livello politico, perché rifiutava il potere che ha una facoltà illimitata di nuocere. Questo suo individualismo lo condusse a un isolamento. Alfieri esternava il suo conflitto interiore di un io che aspirava ad un grande senso di libertà e una realtà che lo limitava e della quale si sentiva estraneo (titanismo). Però il proprio io non trova ostacoli solo nelle forme politiche di costrizione e di tirannide, bensì anche in sé stesso con angosce, tormenti, la consapevolezza dei limiti umani, che gli impediscono di raggiungere la libertà nell’animo. OPERE POLITICHE DELLA TIRANNIDE. è un breve trattato in cui Alfieri inizialmente si preoccupa di definire la tirannide, identificandola con ogni tipo di monarchia che ponga il sovrano al di sopra delle leggi e critica l’ideale del dispotismo illuminato: le tirannidi moderate, a suo avviso, velando la brutalità del potere tendono ad addormentare i popoli, quindi sono preferibili quelle estreme e oppressive poiché provocano l’insurrezione del popolo, portando alla conquista della libertà. Egli inoltre esamina le basi su cui si appoggia il potere tirannico e le individua nella nobiltà che collabora col despota, nella casta militare mediante cui i sudditi sono oppressi e viene soffocata ogni possibilità di ribellione e in quella sacerdotale che educa a servire con cieca obbedienza. Successivamente affronta il modo di comportarsi dell’uomo libero sotto la tirannide: egli per non farsi contaminare dalla generale servitù potrà o ritirarsi in solitudine, o ricorrere al suicidio, oppure potrà uccidere il tiranno, andando incontro alla morte. Si delineano così due figure: il tiranno e il liber’uomo, che sebbene siano tanto diverse, hanno un carattere comune: entrambe infatti sono impegnate ad affermare loro individualità superiore al di là di ogni limite; cogliamo per questo motivo in Alfieri una segreta ammirazione anche nei confronti del tiranno che, viene a incarnare l’affermazione di una volontà possente, assoluta e illimitata. A suo modo anche il tiranno è un uomo libero, in quanto la sua volontà non conosce vincoli. Lo scrittore stesso afferma nella dedica Alla libertà che abbandonerebbe volentieri la penna per la spada, cioè per agire concretamente nella realtà, ma rinuncia a farlo, dati i “tristi tempi” che negano ogni possibilità di azione. PANEGIRICO DI PLINIO A TRAIANO. notiamo l’affievolirsi dell’impeto rivoluzionario e dell’impegno attivo, in quest’opera Alfieri immagina un principe che spontaneamente deponga il potere facendo dono della libertà ai cittadini e guadagnandosi così l’eterna gloria. Nel DIALOGO DELLA VIRTÙ SCONOSCIUTA dedicato alla memoria dell’amico Francesco Gandellini sviluppa il tema del modo di comportarsi dell’uomo libero, che ora non può far altro che ritirarsi in sdegnosa solitudine, rinuncia all’eroismo e sceglie volontariamente la non azione. DEL PRINCIPE E DELLE LETTERE. si dedica ad esaminare il rapporto tra lo scrittore e del potere assoluto. Mentre nella “Tirannide” esaltava la superiorità dell’agire, qui proclama la superiorità assoluta dello scrivere, solo nella letteratura infatti, si manifesta la dignità e la libertà dell’individuo, poiché richiede maggiore grandezza a inventare o descrivere una cosa, che nell’eseguirla. Utilizza l’esempio di Omero, che è più grande di Achille, perché questi, pur avendo compiuto azioni sublimi, non sarebbe stato capace di dare fame a sé stesso. L’opera rivela quindi l’affievolirsi dello slancio rivoluzionario, infatti, mentre nella tirannide si scagliava contro l’aristocrazia, ora esalta i nobili, la cui missione è farsi promotori di libertà e virtù, e, nelle opere successive criticherà la nuova classe sociale che si afferma proprio in quel periodo: la borghesia. IL MISOGALLO. la causa della crisi ideologica di Alfieri e l’affievolirsi degli astratti entusiasmi giovanili è la Rivoluzione francese, nel suo rilevarsi sempre più come una rivoluzione borghese. In un primo tempo, infatti, egli aveva guardato alla rivoluzione con simpatia, come affermazione di libertà, ma poi si chiude in un atteggiamento di avversione verso quei rivoluzionari borghesi, che, a suo avviso, contaminano con la loro avidità di potere e ricchezze l’ideale di libertà, instaurando una tirannide peggiore di quella monarchica. In quest’opera egli esprime il suo odio contro la Francia, che in realtà è odio verso la Rivoluzione, egli difende i privilegi nobiliari e respinge ogni turbamento dell’ordine sociale. Afferma inoltre il suo senso patriottico, e auspica che il popolo italiano possa assumere una coscienza nazionale e difendi la propria individualità e la propria libertà (notiamo come inizia a delinearsi l’idea di nazione tipica della visione romantica, in antitesi con il cosmopolitismo illuministico). LE SATIRE. Nelle satire, scritte in terzine tra il 1786 e il 1797, compare ancora la polemica verso la realtà contemporanea. Nei Grandi, il poeta riprende la polemica anti aristocratica e ribadisce la naturale supremazia della classe nobiliare e la sua funzione di guida. La plebe e la sequisplebe sono satire durissime contro la borghesia emergente e contro il principio di sovranità popolare. Nell’Antireligioneria il poeta difende la religione contro la critica voltariana, sostenendo il ruolo fondamentale delle credenze religiose e la loro importanza nella conservazione nell’ordine sociale. Nella filantropineria condanna gli ideali umanitari dell’illuminismo e, infine, nel Commercio scaglia una requisitoria contro lo spirito mercantile. LE COMMEDIE. La delusione della crisi e degli ideali è ancora più visibile nelle sei commedie. Qui vengono messe a nudo le reali motivazioni dell’agire umano ovvero egoismo, vanità, interesse materiale. Nascono così le quattro commedie politiche L’uno, I pochi, I troppi, L’antidoto, che sono una satira allegorica delle varie forme di governo ovvero quello monarchico, oligarchico e democratico, e, infine, l’antidoto che dovrebbe essere una forma di governo che riunisca le altre tre insieme. La plebe rimane sempre esclusa, in quanto l’aristocrazia ha il compito di elaborare le leggi, mentre la plebe deve sottostare. Nella finestrina la satira si fa morale e raggiunge il culmine del pessimismo alfieriano. Le commedie sono opere per lo più mediocri che rivelano un poeta ormai stanco. Più felice forse è Il divorzio, una satira del cicisbeismo collocata in ambienti borghesi e offre qualche battuta comica. LA POETICA TRAGICA RAGIONI. Nell’assiduo e rigoroso impegno della scrittura tragica, Alfieri individua lo scopo che può dare un senso alla sua vita, incessantemente protesa verso qualcosa di ignoto e per questo dominata da un senso di vuoto, di noia, di scontentezza. Tradizionalmente, la tragedia rappresentava figure umane eroiche ed
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